PDF - Senato della Repubblica
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<strong>Senato</strong> <strong>della</strong> <strong>Repubblica</strong> – 51 –<br />
XV LEGISLATURA<br />
281ª Seduta Assemblea - Resoconto stenografico<br />
26 febbraio 2008<br />
all’accomunamento di più missioni. Infatti, secondo noi qualche costo inutile<br />
è ancora racchiuso in questo provvedimento. Siamo perplessi nel vedere<br />
che abbiamo dimenticato dodici carabinieri ad Hebron; non capiamo<br />
il gran senso <strong>della</strong> loro presenza. Lo stesso vale per i cinque finanzieri dislocati<br />
ancora ad Haiti. Ahimè, non dobbiamo, per la pulce, dimenticare la<br />
trave. Questo ci fa fare un passo lungo e ci fa guardare il nocciolo, il contenuto,<br />
il senso globale di questo provvedimento.<br />
Ci sembrano invece molto pochi quei 67 militari dislocati in Libia<br />
per contenere i flussi migratori, in base ad un accordo bilaterale libico-italiano.<br />
Ci sembrano pochi perché conosciamo l’entità del fenomeno e conosciamo<br />
la vastità territoriale delle coste libiche; ci sembra che 67 militari<br />
italiani – ahimè! – siano pochini (anche se potremmo dire che sono<br />
meglio di nulla). Vorremmo vedere su questo fronte uno sforzo un po’<br />
più sostanzioso.<br />
Non ci può sfuggire il dato politico dietro questo aspetto. Una certa<br />
sinistra fino a ieri era probabilmente vincolata ed obbligata a votare questi<br />
provvedimenti di finanziamento di missioni, che specificava non essere<br />
missioni militari, ma missioni di pace. Oggi i Gruppi di quella sinistra<br />
non votano il provvedimento alla Camera ed accusano i nostri soldati, definendoli<br />
addirittura bellicisti e sostenendo (non so in base a quali fonti)<br />
che in Afghanistan il 4 febbraio alcuni nostri soldati, appartenenti ad<br />
una task force n. 45, avrebbero anche ucciso donne e bambini. Si tratta<br />
di fonti smentite dal sistema di comunicazione ufficiale.<br />
È vero invece il contrario. Chi ha appurato, chi ha potuto confrontarsi<br />
non tanto con i nostri militari, non tanto con il sistema ISAF, ma addirittura<br />
con le istituzioni afgane, avrà potuto avere esattamente una visione<br />
opposta: i nostri militari sono tra i più benvoluti tra quelli che operano<br />
in Afghanistan, per numerose ragioni, tra cui l’umanità che caratterizza<br />
forse la nostra razza, la nostra popolazione, ma anche la severità con<br />
cui il Governo italiano ha obbligato ad una rigorosissima prudenza (i famosi<br />
caveat o regole d’ingaggio) i militari, i quali devono trovarsi in una<br />
certa situazione prima di reagire e devono poi reagire proporzionatamente.<br />
I militari di altri Stati hanno una libertà maggiore: dove c’è il nemico che<br />
attacca, lì si è autorizzati a rispondere. I militari italiani, invece, devono<br />
reagire con una prudenza a volte eccessiva; ma questo ha premesso che<br />
non si siano mai verificati grossi incidenti dove civili abbiano perso la<br />
vita. Ergo, la stessa popolazione ama il contingente italiano proprio per<br />
queste caratteristiche.<br />
Un altro aspetto che non posso sottacere – anche perché è stato inviato<br />
in questi giorni – riguarda un documento che il ministro <strong>della</strong> solidarietà<br />
sociale Paolo Ferrero ha fatto stampare, con il titolo «Guerra e Afghanistan»,<br />
e che ci lascia a dir poco sbigottiti; nella chiusura, infatti, egli<br />
specifica che le eradicazioni forzate – parliamo di piantagioni di oppiacei<br />
– non devono verificarsi là dove i mezzi di sussistenza alternativi non<br />
sono sufficientemente presenti o là dove, probabilmente, non farebbero<br />
che esacerbare il conflitto. Ergo, lasciamoli produrre liberamente droga.<br />
Io onestamente non so se al contadino afgano convenga di più coltivare