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Senato della Repubblica – 54 – XV LEGISLATURA 281ª Seduta Assemblea - Resoconto stenografico 26 febbraio 2008 volete – cristiana, di una forma di soccorso e di sostegno a popolazioni meno fortunate delle nostre e sono la dimostrazione che i nostri giovani che vestono la divisa sono capaci, come ricordava Divina, di essere grandemente apprezzati nell’ambito delle operazioni che conducono e dalle Nazioni che ne usufruiscono. Tutto ciò dimostra ancora una volta come la cultura italiana, il coraggio italiano, il senso dello Stato italiano trionfino a dispetto di tutti coloro che sono contrari, ma che non pongono e non prospettano nessuna alternativa più efficace di quella che il nostro Paese sta conducendo. PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Tonini. TONINI, relatore. Signor Presidente, rinuncio ad intervenire. PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore De Gregorio. DE GREGORIO, relatore. Rinuncio alla replica. PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario Forcieri. FORCIERI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, onorevoli senatori, con questo intervento cercherò di offrire all’Aula il punto di vista del Ministero della difesa sulle missioni. Si tratta di un aggiornamento generale sulle attività operative in corso che, se dovesse eventualmente prolungarsi troppo, con il consenso della Presidenza, potrei lasciare per iscritto. PRESIDENTE. Signor Sottosegretario, secondo l’ordine dei lavori che avevamo previsto, al Governo spettavano 20 minuti per gli interventi; questo è stato concordato nella Conferenza dei Capigruppo. Poiché deve intervenire anche il vice ministro Intini prego il Governo di coordinare i propri interventi per garantire il rispetto dei tempi. FORCIERI, sottosegretario di Stato per la difesa. Cercherò di «coordinarmi», Presidente, anche nel rispetto dell’Aula e delle questioni che sono state poste su cui credo sia giusto interloquire. Vorrei soffermarmi su alcuni punti essenziali il primo dei quali riguarda, come è stato rilevato in Commissione e in Aula, il costo crescente delle operazioni internazionali nel bilancio delle Nazioni Unite. Il fatto è che queste operazioni non sono più un evento occasionale o accidentale ma sono ormai il modo naturale, direi, con cui la comunità internazionale, e quindi anche il nostro Paese, deve corrispondere alle crisi e alla proliferazione di instabilità regionale causate dall’acutizzarsi di conflitti originati da motivazioni di carattere politico, socio-economico, etnico o religioso, particolarmente dopo la fine della guerra fredda.
Senato della Repubblica – 55 – XV LEGISLATURA 281ª Seduta Assemblea - Resoconto stenografico 26 febbraio 2008 Perché, ci chiediamo, le operazioni costano così tanto? Direi che stiamo pagando il costo di quello che mi permetterei di definire il multilateralismo inefficace che in parte c’è stato e c’è anche a livello delle Nazioni Unite. Tali operazioni costano, infatti, perché durano tanto, in primo luogo perché spesso mancano le soluzioni politiche delle crisi che ne sono all’origine e in secondo luogo perché spesso vengono condotte con scarsa capacità e pianificazione operativa da eserciti di Paesi non sviluppati adeguatamente o comunque militarmente non progrediti. Entrambi i motivi rimandano alla necessità di rendere più efficace, sia politicamente che operativamente, il multilateralismo delle Nazioni Unite. Detto questo, è chiaro che è necessario spendere meglio ed è auspicabile che le soluzioni politiche possano essere raggiunte più facilmente in ambito ONU, così da poter destinare maggiori risorse anche alle attività civili. Anche per queste ultime si pone fin da ora un problema drammatico di efficienza della spesa, se è vero, come ricordava oggi in Commissione il senatore Martone, che su 100 dollari investiti soltanto 10 raggiungono l’obiettivo cui sono stati destinati. Dunque si impone una riflessione attenta ed un approccio nuovo. Occorre una sempre maggiore integrazione ed una non competizione tra le componenti civili e militari: le une hanno bisogno delle altre e da sola nessuna può raggiungere il suo scopo. Il secondo concetto che voglio sottolineare sinteticamente è che in questa nuova fase storica anche il concetto di difesa nazionale si è per così dire adeguato alla parallela evoluzione e al cambiamento della minaccia. Oggi, come sappiamo, alle minacce di tipo tradizionale cui eravamo abituati si sono aggiunte, non sostituite dico io, le cosiddette minacce asimmetriche, estremistiche e terroristiche, prevalentemente non statuali che prevalgono per intensità e pericolosità su quelle tradizionali. Le minacce asimmetriche possono maturare in situazioni di instabilità e di crisi anche molto lontane da noi ma hanno una capacità di diffondere i loro effetti in un raggio d’azione geograficamente molto vasto, hanno quindi la possibilità e la facoltà di coinvolgerci direttamente. Con ogni probabilità questo tipo di minacce dominerà ancora lo scenario strategico, rallentando ed ostacolando la pacifica convivenza fra i popoli, le possibilità di sviluppo delle culture e delle economie di quasi tutti i Paesi, incluso il nostro. Questo, a mio giudizio, rende chiaro come per noi la partecipazione alle missioni internazionali e alla stabilizzazione di aree di crisi corrisponda sia ai nostri obblighi nei confronti della comunità internazionale, in conformità al dettato della Costituzione, sia ad un concetto per così dire complementare avanzato di difesa nazionale: contribuendo alla stabilizzazione dei teatri in cui siamo impegnati (dal Kosovo, al Libano, all’Afghanistan, per citare i più importanti), noi tuteliamo quei popoli e contemporaneamente difendiamo noi stessi. Non vedo quindi nessuna contraddizione tra la difesa e le operazioni che svolgiamo nelle situazioni di crisi internazionale. In terzo luogo, è proprio per affrontare con successo questi obblighi che le Forze armate si stanno progressivamente adattando alle nuove modalità d’impiego ed alle necessarie caratteristiche di interoperabilità.
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XV LEGISLATURA<br />
281ª Seduta Assemblea - Resoconto stenografico<br />
26 febbraio 2008<br />
Perché, ci chiediamo, le operazioni costano così tanto? Direi che<br />
stiamo pagando il costo di quello che mi permetterei di definire il multilateralismo<br />
inefficace che in parte c’è stato e c’è anche a livello delle Nazioni<br />
Unite. Tali operazioni costano, infatti, perché durano tanto, in primo<br />
luogo perché spesso mancano le soluzioni politiche delle crisi che ne sono<br />
all’origine e in secondo luogo perché spesso vengono condotte con scarsa<br />
capacità e pianificazione operativa da eserciti di Paesi non sviluppati adeguatamente<br />
o comunque militarmente non progrediti. Entrambi i motivi rimandano<br />
alla necessità di rendere più efficace, sia politicamente che operativamente,<br />
il multilateralismo delle Nazioni Unite.<br />
Detto questo, è chiaro che è necessario spendere meglio ed è auspicabile<br />
che le soluzioni politiche possano essere raggiunte più facilmente in<br />
ambito ONU, così da poter destinare maggiori risorse anche alle attività<br />
civili. Anche per queste ultime si pone fin da ora un problema drammatico<br />
di efficienza <strong>della</strong> spesa, se è vero, come ricordava oggi in Commissione<br />
il senatore Martone, che su 100 dollari investiti soltanto 10 raggiungono<br />
l’obiettivo cui sono stati destinati. Dunque si impone una riflessione attenta<br />
ed un approccio nuovo. Occorre una sempre maggiore integrazione<br />
ed una non competizione tra le componenti civili e militari: le une hanno<br />
bisogno delle altre e da sola nessuna può raggiungere il suo scopo.<br />
Il secondo concetto che voglio sottolineare sinteticamente è che in<br />
questa nuova fase storica anche il concetto di difesa nazionale si è per<br />
così dire adeguato alla parallela evoluzione e al cambiamento <strong>della</strong> minaccia.<br />
Oggi, come sappiamo, alle minacce di tipo tradizionale cui eravamo<br />
abituati si sono aggiunte, non sostituite dico io, le cosiddette minacce<br />
asimmetriche, estremistiche e terroristiche, prevalentemente non statuali<br />
che prevalgono per intensità e pericolosità su quelle tradizionali. Le minacce<br />
asimmetriche possono maturare in situazioni di instabilità e di crisi<br />
anche molto lontane da noi ma hanno una capacità di diffondere i loro effetti<br />
in un raggio d’azione geograficamente molto vasto, hanno quindi la<br />
possibilità e la facoltà di coinvolgerci direttamente.<br />
Con ogni probabilità questo tipo di minacce dominerà ancora lo scenario<br />
strategico, rallentando ed ostacolando la pacifica convivenza fra i<br />
popoli, le possibilità di sviluppo delle culture e delle economie di quasi<br />
tutti i Paesi, incluso il nostro. Questo, a mio giudizio, rende chiaro<br />
come per noi la partecipazione alle missioni internazionali e alla stabilizzazione<br />
di aree di crisi corrisponda sia ai nostri obblighi nei confronti<br />
<strong>della</strong> comunità internazionale, in conformità al dettato <strong>della</strong> Costituzione,<br />
sia ad un concetto per così dire complementare avanzato di difesa nazionale:<br />
contribuendo alla stabilizzazione dei teatri in cui siamo impegnati<br />
(dal Kosovo, al Libano, all’Afghanistan, per citare i più importanti), noi<br />
tuteliamo quei popoli e contemporaneamente difendiamo noi stessi. Non<br />
vedo quindi nessuna contraddizione tra la difesa e le operazioni che svolgiamo<br />
nelle situazioni di crisi internazionale.<br />
In terzo luogo, è proprio per affrontare con successo questi obblighi<br />
che le Forze armate si stanno progressivamente adattando alle nuove modalità<br />
d’impiego ed alle necessarie caratteristiche di interoperabilità.