F. TERRANOVA, Osservazioni su Gai 2.108 pp. 281 - Università di ...
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4. Ritorniamo adesso a <strong>Gai</strong> <strong>2.108</strong>, tenendo a mente quanto abbiamo<br />
letto in <strong>Gai</strong> 2.105-106 (e Tit. Ulp. 20.3-5).<br />
Vale la pena, anzitutto, riba<strong>di</strong>re come la <strong>di</strong>sciplina <strong>su</strong>ll’inidoneità<br />
<strong>di</strong> alcuni soggetti a fungere da testimoni, riferita in <strong>Gai</strong> 2.105-106, interessi<br />
entrambe le fasi dello svolgimento storico del testamento librale,<br />
ossia, per intenderci, sia il t.p.a.e.l. <strong>di</strong> età risalente sia quello <strong>di</strong> età<br />
classica. Il regime, riportato in <strong>Gai</strong> <strong>2.108</strong>, riguarda invece solo ed<br />
esclusivamente il testamento librale <strong>di</strong> età <strong>su</strong>ccessiva; è, infatti, solo al<br />
<strong>su</strong>o interno che è presente, in senso tecnico, un’here<strong>di</strong>s institutio.<br />
Come già evidenziato, <strong>Gai</strong>o attesta che anche lo stesso erede<br />
avrebbe potuto iure rivestire il ruolo <strong>di</strong> testimone nel t.p.a.e.l., ma che<br />
a tale facoltà si dovesse ricorrere il meno possibile. Secondo la maggior<br />
parte degli stu<strong>di</strong>osi, la capacità in questione si fonda <strong>su</strong>lla considerazione<br />
dell’erede come beneficiario dell’atto, e non pars dello stesso alla<br />
stregua del familiae emptor. 56 Il testamento librale <strong>di</strong> età evoluta, infatti,<br />
come già più <strong>su</strong> rilevato, ha as<strong>su</strong>nto struttura sostanzialmente<br />
unilaterale, pur conservando, formalmente, quella bilaterale che gli deriva<br />
dal t.p.a.e.l. <strong>di</strong> età risalente. Tale spiegazione a<strong>pp</strong>are, però, in<strong>su</strong>fficiente<br />
alla luce <strong>di</strong> quanto abbiamo argomentato al paragrafo precedente.<br />
La lettura spassionata <strong>di</strong> <strong>Gai</strong> 2.105-106 ha, infatti, messo in luce<br />
che la ragione per la quale si esclude che alcuni soggetti possano<br />
fungere da testimoni si fonda <strong>su</strong>l loro coinvolgimento nell’affare che si<br />
sta compiendo, rispetto al quale essi non sono ‘terzi’. Rilevare che l’erede<br />
non è parte dell’atto non chiarisce, pertanto, come mai si ammetta<br />
una <strong>su</strong>a partecipazione allo stesso nel ruolo <strong>di</strong> testimone. 57 Del<br />
resto, non a caso abbiamo più <strong>su</strong> evidenziato che i filii in potestate del<br />
familiae emptor e del testatore (e quanti a<strong>pp</strong>artengono, più in generale,<br />
alle loro rispettive familiae), pur non essendo tecnicamente partes,<br />
non possono essere adhibiti in funzione <strong>di</strong> testes.<br />
Se, quin<strong>di</strong>, partiamo dalla constatazione che <strong>su</strong>ssiste un’incompatibilità<br />
fra l’essere testimoni in un atto e l’avere un interesse al compimen-<br />
quali v. <strong>su</strong>pra, nt. 50), una volta sganciato dal riferimento al t.p.a.e.l., as<strong>su</strong>me portata generale.<br />
V. in argomento CI. 4.20.3 (Valer. et Gallien., a. 255). Così F. GLÜCK, Commentario<br />
alle Pandette, Libro XXII, cit., 579, con in<strong>di</strong>cazione alle ntt. 72, 73 e 74 della letteratura<br />
che si è occupata del tema.<br />
56 Così, per tutti, G. SCHERILLO, Corso <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto romano. Il testamento, II, cit., 14.<br />
57 Ovvero terzo, nel senso, poc’anzi accennato, <strong>di</strong> soggetto <strong>di</strong>sinteressato.<br />
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