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SUB241@68-81 TORRE DEL ORO

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lingotti di piombo del peso di<br />

venticinque chili ciascuno e<br />

su due di essi, alla luce delle<br />

lampade, abbiamo potuto<br />

vedere che c’era stampigliata<br />

una scritta, al momento indecifrabile.<br />

Tirando, sollevando<br />

e spingendo siamo riusciti<br />

a portare con molta fatica<br />

i pani di piombo all’aperto<br />

e quindi a sollevarli con un<br />

paio di palloni fino in superficie,<br />

dove Pera, grazie alla<br />

prestanza fisica di un maestro<br />

di karaté di quinto dan, li<br />

ha afferrati e messi a bordo<br />

senza tante storie. Più tardi,<br />

e all’asciutto, siamo riusciti a<br />

leggere la parola scritta in<br />

bassorilievo: Penarroya, il nome<br />

della fonderia indicata sui<br />

documenti di carico. Non<br />

c’erano più dubbi, si trattava<br />

proprio della “ Torre del<br />

Oro”. Ne abbiamo ricostruita<br />

la storia con l’aiuto di<br />

Alfonso Buenaventura e del<br />

nostro collaboratore Pietro<br />

Faggioli, che i lettori ormai<br />

conoscono per i suoi bellissimi<br />

servizi sui relitti, accostando<br />

l’una vicino all’altra le<br />

tessere di un mosaico che<br />

man mano diventava sempre<br />

più chiaro e leggibile. Ma anche<br />

più drammatico.<br />

<br />

La “Torre del Oro” era un<br />

solido mercantile costruito<br />

nel cantiere inglese Craig,<br />

Taylor & Co. per la Compagnia<br />

Sivigliana di Navigazione.<br />

Varata nel 1888, aveva un<br />

dislocamento di milletrecentonovantuno<br />

tonnellate, era<br />

lunga settantaquattro metri<br />

e larga nove metri e mezzo.<br />

Caldaie a triplice espansione<br />

alimentate con carbone di<br />

ottima qualità le conferivano<br />

una potenza più che sufficiente<br />

per affrontare le dure<br />

rotte del Mediterraneo occidentale<br />

anche nei mesi invernali,<br />

notoriamente burrascosi.<br />

Ma non fu mai una nave<br />

fortunata.<br />

Per abbattere i costi, gli armatori<br />

la facevano passare da<br />

un nolo all’altro tenendola<br />

ferma in porto il meno possibile,<br />

anche a scapito della<br />

manutenzione e della sicurezza<br />

di navigazione. Una<br />

volta, per un errore di rotta<br />

o per un guasto alla timoneria,<br />

finì in secca su un basso<br />

fondale di La Nouvalle, in<br />

Francia, dove rimase arenata<br />

per circa sei mesi in uno<br />

stato di semi abbandono. Rimessa<br />

in grado di navigare,<br />

dopo poco tempo ebbe un<br />

incendio a bordo, che per<br />

fortuna venne domato senza<br />

gravi conseguenze. Pochi anni<br />

dopo, nel 1896, in mezzo<br />

all’estuario del Guadalquivir<br />

entrò in collisione con il vapore<br />

“ Aznalfarache”, che<br />

affondò trascinando con sé<br />

numerosi passeggeri. Nel<br />

1918 i proprietari ne ebbero<br />

abbastanza e la vendettero<br />

alla società armatrice catalana<br />

Figlio di José Tayà, che la<br />

impiegò soprattutto sulla rot-<br />

ta mercantile Siviglia - Barcellona<br />

- Marsiglia.<br />

La mattina del 23 ottobre<br />

1921 la “Torre del Oro” era<br />

attraccata a uno dei moli del<br />

porto di Barcellona. Il suo<br />

comandante, il capitano Antonio<br />

Palmer Carbonell, originario<br />

di Palma di Maiorca,<br />

e il primo ufficiale Luis Aparicio<br />

Alarcòn stavano controllando<br />

gli ultimi documenti di<br />

carico sull’aletta di plancia.<br />

Cinquecento tonnellate di<br />

piombo e un alto numero di<br />

barili di uva e di ulive destinati<br />

al mercato francese erano<br />

stati appena stivati e solidamente<br />

rizzati in previsione<br />

della traversata del Golfo del<br />

Leone, raramente tranquilla.<br />

Palmer era un uomo sui quarantacinque<br />

anni dal volto<br />

abbronzato e segnato dal<br />

vento che faceva il marinaio<br />

da quando era ragazzo. Nell’ambiente<br />

era stimato, conosceva<br />

il mare e le sue insidie.<br />

Il tempo, sulla rotta per<br />

Marsiglia, era ancora bello,<br />

La <strong>TORRE</strong> <strong>DEL</strong> <strong>ORO</strong> nei registri dei Lloyd’s<br />

Nave: Torre del Oro;<br />

Armatore: Hijos de José Tayàt di Barcellona;<br />

Anno di costruzione: 1888;<br />

Cantiere: Craig, Taylor & Co., Gran Bretagna;<br />

Stazza: 1.321 tonnellate;<br />

Misure in piedi: 243.8 x 31.3 x 17.2;<br />

Potenza: 138 n.h.p.;<br />

Caldaie: a triplice espansione;<br />

Comandante: Antonio Palmer Carbonell, di<br />

Palma di Maiorca;<br />

Equipaggio: 30 uomini compreso il comandante;<br />

Data dell’affondamento: 26 ottobre 1921;<br />

Luogo dell’affondamento: Baia Morell, costa<br />

nord di Minorca, Isole Baleari, Spagna;<br />

Vittime: 28;<br />

Superstiti: 2.<br />

anche se non lo sarebbe stato<br />

per molto. Per il giorno<br />

dopo i bollettini meteo annunciavano<br />

mistral in aumento.<br />

Ma a quel punto,<br />

pensava il comandante, lui e<br />

la sua nave sarebbero stati<br />

ormai in prossimità del porto<br />

di destinazione e non ci sarebbero<br />

stati problemi.<br />

Dopo aver espletato le formalità<br />

doganali e firmato l’ultimo<br />

registro, alle due e<br />

mezza del pomeriggio Antonio<br />

Palmer Carbonell diede<br />

L’unica foto d’epoca della Torre<br />

del Oro, varata nel 1888 e<br />

affondata il 26 ottobre 1921.<br />

l’ordine di levare gli ormeggi<br />

e lasciò momentaneamente<br />

il comando al pilota del porto,<br />

che aveva la responsabilità<br />

di condurre la nave al di<br />

fuori della diga foranea. Solo<br />

quando fu in acque libere,<br />

riprese possesso del suo<br />

ruolo e si apprestò a fare<br />

quella che si augurava fosse<br />

una tranquilla navigazione di<br />

routine. La speranza, però,<br />

durò poco. Dopo appena<br />

sette miglia il capo macchinista<br />

lo avvisò con l’interfono<br />

che il motore aveva un problema<br />

e che avrebbero dovuto<br />

procedere al minimo<br />

dei giri mentre tentavano di<br />

ripararlo.<br />

Le ore passavano e finalmen-<br />

te il guasto fu aggiustato.<br />

Non era il caso di tornare indietro,<br />

si poteva andare<br />

avanti, sostennero i meccanici.<br />

E così la “ Torre del<br />

Oro”, sebbene zoppicante,<br />

si inoltrò nel Golfo del Leone.<br />

Le prime ore del 24 ottobre<br />

la colsero ancora in alto<br />

mare e all’alba cominciò a<br />

soffiare rabbioso il mistral,<br />

che in breve sollevò onde alte,<br />

ripide e frangenti. I colpi<br />

arrivavano al traverso e ogni<br />

volta erano montagne d’acqua<br />

che si riversavano in coperta.<br />

La nave<br />

procedeva a fatica<br />

per via del<br />

carico pesante<br />

e i fuochisti, tra<br />

i quali c’era il<br />

ventitreenne Severiano Vàzquez<br />

Miròn, di Boiro, vicino a<br />

La Corugna, non si concedevano<br />

tregua per mantenere<br />

le caldaie in pressione.<br />

Luis Aparicio Alarcòn, il primo<br />

ufficiale, scendeva spesso<br />

nella stiva per controllare<br />

che il carico di piombo e di<br />

barili fosse sempre ben legato<br />

e nella perlustrazione si faceva<br />

accompagnare da un<br />

marinaio di coperta, Manuel<br />

Rodriguez Dominguez, di<br />

vent’anni, originario di Palmeira,<br />

un’altra cittadina nei<br />

pressi di La Corugna. Manuel<br />

non aveva molta esperienza<br />

di burrasche, era in ansia e<br />

Aparicio cercava di minimizzare<br />

il pericolo. E’ la solita<br />

storia, diceva per calmarlo e<br />

dargli coraggio, nel Leone si<br />

balla sempre, ma poi ci si abitua.<br />

La nave rollava, beccheggiava<br />

e avanzava sempre più con<br />

fatica. Il vento la stava portando<br />

fuori rotta e forse poteva<br />

essere conveniente assecondarlo<br />

per poter diminuire<br />

un po’ la pressione nelle<br />

caldaie. Ma non ce ne fu il<br />

tempo. Il guasto riparato<br />

provvisoriamente si ripresentò<br />

e la macchina smise di<br />

rombare. A nulla valsero gli<br />

sforzi di rimetterla in moto.<br />

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