Silvano Bracci - I Frati MInori a Fano - Fondazione Cassa di ...
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SAGGI
<strong>Silvano</strong> <strong>Bracci</strong><br />
I <strong>Frati</strong> Minori a <strong>Fano</strong><br />
I - Cre<strong>di</strong>amo utile una esposizione ragionata circa<br />
la tra<strong>di</strong>zione antica raccolta da storici francescani<br />
sul primitivo inse<strong>di</strong>amento dei <strong>Frati</strong><br />
Minori nel territorio <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>, del quale purtroppo<br />
non troviamo adeguato riscontro nelle fonti<br />
documentarie coeve.<br />
Ecco ciò che quegli storici <strong>di</strong>cono, a cominciare<br />
da Pietro Ridolfi da Tossignano che scrive<br />
nel 1586: «La Custo<strong>di</strong>a ha il convento <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>,<br />
della cui fondazione non ho niente se non che<br />
l’Imperatore Federico nominò Vicari Imperiali<br />
nelle Marche [...] a <strong>Fano</strong> i Malatesti. Perciò il<br />
Convento <strong>di</strong> S. Francesco da questa illustre<br />
Famiglia dei Malatesti fu dotato <strong>di</strong> considerevoli<br />
benefici» 1 ; così Francesco Gonzaga nella sua opera<br />
e<strong>di</strong>ta del 1587: «Poco <strong>di</strong>stante da questa città,<br />
vicino al predetto fiume Metauro e alla sponda<br />
dell’Adriatico, i nostri frati costruirono un conventino<br />
sotto il titolo <strong>di</strong> Santa Maria al Ponte<br />
nei primi tempi del nostro Serafico Or<strong>di</strong>ne,<br />
con l’approvazione del senato fanese» 2 ; infine<br />
Ilario Altobelli (1560-1637): «Sul convento <strong>di</strong> S.<br />
Francesco <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> c’è una tra<strong>di</strong>zione popolare<br />
presso i fanesi che il Serafico Padre abbia a buona<br />
ragione introdotto a <strong>Fano</strong> il servizio <strong>di</strong>vino<br />
<strong>di</strong> quei frati nella città <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> quando era ancora<br />
vivo e ancora c’è una cappella sotto il titolo<br />
<strong>di</strong> S. Giuliano nell’atrio del convento» 3 . Luca<br />
Wad<strong>di</strong>ng, che inizia a pubblicare i suoi Annales<br />
dal 1625, si rifà al Gonzaga e ad una Historia<br />
manuscripta della Provincia delle Marche e parla<br />
del convento <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> nell’anno 1235 come se<br />
fosse sorto in questo anno 4 .<br />
Sull’argomento, il più citato tra gli storici fanesi<br />
è Pietro Maria Amiani 5 che, a sua volta, si appella<br />
a testi <strong>di</strong> storici locali tra i quali Vincenzo<br />
Negusanti (1594-1665), appassionato ricercatore<br />
<strong>di</strong> documenti e tra<strong>di</strong>zioni riguardanti la storia <strong>di</strong><br />
<strong>Fano</strong> 6 , e a documenti <strong>di</strong> vari archivi tra cui quello<br />
della Curia Generale dei <strong>Frati</strong> Minori dell’Ara<br />
Coeli a Roma che però ha subito la devastazione<br />
dei soldati francesi nel 1799 e poi la <strong>di</strong>spersione<br />
a seguito della soppressione degli or<strong>di</strong>ni religiosi<br />
del 1866.<br />
Secondo la tra<strong>di</strong>zione, dunque, San Francesco<br />
stesso in occasione <strong>di</strong> un suo passaggio in zona<br />
nel 1215 o nel 1219 avrebbe fondato la prima fraternità<br />
francescana nei pressi del fiume Metauro<br />
accanto ad un “ospedale” e ad una chiesetta de<strong>di</strong>cata<br />
a Maria Santissima, la fraternità era modesta<br />
per numero <strong>di</strong> componenti come erano i<br />
primi gruppi che il santo lasciava in loco, dopo<br />
aver suscitato ammirazione in chiunque e dopo<br />
la decisione <strong>di</strong> alcuni giovani <strong>di</strong> seguirlo. La<br />
tra<strong>di</strong>zione aggiunge che là il Santo aveva ucciso<br />
un drago o grande serpente, <strong>di</strong> cui per lungo<br />
tempo si era conservata la mascella nella chiesetta<br />
stessa o ad<strong>di</strong>rittura nel convento <strong>di</strong> Santa<br />
Vittoria <strong>di</strong> Fratterosa, evidente leggenda <strong>di</strong> cui<br />
non si ha un benché minimo fondamento, semmai<br />
è più verosimile quanto riporta il Tassi senza<br />
citare la fonte: «Capitato il Patriarca dei poveri<br />
in <strong>Fano</strong> fu pregato da quelle genti a liberarle<br />
da un enorme e venefico coccodrillo, che recava<br />
gran<strong>di</strong>ssimi danni nelle palu<strong>di</strong> all’imboccatura<br />
del Metauro. Il Santo le consolò: la terribile bestia<br />
fu morta, e <strong>di</strong> essa se ne vede anche oggi lo<br />
scheletro nell’atrio della Chiesa della Madonna<br />
del Ponte a un due chilometri da <strong>Fano</strong>. Grati i<br />
Fanesi a Francesco gli e<strong>di</strong>ficarono sul luogo stesso<br />
un Convento al culto <strong>di</strong> una miracolosa immagine<br />
<strong>di</strong> Maria, che da tempo ivi veneravasi in<br />
piccola chiesa» 7 . Anche questi, dunque, conferma<br />
l’esistenza <strong>di</strong> una chiesetta, ma non fa cenno<br />
ad un vicino ‘ospedale’ attestato con documenti<br />
dall’Amiani 8 e <strong>di</strong> cui vedremo l’importanza.<br />
Per poter meglio comprendere il dato della tra<strong>di</strong>zione<br />
è opportuno inserirlo nel contesto storico<br />
del movimento francescano iniziale, sorto<br />
quando il giovane Francesco d’Assisi, già de<strong>di</strong>to<br />
alla vita eremitica, il 24 febbraio 1208 alla<br />
Porziuncola <strong>di</strong> Assisi aveva ascoltato il vangelo<br />
della missione e, liberatosi <strong>di</strong> cose esteriori, si de<strong>di</strong>cò<br />
alla pre<strong>di</strong>cazione itinerante per esortare con<br />
parole semplici a conversione e penitenza, caratteristica<br />
che rimarrà presente nei suoi scritti. Il<br />
suo entusiasmo contagiò l’amico Bernardo che si<br />
associò al vecchio compagno <strong>di</strong> avventure caval-<br />
A fronte<br />
Pietro Perugino, Pala <strong>di</strong><br />
Durante, particolare <strong>di</strong> San<br />
Francesco con il libro in<br />
mano (<strong>Fano</strong>, Santa Maria<br />
Nuova)<br />
11
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
12<br />
leresche, seguito da Pietro e da Egi<strong>di</strong>o formando<br />
il primo nucleo dell’Or<strong>di</strong>ne francescano che<br />
già dal successivo mese <strong>di</strong> maggio <strong>di</strong> quel 1208<br />
Francesco decideva <strong>di</strong> inviare oltre i confini del<br />
territorio assisiate per pre<strong>di</strong>care la penitenza:<br />
mandò Bernardo e Pietro verso la Toscana, lui<br />
ed Egi<strong>di</strong>o si <strong>di</strong>ressero ad est uscendo da Assisi attraverso<br />
la «porta qua itur in Marchiam», come<br />
<strong>di</strong>ce l’iscrizione del 1199 apposta su <strong>di</strong> essa, raggiungendo<br />
probabilmente Fabriano, primo <strong>di</strong><br />
una serie <strong>di</strong> suoi viaggi nelle Marche.<br />
Racconta Tommaso da Celano, il primo biografo,<br />
che Francesco «il sesto anno della sua conversione»<br />
(verso il 1211-12) cercò <strong>di</strong> raggiungere<br />
la Terra Santa via mare salpando - si pensa<br />
- da Ancona, ma il vento contrario gli permise<br />
<strong>di</strong> raggiungere solo la Dalmazia, da dove ripartì<br />
per Ancona e, «lasciato il mare […] si mise<br />
a percorrere la terra (della Marca) e solcandola<br />
col vomere della parola <strong>di</strong> Dio vi seminava il<br />
seme <strong>di</strong> vita […] e subito molti uomini, buoni<br />
e idonei, chierici e laici, fuggendo il mondo […]<br />
abbracciarono la sua vita e il suo programma» 9<br />
approvato da papa Innocenzo III “vivae vocis<br />
oraculo” nella primavera del 1209 quando il<br />
primo manipolo <strong>di</strong> do<strong>di</strong>ci frati si era presentato<br />
a Roma. I novelli seguaci non costituivano<br />
ancora delle fraternità organizzate, alloggiavano<br />
presso lebbrosari, in eremi o in chiese abbandonate.<br />
Il car<strong>di</strong>nale Giacomo da Vitry nella lettera<br />
data da Genova nell’ottobre 1216 - e siamo negli<br />
anni che la tra<strong>di</strong>zione fanese considera - scrive:<br />
«Durante il giorno (i frati minori) entrano nelle<br />
città e nei paesi, impegnandosi attivamente per<br />
guadagnare altri al Signore, la notte ritornano<br />
negli eremi o in qualche luogo solitario per attendere<br />
alla contemplazione» 10 . Nella Regola senza<br />
bolla (c. VII), redatta da Francesco nel 1221,<br />
non ci sono riferimenti a strutture abitative <strong>di</strong><br />
carattere stabile riservate alle fraternità: «Si guar<strong>di</strong>no<br />
i frati, ovunque saranno, in eremi o in altri<br />
luoghi, <strong>di</strong> non appropriarsene e non ne <strong>di</strong>fendano<br />
l’appartenenza nei confronti <strong>di</strong> alcuno», con<br />
un’aggiunta che conferma la precarietà dell’abi-<br />
tazione: «E chiunque verrà ad essi, amico o nemico,<br />
ladro o brigante, sia ricevuto con bontà».<br />
Scrive al riguardo lo stu<strong>di</strong>oso <strong>di</strong> francescanesimo<br />
Raoul Manselli: «Le prime <strong>di</strong>more francescane,<br />
ove non intervenissero fattori occasionali<br />
o casuali, […] erano scelte ad una certa <strong>di</strong>stanza<br />
dalla cerchia urbana, tale però che la città stessa<br />
si potesse raggiungere in un non grande percorso,<br />
tra mezz’ora ed un’ora (da due a quattro chilometri<br />
<strong>di</strong> oggi). Se per qualche ragione ciò non<br />
fosse stato possibile, allora i Minori si inse<strong>di</strong>avano<br />
dove più fitta era la povera gente e più misera<br />
la loro con<strong>di</strong>zione, <strong>di</strong> solito perciò o nella parte<br />
interna più vicina alle mura, o imme<strong>di</strong>atamente<br />
fuori, dove erano i cosiddetti borghi. V’era in<br />
tutto questo una intenzione precisa e rispettata<br />
a lungo: il desiderio <strong>di</strong> essere fra le persone più<br />
bisognose dell’assistenza spirituale e dell’aiuto<br />
anche materiale dei frati» 11 , non ultimo nei piccoli<br />
ospedali dove potevano curare i malati ed in<br />
particolare i lebbrosi .<br />
Alcune <strong>di</strong> quelle presenze precarie furono il primo<br />
nucleo <strong>di</strong> un “locum”, come era chiamata<br />
l’abitazione che poi sarà denominata convento.<br />
Sorsero allora i primi inse<strong>di</strong>amenti francescani<br />
marchigiani, a cominciare da San Leo nel 1213<br />
e da Ascoli nel cui circondario, secondo qualche<br />
storiografo, vari “luoghi” francescani furono<br />
iniziati da coloro che in seguito alla pre<strong>di</strong>cazione<br />
<strong>di</strong> Francesco nel 1215 abbandonarono tutto<br />
per imitarne la vita in luoghi solitari. Nel 1219 i<br />
frati minori risultano in Ancona a Santa Maria<br />
a Capo<strong>di</strong>monte che <strong>di</strong>venterà San Francesco<br />
ad Alto. “Luoghi” a noi più vicini sono: San<br />
Francesco <strong>di</strong> Rovereto a Saltara che si <strong>di</strong>ce preso<br />
dallo stesso Santo; Mondavio, <strong>di</strong> cui il beato<br />
Francesco Venimbeni (+ 1322) nella sua Cronaca<br />
<strong>di</strong>ce che la piccola chiesa dell’Annunziata sulla<br />
cima del colle fu presa dal Santo; Fratterosa che<br />
secondo la tra<strong>di</strong>zione vanta un luogo francescano<br />
dei tempi del Santo; riguardo a Fossombrone,<br />
poiché i fanesi nei vari attacchi alla città <strong>di</strong>strussero<br />
tutti i documenti, si ipotizza un “luogo”<br />
dei tempi del Santo, mentre è attestata una pre-
senza francescana prope arcem nel 1250; Cagli<br />
sembra avere un luogo francescano dai tempi<br />
<strong>di</strong> San Francesco, sicuramente nel 1233 c’è un<br />
convento a Mercatale; Pesaro dai primi decenni<br />
dell’Or<strong>di</strong>ne ha una <strong>di</strong>mora francescana extra<br />
muros Pensauri accanto alla piccola Ba<strong>di</strong>a <strong>di</strong> San<br />
Pietro presso Porta fanestre; a Pergola nel 1255<br />
viene de<strong>di</strong>cata una chiesa a San Francesco dentro<br />
le mura, ma dobbiamo pensare ad una anteriore<br />
presenza francescana più modesta 12 .<br />
Tommaso da Celano alla prima biografia dell’assisiate<br />
allega un abbondante elenco <strong>di</strong> miracoli<br />
ottenuti per intercessione del santo, elenco pubblicamente<br />
letto nella cerimonia della sua canonizzazione<br />
il 16 luglio 1228. Tra i miracolati<br />
appaioni tre fanesi: un rattrappito “con le tibie<br />
ulcerate ripiegate in<strong>di</strong>etro e appiccicate al corpo”,<br />
un idropico “col corpo paurosamente tumefatto”,<br />
il ragazzo Bonomo “liberato dalla lebbra<br />
e dalla paralisi” 13 . È risaputo che la devozione al<br />
Santo <strong>di</strong> Assisi si <strong>di</strong>ffuse e si ra<strong>di</strong>cò per la presenza<br />
capillare dei suoi seguaci, allora proprio<br />
per quei tre miracolati fanesi è legittimo pensare<br />
che la nostra città abbia avuto un inse<strong>di</strong>amento<br />
francescano prima del 1228, per cui cre<strong>di</strong>amo<br />
<strong>di</strong> dover accettare la tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> una primitiva<br />
<strong>di</strong>mora (forse sin dal 1219) accanto alla chiesetta<br />
<strong>di</strong> Santa Maria al Metauro, luogo solitario e<br />
certamente boschivo e a<strong>di</strong>acente ad un piccolo<br />
ospedale, elementi che attraevano i primi seguaci<br />
<strong>di</strong> Francesco.<br />
Quando la fraternità cambiò <strong>di</strong>mora? Fra<br />
Salimbene de Adam nella sua “Cronica” 14 parla<br />
del convento <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> dove egli sui 15 anni<br />
d’età fu inviato per il noviziato e ciò attorno<br />
al 1236, infatti il Wad<strong>di</strong>ng assegna al 1235 il<br />
trasferimento della prima fraternità dalla zona<br />
del Metauro «ad un convento più vicino, più<br />
più confortevole» (ad locum viciniorem, elegantiorem).<br />
Salimbene <strong>di</strong>ce che il convento sorgeva<br />
«fuori la città e vicino al mare» (extra civitatem<br />
et iuxta marem), tanto che egli poteva andare a<br />
passeggiare sulla spiaggia, ma poco dopo i superiori<br />
lo mandarono a continuare il noviziato nel<br />
convento <strong>di</strong> Iesi perché suo padre, che non era<br />
riuscito a convincere il giovane a tornare a casa,<br />
aveva promesso una lauta ricompensa ai pirati<br />
<strong>di</strong> Ancona se fossero riusciti a rapire il figlio per<br />
riportarlo a Parma. Salimbene dunque testimonia<br />
un convento fanese con una fraternità francescana<br />
ormai stabile posta fuori le mura della<br />
città, che poteva anche non avere una propria<br />
chiesa, come allora succedeva, poiché i frati ne<br />
frequentavano una interna o esterna alla città.<br />
Doveva comunque essere una vera e propria fraternità<br />
con un lettore e un ripetitore (un docente<br />
e un collaboratore, quali erano rispettivamente<br />
frate Umile da Milano e frate Vitale da Volterra)<br />
per la formazione <strong>di</strong> novizi, perciò costituita da<br />
almeno do<strong>di</strong>ci persone, anche se sarà la bolla<br />
<strong>di</strong> Innocenzo IV del 5 aprile 1250 a inaugurare<br />
la <strong>di</strong>stinzione fra chiese conventuali, cioè <strong>di</strong><br />
un convento con almeno 12 frati, e chiese non<br />
conventuali a servizio <strong>di</strong> un romitorio abitato da<br />
uno o più religiosi.<br />
Parliamo ormai <strong>di</strong> tempi successivi a san<br />
Francesco morto nel 1226 e l’Or<strong>di</strong>ne, che, lui<br />
vivente, aveva conosciuto una forte espansione<br />
per numero <strong>di</strong> frati e <strong>di</strong> “luoghi” in tutta<br />
Europa, si stava avviando verso il fenomeno<br />
dell’inurbamento. Per motivi <strong>di</strong> cura d’anime e<br />
<strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cazione e per l’esercizio del questuare i<br />
frati si appoggiavano ad una struttura minima<br />
denominata ospitium all’interno della città, cioè<br />
una stanza che potesse ospitare il pre<strong>di</strong>catore o<br />
il questuante. È questo in alcuni casi il primo<br />
nucleo del convento urbano. Dal 1235 i <strong>Frati</strong><br />
Minori <strong>di</strong>sponevano in <strong>Fano</strong> <strong>di</strong> un “ospizio”<br />
con annessa cappella de<strong>di</strong>cata a San Giuliano.<br />
A questo punto sembra opportuno chiederci se<br />
non fosse San Giuliano la chiesa che i frati <strong>di</strong>moranti<br />
fuori le mura frequentavano per la loro<br />
preghiera comunitaria e ciò per due motivi: primo<br />
perché la chiesetta, de<strong>di</strong>cata a San Giuliano<br />
Ospitaliere, aveva accanto un ospedale (probabilmente<br />
una sola stanza come spesso accadeva)<br />
per alloggiare poveri e pellegrini, poi perché dai<br />
frati la chiesetta <strong>di</strong> cui in qualche modo erano<br />
I FRATI MINORI A FANO<br />
13
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
Interno dell’antica chiesa<br />
<strong>di</strong> Santa Maria del Ponte<br />
Metauro<br />
14<br />
<strong>di</strong>ventati proprietari fu conservata e ad<strong>di</strong>rittura<br />
inglobata nella costruzione del convento <strong>di</strong> San<br />
Francesco 15 .<br />
Il terzo passaggio della fraternità francescana fanese<br />
avvenne nel 1255 con l’inizio della chiesa<br />
de<strong>di</strong>cata a San Francesco, come già in altre città,<br />
per la quale papa Alessandro IV con bolla data<br />
da Napoli il 27 aprile concesse molte indulgenze<br />
ai fedeli che avessero contribuito alle spese 16 . La<br />
fabbrica fu completata in due anni e ottantuno<br />
anni dopo, nel 1336, veniva benedetta dal vescovo<br />
fanese Giacomo II assistito da sette vescovi<br />
<strong>di</strong> cui 6 erano francescani 17 , ma fu rifabbricata<br />
nel 1460 dai Malatesta che vollero le proprie sepolture<br />
nelle chiese francescane <strong>di</strong> Rimini e <strong>di</strong><br />
<strong>Fano</strong> 18 , da cui il pensiero del Tossignano riportato<br />
all’inizio <strong>di</strong> questo saggio.<br />
Con la costruzione della chiesa, come ipotizza<br />
l’Amiani 19 , non c’entra san Bonaventura ancora<br />
studente a Parigi, eletto all’unanimità Ministro<br />
Generale dell’Or<strong>di</strong>ne nel Capitolo convocato an-<br />
ticipatamente all’Ara Coeli <strong>di</strong> Roma il 2 febbraio<br />
1257. Frate Bonaventura, pur <strong>di</strong>chiarando «la<br />
propria insufficienza a portare il peso impostogli,<br />
sia per la malferma salute sia per la pochezza della<br />
propria intelligenza», obbedì alla volontà della<br />
massima assise dell’Or<strong>di</strong>ne e <strong>di</strong> papa Alessandro<br />
IV ivi presente, <strong>di</strong>sponendosi a servire gli oltre<br />
trentamila confratelli sparsi nel mondo e <strong>di</strong>visi<br />
dall’interpretazione della Regola della quale fece<br />
il centro del suo servizio <strong>di</strong> Ministro per tenere<br />
unito l’ormai variegato Or<strong>di</strong>ne. Bonaventura <strong>di</strong>ramò<br />
nel mese <strong>di</strong> aprile una lettera nella quale<br />
sottolineava i mali dell’Or<strong>di</strong>ne, tra cui la costruzione<br />
<strong>di</strong> gran<strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici, concludendo con il richiamo<br />
allo zelo e alla devozione per riaccendere<br />
nei frati lo spirito d’orazione, la carità fraterna<br />
e l’amore per la vita povera, ma non si mostrò<br />
contrario alle gran<strong>di</strong> chiese gotiche che, per onorare<br />
il santo Fondatore a cui venivano de<strong>di</strong>cate,<br />
sorsero numerose nelle città maggiori e minori,<br />
tra cui <strong>Fano</strong>.
II - Quanto appena detto ha messo in evidenza<br />
le due interpretazioni della Regola acuitesi dopo<br />
la morte <strong>di</strong> San Francesco: una considerevole<br />
parte dei frati con il pretesto della pre<strong>di</strong>cazione,<br />
in aiuto o in sostituzione del clero locale generalmente<br />
poco colto, propendeva per strutture<br />
dentro le città realizzando monumentali chiese e<br />
gran<strong>di</strong> complessi conventuali comprensivi <strong>di</strong> officine<br />
e scantinati adatti ad accantonare derrate<br />
necessarie per una comunità numerosa, <strong>di</strong> conseguenza<br />
venivano accettati lasciti, donazioni ed<br />
elemosine in danaro; un altro gruppo, per fedeltà<br />
al modello e alla Regola del fondatore, viveva<br />
in piccole comunità al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> centri abitati o<br />
ad<strong>di</strong>rittura in romitaggi rigettando ogni genere<br />
<strong>di</strong> possesso. La contrapposizione tra le due anime<br />
vide qualche repressione verso gli estremisti,<br />
gli “spirituali”, che a loro volta non fecero mancare<br />
polemici giu<strong>di</strong>zi contro chi aveva accettato<br />
interpretazioni accomodanti e <strong>di</strong>spense pontificie<br />
nella povertà comunitaria. Ciò nonostante<br />
l’Or<strong>di</strong>ne rimase unico.<br />
Attorno a fra Paoluccio dei Trinci <strong>di</strong> Foligno,<br />
che dal 1368 si era ritirato a Brogliano sul pianoro<br />
<strong>di</strong> Colfiorito tra Umbria e Marche, fiorì<br />
una comunità <strong>di</strong> frati, per lo più non sacerdoti,<br />
votati alla contemplazione nella povertà non solo<br />
in<strong>di</strong>viduale ma comunitaria. Da questi frati, che<br />
non calzavano scarpe ma portavano zoccoli per<br />
<strong>di</strong>fendersi dalle serpi da cui l’appellativo “zoccolanti”,<br />
si sviluppò il movimento interno all’Or<strong>di</strong>ne<br />
denominato de observantia regulae a cui il<br />
Ministro Generale concesse <strong>di</strong> accettare novizi<br />
ed aprire altri “luoghi”. Il movimento dell’Osservanza<br />
ebbe una eccezionale espansione dopo<br />
che nel 1402 vi si aggregò Bernar<strong>di</strong>no da Siena,<br />
giovane <strong>di</strong> grande spiritualità e cultura, che seppe<br />
armonizzare contemplazione e pre<strong>di</strong>cazione,<br />
povertà e stu<strong>di</strong>o, sostenendo l’usus pauper dei<br />
beni strumentali. I frati della “famiglia” osservante<br />
vivevano in conventi modesti al <strong>di</strong> fuori<br />
della città ed ottennero dai confratelli della<br />
“comunità” <strong>di</strong> poter abitare alcuni luoghi cari<br />
a san Francesco, quali l’eremo delle Carceri e la<br />
Porziuncola ad Assisi e il monte della Verna in<br />
Toscana 20 .<br />
La soluzione pratica bernar<strong>di</strong>niana dell’annosa<br />
questione della povertà e della contrapposizione<br />
fra pre<strong>di</strong>cazione e contemplazione richiamò<br />
nella “famiglia” osservante anche frati della<br />
“comunità”, ma soprattutto il senese con la sua<br />
pre<strong>di</strong>cazione popolare attrasse elementi dall’ambiente<br />
dotto, tra i quali nel 1415 San Giovanni<br />
da Capestrano e nel 1416 San Giacomo della<br />
Marca che, a loro volta, <strong>di</strong>ventarono animatori<br />
della “famiglia” accogliendovi innumerevoli giovani<br />
affascinati dalla loro pre<strong>di</strong>cazione. L’unico<br />
Or<strong>di</strong>ne dei <strong>Frati</strong> Minori, ormai con due anime<br />
sempre più evidenti e contrapposte, da Leone X<br />
con la bolla Ite vos in vineam meam del 29 maggio<br />
1517 sarà <strong>di</strong>viso in due rami: <strong>Frati</strong> Minori<br />
Osservanti e <strong>Frati</strong> Minori Conventuali.<br />
La ripetuta presenza <strong>di</strong> frate Giacomo della<br />
Marca a <strong>Fano</strong> alimentò il desiderio <strong>di</strong> avere anche<br />
qui i frati dell’Osservanza oltre ai frati minori<br />
del convento <strong>di</strong> San Francesco dove il santo<br />
alloggiava. È attestata una prima richiesta «per<br />
la gloria <strong>di</strong> Dio e per la salvezza delle anime»<br />
(ad honorem Dei et salutem animarum) datata<br />
16 ottobre 1446 con la quale il Consiglio e la<br />
Comunità fanese pregavano papa Nicolò V <strong>di</strong> inviare<br />
il Vicario degli Osservanti con alcuni confratelli<br />
« per scegliere e far costruire un convento<br />
in quella zona che a loro sarebbe apparsa più idonea<br />
e silenziosa» 21 . Il 4 marzo 1455 Sigismondo<br />
Pandolfo Malatesti, «richiesto <strong>di</strong> scegliere un<br />
luogo conveniente e adatto per la costruzione<br />
<strong>di</strong> un convento dell’Osservanza dell’Or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
San Francesco, dato che in questa sua città erano<br />
state lasciate molte elemosine per l’e<strong>di</strong>ficazione<br />
del detto convento» (allo scopo si era avuta quasi<br />
una gara tra le famiglie più in vista, quali i<br />
Marcolini, i Peruzzi, i Palazzi, ecc., ma anche da<br />
parte <strong>di</strong> gente meno in vista), convocò presso il<br />
suo palazzo il Consiglio con il quale si convenne<br />
che, «pro minori expen<strong>di</strong>o» cioè per non accollarsi<br />
tante spese, sembrava opportuno concedere<br />
«l’oratorio <strong>di</strong> S. Maria del Metauro con le sue<br />
I FRATI MINORI A FANO<br />
15
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
16<br />
case perché era luogo pio, devoto, con locali già<br />
e<strong>di</strong>ficati e posto in luogo congruo», facendo salva<br />
la proprietà che doveva rimanere alla Comunità<br />
<strong>di</strong> <strong>Fano</strong> 22 . Nella stessa riunione vennero eletti<br />
quattro consiglieri che insieme al pontiniere e<br />
all’Amicus Comunis (il pubblico funzionario che<br />
sarà denominato Gonfaloniere dal 25 settembre<br />
1463, dopo la partenza <strong>di</strong> Sigismondo Pandolfo<br />
Malatesti e la concessione della libertas ecclesiastica)<br />
incontrassero il pre<strong>di</strong>catore frate Giacomo<br />
da Ascoli 23 e il suo compagno fra Battista da Iesi<br />
per riferire quanto era stato detto e chiedessero<br />
loro <strong>di</strong> mettere per iscritto quanto desideravano.<br />
La pratica per l’inse<strong>di</strong>amento dei francescani<br />
dell’Osservanza a Santa Maria al Metauro si<br />
concluse con l’assenso <strong>di</strong> papa Nicolò V, così il<br />
Consiglio in data 9 marzo 1455 concesse ai frati<br />
dell’Osservanza l’uso della chiesetta con annessa<br />
abitazione, gli orti e una piccola vigna verso la<br />
selva, provvedendo suppellettili liturgiche e mettendo<br />
a loro <strong>di</strong>sposizione una parte delle offerte<br />
in cera e denaro necessaria per officiare la chiesa<br />
e per il sostentamento dei religiosi, inoltre venivano<br />
riconosciuti tutti i lasciti fatti da benefattori<br />
per la costruenda chiesa e relativo convento per il<br />
quale scopo era concesso anche l’uso delle fornaci<br />
del Comune fino al completamento della nuova<br />
fabbrica 24 . Mancava la formalità della consegna<br />
degli immobili che fu fatta nella sala del capitolo<br />
del convento <strong>di</strong> San Francesco davanti al notaio<br />
Gregorio Damiani il 18 aprile 1455: ma non potendo<br />
gli Osservanti <strong>di</strong>rettamente accettare immobili<br />
secondo la Regola <strong>di</strong> San Francesco, venne<br />
nominato il “Sindaco Apostolico” nella persona<br />
<strong>di</strong> Giovanni Vianutii da Casteldurante da parte<br />
<strong>di</strong> Fra Francesco de Castionibus Vicario (degli<br />
Osservanti marchigiani), <strong>di</strong> Fra Sante (Boncori<br />
da Penna San Giovanni) Ministro dei Conventi<br />
(cioè Ministro della Provincia marchigiana)<br />
e <strong>di</strong> Fra Andrea da Saltara Guar<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> San<br />
Francesco, con il consenso dei frati Giacomo <strong>di</strong><br />
Giovanni da Ascoli, Giovanni Battista da Iesi<br />
(che sarà guar<strong>di</strong>ano della nuova fraternità) e altri<br />
frati osservanti, così il Comune <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> con il<br />
consenso <strong>di</strong> Sigismondo Pandolfo Malatesti assegnò<br />
ai frati dell’Osservanza l’uso dell’oratorio,<br />
della casa e altre case del Ponte 25 .<br />
La Municipalità fanese era sod<strong>di</strong>sfatta della concessione<br />
perché sembrava <strong>di</strong> aver trovato ottima<br />
soluzione per l’animazione del piccolo santuario<br />
mariano del Metauro dove sostavano pellegrini<br />
<strong>di</strong>retti o <strong>di</strong> ritorno da Loreto e verso cui da varie<br />
parti si avviavano devoti e malati, specie i fanesi<br />
e a tale proposito è curiosa la penitenza stabilita<br />
nella riunione della confraternita <strong>di</strong> San Michele<br />
del 6 giugno 1457 per qualche confratello che<br />
non avesse assistito alla messa e alla pre<strong>di</strong>ca in<br />
una festività <strong>di</strong> precetto: “recarsi alla chiesa <strong>di</strong><br />
Santa Maria al Metauro frustandosi” 26 . Anche<br />
se non si sentiva urgente la costruzione <strong>di</strong> un<br />
nuovo convento, sorse ben presto nei frati il desiderio<br />
<strong>di</strong> trasferirsi altrove per varie cause, tra cui<br />
l’insalubrità del luogo, le <strong>di</strong>spute col Pontiniere<br />
circa le elemosine della chiesetta, il transito <strong>di</strong><br />
soldati che non avevano riguardo nemmeno per<br />
una comunità religiosa. In data 16 novembre<br />
1456 intervenne persino papa Callisto III che,<br />
sollecitato dal vescovo <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> e dal Malatesti,<br />
obbligava il Vicario Provinciale degli Osservanti<br />
«ad evitanda scandala» a non trasferire la famiglia<br />
religiosa «dall’oratorio o cappella <strong>di</strong> Santa Maria<br />
del Metauro verso cui il popolo nutre gran<strong>di</strong>ssima<br />
devozione per i molti famosi miracoli che ivi<br />
avvengono, come si <strong>di</strong>ce» 27 .<br />
Ma da quando il romano Giordano Orsini,<br />
eletto Pontiniere dell’Ospedale <strong>di</strong> Santa Maria<br />
al Metauro il 28 settembre 1463 dal car<strong>di</strong>nale<br />
Nicola <strong>di</strong> Teano legato apostolico 28 , aveva aperto<br />
davanti alla chiesa una locanda per alloggiare i<br />
pellegrini, i religiosi riaffermarono decisamente<br />
l’intenzione <strong>di</strong> erigere altrove un nuovo convento<br />
e il Consiglio citta<strong>di</strong>no non poté non dare parere<br />
favorevole nominando nella seduta del 27<br />
ottobre 1464 tre citta<strong>di</strong>ni che in<strong>di</strong>viduassero il<br />
luogo adatto allo scopo 29 .
III - La realizzazione dell’auspicato nuovo convento<br />
poté avvenire dal momento in cui il Comune<br />
cedette ai frati il terreno vicino all’Ospedale dei<br />
santi Cosma e Damiano nella zona destinata a<br />
lazzaretto, ovviamente denominato San Lazzaro.<br />
Papa Sisto IV (fra Francesco Della Rovere, già<br />
Ministro Generale dell’Or<strong>di</strong>ne) con bolla del<br />
22 maggio 1476 autorizzò l’e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong> «un<br />
nuovo convento non troppo <strong>di</strong>stante dalla nostra<br />
città <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> e più <strong>di</strong>stante dalla pubblica<br />
via (rispetto al precedente)» 30 . La prima pietra fu<br />
solennemente benedetta il 1° ottobre 1477 dal<br />
vescovo francescano Giovanni De Tonsis fanese,<br />
ma per l’effettiva e<strong>di</strong>ficazione si ebbe la <strong>di</strong>fficoltà<br />
maggiore nella scarsità dei mezzi finanziari, nonostante<br />
le somme elargite perio<strong>di</strong>camente dalla<br />
Comunità il cui Consiglio deliberò <strong>di</strong> attingere<br />
dalle entrate del Ponte e della chiesa a<strong>di</strong>acente 31 .<br />
Comunque nell’agosto 1479 alcuni frati abitavano<br />
già l’e<strong>di</strong>ficio non ancora completato. Solo<br />
la soluzione <strong>di</strong> una controversia per <strong>di</strong>sporre<br />
liberamente dei considerevoli beni lasciati dai<br />
fratelli Francesco e Galeotto Marcolini permise<br />
<strong>di</strong> completare chiesa e convento che furono<br />
denominati “Santa Maria Nuova”, dove i frati<br />
osservanti si trasferirono ufficialmente nel 1480,<br />
anche se continuavano i lavori <strong>di</strong> rifinitura come<br />
si comprende dalla quietanza <strong>di</strong> 356 ducati e 18<br />
bolognini rilasciata in data 2 settembre 1485 da<br />
Mastro Antonio fu Bernabeo da Como per i lavori<br />
realizzati fino allora 32 .<br />
Il nuovo convento doveva essere capace <strong>di</strong> una<br />
comunità <strong>di</strong> almeno do<strong>di</strong>ci frati, ma la chiesa<br />
oltre che capiente doveva essere bella, perché per<br />
Santa Maria Nuova in San Lazzaro furono realizzate<br />
splen<strong>di</strong>de opere d’arte. Semplici donazioni<br />
<strong>di</strong> facoltose persone devote dei frati, come<br />
si evince dal testamento del 17 maggio 1485 <strong>di</strong><br />
Durante <strong>di</strong> Giovanni Vianutii e dal testamento<br />
del 12 gennaio 1489 <strong>di</strong> Pietro Peruzzi 33 , oppure<br />
esplicita richiesta <strong>di</strong> quei frati che, proprio perché<br />
dell’Osservanza, dovevano attenersi alla povertà<br />
anche comunitaria più dei confratelli conventuali<br />
della chiesa <strong>di</strong> San Francesco dentro le mura?<br />
Il santo fondatore assisiate, che <strong>di</strong>sprezzava il<br />
danaro e voleva che ugualmente facessero i suoi<br />
frati, ammetteva la sola eccezione per i malati:<br />
«Nessun frate, ovunque sia e dovunque vada,<br />
in nessun modo porti con sé o riceva o permetta<br />
che si ricevino beni o denari [...] se non per<br />
evidente necessità dei frati malati» (Regola senza<br />
bolla, cap. VIII). Ma lo stesso Francesco aveva<br />
scritto nella Lettera a tutti i chierici: «Ovunque il<br />
santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo<br />
sia stato posto e abbandonato inadeguatamente,<br />
sia rimosso da quel luogo e sia riposto e custo<strong>di</strong>to<br />
in un luogo prezioso», concetto riba<strong>di</strong>to negli<br />
ultimi giorni <strong>di</strong> vita: «Voglio che questi santissimi<br />
sacramenti [il corpo e sangue <strong>di</strong> Cristo]<br />
siano più <strong>di</strong> ogni altra cosa onorati, venerati e<br />
collocati in luoghi preziosi [...]» (Testamento) 34 .<br />
Sin dai primi anni dell’Or<strong>di</strong>ne i suoi seguaci<br />
non esitarono a dar seguito a tali desideri, non<br />
solo provvedendo alla costruzione e decorazione<br />
della gran<strong>di</strong>osa basilica eretta in Assisi a gloria <strong>di</strong><br />
Dio e ad onore del suo servo Francesco (in verità<br />
sorta per volontà <strong>di</strong> papa Gregorio IX, già amico<br />
personale del santo), ma anche della chiesetta<br />
della Porziuncola <strong>di</strong> Santa Maria degli Angeli<br />
che, oltre a custo<strong>di</strong>re all’interno la grande tavola<br />
<strong>di</strong> Prete Ilario da Viterbo (1393), proprio i frati<br />
osservanti ne fecero affrescare l’esterno dell’abside<br />
nel 1486 da Pietro Vannucci detto il Perugino<br />
che vi raffigurò la Crocifissione. Dunque povertà<br />
personale e comunitaria, ma cose preziose per<br />
il Creatore e Signore <strong>di</strong> tutto e ad onore della<br />
Vergine Maria sua Madre e anche del serafico<br />
padre San Francesco.<br />
Così anche i frati osservanti <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>, per mezzo<br />
<strong>di</strong> sindaci apostolici o amministratori delle entrate<br />
e uscite del convento approvati dal papa,<br />
quali «Petrus Antonius a Lanceis et Matheus de<br />
Martinotiis de <strong>Fano</strong> sin<strong>di</strong>ci ecclesiae Sanctae<br />
Mariae Novae» 35 , non temettero <strong>di</strong> sollecitare<br />
finanziamenti da parte <strong>di</strong> facoltosi benefattori e<br />
affidare committenze ad artisti <strong>di</strong> grido perché il<br />
tempio <strong>di</strong> Santa Maria Nuova riflettesse la gloria<br />
celeste e narrasse fatti evangelici alla gente per<br />
I FRATI MINORI A FANO<br />
17
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
18<br />
San Giacomo della Marca e altri <strong>Frati</strong> Santi a <strong>Fano</strong><br />
I conventi francescani fanesi hanno ospitato frati illustri non solo per cultura ma anche per santità, che<br />
vogliamo presentare.<br />
San Bonaventura da Bagnoregio (1217-1274), eletto Ministro Generale dell’Or<strong>di</strong>ne nel capitolo convocato<br />
anticipatamente all’Ara Coeli <strong>di</strong> Roma il 2 febbraio 1257, soggiornò nel convento <strong>di</strong> San<br />
Francesco nel gennaio 1258, sembra in concomitanza con una congiura <strong>di</strong> ghibellini guidati da Guido<br />
da Carignano scoperta proprio dal santo che ne fece parola con i magistrati guelfi secondo quanto<br />
riferisce l’Amiani 1 .<br />
Di un beato Antonio da <strong>Fano</strong> (sec. XV) fa cenno Agostino Pellegrini <strong>di</strong>cendo che «<strong>di</strong>etro il ciborio<br />
amovibile posto sopra la mensa dell’altare <strong>di</strong> Sant’Antonio <strong>di</strong> Padova si trova questa iscrizione: “in<br />
memoria aeterna erit justus / Dominus custo<strong>di</strong>t omnia ossa eorum”» e cita uno scritto dell’agostiniano<br />
Carlo Moretti datato 1675 che ne dà qualche notizia: «[...] con la sua santità e dottrina estinse la pessima<br />
eresia de’ Faniscolari [...] pieno <strong>di</strong> meriti ed infinita bontà, passò al Signore nel convento dell’Or<strong>di</strong>ne<br />
predetto fuori della città <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>, nel qual monastero rifabbricato entro le mura fu traslato il <strong>di</strong> lui<br />
corpo, che tutto intero conservasi nella chiesa <strong>di</strong> S. Maria Nuova del suo Or<strong>di</strong>ne predetto nell’altare<br />
<strong>di</strong> S. Antonio» 2 . Di questo venerato frate non abbiamo altre in<strong>di</strong>cazioni biografiche, poiché Vincenzo<br />
Nolfi nel ricordare santi francescani osservanti fanesi si limita a queste parole: «F. Antonio, che l’anno<br />
1430 fu Confessore <strong>di</strong> Alfonso Rè <strong>di</strong> Aragona, e <strong>di</strong> lui Ambasciatore a Papa Martino V» 3 e così pure<br />
il Wad<strong>di</strong>ng all’anno 1430: «Erano attivi in questo tempo frate Antonio da <strong>Fano</strong> Confessore del Re <strong>di</strong><br />
Aragona Alfonso e Oratore presso papa Martino per trattare della concor<strong>di</strong>a [...]» 4 , ma l’Amiani allo<br />
stesso anno parla <strong>di</strong> un beato Antonio agostiniano fanese “detto il Juniore”, rispetto ad un omonimo<br />
agostiniano seniore, nato circa il 1393 che poi fu confessore del re Alfonso d’Aragona, morto verso il<br />
1432 5 . Sta <strong>di</strong> fatto, come <strong>di</strong>ce il Pellegrini, che dalla chiesa <strong>di</strong> Santa Maria Nuova in San Lazzaro era<br />
stato trasferito a Santa Maria Nuova in San Salvatore il corpo mummificato del ‘beato’ Antonio da<br />
<strong>Fano</strong> francescano osservante conservato appunto nell’altare <strong>di</strong> Sant’Antonio. Ma durante gli interventi<br />
<strong>di</strong> restauro del 1958-59 si pensò <strong>di</strong> trasferirlo dato che non ne esisteva venerazione, così in una elencazione<br />
<strong>di</strong> “lavori eseguiti in economia” relativi al mese <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre 1959 si legge tra l’altro: «Per apertura<br />
e chiusura <strong>di</strong> porte nella Chiesa, chiusura della nicchia del Beato Antonio, [...]» 6 e a suo tempo dalla<br />
viva voce <strong>di</strong> P. Francesco Talamonti, il Guar<strong>di</strong>ano che promosse e seguì i lavori, abbiamo saputo che<br />
quel corpo “tutto intero” fu tolto e murato verticalmente all’inizio della parete destra della chiesa nel<br />
vano tamponato <strong>di</strong> un passaggio che immetteva nell’attuale convento. Di questo santo frate fanese, pur<br />
denominato “beato”, non è stato mai promosso un processo per il riconoscimento del culto da parte<br />
dell’autorità ecclesiastica.<br />
Sappiamo che San Giacomo della Marca (1393-1476) fu presente più volte a <strong>Fano</strong>, alloggiando nel<br />
convento <strong>di</strong> San Francesco. Nel 1423 fu incaricato da papa Martino V <strong>di</strong> intervenire contro i <strong>Frati</strong>celli<br />
dell’opinione: «Erasi la loro Setta ancora in <strong>Fano</strong>, e ne’ Stati de’ Malatesti introdotta, onde ad estirparla<br />
inviò in queste parti il Pontefice Commissario Apostolico il P. Giacomo Frate Minore dell’Osservanza<br />
<strong>di</strong> S. Francesco, oggi su gl’Altari dal Mondo Cattolico venerato» 7 .<br />
Nel 1427 si trovava a <strong>Fano</strong> per la seconda volta allorché giungeva da Rimini Pandolfo III Malatesti:<br />
«Ormai messo a dura prova da anni <strong>di</strong> battaglie e <strong>di</strong> eccessi, ammalatosi all’inizio dell’autunno del<br />
1427, ma indomito e ostinato fino alla fine, progettò <strong>di</strong> fare un pellegrinaggio a pie<strong>di</strong> da Rimini fino<br />
al santuario mariano <strong>di</strong> Loreto. Giunse tuttavia sino a <strong>Fano</strong>» 8 , al non meno noto santuario mariano <strong>di</strong>
Ponte Metauro per impetrare la guarigione e poi<br />
ritirarsi nel suo palazzo spossato dalla malattia. Ci<br />
soccorre a questo punto il racconto particolareggiato<br />
<strong>di</strong> Vincenzo Nolfi: « Fra Giacomo da Monte<br />
Prandone della Marca, quello che hoggi vi è in<br />
somma venerazione appresso i Napolitani, ove si<br />
trova il suo corpo per i frequenti, e singolari miracoli<br />
ch’esperimentano alla giornata, e ch’essi chiamano<br />
il Beato Giacomo della Marca dell’Or<strong>di</strong>ne<br />
de’ Minori Osservanti, huomo, il cui nome, anche<br />
egli vivente, andava sù l’ali della fama con titolo <strong>di</strong><br />
gran Santità, pre<strong>di</strong>cava all’hora in <strong>Fano</strong>, ove era la<br />
sua residenza e con tal frutto che si legge haver egli<br />
fatto egli <strong>di</strong>smetter tutte le pompe <strong>di</strong> quei tempi<br />
alle Donne, le quali oltre alla ricchezza degli habiti,<br />
e delle gioie, consistevano principalmente in un<br />
tal portamento <strong>di</strong> capelli, che chiamavano ciorci,<br />
che sù la fronte si alzavano tutti ricci, e nello<br />
strascico smisurato della veste, che <strong>di</strong>mandavano<br />
codea. Questi dunque sentita la grave infirmità<br />
<strong>di</strong> Pandolfo, come che era tutta Charità, et havea<br />
ardentissimo desiderio della salute del Prossimo,<br />
andò a visitarlo, e consolarlo più <strong>di</strong> una volta, e vedutolo spe<strong>di</strong>to, gli annunciò con maniere tutte piene<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>scretezza la vicinità della sua partenza da questo Mondo, e lo confortò a ricevere con ogni rassegnazione<br />
questo accidente, commune a tutti quelli che nascono, et a prendere i Santissimi Sacramenti<br />
per trovarsi bene armato contro le insi<strong>di</strong>e dell’inimico: Quel gran Guerriero, che trà l’Anni havea più<br />
volte veduta intrepidamente la faccia della Morte, a questa sì fatta novella si cangiò <strong>di</strong> colore, tremò,<br />
e se li fece quasi che un deliquio, ma raccolto lo spirito, come, che era guerriero e huomo <strong>di</strong> singolar<br />
pietà, <strong>di</strong>sse che la Misericor<strong>di</strong>a <strong>di</strong> Dio l’haveva troppo lungamente felicitato in questo Mondo, e che<br />
però non haveva <strong>di</strong> chè lagnarsi della sopravenente Morte, mentre egli era vissuto per molti anni, che se<br />
gli dessero pure tutti i Sacramenti, ch’egli voluntariamente gli chiedeva, e volentieri era per prenderli, e<br />
preso per la mano fra’ Giacomo strettamente lo pregò a non abbandonarlo nell’ultimo passo, aiutandolo,<br />
e con salubri ricor<strong>di</strong>, e con le orationi a ben morire, perché egli molto ben conosceva, che la salute<br />
dovea essere il maggior negotio, che habbia un Christiano in questa vita; tutto promesse il buon Padre,<br />
e tutto eseguì, laonde alli trè <strong>di</strong> Ottobre Pandolfo nelle <strong>di</strong> lui braccia spirò l’anima 9 »<br />
Il rapporto <strong>di</strong> rispetto e stima sorto tra San Giacomo e Pandolfo III continuò con i figli. Il primogenito<br />
Galeotto Roberto ebbe una breve vita, essendo nato il 3 febbraio 1411 e morto il 9 (10) ottobre 1432; il<br />
4 ottobre dell’anno precedente si era associato al Terzo Or<strong>di</strong>ne Francescano. Anche questo fatto e una<br />
condotta da allora improntata ad una intensa vita <strong>di</strong> preghiera e <strong>di</strong> carità verso i poveri lo proposero<br />
all’ammirazione <strong>di</strong> molti e, dopo la morte, alla pubblica venerazione da essere invocato col titolo <strong>di</strong><br />
beato. San Giacomo della Marca lo aveva incontrato durante la pre<strong>di</strong>cazione quaresimale del 1431 a<br />
Rimini, perciò in più pre<strong>di</strong>che affermava che il “beatus Rubertus de Malatestis” in clima <strong>di</strong> confidenze<br />
gli aveva confessato <strong>di</strong> aver trascorso in verginità i suoi <strong>di</strong>ciotto mesi <strong>di</strong> matrimonio 10 . Il buon rapporto<br />
con il secondogenito Domenico Malatesta Novello, signore <strong>di</strong> Cesena dove nel marzo 1457 si trovava<br />
San Giacomo della Marca,<br />
tela <strong>di</strong> ignoto pittore marchigiano,<br />
secc. XVI-XVII<br />
(Biblioteca Francescana <strong>di</strong><br />
Falconara Marittima)<br />
19
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
20<br />
frate Giacomo che nel successivo aprile a Ferrara contribuiva con Borso d’Este alla pacificazione <strong>di</strong><br />
Sigismondo Pandolfo con Malatesta Novello, è confermato dal dono che costui insieme alla consorte<br />
Violante <strong>di</strong> Montefeltro gli fece del prezioso co<strong>di</strong>ce Papias Vocabularium oggi nella Biblioteca Vaticana<br />
(Ross. Lat. 564) recante l’autografo del frate: «Hunc librum Pappie (sic) donaverunt mihi fratri Iacobo<br />
magnificus Dominus Malatesta et eius devotissima uxor Domina Violans pro animabus eorum et suorum<br />
parentum, quem librum de<strong>di</strong> loco Sanctae Mariae de Gratia iuxta opidum (sic) Montisprandonis<br />
or(<strong>di</strong>nis) mi(norum), manu propria» 11 .<br />
Con Sigismondo Pandolfo ebbe a trattare frate Giacomo della Marca al suo rientro (1439) dalle missioni<br />
apostoliche e <strong>di</strong>plomatiche in Bosnia e Ungheria. A <strong>Fano</strong> pre<strong>di</strong>cava la quaresima del 1440 durante<br />
la quale biasimò pubblicamente le eccessive spese per l’abbigliamento femminile, come poco sopra<br />
abbiamo letto da Vincenzo Nolfi. In questa occasione il ‘magnifico signore’ avrebbe detto al frate <strong>di</strong><br />
soprassedere sull’argomento perché a lui le donne piacevano per lo sfarzo delle vesti, ma accettò che il<br />
pre<strong>di</strong>catore si interponesse in una vicenda <strong>di</strong> posse<strong>di</strong>menti raccontata dal Nolfi: «In quest’anno medesimo<br />
il Conte d’Urbino [Guidantonio <strong>di</strong> Montefeltro] rinovò l’hostilità contro li Stati <strong>di</strong> Sigismondo,<br />
imperoché portatosi all’improviso sopra il Castello <strong>di</strong> Tavoleto, quello in fine prese... Grandemente<br />
sdegnato Sigismondo si condusse nel Monte Feltro con quanti più armati poté, et ivi occupò alcune<br />
Castella del Conte. Il Conte all’incontro prevedendo molto <strong>di</strong>fficile la ricuperazione de’ suoi Luoghi<br />
del Monte Feltro occupatoli dal Malatesta, per fare una <strong>di</strong>versione voltò l’Armi contro le Terre del<br />
Vicariato, che teneva Sigismondo, et avendole travagliate molto, finalmente <strong>di</strong>ede all’improvviso sopra<br />
Rupoli, Castello già della Famiglia de’ nostri Gabuccini, e trovandolo sprovvisto <strong>di</strong> Gente, con una<br />
facilità se ne rese Padrone, e per incuter timore agli altri, lo <strong>di</strong>ede in potere de’ soldati, da quali fu<br />
saccheggiato, e poco meno, che spianato, e fu nel principio <strong>di</strong> Marzo, et il medesimo accadde pochi<br />
giorni doppo <strong>di</strong> Monte Bello... Così vedendosi assai forte [Sigismondo] pensò <strong>di</strong> risentirsi <strong>di</strong> questo<br />
nuovo insulto con gire à trovare il Conte, e battersi seco; Ma temendo che il Piccinino Generale del<br />
Duca <strong>di</strong> Milano dovendo passare per la Romagna non s’impadronisse <strong>di</strong> qualche suo Luogo in quella<br />
Provincia, si <strong>di</strong>spose <strong>di</strong> dar orecchio al Padre Frà Giacomo da Monte Brandone, che ancora stava <strong>di</strong><br />
stanza, e pre<strong>di</strong>cava in <strong>Fano</strong>, il quale con ogni suo potere procurava d’unire questi due Signori, e così in<br />
brieve egli ne concluse la Pace con con<strong>di</strong>zione, che fossero da ogni parte restituiti i Luoghi occupati, e<br />
se ne stipulò l’istrumento sotto li 28 <strong>di</strong> Marzo» 12 .<br />
Nel 1445 era a <strong>Fano</strong> e fu amorevolmente accanto al suo confratello Giovanni de’ Bertol<strong>di</strong> da Serravalle<br />
(oggi castello della Repubblica <strong>di</strong> San Marino), già ministro provinciale dei <strong>Frati</strong> Minori delle Marche,<br />
lettore <strong>di</strong> teologia, commentatore <strong>di</strong> Dante, vescovo <strong>di</strong> Fermo dal 1410 e dal 15 <strong>di</strong>cembre 1418 vescovo<br />
<strong>di</strong> <strong>Fano</strong>, il quale ultranovantenne rendeva la sua anima a Dio il 3 febbraio 1445 13 .<br />
Qualche anno più tar<strong>di</strong>, nel 1454, fu Sigismondo Pandolfo a chiamare frate Giacomo a pre<strong>di</strong>care<br />
contro le spese suntuarie che conducevano molte famiglie al lastrico a causa <strong>di</strong> prestiti usurari: il 31<br />
<strong>di</strong>cembre il pre<strong>di</strong>catore e due consiglieri furono incaricati «pro utilitate reipublicae huius civitatis» <strong>di</strong><br />
stendere un regolamento che limitasse le spese relative a ornamenti superflui 14 .<br />
Il ricercato pre<strong>di</strong>catore fu a <strong>Fano</strong> per l’ultima volta nel 1464, quando papa Pio II stava organizzando<br />
la crociata contro l’impero turco inviando molti frati dell’Osservanza francescana a sollecitare arruolamento<br />
<strong>di</strong> soldati e a raccogliere elemosine, così «il Padre Giacomo da Monte Brandone, detto della<br />
Marca, era stato destinato alla Provincia dell’Umbria, ed in <strong>Fano</strong>, dove allora pre<strong>di</strong>cava, gli fu presentata<br />
la Commissione» 15 .
Il beato Marco da Montegallo (1425-1496), noto fondatore <strong>di</strong> Monti <strong>di</strong> Pietà, è l’altro pre<strong>di</strong>catore<br />
francescano che ha lasciato un segno nella società fanese. Egli, ospite del convento <strong>di</strong> S. Maria al Ponte<br />
Metauro, stava pre<strong>di</strong>cando la quaresima del 1471, allorché il gonfaloniere Simone de Buglionibus<br />
«suasus a venerabili viro fratre Marco de Monte Sancta Maria in Gallo, or<strong>di</strong>nis Seraphici Francisci,<br />
fratrum Observantinorum pre<strong>di</strong>catore» nella seduta consigliare del 23 marzo propose l’erezione del<br />
Monte <strong>di</strong> Pietà. L’argomento ebbe molta attenzione ma anche qualche opposizione nell’ambito del<br />
Consiglio Generale soprattutto per quanto atteneva alle spese da affrontare, tanto che frate Marco<br />
partecipando alla seduta del Consiglio speciale del 27 marzo uscì nell’esclamazione che il Monte non<br />
poteva essere fatto per intervento dello Spirito Santo (cum fieri non possit ex Spiritu Sancto) ma con<br />
<strong>di</strong>sponibilità pecuniarie concrete. Comunque la cosa andò in porto, frate Marco, insieme ad altri designati<br />
dal Consiglio, redasse gli Statuti che restarono in vigore nel Monte <strong>di</strong> Pietà <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> finché questa<br />
istituzione ebbe vita 16 .<br />
Altra presenza <strong>di</strong> un santo francescano fu quella <strong>di</strong> San Leonardo da Portomaurizio (1676-1751) che<br />
dal 15 al 29 giugno 1738 pre<strong>di</strong>cò una missione nella chiesa <strong>di</strong> San Francesco, soggiornando nel convento<br />
<strong>di</strong> Santa Maria Nuova 17 .<br />
(SB)<br />
1. P. M. Amiani, Memorie istoriche della Città <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>, <strong>Fano</strong> 1751, I, p. 209.<br />
2. A. Pellegrini, Chiese dei <strong>Frati</strong> Minori a <strong>Fano</strong> in Memorie Francescane Fanesi, <strong>Fano</strong> 1926, p. 105-6.<br />
3. V. Nolfi, Delle notizie historiche della città <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>, BFF, manoscritti Federici n. 80, Appen<strong>di</strong>ce p. 89 (c. 354r).<br />
4. «Florebant hoc tempore frater Antonius de <strong>Fano</strong> Confessarius Regis Aragonum Alphonsi et Orator apud Martinum Pontificem<br />
concor<strong>di</strong>as ineundae, extincto jam schiumate Peniscollensi…» Wad<strong>di</strong>ng, Annales, X, 1430 n 169 XXXVII.<br />
5. P. M. Amiani, op. cit., pp. 363-64.<br />
6. Cartella Spese 1954-1968, Archivio Convento S. Maria Nuova <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>.<br />
7. P. M. Amiani, op. cit., p. 352.<br />
8. A. Falcioni, La vita <strong>di</strong> Pandolfo III Malatesti in Re<strong>di</strong>re 1427-2009. Ritorno alla luce, <strong>Fano</strong> 2009, p. 22.<br />
9. V. Nolfi, Delle notizie historiche della città <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>, BFF, manoscritti Federici n. 80, pp. 460-62.<br />
10. G. Giovanar<strong>di</strong>, Vitae duae B. Galeoti Roberti de Malatestis Tertii Or<strong>di</strong>nis S. Francisci a Fr. Mariano Florentino conscriptae in<br />
“Archivum Franciscanum Historicum” 21/1928, p. 70; M.G. Bistoni Grilli Cicilioni, L’ine<strong>di</strong>to sermone “De religione ad religiosos” <strong>di</strong><br />
S. Giacomo della Marca in San Giacomo della Marca nell’Europa del ‘400 a cura <strong>di</strong> S. <strong>Bracci</strong>, Padova 1997, pp. 349.<br />
11. A. Gattucci, Frate Giacomo della Marca bibliofilo in Miscellanea Augusto Campana, Padova 1981, p. 341; A. Siliquini, Decorazione<br />
e illustrazione nella biblioteca <strong>di</strong> s. Giacomo della Marca, Ripatransone 2002, pp. 103-106.<br />
12. V. Nolfi, Historie <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>, BFF, manoscritti Amiani n. 16, c. 354rv.<br />
13. T. Lombar<strong>di</strong>, Vita e opere <strong>di</strong> Giovanni Bertol<strong>di</strong> da Serravalle, Bologna 1976, passim.<br />
14. ASP-SASF, ASC, Consigli 31 <strong>di</strong>cembre 1454, reg. 10, c. 23r; cfr. P. M. Amiani, op. cit., p. 419.<br />
15. P. M. Amiani, op. cit., p. 7.<br />
16. Cfr. Marco da Montegallo, il tempo, la vita, le opere, atti del convegno <strong>di</strong> stu<strong>di</strong> 1996-1997 a cura <strong>di</strong> S. <strong>Bracci</strong>, passim, Padova 1999;<br />
E. Mercatili Indelicato, Vita e opere <strong>di</strong> Marco dal Monte Santa Maria in Gallo, Ascoli Piceno 2001, pp. 68-78 dove sono analizzati<br />
tutti gli atti dalla proposta alla realizzazione del Monte <strong>di</strong> Pietà e pp. 324-339 dove sono riportati i Capitoli del Monte <strong>di</strong> pietà <strong>di</strong><br />
<strong>Fano</strong>.<br />
17. Cfr. R. Paolucci, S. Leonardo da Porto Maurizio a <strong>Fano</strong> in Memorie Francescane Fanesi, <strong>Fano</strong> 1926, p. 147-8.<br />
21
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
22<br />
lo più illetterata. Da qui hanno origine il coro<br />
ligneo intarsiato dei fratelli Antonio e Andrea<br />
Barili (1484-1489), la Visitazione <strong>di</strong> Giovanni<br />
Santi (1484ss), le splen<strong>di</strong>de opere del Perugino,<br />
il quale potrebbe essere stato contattato alla<br />
Porziuncola dove i frati si recavano almeno per<br />
il Perdono d’Assisi del 2 agosto e dove Pietro<br />
Vannucci in quel tempo (come detto sopra) stava<br />
<strong>di</strong>pingendo la Crocifissione nel retro della venerata<br />
cappella, quin<strong>di</strong> due anni prima del 1488-89<br />
quando nel convento <strong>di</strong> San Lazzaro <strong>di</strong>pinse la<br />
tavola dell’Annunciazione e stipulò il contratto<br />
datato 21 aprile 1488 con cui egli s’impegnava a<br />
«construere unam iconam pro altari magno ipsius<br />
ecclesiae Sanctae Mariae Novae de <strong>Fano</strong>» 36<br />
cioè la tavola della Madonna in trono col Bambino<br />
e santi destinata all’altare maggiore della chiesa;<br />
infine il portale in pietra <strong>di</strong> Bernar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Pietro<br />
da Carona (1498).<br />
Ma la sontuosa chiesa e il convento <strong>di</strong> Santa<br />
Maria Nuova a San Lazzaro non ebbero lunga<br />
vita, perché i frati non tardarono a evidenziare<br />
<strong>di</strong>sagi provocati dal clima insalubre anche del<br />
nuovo sito e poi dalla penuria <strong>di</strong> elemosine, ma<br />
soprattutto dal frequente passaggio delle soldatesche<br />
mercenarie. Si era negli anni 1499-1503<br />
in cui il duca Cesare Borgia conduceva le campagne<br />
militari per spazzar via i signorotti della<br />
Romagna e delle Marche e riportare i vicariati,<br />
già concessi dai pontefici romani, sotto la <strong>di</strong>retta<br />
amministrazione <strong>di</strong> Alessandro VI suo padre.<br />
Un breve pontificio del 19 novembre 1499 aveva<br />
or<strong>di</strong>nato alla Comunità <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> <strong>di</strong> preparare<br />
vettovaglie e foraggi per una parte dell’esercito<br />
ecclesiastico del Borgia che stava muovendo<br />
dall’Umbria e a fine mese giunsero 6000 fanti<br />
e 2000 cavalli. Nel 1503 ben 22.000 fanti e cavalieri<br />
si accamparono nelle piane del Metauro<br />
e il convento francescano fu ‘visitato’ dai licenziosi<br />
mercenari, tra cui spagnoli o francesi.<br />
Negli anni seguenti alla morte <strong>di</strong> Alessandro<br />
VI (18 agosto 1503) non minore scompiglio<br />
procurarono ai frati le truppe pontificie del car<strong>di</strong>nale<br />
Alessandro Farnese inviate con quelle <strong>di</strong><br />
Guidubaldo <strong>di</strong> Montefeltro a sedare le risse tra<br />
famiglie fanesi contrapposte per l’o<strong>di</strong>o o il sostegno<br />
a Cesare Borgia che morirà il 13 marzo<br />
1507 in Navarra 37 .<br />
A causa <strong>di</strong> questi avvenimenti e <strong>di</strong> altri, qui non<br />
presi in considerazione, nonché per una pestilenza<br />
che nel 1505 aveva afflitto il contado fanese, il<br />
Consiglio Grande della Città, presenti il Podestà,<br />
i Magnifici Signori Priori e 84 Consiglieri, il 21<br />
gennaio 1509 deliberò all’unanimità: «Acciò che<br />
Dio ce abbia a preservare da grave infortunio per<br />
el presente partito sia riformato che in futurum<br />
nella chiesa de S.ta Maria Nova se habbia a celebrare<br />
la Conceptione de la Madonna cum una<br />
Messa cantando o vero una lumera et cum una<br />
processione solenne de tutto el populo sino a <strong>di</strong>tta<br />
Chiesa comportandolo el tempo, quando vero<br />
per la cità conveniente pareria a monsignore el<br />
Vescovo» 38 .<br />
IV - Le reiterate richieste dei frati per il trasferimento<br />
dentro le mura citta<strong>di</strong>ne ottennero da<br />
parte del pubblico Consiglio risposte favorevoli<br />
il 3 febbraio e il 15 marzo 1496 e il 6 <strong>di</strong>cembre<br />
1514, sempre con la clausola che le spese non<br />
gravassero sul pubblico erario e che nella nuova<br />
costruzione si reimpiegassero i materiali provenienti<br />
dall’abbattimento del convento <strong>di</strong> San<br />
Lazzaro. Secondo un documento del 25 maggio<br />
1517 alcuni frati avevano già trovato alloggio in<br />
una stanza “et l’hospitale vicino alla chiesa et<br />
l’orto” <strong>di</strong> San Michele, in attesa del completamento<br />
della loro fabbrica a Santa Maria Nova 39 .<br />
Finalmente si arrivò alla in<strong>di</strong>viduazione del sito<br />
in cui i frati potevano inse<strong>di</strong>arsi, cioè nella chiesa<br />
<strong>di</strong> San Salvatore e case a<strong>di</strong>acenti, così nell’adunanza<br />
consiliare del 28 ottobre 1517, su richiesta<br />
del Ministro Provinciale degli Osservanti che<br />
intendeva fare un sopralluogo per vedere la chiesa<br />
e la zona su cui doveva sorgere il convento,<br />
fu nominata una commissione <strong>di</strong> quattro persone<br />
composta da Francesco Bertozzi, Camillo<br />
Speranza, Michelangelo a Lanceis e Paolo de<br />
Pilis per seguire l’andamento dei lavori 40 .
L’antica chiesa urbana <strong>di</strong> San Salvatore era <strong>di</strong> proprietà<br />
del monastero camaldolese Santa Croce <strong>di</strong><br />
Fonteavellana, come attestano atti con cui l’abate<br />
o chi per lui interveniva per riscuotere affitti<br />
<strong>di</strong> case o terreni ecc. 41 , aveva un chiostro 42 e nella<br />
chiesa erano tre altari: “l’altare magno, l’altare <strong>di</strong><br />
S. Baldo (Ubaldo), l’altare <strong>di</strong> S. Sebastiano” 43 . Il<br />
9 maggio 1443 risulta data in commenda a Don<br />
Giovanni Nicolai da Urbino 44 , successivamente<br />
fu concessa al car<strong>di</strong>nale Gabriele Gabrielli che<br />
possedeva anche alcune case e orti nello stesso<br />
quartiere. Figlio <strong>di</strong> Ludovico 45 , Gabriele era nato<br />
a <strong>Fano</strong> nel 1445; laureato in utroque jure, raffinato<br />
e colto, avviatosi alla carriera ecclesiastica,<br />
a Roma era stato agente del car<strong>di</strong>nale Giuliano<br />
della Rovere che lo fece segretario personale<br />
dopo che il 1º novembre 1503 venne eletto papa<br />
con il nome <strong>di</strong> Giulio II; il 27 marzo 1504 dallo<br />
stesso pontefice fu nominato Vescovo <strong>di</strong> Urbino,<br />
il 1º <strong>di</strong>cembre 1505 creato car<strong>di</strong>nale-<strong>di</strong>acono<br />
<strong>di</strong> Sant’Agata in Suburra da cui l’appellativo “Il<br />
Car<strong>di</strong>nal d’Urbino”, l’11 settembre 1507 fu promosso<br />
al grado superiore nella gerarchia del sacro<br />
collegio cioè car<strong>di</strong>nale-presbitero del titolo <strong>di</strong><br />
Santa Prassede; nel 1508 il Gabrielli, nominato<br />
un vicario per la sua <strong>di</strong>ocesi, si trasferì definitivamente<br />
a Roma dove morì tra le braccia del papa<br />
nella notte tra il 5 e il 6 novembre 1511. Suoi<br />
ere<strong>di</strong>, essendo già morto senza prole il fratello<br />
Bartolomeo, furono i figli del fratello Andrea:<br />
Ludovico, Pietro e don Galeazzo, canonico della<br />
cattedrale fanese al quale toccarono commenda<br />
e priorato <strong>di</strong> San Salvatore.<br />
Don Galeazzo Gabrielli acconsentì alle richieste<br />
della Comunità fanese e dei frati Osservanti<br />
con i quali stipulò un compromesso: egli cedeva<br />
l’uso della chiesa e la proprietà <strong>di</strong> case e orto<br />
con cortile e tre chiuse, <strong>di</strong>etro cessione dei beni<br />
stabili del convento <strong>di</strong> San Lazzaro oltre ad un<br />
canone annuo <strong>di</strong> una libbra <strong>di</strong> cera da pagarsi il<br />
giorno della Trasfigurazione, titolo ufficiale della<br />
chiesa <strong>di</strong> San Salvatore; questa, poi, non doveva<br />
essere demolita ma ampliata; inoltre i frati dovevano<br />
riservare al parroco tre stanze oppure prov-<br />
vedergli altro alloggio, mentre don Galeazzo si<br />
riservava il <strong>di</strong>ritto vita natural durante <strong>di</strong> rimanere<br />
in uno dei fabbricati ceduti. Da parte sua<br />
egli obbligava sé e i successori a cedere ai frati i<br />
legati appartenenti alla chiesa <strong>di</strong> San Salvatore<br />
e a pagare venti fiorini annui per la costruzione<br />
della casa parrocchiale. Non mancò al compromesso<br />
la necessaria approvazione pontificia con<br />
breve <strong>di</strong> Leone X del 16 ottobre 1519 con cui si<br />
nominavano commissari apostolici due canonici<br />
della cattedrale <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> per la stima degli stabili<br />
da commutarsi.<br />
È vero che i frati non erano molto convinti della<br />
necessità <strong>di</strong> demolire totalmente il complesso<br />
conventuale <strong>di</strong> San Lazzaro perché bello e veramente<br />
<strong>di</strong>gnitoso (pulchrum et <strong>di</strong>gnissimum)<br />
ed anche nel pubblico Consiglio del 7 maggio<br />
1518 c’era chi sosteneva che quei locali potevano<br />
servire per collocarvi il lazzaretto sotto la <strong>di</strong>rezione<br />
dell’ospedale citta<strong>di</strong>no Domus Dei, mentre<br />
qualcuno aveva obiettato che non era lecito<br />
alla Comunità appropriarsi <strong>di</strong> luoghi consacrati<br />
alla Madre <strong>di</strong> Dio 46 ; nonostante ciò nel 1523<br />
fu fatto l’atto <strong>di</strong> permuta delle case appartenenti<br />
al priorato <strong>di</strong> San Salvatore da concedere<br />
ai francescani i quali, a loro volta, cedevano a<br />
don Galeazzo il terreno su cui sorgevano chiesa<br />
e convento in San Lazzaro compreso l’orto, la<br />
sacrestia con la soprastante stanza, il portico, la<br />
cisterna e il pozzo, mentre tutto il resto del fabbricato<br />
sarebbe stato abbattuto e il suo materiale<br />
utilizzato nella nuova costruzione dentro la città.<br />
Alcuni frati <strong>di</strong>moravano in una casa <strong>di</strong> Giacomo<br />
Costanzi in contrada San Salvatore in attesa che<br />
si concludessero i lavori <strong>di</strong> costruzione del nuovo<br />
convento e dell’ampliamento della chiesa che<br />
conservava il titolo ufficiale <strong>di</strong> San Salvatore al<br />
quale veniva unito quello della Visitazione della<br />
Vergine Maria a cui era de<strong>di</strong>cata la chiesa <strong>di</strong><br />
San Lazzaro, da qui la denominazione con cui<br />
da allora venne citata: «Santa Maria Nova in<br />
San Salvatore» e, a sua volta, la parrocchia venne<br />
chiamata «San Salvatore in Santa Maria Nova».<br />
La fraternità francescana era numerosa sin dal<br />
I FRATI MINORI A FANO<br />
23
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
Lunetta con il busto del<br />
Salvatore, appartenente<br />
alla chiesa preesistente<br />
24<br />
suo inse<strong>di</strong>amento dentro la città, sappiamo da<br />
Francesco Gonzaga che nella seconda metà del<br />
secolo era composta <strong>di</strong> venti frati 47 .<br />
Nonostante le necessità per il compimento della<br />
fabbrica, il guar<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> Santa Maria Nuova il<br />
28 febbraio 1543 “fornisce un carro <strong>di</strong> calcina<br />
per fare i pilastri della loggia” del conservatorio<br />
<strong>di</strong> San Michele 48 , ma poteva contare sulla generosità<br />
della Comunità citta<strong>di</strong>na che perio<strong>di</strong>camente<br />
elargiva aiuti: in quello stesso anno,<br />
ad esempio, concesse do<strong>di</strong>ci some <strong>di</strong> grano per<br />
e<strong>di</strong>ficare il porticato davanti alla chiesa, dove<br />
tuttora fa bella mostra <strong>di</strong> sé il magnifico portale<br />
in pietra <strong>di</strong> Bernar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Pietro da Carona<br />
trasferito dalla chiesa <strong>di</strong> San Lazzaro, sul cui<br />
fastigio è scolpito l’invito: «EIA XICOLE (christicolae)<br />
INTRATE IN CONSPECTU DOMINI<br />
IN DEVOTIONE» (Orsù, cristiani, entrate alla<br />
presenza del Signore con devozione). Fu certamente<br />
un atto intelligente l’aver scampato dalla <strong>di</strong>struzione,<br />
inserendola sul portale quattrocentesco,<br />
la lunetta marmorea che sovrastava la porta<br />
della precedente chiesetta: dopo il semicerchio<br />
esterno alto cm 24 e dal <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> cm 232,<br />
ornato da un nastro ad onda <strong>di</strong> cm 5, è scolpita<br />
una duplice cornice contenente l’iscrizione:<br />
«TEMPLUM S. SALVATORIS» <strong>di</strong>visa da una<br />
escrescenza della cornice inferiore che forma un<br />
tondo baldacchino per la sottostante scultura;<br />
all’interno della cornice si estende un campo<br />
verdemare trapuntato <strong>di</strong> stelle d’oro, <strong>di</strong> cui rimane<br />
qualche traccia, che fa da sfondo al busto<br />
a tutto tondo del Salvatore (cm 70 x 50), scolpito<br />
in pietra <strong>di</strong> alabastro con finissimi tratti, specie<br />
nella barba e nei ricci capelli, con l’avambraccio<br />
destro alzato e tre <strong>di</strong>ta aperte (Christus docens) e<br />
con la sinistra al petto reggente il globo regale;<br />
alla base della scultura si legge «EGO SUM VIA<br />
VERITAS».<br />
Alcune controversie si ebbero tra monaci e francescani,<br />
che si erano assunti l’obbligo <strong>di</strong> celebrare<br />
le liturgie in favore dei parrocchiani <strong>di</strong> San<br />
Salvatore <strong>di</strong>etro corresponsione <strong>di</strong> un salario da<br />
parte dei camaldolesi <strong>di</strong> Monte Corona, ai quali
nel 1523 si era aggregato don Galeazzo Gabrielli<br />
con il nome <strong>di</strong> fra Pietro da <strong>Fano</strong> portando in<br />
dote tutti i <strong>di</strong>ritti personali 49 : costoro il 7 <strong>di</strong>cembre<br />
1537 elessero cappellano <strong>di</strong> San Salvatore<br />
Don Giovanni del fu Marco de Bene<strong>di</strong>ctis<br />
detto Dal Cembalo 50 e il 1 ottobre 1553 don<br />
Alessandro Tomassini che però non fu accettato<br />
dal guar<strong>di</strong>ano <strong>di</strong> Santa Maria Nuova padre<br />
Battista Amici <strong>di</strong> ser Berar<strong>di</strong>no da Morrovalle 51 .<br />
Il fanese Vincenzo Negusanti vescovo <strong>di</strong> Arbe<br />
(oggi Spalato) il 25 aprile 1557 procedeva alla<br />
consacrazione della chiesa ormai completata e,<br />
a ricordo imperituro del fatto, il consanguineo<br />
Pietro Negusanti il 29 ottobre 1607 faceva apporre<br />
una lapide sovrastata dall’insegna aral<strong>di</strong>ca<br />
in pietra del presule, che però non hanno trovato<br />
vita imperitura nel sacro e<strong>di</strong>ficio da cui furono<br />
rimosse nel restauro del 1959 quando lo stemma<br />
del vescovo venne collocato nell’ingresso laterale<br />
della chiesa e la lapide utilizzata come supporto<br />
<strong>di</strong> fioriere nel cortile, da cui nell’estate 2009 è<br />
stata rimossa e collocata nel corridoio <strong>di</strong> accesso<br />
al presbiterio.<br />
A completare il numero delle insigni opere pittoriche<br />
presenti nella chiesa i frati affidarono al<br />
pittore Benedetto Nucci <strong>di</strong> Gubbio la realizzazione<br />
<strong>di</strong> una tavola in cui fosse raffigurata l’Immacolata<br />
Concezione, completa <strong>di</strong> predella con<br />
storie relative al peccato originale, opera firmata<br />
e datata 1568, purtroppo rimossa nel 1850 e in<br />
seguito perduta, salvo la predella conservata nella<br />
cappella-sacrestia (si veda la scheda Il peccato<br />
originale e la redenzione <strong>di</strong> Benedetto Nucci <strong>di</strong><br />
<strong>Silvano</strong> <strong>Bracci</strong>).<br />
La fraternità francescana aveva accettato che la<br />
chiesa continuasse ad essere parrocchiale, perciò<br />
un altare era specificatamente assegnato alle<br />
celebrazioni liturgiche del parroco. Dopo che<br />
don Galeazzo Gabrielli era entrato nella congregazione<br />
degli Eremiti Camaldolesi <strong>di</strong> Monte<br />
Corona, il parroco <strong>di</strong> San Salvatore era nominato<br />
dal Priore della chiesa <strong>di</strong> Santa Maria del<br />
Riposo donata ai camaldolesi dal nipote del<br />
Gabrielli, Pietro, che i monaci lasceranno nel<br />
1608 per trasferirsi nell’eremo costruito sulla<br />
collina <strong>di</strong> Monte Giove 52 . La convivenza con i<br />
frati nella stessa chiesa <strong>di</strong> un parroco secolare,<br />
che pur godeva <strong>di</strong> una propria abitazione in una<br />
parte del convento, e il rapporto dei frati con i<br />
monaci camaldolesi non fu sempre lineare a causa<br />
<strong>di</strong> questioni, quali la fornitura dell’olio della<br />
lampada del SS. Sacramento e delle suppellettili<br />
per la celebrazione della messa parrocchiale.<br />
Don Alessandro Gaggi, parroco dal 1730 al<br />
1750, nei registri precisa spesso: “in questa mia<br />
Chiesa Priorale e Parochiale”, quasi a riven<strong>di</strong>care<br />
la primigenia destinazione dell’e<strong>di</strong>ficio sacro<br />
rispetto all’uso conventuale. Le <strong>di</strong>fficoltà si risolsero<br />
nel 1759, allorché la congregazione camaldolese<br />
<strong>di</strong> Monte Corona cedé ogni <strong>di</strong>ritto sulla<br />
parrocchia alla Provincia francescana osservante<br />
marchigiana il cui Ministro avrebbe provveduto<br />
alla nomina del parroco-frate.<br />
A iniziare dal 1706 la chiesa <strong>di</strong> Santa Maria Nuova<br />
ha subito una ra<strong>di</strong>cale ristrutturazione interna secondo<br />
la “moda moderna”, come si legge in un<br />
documento coevo riguardante la temporanea<br />
rimozione della composita pittura del Perugino<br />
dall’altare della Comunità fanese. Il risultato fu<br />
gradevole all’occhio tanto da far <strong>di</strong>re al conte<br />
Stefano Tomani Amiani: “è il primo tempio della<br />
città per l’accolta elettissima <strong>di</strong> classici lavori <strong>di</strong><br />
pittura, commessa ad artista <strong>di</strong> egregia fama […]<br />
(e per la) euritmia architettonica dell’intero corpo<br />
della Chiesa” 53 .<br />
Il numero e i titoli degli altari lungo i secoli<br />
hanno subito variazioni documentate anche dai<br />
registri parrocchiali <strong>di</strong> matrimonio e dei morti,<br />
alcuni però ebbero sempre il medesimo titolo: il<br />
primo a sinistra era de<strong>di</strong>cato alla Visitazione raffigurata<br />
nella tavola <strong>di</strong> Giovanni Santi, il secondo<br />
all’Annunciazione che si poteva contemplare nella<br />
tavola del Perugino, il terzo già de<strong>di</strong>cato a San<br />
Diego - raffigurato in una tela attribuita a Gian<br />
Giacomo Pandolfi 54 - fu poi consacrato all’Immacolata<br />
Concezione la cui immagine <strong>di</strong>pinta<br />
da Benedetto Nucci fu sostituita nel 1850 da una<br />
I FRATI MINORI A FANO<br />
25
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
26<br />
La parrocchia <strong>di</strong> San Salvatore in Santa Maria Nuova<br />
Alla stato attuale della ricerca non sappiamo quando sia sorta la parrocchia <strong>di</strong> San Salvatore. Mons.<br />
Riccardo Paolucci pubblicava la “cronotassi dei parroci” 1 desumendola dai registri <strong>di</strong> battesimi, cresime<br />
e matrimoni della parrocchia, istituiti su <strong>di</strong>sposizione del Concilio <strong>di</strong> Trento (1545-1565), che<br />
iniziano dall’anno 1584, depositati il 26 giugno 2004 nell’Archivio Storico Diocesano <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>. La<br />
serie dei parroci del Paolucci ha perciò inizio in quell’anno per concludersi ovviamente poco prima<br />
della stampa del volume, precisamente nel 1924.<br />
Noi abbiamo creduto opportuno aggiornare l’elenco per due motivi. Ancor prima dell’uso dei registri<br />
parrocchiali esistevano i parroci, tra cui Don Galeazzo Gabrielli che dal 1511 <strong>di</strong>ventò non solo commendatario<br />
ma anche priore cioè parroco <strong>di</strong> San Salvatore; inoltre il 6 <strong>di</strong>cembre 1577 fra Basilio da<br />
Rieti, Visitatore generale e Procuratore degli Eremiti Camaldolesi <strong>di</strong> Monte Corona nominò Vicario<br />
perpetuo e cappellano della chiesa <strong>di</strong> San Salvatore don Gaspare Galeazzi <strong>di</strong> Cerasa 2 .<br />
Il secondo motivo è dato dal fatto che al 31 <strong>di</strong>cembre 1986 è cessata la parrocchia <strong>di</strong> San Salvatore in<br />
Santa Maria Nuova per ristrutturazione delle parrocchie del centro storico fanese da parte del vescovo<br />
Mons. Costanzo Micci. Nella Cronaca del convento <strong>di</strong> Santa Maria Nuova due righe scarne tramandano<br />
ai posteri la notizia: «31 gennaio 1987 - Dalla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana<br />
scompare la Parrocchia del SS.mo Salvatore in S. Maria Nova» 3 .<br />
Ecco dunque la serie dei parroci a noi noti:<br />
1.<br />
2.<br />
3.<br />
4.<br />
5.<br />
6.<br />
7.<br />
8.<br />
9.<br />
10.<br />
11.<br />
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13.<br />
14.<br />
15.<br />
16.<br />
17.<br />
18.<br />
19.<br />
20.<br />
21.<br />
22.<br />
23.<br />
24.<br />
25.<br />
Don Gioacchino ser Francisci 1423 (aprile)<br />
Don Pietro Petrucci da Gubbio 1423 (<strong>di</strong>cembre) priore <strong>di</strong> S. Croce <strong>di</strong> Fonteavellana<br />
D. Giovanni Battista de Milionibus monaco <strong>di</strong> Fonteavellana<br />
4<br />
D. Tommaso <strong>di</strong> Vincenzo fanese monaco <strong>di</strong> Fonteavellana<br />
D. Adriano <strong>di</strong> Piero Negusanti 1499<br />
D. Galeazzo Gabrielli 1511<br />
D. Daniel camaldolese 1524<br />
D. Giovanni de fu Marco de Bene<strong>di</strong>ctis detto Dal Cembalo 1537<br />
D. Alessandro Tomassini 1553<br />
D. Gaspare Galeazzi <strong>di</strong> Cerasa 1577<br />
D. Ventura Caponi da <strong>Fano</strong> 1584-1586<br />
D. Pietro Gabucci 1586-1591<br />
D. Piersimone Vagneschi cappellano curato 1591-1605<br />
D. Antonio Ianutii cappellano curato, agosto-novembre 1605<br />
D. Piersimone Vagneschi 1605-1615<br />
D. Agostino Zampetta 1615-1617<br />
D. Giacomo Leoni 1617-1618<br />
D. Eusebio Rossi 1618-1621<br />
D. Francesco Paci 1621-1623<br />
D. Andrea Galvani 1623-1627<br />
D. Tomasso Biancolini 1627-1636<br />
D. Carlo Torelli 1636-1637<br />
D. Giovanni Andrea Sciamanni 1637-1647<br />
D. Ludovico Bassetti 1647-1659<br />
D. Giovanni Andrea Sciamanni da <strong>Fano</strong> 1659-1679
26.<br />
27.<br />
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29.<br />
30.<br />
31.<br />
32.<br />
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34.<br />
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37.<br />
38.<br />
39.<br />
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41.<br />
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43.<br />
44.<br />
45.<br />
46.<br />
47.<br />
48.<br />
49.<br />
50.<br />
51.<br />
52.<br />
53.<br />
54.<br />
55.<br />
56.<br />
57.<br />
58.<br />
59.<br />
D. Domenico Guerini viceparroco 1679<br />
D. Carlo Gardaresi 1680-1684<br />
D. Giovanni Alessandro Fiorani da San Marcello 1684-1688<br />
D. Biagio Gardaresi 1689-1697<br />
D. Carlo Gardaresi 1697-1715<br />
D. Domenico Tadei 1715-1729<br />
D. Alessandro Gaggi economo spirituale 1729<br />
D. Domenico Magnini maggio-ottobre 1730<br />
D. Alessandro Gaggi 1730-1750<br />
D. Domenico Pettinari 1750-1755<br />
D. Giuseppe Volpini 1755-1759<br />
D. Ludovico Centauri 1759-1760<br />
Fr. Bernar<strong>di</strong>no da Cartoceto 1760-1780<br />
Fr. Gaetano Palazzi da <strong>Fano</strong> 1780-1803<br />
Fr. Vincenzo Antonio Olivieri da Candelara 1803-1810<br />
D. (Fr.) Francesco Orazi priore 1810-1812<br />
Fr. Emi<strong>di</strong>o Antonio Pandolfi da <strong>Fano</strong> economo curato 1814-1815<br />
D. (Fr.) Michele Andreani economo curato 1815<br />
Fr. Marino Antonio da Faetano lector jubilatus et parochus 1815-1848<br />
Fr. Pietro Pandolfini da San Leo parroco 1848-1876<br />
Fr. Raffaele Pettinari da <strong>Fano</strong> 1876-1887<br />
Fr. Gaetano Ricci da Ripalta <strong>di</strong> Cartoceto 1887-1907<br />
Fr. Fer<strong>di</strong>nando Diotallevi da Montemarciano 1907-1909<br />
Fr. Giulio Tarulli viceparroco 1909-1911<br />
Fr. Angelo Marconi 1911-1919<br />
Fr. Amedeo Damiani da Ripatransone 1919-1927<br />
Fr. Guido De Vito da Gàgliole sostituto 1922-1927<br />
Fr. Giovanni Barbalarga da Sassoferrato viceparroco 1923-1924, parroco 1927-1954<br />
Fr. Francesco Can<strong>di</strong>racci da Acqualagna 1954-1957<br />
Fr. Enrico Bani da Sassoferrato 1957-1960<br />
Fr. Vittorio Foschi da Corropoli 1960-1972<br />
Fr. Clau<strong>di</strong>o Roman<strong>di</strong>ni da Monteprandone 1972-1981<br />
Fr. Alvaro Rosatelli da Fratterosa 1981-1984<br />
Fr. Luciano Santoro da Rimini 1984-1986.<br />
Dai registri della parrocchia stralciamo alcune annotazioni:<br />
Al matrimonio celebrato il 14 luglio 1598 è testimone «mastro Ludovico Calzolare alias trenta vittj»<br />
(ASDF, Parr. San Salvatore, vol. 0.3.1 Matrimoniorum, c. 115v).<br />
«Adì 31 Maggio 1627. Io Tomasso Biancolini entrai in questa Cura <strong>di</strong> San Salvatore essendo Maggiore<br />
il P. fra Alberto da Padua, et il P. fra Egi<strong>di</strong>o Fiamengo Priore <strong>di</strong> Monte Giove» (ASDF, Parr. San<br />
Salvatore, vol. 0.3.1 Matrimoniorum, c. 115v).<br />
«Adì 27 febraro 1679. Io Giovanni Andrea Sciamanni fui <strong>di</strong> nuovo eletto Curato <strong>di</strong> San Salvatore<br />
dalli M.to RR. PP. <strong>di</strong> Montegiovi essendo Maggiore il P. R.mo D. Angelo da Siena, quale essendo<br />
27
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
Frontespizio del registro<br />
dei matrimoni (1584 -<br />
1804) della Parrocchia <strong>di</strong><br />
San Salvatore (ASDF, vol.<br />
0.3.1)<br />
28<br />
in visita fu presente al Capitolo della mia elettione;<br />
sotto il Priorato del M.to R. D. Felicissimo<br />
da Gualdo» (ADF-Parr. S. Salvatore, vol. 0.1.1<br />
Baptizatorum, c. 144v).<br />
«Memoria. Adì primo Aprile 1750. Il Sig. D.<br />
Alessandro Gaggia della Villa <strong>di</strong> Cesario, Curato<br />
<strong>di</strong> questa Parrocchia <strong>di</strong> S. Salvatore rinunziò la<br />
sua carica ed ufficio <strong>di</strong> Curato in mano del P.<br />
Priore dell’eremo <strong>di</strong> Monte Giove <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>. Ed<br />
io D. Domenico Pettinari fui eletto e nominato<br />
dal P. Priore e presentato a Mons. Illustrissimo<br />
e Rev.mo Giacomo Beni, mio Superiore <strong>di</strong> questa<br />
Città f(anese) ed esaminato ed approvato dai<br />
Sigg. Esaminatori Sinodali, mi fu benignamente<br />
da S(ua) S(ignoria) Ill.ma e Rev.ma spe<strong>di</strong>ta la<br />
Bolla o Patente <strong>di</strong> Parrocho, <strong>di</strong> consenso del M.to<br />
R. P. D. Theobaldo da Monte Alboddo Moderno<br />
Priore del Ven. Eremo <strong>di</strong> Monte Giove. E perché<br />
il suddetto Ven.le Eremo dà al Curato pro tempore<br />
una soma <strong>di</strong> grano all’anno <strong>di</strong> pensione o forse<br />
perché il suddetto Sig. D. Alessandro Gaggi servì<br />
tutto marzo del suddetto anno, fu <strong>di</strong> parere il R. P. Priore suddetto che della soma <strong>di</strong> grano ne fossero<br />
dati sei toppi al predetto D. Alessandro e così fu fatto concordemente, ed io ne ho avuto solamente<br />
doi toppi; e le decime del grano e delle cantine o magazeni, perché così f. In fede etc. Ne ho fatto la<br />
presente memoria per ogni bona regola. Ed in oltre perché la Casa Parrocchiale si ritrovava affittata<br />
ed anolata, il predetto D. Alessandro pretese ed ha voluto paoli <strong>di</strong>eci, provata <strong>di</strong> un mese e mezzo per<br />
il suddetto affitto a ragione <strong>di</strong> otto scu<strong>di</strong> romani all’anno, come costa dal suo ricevuto, al quale etc. e<br />
così ha voluto si faccia il R. P. D. Colombano Poggi Cellerario <strong>di</strong> detto Eremo; in questa forma dovrò<br />
esser io trattato, in congiuntura <strong>di</strong> rinunzia. D. Domenico Pettinari Curato <strong>di</strong> S. Salvatore ma. p.a»<br />
(ASDF, Parr. S.Salvatore, vol. 0.3.1 Matrimoniorum, c. 114r).<br />
«Dal 1760 la casa della Cura <strong>di</strong> S. Salvatore è affittata a due coniugi; nel 1767 la Casa che fu della<br />
Cura et al presente è del Sig. D. Giuseppe Volpini, è vacante» (ASDF, Parr. S.Salvatore, vol. 0.6.2<br />
Stato d’Anime)<br />
«Al Nome <strong>di</strong> Dio. Amen. <strong>Fano</strong>. S. Salvatore<br />
Nota de suppellettili sacri esistenti in Sagrestia, per servizio della Parochia del SS.mo Salvatore appresso<br />
il Curato pro tempore; fatta da me D. Domenico Pettinari curato m° propria.<br />
Prima una pisside grande, d’argento, col piede <strong>di</strong> rame dorato, ivi notato: Parochia <strong>di</strong> S. Salv.re: colla<br />
sua vesticola usata [altra mano aggiunge: Rubata dai Francesi]<br />
2 Una pisside piccola per le communioni, cola sua vesticola, che fu pagata paoli 45 l’anno 1751 [altra<br />
mano: Rubata dai Francesi]<br />
3 Un Baldacchino per le communioni, fatto a cassettone ben fornito, e dorato dentro usato, comprato<br />
dalle ere<strong>di</strong> del S.r Curato <strong>di</strong> S. Andrea Parochia soppressa in Città, fu pagato paoli cinquanta<br />
4 Un Baldacchino grande <strong>di</strong> damasco, con quattro aste, ben fornite coi suoi cordoncini per raggiungere<br />
le aste
5 Un ombrella per le Communioni, <strong>di</strong> damasco, e foderato, etc.<br />
6 Due linternoni per le Communioni su l’asta, e vetri etc.<br />
7 Una croce professionale col suo Xto <strong>di</strong> rilievi liscio in detta Croce asai usata<br />
8 Una cassa con sua serratura e chiave posta sotto la porticella e loco dell’Oglio Santo della Parochia,<br />
per tener Cere per uso delle Communioni, ombrella etc.<br />
9 Due Chiavi unite che servono per il Battesimo del Domo<br />
10 Una chiave maschia, che serve per il loco dell’Olio Santo<br />
11 La chiavetta del Tabernacolo stà in Sagrestia dei PP. MM. Oss.ti <strong>di</strong> S. Salvatore<br />
12 Un vasetto d’argento per tenere l’Oglio Santo per la Cura,nel suo loco<br />
13 Un vasetto <strong>di</strong> legno ben fornito dove stà il sudetto vascolo nel suo loco<br />
14 Un sigillo con l’impronta del SS.mo Salvatore per segnare le fe<strong>di</strong> etc.<br />
15 Cinque libri, cioè il Battesimo, il presente de Confirmati, Matrimoni, Morti, e Stato dell’Anime<br />
16 Tre libretti lunghi, uno de morti, già terminato, che principia dall’anno 1593. sino all’anno 1736:<br />
l’altro de Confirmati che principia dall’anno 1601. e termina all’anno 1729. Il terzo il libro ove si<br />
notano le messe pro populo <strong>di</strong> <strong>di</strong>ebus festivis de precepto<br />
17 La filza delle Fe<strong>di</strong>, spettante a libri Parochiali etc.<br />
Così è. In fede etc. Io D. Domenico Pettinari Parocho <strong>di</strong> S. Salvatore mano propria<br />
[altra mano] Fu rifatta la Pisside piccola <strong>di</strong> rame argentato e fu pagata pavoli 25, dal P. Priore <strong>di</strong><br />
Monte Giove li 23 Giugno 1803. Così è F. Vincenzo <strong>di</strong> Candelara Parroco de SS. Salvatore<br />
Fu rifatta anche la Pisside grande con coppa <strong>di</strong> argento e piede <strong>di</strong> ottone per uso della Cura. Agosto<br />
1806» (ASDF, Parr. San Salvatore, Confirmandorum, vol. 0.2.1, pp. 201-203).<br />
«Quoniam haec obsoleta charta inepta est ad scribendum, liber renovatur, et hic descriptiones clauduntur<br />
Confirmatorum. Die 25 7bris 1889. Caietanus Parochus» (ASDF, Parr. San Salvatore, vol.<br />
0.2.1 Confirmandorum, c. 103v).<br />
(SB)<br />
1. Memorie Francescane, 1926, pp. 124-25.<br />
2. ASP-SASF, Notarile, Nicolò Zagarelli, Copie d’archivio, c. 212r, citato da G. Boiani Tombari in Immagini dai Piattelletti, a cura<br />
<strong>di</strong> C. Giar<strong>di</strong>ni, <strong>Fano</strong> 2008, p. 53.<br />
3. ACSMNF, Cronaca, alla data.<br />
4. Il 25 aprile 1459, essendo morto Giovanni Battista “de Milionibus” monaco <strong>di</strong> Fonteavellana e ultimo rettore della chiesa <strong>di</strong> San<br />
Salvatore, viene accolto e riceve l’abito bianco dei monaci Tommaso <strong>di</strong> Vincenzo fanese che è nominato priore <strong>di</strong> San Salvatore e<br />
amministratore dei suoi beni.<br />
29
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
30<br />
statua lignea, il quarto de<strong>di</strong>cato a San Francesco<br />
era l’altare della stessa comunità francescana<br />
pur se venne dato in ius patronatus all’orefice<br />
Giambattista Buffi che commissionò al pesarese<br />
Giovanni Maria Luffoli la tela con la Vergine e<br />
il Bambino, Sant’Eligio e Santa Caterina d’Alessandria<br />
sulla quale però i frati fecero aggiungere<br />
da una mano meno felice l’immagine del proprio<br />
santo fondatore. Il primo altare a destra era de<strong>di</strong>cato<br />
a San Giovanni Battista o al Battesimo <strong>di</strong> Gesù<br />
con relativa tela <strong>di</strong> Bartolomeo Giangolini, il secondo<br />
a Sant’Antonio <strong>di</strong> Padova la cui immagine<br />
su tela “<strong>di</strong> buona mano [...] incognita” 55 fu sostituita<br />
da una statua lignea (si veda il saggio Le statue<br />
lignee e gli stucchi <strong>di</strong> <strong>Silvano</strong> <strong>Bracci</strong>, sempre in<br />
questo volume) a sua volta rimpiazzata negli anni<br />
1930 da altra in gesso; il quarto a San Giuseppe<br />
<strong>di</strong> ius patronatus della confraternita dei falegnami<br />
che commissionò una tela raffigurante la Santa<br />
Famiglia a Giacinto Geminiani (1611-1681) che<br />
però da circa il 1740 la confraternita trasferiva<br />
nella chiesa <strong>di</strong> Sant’Agostino (oggi conservata<br />
nella chiesa parrocchiale della Santa Famiglia),<br />
mentre la tela che sostituiva la precedente, presentata<br />
da Agostino Pellegrini con queste parole: “un<br />
San Giuseppe senza nome e senza valore” 56 , è stata<br />
rimossa nel 1958 dall’allora padre Guar<strong>di</strong>ano<br />
perché rovinata (purtroppo non ne rimane descrizione<br />
né traccia). Poiché secondo le regole liturgiche<br />
i numerosi sacerdoti della fraternità <strong>di</strong> Santa<br />
Maria Nuova celebravano messa singolarmente<br />
nelle prime ore del giorno, tra gli otto laterali dovevano<br />
essere stati eretti altari minori de<strong>di</strong>cati alla<br />
Ss. Vergine <strong>di</strong> Loreto, alla Madonna Addolorata,<br />
a San Giovanni da Capestrano, a San Pasquale<br />
Baylon, a Santa Margherita da Cortona, a San<br />
Giacomo della Marca <strong>di</strong> cui si sa che Bartolomeo<br />
Giangolini aveva pitturato il quadro 57 , come abbiamo<br />
dedotto dai registri parrocchiali.<br />
V - Il convento a sua volta ha conosciuto ampliamenti<br />
e ristrutturazioni a seconda della destinazione<br />
che i francescani ne facevano, quali l’infermeria<br />
per frati anziani, il noviziato per aspiranti non sa-<br />
cerdoti, lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> teologia e <strong>di</strong> filosofia per frati<br />
incamminati al sacerdozio. Fortunatamente i vari<br />
interventi non hanno stravolto l’architettura del<br />
piano terra che presenta tuttora armoniose linee<br />
cinquecentesche. Più volte nel convento si sono<br />
tenuti anche i Capitoli della Provincia francescana<br />
marchigiana, ai quali partecipavano i guar<strong>di</strong>ani<br />
dei numerosi conventi della regione per il cui<br />
sostentamento furono elargite generose elemosine<br />
in danaro o in natura da parte del Municipio e<br />
delle più abbienti famiglie fanesi, quali Alavolini,<br />
Negusanti, Bertozzi («Il Sig. Cavaliere Francesco<br />
de’ Conti Bertozzi» era Sindaco Apostolico del<br />
convento fanese negli anni 1815-1821 58 ), Almerici,<br />
Boccaccio, Montevecchio, ecc. A tale proposito<br />
riportiamo in nota alcuni elogi <strong>di</strong> persone che si<br />
leggono nel registro delle sepolture della parrocchia.<br />
59<br />
La fraternità francescana si segnalò spesso nell’ambito<br />
della città non solo nel settore spirituale, ma<br />
anche in quello culturale, per la presenza e l’azione<br />
<strong>di</strong> religiosi eccellenti. Valga ricordare a tale proposito<br />
padre Ludovico da Viadana musicista (si veda<br />
la scheda Due musicisti a Santa Maria Nuova <strong>di</strong><br />
<strong>Silvano</strong> <strong>Bracci</strong>) e padre Bartolomeo Cimarelli che<br />
nel 1621 nel convento fanese apriva una biblioteca<br />
per uso pubblico per la quale il Consiglio contribuì<br />
con 50 scu<strong>di</strong> (si veda il saggio La pubblica<br />
libreria <strong>di</strong> Massimo Bonifazi, sempre in questo<br />
volume). Nel 1682 il convento fu <strong>di</strong>chiarato<br />
“Stu<strong>di</strong>o generale <strong>di</strong> teologia”, a tale scopo ospitò<br />
giovani frati studenti e valenti frati docenti che<br />
prestarono la propria opera anche presso l’Università<br />
Nolfi. Dallo Stato d’Anime della parrocchia<br />
<strong>di</strong> San Salvatore risulta che negli anni 1761-1768<br />
la fraternità dei <strong>Frati</strong> Minori era composta <strong>di</strong> 60<br />
persone.<br />
Dovunque andassero i francescani osservanti,<br />
coinvolgendo i laici nel loro entusiasmo per gli<br />
ideali vissuti da san Francesco, istituivano una<br />
Fraternità del Terzo Or<strong>di</strong>ne Francescano. A <strong>Fano</strong><br />
i frati <strong>di</strong> Santa Maria al Metauro ne seguivano<br />
una in città 60 , rimasta sempre vivace e numerosa<br />
lungo i secoli: nel 1792 vi si associava il Vicario
Generale della Diocesi Mons. Francesco Saverio<br />
Castiglioni, in seguito vescovo <strong>di</strong> Montalto, car<strong>di</strong>nale<br />
e vescovo <strong>di</strong> Cesena poi <strong>di</strong> Frascati, infine<br />
papa col nome <strong>di</strong> Pio VIII; nel secolo XX vi<br />
aderirono numerosi sacerdoti <strong>di</strong>ocesani, tra cui il<br />
vescovo Vincenzo Del Signore (1881-1967), e il<br />
commendator Egi<strong>di</strong>o Del Vecchio che fu anche<br />
ministro della fraternità T.O.F. e sindaco <strong>di</strong> <strong>Fano</strong><br />
dal 12 febbraio al 5 ottobre 1945. La Fraternità<br />
laica <strong>di</strong> Santa Maria Nuova aveva anche una<br />
Schola cantorum, come risulta dalle cronache del<br />
Bollettino Diocesano 61 .<br />
Dallo Stato d’Anime appren<strong>di</strong>amo che nel 1809 la<br />
fraternità <strong>di</strong> S. Maria Nuova era costituita da 35<br />
sacerdoti, 8 chierici (studenti <strong>di</strong> teologia), 7 conversi<br />
(frati non sacerdoti), 7 terziari (frati non professi),<br />
complessivamente 57 persone. Il 16 maggio<br />
1810, per la soppressione degli or<strong>di</strong>ni religiosi da<br />
parte del governo francese, i religiosi furono costretti<br />
a lasciare il convento; la chiesa rimase aperta<br />
perché <strong>di</strong>chiarata succursale della parrocchia <strong>di</strong><br />
Sant’Antonio Abate a cui veniva aggregato parte<br />
del territorio parrocchiale, un’altra parte era aggregata<br />
a quella della Cattedrale. 62 Così il battesimo<br />
del 6 gennaio 1815 fu celebrato nella chiesa<br />
<strong>di</strong> S. Antonio Abate e quelli dall’11 aprile 1815 al<br />
27 marzo 1850 furono celebrati nella chiesa cattedrale,<br />
ma tutti annotati nel registri della parrocchia<br />
<strong>di</strong> San Salvatore.<br />
Il 17 marzo 1815 i primi 14 religiosi (<strong>di</strong> cui 9 sacerdoti,<br />
4 fratelli laici e un oblato terziario) ricostituirono<br />
la comunità francescana, pochi mesi dopo<br />
ritornarono altri frati raggiungendo il numero<br />
complessivo <strong>di</strong> 26 religiosi, come il padre Emi<strong>di</strong>o<br />
Antonio Pandolfi da <strong>Fano</strong>, economo curato, scrive<br />
nel registro dello Stato d’anime, aggiungendo:<br />
“Vi sta ancora in convento Giuseppe Ciavattini<br />
già Terziario non ancora rivestito, e dovrà in breve<br />
rivestirsi. Fu trasportato in Convento un Laico<br />
infermo, fra Pietro da Monte Baroccio, che era<br />
all’Ospedale Civile, il quale dopo aver vissuto in<br />
convento otto giorni, finì <strong>di</strong> vivere il giorno 28<br />
marzo corrente, per questo fu esposto in chiesa<br />
coll’abito da Religioso da noi suoi Confratelli”. Al<br />
loro rientro i frati trovarono il convento in una<br />
con<strong>di</strong>zione davvero pietosa per l’occupazione delle<br />
truppe francesi che, tra l’altro, avevano utilizzato i<br />
chiostri come stalle dei cavalli, così per numerosi<br />
mesi i religiosi dovettero mettere mano al restauro<br />
<strong>di</strong> tetti e stanze, al rifacimento <strong>di</strong> porte e finestre,<br />
I FRATI MINORI A FANO<br />
Stemma ligneo dell’Or<strong>di</strong>ne<br />
francescano, opera <strong>di</strong><br />
Giuseppe Filippetti (Santa<br />
Maria Nuova, Bussola<br />
d’ingresso)<br />
31
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
La chiesa come appare in<br />
una foto dei primi anni<br />
del secolo XX (Collezione<br />
Giancarlo De Leo) e<br />
(sotto) l’altare maggiore in<br />
una foto del luglio 1947<br />
(ACSMNF)<br />
32<br />
all’installazione <strong>di</strong> ben 522 vetri, a commissionare<br />
serrature e chiavi, tavoli se<strong>di</strong>e e sgabelli, ricomprare<br />
padelle piatti bicchieri e posate, lucerne<br />
per corridoi camere refettorio e coro, corde per le<br />
campane, tela per tende e tovaglie, ecc. 63 Ma la<br />
fraternità pian piano crebbe con il ritorno <strong>di</strong> altri<br />
confratelli e con l’arrivo <strong>di</strong> giovani frati avviati al<br />
sacerdozio, come attesta un documento del 1847:<br />
“La Famiglia dei Minori Osservanti <strong>di</strong> S.a Maria<br />
Nuova è composta <strong>di</strong> In<strong>di</strong>vidui n. 54: Sacerdoti<br />
n° 27 <strong>di</strong> cui Confessori n° 4, Chierici Studenti n°<br />
13, Laici Professi n° 10, Terziari obblati (sic) n°<br />
4” 64 . Nel 1851 fu rimesso lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> filosofia e<br />
teologia.<br />
Ma la rinata comunità francescana ebbe soltanto<br />
quarantacinque anni <strong>di</strong> vita, perché con<br />
il Regno d’Italia vennero soppressi gli Or<strong>di</strong>ni e<br />
le Congregazioni Religiose <strong>di</strong>etro promulgazione<br />
del Decreto del Regio Commissario Valerio<br />
datato 2 gennaio 1861, trasformato in legge il 7<br />
luglio 1866 a cui fece seguito il Regolamento esecutivo<br />
n. 3070 del 21 luglio 1866. Gli Agenti del<br />
Governo nel mese <strong>di</strong> febbraio 1861 presero possesso<br />
del convento e la comunità <strong>di</strong> Santa Maria<br />
Nuova, che contava complessivamente 62 religiosi,<br />
fu nuovamente <strong>di</strong>spersa; il Comune <strong>di</strong> <strong>Fano</strong><br />
destinò a scuola femminile e ad asilo per l’infanzia<br />
gli e<strong>di</strong>fici conventuali che il Governo italiano<br />
gli aveva assegnato.<br />
Quattor<strong>di</strong>ci confratelli avevano trovato alloggio<br />
in case circostanti, certamente ritrovandosi in<br />
chiesa per le funzioni sacre <strong>di</strong> modo che la comunità<br />
non cessò <strong>di</strong> esistere, finché rifiorita pian<br />
piano, acquistò nel 1880 una modesta casa che<br />
i frati lasciarono nel 1906 dopo l’acquisto della<br />
casa con un piccolo orto <strong>di</strong> proprietà <strong>di</strong> Adamo<br />
Caselli addossata al muro destro della chiesa 65 ,<br />
poi interamente ricostruita anche con il contributo<br />
del Comune <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> che in cambio aveva avuto<br />
parte dell’area della casa demolita per aprire la<br />
strada che doveva congiungere la nuova Caserma<br />
Paolini con piazza XX Settembre.<br />
La chiesa come sede <strong>di</strong> parrocchia continuò ad<br />
essere officiata dal frate parroco padre Pietro
Pandolfini in abito <strong>di</strong> prete secolare. Più volte ne<br />
fu ipotizzata la chiusura previo accorpamento della<br />
parrocchia ad una contigua, ma un esplicito intervento<br />
prefettizio assicurò la continuità dell’ufficiatura<br />
francescana <strong>di</strong> Santa Maria Nuova:<br />
«Prefettura <strong>di</strong> Pesaro e Urbino<br />
25 gennaio 1867, prot. 113<br />
Oggetto: Chiesa <strong>di</strong> S. Maria Nuova<br />
L’Amministrazione del Fondo per il Culto scrive che<br />
la Chiesa <strong>di</strong> Santa Maria Nuova in codesta Città<br />
avendo annessa cura <strong>di</strong> anime, debba rimanere<br />
aperta al Culto.<br />
Comunico altrettanto alla S. V. per opportuna <strong>di</strong><br />
Lei norma.<br />
Il Prefetto<br />
Al Sindaco <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>» 66 .<br />
Tra i frati illustri che hanno <strong>di</strong>morato nel convento<br />
<strong>di</strong> Santa Maria Nuova fu padre Niccolò<br />
Betti da Orciano, che si de<strong>di</strong>cò allo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong><br />
una “macchina capace al volo”, come si legge<br />
nel suo manoscritto Pterometria conservato nella<br />
Biblioteca Federiciana <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>, certamente proveniente<br />
dall’archivio del convento francescano<br />
fanese dove il Betti risulta presente dal giugno<br />
1818 al maggio 1822 67 , per cui dobbiamo rimettere<br />
in <strong>di</strong>scussione l’ipotesi che egli sia morto a<br />
Camerino nel 1814 68 .<br />
Vi <strong>di</strong>morò pure il padre Luigi Flamini da Loreto<br />
(1779-1857) che a Santa Maria Nuova e all’Università<br />
Nolfi aveva insegnato per oltre due decenni<br />
finché nel 1838 dovette trasferirsi a Roma per<br />
incarichi successivi <strong>di</strong> Definitore, Procuratore e<br />
I FRATI MINORI A FANO<br />
La chiesa come appare<br />
in una foto degli anni<br />
Sessanta<br />
33
Ritratto <strong>di</strong> Padre Lodovico<br />
da Viadana (olio su tela,<br />
Viadana, chiesa <strong>di</strong> Santa<br />
Maria del Castello)<br />
34<br />
Due musicisti a Santa Maria Nuova<br />
Mons. Riccardo Paolucci ha lasciato, tra l’altro, un saggio su<br />
I <strong>Frati</strong> Minori e la Cappella Musicale <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> 1 in cui leggiamo<br />
che alcuni frati del convento <strong>di</strong> S. Maria Nuova prestarono<br />
servizio liturgico-musicale nel Duomo fanese. Andando<br />
alla fonte, possiamo precisarne i nomi: P. Pietro Tomba dal<br />
1804 al 1816 quale ‘Mansionario cantore’ “finché non si fosse<br />
trovato altro sacerdote secolare, abile a tale impiego” 2 ; P.<br />
Elzeario Niccolini da Montebaroccio, chiamato a servire con<br />
lo stesso ufficio nel coro é nell’orchestra essendo “già corista<br />
in Santa Maria Nuova e musico notissimo in questa città”,<br />
dal 1809 fino al 1817 quando fu colto da immatura morte 3 ; P.<br />
Domenico Carletti da Serrungarina, dal 1854 al 1872 quale<br />
Maestro <strong>di</strong>rettore della cappella musicale «organista e professore<br />
<strong>di</strong> musica <strong>di</strong> non ignobile nome [...] molto acconcio al<br />
servizio dell’orchestra, sia per la sua nota capacità, sia ancora<br />
per la <strong>di</strong>ligenza con cui l’avrebbe compiuto», come lo presentò<br />
l’Arci<strong>di</strong>acono nel Capitolo dei canonici, quin<strong>di</strong> votato all’unanimità<br />
dai Canonici «per la pochezza dello stipen<strong>di</strong>o <strong>di</strong> scu<strong>di</strong> 30 che il Carletti però avrebbe accettato<br />
essendo religioso», il quale «ebbe l’avventura <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigere la musica in Cattedrale nell’occasione del<br />
passaggio <strong>di</strong> Pio IX nella nostra città», come scrive il Paolucci.<br />
Due frati <strong>di</strong> Santa Maria Nuova, però, meritano speciale menzione: il grande maestro e compositore<br />
P. Lodovico da Viadana, <strong>di</strong> cui parla anche il Paolucci, e, in anni più recenti, il P. Umberto Franca,<br />
organista, <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> coro e docente <strong>di</strong> paleografia musicale.<br />
Padre Lodovico da Viadana nacque nel 1560 a Viadana 4 , <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Cremona in provincia <strong>di</strong> Mantova.<br />
Il suo nome era Tommaso Grossi, ma da quando entrò nell’Or<strong>di</strong>ne dei <strong>Frati</strong> Minori Osservanti nel<br />
convento San Francesco della città natale <strong>di</strong>ventò “Lodovico da Viadana” e con questo nome è entrato<br />
nella storia della musica 5 . Non si ha <strong>di</strong> lui una perfetta cronologia, egli stesso però ci informa della<br />
sua innata propensione per la musica nel de<strong>di</strong>care a Fulvio Gonzaga il Completorium Romanum octo<br />
vocibus decantandum Liber secundus, Opera XVI, Venetiis apud Iacobum Vincentium, 1606: «Siccome<br />
naturalmente l’uomo è <strong>di</strong> varii humori, et <strong>di</strong> varii membri composto, così per natura parimente egli<br />
vuole delle cose nelle quali risplenda qualche bella varietà non poco <strong>di</strong>lettarsi: Laonde la Musica la<br />
quale è uno degli abiti virtuosi dell’intelletto, et contiene in se unite con soavissime proportioni tutte<br />
quelle <strong>di</strong>fferenze, che nel suono si ritrovano; come dell’altre varietà più <strong>di</strong>lettevole et honorata conviene<br />
che fra esse tenga il principato. Questa ragione fin da miei primi anni mi indusse a darmi tutto<br />
agli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> questa <strong>di</strong>vina facoltà» 6 .<br />
Fu operoso presso l’Accademia <strong>di</strong> Padova negli ultimi anni del ‘500, per cui alcuni vorrebbero che sia<br />
stato allievo <strong>di</strong> Costanzo Porta (1529-1601) frate minore conventuale maestro <strong>di</strong> cappella al duomo<br />
<strong>di</strong> Padova e nella Basilica del Santo, da cui anche l’errata assegnazione <strong>di</strong> Lodovico all’Or<strong>di</strong>ne dei<br />
francescani conventuali. È documentata la presenza del Viadana dal 1593 al 1597 a Mantova quale<br />
maestro <strong>di</strong> cappella del duomo, a cui potrebbe essere seguito un ipotetico breve soggiorno a Roma;<br />
nei primi anni del ‘600 è Vicario del convento <strong>di</strong> San Luca a Cremona, dal 1602 è maestro <strong>di</strong> cappella<br />
nella cattedrale <strong>di</strong> Reggio Emilia, dal 1608 in quella <strong>di</strong> Concor<strong>di</strong>a Sagittaria che però dal 1586 era<br />
stata traslata nella chiesa <strong>di</strong> Sant’Andrea a Portogruaro. Egli si trovava nel convento San Francesco <strong>di</strong>
questa città allorché i canonici il 13 novembre 1608<br />
«avvertiti dal preposito come optima habeatur relatio<br />
de doctrina in cantu et modulando vitae ac morum<br />
venerabilis presbiteri fratris Lodovici Viadana or<strong>di</strong>nis<br />
conventualium (sic) e convinti <strong>di</strong> come modo providendum<br />
sit de novo chori magistero, decidevano unanimi<br />
<strong>di</strong> attribuire al Viadana un ingaggio triennale<br />
a partire dal 1° novembre appena trascorso e la paga<br />
solita <strong>di</strong> 100 ducati annui corrisposti in rate trimestrali»<br />
7 . Dopo soli tre mesi <strong>di</strong> attività del frate, il 30<br />
gennaio 1609 al cancelliere capitolare, al canonico<br />
sacrista e allo stesso Viadana veniva notificato un<br />
or<strong>di</strong>ne del vicario generale <strong>di</strong>ocesano che intimava<br />
l’imme<strong>di</strong>ata sospensione <strong>di</strong> ogni attività musicale e<br />
<strong>di</strong> onorario perché la nomina del frate a maestro <strong>di</strong><br />
cappella era da ritenersi nulla, sembra perché priva<br />
<strong>di</strong> autorizzazione vescovile: ciononostante furono<br />
corrisposte al padre Lodovico le rate trimestrali dello<br />
stipen<strong>di</strong>o in data 9 febbraio e 1° maggio; lo stesso<br />
compositore francescano l’11 aprile de<strong>di</strong>cava al decano<br />
e ai canonici il suo Completorium romanum quaternis vocibus decantandus e sotto il 1° giugno<br />
nel frontespizio a stampa <strong>di</strong> tre composizioni si qualificava “maestro <strong>di</strong> cappella della cattedrale <strong>di</strong><br />
Concor<strong>di</strong>a”. I canonici <strong>di</strong> Portogruaro nel mese <strong>di</strong> settembre pagavano altro maestro per il servizio<br />
quadrimestrale prestato «fin tanto che ritornerà padre Viadana», vana speranza perché il frate stava<br />
forse cercando altrove dove impiegare le sue innate qualità e la sua competenza musicale 8 .<br />
Come il Viadana sia arrivato nel Duomo <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> non ci è dato conoscere allo stato della ricerca,<br />
soltanto leggiamo negli atti del Capitolo dei Canonici in data 16 luglio 1610: «si concesse per gratia<br />
la cotta al P. Viadana maestro nostro <strong>di</strong> cappella che per morte del s(uddetto) Bartolelli (uno dei canonici)<br />
resta al Capitolo che durante il suo offitio ne abbia l’uso» 9 . Infatti il francescano, a seguito <strong>di</strong><br />
rinuncia del predecessore Don Pietro Marzoli liquidato economicamente fino al 15 maggio, vi esercitava<br />
il servizio <strong>di</strong> maestro <strong>di</strong> cappella sin dal mese <strong>di</strong> luglio come deduciamo dalla corresponsione<br />
dello stipen<strong>di</strong>o: «Al Maestro <strong>di</strong> Cappella Via Dana (sic) ho pagato scu<strong>di</strong> 20 per 6 mesi in ragione <strong>di</strong><br />
40 scu<strong>di</strong> l’anno» 10 ; il 28 <strong>di</strong>cembre i canonici deliberavano, e con evidente sod<strong>di</strong>sfazione, la sua conferma:<br />
«Fu mandato il partito a chi pare et piace che il P(ad)re Viadana sia confirmato per M° <strong>di</strong> Capella<br />
(sic) <strong>di</strong>a la fava bianca chi nò la negra ottenne omnibus albis» 11 .<br />
Padre Lodovico durante la sua attività fanese <strong>di</strong>morava nel convento <strong>di</strong> Santa Maria Nuova. In questo<br />
tempo pubblicò il volume Sinfonie Musicali a otto voci op. XVIII commode per concertare con ogni<br />
sorta <strong>di</strong> stromenti, 18 composizioni che chiamò con i nomi <strong>di</strong> alcune città italiane (e<strong>di</strong>tore Giacomo<br />
Vincenti, Venezia 1610) e Salmi a quattro chori per cantare e concertare nelle gran Solennità <strong>di</strong> tutto<br />
l’Anno, con il Basso continuo per sonar nell’Organo, <strong>di</strong> Lodovico Viadana Maestro <strong>di</strong> Capella nel Domo <strong>di</strong><br />
<strong>Fano</strong>. Opera XXVII, Nuovamente composta, et data in luce. De<strong>di</strong>cati a Monsignore Reveren<strong>di</strong>ssimo Lapis<br />
(Tommaso) Vescovo <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> (stesso e<strong>di</strong>tore, 1612), contenenti i salmi dei vespri della domenica e delle<br />
feste, più un Magnificat Primi toni, una cantata per due tenori e due tromboni Plaudat nunc organis<br />
Maria e altro Magnificat sesti toni, e infine Falsi Bordoni a Quattro cori con il Sicut erat a otto. Et il Te<br />
Frontespizio <strong>di</strong> un’opera<br />
del Viadana composta<br />
durante la sua permanenza<br />
a <strong>Fano</strong><br />
35
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
36<br />
Deum laudamus e Salve Regina a otto. Con il Basso continuo per l’Organo. Di Lodovico Viadana Maestro<br />
<strong>di</strong> Capella nel Duomo <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>. Opera XXVIII. Roma 1612. Apud Io. Baptistam Roblectum.<br />
Nella de<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> questa opera a Frate Benedetto Cinquanta, teologo e pre<strong>di</strong>catore della provincia<br />
minoritica milanese, leggiamo: «Datum Romae 13 Kalendas Iunii 1612» (20 maggio 1612), ma il<br />
cronista del Capitolo della cattedrale <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> il 5 maggio <strong>di</strong> quell’anno aveva annotato: «Fù detto dal<br />
Sig. Proposto che essendo il P.re Viadana m° <strong>di</strong> Capella andato a Cap(ito)lo delli P.ri Zoccolanti sua<br />
religione et avendo m° Massimino servito in luogo del d(etto) Viadana, che par conveniente che fin al<br />
ritorno del d(etto) P.re servendo il d(etto) m. Massimino per modo <strong>di</strong> provvisione se li assegni qualche<br />
recognitione…» 12 . Il Viadana era infatti partito per il Capitolo dei francescani Osservanti della<br />
provincia bolognese. Invano atteso dai Canonici chiaramente contenti del suo servizio, entro la fine<br />
dell’anno il Capitolo fanese persa ogni speranza nominò maestro <strong>di</strong> cappella «per modum provisionis»<br />
quel Massimino Freduzi o Uffreduzzi che era stato organista e sostituto maestro del frate francescano.<br />
Sappiamo che il padre Lodovico fu poi a Ferrara, Piacenza, Mantova e ancora a Viadana nel 1615.<br />
Nella Congregazione Provinciale 1615 tenutasi a Piacenza era stato eletto per il triennio 1614-1617<br />
definitore (consigliere) della sua provincia religiosa 13 che in quel tempo comprendeva anche Mantova,<br />
nel 1623 era a Busseto.<br />
Il Viadana ha composto musica e<strong>di</strong>ta in ventisette libri apparsi tra il 1588 e il 1619, in maggioranza<br />
repertorio vocale destinato alla sacra liturgia (messe, salmi, mottetti e lamentazioni) e due volumi<br />
<strong>di</strong> canzoni profane (uno a tre ed uno a quattro voci). Le sue prime composizioni appartengono alla<br />
musica rinascimentale scritta in stile polifonico a cappella, ovvero in uno stile vocale semplificato, seguendo<br />
rigorosamente le <strong>di</strong>rettive tridentine che esigevano la massima semplificazione del canto sacro<br />
per una maggior intelligibilità, eliminando quin<strong>di</strong> ogni virtuosismo polifonico. Fu il primo compositore<br />
ad introdurre la tecnica del basso continuo, una sorta <strong>di</strong> primo sviluppo dell’accompagnamento<br />
strumentale alle voci che cantano in polifonia: “Il Viadana, nelle prefazioni alle sue musiche, non si<br />
è mai vantato <strong>di</strong> essere stato inventore del Basso Continuo, come qualcuno ha voluto credere, ma<br />
piuttosto ha voluto <strong>di</strong>mostrare la praticità, la bontà e la naturalezza del nuovo genere nel complesso<br />
delle sue composizioni; tutto inteso a correggere gli innumerevoli <strong>di</strong>fetti <strong>di</strong> <strong>di</strong>zione, <strong>di</strong> affiatamento<br />
e <strong>di</strong> incompletezza, frequentissimi in quel tempo nelle esecuzioni <strong>di</strong> musica polifonica vocale, per la<br />
decadenza delle Cappelle e dei loro relativi cantori [...] Il Basso Continuo, <strong>di</strong> semplice accompagnamento<br />
nei mono<strong>di</strong>sti fiorentini, si trasforma nelle musiche sacre del Viadana in un vero complesso<br />
sonoro in<strong>di</strong>pendente, affidato all’organo e contrapposto alle voci concertanti” 14 . Questa tecnica segnò<br />
la fine della musica rinascimentale e l’inizio della musica barocca.<br />
Vivente, il Viadana ebbe notorietà in Italia e in altre nazioni, specie in Germania dove per suo merito<br />
il concertato si <strong>di</strong>ffuse e venne sviluppato all’inizio del XVII secolo.<br />
Morì il 2 maggio 1627 nel convento <strong>di</strong> Sant’Andrea a Gualtieri (soppresso nel 1771), in provincia <strong>di</strong><br />
Reggio Emilia, a pochi chilometri dalla sua città natìa.<br />
Padre Umberto Franca nacque il 21 maggio 1914 a Monterinaldo in <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Fermo. Entrato<br />
nell’Or<strong>di</strong>ne dei <strong>Frati</strong> Minori nel convento <strong>di</strong> Montebaroccio, il 18 gennaio 1931 iniziò l’anno <strong>di</strong> noviziato<br />
al termine del quale emetteva la prima professione della Regola francescana e dei voti religiosi<br />
e il 30 maggio 1935 si consacrava definitivamente al Signore con la professione solenne o perpetua.<br />
L’11 luglio 1937 veniva or<strong>di</strong>nato sacerdote nella cattedrale <strong>di</strong> Zara dove i frati marchigiani avevano<br />
lo stu<strong>di</strong>o teologico.<br />
Iscrittosi il 30 ottobre 1939 al Pontificio Istituto <strong>di</strong> Musica Sacra, il 13 giugno 1940 conseguiva il
Baccalaureato e il 10 giugno 1941 la Licenza in Canto Gregoriano, il 27 giugno 1942 il Baccalaureato<br />
e il 16 giugno 1943 la Licenza in Composizione sacra, il 16 giugno 1944 il Baccalaureato e il 30 ottobre<br />
1946 la Licenza in Organo, il 16 giugno 1944 il Magistero in Composizione Sacra, il 1 luglio<br />
1947 il Magistero in Canto Gregoriano.<br />
Da una sua lettera del 28 settembre 1949 inviata al Sindaco-Presidente del Comitato del Congresso<br />
Mariano <strong>di</strong> Montemaggiore al Metauro, che aveva <strong>di</strong>sdetto l’invito a prestare servizio con la Scuola<br />
Polifonica fondata dal Franca a <strong>Fano</strong>, veniamo a conoscere l’attività che il giovane musicista aveva<br />
svolto nella Capitale: «a San Carlo al Corso dove sono stato organista per 5 anni, a S. Maria<br />
Maggiore dove ho suonato come Organista sostituto per oltre un anno e dove ho rinunciato al posto<br />
<strong>di</strong> Organista titolare; a Sant’Andrea al Quirinale, a San Luigi dei Francesi, a San Sebastiano, a San<br />
Benedetto in Piscinula, al Quo Va<strong>di</strong>s dove avevo una Scuola <strong>di</strong> Canto, dai Padri Mechitarristi dove<br />
ho insegnato canto Gregoriano e pianoforte, all’Ospedale dei Fatebenefratelli dove ho insegnato musica<br />
per 2 anni».<br />
Abitando nel convento <strong>di</strong> San Sebastiano alle Catacombe, intervenne quale sacerdote all’esumazione<br />
dei corpi delle 335 vittime della ferocia nazista uccisi il 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine <strong>di</strong> Roma,<br />
sui quali fatti egli offrì poi al Politeama <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> una pubblica testimonianza.<br />
Dall’ottobre 1946 padre Franca è nel convento <strong>di</strong> Santa Maria Nuova <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>. Il 28 marzo 1947<br />
pubblica una manifesto con il quale invita giovani non inferiori ai 18 anni a frequentare la “Scuola<br />
Polifonica” che ha lo scopo: “Somministrare ai giovani volonterosi ed entusiasti la conoscenza della<br />
musica per dare un contenuto maggiore alla loro allegria; affinare il senso estetico con l’apprendere<br />
criteri per gustare la musica classica; arricchire la propria cultura con notizie storico-paleografiche per<br />
la musica antica, con <strong>di</strong>scussioni e conferenze sui principali problemi estetici dell’arte in genere e in<br />
P. Umberto Franca (a<br />
sinistra) e P. Francesco<br />
Can<strong>di</strong>racci (a destra) con i<br />
ragazzi e i giovani del coro<br />
<strong>di</strong> Santa Maria Nuova (31<br />
luglio 1949)<br />
37
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
38<br />
specie dell’arte musicale”. Al 15 aprile gli iscritti erano 45, elencati nell’apposito registro, “quasi tutti<br />
studenti <strong>di</strong> Liceo, Magistrali e Commerciali che giornalmente, nelle ore <strong>di</strong> pomeriggio, frequentano<br />
la sede suonando il pianoforte, mandolini e chitarre, giocando a carte e a dama, leggendo libri, giornali<br />
e riviste” 15 . Al 6 novembre 1947 i giovani erano saliti a 62, annotava il segretario aggiungendo:<br />
“molte iscrizioni sono state riconfermate. Alcuni giovani sono partiti da <strong>Fano</strong> avendo terminato i loro<br />
stu<strong>di</strong>. Molte iscrizioni sono nuove” 16 .<br />
Il P. Umberto Franca con la collaborazione dei giovani cantori aprì un doposcuola per alunni delle<br />
scuole elementari: “Da questo doposcuola è nata la sezione dei ‘Putti cantori’ che in numero <strong>di</strong> 16 si<br />
sono aggiunti alla Scuola Polifonica”, scriveva il segretario in data 25 gennaio 1948 17 , da allora il coro<br />
si compose <strong>di</strong> voci miste. Infatti i ragazzi frequentavano il doposcuola al termine del quale si iniziavano<br />
le prove <strong>di</strong> canto. Alla data 12 ottobre si legge nel registro che prestava collaborazione la maestra<br />
Giovanna Giustiniani e che fu necessario tenere un corso-bis <strong>di</strong> doposcuola e prove <strong>di</strong> canto per i<br />
ragazzi che avevano lezione nel pomeriggio, inoltre che “le spese per il doposcuola erano sostenute dal<br />
convento <strong>di</strong> Santa Maria Nova per il mesi <strong>di</strong> ottobre, novembre, <strong>di</strong>cembre, dal gennaio 1949 penserà<br />
il Centro Italiano Femminile”. I “Putti Cantori” registrati erano saliti a 27 18 .<br />
È <strong>di</strong> questo tempo la composizione <strong>di</strong> padre Franca <strong>di</strong> un O salutaris Ostia per soprano e organo. A<br />
favore dei suoi giovani cantori il maestro si impegnò anche in attività ricreative come leggiamo nel<br />
registro: “Il Direttore ha costruito ex-novo il gioco del Ping-Pong (16 aprile 1948) [...] per iniziativa e<br />
per opera del Direttore è stato costruito un gioco <strong>di</strong> ‘Palla a volo’ al mare, zona Sassonia su uno spazio<br />
<strong>di</strong> terra gentilmente concesso dalla Contessa <strong>Bracci</strong>. Il pallone è stato gentilmente offerto dal Signor<br />
Boldreghini Omero (luglio 1948)”. Non mancavano momenti ricreativi, specie dopo esecuzioni nelle<br />
solennità liturgiche pomeri<strong>di</strong>ane, ma anche una gita in bicicletta fino al santuario del Beato Sante a<br />
Mombaroccio.<br />
Durante la novena dell’Immacolata 1948 “oltre 45 elementi” della Scuola Polifonica cantavano mottetti<br />
vari dalla cantoria in fondo alla chiesa e “rispondeva, verso per verso, un coro <strong>di</strong> oltre 50 studentesse<br />
dell’Istituto Magistrale istruite in precedenza dal Maestro Direttore” (non c’era da invi<strong>di</strong>are le<br />
solenni liturgie delle basiliche romane vivacizzate da cori famosi!); l’8 <strong>di</strong>cembre fu eseguita la Missa<br />
Prima Pontificalis a 3 voci <strong>di</strong>spari <strong>di</strong> Lorenzo Perosi, organista Nino Generali, <strong>di</strong>rettore maestro P.<br />
Umberto Franca, che sarà eseguita altre volte, tra cui il 31 luglio 1949 per la Messa solenne del novello<br />
sacerdote fanese Don Vittorio Minar<strong>di</strong>.<br />
Il padre Franca svolse anche il compito <strong>di</strong> Direttore del Terzo Or<strong>di</strong>ne Francescano (in sigla T.O.F.) che<br />
a Santa Maria Nuova aveva una fiorente Congregazione tanto da essere <strong>di</strong>stinta in Sezione Maschile<br />
e Sezione Femminile. Verso il Terzo Or<strong>di</strong>ne Francescano egli in<strong>di</strong>rizzò gli animi dei giovani creando<br />
i gruppi <strong>di</strong> “Gioventù Maschile T.O.F.” e “Gioventù Femminile T.O.F.”, i numerosi giovani che vi<br />
appartennero si riunivano settimanalmente allo scopo <strong>di</strong> istruzione educativa e religiosa a carattere<br />
francescano. I libri dei verbali <strong>di</strong>mostrano quanto entusiasmo il frate avesse suscitato, a cominciare<br />
dal Ministro della Congregazione, il commendator Egi<strong>di</strong>o Del Vecchio, fino all’ultimo ragazzo delle<br />
sezioni aral<strong>di</strong>ni e aral<strong>di</strong>ne.<br />
Ma l’attivo francescano fu dai suoi superiori destinato altrove, così padre Franca il 1 settembre 1950<br />
lasciò <strong>Fano</strong> per trasferirsi a Sassoferrato quale insegnante <strong>di</strong> musica e canto al ginnasio dei <strong>Frati</strong><br />
Minori marchigiani. La sua attività musicale continuò poi in altri conventi dove venne successivamente<br />
destinato, non ultimo a Roma dove ebbe l’incarico dal 10 maggio 1977 <strong>di</strong> insegnante gerente<br />
della cattedra <strong>di</strong> Paleografia gregoriana al Pontificio Istituto <strong>di</strong> Musica Sacra con Decreto della<br />
Congregazione per l’Educazione Cattolica, prestandosi anche come cantore salmista delle celebrazio-
ni papali nella basilica <strong>di</strong> S. Pietro in Vaticano fino al 30/11/1982, quando fu messo in quiescenza. Fu<br />
allora che il car<strong>di</strong>nale Salvatore Pappalardo arcivescovo <strong>di</strong> Palermo, apprezzandone le doti, lo chiamò<br />
ad insegnare nella scuola <strong>di</strong> musica sacra <strong>di</strong> questa città dove rimase fino a tutto il 1992, allorché il<br />
maestro si ritirò nel convento <strong>di</strong> Monteprandone.<br />
In seguito ad incidente stradale, subito il 24 giugno 1993, padre Umberto Franca decedeva nell’ospedale<br />
<strong>di</strong> Ancona il successivo 11 luglio.<br />
(SB)<br />
1. Memorie Francescane Fanesi, 1926, pp. 141-144, ripreso ed ampliato nel suo La Cappella musicale del duomo <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>, appunti per<br />
una storia, in “Note d’archivio”, III/1926, 2-3.<br />
2. ASDF Atti Capitolari 1803-1816, reg. 153, c. 9r.<br />
3. ASDF Atti Capitolari 1852-1869, reg. 175, cc. 26v, 37rv.<br />
4. Devo al prof. Giovanni Battista Columbro, Direttore del Festival Lodoviciano <strong>di</strong> Viadana, la precisazione dell’anno <strong>di</strong> nascita<br />
che fino a pochi anni fa era assegnato al 1564: è infatti Lodovico stesso in una lettera da Busseto del 15 giugno 1623, in<strong>di</strong>rizzata al<br />
car<strong>di</strong>nale Alessandro d’Este, a <strong>di</strong>chiarare, dopo essere stato “<strong>di</strong>ffinitor provinciale” e lamentandosi della sua situazione in loco, <strong>di</strong><br />
avere 63 anni. La lettera è nell’Archivio <strong>di</strong> Stato <strong>di</strong> Modena, Regolari, busta 124.<br />
5. U. Franca, Ricerca e riesumazione della produzione musicale francescana in “Stu<strong>di</strong> francescani” anno XXIII (XLVII), 3-4, 1951, p.<br />
169. P. Franca aveva trascritto ed eseguito nel 1952 la sua Missa sine nomine a 4 v.d., manoscritto conservato nell’archivio musicale<br />
francescano <strong>di</strong> Falconara Marittima<br />
6. P. Luigi Stagni, Memorie degli uomini illustri della nostra Osservante Provincia <strong>di</strong> Bologna - Fascicolo I, manoscritto 1850 circa,<br />
Archivio storico della Provincia <strong>di</strong> Cristo Re dei <strong>Frati</strong> Minori dell’Emilia Romagna (APMnBO) Sez. VI b. 1, n. 1, p. 22.<br />
7. F. Metz, “Per bater la batuda in organo”. Note d’archivio per la storia musicale a Portogruaro nel ‘600 in Antonio Carneo e il suo tempo,<br />
atti della giornata <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o 26 marzo 1993 a cura <strong>di</strong> G. Bergamini e P. Goi, Portogruaro 1995, p. 75.<br />
8. Ibidem, pp. 75-76.<br />
9. ASDF, Atti Capitolari 1602-1611, reg. 153, c. 113r.<br />
10. ASDF, Entrata-Esito Sagrestia 1605-1611, c. 175rv.<br />
11. ASDF, Atti Capitolari 1611-1630, reg. 154, c. 11v.<br />
12. Ibidem, c. 15v.<br />
13. U. Franca, Ricerca e riesumazione della produzione musicale francescana, cit., p. 171.<br />
14. Ibidem, pp. 173-174.<br />
15. ACSMNF, Registro Scuola Polifonica e Gioventù Maschile T.O.F., p. 5.<br />
16. Ibidem, p. 8.<br />
17. Ibidem, p. 12.<br />
18. Ibidem, alla data, così per le citazioni seguenti.<br />
39
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
Padre Antonio Maria<br />
Pettinari, frate fanese,<br />
arcivescovo <strong>di</strong> Urbino,<br />
poi Segretario della<br />
Sacra Congregazione<br />
dei Vescovi e Regolari<br />
40<br />
Ministro Generale dell’Or<strong>di</strong>ne dei <strong>Frati</strong> Minori,<br />
adempiuti i quali nel 1850 tornò nel convento<br />
fanese terminandovi i suoi anni il 19 <strong>di</strong>cembre<br />
1857. Egli, con le offerte ricevute allo<br />
scadere del mandato <strong>di</strong> Ministro<br />
Generale, nel 1852 volle arricchire<br />
la chiesa <strong>di</strong> un<br />
nuovo strumento musicale<br />
della <strong>di</strong>tta Bazzani<br />
<strong>di</strong> Venezia (si veda il<br />
saggio L’organo <strong>di</strong><br />
Clau<strong>di</strong>o Giuseppe<br />
Morosi, in questo<br />
volume); poco<br />
dopo fu decisa la<br />
costruzione del<br />
nuovo campanile.<br />
La nuova torre,<br />
svettante sui tetti<br />
della città <strong>di</strong> <strong>Fano</strong><br />
con i suoi 55 metri<br />
<strong>di</strong> altezza, fu atterrata<br />
dall’esercito tedesco<br />
la mattina del 20<br />
agosto 1944 (si veda il<br />
saggio I due campanili <strong>di</strong><br />
Franco Battistelli e Gianni<br />
Volpe, sempre in questo volume).<br />
Ricor<strong>di</strong>amo anche padre<br />
Antonio Maria Pettinari da <strong>Fano</strong>, nato<br />
il 23 febbraio 1818, che insegnò filosofia e teologia<br />
nello ‘stu<strong>di</strong>o’ <strong>di</strong> Santa Maria Nuova <strong>di</strong> cui<br />
fu prefetto dal 1856 al 1862 e guar<strong>di</strong>ano della<br />
fraternità, poi Ministro Provinciale, Segretario<br />
Generale dell’Or<strong>di</strong>ne dei <strong>Frati</strong> Minori. Nel 1863<br />
da Pio IX fu eletto vescovo <strong>di</strong> Nocera Umbra<br />
che poté raggiungere solo nel 1867 per gli eventi<br />
relativi all’unità d’Italia, nel frattempo fu amministratore<br />
apostolico delle <strong>di</strong>ocesi <strong>di</strong> Viterbo e<br />
<strong>di</strong> Subiaco; Leone XIII nel 1881 lo promosse arcivescovo<br />
<strong>di</strong> Urbino e dal 1885 Segretario della<br />
Sacra Congregazione dei vescovi e dei religiosi.<br />
Morì a Roma il 24 maggio 1886, compianto da<br />
confratelli, clero e popolo: «Era giustamente ritenuto<br />
la gloria maggiore della Provincia<br />
per bontà, dottrina, avvedutezza <strong>di</strong><br />
governo [...] In mezzo agli onori<br />
non <strong>di</strong>menticò <strong>di</strong> essere<br />
Francescano e visse sempre<br />
come fosse in Convento<br />
continuandone quoti<strong>di</strong>anamente<br />
le usanze<br />
nel vitto parco, nella<br />
me<strong>di</strong>tazione <strong>di</strong> mattina<br />
e sera [...] Suo<br />
fratello P. Raffaele<br />
parroco in <strong>Fano</strong> nel<br />
trigesimo giorno<br />
dalla morte celebrò<br />
in S. Maria Nova<br />
solenni funerali ai<br />
quali parteciparono<br />
largamente i concitta<strong>di</strong>ni.<br />
Il Canonico<br />
Diambrini recitò una<br />
splen<strong>di</strong>da orazione funebre<br />
e l’Avv. Valenti dettò<br />
epitaffi in latino classico» 69 .<br />
Di lui nel convento <strong>di</strong> S. Maria<br />
Nuova si conservano una fotografia<br />
e un ritratto ad olio.<br />
I più recenti interventi <strong>di</strong> ristrutturazione della<br />
chiesa <strong>di</strong> Santa Maria Nuova risalgono agli<br />
anni 1958-59 ad opera del guar<strong>di</strong>ano padre<br />
Francesco Talamonti (Montefiore dell’Aso 1915 -<br />
Sassoferrato 1995) che fece togliere alcune decorazioni<br />
giu<strong>di</strong>cate superfetazioni, le statue lignee,<br />
il pulpito e la cantoria e per iniziativa del quale<br />
venne costruito il grande organo a canne dalla<br />
<strong>di</strong>tta Mascioni <strong>di</strong> Cuvio su progetto del fanese<br />
m° don Igino Tonelli, che dà occasione alla chiesa<br />
<strong>di</strong> essere au<strong>di</strong>torium oltre che tempio d’arte.
Note<br />
1. «Habet haec Custo<strong>di</strong>a locum <strong>Fano</strong>, de cuius fundatione nil<br />
aliud habeo, nisi quia Federicus Imperator construxit Vicarios<br />
Imperiales in Piceno [...] Fani Malatestas. Unde Conventus S.<br />
Francisci ab hac illustris Familia Malatestarum egregiis fuit<br />
beneficiis cumulatus», P. Ridolfi da Tossignano, Historiarum<br />
Seraphicae Religionis libri tres, Custo<strong>di</strong>a Fanensis, Venezia 1586,<br />
pag. 257.<br />
2. «Aliquantulum igitur ab hac civitate, iuxta praefatum flumen<br />
Metaurum, atque Adriaticum littus, fratres nostri conventum<br />
sub titulo sanctae Mariae in Ponte primaevis Seraphicae<br />
Religionis nostrae temporibus, favente sibi Fanensi senatu<br />
ae<strong>di</strong>ficarant», F. Gonzaga, De origine Seraphicae Religionis<br />
Franciscanae, Roma 1587, p. 211.<br />
3. «De conventu S. Francisci de <strong>Fano</strong> vulgata tra<strong>di</strong>tio est apud<br />
fanenses quod Seraphicus Pater sanitus Fani introduxit famulatum<br />
Dei eorum fratrum in civitatem <strong>Fano</strong> dum esset in humanis<br />
et extat nunc e<strong>di</strong>cola sub vocabolo S. Iuliani in Atrio conventus»,<br />
I. Altobelli, Genealogia Seraphica, manoscritto cod. 17<br />
della Biblioteca S. Isidoro <strong>di</strong> Roma, c. 124.<br />
4. «Circa haec tempora extructum Minorum Coenobium ad<br />
fanum Fortunae, quae agri Piceni urbs est in littore Adriatico<br />
inter Pisaurum et Senogalliam, non longe a Metauro amne<br />
sita, atque a pulcherrimo Fortunae Templo in ea olim erecto<br />
sic <strong>di</strong>cta. Aliquantulum igitur ab hac civitate, juxta praefatum<br />
fluvium Metaurum, atque Adriaticum Littus, Fratres nostri<br />
Conventulum sub titulo sanctae Mariae in Ponte primaevis<br />
Seraphicae Religionis nostrae temporibus, favente sibi Fanensi<br />
Senatu, ae<strong>di</strong>ficarunt» (Annales Minorum, II, ad annum 1235).<br />
5. P. M. Amiani, Memorie istoriche della Città <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>, <strong>Fano</strong><br />
1751, 2 voll., I, pp. 177 e ss.<br />
6. Cfr. M. Belogi, L’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> Guido Nolfi da <strong>Fano</strong>, <strong>Fano</strong> 2001,<br />
p. 55 e ss.<br />
7. L. (Tassi) da Fabriano, Cenni cronologico-biografici della<br />
Osservante Provincia Picena, Quaracchi 1886, p. 47. Un cenno ad<br />
“un grosso coccodrillo o dragone” si trova in Notizie della Cura<br />
Priorale e Parochiale <strong>di</strong> San Salvatore <strong>di</strong> questa Città <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>…,<br />
raccolta <strong>di</strong> notizie confuse a volte fantasiose, con poco fondamento<br />
storico, anche se l’autore per san Francesco e il drago e il<br />
primo inse<strong>di</strong>amento francescano a <strong>Fano</strong> afferma: «Ex Archivo<br />
Nucerinae, Auximi, Fani, Aracoelitano, S.i Constantii in<br />
Sacrario, Vad. Ann (cioè Wad<strong>di</strong>ng, Annales), Historiae Negusanti,<br />
BFF, Sala Manoscritti, Manoscritti Amiani 40/4, c. 5.<br />
8. P. M. Amiani, op. cit., I, p. 178.<br />
9. T. da Celano, Vita beati Francisci, nota come 1 a Celano, 55-56.<br />
10. Fonti Francescane, Assisi 1978, p. 1907, n. 2206.<br />
11. R. Manselli, I primi cento anni <strong>di</strong> storia francescana, ed. postuma<br />
a cura <strong>di</strong> A. Marini, Cinisello Balsamo 2004, 36-37.<br />
12. Oltre agli autori cinquecenteschi ricordati sopra, cfr.<br />
A. Talamonti, Cronistoria dei <strong>Frati</strong> Minori della Provincia<br />
Lauretana delle Marche - Monografie dei Conventi, I-VII,<br />
Sassoferrato 1938 e ss; G. Parisciani, I frati minori conventuali<br />
nelle Marche, Ancona 1982, passim; M.G. Dal Fuoco, La provincia<br />
francescana delle Marche, in I Francescani nelle Marche<br />
secoli XIII-XVI, Milano 2000, pp. 24-37.<br />
13. 1 Cel. 131, 141, 146.<br />
14. S. de Adam, Cronica, nuova e<strong>di</strong>zione critica, Bari 1966,<br />
pp. 58 e 147.<br />
15. Cfr. S. Tomani Amiani, Guida <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>, 1853, c. 64v (BFF,<br />
Sala Manoscritti), e<strong>di</strong>zione Battistelli 1981 p. 173; G. Volpe,<br />
Matteo Nuti architetto dei Malatesta, Venezia 1989, pp. 12-13,<br />
20 n. 17.<br />
16. P. M. Amiani, op. cit., I, p. 207.<br />
17. Cfr. Memorie Francescane Fanesi, 1926, p. 4.<br />
18. Cfr. C. Selvelli, Le arche dei Malatesta <strong>di</strong> <strong>Fano</strong> in S. Francesco<br />
in Memorie Francescane Fanesi, op. cit., pp. 10-13.<br />
19. P. M. Amiani, op. cit., I, p. 207.<br />
20. Cfr. M. Sensi, Le osservanze francescane nell’Italia centrale<br />
(secoli XIV-X), Roma 1985; Id., Dal movimento eremitico alla regolare<br />
osservanza: l’opera <strong>di</strong> Paoluccio Trinci, Roma 1963; S. Da<br />
Campagnola, Il movimento francescano al tempo <strong>di</strong> san Giacomo<br />
della Marca in San Giacomo della Marca nell’Europa del ‘400,<br />
atti del Convegno internazionale <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>, Monteprandone 7-10<br />
settembre 1994, a cura <strong>di</strong> S. <strong>Bracci</strong>, Padova 1997, pp. 220-243.<br />
21. «ad eligendum et fabricari faciendum locum Observantiae<br />
pre<strong>di</strong>ctum ea in parte que sibi videbitur magis idonea ac devota»<br />
ASP-SASF, ASC, Consigli, reg. 8, cc. 111v.<br />
22. «rogatus ut Dominatio sua elligeret aliquem locum habilem<br />
et idoneum ad costruendum ed ae<strong>di</strong>ficandum locum<br />
Observantiae Or<strong>di</strong>nis Sancti Francisci, quoniam in hac eius civitate<br />
multae elemosinae causa e<strong>di</strong>fican<strong>di</strong> <strong>di</strong>ctum locum relictae<br />
fuerunt […] videtur sibi forem habilem et idoneum oratorium<br />
Sanctae Mariae de Metauro cum domibus suis, quoniam locus<br />
erat pius, devotus, e<strong>di</strong>ficatus et positus in loco congruo» ASP-<br />
SASF, ASC, Consigli 15 maggio 1455, reg. 10, cc. 26r-27r.<br />
23. Non è san Giacomo della Marca, come qualche volta si è creduto<br />
(p. es. P. M. Amiani, op. cit., I, p. 419 e ss; S. Tosti in <strong>Fano</strong><br />
Francescana 1926, pp. 130 e 169; P. A. Talamonti Cronistoria dei<br />
frati minori, cit., III, pp. 142-43 e 419-20.422; U. Picciafuoco,<br />
San Giacomo della Marca, Monteprandone 1976, p. 156, che<br />
ad<strong>di</strong>rittura fa pre<strong>di</strong>care al santo la quaresima del 1455 a S.<br />
Maria del Ponte Metauro), ma un omonimo pre<strong>di</strong>catore compagno<br />
del santo che lo cita nel manoscritto 4 (c. 1r <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a<br />
posteriore) della Biblioteca comunale <strong>di</strong> Monteprandone: «Die<br />
3 iunii 1441, quem librum recepi a fratre Iacobo de Exculo,<br />
pre<strong>di</strong>catore», cfr. M.G. Bistoni Grilli Cicilioni, L’ intervento del<br />
beato Pietro da Mogliano nella costituzione della biblioteca <strong>di</strong> S.<br />
Giacomo della Marca in Il beato Pietro da Mogliano e l’Osservanza<br />
Francescana, Roma 1993, p. 309 n. 32) ed è il secondo<br />
scriba nella raccolta dei miracoli della Madonna delle Grazie<br />
<strong>di</strong> Monteprandone dettati dal santo dove al miracolo 30 leggiamo:<br />
«Et ipse maritus <strong>di</strong>xit coram me fr(atre) Iacobo et me<br />
fratre Iacobo de Esculo» (S. <strong>Bracci</strong>, I miracoli della Vergine<br />
delle Grazie <strong>di</strong> Monteprandone e san Giacomo della Marca, dal<br />
manoscritto n. 6 della Biblioteca Comunale <strong>di</strong> Ascoli Piceno in<br />
“Picenum Seraphicum” XXI/2002, pp. 74-101, qui pp. 92-93<br />
e 100) Nell’atto del notaio Damiani (<strong>di</strong> cui sotto, nota 24) ne<br />
viene specificata la paternità: “Giacomo <strong>di</strong> Giovanni”. Anche se<br />
qualche volta il santo era denominato “da Ascoli” (per es. Carlo<br />
Crivelli, nel primo ritratto che si conosca del santo, conservato<br />
al Louvre <strong>di</strong> Parigi, lo denomina “Beatus Iacobus de Asculo de<br />
la Marca”, si veda M. R. Valazzi, Il ‘San Giacomo della Marca’<br />
<strong>di</strong> Carlo Crivelli del Louvre e la copia in Vaticano in S. <strong>Bracci</strong><br />
(a cura <strong>di</strong>), Il culto e l’immagine, San Giacomo della Marca<br />
nell’iconografia marchigiana, Milano 1998, pp. 55-56), sappiamo<br />
bene che era figlio <strong>di</strong> Antonio come egli stesso nel co<strong>di</strong>ce 45<br />
c. 140v della Biblioteca comunale <strong>di</strong> Monteprandone <strong>di</strong>chiara<br />
I FRATI MINORI A FANO<br />
41
LA CHIESA DI SANTA MARIA NUOVA A FANO<br />
42<br />
sottoscrivendo la propria opera Campus Florum: «Hoc opus nomine<br />
Campus florum finitum et expletum est per me fratrem<br />
Iacobum Antonii de Monte Prandono», e dalla bolla 11 ottobre<br />
1426 a lui in<strong>di</strong>rizzata da Martino V: «Dilecto filio Iacobo<br />
Antonii de Monte Brandono»: (cfr. Bullarium Franciscanum,<br />
ed. Eubel, Roma 1904, VII, p. 663; D. Lasić, De Vita et operibus<br />
S. Iacobi de Marchia, Falconara 1974, pp. 46-47, 73, 222,<br />
391; G. Pagnani, La patria e la famiglia <strong>di</strong> S. Giacomo della<br />
Marca in “Picenum Seraphicum” XIII-1976, pp. 7-134, qui pp.<br />
81-82; S. Loggi, I co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> S. Giacomo della Marca nel Museo<br />
Civico <strong>di</strong> Monteprandone, Ancona 2000, p. 95).<br />
24. ASP-SASF, ASC, Consigli 9 marzo 1455, reg. 10, cc. 27v-<br />
28rv.<br />
25. ASP-SASF, notaio Gregorio Damiani, vol. A, c. 13 rv.<br />
26. G. Boiani Tombari, La ricostruzione storica dei documenti<br />
d’archivio in Il complesso monumentale <strong>di</strong> S. Michele a <strong>Fano</strong>,<br />
<strong>Fano</strong> 2008, p. 122.<br />
27. «Oratorium seu Cappellam S. Mariae de Metauro Fanensis<br />
Dioecesis, ad quem sicut asseritur, ob multa miracula ibidem<br />
coruscantia, est summa devotio populi», ASP-SASF, ASC,<br />
Decreti, 2, c. 94.<br />
28. ASP-SASF, ASC, Pergamene, XIX.<br />
29. ASP-SASF, ASC, Consigli 15 maggio 1464, reg. 11, cc. 163r<br />
e 185r.<br />
30. «novum locum non tantum a civitate nostra Fanensi <strong>di</strong>stantem<br />
et a publica via magis semotum», ASP-SASF, ASC,<br />
Cancelleria, reg. 3, c. 88v.<br />
31. ASP-SASF, ASC, Consigli 15 maggio 1477, reg. 18, c. 30v, e<br />
23 <strong>di</strong>cembre 1478, ivi, c. 125v.<br />
32. ASP-SASF, Not. Pier Antonio Galassi, vol. Q, c. 248v. Sulla<br />
questione dell’ere<strong>di</strong>tà Marcolini, cfr. P. A. Talamonti, op. cit.,<br />
III, pp. 149-150, e in questo volume il regesto dei documenti <strong>di</strong><br />
Giuseppina Boiani Tombari.<br />
33. Cfr. D. Piermattei, Perugino, Giovanni Santi e Raffaello a<br />
<strong>Fano</strong>, <strong>Fano</strong> 2009, p. 80.<br />
34. La letteratura francescana, a cura <strong>di</strong> C. Leonar<strong>di</strong>, vol. I,<br />
Firenze 2004, rispettivamente pp. 21, 67, 223.<br />
35. ASP-SASF, Not. Pier Domenico Stati, atto 21 aprile 1488,<br />
vol. D, 1487-88, cc.336v.-340r.<br />
36. Ibidem.<br />
37. P. M. Amiani, op. cit., II, pp 79 e ss<br />
38. ASP-SASF, ASC, Consigli, reg. 37, c. 166v.<br />
39. ASP-SASF, Not. Giacomo Roncoli, vol. T, c. 78r, cfr. G.<br />
Boiani Tombari, La ricostruzione storica dai documenti d’archivio,<br />
in G. Volpe (a cura <strong>di</strong>), Il complesso monumentale <strong>di</strong> San<br />
Michele a <strong>Fano</strong>, <strong>Fano</strong> 2008, p. 137.<br />
40. ASP-SASF, ASC, Consigli, reg. 45, c. 46r.<br />
41. Il 10 aprile 1423 don Gioacchino Ser Francisci affitta un<br />
terreno della chiesa e una casa; il 25 <strong>di</strong>cembre dello stesso anno<br />
don Pietro Pietrucci nel chiosto <strong>di</strong> San Salvatore riceve pensione<br />
<strong>di</strong> una vigna concessa in enfiteusi: gli attori erano monaci<br />
<strong>di</strong> Fonteavellana (ASP - SASF, Notaio Giuliano Valli, 1423 -<br />
1425, rispettivamente c. 41r e c. 201v)<br />
42. Ivi, Atto del 25 <strong>di</strong>cembre 1423.<br />
43. ASP-SASF, Notaio Damiano Damiani, atto del 23 ottobre<br />
1489, c. 137r.<br />
44. Devo questa e le notizie precedenti a Giuseppina Boiani<br />
Tombari che sta collazionando documenti relativi alla chiesa<br />
<strong>di</strong> San Salvatore.<br />
45. Ms. Bertozzi, Famiglie Fanesi, vol. M6, pp. 12.21;<br />
P.C.Borgogelli, Ms. Libro d’oro della Nobiltà Fanese, vol IX,<br />
famiglia Gabrielli, <strong>Fano</strong>, Biblioteca Federiciana.<br />
46. ASP-SASF, ASC, Consigli, reg. 45, 1518, c. 115r-v.<br />
47. F. Gonzaga, De origine Seraphicae Religionis, cit., p. 211.<br />
48. G. Boiani Tombari, La ricostruzione, cit., p. 137 alla data.<br />
49. Cfr. M. Belogi, Monte Giove, un eremo camaldolese a <strong>Fano</strong>,<br />
<strong>Fano</strong> 1996, p. 31.<br />
50. ASP-SASF, Notaio Cornelio Zagarelli, vol. G, c. 227v.<br />
51. ASP-SASF, Notaio Michelangelo Boldrini, vol. C, cc. 246v-<br />
247v.<br />
52. M. Belogi, Monte Giove, cit., p. 45.<br />
53. S. Tomani Amiani, Guida <strong>di</strong> <strong>Fano</strong>, manoscritto datato<br />
1853, BFF, sala manoscritti.<br />
54. Cfr. Anonimo, Pitture d’uomini eccellenti nelle chiese <strong>di</strong> <strong>Fano</strong><br />
a cura <strong>di</strong> Franco Battistelli, Quaderni <strong>di</strong> “nuovi Stu<strong>di</strong> Fanesi”,<br />
<strong>Fano</strong> 1995, p. 26-28.<br />
55. Ivi.<br />
56. Cfr. Memorie Francescane Fanesi, cit., p. 115.<br />
57. Cfr. F. Battistelli e G. Boiani Tombari, Notizie su un pittore<br />
fanese allievo <strong>di</strong> Ludovico Carracci: Bartolomeo Giangolini<br />
(1577-1636) in “Nuovi Stu<strong>di</strong> Fanesi” 19/2005, pp. 87-101, qui<br />
p. 95.<br />
58. ACSMNF, Libro de’ conti, passim.<br />
59. «Adì 25 ottobre 1711 morì l’ill. Sig. Cavalier Giovanni<br />
Giacomo Boccacci nostro Prosin<strong>di</strong>co e più che Padre naturale<br />
de Religiosi per le sue rare qualità e gran carità e fu sepolto<br />
in questa nostra Chiesa nella sua sepoltura in fondo per non<br />
esservi altre casse in quella parte appresso la muraglia sotto li<br />
pie<strong>di</strong> della B(eata) V(ergine) M(aria) sua Avvocata e Patrona»<br />
ADF, parrocchia S. Salvatore in S. Maria Nuova, Registro dei<br />
morti 0.5.1., c. 31r;<br />
«Adì 2 marzo 1755 a ore 6 della sera del sabato morì la nobile<br />
Sig.ra Diana Azzi Boccaccio Madre più che naturale <strong>di</strong> tutti<br />
i Religiosi per le sue rare qualità e gran carità, e fu sepolta<br />
in questa nostra chiesa nella sua sepoltura in cornu evangelii<br />
dell’Altare Maggiore» (c. 19r);<br />
«Adì 25 luglio 1768 morì il fu Nob. Sig.re Papirio Alavolini<br />
e fu sepolto in mezzo alla Chiesa in un sepolcro nuovo fatto<br />
aposta secondo che fu or<strong>di</strong>nato dal medesimo a bocca prima <strong>di</strong><br />
morire; e fu compianto da tutta la Città me<strong>di</strong>ante le sue buone<br />
qualità ed ottimo procedere e specialmente da Religiosi per<br />
essere molto affezionato a questi; e fu accompagnato a questa<br />
chiesa dal Rev.mo Capitulo e dal suo respetivo Clero ove fece<br />
la funzione il Nob. Sig.re Canonico Lutrecchi essendoli stato<br />
accordato da Religiosi per favore come fecero e l’iscrizione fu<br />
fatta nella lapide dal Signor Priore Santoni» (c. 52).<br />
60. G. Boiani Tombari, Regesti, sempre in questo volume.<br />
61. Per es.: “In Cattedrale - Novena e festa del Sacro Cuore.<br />
Nel giorno della festa fu cantata la Messa solenne. La Musica<br />
fu eseguita con valentia dalla ‘Schola cantorum’ dei Terziari<br />
Francescani <strong>di</strong> S. Maria Nuova” (Bollettino della Diocesi <strong>di</strong><br />
<strong>Fano</strong>, 5-6/XX, giugno-luglio 1936, p. 39).<br />
62. A tale proposito si legge nel registro dei battesimi <strong>di</strong> San<br />
Salvatore: «In Dei Nomine. Amen. 24 Septembris 18quartidecimi.<br />
Si descriptiones Baptismatorum huius Parecie in hoc<br />
libro desint a <strong>di</strong>e 10 Septembris 18decimi usque ad ho<strong>di</strong>ernum<br />
<strong>di</strong>em, reperientur in Libris Baptizatorum Pareciarum sive S.<br />
Antonimi Abbatis, sive Ecclesiae Cathedralis huius Civitatis.
In fide etc. Ita est. Fr. Emyg<strong>di</strong>us Pandolfi a <strong>Fano</strong> O. Min. Vice<br />
Economus Curatus S. Salvatoris Manu propria». ADF, parrocchia<br />
S. Salvatore in S. Maria Nova, Reg. Baptizatorum, vol.<br />
0.1.2, c. 40r.<br />
63. ACSMNF, Libro de’ conti dal 1815 sino al 1825 a tutto maggio,<br />
passim. Alcune pagine testimoniano l’attenzione che i frati,<br />
secondo il comando <strong>di</strong> san Francesco (Regola c. 4), avevano verso<br />
i confratelli infermi a favore dei quali ricorre l’annotazione<br />
<strong>di</strong> spesa per limoni, mele, fedelini (pasta fina), latte, zucchero<br />
e, una volta, china.<br />
64. ASP-ASDF, ACV, Conventi, Ripristinazione dei Monasteri,<br />
b. 16.<br />
65. Non mancò il necessario permesso papale per l’acquisto<br />
dell’immobile riportato da P. A. Talamonti, Cronistoria, cit.,<br />
III, pp. 431-32. Alcuni particolari delle vicende succedutesi dal<br />
secolo XVIII fino agli inizi del secolo XX si possono leggere ivi,<br />
pp. 165 -180.<br />
66. ASP-SASF, 1868, busta 506, titolo IX.<br />
67. ACSMNF, Libro de’ conti dal 1815 sino al 1825 a tutto maggio,<br />
pp. 103-223.<br />
68. Cfr. A. Mabellini, La macchina per volare del P. Niccolò<br />
Betti in Memorie francescane fanesi 1926, p. 149; F. Diotallevi,<br />
Nella Terra dei Fioretti, memorie biografiche francescane…,<br />
Sassoferrato 1936, p. 151.<br />
69. F. Diotallevi, Nella Terra dei Fioretti, cit., pp. 256, 259 -<br />
260.<br />
I FRATI MINORI A FANO<br />
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