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LE CAVE DI TUFO DI MATERA

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<strong>LE</strong> <strong>CAVE</strong> <strong>DI</strong> <strong>TUFO</strong> <strong>DI</strong> <strong>MATERA</strong><br />

NEL<strong>LE</strong> IMMAGINI <strong>DI</strong> MICHE<strong>LE</strong> MORELLI


Michele Morelli volge la sua attenzione alle cave di tufo di Matera,<br />

all’attività che in esse ancora si pratica o, se abbandonate, alla loro<br />

fossilizzazione Egli indaga la ricchezza dei segni impressi dagli ultimi<br />

scavi che hanno scolpito, sulle pareti, enigmatiche figure geometriche e<br />

decorato spogli ricoveri di cavamonti con rilievi di fattura popolare ed<br />

espressioni di una semplice, umile pìetas religiosa.<br />

L’obiettivo del fotografo materano, interprete originale della realtà<br />

rupestre, ritrae l’atmosfera criptica degli ipogei, illuminati da una luce<br />

radente che lambisce superfici scabrose, rese ancor più incise dall’efficace<br />

contrasto di un bianconero rigoroso.<br />

Il sottinsù di alcuni scatti fotografici esalta, deformandola scientemente,<br />

l’altezza vertiginosa di pareti tufacee su cui si scorgono gli<br />

interventi dell’uomo che ha ridisegnato, modificandola profondamente,<br />

una natura aspra e selvaggia. Su una di queste pareti, che presenta segni<br />

di escavazione e di opere murarie, lo skyline è qualificato dalle nuove<br />

costruzioni della città. È un’immagine emblematica perché riprende,<br />

sovrapponendoli, due ambienti, ed il più recente trova sull’antico e<br />

nell’antico il proprio fondamento, non solo materiale.<br />

Morelli, però, pur compreso di un nostalgico sentimento per la passata<br />

vicenda umana che rivive nelle cave, non tralascia affatto di fotografarne<br />

l’attuale struttura produttiva. Le vedute dall’alto risultano esteticamente<br />

suggestive per una scelta efficace di luci ed ombre che disegnano,<br />

sul terreno, triangoli e trapezi e trasmettono, con i bianchi candidi dei<br />

tufi, tutta la sensazione della caldissima, abbagliante estate del Sud.<br />

L’uomo, fotografato in scenari maestosi, offre all’autore il criterio<br />

per dimensionare gli spazi e ribadirne l’intima essenza geometrica. Ed<br />

è ancora l’uomo, ormai assente in<br />

molte cave abbandonate, che Morelli<br />

cerca e trova, come spirito dei luoghi,<br />

sulle pareti scarnificate da strani solchi<br />

o nel rilievo di un sole antropomorfo,<br />

straordinarie testimonianze di<br />

una “ars” antichissima: la litotomia.<br />

Francesco Pentasuglia


Nelle cave la memoria del pianeta<br />

Lasciarsi guidare dalle sensazioni olfattive. Mettere in moto le narici<br />

e seguire la scia profumata che avvolge il prospiciente altipiano di Matera<br />

diventa presto un percorso in grado di spingere chiunque ben oltre il proprio<br />

naso. Che spettacolo in primavera le verdi distese picchiettate da fiorellini<br />

rosa di timo. La piccola pianta aromatica abbonda sulla Murgia, un’isola<br />

di roccia sedimentaria a cavallo tra Puglia e Basilicata. Geologicamente si<br />

tratta di calcarenite, ricchissima di fossili. L’etimologia del termine Murgia<br />

è già rivelatrice, murices vuol dire conchiglie. E una volta, dalle sue pieghe<br />

più intime, è saltato fuori addirittura il gigantesco scheletro di una balena.<br />

Primordiale cetaceo lungo più di venti metri. È rimasto sepolto oltre<br />

un milione di anni. Qui c’era il mare. Adesso, sotto il peso del tempo,<br />

quella massa di acqua si è pietrificata. Si è trasformata in natura carsica,<br />

severa, decisamente matrigna. Ma, a modo suo, è materia ancora viva. La<br />

superficie, ricoperta da uno strato vellutato di muschi e licheni, protegge<br />

una bava calda e friabile, quella sparsa nella notte dei tempi da Poseidone,<br />

il primo padre del tufo. Le abitazioni del centro storico sono costruite<br />

con questa pietra docile. Una materia che respira e tramanda a futura<br />

memoria l’epopea di infinite distese di alghe, immensi banchi corallini<br />

lentamente emersi e, poi, tagliati in blocchi ben squadrati, faticosamente<br />

sottratti al sottosuolo per dare forma ad ardite costruzioni capaci di<br />

sfidare nei secoli la forza di gravità. Il tutto senza neppure l’ombra di uno<br />

schizzo di cemento. Sono anche questo gli antichi rioni Sassi di Matera.<br />

Oltre gli archi e le eleganti volute, al di là del paesaggio urbanizzato, lungo i<br />

tranquilli rilievi grigio-verdi della Murgia, di colpo fanno la loro apparizione<br />

enormi pareti tagliate perpendicolarmente. Affondano nel terreno in un<br />

impressionante moto di discontinuità geometrica e cromatica. Il loro colore<br />

chiaro spezza la monotonia carsica, prevale il candore della tufara ora<br />

silenziosa, ma non muta, perchè parlano i segni consegnati da generazioni<br />

di uomini dal viso imbiancato non meno dei loro fratelli impegnati nei<br />

vicini mulini. Due simboli certi sui quali si è costruita Matera: la pietra<br />

che, lavorata, ha dato rifugio ai suoi figli, e il grano, che trasformato in<br />

farina, è diventato pane per nutrirli e sostenerli nel lavoro di tutti i giorni.<br />

Al primo impatto visivo, superato il contrasto abbagliante con il paesaggio<br />

circostante, dentro le cave si avverte la vertigine di uno spazio improvviso,<br />

più grande delle piazze e più alto delle abitazioni edificate nella vicina città.


Sale un’emozione che diventa indescrivibile quando si cerca di leggere su<br />

quella matrice antica la sequenza dei gesti misurati impressi da anonimi<br />

cavamonti. Si scivola verso lo spaesamento allucinato se poi si prova a<br />

cogliere i respiri profondi ritmati dai colpi di piccone e imprigionati per<br />

sempre nei solchi del tufo. No, non è impossibile cogliere il mormorio<br />

lontano, il lamento dello sforzo amplificato in quel megafono di pietra<br />

e immediatamente calcificato nella polvere di una storia che potrebbe<br />

essere stata scritta da giganti. Pare quasi udirli: un respiro, un colpo.<br />

Protagonista un esercito di polmoni e braccia attanagliati dalla fatica. E<br />

già si distingue un “dai” e “vai” che a tratti riecheggia ovunque come<br />

un ansimante concerto lubrificato dalle stille di sudore impastate in un<br />

latteo mare di tufo macinato. Attraversare l’instabile silenzio di una cava,<br />

adattarsi gradualmente al lucore delle sue intimità esposte all’ossidazione<br />

naturale è come essere risucchiati in un’altra dimensione, dove diventa<br />

possibile mettersi all’ascolto degli intimi ingranaggi che regolano l’universo.<br />

Esperienza unica: si sottrae ad uno stato di subalternità chi si commuove<br />

al cospetto di simili monumenti/documenti dell’infanzia del nostro globo<br />

terracqueo. In antitesi al colpevole oblio, anticamera di ogni futura<br />

perdita di significato, tutte le parole e le immagini dedicate alle tufare<br />

risulteranno ben spese solo se contribuiranno a sottrarre all’oltraggio<br />

estremo dell’indifferenza questi luoghi della memoria planetaria in cui si<br />

trova scolpito il respiro del tempo.<br />

Pasquale Doria


In un angolo del Parco della Murgia Materana, nella cintura esterna<br />

della città di Matera, sorgono le antiche cave settecentesche.<br />

Nudi monoliti, piccoli spazi coltivati, modeste cavità grottali, vecchi<br />

tracciati pedonali, il tutto chiuso tra piombanti pareti rocciose con i<br />

segni evidenti dell’opera dell’uomo che emergono attraverso le date<br />

incise sulle pareti per testimoniare, nel tempo, il lavoro di una comunità,<br />

come quella dei cavamonti, che in quel tufo ha inconsciamente modellato<br />

un mondo fantastico.<br />

Questi alti e architettonici monoliti, che si ergono solitari tra fossi<br />

e pianori, offrono la sensazione di un immenso tempio invisibile teso a<br />

sfidare il tempo con la sua affascinante presenza. Sono dei veri e propri<br />

“giganti” di pietra.<br />

Uno spettacolo sopravvissuto nel tempo con i suoi valori naturali<br />

ed umani per vivificare la identità storica di questa città. Matera senza<br />

saperlo o volerlo, con le cave settecentesche ha avuto il suo “Parco<br />

della Rimembranza”.<br />

Di fronte a questi “colossi”, nel silenzio delle cavee che li accolgono,<br />

Michele Morelli ha instaurato un muto colloquio per comprendere la<br />

vera essenza di questo “relitto” che si trova in balia di orribili alterazioni<br />

o dissennate distruzioni. Forse Michele Morelli, camminando silente nel<br />

“deserto calcareo” di queste cave ha percepito il senso misterioso di<br />

questa straordinaria natura creata dall’uomo. Monoliti dritti e colonne<br />

monche, hanno tutti quella strana figura che Morelli ha saputo catturare<br />

con il suo obiettivo. Strane figure che rapiscono nel silenzio che regna<br />

in questo mondo di pietra. Tutto è muto e da tempo queste cave hanno<br />

varcato la soglia del mondo umano che le ha create.<br />

Seduto di fronte a questo straordinario spettacolo, Michele Morelli<br />

ha instaurato quel colloquio, senza parole, che ha fatto emergere la<br />

spiritualità di questo mondo di pietra.<br />

Poi, con l’addensarsi dell’ombra della sera, Morelli tace, ripone<br />

la sua macchina fotografica ed attende il sorgere della luna. Grazie<br />

Michele, con le tue immagini avremo tutti uno strumento in più per<br />

proteggere ed amare un patrimonio nel quale riposa l’identità storica<br />

del materano.<br />

Roberto Cifarelli<br />

Presidente pro tempore Parco della Murgia Materana


www.myspace.com/morellifoto<br />

micmorelli@tin.it<br />

Michele Morelli, nasce a Matera nel 1956. Si<br />

occupa prevalentemente di fotografia del territorio<br />

e paesaggio urbano. Ha esposto in varie città<br />

italiane e all’estero. Sue fotografie sono inserite in<br />

periodici e riviste specializzate, nonché in volumi<br />

monografici e siti internet. È tra i soci fondatori<br />

dell’Associazione Culturale “Mat e r aFo t o g r a F i a” che<br />

promuove lo sviluppo della fotografia in Basilicata.<br />

“...Nelle fotografie di Morelli si avverte e si comprende un metodo di lavoro<br />

che definisce un percorso progettuale che riconduce con estrema chiarezza alla<br />

sua personale esperienza quotidiana. Di Michele mi piace soprattutto questo<br />

aspetto etico, profondamente morale e consapevole che unisce in un classico<br />

binomio, la teoria alla prassi, la conoscenza delle cose al piacere dell’occhio non<br />

disgiunti dalla propria persona, ciò che si è veramente, senza orpelli intellettuali,<br />

da ciò che serve per apparire in superficie... Le sue fotografie sono il desiderio<br />

di ritrovare quell’auspicata ecologia dello sguardo...” Mario Cresci<br />

Alcune mostre personali o collettive e progetti fotografici a cui ha<br />

partecipato: La Materia in...reale, a cura di Mario cresci, fotografie di materiali<br />

poveri e cromie presenti nel quotidiano. L’acqua e il suo incanto, foto-pitture<br />

sperimentali sulla magia dell’acqua. Lacerazioni, fotografie di manifesti murali<br />

nel contesto del paesaggio urbano. In...fiore, reportage e mostra sul mercato<br />

floricolo di Terlizzi e i suoi protagonisti. Il segno riscoperto, tracce, segni e<br />

simboli del paesaggio urbano. Processioni tra sacro e profano, per Artesud<br />

rassegna internazionale di fotografia, immagini sulla Festa della Bruna di Matera.<br />

Transumanza, mostra itinerante sulla transumanza in Basilicata in sinergia con<br />

i fotografi Michele Di Lecce e Pietro L’annunziata. Oltre, il paesaggio urbano<br />

visto attraverso i riflessi delle sue vetrine. Madonna di Viggiano, aspetti sulla<br />

festa della Madonna del Sacro Monte. Scrivilo sui muri, emozioni e passioni<br />

raccontate dai giovani attraverso le scritte sui muri. Cara Ferrandina,<br />

in collaborazione con il Ministero per i Beni Culturali in occasione delle<br />

Giornate Europee del Patrimonio. La Festa della Bruna, volume fotografico<br />

sulla tradizionale festa dei materani. Il Castello di Melfi, monografia per la<br />

rivista del Consiglio Regionale di Basilicata. Progetto Pentangolo, musiche<br />

composte da Paolo Fresu Quintet su fotografie del territorio lucano - Onyx<br />

Jazz Club. Visioni/illusioni quotidiane, per Artesud rassegna internazionale<br />

di fotografia, immagini sulla illusione della pubblicità e le sue contraddizioni.


PARCO della MURGIA<br />

SUPPORTO ARTISTICO E TECNICO:<br />

ASSOCIAZIONE CULTURA<strong>LE</strong><br />

FO<br />

<strong>MATERA</strong><br />

TO<br />

Centrostampa / Matera

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