F. TERRANOVA, Osservazioni su Gai 2.108 pp. 281 - Università di ...

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La perentorietà dell’affermazione, riferita in D. 28.1.20 pr., se decidessimo di credere a PT. 2.10.10, sarebbe, quindi, volta a preservare l’interesse dello stesso testatore, salvaguardando il principio di conservazione dell’atto. La ragione – oltre a quelle più su già accennate – per la quale il medesimo orientamento giurisprudenziale, improntato alla tutela del c.d. favor testamenti, viene attestato da Gaio con la cautela, cui più volte abbiamo accennato, potrebbe ravvisarsi nell’impiego da parte del giurista di «un approccio ...di stampo cautelare», che emergerebbe non solo dal contenuto ma anche dal «tono delle affermazioni gaiane». 99 La contraddittorietà su cui all’inizio della nostra indagine ci siamo interrogati troverebbe, quindi, una sua plausibile spiegazione anche nel particolare stile espositivo adoperato da Gaio, e ripreso nel manuale imperiale, volto a un intendimento pratico «di tipo strumental-cautelare»: 100 avvertire i testatori che l’esercizio della facoltà, un tempo loro pacificamente riconosciuta, di chiamare come testimoni i propri futuri eredi avrebbe potuto, data la sussistenza di un dissidio fra i prudentes, volgersi a loro sfavore e rivelarsi improduttivo, rischiando di invalidare l’intero atto testamentario. Bisogna, infine, sottolineare che la spiegazione di Teofilo è verosimilmente valida per l’epoca in cui si afferma la nuncupatio testamenti (c.d. di rinvio). Non sappiamo, però, fino a che punto la stessa possa valere per l’età risalente. 101 La questione ci indurrebbe, com’è evidente, a interrogarci sull’esistenza, ab origine, di una nuncupatio oralmente compiuta dal testatore, esistenza che, com’è noto, è ammessa dalla 99 Così G. FALCONE, Appunti sul IV commentario delle Istituzioni di Gaio, Torino 2003, 81, 83. 100 Così G. FALCONE, Appunti sul IV commentario, cit., 173 s. Tale intendimento non appartiene precipuamente soltanto al giurista di età antoniniana, ma connota, più in generale, l’attività dei iurisperiti, specie repubblicani. Così ID., op. cit., 81 nt. 169. 101 Ipotizzando, però, che la spiegazione addotta da Teofilo non valga anche per l’età risalente creerebbe, a nostro modo di vedere, qualche perplessità immaginare che il testatore potesse istituire solennemente, mediante nuncupatio orale, quale erede, un soggetto presente allo stesso atto in funzione di testis e al quale il primo si sarebbe, infine, rivolto per invitarlo a rendergli testimonianza di quanto aveva solennemente disposto nel testamento. Come si concilia, infatti, la presenza al compimento dell’atto di chi si trova, sostanzialmente, investito contemporaneamente di due diversi ruoli: quello di testis (terzo) e quello di heres (soggetto interessato al compimento dell’intero negotium, a tal punto da essere qualificato in I. 2.10.10 come pars)? 325

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