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SUB241@68-81 TORRE DEL ORO

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In balìa del mare, la “ Torre<br />

del Oro” girava su se stessa<br />

senza governo e intanto andava<br />

alla deriva abbattendosi<br />

su un fianco e poi sull’altro,<br />

sempre più al largo, sempre<br />

più in mezzo al Mediterraneo,<br />

spinta da un vento di<br />

nord ovest che a un certo<br />

punto girò decisamente a<br />

nord e divenne ancora più<br />

forte e violento.<br />

Antonio Palmer Carbonell,<br />

chiuso in plancia accanto al timoniere,<br />

ordinò al marconista<br />

di lanciare l’Sos, ma anche<br />

la radio non funzionava.<br />

Non è chiaro se si ruppe in<br />

quel momento o se era già in<br />

avaria. Nessuno sapeva perciò<br />

in quale drammatica situazione<br />

si trovasse la nave,<br />

squassata dalle possenti ondate<br />

di tramontana che la incalzavano<br />

senza tregua.<br />

Passò il giorno 24 e all’alba<br />

del 25 la “Torre del Oro” era<br />

ancora a galla. Parte delle sue<br />

strutture apparivano deformate<br />

dai tremendi colpi di<br />

mare, i trenta uomini di equipaggio<br />

erano terrorizzati, ma<br />

stavano bene. Nonostante<br />

l’impossibilità di manovrare,<br />

qualcuno cominciava a sperare<br />

che la nave sarebbe riuscita<br />

a superare la tempesta.<br />

Bisognava stringere i denti e<br />

resistere. Improvvisamente,<br />

però, uno stridìo sinistro si<br />

udì provenire dalla stiva e poi<br />

ci fu una serie di schianti e di<br />

rumori assordanti: le cime<br />

che assicuravano il carico si<br />

erano rotte, una parte dei<br />

lingotti di piombo si era spostata<br />

e i barili rotolavano da<br />

un lato all’altro dello scafo. La<br />

“Torre del Oro” si inclinò su<br />

un bordo, minacciando di rovesciarsi,<br />

ma non si arrese.<br />

Arrivò anche la notte del 25<br />

ottobre. Il vento era sempre<br />

più impetuoso, la schiuma<br />

strappata via dai cavalloni saturava<br />

l’aria, il fragore delle<br />

creste che franavano era ossessionante,<br />

così come lo era<br />

il sibilo continuo e lamentoso<br />

della tramontana. Fu allora,<br />

80<br />

probabilmente, che il comandante,<br />

guardando le carte<br />

e calcolando l’abbrivio e la<br />

rotta stimata, si accorse che il<br />

mercantile veniva spinto inesorabilmente<br />

dai marosi contro<br />

la costa settentrionale di<br />

Minorca, laggiù sottovento<br />

da qualche parte, invisibile<br />

nella densa foschia. Ne parlò<br />

con il primo ufficiale. Che fa-<br />

re? E cosa si poteva mai fare<br />

con quel mare? Mettersi su<br />

una scialuppa di salvataggio<br />

nemmeno a parlarne, era più<br />

sicuro rimanere sulla nave. E<br />

poi, chissà, con un po’ di fortuna<br />

la “Torre del Oro”, spinta<br />

dalla burrasca, avrebbe<br />

potuto scapolare l’isola e<br />

passare a est della Mola di<br />

Mahon o a ovest di Capo<br />

Bajoli, le due punte estreme.<br />

E allora sottovento ci sarebbe<br />

stato solo mare e nient’altro<br />

sino alle coste africane. A<br />

un certo momento il peggio<br />

sarebbe passato e con calma<br />

si sarebbe potuto pensare al<br />

da farsi.<br />

Ma poco prima dell’alba del<br />

26 ottobre la vedetta in plancia<br />

vide nell’oscurità le luci<br />

dei fari di Capo Cavalleria e<br />

di Capo Nati che spazzavano<br />

l’orizzonte. Inesorabile, il<br />

vento stava spingendo la nave<br />

proprio contro la zona più<br />

impervia e selvaggia della costa<br />

settentrionale di Minorca.<br />

Antonio Palmer Carbonell<br />

la conosceva, si rese conto<br />

che il disastro era vicino e<br />

spinto dalla disperazione<br />

tentò l’unica cosa che poteva<br />

fare per chiedere soccorso:<br />

si attaccò alla sirena, che lacerò<br />

l’aria e si mischiò all’urlo<br />

del vento. Se qualcuno l’avesse<br />

udita forse sarebbe riuscito<br />

a dare l’allarme e, chissà,<br />

magari un miracolo si sarebbe<br />

compiuto.<br />

Verso le sei e mezza il cielo<br />

cominciava a schiarirsi da est<br />

e la visione che si presentò<br />

all’equipaggio atterrito fu tremenda:<br />

le montagne d’acqua<br />

spumeggianti che incalzavano<br />

da poppa stavano spingendo<br />

la nave dentro l’ansa<br />

di una baia rocciosa circondata<br />

da una parete alta e ripida<br />

come una muraglia. Una<br />

trappola infernale. Le onde vi<br />

si schiantavano contro con<br />

tanta forza che la schiuma arrivava<br />

fin quasi sul ciglio del<br />

burrone e ricadeva scrosciando<br />

come una cascata.<br />

L’aria era intrisa di sale e il<br />

Parte dello scafo della Torre<br />

del Oro venne recuperato. Il<br />

resto venne sepolto, nel<br />

corso degli anni, dalle frane<br />

cha caddero dalla scogliera.<br />

mare un’unica e tormentata<br />

superficie bianca. Mentre i<br />

marinai in preda al panico<br />

correvano disordinatamente<br />

sul ponte in cerca di una impossibile<br />

via di salvezza, sull’aletta<br />

di plancia il comandante<br />

non si staccava dalla sirena,<br />

guardando inorridito le<br />

rocce che si avvicinavano. Poi<br />

ci fu l’impatto. La prua della<br />

“Torre del Oro” si avventò<br />

contro la parete strisciando<br />

sugli scogli affioranti. L’urto fu<br />

tremendo, lo scafo si torse e<br />

si ruppe in due tronconi, la<br />

poppa si riempì subito d’acqua<br />

e affondò, seguita poco<br />

dopo anche dalla metà prodiera,<br />

che scivolò all’indietro<br />

e sparì sotto le onde.<br />

Nello schianto, tutti gli uomini<br />

caddero in mare e vennero<br />

risucchiati dai flutti e dalle<br />

correnti di risacca. Anche il<br />

fuochista Severiano Vàzquez<br />

Miròn fu preso da un frangente,<br />

che prima lo trascinò<br />

sott’acqua e poi lo scagliò<br />

con forza in alto, contro la<br />

scogliera. Severiano era talmente<br />

terrorizzato che non<br />

sentì quasi il duro contatto<br />

con le rocce e, quando l’acqua<br />

si ritirò, si aggrappò con<br />

le unghie a qualsiasi appiglio<br />

per non farsi trascinare via.<br />

Sospeso nel vuoto, graffiato<br />

e sanguinante, si rese conto<br />

che doveva far presto per<br />

mettersi in salvo e prima che<br />

arrivasse l’ondata successiva<br />

riuscì ad arrampicarsi fino a<br />

un balconcino di pietra dove<br />

la forza delle onde non arrivava.<br />

Era ferito alla testa, alle<br />

braccia e alle gambe, ma era<br />

vivo.<br />

Si guardò attorno, cercando i<br />

compagni. Il mare era cosparso<br />

di relitti: barili, pezzi<br />

di legno, cordame, materassi.<br />

C’era di tutto. Alcuni corpi<br />

irriconoscibili e inanimati si<br />

intravedevano affiorare qua<br />

e là, poi si accorse che a pochi<br />

metri di distanza da lui,<br />

nella spuma che ribolliva, c’era<br />

qualcuno che tentava di<br />

mantenersi a galla. Lo riconobbe,<br />

era il suo compaesano<br />

Manuel Rodriguez Dominguez,<br />

marinaio di coperta.<br />

Gli urlò di resistere, vide<br />

una cima agganciata a un sasso<br />

e gliela tirò. Anche Rodriguez<br />

era giovane e agile, l’afferrò<br />

e non la mollò più, nonostante<br />

fosse ricoperto di<br />

tagli ed escoriazioni. Quando<br />

fu anche lui al sicuro, una<br />

terza persona comparve nell’acqua.<br />

Era un uomo più anziano,<br />

che annaspava. I due<br />

ragazzi tentarono di aiutarlo,<br />

ma non ci riuscirono. Lo videro<br />

scomparire in un gorgo.<br />

Poi gli unici rumori furono<br />

il frastuono della tempesta,<br />

il sibilo del vento e le grida<br />

irritate dei gabbiani che<br />

avevano il nido sulla parete.<br />

Il carbonaio Ernesto Borràs<br />

e suo figlio Miguel erano dall’altra<br />

parte della baia e avevano<br />

assistito impotenti alla<br />

tragedia. Avevano visto la nave<br />

fracassarsi sulle rocce, il<br />

capitano agitarsi in plancia, gli<br />

uomini cadere in mare e<br />

affogare trascinati sul fondo<br />

dalla furia degli elementi o<br />

morire dopo essere stati ripetutamente<br />

scagliati contro<br />

la scogliera. Benché sopraffatti<br />

dall’orrore, avevano anche<br />

visto i due superstiti arrampicarsi<br />

sulla parete e si<br />

misero a correre per aiutarli.<br />

La strada, però, era lunga.<br />

Bisognava scendere giù sino<br />

al mare, attraversare Cala<br />

Morell, risalire dalla parte opposta<br />

e seguire un sentiero<br />

appena percettibile tra i rovi<br />

e le piante selvatiche che<br />

conduceva in cima allo strapiombo,<br />

verso la Punta de<br />

s’Escullar. Quando arrivarono<br />

sul posto, non trovarono<br />

nessuno.<br />

Severiano e Manuel si erano<br />

resi conto di essere gli unici<br />

superstiti della “ Torre del<br />

Oro” e che il posto del naufragio<br />

era disabitato. Non sapevano<br />

che tutta la catastrofe<br />

era stata seguita da due testimoni<br />

e così avevano deciso<br />

di muoversi. Severiano lasciò<br />

Manuel, che non riusciva<br />

a reggersi in piedi, al sicuro,<br />

raggiunse la vetta della scogliera<br />

e si inoltrò nella bassa<br />

vegetazione della macchia<br />

mediterranea finché scorse<br />

una fattoria. Era la Curniola,<br />

il cui guardiano gli prestò i<br />

primi soccorsi e poi, venuto<br />

a conoscenza della catastrofe,<br />

corse verso il mare per<br />

aiutare l’altro superstite. Ma<br />

Manuel, atterrito e con i nervi<br />

a pezzi, non ce l’aveva fatta<br />

a rimanere solo in quel posto<br />

maledetto, era riuscito a<br />

sua volta a raggiungere la<br />

sommità della scogliera arrampicandosi<br />

con le sole mani<br />

e alla fine era stato trovato<br />

dal carbonaio e da suo figlio<br />

mentre in preda al delirio<br />

strisciava piangendo fra i cespugli.<br />

Della tragedia della “Torre<br />

del Oro” si parlò a lungo,<br />

perché per giorni e giorni il<br />

mare continuò a restituire i<br />

cadaveri irriconoscibili dei<br />

marinai, che dall’alto si vedevano<br />

galleggiare nella baia<br />

senza poter far niente per<br />

recuperarli a causa delle pessime<br />

condizioni meteorologiche.<br />

Dopo qualche mese<br />

una parte dello scafo e del<br />

carico di piombo venne recuperata<br />

e negli anni seguenti,<br />

come se la natura volesse<br />

nascondere tutto il male che<br />

aveva fatto, le frane che cadevano<br />

dalla montagna ricopersero<br />

gli ultimi resti della<br />

nave. E una delle più terribili<br />

disgrazie marinare di Minorca<br />

finì nell’oblìo, presente solo<br />

nei ricordi di qualche vecchio<br />

che non riusciva a dimenticare.<br />

Guido Pfeiffer<br />

& Flory Calò<br />

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