Silvano Bracci - I Frati MInori a Fano - Fondazione Cassa di ...
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nel 1523 si era aggregato don Galeazzo Gabrielli<br />
con il nome <strong>di</strong> fra Pietro da <strong>Fano</strong> portando in<br />
dote tutti i <strong>di</strong>ritti personali 49 : costoro il 7 <strong>di</strong>cembre<br />
1537 elessero cappellano <strong>di</strong> San Salvatore<br />
Don Giovanni del fu Marco de Bene<strong>di</strong>ctis<br />
detto Dal Cembalo 50 e il 1 ottobre 1553 don<br />
Alessandro Tomassini che però non fu accettato<br />
dal guar<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> Santa Maria Nuova padre<br />
Battista Amici <strong>di</strong> ser Berar<strong>di</strong>no da Morrovalle 51 .<br />
Il fanese Vincenzo Negusanti vescovo <strong>di</strong> Arbe<br />
(oggi Spalato) il 25 aprile 1557 procedeva alla<br />
consacrazione della chiesa ormai completata e,<br />
a ricordo imperituro del fatto, il consanguineo<br />
Pietro Negusanti il 29 ottobre 1607 faceva apporre<br />
una lapide sovrastata dall’insegna aral<strong>di</strong>ca<br />
in pietra del presule, che però non hanno trovato<br />
vita imperitura nel sacro e<strong>di</strong>ficio da cui furono<br />
rimosse nel restauro del 1959 quando lo stemma<br />
del vescovo venne collocato nell’ingresso laterale<br />
della chiesa e la lapide utilizzata come supporto<br />
<strong>di</strong> fioriere nel cortile, da cui nell’estate 2009 è<br />
stata rimossa e collocata nel corridoio <strong>di</strong> accesso<br />
al presbiterio.<br />
A completare il numero delle insigni opere pittoriche<br />
presenti nella chiesa i frati affidarono al<br />
pittore Benedetto Nucci <strong>di</strong> Gubbio la realizzazione<br />
<strong>di</strong> una tavola in cui fosse raffigurata l’Immacolata<br />
Concezione, completa <strong>di</strong> predella con<br />
storie relative al peccato originale, opera firmata<br />
e datata 1568, purtroppo rimossa nel 1850 e in<br />
seguito perduta, salvo la predella conservata nella<br />
cappella-sacrestia (si veda la scheda Il peccato<br />
originale e la redenzione <strong>di</strong> Benedetto Nucci <strong>di</strong><br />
<strong>Silvano</strong> <strong>Bracci</strong>).<br />
La fraternità francescana aveva accettato che la<br />
chiesa continuasse ad essere parrocchiale, perciò<br />
un altare era specificatamente assegnato alle<br />
celebrazioni liturgiche del parroco. Dopo che<br />
don Galeazzo Gabrielli era entrato nella congregazione<br />
degli Eremiti Camaldolesi <strong>di</strong> Monte<br />
Corona, il parroco <strong>di</strong> San Salvatore era nominato<br />
dal Priore della chiesa <strong>di</strong> Santa Maria del<br />
Riposo donata ai camaldolesi dal nipote del<br />
Gabrielli, Pietro, che i monaci lasceranno nel<br />
1608 per trasferirsi nell’eremo costruito sulla<br />
collina <strong>di</strong> Monte Giove 52 . La convivenza con i<br />
frati nella stessa chiesa <strong>di</strong> un parroco secolare,<br />
che pur godeva <strong>di</strong> una propria abitazione in una<br />
parte del convento, e il rapporto dei frati con i<br />
monaci camaldolesi non fu sempre lineare a causa<br />
<strong>di</strong> questioni, quali la fornitura dell’olio della<br />
lampada del SS. Sacramento e delle suppellettili<br />
per la celebrazione della messa parrocchiale.<br />
Don Alessandro Gaggi, parroco dal 1730 al<br />
1750, nei registri precisa spesso: “in questa mia<br />
Chiesa Priorale e Parochiale”, quasi a riven<strong>di</strong>care<br />
la primigenia destinazione dell’e<strong>di</strong>ficio sacro<br />
rispetto all’uso conventuale. Le <strong>di</strong>fficoltà si risolsero<br />
nel 1759, allorché la congregazione camaldolese<br />
<strong>di</strong> Monte Corona cedé ogni <strong>di</strong>ritto sulla<br />
parrocchia alla Provincia francescana osservante<br />
marchigiana il cui Ministro avrebbe provveduto<br />
alla nomina del parroco-frate.<br />
A iniziare dal 1706 la chiesa <strong>di</strong> Santa Maria Nuova<br />
ha subito una ra<strong>di</strong>cale ristrutturazione interna secondo<br />
la “moda moderna”, come si legge in un<br />
documento coevo riguardante la temporanea<br />
rimozione della composita pittura del Perugino<br />
dall’altare della Comunità fanese. Il risultato fu<br />
gradevole all’occhio tanto da far <strong>di</strong>re al conte<br />
Stefano Tomani Amiani: “è il primo tempio della<br />
città per l’accolta elettissima <strong>di</strong> classici lavori <strong>di</strong><br />
pittura, commessa ad artista <strong>di</strong> egregia fama […]<br />
(e per la) euritmia architettonica dell’intero corpo<br />
della Chiesa” 53 .<br />
Il numero e i titoli degli altari lungo i secoli<br />
hanno subito variazioni documentate anche dai<br />
registri parrocchiali <strong>di</strong> matrimonio e dei morti,<br />
alcuni però ebbero sempre il medesimo titolo: il<br />
primo a sinistra era de<strong>di</strong>cato alla Visitazione raffigurata<br />
nella tavola <strong>di</strong> Giovanni Santi, il secondo<br />
all’Annunciazione che si poteva contemplare nella<br />
tavola del Perugino, il terzo già de<strong>di</strong>cato a San<br />
Diego - raffigurato in una tela attribuita a Gian<br />
Giacomo Pandolfi 54 - fu poi consacrato all’Immacolata<br />
Concezione la cui immagine <strong>di</strong>pinta<br />
da Benedetto Nucci fu sostituita nel 1850 da una<br />
I FRATI MINORI A FANO<br />
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