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lasciava qualche secondo di<br />
tregua tra una raffica e l’altra,<br />
ma non diminuiva la sua forza.<br />
Pioveva, ma meno intensamente<br />
di prima. Ed ecco<br />
ancora il suono disperato, lamentoso,<br />
della sirena. Questa<br />
volta più distinto, più vicino.<br />
Fuori albeggiava, Ernesto<br />
si coprì di nuovo e fece<br />
per uscire, perché non capiva<br />
che cosa stesse succedendo.<br />
Il giovane Miguel questa<br />
volta insistette per accompagnarlo<br />
e così padre e figlio si<br />
diressero verso la scogliera<br />
che sovrastava la cala a nord<br />
est. In basso il mare ribolliva<br />
e l’aria era satura di schiuma.<br />
Le onde superavano la Punta<br />
dell’Elefante, passavano sopra<br />
la spiaggia di sassi che<br />
c’era sul fondo, dove una volta<br />
sfociava un fiumiciattolo, e<br />
lambivano una folta macchia<br />
di canne stretta in una gola di<br />
roccia. La sirena era continua,<br />
insistente e struggente<br />
come un grido di dolore. Ernesto<br />
e Miguel Borràs si arrampicarono<br />
quasi correndo<br />
e quando furono in alto, al di<br />
sopra delle piante, la videro:<br />
a qualche decina di metri dal-<br />
l’Elefante, tra l’imboccatura<br />
della cala e Sa Punta de s’Escullar,<br />
che chiudeva a ponente<br />
l’ampio anfiteatro della<br />
Baia Morell, c’era una<br />
grande nave in balia delle onde.<br />
Lo scafo, senza governo,<br />
appariva malconcio ed era inclinato<br />
su un lato, probabilmente<br />
per lo sbandamento<br />
del carico, mentre la prua<br />
era rivolta verso la scogliera,<br />
una parete verticale alta più<br />
di ottanta metri resa quasi invisibile<br />
dal salino in sospensione<br />
nell’aria, tanto fitto e<br />
denso da essere scambiato<br />
per nebbia. Un uomo gesticolava<br />
sulle alette di plancia;<br />
in coperta, tenendosi saldamente<br />
ai corrimano per non<br />
cadere in mare mentre le<br />
ondate la spazzavano, si<br />
muovevano convulsamente<br />
parecchi marinai, che correvano<br />
da una fiancata all’altra<br />
senza sapere che cosa fare<br />
per mettersi in salvo. Istanti<br />
terribili. Le onde di ritorno,<br />
dopo essersi schiantate contro<br />
le rocce, rallentarono la<br />
corsa del piroscafo, che a<br />
quel punto sembrava in bilico<br />
tra due forze contrastanti.<br />
Pareva che il tempo si fosse<br />
fermato. Ma dal largo arrivò<br />
una montagna d’acqua spumeggiante<br />
più alta e possente<br />
delle altre che sollevò la<br />
poppa e la scagliò in avanti<br />
come se non pesasse niente.<br />
Si udì un tremendo clangore<br />
di lamiere spezzate, la prua<br />
finì dritta sugli scogli mentre<br />
la poppa cadde di schianto<br />
nell’incavo dell’onda. Lo<br />
scafo, lungo più di ottanta<br />
metri, si torse e si ruppe in<br />
due tronconi. La metà poppiera<br />
affondò subito, travolta<br />
dai frangenti, quella prodiera<br />
la seguì poco dopo, scivolò<br />
all’indietro e scomparve a<br />
sua volta nei flutti. Quella nave<br />
si chiamava “ Torre del<br />
Oro”, batteva bandiera spagnola,<br />
era adibita al trasporto<br />
delle merci e aveva trenta<br />
uomini di equipaggio. Soltanto<br />
due di loro si salvarono.<br />
<br />
Cala Morell oggi ha meno alberi<br />
di una volta, abbattuti<br />
per far posto alle bianche casette<br />
di una urbanizzazione<br />
turistica che si riempie di<br />
gente soltanto in luglio e agosto.<br />
Per il resto dell’anno non<br />
c’è anima viva e il suo basso<br />
Il fondo sabbioso di Cala Morell, che<br />
nasconde ancora i resti di una nave<br />
carbonera affondata nel 1897. A destra,<br />
alcune ordinate della Torre del Oro.<br />
fondale, un misto di sabbia,<br />
posidonie e sassi, diventa un<br />
grande acquario dove si possono<br />
incontrare i rappresentanti<br />
di quasi tutte le forme<br />
di vita minuta del Mediterraneo<br />
occidentale. Si entra in<br />
acqua da un comodo scivolo<br />
un tempo adoperato dai pescatori<br />
per varare e salpare<br />
le barche e ora fuori uso, ci<br />
si allontana qualche metro da<br />
riva e si vaga per ore fra i 3 e<br />
i 15 metri di profondità in<br />
cerca di animaletti strani da<br />
fotografare. Sono immersioni<br />
divertenti e rilassanti, che<br />
noi del PDD (Pfeiffer’s Deep<br />
Divers), il gruppo di subacquei<br />
tecnici di SUB, facciamo<br />
soprattutto quando il mare è<br />
troppo mosso per spingerci<br />
al largo o quando ci imponiamo<br />
di fare una pausa tra una<br />
discesa impegnativa e l’altra.<br />
Ed è stato così, frugando con<br />
la macchina fotografica fra le<br />
alghe e le pietre, che ci siamo<br />
accorti che un po’ da per<br />
tutto, sul fondo, c’erano<br />
grossi sassi neri con gli spigoli<br />
arrotondati e levigati dalla<br />
risacca. In principio abbiamo<br />
pensato che si trattasse addirittura<br />
di bitume, perché, nonostante<br />
i divieti e le multe<br />
salate, molte petroliere lavano<br />
ancora in alto mare i serbatoi<br />
vuoti e le scorie vengono<br />
trasportate ovunque dalle<br />
correnti. Poi ci siamo resi<br />
conto che quei sassi dalle forme<br />
diverse pesavano meno<br />
di quanto ci saremmo aspettati<br />
dalla loro mole. Ne abbiamo<br />
recuperati alcuni e a<br />
Maurizio Macori, il geologo<br />
del team, è bastata un’occhiata<br />
per capire che avevamo<br />
tra le mani semplici pezzi<br />
di carbone lisciati e scolpiti<br />
dal mare.<br />
Ma che cosa ci faceva lì tutto<br />
quel carbone? Se ne trovava<br />
ovunque: nella sabbia, fra le<br />
radici delle posidonie, sugli<br />
scogli. E persino fuori dalla<br />
cala, sotto la Punta dell’Elefante<br />
e sotto la punta più a<br />
nord, dove, ormai saldata<br />
nella roccia, c’era anche<br />
un’ancora ammiragliato, che<br />
però, in considerazione dell’età<br />
presunta, dovrebbe appartenere<br />
all’epoca dei grandi<br />
velieri e non a quella delle<br />
navi a vapore. Il quesito cominciava<br />
a diventare appassionante<br />
e assieme a Maurizio,<br />
Enrico Guidi, Alejandro<br />
Fernandez e Jordi Moya, tutti<br />
validi membri del PDD, abbiamo<br />
fatto molte immersioni<br />
invernali nella speranza di<br />
trovare la soluzione.<br />
Il primo indizio serio lo abbiamo<br />
avuto al termine di