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In balìa del mare, la “ Torre<br />
del Oro” girava su se stessa<br />
senza governo e intanto andava<br />
alla deriva abbattendosi<br />
su un fianco e poi sull’altro,<br />
sempre più al largo, sempre<br />
più in mezzo al Mediterraneo,<br />
spinta da un vento di<br />
nord ovest che a un certo<br />
punto girò decisamente a<br />
nord e divenne ancora più<br />
forte e violento.<br />
Antonio Palmer Carbonell,<br />
chiuso in plancia accanto al timoniere,<br />
ordinò al marconista<br />
di lanciare l’Sos, ma anche<br />
la radio non funzionava.<br />
Non è chiaro se si ruppe in<br />
quel momento o se era già in<br />
avaria. Nessuno sapeva perciò<br />
in quale drammatica situazione<br />
si trovasse la nave,<br />
squassata dalle possenti ondate<br />
di tramontana che la incalzavano<br />
senza tregua.<br />
Passò il giorno 24 e all’alba<br />
del 25 la “Torre del Oro” era<br />
ancora a galla. Parte delle sue<br />
strutture apparivano deformate<br />
dai tremendi colpi di<br />
mare, i trenta uomini di equipaggio<br />
erano terrorizzati, ma<br />
stavano bene. Nonostante<br />
l’impossibilità di manovrare,<br />
qualcuno cominciava a sperare<br />
che la nave sarebbe riuscita<br />
a superare la tempesta.<br />
Bisognava stringere i denti e<br />
resistere. Improvvisamente,<br />
però, uno stridìo sinistro si<br />
udì provenire dalla stiva e poi<br />
ci fu una serie di schianti e di<br />
rumori assordanti: le cime<br />
che assicuravano il carico si<br />
erano rotte, una parte dei<br />
lingotti di piombo si era spostata<br />
e i barili rotolavano da<br />
un lato all’altro dello scafo. La<br />
“Torre del Oro” si inclinò su<br />
un bordo, minacciando di rovesciarsi,<br />
ma non si arrese.<br />
Arrivò anche la notte del 25<br />
ottobre. Il vento era sempre<br />
più impetuoso, la schiuma<br />
strappata via dai cavalloni saturava<br />
l’aria, il fragore delle<br />
creste che franavano era ossessionante,<br />
così come lo era<br />
il sibilo continuo e lamentoso<br />
della tramontana. Fu allora,<br />
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probabilmente, che il comandante,<br />
guardando le carte<br />
e calcolando l’abbrivio e la<br />
rotta stimata, si accorse che il<br />
mercantile veniva spinto inesorabilmente<br />
dai marosi contro<br />
la costa settentrionale di<br />
Minorca, laggiù sottovento<br />
da qualche parte, invisibile<br />
nella densa foschia. Ne parlò<br />
con il primo ufficiale. Che fa-<br />
re? E cosa si poteva mai fare<br />
con quel mare? Mettersi su<br />
una scialuppa di salvataggio<br />
nemmeno a parlarne, era più<br />
sicuro rimanere sulla nave. E<br />
poi, chissà, con un po’ di fortuna<br />
la “Torre del Oro”, spinta<br />
dalla burrasca, avrebbe<br />
potuto scapolare l’isola e<br />
passare a est della Mola di<br />
Mahon o a ovest di Capo<br />
Bajoli, le due punte estreme.<br />
E allora sottovento ci sarebbe<br />
stato solo mare e nient’altro<br />
sino alle coste africane. A<br />
un certo momento il peggio<br />
sarebbe passato e con calma<br />
si sarebbe potuto pensare al<br />
da farsi.<br />
Ma poco prima dell’alba del<br />
26 ottobre la vedetta in plancia<br />
vide nell’oscurità le luci<br />
dei fari di Capo Cavalleria e<br />
di Capo Nati che spazzavano<br />
l’orizzonte. Inesorabile, il<br />
vento stava spingendo la nave<br />
proprio contro la zona più<br />
impervia e selvaggia della costa<br />
settentrionale di Minorca.<br />
Antonio Palmer Carbonell<br />
la conosceva, si rese conto<br />
che il disastro era vicino e<br />
spinto dalla disperazione<br />
tentò l’unica cosa che poteva<br />
fare per chiedere soccorso:<br />
si attaccò alla sirena, che lacerò<br />
l’aria e si mischiò all’urlo<br />
del vento. Se qualcuno l’avesse<br />
udita forse sarebbe riuscito<br />
a dare l’allarme e, chissà,<br />
magari un miracolo si sarebbe<br />
compiuto.<br />
Verso le sei e mezza il cielo<br />
cominciava a schiarirsi da est<br />
e la visione che si presentò<br />
all’equipaggio atterrito fu tremenda:<br />
le montagne d’acqua<br />
spumeggianti che incalzavano<br />
da poppa stavano spingendo<br />
la nave dentro l’ansa<br />
di una baia rocciosa circondata<br />
da una parete alta e ripida<br />
come una muraglia. Una<br />
trappola infernale. Le onde vi<br />
si schiantavano contro con<br />
tanta forza che la schiuma arrivava<br />
fin quasi sul ciglio del<br />
burrone e ricadeva scrosciando<br />
come una cascata.<br />
L’aria era intrisa di sale e il<br />
Parte dello scafo della Torre<br />
del Oro venne recuperato. Il<br />
resto venne sepolto, nel<br />
corso degli anni, dalle frane<br />
cha caddero dalla scogliera.<br />
mare un’unica e tormentata<br />
superficie bianca. Mentre i<br />
marinai in preda al panico<br />
correvano disordinatamente<br />
sul ponte in cerca di una impossibile<br />
via di salvezza, sull’aletta<br />
di plancia il comandante<br />
non si staccava dalla sirena,<br />
guardando inorridito le<br />
rocce che si avvicinavano. Poi<br />
ci fu l’impatto. La prua della<br />
“Torre del Oro” si avventò<br />
contro la parete strisciando<br />
sugli scogli affioranti. L’urto fu<br />
tremendo, lo scafo si torse e<br />
si ruppe in due tronconi, la<br />
poppa si riempì subito d’acqua<br />
e affondò, seguita poco<br />
dopo anche dalla metà prodiera,<br />
che scivolò all’indietro<br />
e sparì sotto le onde.<br />
Nello schianto, tutti gli uomini<br />
caddero in mare e vennero<br />
risucchiati dai flutti e dalle<br />
correnti di risacca. Anche il<br />
fuochista Severiano Vàzquez<br />
Miròn fu preso da un frangente,<br />
che prima lo trascinò<br />
sott’acqua e poi lo scagliò<br />
con forza in alto, contro la<br />
scogliera. Severiano era talmente<br />
terrorizzato che non<br />
sentì quasi il duro contatto<br />
con le rocce e, quando l’acqua<br />
si ritirò, si aggrappò con<br />
le unghie a qualsiasi appiglio<br />
per non farsi trascinare via.<br />
Sospeso nel vuoto, graffiato<br />
e sanguinante, si rese conto<br />
che doveva far presto per<br />
mettersi in salvo e prima che<br />
arrivasse l’ondata successiva<br />
riuscì ad arrampicarsi fino a<br />
un balconcino di pietra dove<br />
la forza delle onde non arrivava.<br />
Era ferito alla testa, alle<br />
braccia e alle gambe, ma era<br />
vivo.<br />
Si guardò attorno, cercando i<br />
compagni. Il mare era cosparso<br />
di relitti: barili, pezzi<br />
di legno, cordame, materassi.<br />
C’era di tutto. Alcuni corpi<br />
irriconoscibili e inanimati si<br />
intravedevano affiorare qua<br />
e là, poi si accorse che a pochi<br />
metri di distanza da lui,<br />
nella spuma che ribolliva, c’era<br />
qualcuno che tentava di<br />
mantenersi a galla. Lo riconobbe,<br />
era il suo compaesano<br />
Manuel Rodriguez Dominguez,<br />
marinaio di coperta.<br />
Gli urlò di resistere, vide<br />
una cima agganciata a un sasso<br />
e gliela tirò. Anche Rodriguez<br />
era giovane e agile, l’afferrò<br />
e non la mollò più, nonostante<br />
fosse ricoperto di<br />
tagli ed escoriazioni. Quando<br />
fu anche lui al sicuro, una<br />
terza persona comparve nell’acqua.<br />
Era un uomo più anziano,<br />
che annaspava. I due<br />
ragazzi tentarono di aiutarlo,<br />
ma non ci riuscirono. Lo videro<br />
scomparire in un gorgo.<br />
Poi gli unici rumori furono<br />
il frastuono della tempesta,<br />
il sibilo del vento e le grida<br />
irritate dei gabbiani che<br />
avevano il nido sulla parete.<br />
Il carbonaio Ernesto Borràs<br />
e suo figlio Miguel erano dall’altra<br />
parte della baia e avevano<br />
assistito impotenti alla<br />
tragedia. Avevano visto la nave<br />
fracassarsi sulle rocce, il<br />
capitano agitarsi in plancia, gli<br />
uomini cadere in mare e<br />
affogare trascinati sul fondo<br />
dalla furia degli elementi o<br />
morire dopo essere stati ripetutamente<br />
scagliati contro<br />
la scogliera. Benché sopraffatti<br />
dall’orrore, avevano anche<br />
visto i due superstiti arrampicarsi<br />
sulla parete e si<br />
misero a correre per aiutarli.<br />
La strada, però, era lunga.<br />
Bisognava scendere giù sino<br />
al mare, attraversare Cala<br />
Morell, risalire dalla parte opposta<br />
e seguire un sentiero<br />
appena percettibile tra i rovi<br />
e le piante selvatiche che<br />
conduceva in cima allo strapiombo,<br />
verso la Punta de<br />
s’Escullar. Quando arrivarono<br />
sul posto, non trovarono<br />
nessuno.<br />
Severiano e Manuel si erano<br />
resi conto di essere gli unici<br />
superstiti della “ Torre del<br />
Oro” e che il posto del naufragio<br />
era disabitato. Non sapevano<br />
che tutta la catastrofe<br />
era stata seguita da due testimoni<br />
e così avevano deciso<br />
di muoversi. Severiano lasciò<br />
Manuel, che non riusciva<br />
a reggersi in piedi, al sicuro,<br />
raggiunse la vetta della scogliera<br />
e si inoltrò nella bassa<br />
vegetazione della macchia<br />
mediterranea finché scorse<br />
una fattoria. Era la Curniola,<br />
il cui guardiano gli prestò i<br />
primi soccorsi e poi, venuto<br />
a conoscenza della catastrofe,<br />
corse verso il mare per<br />
aiutare l’altro superstite. Ma<br />
Manuel, atterrito e con i nervi<br />
a pezzi, non ce l’aveva fatta<br />
a rimanere solo in quel posto<br />
maledetto, era riuscito a<br />
sua volta a raggiungere la<br />
sommità della scogliera arrampicandosi<br />
con le sole mani<br />
e alla fine era stato trovato<br />
dal carbonaio e da suo figlio<br />
mentre in preda al delirio<br />
strisciava piangendo fra i cespugli.<br />
Della tragedia della “Torre<br />
del Oro” si parlò a lungo,<br />
perché per giorni e giorni il<br />
mare continuò a restituire i<br />
cadaveri irriconoscibili dei<br />
marinai, che dall’alto si vedevano<br />
galleggiare nella baia<br />
senza poter far niente per<br />
recuperarli a causa delle pessime<br />
condizioni meteorologiche.<br />
Dopo qualche mese<br />
una parte dello scafo e del<br />
carico di piombo venne recuperata<br />
e negli anni seguenti,<br />
come se la natura volesse<br />
nascondere tutto il male che<br />
aveva fatto, le frane che cadevano<br />
dalla montagna ricopersero<br />
gli ultimi resti della<br />
nave. E una delle più terribili<br />
disgrazie marinare di Minorca<br />
finì nell’oblìo, presente solo<br />
nei ricordi di qualche vecchio<br />
che non riusciva a dimenticare.<br />
Guido Pfeiffer<br />
& Flory Calò<br />
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