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Decameron che si afferma negli ambienti cortigiani e urbani non ha quasi più nulla a che vedere con il precedente Cameron, relegato e assimilato oramai a un fondo tradizionale di provenienza medievale. Prendendo in esame la versione di Le Maçon, vediamo che il brano iniziale della novella di Guiscardo viene questa volta tradotto seguendo alla lettera il testo originale italiano: Tancredy, prince de Salerne, eust esté seigneur fort humain et de benigne nature, si en sa vieillesse il n’eust souillée ses mains en son propre sang. Or est-il que ce prince n’eut en tout le temps de sa vie qu’une seule fille; encore plus heureux auroit-il esté s’il ne l’eust point euë. 26 La critica ha sempre sottolineato la ricerca della fedeltà che ha ispirato Le Maçon nella sua traduzione. Nella dedica a Margherita di Navarra, egli assicura di essersi adoperato per rendere in francese né più né meno di quanto Boccaccio aveva scritto nella sua lingua 27 . Pur recensendo gli errori, le omissioni e le inesattezze della sua traduzione, Hauvette riconosce a Le Maçon di aver mantenuto le promesse fatte nella dedica, rompendo così nettamente con la tradizione precedente 28 . Nel secondo trentennio del Cinquecento francese, evidentemente, si è oramai imposto, sulla scia dei modelli e delle pratiche umanistiche e poi rinascimentali italiane, il rispetto del testo originale, non solo antico, da restituire nella nuova lingua anche nella sua complessità o difficoltà, senza adattamenti, né tantomeno rimaneggiamenti. 26 Le Decameron de Messire Jehan Bocace, cit., c. 95 r°. Hauvette precisa di non essere riuscito a identificare l’edizione sulla quale è stata condotta la versione, nonostante la consultazione di sedici edizioni diverse antecedenti il 1540 (si veda: HAUVETTE, Les plus anciennes traductions françaises de Boccace, cit., p. 235, nota 5). Tuttavia, nell’ipotesi che Le Maçon abbia intrapreso la traduzione nel corso della prima metà degli anni 1530 (sulla questione, si veda: P. DIFFLEY, From Translation to Imitation and Beyond: A Reassessment of Boccaccio’s Role in Marguerite de Navarre’s Heptaméron, “The Modern Language Review”, 90, 2, pp. 346-351), la ricerca andrebbe focalizzata sulle edizioni italiane comprese fra la fine degli anni 1520 e la metà degli anni 1530, senza escludere beninteso la possibilità di contaminazioni con le più recenti edizioni italiane dei primi anni 1540. 27 Cfr.: “ayant en toute ma traduction prins peine de ne dire en nostre langue plus ne moins que Boccace a faict en la sienne” (SOZZI, Per la fortuna del Boccaccio in Francia: i testi introduttivi, cit., p. 27). 28 Si veda: HAUVETTE, Les plus anciennes traductions françaises de Boccace, cit., pp. 233-243. 212
Altrettanto innovativa ci pare l’argomentazione scelta da Le Maçon per giustificare la traduzione di un’opera che, comprendendo anche novelle “follastres et plaisantes”, avrebbe potuto suscitare la reazione critica di alcuni lettori 29 . Nel suo Prologue, Premierfait aveva risposto all’obiezione che “les cent nouvelles semblent plus servir a delectacion que au commun ou particulier prouffit” sostenendo innanzitutto che “l’escouteur ou liseur” vi avrebbe trovato “plus profit que delict”, poiché “illec sont tous vices morsillez et reprins et les vertus et bonnes meurs y sont admonestees et loeez en autant plus de manieres comme est le nombre des nouvelles” 30 . Questa sottolineatura del carattere edificante dell’opera non viene ripresa da Le Maçon, che, tuttavia, non ricorre nemmeno, a differenza dell’altro prefatore, Emilio Ferretti, all’argomento, oramai canonico, dell’utile dulci. Nella dedica in italiano a Margherita di Navarra, il giurista toscano ricorda infatti che Boccaccio si era proposto, “a imitatione de gli antichi scrittori, di dilettare insieme e di giovare” 31 . In realtà, dopo aver elogiato la serietà, la verità profonda e l’utilità dell’opera, documento, quasi, di “filosofia morale”, con le sue “sententie gravissime, doctissime, e utilissime”, Ferretti, evocando coloro che ritengono il libro “indegno di essere rappresentato a le caste e honeste menti” e concedendo che “vi siano raccontate de le cose, onde chi habbia voglia di mal fare possa dar forza a suoi cattivi disegni”, finisce per porre l’accento unicamente sull’intenzione che attribuisce a Boccaccio “di giovare e di insegnare” 32 . Il diletto viene così, in definitiva, messo fra parentesi. 29 SOZZI, Per la fortuna del Boccaccio in Francia: i testi introduttivi, cit., p. 27. Sul testo liminare di Le Maçon, si veda: HAUVETTE, Les plus anciennes traductions françaises de Boccace, cit., pp. 243-245. 30 BOCCACE, Decameron, cit., p. 2. Sulla prefazione di Premierfait, molto articolata, si veda in part.: LABÈRE, Du jardin à l’étude, cit., pp. 27-53. 31 Su Emilio Ferretti e la sua dedicatoria, si veda: G.P. NORTON, The Emilio Ferretti Letter: A Critical Preface for Marguerite de Navarre, “Journal of Medieval and Renaissance Studies”, 4, 2, 1974, pp. 287-300. 32 SOZZI, Per la fortuna del Boccaccio in Francia: i testi introduttivi, cit., pp. 28-29. La posizione difensiva di Ferretti sembra essere determinata anche dal fatto che egli condivida, almeno in parte, le critiche (cfr.: “Harei ben voluto che e’ fussi stato talhora alquanto più religioso, e meno scurrile”). 213
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Altrettanto <strong>in</strong>novativa ci pare l’argomentazione scelta da Le<br />
Maçon per giustificare la traduzione <strong>di</strong> un’opera che, comprendendo<br />
anche novelle “follastres et plaisantes”, avrebbe potuto suscitare<br />
la reazione critica <strong>di</strong> alcuni lettori 29 .<br />
Nel suo Prologue, Premierfait aveva risposto all’obiezione che<br />
“les cent nouvelles semblent plus servir a delectacion que au commun<br />
ou particulier prouffit” sostenendo <strong>in</strong>nanzitutto che “l’escouteur ou<br />
liseur” vi avrebbe trovato “plus profit que delict”, poiché “illec sont<br />
tous vices morsillez et repr<strong>in</strong>s et les vertus et bonnes meurs y sont<br />
admonestees et loeez en autant plus de manieres comme est le nombre<br />
des nouvelles” 30 .<br />
Questa sottol<strong>in</strong>eatura del carattere e<strong>di</strong>ficante dell’opera non viene<br />
ripresa da Le Maçon, che, tuttavia, non ricorre nemmeno, a <strong>di</strong>fferenza<br />
dell’altro prefatore, Emilio Ferretti, all’argomento, oramai canonico,<br />
dell’utile dulci. Nella de<strong>di</strong>ca <strong>in</strong> italiano a Margherita <strong>di</strong><br />
Navarra, il giurista toscano ricorda <strong>in</strong>fatti che Boccaccio si era proposto,<br />
“a imitatione de gli antichi scrittori, <strong>di</strong> <strong>di</strong>lettare <strong>in</strong>sieme e <strong>di</strong><br />
giovare” 31 . In realtà, dopo aver elogiato la serietà, la verità profonda<br />
e l’utilità dell’opera, documento, quasi, <strong>di</strong> “filosofia morale”, con le<br />
sue “sententie gravissime, doctissime, e utilissime”, Ferretti, evocando<br />
coloro che ritengono il libro “<strong>in</strong>degno <strong>di</strong> essere rappresentato a<br />
le caste e honeste menti” e concedendo che “vi siano raccontate de<br />
le cose, onde chi habbia voglia <strong>di</strong> mal fare possa dar forza a suoi<br />
cattivi <strong>di</strong>segni”, f<strong>in</strong>isce per porre l’accento unicamente sull’<strong>in</strong>tenzione<br />
che attribuisce a Boccaccio “<strong>di</strong> giovare e <strong>di</strong> <strong>in</strong>segnare” 32 . Il <strong>di</strong>letto<br />
viene così, <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva, messo fra parentesi.<br />
29 SOZZI, Per la fortuna del Boccaccio <strong>in</strong> Francia: i testi <strong>in</strong>troduttivi, cit., p. 27. Sul testo<br />
lim<strong>in</strong>are <strong>di</strong> Le Maçon, si veda: HAUVETTE, Les plus anciennes traductions françaises de Boccace,<br />
cit., pp. 243-245.<br />
30 BOCCACE, Decameron, cit., p. 2. Sulla prefazione <strong>di</strong> Premierfait, molto articolata, si<br />
veda <strong>in</strong> part.: LABÈRE, Du jard<strong>in</strong> à l’étude, cit., pp. 27-53.<br />
31 Su Emilio Ferretti e la sua de<strong>di</strong>catoria, si veda: G.P. NORTON, The Emilio Ferretti<br />
Letter: A Critical Preface for Marguerite de Navarre, “Journal of Me<strong>di</strong>eval and Renaissance<br />
Stu<strong>di</strong>es”, 4, 2, 1974, pp. 287-300.<br />
32 SOZZI, Per la fortuna del Boccaccio <strong>in</strong> Francia: i testi <strong>in</strong>troduttivi, cit., pp. 28-29. La<br />
posizione <strong>di</strong>fensiva <strong>di</strong> Ferretti sembra essere determ<strong>in</strong>ata anche dal fatto che egli con<strong>di</strong>vida,<br />
almeno <strong>in</strong> parte, le critiche (cfr.: “Harei ben voluto che e’ fussi stato talhora alquanto più<br />
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