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lingotti di piombo del peso di<br />
venticinque chili ciascuno e<br />
su due di essi, alla luce delle<br />
lampade, abbiamo potuto<br />
vedere che c’era stampigliata<br />
una scritta, al momento indecifrabile.<br />
Tirando, sollevando<br />
e spingendo siamo riusciti<br />
a portare con molta fatica<br />
i pani di piombo all’aperto<br />
e quindi a sollevarli con un<br />
paio di palloni fino in superficie,<br />
dove Pera, grazie alla<br />
prestanza fisica di un maestro<br />
di karaté di quinto dan, li<br />
ha afferrati e messi a bordo<br />
senza tante storie. Più tardi,<br />
e all’asciutto, siamo riusciti a<br />
leggere la parola scritta in<br />
bassorilievo: Penarroya, il nome<br />
della fonderia indicata sui<br />
documenti di carico. Non<br />
c’erano più dubbi, si trattava<br />
proprio della “ Torre del<br />
Oro”. Ne abbiamo ricostruita<br />
la storia con l’aiuto di<br />
Alfonso Buenaventura e del<br />
nostro collaboratore Pietro<br />
Faggioli, che i lettori ormai<br />
conoscono per i suoi bellissimi<br />
servizi sui relitti, accostando<br />
l’una vicino all’altra le<br />
tessere di un mosaico che<br />
man mano diventava sempre<br />
più chiaro e leggibile. Ma anche<br />
più drammatico.<br />
<br />
La “Torre del Oro” era un<br />
solido mercantile costruito<br />
nel cantiere inglese Craig,<br />
Taylor & Co. per la Compagnia<br />
Sivigliana di Navigazione.<br />
Varata nel 1888, aveva un<br />
dislocamento di milletrecentonovantuno<br />
tonnellate, era<br />
lunga settantaquattro metri<br />
e larga nove metri e mezzo.<br />
Caldaie a triplice espansione<br />
alimentate con carbone di<br />
ottima qualità le conferivano<br />
una potenza più che sufficiente<br />
per affrontare le dure<br />
rotte del Mediterraneo occidentale<br />
anche nei mesi invernali,<br />
notoriamente burrascosi.<br />
Ma non fu mai una nave<br />
fortunata.<br />
Per abbattere i costi, gli armatori<br />
la facevano passare da<br />
un nolo all’altro tenendola<br />
ferma in porto il meno possibile,<br />
anche a scapito della<br />
manutenzione e della sicurezza<br />
di navigazione. Una<br />
volta, per un errore di rotta<br />
o per un guasto alla timoneria,<br />
finì in secca su un basso<br />
fondale di La Nouvalle, in<br />
Francia, dove rimase arenata<br />
per circa sei mesi in uno<br />
stato di semi abbandono. Rimessa<br />
in grado di navigare,<br />
dopo poco tempo ebbe un<br />
incendio a bordo, che per<br />
fortuna venne domato senza<br />
gravi conseguenze. Pochi anni<br />
dopo, nel 1896, in mezzo<br />
all’estuario del Guadalquivir<br />
entrò in collisione con il vapore<br />
“ Aznalfarache”, che<br />
affondò trascinando con sé<br />
numerosi passeggeri. Nel<br />
1918 i proprietari ne ebbero<br />
abbastanza e la vendettero<br />
alla società armatrice catalana<br />
Figlio di José Tayà, che la<br />
impiegò soprattutto sulla rot-<br />
ta mercantile Siviglia - Barcellona<br />
- Marsiglia.<br />
La mattina del 23 ottobre<br />
1921 la “Torre del Oro” era<br />
attraccata a uno dei moli del<br />
porto di Barcellona. Il suo<br />
comandante, il capitano Antonio<br />
Palmer Carbonell, originario<br />
di Palma di Maiorca,<br />
e il primo ufficiale Luis Aparicio<br />
Alarcòn stavano controllando<br />
gli ultimi documenti di<br />
carico sull’aletta di plancia.<br />
Cinquecento tonnellate di<br />
piombo e un alto numero di<br />
barili di uva e di ulive destinati<br />
al mercato francese erano<br />
stati appena stivati e solidamente<br />
rizzati in previsione<br />
della traversata del Golfo del<br />
Leone, raramente tranquilla.<br />
Palmer era un uomo sui quarantacinque<br />
anni dal volto<br />
abbronzato e segnato dal<br />
vento che faceva il marinaio<br />
da quando era ragazzo. Nell’ambiente<br />
era stimato, conosceva<br />
il mare e le sue insidie.<br />
Il tempo, sulla rotta per<br />
Marsiglia, era ancora bello,<br />
La <strong>TORRE</strong> <strong>DEL</strong> <strong>ORO</strong> nei registri dei Lloyd’s<br />
Nave: Torre del Oro;<br />
Armatore: Hijos de José Tayàt di Barcellona;<br />
Anno di costruzione: 1888;<br />
Cantiere: Craig, Taylor & Co., Gran Bretagna;<br />
Stazza: 1.321 tonnellate;<br />
Misure in piedi: 243.8 x 31.3 x 17.2;<br />
Potenza: 138 n.h.p.;<br />
Caldaie: a triplice espansione;<br />
Comandante: Antonio Palmer Carbonell, di<br />
Palma di Maiorca;<br />
Equipaggio: 30 uomini compreso il comandante;<br />
Data dell’affondamento: 26 ottobre 1921;<br />
Luogo dell’affondamento: Baia Morell, costa<br />
nord di Minorca, Isole Baleari, Spagna;<br />
Vittime: 28;<br />
Superstiti: 2.<br />
anche se non lo sarebbe stato<br />
per molto. Per il giorno<br />
dopo i bollettini meteo annunciavano<br />
mistral in aumento.<br />
Ma a quel punto,<br />
pensava il comandante, lui e<br />
la sua nave sarebbero stati<br />
ormai in prossimità del porto<br />
di destinazione e non ci sarebbero<br />
stati problemi.<br />
Dopo aver espletato le formalità<br />
doganali e firmato l’ultimo<br />
registro, alle due e<br />
mezza del pomeriggio Antonio<br />
Palmer Carbonell diede<br />
L’unica foto d’epoca della Torre<br />
del Oro, varata nel 1888 e<br />
affondata il 26 ottobre 1921.<br />
l’ordine di levare gli ormeggi<br />
e lasciò momentaneamente<br />
il comando al pilota del porto,<br />
che aveva la responsabilità<br />
di condurre la nave al di<br />
fuori della diga foranea. Solo<br />
quando fu in acque libere,<br />
riprese possesso del suo<br />
ruolo e si apprestò a fare<br />
quella che si augurava fosse<br />
una tranquilla navigazione di<br />
routine. La speranza, però,<br />
durò poco. Dopo appena<br />
sette miglia il capo macchinista<br />
lo avvisò con l’interfono<br />
che il motore aveva un problema<br />
e che avrebbero dovuto<br />
procedere al minimo<br />
dei giri mentre tentavano di<br />
ripararlo.<br />
Le ore passavano e finalmen-<br />
te il guasto fu aggiustato.<br />
Non era il caso di tornare indietro,<br />
si poteva andare<br />
avanti, sostennero i meccanici.<br />
E così la “ Torre del<br />
Oro”, sebbene zoppicante,<br />
si inoltrò nel Golfo del Leone.<br />
Le prime ore del 24 ottobre<br />
la colsero ancora in alto<br />
mare e all’alba cominciò a<br />
soffiare rabbioso il mistral,<br />
che in breve sollevò onde alte,<br />
ripide e frangenti. I colpi<br />
arrivavano al traverso e ogni<br />
volta erano montagne d’acqua<br />
che si riversavano in coperta.<br />
La nave<br />
procedeva a fatica<br />
per via del<br />
carico pesante<br />
e i fuochisti, tra<br />
i quali c’era il<br />
ventitreenne Severiano Vàzquez<br />
Miròn, di Boiro, vicino a<br />
La Corugna, non si concedevano<br />
tregua per mantenere<br />
le caldaie in pressione.<br />
Luis Aparicio Alarcòn, il primo<br />
ufficiale, scendeva spesso<br />
nella stiva per controllare<br />
che il carico di piombo e di<br />
barili fosse sempre ben legato<br />
e nella perlustrazione si faceva<br />
accompagnare da un<br />
marinaio di coperta, Manuel<br />
Rodriguez Dominguez, di<br />
vent’anni, originario di Palmeira,<br />
un’altra cittadina nei<br />
pressi di La Corugna. Manuel<br />
non aveva molta esperienza<br />
di burrasche, era in ansia e<br />
Aparicio cercava di minimizzare<br />
il pericolo. E’ la solita<br />
storia, diceva per calmarlo e<br />
dargli coraggio, nel Leone si<br />
balla sempre, ma poi ci si abitua.<br />
La nave rollava, beccheggiava<br />
e avanzava sempre più con<br />
fatica. Il vento la stava portando<br />
fuori rotta e forse poteva<br />
essere conveniente assecondarlo<br />
per poter diminuire<br />
un po’ la pressione nelle<br />
caldaie. Ma non ce ne fu il<br />
tempo. Il guasto riparato<br />
provvisoriamente si ripresentò<br />
e la macchina smise di<br />
rombare. A nulla valsero gli<br />
sforzi di rimetterla in moto.<br />
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