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PDF - Senato della Repubblica

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<strong>Senato</strong> <strong>della</strong> <strong>Repubblica</strong> – 131 –<br />

XV LEGISLATURA<br />

281ª Seduta Assemblea - Allegato B<br />

26 febbraio 2008<br />

fino a due per distretto), dell’agricoltura (pozzi, canali di irrigazione, progetti<br />

per colture sostitutive al papavero, distribuzione di fertilizzanti e pesticidi,<br />

strutture a serra e piccoli opifici di trasformazione), <strong>della</strong> sicurezza,<br />

sociale (donazioni di attrezzature e ausili didattici e ortopedici, arredi<br />

e equipaggiamenti per uffici) e <strong>della</strong> sanità. Anche di questi progetti<br />

posso lasciare un elenco che si riferisce alle iniziative previste per il 2008.<br />

In particolare: nell’area ovest di Herat sono particolarmente abbisognevoli<br />

di interventi i distretti di Shindand, Adraskan e Farsi; nell’area<br />

di Kabul, saranno oggetto di speciali interventi e attività i distretti di Surobi,<br />

Chahar e Musayi, dove più elevata è la presenza di forze nazionali.<br />

Per ciò che riguarda specificatamente l’attività militare italiana in Afghanistan,<br />

essa mantiene il profilo <strong>della</strong> missione di stabilizzazione voluta<br />

e decisa dalle Nazioni Unite e mantiene gli obiettivi perseguiti negli scorsi<br />

anni.<br />

Lo spirito ed il metodo con cui l’Italia opera in Afghanistan – come<br />

più volte ribadito – è coerente con questa premessa. L’eventuale uso <strong>della</strong><br />

forza da parte dei nostri militari avviene infatti unicamente in funzione<br />

delle circostanze ed in misura proporzionale alla situazione, nel rispetto<br />

del diritto internazionale e delle norme ed usi sui conflitti armati, nonché<br />

delle leggi e regolamenti nazionali ed in coerenza con quelle delle forze<br />

cooperanti. Tutti i nostri militari operano nel rispetto delle regole d’ingaggio<br />

e dei caveats nazionali.<br />

Come è noto, alcuni Paesi membri dell’Alleanza hanno sollecitato in<br />

varie sedi un incremento dell’impegno militare da parte dei Paesi che non<br />

hanno truppe schierate nelle Regioni meridionali del Paese. Vorrei solo<br />

dire che la dialettica interna all’Alleanza, soprattutto quando è viva, è<br />

un fatto altamente positivo perché tende a mettere in evidenza diverse sensibilità<br />

e punti di vista e a favorire la comprensione e la sintesi politica fra<br />

Paesi alleati che hanno un comune bagaglio di valori e di princìpi. Non è<br />

un caso che la stessa NATO stia elaborando indirizzi che valorizzano sempre<br />

di più un approccio comprensivo al caso afgano, in cui la cooperazione<br />

effettiva ed efficace di tutte le istituzioni internazionali (ONU,<br />

UE, Banca Mondiale, eccetera) è vista come assolutamente indispensabile<br />

al risultato finale, che è quello <strong>della</strong> stabilizzazione afgana e del consolidamento<br />

delle sue istituzioni. Questo per sgombrare il campo da una serie<br />

di preconcetti che vorrebbero la NATO militarmente e muscolarmente impegnata<br />

ad espugnare l’Afghanistan. Naturalmente non è così, anche se si<br />

potrebbe dire che le cose non sempre vanno come si vorrebbe e che qualche<br />

volta sono stati commessi errori e a farne le spese sono state le popolazioni<br />

civili. Questo può legittimare le nostre preoccupazioni e stimolarci<br />

a una sempre maggiore attenzione e vigilanza, ma non giustifica in alcun<br />

modo una volontà di disimpegno dal teatro afgano. Ricordo che per orientare<br />

l’azione delle organizzazioni internazionali di cui siamo membri, per<br />

vedere affermati i nostri valori, per contare sulla scena internazionale occorre<br />

sempre contribuire, esserci, dialogare mediare; ritirarsi sarebbe contrastante<br />

con il diritto internazionale, con i nostri obblighi di solidarietà<br />

verso gli alleati, ma soprattutto sarebbe catastrofico rispetto agli interessi

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