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28-71 Giappone - Pragmatica Edizioni

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<strong>Giappone</strong><br />

ITALIA E GIAPPONE:<br />

RELAZIONE OTTIMALE<br />

A colloquio con l’Ambasciatore del <strong>Giappone</strong> a Roma<br />

S<br />

Signor Ambasciatore, Lei ha assunto l’incarico solo da<br />

un anno, ma in quest’arco di tempo ci sono già stati<br />

moltissimi eventi importanti. Tra questi la recente visita<br />

in <strong>Giappone</strong> del Presidente Napolitano, primo leader<br />

internazionale ad incontrare il neo premier Atoyama.<br />

Lei era presente, di cosa si è discusso?<br />

Si è parlato del modello politico europeo e di Afghanistan,<br />

a causa del recente attentato ai soldati italiani. Per<br />

quanto riguarda il dialogo sul modello politico il Premier<br />

Atoyama si è detto favorevole ad un processo di<br />

integrazione regionale tra paesi asiatici simile a quella<br />

dell’Unione europea.<br />

Hiroyasu Ando,<br />

Ambasciatore del <strong>Giappone</strong> a Roma<br />

Speciale<br />

INTERVISTA


Una cosa molto di là da venire, naturalmente, ma a cui<br />

il <strong>Giappone</strong> guarda con molto interesse. Le tematiche<br />

dell’integrazione regionale sono molto sentite dal Premier<br />

Atoyama. I due Presidenti hanno parlato a lungo<br />

anche di un libro europeo del 1920 sui totalitarismi,<br />

tradotto in giapponese dal nonno di Atoyama. Entrambi<br />

lo avevano letto e lo hanno commentato insieme.<br />

Il Ministero degli Esteri Italiano ha affermato che le<br />

relazioni tra Italia e <strong>Giappone</strong> sono sempre state buo-<br />

30 <strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

ne, ma da qualche anno hanno fatto un vero e proprio<br />

salto di qualità. Quali sono i pilastri su cui si regge<br />

questo rapporto bilaterale?<br />

Confermo, le relazioni tra Italia e <strong>Giappone</strong> sono molto,<br />

molto buone. Credo che l’unico problema sia che<br />

non ci sono problemi! La ragione di questi ottimi rapporti<br />

risiedono nei tanti tratti che abbiamo in comune:<br />

entrambi i Paesi vantano una storia millenaria, sono<br />

nazioni di grande cultura, e con ciò intendo tutta la<br />

gamma di accezioni di questa parola. Sono state cultu-<br />

re ricche e prolifiche, che ancora oggi, in era moderna,<br />

si caratterizzano per la loro poliedricità. Se Roma è<br />

stata il centro del mondo antico con l’Impero romano<br />

e poi con il ruolo fondamentale svolto dalla Chiesa,<br />

così il <strong>Giappone</strong> è sempre stato uno Stato importantissimo<br />

nel sud-est asiatico. Italia e <strong>Giappone</strong> hanno<br />

molti luoghi riconosciuti patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.<br />

Basti pensare a Kyoto, così ricca di giardini,<br />

templi, tanto quanto Roma è ricca di monumenti e<br />

ville. Inoltre i nostri Paesi sono entrambi membri del<br />

G8, e sono tra i più attivi nell’auspicare la cooperazione<br />

internazionale.<br />

Le statistiche più recenti dicono che il <strong>Giappone</strong> sta<br />

superando la crisi economica mondiale. Come ha<br />

reagito il <strong>Giappone</strong>?<br />

La crisi ha colpito duramente il <strong>Giappone</strong>. Ma in base<br />

agli ultimi dati del 2009 già si è potuto assistere ad una<br />

ripresa. Questo per un duplice ordine di motivi: ci sono<br />

stati investimenti di capitali, proprio come è acca-<br />

Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

31


Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

duto in Italia, ma la nostra economia, che è molto votata<br />

all’export, ha beneficiato dei pacchetti anticrisi<br />

adottati nei Paesi di sbocco, tra questi la Cina ha un<br />

posto di primo piano.<br />

Tokyo ha fatto una scelta molto precisa, per uscire<br />

dalla crisi: puntare sulle politiche a favore della famiglia.<br />

Quali sono le misure adottate?<br />

Il nostro nuovo governo, nato a settembre 2009, ha deciso<br />

di puntare molto sulla domanda interna e più precisamente<br />

sui consumi personali. In questo quadro il<br />

focus si è incentrato proprio sulla famiglia e l’assistenza<br />

all’infanzia con interventi diversi. Ad esempio, è previsto<br />

un bonus di 200 euro al mese per ciascun figlio.<br />

Inoltre viene riconosciuta anche l’assistenza medica e<br />

molti aiuti sono stati previsti per il settore scolastico.<br />

Importantissima, poi, è stata l’abolizione della tassa sul<br />

carburante. In ogni caso sono al vaglio nuove facilitazioni:<br />

l’abolizione sulla tassa autostradale e un<br />

incremento delle agevolazioni sanitarie e scolastiche.<br />

In campo industriale il <strong>Giappone</strong> è stato leader<br />

per molti anni. Qual è lo stato di salute del Made<br />

in Japan?<br />

Personalmente ho l’impressione che, con l’espansione<br />

di India e Cina sui mercati, la tecnologia<br />

giapponese non sia più considerata la migliore<br />

dal resto della comunità industriale mondiale.<br />

Ma questa è una percezione sbagliata, perché<br />

la verità è che la produzione tecnologica<br />

nipponica resta qualitativamente tra le migliori<br />

del mondo, grazie ad investimenti e studi nel<br />

settore tecnologico che durano da anni e che<br />

mantengono il <strong>Giappone</strong> al top. Non solo nei videogames,<br />

ma anche nella robotica e nelle tecnologie<br />

per la riduzione dei consumi energetici<br />

in cui siamo leader mondiali. Ma anche il cibo:<br />

i prodotti agroindustriali sono tra i migliori sul mercato.<br />

Lei ha mai assaggiato le mele giapponesi o i nostri meloni?<br />

Sono ottimi!<br />

Come valuta le relazioni commerciali tra Italia e<br />

<strong>Giappone</strong>?<br />

Sono buone, ma non sono ancora sufficienti. E credo<br />

che ci sia un potenziale enorme per accrescere i valori<br />

dell’interscambio. Al momento un gran numero di<br />

prodotti italiani sono molto apprezzati nel mio Paese:<br />

la moda, il cibo, e gli arredamenti. Ma la strada inversa<br />

è meno battuta. C’è ancora molto spazio per i prodotti<br />

giapponesi in Italia. Un campo molto interessante<br />

di attività, ancora da sviluppare, è l’energia solare.<br />

La giapponese Sharp e l’Enel hanno recentemente costiuito<br />

una joint-venture per costruire pannelli solari.<br />

Ma un altro campo interessante da espandere è l’energia<br />

nucleare: Italia e <strong>Giappone</strong> hanno firmato un’intesa<br />

per lo sviluppo delle tecnologie nucleari.<br />

Le vorrei citare un settore molto importante in cui c’è<br />

tanto lavoro da fare insieme: la cosiddetta “industria<br />

dei contenuti”. Il <strong>Giappone</strong> produce molti contenuti<br />

per l’industria culturale e su questo vi sono prospettive<br />

incoraggianti.<br />

Ambasciatore, chi la conosce sa che lei è molto attento<br />

agli scambi culturali. Ritiene che italiani e giapponesi<br />

si conoscano bene da questo punto di vista?<br />

I <strong>Giappone</strong>si adorano la cultura italiana, la conoscono<br />

bene e ne sono attratti. Lei sa che la bandiera più venduta<br />

in <strong>Giappone</strong> è quella italiana? Se misuriamo questo<br />

interesse con i numeri del turismo vediamo che un<br />

milione di <strong>Giappone</strong>si visitano l’Italia ogni anno. Vi<br />

sono molti eventi culturali italiani in <strong>Giappone</strong>. Ma<br />

quando analizziamo la familiarità degli Italiani con il<br />

Sol Levante non posso dire di essere molto soddisfatto.<br />

Gli Italiani che vengono in <strong>Giappone</strong> ogni anno<br />

Il Presidente Napolitano con il Primo Ministro Atoyama<br />

durante la recente visita in <strong>Giappone</strong><br />

sono solo 50 mila. So che gli italiani amano la cultura<br />

giapponese, ma forse questa è ancora poco conosciuta.<br />

Quindi un compito molto importante della nostra<br />

Ambasciata è proprio questo: di promuovere la nostra<br />

cultura per consentire agli Italiani di comprendere<br />

meglio il <strong>Giappone</strong>.<br />

Probabilmente gli italiani sono spaventati da un<br />

viaggio che è sempre stato considerato molto caro...<br />

Lo so, molti italiani mi dicono che il <strong>Giappone</strong> è molto<br />

lontano ed è molto caro. Ma il viaggio non è più<br />

lungo di quello per la Cina o gli Usa. E poi voglio sfatare<br />

un mito: andare in <strong>Giappone</strong> non è affatto caro. E’<br />

un viaggio alla portata di tutti.<br />

Gianluigi De Stefano<br />

Foto Quirinale<br />

33


Speciale Tra antico e moderno<br />

ATMOSFERE<br />

34<br />

CORRENDO<br />

NEL SILENZIO<br />

VERSO<br />

IL SILENZIO<br />

DELL’ETERNO<br />

Rotaie magnetiche<br />

ti accompagnano<br />

a visitare<br />

gli antichissimi templi<br />

immersi nella foresta<br />

<strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

Quando si scende per strada, in<br />

per<br />

una qualsiasi metropoli del<br />

pianeta, il traffico rocambolesco<br />

ci travolge in un turbinio<br />

di suoni e colori. In <strong>Giappone</strong>,<br />

anche in città, il traffico è<br />

modulato, ovvero intenso,<br />

ma profondamente civile. Persino i<br />

pedoni sono disciplinati. Una cosa<br />

mai vista prima: hanno le corsie di<br />

preselezione in ordine scalare anche<br />

i banchi d’attesa dei mezzi pubblici. A Napoli, come<br />

in tutta Italia ormai, con ogni probabilità avrebbero<br />

staccato le linee rosse e verdi da terra, o quantomeno<br />

non le avrebbero rispettate.<br />

Il mondo preciso. La tecnologia ti avvolge in<br />

un’ampolla magica dove ogni appuntamento può essere<br />

preso con la matematica certezza di puntualità<br />

perché la tabella di marcia dei mezzi è regolata al secondo,<br />

e non è un modo di dire, tant’è che alla fine<br />

dell’anno scorso il Ministro dei trasporti, a fine anno,<br />

ha dovuto scusarsi pubblicamente per il ritardo di 3<br />

minuti accumulatosi durante tutto l’anno sulle linee<br />

pubbliche. Sembra surreale.<br />

Nell’ultimo secolo il <strong>Giappone</strong> ha subito una radicale<br />

modernizzazione degli spazi urbani, in parte necessaria<br />

a causa del catastrofico terremoto del settembre<br />

1923 e dei bombardamenti subiti durante il secondo<br />

conflitto mondiale, e in parte dovuta ad un’esigenza<br />

di innovazione che ha trasformato per lo più il volto<br />

delle principali metropoli.<br />

Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

35


La rivoluzione urbana. Questo continuo processo<br />

di trasformazione e crescita ha influito<br />

però negativamente sulla preservazione del millenario<br />

patrimonio architettonico. Spesso vaste<br />

aree residenziali, costituite dalle antiche case di<br />

legno in stile tradizionale, sono state demolite<br />

per essere destinate a grattacieli superlusso ad<br />

uso commerciale. Le comunità di vicinato tipiche<br />

dei vecchi quartieri sono state disperse e l’anonimato<br />

e l’isolamento hanno iniziato ad essere<br />

una costante della vita nipponica.<br />

Certo l’architettura moderna è accattivante.<br />

Sonda continuamente i confini della sperimentazione<br />

e seduce con le scelte più audaci, tanto<br />

che i tour operator di mezzo mondo organizzano<br />

viaggi improntati alla scoperta dei nuovi volti<br />

geometrici delle città.<br />

Ma per altri l’esigenza primaria è il recupero<br />

della propria radice culturale e così sempre più<br />

persone si dilettano a passeggiare alla ricerca di<br />

vicoli e quartieri di ispirazione nostalgica. Come<br />

i flaneur di Baudelaire o Benjamin dei secoli<br />

passati riscoprono il gusto di esplorare i piccoli<br />

quartieri chiamati roji dove ci si può muovere<br />

esclusivamente in bici o a piedi e che una volta,<br />

non troppo tempo fa, erano il centro della vita<br />

quotidiana con le loro locande e botteghe di artigiani.<br />

Moderni samurai. Maekawa Kunio, massimo<br />

genio dell’architettura giapponese, oggi combatte<br />

per riportare alla luce il patrimonio edilizio<br />

tradizionale. Sarà perchè i <strong>Giappone</strong>si hanno<br />

scoperto il gusto per l’antico dagli Europei, o<br />

semplicemente hanno realizzato che il corpo<br />

non è una macchina e ha bisogno di condizioni<br />

di vivibilità, con il nuovo millennio il Sol Levante<br />

ha deciso di tornare a far splendere le sue<br />

gemme più preziose.<br />

Il bisogno di aria. E così, passeggiando, un turista<br />

come un salaryman locale, si avvia alla stazione:<br />

per lasciare dietro di sè Tokyo basta salire<br />

su un avveniristico treno che scivola sinuoso<br />

su rotaie magnetiche a velocità comprensibili<br />

solo da un pilota di jet militari, e si inganna il<br />

tempo guardando fuori dal finestrino. Fa quasi<br />

impressione. Non una striscia di verde. In pratica<br />

non si ha mai la sensazione di essere usciti<br />

dall’area urbana. Case alte, basse, larghe, di legno,<br />

siano esse abitazioni o fabbricati industriali,<br />

si inseguono in una gimcana infinita.<br />

Finalmente si arriva a destinazione e si scende<br />

dal vagone super pulito e super civile. Ovviamente<br />

è prassi salutare con un inchino il vicino,<br />

che per ore se ne è stato seduto in silenzio<br />

con la sua mascherina, perché qui in <strong>Giappone</strong><br />

Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press


Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

il bene della collettività è supremo e quindi io, comune<br />

mortale, non devo propagare la mia virulenza ai<br />

miei vicini, né mi aspetto che altri possano farlo.<br />

E si è fuori. Ma il fuori qui ha un aspetto completamente<br />

diverso.<br />

Le città sacre. Kyoto appare in tutto il suo eclettismo.<br />

È indubbiamente una metropoli, ma qui l’aria è<br />

impregnata di sacralità. Ad ogni angolo ci si può imbattere<br />

in una pagoda, o in un tempietto. Giardini e<br />

foreste sono parte integrante dello scenario. Gli occhi<br />

si deliziano perché finalmente possono spaziare<br />

in lontananza e ammirare i colori. Ma questi non sono<br />

i colori dei neon e delle luci fluorescenti dei maxi<br />

schermi che tappezzano i palazzi della City. No. Sono<br />

distese di verde cangiante o, a seconda della stagione,<br />

interi mari che si tingono di un pallido e delicatissimo<br />

rosa che il vento trasporta leggero o di tutta<br />

quella tavolozza di gialli, ocra e rossi che solo la<br />

natura sa pigmentare.<br />

Sono i colori delle foreste che circondano le zone<br />

templari. Magnifiche oasi di perfezione. Vigono qui<br />

un perfetto silenzio, una perfetta pace, una perfetta<br />

armonia di suoni, luci e colori e una perfetta simbiosi<br />

tra la secolare edilizia tradizionale e la natura. Il legno<br />

antico prende il posto dell’acciaio e del cemento.<br />

Sculture di bronzo ci guidano nei percorsi, la pietra<br />

è viva e ci indica una strada, e il tintinnio delle campanelle<br />

ci spinge fuori dal complesso per farci avvolgere<br />

dalla vegetazione esterna.<br />

Il cuore batte ora ad un ritmo diverso. Inspiriamo e<br />

cominciamo ad arrampicarci per le scalinate scolpite<br />

nella roccia, arriviamo sullo spiazzo e già sentiamo di<br />

essere uomini nuovi, e finalmente varchiamo la soglia<br />

dei Ni-o e siamo dentro. Al centro di un mondo antico,<br />

dove gli evidenti contrasti sociali della città sono<br />

irrilevanti e la frenesia che ci ha accompagnato non ha<br />

più motivo di esistere.<br />

Si odora il profumo d’incenso, si compie il rito di<br />

purificazione nella fontana del tempio e ci si accosta<br />

alla preghiera. I minuti si dilatano. L’acqua si integra in<br />

queste oasi come elemento fondamentale e necessario:<br />

scorre fluida e si ferma, non stagna, ma gioca con<br />

i riflessi che le fronde coprono e scoprono a seconda<br />

di come sono mosse dal vento.<br />

Tra antico e moderno. Tokyo ed Osaka, megalopoli<br />

sterminate e soggette alle infinite sollecitazioni della<br />

globalizzazione, diventano una parte del tutto e il<br />

“quadro <strong>Giappone</strong>” si forma nel suo complesso: nonostante<br />

una facciata futuristica e altamente tecnologica<br />

emerge l’anima tradizionalistica, stoicamente fiera<br />

dei suoi valori originali, fatti di riti millenari che, benché<br />

in antitesi con il mondo moderno, convivono con<br />

esso con serena sopportazione.<br />

Astrid Pannullo<br />

Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press


Speciale<br />

ECONOMIA<br />

Basta essere iscritto ad una mail list delle<br />

compagnie di bandiera per scoprire<br />

che i confini del mondo sono molto<br />

più vicini di quanto non pensassimo.<br />

Volare in <strong>Giappone</strong> costa solo 390<br />

euro. In paragone si paga di più il biglietto<br />

per Praga, che dopotutto non è<br />

così distante dal nostro confine: la si<br />

può raggiungere serenamente in auto<br />

con un paio di soste sul percorso. Ma il <strong>Giappone</strong><br />

no. È in un altro emisfero, agli antipodi<br />

del mappamondo, eppure, a quanto pare, è<br />

molto vicino.<br />

40<br />

<strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

Un viaggio irripetibile con un budget irrisorio<br />

IL LATO<br />

POSITIVO<br />

DELL’ECONOMIA<br />

GLOBALE<br />

La sola idea di 14 ore di volo spaventa più<br />

per il costo dell’aereo che per altro. Eppure oggi<br />

la libera concorrenza ha abbattuto i prezzi<br />

e l’euro, sempre più forte sui mercati globali<br />

consente anche a qualche studente squattrinato<br />

di concedersi la realizzazione di un sogno<br />

In molti diranno che la sola spesa per visitare<br />

il <strong>Giappone</strong> non è quella del volo, ma va aggiunto<br />

l’alto costo del soggiorno e dei trasporti<br />

interni. Possiamo rispondere in modo corretto<br />

con cifre precise.<br />

Non solo usufruendo delle offerte periodiche<br />

degli aerei possiamo partire con 390 euro,<br />

ma pianificando il viaggio da casa possiamo<br />

comprare un pacchetto di biglietti, validi uno,<br />

due o più giorni, per viaggiare su tutta la linea<br />

ferroviaria nipponica a costi impensabili. Lo<br />

direste mai che per provare l’esperienza di<br />

viaggiare su un treno magnetico da Tokyo fino<br />

a Kyoto spendereste meno del pieno della vostra auto?<br />

80 euro ci sembrano una spesa modica, soprattutto<br />

se si pensa alla cifra che ci viene chiesta per raggiungere<br />

Milano da Roma.<br />

Ovviamente i prezzi degli alloggi variano a seconda<br />

delle esigenze.<br />

Sorvolando sull’ipotesi, sempre vincente, dello<br />

scambio di case, gli alberghi ci sono per tutte le tasche.<br />

Da quelli un po’ naif che ti consentono di alloggiare<br />

ad ore, magari anche scegliendo la camera<br />

che più ci aggrada su un monitor, a quelli rinomati<br />

per i servizi offerti, a quelli, inavvicinabili ai più, che<br />

consentono di vivere l’emozione di riposare in una<br />

suite arredata da uno dei tanti archistar che lavorano<br />

in <strong>Giappone</strong>.<br />

Analogo ventaglio di scelte è presentato dalla ristorazione<br />

che tra l’altro è in grado di soddisfare i gusti<br />

concernenti la più svariata cucina occidentale, il<br />

tutto filtrato dalla grande professionalità nipponica.<br />

Insomma, è da sfatare il mito di un Oriente troppo<br />

esoso. Il <strong>Giappone</strong> oggi è veramente per ogni tipo di<br />

clientela. Certo, se si decide di fare shopping a Ginza<br />

come Julia Roberts in Pretty Woman sarà il caso di attrezzarsi<br />

di un portafoglio a fisarmonica, ma questa è<br />

un’accortezza che dovremmo usare anche in Italia.<br />

Buon viaggio. (AP)<br />

41


Speciale<br />

HI- TECH<br />

42<br />

<strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

UN INDOTTO<br />

IN CRESCITA<br />

GRAZIE A<br />

INVESTIMENTI<br />

LUNGIMIRANTI<br />

Il <strong>Giappone</strong> non si piega al crack economico<br />

causato dalle ottimistiche politiche di investimento<br />

americane e riparte al contrattacco sfruttando le<br />

mastodontiche competenze in campo tecnologico<br />

della sua squadra di ingegneri. Fotovoltaico,<br />

industria automobilistica, robotica: la concezione<br />

ambientalista del mondo riparte dall’Oriente<br />

Con la Crisi made in USA del<br />

2008 che produce ancora i suoi<br />

effetti, sorprendentemente il<br />

mondo si è riscoperto ecologico.<br />

Le denunce degli ambientalisti<br />

che manifestavano, inferociti,<br />

contro le violazioni degli<br />

accordi di Kyoto, clima impazzito,<br />

tifoni, uragani e quant’altro<br />

non avevano convinto la massa, ma il portafoglio che<br />

piange ha spinto tutti a più miti consigli, ed ora, eccoli<br />

lì, a dichiararsi irriducibili sostenitori della tecnologia<br />

intelligente, del risparmio energetico e della coscienza<br />

ambientalista. Gli Americani stanno abbandonando<br />

i dispendiosi e altamente inquinanti Suv in favore<br />

delle più maneggevoli e spiritose Smart di produzione<br />

Mercedes-Benz, ma ecco che solertemente il<br />

<strong>Giappone</strong> scende in campo e riapre la competizione,<br />

forte della lungimiranza dei suoi tecnici e dei suoi analisti<br />

che, avendo previsto l’inversione del trend, da anni<br />

lavorano all’elaborazione di progetti ecosostenibili.<br />

Toyota forever. Per nulla intimorito dall’ascesa economico-industriale-tecnologica<br />

di Cina e India, l’arcipelago<br />

orientale ha dichiarato guerra al monopolio<br />

Smart sovvenzionando la Toyota nell’ideazione dell’ormai<br />

dilagante iQ, maneggevole scatoletta che,<br />

benché priva di bagagliaio, può vantare ben quattro<br />

sedili in meno di tre metri e una certa stabilità in curva,<br />

nonché un impianto di sospensioni e freni assolutamente<br />

perfetto per la gestione urbana del mezzo. La<br />

concezione rivoluzionaria dell’abitacolo, altamente<br />

versatile, la guida agile, la compatibilità ambientale e<br />

l’attenzione, tipicamente giapponese, al design esclusivo,<br />

l’hanno resa, in meno di un anno dal debutto su<br />

strada, una delle city-car più richieste dal mercato.<br />

Ma il <strong>Giappone</strong> ha fatto di più. Non contenti del successo<br />

conseguito, i <strong>Giappone</strong>si della Sanyo Electric,<br />

rinomata società di elettronica, hanno stretto un accordo<br />

con il noto marchio Wolkswagen per sviluppare<br />

una nuova batteria al litio che potrà essere utilizzata<br />

in auto ibride ed elettriche. Con risultati tangibili per<br />

il 2012 sembra proprio che il mercato automobilistico<br />

abbia deciso di affidarsi al Paese del Sol Levante per la<br />

sua rinascita dalle ceneri, o polveri sottili, dei suoi tubi<br />

di scappamento.<br />

L’accordo Sharp-Enel. Nell’ambito della collaborazione<br />

internazionale e dei progetti per la sostenibilità<br />

ambientale anche la nostrana Enel ha riconosciuto l’altissimo<br />

livello di competenza tecnica e la sorprendente<br />

concretezza creativa della Sharp. Questa società nipponica<br />

è infatti leader nel settore dei pannelli solari, tanto<br />

che la monopolista italiana si è affidata a loro per lo sviluppo<br />

del progetto “Per sostenere l’ambiente così<br />

com’è”, il cui slogan “La vera rivoluzione è non cambiare<br />

il mondo” parte proprio dall’assunto che il sistema,<br />

così come progettato da Dio, dal Big bang o chi per loro,<br />

prevede la sua autosufficienza.<br />

In quest’ottica le potentissime scoperte nipponiche,<br />

gli anni di dure ricerche e soprattutto la lungimiranza<br />

negli investimenti di settore vengono premiati dal largo<br />

riconoscimento internazionale della supremazia<br />

tecnologica made in Japan.<br />

Robotica. La visione del giorno che sarà. La capacità<br />

di prevenire i tempi è una caratteristica di questo<br />

grande popolo, che dall’arte allo spazio lascia sempre<br />

un segno riconoscibilissimo, degno di nota, che marca<br />

i tempi. Patria della nanotecnologia e della robotica,<br />

il <strong>Giappone</strong> esporta oggi, nelle fiere della scienza<br />

sparse per il modo, i più sofisticati software. Sono talmente<br />

avanzati a livello tecnologico che oggi possiamo<br />

addirittura sentire un robot suonare il violino.<br />

Il settore cinematografico è stato il primo a captare<br />

l’importanza dell’evoluzione tecnologica, tanto da sviluppare<br />

già una visione critica proponendo scenari<br />

drammatici che vedono i robot soppiantare l’umanità<br />

nella gestione del pianeta.<br />

Ma per i giapponesi robotica non significa solo stupire:<br />

l’intento sotteso a queste dimostrazioni eccezionali<br />

è quello di far comprendere ai potenti del settore<br />

l’altissimo livello di precisione che possono raggiungere<br />

queste macchine. Le applicazioni sono infinite: si<br />

va dai robottini che possono essere lanciati nello spazio<br />

per sondare le caratteristiche geologiche degli altri<br />

pianeti ai nuovi robot-artificieri che rischiano la “vita”<br />

al posto di un essere umano in complicatissime operazioni<br />

di disinnesco.<br />

La cooperazione. Benché forti di questa capacità di<br />

visualizzazione che precorre i tempi, i giapponesi sono<br />

sempre disposti a condividere i loro studi con i settori<br />

di eccellenza delle università straniere. La competizione<br />

in questo campo è quantomai costruttiva.<br />

Ciò che accade su piccola scala è ancora più evidente<br />

su quella larga: il profondo senso di rispetto della cultura<br />

nipponica è tangibile anche sul piano internazionale,<br />

dove le tematiche degli accordi riguardano questioni<br />

altamente rilevanti. È il caso della questione nucleare.<br />

Dopo gli avvenimenti del 1945 il <strong>Giappone</strong> si è<br />

dotato della tecnologia nucleare, ma, a differenza di altre<br />

grandi Nazioni, ha rispettato gli accordi relativi alla<br />

sottoscrizione del Trattato di non proliferazione.<br />

La massiccia presenza di centrali nucleari sul territorio<br />

nipponico è destinata ad un uso esclusivamente civile e<br />

mai ha aspirato a pretese di armamento. Nell’ottica di<br />

un mondo sempre più piccolo, dove i confini sono<br />

estremamente labili, il senso dell’onore giapponese diventa<br />

un prezioso esempio strategico da seguire. (AP)<br />

43


Speciale<br />

ARCHITETTURA<br />

44<br />

<strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

Quando lo spazio espositivo mira a diventare opera d’arte<br />

L’ARCHITETTURA<br />

RACCONTA<br />

LA MODA.<br />

IL BINOMIO<br />

TOKYO-GRIFFES<br />

Il risultato di una giornata di acquisti sfrenati<br />

non sta tanto nelle buste appese al braccio<br />

quanto più nel ricordo di una passerella eclettica<br />

alle volte maniacale, spesso radical chic<br />

ma sempre tipicamente asiatica.<br />

Omotesando, ovvero il quartiere<br />

che sta diventando la nuova fifth<br />

avenue. Le vetrine delle maggiori<br />

griffes si rifanno il look e così<br />

gli architetti più autorevoli mettono<br />

le loro firme su avveniristiche<br />

costruzioni che creano nuovi<br />

spettacolari scenari nella capitale<br />

del Sol Levante.<br />

A Tokyo lo shopping si trasforma<br />

in un giro culturale. Abiti<br />

e accessori vengono esibiti in spazi dalle forme<br />

concettualmente sempre più audaci in un dialogo<br />

di reciproca valorizzazione.<br />

Ginza e Omotesando, quartieri boutique.<br />

Così, mentre Tod’s si affida a Toyoo Ito e Dior<br />

lascia spazio alla creatività di Kazuyo<br />

Sejima, Hermès sceglie di stabilire<br />

la sua boutique nella zona<br />

di Ginza e assolda<br />

Renzo Pia-<br />

no: le strade si popolano di cantieri che danno alla luce<br />

spazi completamente rivoluzionati.<br />

Le palazzine preesistenti vengono inscatolate in<br />

nuovi contenitori. Acciaio e cristallo, vetri che lasciano<br />

spazio all’invasione della luce, luce che a volte viene<br />

canalizzata con sculture esterne che la proiettano<br />

all’interno come una lama salvifica.<br />

Prada style. Così, girovagando tranquillamente,<br />

d’improvviso si perde il fiato. Un grande cubo di cristallo<br />

a moduli romboidali, nell’aspetto simile ad un<br />

alveare, fa in modo che il passante possa avere uno<br />

sguardo di visuale sul mondo Prada, ma al contempo,<br />

se solo riesce a catturarlo al suo interno, regala a<br />

quello stesso ignaro camminatore<br />

uno scorcio di Tokyo assolutamente<br />

inedito.<br />

Un rombo ha il vetro<br />

concavo, un altro convesso,<br />

un altro ancora<br />

piatto, e il<br />

palazzo sembra<br />

quasi<br />

essere<br />

45


mosso da un sospiro sottile. Entriamo nella sfera della<br />

meraviglia. In questi sei piani di trasparenze si passeggia<br />

soavemente occhieggiando la merce in esposizione<br />

come si farebbe con le opere esposte in un<br />

museo. Esperienza indimenticabile.<br />

Inaugurato nell’agosto 2003, a distanza di oltre un<br />

quinquennio questo store ha mantenuto inalterato il<br />

suo fascino. Citato e proposto come esempio dalle<br />

principali riviste mondiali di architettura, è stato ideato<br />

dallo studio Herzog & de Meuron di Basilea che si<br />

46 <strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

sono divertiti a baloccarsi con un’architettura estrema<br />

che rasenta l’avanguardia.<br />

Qualcuno ha detto che si avvertono sensazioni<br />

quasi cinematografiche, a tratti fumettistiche, a provare<br />

un abito in un camerino sospeso tra i piani del<br />

negozio.<br />

In buona sostanza si è nascosti da un vetro leggermente<br />

sfumato da una gradazione diversa di saturazione,<br />

quasi sabbiato, e quindi non di rado si osserva,<br />

con divertimento pacato, il rituale del “tolgo e<br />

reindosso” di ogni avventore.<br />

Il silicone delle rastrelliere appendiabiti, le fibre<br />

ottiche che giocano sulla superficie dei tavoli e i colori<br />

tenui e romantici della nuance avorio dell’interno<br />

divertono l’acquirente come un parco giochi di<br />

sensazioni. I sensi escono sazi da una visita così stravagante<br />

e rilassante.<br />

Spazio espositivo come opera d’arte. L’architettura,<br />

con il nuovo millennio, ha valicato le soglie del-<br />

la mera edilizia e si cimenta con un nuovo potere:<br />

come cornice di un rituale moderno, quello consumistico.<br />

Alla fine della fiera, il risultato di una giornata di<br />

acquisti sfrenati non sta tanto nelle buste appese al<br />

braccio, quanto più nel ricordo di un caleidoscopio<br />

di colori e nella consapevolezza di essere stati parte,<br />

per un’ora, un pomeriggio o un giorno, di una passerella<br />

eclettica, alle volte maniacale, spesso radical<br />

chic, ma sempre tipicamente asiatica. (AP)<br />

47


Speciale<br />

RELIGIONE<br />

48<br />

I GIAPPONESI?<br />

SPIRITUALI<br />

FINO<br />

ALL’ASSURDO<br />

E PRAGMATICI<br />

FINO<br />

ALL’ESTREMO<br />

Religioni parallele:<br />

una simbiosi<br />

civile nel rispetto<br />

delle libertà altru<br />

C’è un antico detto:<br />

“I <strong>Giappone</strong>si nascono<br />

shintoisti,<br />

si sposano da cristiani<br />

e muoiono da buddhisti”<br />

<strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

Firma se c’è<br />

Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

L’<br />

immagine di un bonsai riassume<br />

il cammino dell’anima religiosa<br />

nipponica. Le radici<br />

affondano nel fertile terreno del<br />

multiculturalismo locale che ha<br />

ospitato, sin dall’antichità, una<br />

moltitudine di religioni, associandole<br />

talvolta in forme fantasiose.<br />

Se il tronco è lo shintoismo,<br />

i rami che rendono così vivo<br />

l’albero sono sicuramente il<br />

buddismo, il cristianesimo e il confucianesimo.<br />

C’è un detto che recita: “I <strong>Giappone</strong>si nascono<br />

shintoisti, si sposano da Cristiani e muoiono come<br />

buddhisti”. Potrebbe sembrare un’affermazione paradossale,<br />

ma in essa è contenuta l’essenza stessa della<br />

mentalità giapponese, spirituale fino all’assurdo e<br />

pragmatica fino all’estremo.<br />

Vero è che, appena nati, tutti i bambini vengono<br />

presentati solennemente alle ottocento miriadi Kami,<br />

cioè le divinità del pantheon scintoista (così come avviene<br />

anche per i novelli sposi all’atto del matrimonio),<br />

ma alla fine del cammino della vita la cerimonia del funerale<br />

viene sempre svolta in un tempio buddhista.<br />

È evidente che il substrato culturale nipponico sia<br />

impregnato dai concetti di creazione e di armonia cosmica,<br />

tipici del confucianesimo, ma la caratteristica è<br />

che questo humus nazionale con i secoli è diventato<br />

una filosofia di etica sociale.<br />

Tre religioni per un unico Credo. Sebbene i<br />

dati ufficiali indichino che il 53% della popolazione sia<br />

shintoista, il 40% buddhista, il 5% di fede confuciana e<br />

solo l’1,2% cristiana, non di rado capita di scoprire che<br />

molti dichiarano una doppia o tripla appartenenza religiosa.<br />

Questo perché i <strong>Giappone</strong>si non vivono la fede<br />

come un’esperienza personale, intesa come senso religioso<br />

individuale profondo unicamente incentrato<br />

su uno specifico credo, quanto più come una pratica<br />

corale che riassume le variegate sfaccettature di quel<br />

caleidoscopio che è il credo nel soprannaturale.<br />

Ogni <strong>Giappone</strong>se si reca ai luoghi di pellegrinaggio,<br />

frequenta tanto i templi quanto le chiese, sosta in<br />

preghiera o in adorazione in entrambi i luoghi e in<br />

questo modo dimostra come la fede sia avvertita come<br />

un inestricabile groviglio di emozioni, tradizione ed<br />

opportunità.<br />

Shintoismo. Lo shintoismo è senza dubbio l’anima<br />

ancestrale del <strong>Giappone</strong>. Nato come pratica divinatoria<br />

per propiziare la fertilità e i buoni auspici è rimasto<br />

nella coscienza della gente come la forma di un<br />

contatto benigno con gli antenati. Le cronache antiche<br />

lo descrivono con l’immagine di “miriade di spiriti che<br />

brillano come lucciole che in ogni albero e cespuglio<br />

potevano parlare”.<br />

Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

49


Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

Non è una religione patriarcale, né una religione<br />

del Libro, eppure sfugge anche alla catalogazione di<br />

“codice morale”. Sembra più una credenza mitica dal<br />

valore atavico ed ineluttabile. È un modus vivendi,<br />

una tradizione, un comportamento antico come la terra<br />

stessa delle isole dell’arcipelago che, infatti, sarebbero<br />

nate proprio dall’unione di due divinità dalla<br />

progenie delle quali si fa discendere l’intera genealogia<br />

imperiale.<br />

La via di Buddha. Il buddhismo, al contrario, arrivò<br />

qui, in queste terre lontane, con una storia già<br />

millenaria alle spalle, ma non attecchì nella sua forma<br />

tradizionale, quanto piuttosto con la corrente del<br />

Grande Veicolo.<br />

Esso importò la solida organizzazione monastica<br />

tipica del cammino dell’Illuminato, e con essa anche<br />

le forme d’arte e di architettura che si erano sviluppate<br />

sul Continente e che erano completamente estranee<br />

al <strong>Giappone</strong> dei primi secoli.<br />

Catalizzò, come è ovvio, l’attenzione delle masse e<br />

si andò ad integrare con la religione autoctona elaborando<br />

una nuova religiosità.<br />

Nonostante i due diversi punti di partenza delle religioni,<br />

in quanto lo shintoismo accetta in ogni forma<br />

ciò che la natura e l’universo creano mentre il buddismo<br />

rifiuta le cose del mondo perché fonti di dolore e<br />

ostacoli alla comprensione della realtà ultima, le religioni<br />

trovarono un punto di contatto nell’ottimismo sulla<br />

bontà dell’uomo e sulla sua possibilità di salvezza.<br />

Inizialmente il Buddha fu percepito come un altro<br />

Kami, un’ennesima divinità oltre a quelle shintoiste,<br />

ma il suo successo come figura autonoma è dovuto al<br />

seguito che riscosse in ambito nobiliare.<br />

Le religioni orientali pertanto riuscirono a trovare<br />

entrambe il proprio spazio nel cuore del popolo, ma<br />

questo forse avvertiva ancora la necessità di un’ulteriore<br />

fede.<br />

Il Cristianesimo. Il cristianesimo letteralmente<br />

approdò sulle sponde del <strong>Giappone</strong> il 15 agosto 1549.<br />

Inizialmente non trovò molti adepti.<br />

Di spirito confessionale, basato su una rigida gerarchia<br />

e proclamato come unica vera fede, parve non<br />

attecchire.<br />

I <strong>Giappone</strong>si non erano indios. Non si facevano<br />

convincere facilmente, né erano disposti a riconoscere<br />

un’autorità indiscutibile come quella papale.<br />

Eppure trovò accoliti. Anche in questo caso a generare<br />

la curiosità e poi l’affezione al credo fu l’introduzione<br />

di alcune strutture. Tentando l’approccio gesuitico,<br />

con l’apertura di centri scolastici e ospedalieri,<br />

trovò anch’esso il suo angolo nel panorama eclettico e<br />

multiculturale del Sol Levante.<br />

Arredamenti plurireligiosi. Ad oggi perciò non<br />

stupisce che in ogni casa ci siano tempietti che onorano<br />

gli antenati, croci appese alle pareti e campanelli<br />

che pendono dai porticati d’ingresso per scacciare i<br />

maligni.<br />

Questa spiritualità generale e confusionaria che ci<br />

affascina e riscuote tanta simpatia rispecchia peraltro<br />

non solo la tradizione nipponica, ma anche l’approccio<br />

moderno dell’uomo alla religione. (AP)


Speciale<br />

ARTESACRA<br />

52<br />

NI-O: OVVERO<br />

GLI ANTICHI<br />

CUSTODI<br />

DEI<br />

LUOGHI<br />

DI FEDE<br />

In <strong>Giappone</strong><br />

come in Cina<br />

e in Egitto l’uomo<br />

ha avvertito la<br />

necessità di porre<br />

spaventosi<br />

guardiani<br />

davanti ai<br />

sacrari<br />

<strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

Aogni località del mondo corrisponde<br />

un’immagine nella memoria popolare.<br />

New York ci fa pensare ai grattacieli,<br />

Roma al Colosseo, Parigi alla Tour Eiffel,<br />

l’Egitto alle Piramidi. E il <strong>Giappone</strong>?<br />

Il <strong>Giappone</strong> rievoca di tutto un po’.<br />

Tokyo è la città delle metropolitana su<br />

binari magnetici e dei grattacieli “al plasma”,<br />

ma è anche la capitale del Paese<br />

dei templi, meraviglie architettoniche di legno vecchio di secoli che mai<br />

avrebbero potuto resistere sul terreno d’Europa, deturpato e trasfigurato<br />

da secoli di conflitti. In questo arcipelago lontano dai sussulti bellici<br />

dell’umanità, almeno fino alla follia atomica, il legno ha resistito.<br />

Storia antica. In questo <strong>Giappone</strong> dal sapore antico ai bambini<br />

si narra ancora una leggenda: “C’era una volta un Re che aveva due<br />

mogli. Dalla prima ebbe cento figli, ma nessuno di loro volle seguire<br />

il cammino di comando del padre e tutti scelsero la strada del<br />

Buddha. Questi ragazzi avevano due fratelli, i<br />

figli della seconda moglie. Di indole completamente<br />

opposta i due scelsero comunque<br />

un itinerario complementare.<br />

Intendendo proteggere i loro fratelli<br />

monaci entrambi si misero al servizio del<br />

tempio. Il più giovane si dedicò alla cura<br />

delle anime buone, mentre il maggiore<br />

votò la sua vita alla difesa della comunità<br />

monacale dagli attacchi del Male”.<br />

Antiche culture a confronto. Questa<br />

leggenda racconta della nascita dei Ni-o, i protettori<br />

delle porte, che dal nome proprio del<br />

guerriero Kongo Rikishi traggono per anagramma<br />

la loro natura.<br />

Al di là della visione romantica della storia queste<br />

figure sono state importate con la religione buddista,<br />

ma possono essere facilmente ritrovate nelle<br />

culture di mezzo mondo. Così come le Sfingi o i celebri<br />

Shishi lion-dogs della cultura cinese, i Ni-o sono<br />

posti accanto alle porte d’accesso delle zone templari.<br />

A destra c’è Ungyo, rappresentato con la bocca chiusa:<br />

il suo compito è difendere l’interno dagli attacchi del<br />

Male. La radice del suo nome, “un” o “om”, significa morte,<br />

quindi, per trasposizione, il custode rappresenta la fine, l’omega,<br />

il buio, ed è naturalmente contrapposto al suo pari,<br />

Agyo. Situato sul lato sinistro del portale è rappresentato con la<br />

bocca aperta e la radice del suo nome, “ah”, significa dunque inizio,<br />

nascita, luce, insomma l’alpha.<br />

Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

53


Curiosamente, e non casualmente, i suoni delle<br />

radici corrispondono rispettivamente all’ultima<br />

e alla prima lettera dell’alfabeto giapponese.<br />

Respiro sacro. Mastodontici, con il loro 26<br />

piedi d’altezza, dominano sulle figure che si affastellano<br />

all’ingresso del tempio e quasi incutono<br />

un reverenziale timore a chi passa tra di loro. I templi<br />

sono sempre siti fuori dall’area urbana, e già per<br />

raggiungerli si attraversano i silenzi dei parchi in<br />

cui sono immersi, ma una volta valicato il portone<br />

un intimo silenzio avvolge lo spettatore che quasi<br />

può immediatamente percepire un nuovo senso di<br />

protezione, di intimità con se stesso.<br />

In <strong>Giappone</strong>, come in Cina, come in Egitto,<br />

l’uomo ha avvertito la necessità di porre i custodi<br />

a guardia dei sacrari. Forme diverse hanno esercitato<br />

un comune senso di protezione sui luoghi<br />

dove le anime si purificano, riposano o si rendono<br />

più vulnerabili nei momenti di raccoglimento.<br />

La presenza di tanti vigili giganti e inquietanti in<br />

gito per il pianeta avrebbe forse dovuto pacificare<br />

gli animi.<br />

Così non è stato, ma ancora una volta le culture<br />

antiche ci ricordano, con questo comune<br />

desiderio di protezione intagliato nel legno o<br />

nella pietra, che, per quanto lontano, “tutto il<br />

mondo è paese”. (AP)<br />

54 <strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

I<br />

l gusto per la natura. Questa è la caratteristica<br />

principale dell’arte giapponese.<br />

L’attenzione all’armonioso<br />

rapporto che intercorre tra uomo e<br />

natura, quell’equilibrio tra dettaglio e<br />

minimalismo che porta non solo a testimoniare<br />

con il disegno una scena<br />

di vita antica, ma a trasmettere gli elementi<br />

sensoriali dell’epoca passata.<br />

Un artista giapponese non si limita a riprodurre<br />

o interpretare la realtà che lo circonda attraverso<br />

il linguaggio di uno stile piuttosto che<br />

di un altro, ma compie una retrospettiva che è il<br />

sunto dell’esperienza shintoista in chiave artistica.<br />

L’arte nipponica ha mantenuto questa peculiare<br />

caratteristica in tutti i tempi, compreso<br />

quello moderno.<br />

Due artisti per un nuovo<br />

stile. Da Hiroshige a<br />

Hokusai, fino a Murakami<br />

dei giorni nostri, ogni artista<br />

è riuscito a rappresentare<br />

e ad esportare il<br />

gusto di dipingere la<br />

natura in forme non naturalistiche.<br />

Infatti, nella<br />

grande pittura giapponese,<br />

la Natura viene reinventata,<br />

ritrascritta in linee e<br />

disegni.<br />

Le conquiste espressive nipponiche<br />

sono state il frutto di un’intuizione:<br />

la scoperta del valore del vuoto; una<br />

pittura essenziale che si esprime in un’arte del<br />

togliere invece che di aggiungere; la costruzione<br />

di immagini senza volume e senza peso;<br />

l’assenza di ombre e chiaroscuri, così cari all’evoluzione<br />

pittorica occidentale.<br />

Il colore abbatte il muro dei secoli<br />

HOKUSAI<br />

E HIROSHIGE<br />

L’ANTICHITÀ<br />

SI VESTE DI FIORI<br />

All’ombra del Fuji-Ama<br />

l’evoluzione dell’arte<br />

vista con gli occhi a mandorla<br />

Prima degli en plain air i figli del Sol Levante<br />

hanno intuito il crollo dei valori barocchi e<br />

hanno forgiato un nuovo movimento basandosi<br />

su una reinterpretazione dei colori chiari, sull’esaltazione<br />

della luce e su pennellate più veloci,<br />

materiche, racchiuse in linee nitide. In pratica,<br />

hanno inventato l’Impressionismo.<br />

Katsushika Hokusai. È stato l’apripista. Le<br />

sue trentasei vedute del monte Fuji hanno rivoluzionato<br />

il panorama artistico e influenzato radicalmente<br />

la concezione della natura di Hiroshige.<br />

I luoghi naturali, fino ad allora relegati in secondo<br />

piano, sono diventati i protagonisti<br />

dell’Ukiyo-e, il genere delle “immagini del<br />

mondo fluttuante”, e la sua idea di<br />

rappresentare lo stesso soggetto<br />

con luci e angolazioni differenti<br />

in un lungo arco di<br />

tempo segnerà una svolta<br />

nell’arte pittorica.<br />

Questa concezione<br />

maniacale del ritratto<br />

paesaggistico a 360<br />

gradi sarà ripresa anche<br />

da Monet, nel ciclo sulla<br />

cattedrale di Rouan o in<br />

quelli dei covoni di paglia<br />

o delle ninfee, emblema di<br />

tutta l’epoca impressionista.<br />

L’uomo, con la sua identità,<br />

con il suo lavoro, diventa un semplice<br />

elemento riempitivo della scena.<br />

Perdita di caratterizzazione. L’uomo è superfluo.<br />

Gli uccelli, gli alberi, un semplice ponte,<br />

diventano il veicolo di un messaggio sotteso<br />

a tutta l’opera, quasi fotografica, con cui si narra<br />

la storia della terra natale.<br />

Speciale<br />

PITTURA<br />

55


C’è il rifiuto del caos industriale delle grandi città,<br />

c’è la denuncia dell’alienazione dell’individuo e la sua<br />

scomparsa dalle scene. C’è la meraviglia del Creato<br />

che si manifesta in tutto il suo splendore.<br />

Utagawa Hiroshige. Ha preso dal suo maestro,<br />

Utagawa Toyohiro, il nome d’arte con cui è comunemente<br />

conosciuto, ma nacque come Tokutar nella famiglia<br />

And, samurai di basso rango a capo di una caserma<br />

di vigili del fuoco. Orfano in giovane età intraprese<br />

con ritardo gli studi pittorici, ma è stato il vero<br />

artefice del boom della tecnica silografica.<br />

Cresciuto all’ombra di un gigante del ritrattismo, si<br />

è avvicinato alla pittura naturale grazie all’influenza di<br />

Hokusai e ha esportato la Japan-mania nella vecchia<br />

Europa colonica. Le sue niskikie, chiamate anche immagini<br />

di broccato, sono diventate opere di pregio<br />

per collezionisti selezionati, motivo di vanto delle importanti<br />

famiglie dei salotti nobili.<br />

L’eredità. Oggi il<br />

<strong>Giappone</strong> esporta<br />

tutt’altro genere di arte.<br />

Un’espressione sicuramente<br />

figlia del suo<br />

tempo, che in molti<br />

però criticano perché in<br />

contrasto con tanto glorioso<br />

passato.<br />

Eppure Murakami,<br />

con la sua visione eccentrica<br />

della realtà, fatta<br />

di curve geometriche,<br />

figure stilizzate e<br />

faccette sbarazzine che<br />

ci sorridono dallo stame<br />

di ormai celeberrime<br />

margheritine, è di-<br />

56 <strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

ventato l’icona di una<br />

generazione manga dipendente<br />

che rifugge<br />

dalla realtà alienante<br />

del mondo del lavoro e<br />

predilige il sogno di<br />

una vita eccitante fatta<br />

di eroi, maschili e femminili,<br />

sempre perfetti,<br />

trendy, alla moda, efficienti,<br />

dal grande intuito<br />

e dall’atteggiamento<br />

accattivante.<br />

Le mostre. A Roma<br />

per mesi il Museo del<br />

Corso, fervidamente<br />

presieduto e animato<br />

da Emanuele Emmanuele,<br />

è stato meta di un folto pellegrinaggio. Un’affluenza<br />

di pubblico sbalorditiva ha dato ragione alla<br />

scelta di grandi mostre, dalla Cina imperiale alla raffinata<br />

arte giapponese di Hiroshige.<br />

Analoga lungimiranza viene manifestata dai curatori<br />

del Guggenheim di Bilbao, che nella splendida<br />

cornice di Gehry, ha dato spazio al nuovo talento nipponico,<br />

in mostra fino a marzo.<br />

Il nuovo trend espositivo europeo mira a coinvolgere<br />

finalmente anche i bambini. L’arte così viene a<br />

coinvolgere le nuove leve tornando ad essere veicolo<br />

di cultura ed interazione per allargare sempre più i<br />

confini del nostro mondo.<br />

Francesca Amirante<br />

Q<br />

uando un amico giapponese<br />

ci invita a teatro è<br />

opportuno fidarsi? Quesito<br />

quanto mai adatto al<br />

panorama teatrale nipponico.<br />

Benché nella capitale<br />

vengano messe in scena le<br />

più moderne commedie di<br />

Broadway il <strong>Giappone</strong> continua a coltivare la<br />

sua tradizionale formula teatrale.<br />

Il dramma “No” fu perfezionato tra il XIV e<br />

il XV secolo da Kan’ami e suo figlio Zeami,<br />

esponenti della scuola Kanze, ma fu con lo shogun<br />

Ashigaka Yoshimitsu che si sviluppò e<br />

trovò il suo posto come teatro dell’aristocrazia.<br />

Ancora oggi, a distanza di secoli, non tutti<br />

sono in grado di apprezzare questi drammi,<br />

che mettono in scena il tormento delle libertà<br />

negate: parole, pensieri e sentimenti straziano<br />

le vite dei protagonisti che sono così portati ad<br />

una riflessione introspettiva sulla dignità della<br />

parola nel percorso dell’esistenza.<br />

Una tradizione tramandata di padre in figlio<br />

L’ANTICO<br />

TEATRO<br />

GIAPPONESE<br />

DEI “NO”<br />

Spettacolo inconsueto. Palcoscenico<br />

allestito nei minimi dettagli<br />

Si penserebbe a una scenografia<br />

grandiosa, da opera felliniana<br />

Nulla del genere<br />

Il teatro No prevede un rigido copione<br />

che disciplina severamente<br />

ogni aspetto della messa in scena<br />

La difficoltà delle tematiche e la profondità<br />

dei ragionamenti, quasi filosofici, sul senso dell’esistenza<br />

fanno sì che questo genere teatrale<br />

non riscuota un vasto successo di pubblico, ma<br />

il “No” ha ancora degli estimatori tenaci che lo<br />

hanno riportato in vita. Rappresentato esclusivamente<br />

in teatri predisposti, è programmato<br />

solo a Tokyo, Osaka e Kyoto.<br />

Il palcoscenico. È uno spettacolo inconsueto.<br />

Palcoscenico allestito nei minimi dettagli.<br />

Si penserebbe ad una scenografia grandiosa,<br />

da opera felliniana. Nulla del genere.<br />

Il teatro “No” prevede un rigido copione,<br />

che disciplina severamente ogni aspetto della<br />

messa in scena, ivi compresa l’ambientazione.<br />

Il palcoscenico deve essere rigorosamente in<br />

legno di Hinoki, cipresso giapponese, vi è<br />

un’entrata principale chiamata Makaguchi, ma i<br />

suonatori e gli attori passano attraverso l’Agemaku,<br />

una tenda colorata sempre in tre o cinque<br />

colori. I cantanti del coro e i suggeritori usufruiscono<br />

di un altro accesso: il Kirido-Guchi.<br />

Speciale<br />

T E A T R O<br />

57


Poche persone si alternano sulla passerella, ma se<br />

non si è fini intenditori le immagini aiutano poco. La<br />

scenografia è essenziale: o ci sono quattro colonne,<br />

anch’esse dotate di nomi propri (Metsuke-Bashira,<br />

Shite-Bashira, Fue-Bashira, Waki-Bashira), o tre pini,<br />

in primo, secondo e terzo piano, o il Kagami-ita, un<br />

disegno di un rigoglioso pino verde nello stile della<br />

scuola Kano, che per la tradizione scintoista rappresenta<br />

l’arbusto usato dagli dei per scendere sulla terra.<br />

In quest’ambiente si svolgono i drammi che si dividono<br />

in cinque categorie a seconda che il personaggio<br />

sia una divinità, un guerriero, una donna attraente,<br />

un folle o un personaggio storico.<br />

Le maschere e le musiche. Il teatro No adotta, in<br />

virtù della tipicità dei soggetti, delle maschere, scelta comune<br />

in tutte le più antiche forme teatrali del mondo.<br />

Ma le maschere “No” sono diverse. La loro peculiarità<br />

sta nella loro fabbricazione. Tradizione antica,<br />

passata da padre in figlio, insegna a plasmare la maschera<br />

di modo che, a seconda di come vi si rifranga la<br />

luce, essa presenti un’espressione piuttosto che un’altra.<br />

L’attore perciò deve possedere una concreta dimestichezza<br />

con il palco, un’intimità con le sue luci e<br />

le sue ombre, tale da esprimere attraverso la maschera<br />

un’emozione.<br />

Ad ogni categoria appartiene un repertorio di musiche<br />

e canovacci. E proprio le melodie possono fare<br />

da guida: lente e strazianti per le donne afflitte da pene<br />

d’amore, incalzanti per i guerrieri e di toni saggi<br />

per i personaggi religiosi. Introducono la storia, ma<br />

molto più sono esplicative della vicenda. L’azione,<br />

sempre molto lenta, è perennemente accompagnata dal<br />

58 <strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

coro di jiutai, solitamente otto suonatori.<br />

Il loro compito è quello di dar voce alle maschere<br />

nonché di esplicitarne i pensieri e le emozioni.<br />

Ma anche nel caso in cui a questo punto l’osservatore<br />

si sia fatto un’idea di cosa sta osservando, non è<br />

detto che abbia compreso veramente le vicende in<br />

scena. Si potrebbe pensare infatti che basti una discreta<br />

conoscenza della lingua e delle figure per poter interpretare<br />

correttamente i dialoghi. Non è così.<br />

La parola come filosofia. L’ennesima particolarità<br />

del teatro “No”, rispetto al Kabuki che ne è la volgarizzazione,<br />

sta nella costruzione del testo, che può<br />

essere interpretato liberamente da ogni spettatore data<br />

la peculiarità della lingua che presenta numerosi<br />

omofoni. Il “No” è una filosofia: la parola va ascoltata,<br />

compresa ed elaborata.<br />

Insomma, non solo recitare questi spettacoli prevede<br />

una conoscenza profonda della tipologia di rappresentazione,<br />

ma anche per assistervi e comprenderli<br />

appieno bisogna avere una speciale predisposizione.<br />

Benché assistere ad una rappresentazione sia<br />

un’esperienza unica non si può certo dire che sia salutare<br />

al proprio ego. Bisogna venire a patti con la propria<br />

ignoranza, e se questo discorso vale per ogni<br />

“non nipponico”, anche per i figli del Sol Levante queste<br />

opere sono una sfida.<br />

Ai posteri l’ardua sentenza: per quanto gli eruditi<br />

dicano di amarli, per apprezzare i “No” bisogna essere<br />

un vero giapponese.<br />

Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

Paola Francesca Natale<br />

Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

Dal kimono alla moda manga<br />

L’EVOLUZIONE<br />

DI UNO STILE<br />

ESCLUSIVAMENTE<br />

GIAPPONESE<br />

La fortuna di intere città, prima tra tutte la<br />

nostra Venezia, è stata determinata dalla<br />

capacità di commerciare con i paesi asiatici.<br />

Tra tutti i settori quello tessile ne ha<br />

da sempre tratto maggiori vantaggi. Le sete<br />

sono state senza alcun dubbio uno dei prodotti<br />

più richiesti dall’elite europea, e il gusto<br />

esotico cominciò ad essere preso come riferimento,<br />

oltre che per i materiali, anche per i<br />

modelli degli abiti.<br />

Il manga-fashion ha allargato<br />

i suoi orizzonti includendo nel mercato prestigiose<br />

griffes: Louis Vuitton<br />

e Miuccia Prada alla conquista<br />

dello stile d’Oriente<br />

Speciale<br />

S O C I E T À<br />

59


In molti si spinsero oltre i confini delle terre<br />

conosciute, e ben presto l’antico continente<br />

venne a conoscenza di un arcipelago fino a<br />

quel momento ignoto.<br />

La casta kimono. Si narrava di affascinanti<br />

creature di grazia incomparabile e dalle movenze<br />

ipnotiche. Nulla che fosse meno che<br />

ineccepibile per correttezza e rettitudine di<br />

comportamento veniva inscenato da queste<br />

ammalianti incantatrici che parevano possedere<br />

e custodire la saggezza dei mille misteri della<br />

vita. Il mondo scoprì l’esistenza delle gheishe,<br />

le dame d’Oriente. Casta chiusa, di difficilissimo<br />

accesso: comprendeva un mondo inavvicinabile<br />

in cui ogni momento dell’esistenza<br />

era calibrato in funzione di uno scopo.<br />

Ogni gesto aveva un significato e così pure<br />

ogni accessorio nascondeva una funzione imprevista<br />

per i più. L’abito era una delle armi più<br />

importanti di queste donne, vere maestre dell’arte<br />

di una guerra più sottile di quella condotta<br />

sui campi di battaglia. Tre teli di stoffa, ricamati<br />

diversamente, erano l’armatura di quest’esercito<br />

del bon ton, il segno distintivo del livello raggiunto<br />

da ogni fanciulla. Il kimono era a tutti gli<br />

effetti il segno d’onore, la medaglia appuntata<br />

sul petto della gheisha. Ricami in oro e fantasie<br />

elaborate davano alla donna la giusta collocazione<br />

ai vertici della gerarchia, la semplicità era<br />

invece il segno dell’inesperienza di una novizia.<br />

Il costo elevatissimo di un kimono pregiato<br />

rendeva l’abito inaccessibile alla donne comuni<br />

e indossare un capo tanto prezioso denotava,<br />

per così dire, la “perfezione della perla”. Solo<br />

una gheisha perfetta, ovvero esperta nell’arte<br />

della conversazione e in quella di servire a dovere<br />

durante la cerimonia del thé, poteva aggiudicarsi<br />

i favori di un Signore e beneficiare del<br />

suo status sociale, leggi anche patrimoniale, e<br />

poter quindi permettersi di sfoggiare creazioni<br />

60 <strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

che ad oggi definiremmo di alta moda, frutti meravigliosi<br />

di un’arte millenaria oggi quasi del tutto perduta.<br />

Globalizzazione dello stile. Con la seconda<br />

guerra mondiale anche il mondo segreto delle gheishe<br />

subì il contrappasso. Le loro arti e segni distintivi della<br />

casta divennero merce di scambio, chiave per la sopravvivenza<br />

e i loro patrimoni, ovvero le loro collezioni<br />

di kimoni, furono svenduti al miglior offerente.<br />

Ormai accessibili a chiunque divennero di uso comune<br />

e ancor oggi non è insolito vedere donne svolgere<br />

le loro mansioni quotidiane così agghindate.<br />

Con il nuovo millennio da questa estremità dell’Oriente<br />

è arrivato un ulteriore modello di femminilità e<br />

un nuovo stile futuristico, che adesso come allora pare<br />

convincere il mercato femminile, anche haute couture.<br />

Parliamo del fenomeno manga-fashion che in<br />

questi anni ha travolto non solo i giovani, ma anche<br />

insospettabili professionisti e padri-madri di famiglia.<br />

Manga-style. Oggi il passepartout per apparire<br />

sempre giovanili e vincenti nel mercato moderno è diventato<br />

un abbigliamento, se non propriamente made<br />

in Japan, almeno ispirato allo stile Sol Levante versione<br />

hight school.<br />

Per i più giovani la nuova divisa comprende zatteroni<br />

coloratissimi con zeppe di almeno 10 centimetri<br />

rigorosamente abbellite da applicazioni floreali che<br />

fanno molto moda bimba. Contrariamente alle nostrane<br />

zeppe anni ’70 non devono assolutamente essere<br />

coperte da pantaloni a zampa o di altro genere, ma sono<br />

accoppiate a minigonne svolazzanti, anch’esse dai<br />

colori iridescenti e di materiali tutt’altro che preziosi.<br />

Praticamente è uno stile altamente infiammabile.<br />

Gli esperti di moda giovanile sostengono che a<br />

completare l’insieme occorre avere un atteggiamento<br />

perennemente da cattiva ragazza: aria furbesca, sguardo<br />

malizioso e propensione a cacciarsi nei guai. Sinceramente,<br />

dalla ritrosia che hanno dimostrato al momento<br />

di essere fotografate non ci sembra che questa<br />

deduzione sia corretta. Anzi, è molto interessante con-<br />

statare il contrasto tra un abbigliamento tanto appariscente<br />

e la timidezza pudica di cui tutte fanno sfoggio.<br />

Ovviamente ci sono anche fanciulle più morigerate,<br />

che per attenersi al new look generation potranno<br />

sempre optare per gonna a pieghe al ginocchio, camicia<br />

e calzettoni bianchi correlati a scarpe basse in perfetto<br />

stile collegiale di Osaka.<br />

Prada e Vuitton cavalcano il trend. Ma c’è di<br />

più. Il manga-fashion ha allargato i suoi orizzonti includendo<br />

nel mercato anche prestigiose griffes.<br />

Miuccia Prada ha creato un’intera collezione di pull<br />

di cachemire e abitini da guerriera ispirandosi ai modelli<br />

creati da lei stessa per un personaggio di un film<br />

d’animazione 3D di John Woo, celebre regista di<br />

Hong Kong, e lo storico marchio francese Louis Vuitton,<br />

in collaborazione con il brand Comme des<br />

Garçons, per festeggiare i 30 anni di apertura dello<br />

store di Tokyo, ha creato una collezione in edizione<br />

limitata di 6 borse.<br />

Questa riedizione futuribile dei modelli storici della<br />

firma francese comprende anche un omaggio personale<br />

della stilista Rei Kawakubo che per l’occasione<br />

ha ripescato e rivisitato pezzi vintage degli anni ’70 come<br />

la Petit Marceau e la Sac à 2 poches. Questa specialissima<br />

collezione vede i modelli della casa Vuitton<br />

modificare i propri colori classici e firmare il logo con<br />

tinte vivacissime, nonché accostare ai manici strani<br />

animaletti in canvas monogram.<br />

La moda globale. Dalle pregiate sete e dai modelli<br />

tradizionali il <strong>Giappone</strong> è passato a più moderne<br />

interpretazioni del vestiario occidentale. Certo non<br />

tutti, oltreoceano, ora andranno in giro travestiti da fumetto,<br />

ma è innegabile che accessori in stile orientale<br />

stanno invadendo i nostri guardaroba. Forse l’Oriente<br />

non ha più quell’innegabile fascino esotico di cento<br />

anni fa, ma si può ben dire che ancora esporti modelli<br />

in grado di influenzare il gusto dell’Occidente.<br />

Laura De Donno<br />

61


Speciale I meccanismi olimpici<br />

OLIMPIADI<br />

HIROSHIMA<br />

E NAGASAKI<br />

CANDIDATE ALLE<br />

OLIMPIADI 2020<br />

A distanza di cinquant’anni<br />

il <strong>Giappone</strong> si ricandida come sede<br />

dei Giochi olimpici. Questa volta l’intento<br />

è la promozione del disarmo nucleare<br />

Ma è d’obbligo operare un’ardua scelta<br />

nei cuori della gente: quale sarà la città<br />

che meglio rappresenterà il dolore<br />

della Nazione tra Hiroshima e Nagasaki?<br />

Il <strong>Giappone</strong> ha già ospitato un’Olimpiade.<br />

Tokyo è rinata dalle piaghe del secondo<br />

conflitto mondiale e ha cominciato una ricostruzione<br />

che non aveva avuto precedenti.<br />

E con l’attesa dei Giochi del 1964 si sono<br />

incrementati gli sforzi. La città si è trasformata<br />

sotto la spinta delle sovvenzioni economiche degli<br />

sponsor, introdotte per la prima volta ad assecon-<br />

dare le esigenze sportive, e l’architetto Kenzo Tange<br />

non si è limitato a riorganizzare le strutture propriamente<br />

sportive, ma si è divertito a rifare il look anche<br />

alle vie del centro città.<br />

A distanza di mezzo secolo il Paese del Sol Levante<br />

ci riprova. Per i giochi del 2020 i sindaci di Hiroshima<br />

e Nagasaki candidano entrambe le città. Doppia<br />

candidatura che simboleggia l’auspicio per l’abolizio-<br />

ne degli armamenti nucleari e la pace del mondo.<br />

Proposito quantomai attuale per lo scenario internazionale<br />

ancora schiacciato dalle pesanti problematiche<br />

della questione nucleare, eppure, in questo caso,<br />

le sensazioni della morale sono state costrette a<br />

retrocedere di fronte al disposto dell’articolo 34 della<br />

Carta Olimpica. Dal primo all’ultimo comma si disciplina<br />

la possibilità di candidare un’unica città per<br />

Paese durante la medesima gara di aggiudicazione<br />

della candidatura.<br />

Non c’è via di scampo. A meno che non si opti per<br />

la candidatura di una sola e si conservi l’opportunità<br />

di ospitare gli impianti per alcune discipline in una<br />

città satellite. Va da sé che i due siti dovrebbero essere<br />

vicini o quantomeno velocemente raggiungibili. Ma<br />

lieviterebbero i costi.<br />

62 <strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009 63<br />

Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press


Foto Patrizia Gravina/Graffiti Press<br />

LE VITTIME DELLA BOMBA ATOMICA<br />

Il 6 agosto 1945. Gli Stati Uniti sganciano su Hiroshima una bomba atomica di 13 kiloton,<br />

la prima della storia.<br />

Hiroshima. Morti immediati: 45.000 persone. Nei mesi successivi 90.000. Più di 100.000,<br />

moriranno prima del 1950 in seguito alle radiazioni. I sopravvissuti subiranno effetti biologici<br />

a lungo termine. Gli Stati Uniti sanciscono così la loro supremazia bellica.<br />

Nagasaki. Due giorni dopo viene sganciata su Nagasaki una bomba al plutonio da 22 kiloton.<br />

Muoiono subito 22.000 persone. Nei mesi successivi altre 42.000. Nei cinque anni<br />

seguenti altre 100.000 vittime. Ancora incerto il numero dei deceduti prematuramente<br />

per i danni biologici.<br />

Presidente Truman: “L’energia atomica può esercitare una potente ed efficace influenza<br />

per il mantenimento della pace mondiale”.<br />

A memoria del tragico evento resta un vecchio edificio sopravvissuto all’esplosione: il<br />

Genbaku, ex Palazzo della Prefettura. Oggi conosciuto come Peace Dome che dal 1996 è<br />

stato riconosciuto Patrimonio mondiale dell’Umanità.<br />

Un simile allestimento richiederebbe la duplicazione<br />

dei preventivi per tutto l’apparato che si<br />

accompagna alle gare.<br />

Una spesa forse eccessiva, eppure possibile, in<br />

un Paese così produttivo e improntato al rinnovamento<br />

sistematico come il <strong>Giappone</strong>. Resta da verificare<br />

se e in che modo i partners e gli sponsor decidano<br />

di partecipare economicamente a questa<br />

decisione. Varrà la pena ingegnare una simile macchina<br />

organizzativa per alimentare ancora di più il<br />

dibattito sul nucleare?<br />

È ormai ovvio che il comune sentire sul tema<br />

dell’atomica non sia stato scosso neppure dalla notizia<br />

di nuovi test. La popolazione è troppo lontana,<br />

quasi insensibile al problema. Nessuno riesce a<br />

focalizzare le conseguenze di una degnazione nucleare.<br />

E forse a questo proposito la scelta di Hiroshima<br />

e Nagasaki come sede olimpica non sarebbe<br />

un male. Visualizzare la distruzione causata da una<br />

detonazione estremamente più contenuta di quelle<br />

che potrebbero essere attuate oggigiorno probabilmente<br />

produrrebbe una maggiore consapevolezza<br />

civile. Il dibattito è aperto. Resta da risolvere la<br />

questione della candidatura.<br />

Solo una delle due icone del disastro nucleare<br />

può essere concretamente sponsorizzata. E in ogni<br />

caso il Comitato dovrà vagliare anche tutte le altre<br />

candidature, tra cui quelle di Paesi che non hanno<br />

ancora ospitato i Giochi e che sicuramente non disdegneranno<br />

gli introiti economici degli sponsor.<br />

Massimo Olori<br />

64 <strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

65


Speciale<br />

POLITICA<br />

N<br />

66<br />

Amicizia tra Italia e <strong>Giappone</strong><br />

UN PERCORSO<br />

DI CRESCITA<br />

CHE NON<br />

CONOSCE PAUSE<br />

el corso della carriera diplomatica<br />

non sono mai stato in <strong>Giappone</strong> a<br />

lungo, ma l’ho conosciuto per le<br />

tante visite di Stato e iniziative che<br />

nel tempo hanno costellato le relazioni<br />

tra i nostri due Paesi. Prima<br />

fra tutte per ampiezza ed ambizione<br />

fu otto anni fa la Rassegna “Italia<br />

in <strong>Giappone</strong> 2001-2002”. Il Presidente<br />

della Repubblica Carlo Arzeglio Ciampi<br />

al termine della Rassegna volle ricevere al Palazzo<br />

del Quirinale gli organizzatori italiani e<br />

giapponesi della manifestazione. In quella occasione<br />

il Capo dello Stato sottolineò che era<br />

stato realizzato un obiettivo senza precedenti:<br />

quello di presentare a un Paese esigente e raffinato<br />

– quale è il <strong>Giappone</strong> – l’immagine di un’Italia<br />

a tutto campo.<br />

Fu un tassello importante<br />

che consolidò in modo permanente<br />

il processo di approfondimento<br />

della conoscenza<br />

e della amicizia tra<br />

i nostri due popoli.<br />

Quest’anno, nella<br />

veste di Presidente<br />

della Fondazione<br />

Italia <strong>Giappone</strong>,<br />

ho avuto l’onore<br />

di consegna<br />

<strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

re nelle mani del Presidente Giorgio Napolitano<br />

– successore di Azeglio Ciampi al Quirinale<br />

- il libro che commemora i dieci anni della<br />

Fondazione e ciò durante la sua visita<br />

ufficiale in <strong>Giappone</strong>.<br />

Se in tutti questi anni l’evoluzione dei rapporti bilaterali<br />

tra il <strong>Giappone</strong> e l’Italia ha segnato uno straordinario<br />

progresso, senza mai conoscere pause o affievolimenti,<br />

una parte non marginale di questo cammino<br />

può essere senza alcun dubbio attribuita alla sinergia<br />

tra l’azione congiunta pubblica e privata. Non era<br />

mai avvenuto, in passato, che l’Italia si impegnasse in<br />

modo così organico e incisivo in un programma di<br />

promozione e di cooperazione con un Paese amico,<br />

che ha visto fianco a fianco le proprie Istituzioni pubbliche<br />

e governative – incluso l’Istituto Nazionale per<br />

il Commercio Estero di cui nel frattempo ero diventato<br />

Presidente – e l’imprenditoria privata.<br />

Il risultato più visibile di questo impegno è sotto i<br />

nostri occhi: l’elevata “domanda di Italia” che vediamo<br />

giorno dopo giorno affermarsi in <strong>Giappone</strong> e che non<br />

manifesta alcun segno di stanchezza.<br />

E neppure in Italia è mai cessato l’amore per questo<br />

grande Paese. A dimostrazione di quanto questo<br />

sia vero vi è la presenza nel luogo più simbolico di Roma<br />

– il Foro di Traiano – di una monumentale scultura<br />

di Kan Yasuda: testimonianza del<br />

dialogo artistico di oggi con le<br />

pietre e la cultura di 2000<br />

anni fa.<br />

Inoltre, in questi ultimi anni, abbiamo impresso nuovo<br />

vigore all’attività dell’Italy Japan Business Group: al<br />

<strong>Giappone</strong>, così lontano ma anche così vicino a noi, abbiamo<br />

voluto presentare non solo il nostro patrimonio<br />

storico della cultura, dell’ingegno e dell’arte, ma anche<br />

la ricchezza di molte eccellenze in settori - quali la robotica,<br />

la fisica, l’ingegneria genetica, la matematica, la ricerca<br />

- propri di un futuro ricco di prospettive.<br />

Altrettanto ricca di prospettive è l’amicizia che non<br />

finirà di accrescersi tra i nostri due Paesi fintanto che<br />

esisteranno personalità, come l’amabilissima Contessa<br />

Marisa Pinto Olori del Poggio, che ha voluto dedicare<br />

a questo incantevole Paese del Sol Levante un numero<br />

a sé della preziosa “<strong>Pragmatica</strong>”.<br />

Umberto Vattani<br />

Presidente ICE<br />

67


Speciale Giorgio Zappa<br />

TECNOLOGIA<br />

Lo sviluppo delle relazioni internazionali<br />

nell’ultimo decennio mostra<br />

in tutta la sua evidenza come<br />

oggi il mondo viva una fase nuova<br />

rispetto agli equilibri e alle alleanze<br />

che hanno caratterizzato gran<br />

parte del periodo post-bellico.<br />

Si assiste infatti a un ciclo di profonde trasformazioni<br />

culturali e politiche, con le relative incertezze,<br />

che l’attuale crisi economica mondiale<br />

non ha fatto altro che acuire ed accelerare, mentre<br />

le avvisaglie e i sintomi erano già apparsi, ma<br />

come abbiamo visto non sono stati evidenziati o<br />

affrontati in modo convincente né in modo coerente<br />

tra i Paesi europei e neppure del G20.<br />

In particolare si sono modificati i tradizionali<br />

equilibri tra i continenti, con l’emergere di<br />

potenze regionali come Cina, India e che vivono<br />

una fase di forte sviluppo al pari dell’area<br />

Asia-Pacifico e del Medio Oriente che, pur se<br />

con caratteristiche differenti, denotano un significativo<br />

dinamismo. Ad esse si contrappongono<br />

le difficoltà dell’Europa e degli Stati Uniti,<br />

non solo economiche, ma anche di rilevanza<br />

politica nello scacchiere internazionale, con<br />

una tendenza alla marginalizzazione dell’Europa<br />

e alla perdita del ruolo di prima potenza<br />

mondiale degli USA.<br />

Cresce dunque l’importanza e il dinamismo<br />

dell’area asiatica del Pacifico, che tende a<br />

68<br />

<strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

SI RAFFORZANO<br />

LE SINERGIE<br />

TRA ITALIA<br />

E GIAPPONE<br />

proiettarsi su una scala più vasta, con evidenti<br />

implicazioni finanziarie e commerciali, ma anche<br />

di controllo delle fonti di approvvigionamento<br />

energetico.<br />

In questa dimensione complessa e in movimento,<br />

gioca un ruolo rilevante l’interdipendenza<br />

economica tra USA e Cina e tuttavia non<br />

riesce ancora ad affermarsi un dialogo volto ad<br />

una cooperazione bilaterale su diversi settori,<br />

in quanto le sensibilità sono ancora divergenti<br />

e gli equilibri monetari e strategici delicati.<br />

La recente quanto maggiore apertura dei<br />

principali Paesi asiatici del Pacifico, <strong>Giappone</strong>,<br />

Corea del Sud, Cina, Singapore, Malesia, verso<br />

forme di multilateralismo e di più spinta collaborazione<br />

tra loro e con i Paesi europei, assume una forte rilevanza<br />

anche per l’Italia, e per l’industria Hi-Tech in<br />

particolare, per il dinamismo e l’importanza delle relative<br />

economie e la dimensione della domanda interna.<br />

La crescita degli investimenti diretti e delle jointventures<br />

industriali in questi Paesi, in aree tecnologicamente<br />

avanzate come è il caso dell’aeronautica e<br />

dell’elettronica, è rappresentativa di come sia possibile<br />

una crescita dei rapporti economici ad un livello<br />

forse impensabile solo dieci anni fa.<br />

Si aprono quindi interessanti opportunità per un<br />

miglioramento e bilanciamento degli interscambi<br />

commerciali bilaterali in particolare con il <strong>Giappone</strong>,<br />

che è attualmente investitore netto verso l’Italia, mentre<br />

il quadro risulta più equilibrato riferendosi agli<br />

stocks del decennio, e positivo in prospettiva per la<br />

più consistente tendenza alla crescita degli investi diretti<br />

italiani.<br />

L’Italia valuta con grande interesse le potenzialità<br />

scaturenti da un rafforzamento dei rapporti collaborativi<br />

e di partnership, prioritariamente con il <strong>Giappone</strong>,<br />

Paese che ha diverse affinità e complementarietà con<br />

l’Italia, che viene da noi considerato un potenziale<br />

partner strategico sia per gli interessi di reciproco accesso<br />

ai mercati in aree ad elevata intensità di innovazione,<br />

sia per il ruolo di partner qualificato.<br />

In questo ruolo il <strong>Giappone</strong> può senz’altro trovare<br />

benefici derivanti dalla propensione e capacità di innovazione<br />

tecnologica, dai forti investimenti in Ricer-<br />

ca e Sviluppo, dal gran numero di ricercatori e dal ruolo<br />

promotore svolto dai privati.<br />

Allo stesso tempo possiamo ritenere che l’Italia possa<br />

essere considerato un Paese interessante per Tokyo,<br />

in quanto ha un profilo di autonomia rispetto alle politiche<br />

di influenza di “piccole e grandi potenze” emerse<br />

durante il periodo della Guerra Fredda, profilo che caratterizza<br />

la politica estera del nostro Paese e che sta<br />

mostrando la sua efficacia con numerosi accordi di cooperazioni<br />

con diversi Paesi che intendono muoversi anche<br />

al di fuori di schemi consolidati.<br />

E crediamo che sia sicuramente interesse del <strong>Giappone</strong><br />

lavorare con un partner i cui grandi gruppi industriali<br />

si adattano e trasformano per rispondere alle<br />

nuove esigenze delle dinamiche economiche e di un<br />

consumatore che è sempre più globale.<br />

E’ in questa prospettiva che assumono un ruolo<br />

chiave le tecnologie e le applicazioni duali, ampiamente<br />

detenute dalle imprese ad alta tecnologia del<br />

comparto aerospaziale e sicurezza, aventi importanti<br />

ricadute dal militare al civile, vedasi lo spazio, le comunicazioni,<br />

l’elettronica, i materiali e i processi innovativi,<br />

con effetti moltiplicatori per lo sviluppo della<br />

competitività delle aree più industrializzate, a beneficio<br />

anche dei paesi in via di sviluppo.<br />

Parimenti l’Asia-Pacifico rimane un’area caratterizzata<br />

da tensioni latenti, dove delicati sono gli equilibri<br />

sulla stabilità regionale e sulla sicurezza, che stanno<br />

portando ad una revisione delle strategie dedicate alla<br />

protezione del <strong>Giappone</strong> per il controllo del proprio<br />

69


territorio e della vasta area marittima di competenza<br />

incluse le linee di comunicazione.<br />

Assumerà senz’altro un carattere di priorità la riflessione<br />

sul futuro ruolo di Tokyo nella bilancia strategica<br />

del Pacifico, che potrebbe comportare un adeguamento<br />

delle capacità di difesa e un interesse a rivolgersi verso<br />

fonti di approvvigionamento diverse da quelle tradizionali.<br />

In tal senso potrebbero aprirsi nuove opportunità<br />

di collaborazione industriale con il coinvolgimento delle<br />

imprese locali non limitatamente a livello produttivo<br />

come in passato, ma anche con la promozione di sviluppi<br />

congiunti di sistemi dell’ultima generazione.<br />

In questa prospettiva merita citare il comparto aerospaziale<br />

e difesa nazionale, che sta esplorando le<br />

possibilità di una ottimizzazione delle importanti conoscenze<br />

e capacità tecnologiche e manufatturiere<br />

giapponesi per la sicurezza ma anche in settori civili<br />

contigui quali ad esempio l’elettronica e l’aeronautica<br />

commerciale, senza dimenticare i sistemi di trasporto<br />

e quelli energetici.<br />

70 <strong>Pragmatica</strong> - dicembre 2009<br />

E’ un paese interessante il <strong>Giappone</strong> per le sue potenzialità<br />

che gli consentono di diventare un partner<br />

ideale per i nostri settori manifatturieri più avanzati.<br />

Un Paese che si inserisce pienamente, a titolo di esempio,<br />

nella strategia di internazionalizzazione ed espansione<br />

sui mercati globali di Finmeccanica; gruppo industriale<br />

multidomestico con il 40% degli addetti fuori<br />

dall’Italia, siti produttivi all’estero in UK, USA e recentemente<br />

in Polonia, che dispone di un articolato portafoglio<br />

prodotti militari e civili in diverse aree e nicchie<br />

specializzate, dai sistemi elettronici integrati ai<br />

velivoli, gli elicotteri, i sistemi di controllo del traffico<br />

aereo, il trasporto e l’energia.<br />

La peculiarità di Finmeccanica è quella di essere<br />

un Gruppo in grado di offrire soluzioni a tutti i livelli<br />

per ogni richiesta dai clienti, dalle piattaforme ai sistemi<br />

di ogni dimensione.<br />

A tal fine si stanno sviluppando discussioni ed accordi<br />

con molte aziende giapponesi che rivestono un<br />

ruolo di primo piano nell’Aerospazio, Difesa e Sicu-<br />

rezza così come anche nei settori dell’Energia e dei Sistemi<br />

Ferroviari.<br />

Si tratta di iniziative sia di carattere commerciale,<br />

volte a promuovere le capacità tecnologiche ed i prodotti<br />

del Gruppo essenzialmente in <strong>Giappone</strong> ma anche<br />

nei paesi limitrofi del South-East Asia, sia incentrate<br />

su cooperazioni tecnologiche nelle quali Finmeccanica<br />

può avvantaggiarsi del grande potenziale delle<br />

aziende giapponesi di sviluppo di attività di ricerca e di<br />

messa a punto di nuove tecnologie e nuovi prodotti.<br />

Anche a livello istituzionale Finmeccanica è protagonista<br />

dei rapporti con il <strong>Giappone</strong>. Ne è un esempio<br />

l’Italy Japan Business Group (IJBG), al quale i due<br />

Governi hanno dato mandato di rafforzare la cooperazione<br />

industriale tra i due Paesi.<br />

L’IJBG vuole essere sempre più un incubatore e<br />

generatore di iniziative di business “concrete” tra i due<br />

paesi, catalizzando una più consistente partecipazione<br />

sia delle grandi imprese che delle Piccole e Medie<br />

Imprese sia italiane che giapponesi con particolare ri-<br />

ferimento all’alta tecnologia.<br />

Gli obiettivi perseguiti nel 2009 durante gli incontri<br />

del Business Group, indicano la comune volontà di affrontare<br />

tematiche molto concrete, che si possono così<br />

sintetizzare: misurare i rispettivi livelli di competitività<br />

con indicatori standard di performance; promuovere<br />

l’interscambio culturale e di immagine dei due Paesi,<br />

finalizzati a promuovere progetti comuni di investimento<br />

e innovazione settoriale, mettendo insieme le<br />

eccellenze e favorendo l’interscambio tecnologico.<br />

Nel corso dell’ultima convention annuale dell’IJBG<br />

sono stati ad esempio presentati progetti di cooperazione<br />

nei settori del Power Generation e del Natural<br />

Disaster Management, così come una serie di iniziative<br />

volte ad eliminare i vincoli all’interscambio o per<br />

suggerire strumenti innovativi che consentano di incrementare<br />

le relazioni di business ed incentivare gli<br />

investimenti diretti tra i due paesi, facendo leva sulle<br />

competenze reciproche.<br />

I settori Hi-Tech sopra individuati rappresentano<br />

due aree chiave per una collaborazione strategica tra<br />

Italia e <strong>Giappone</strong>.<br />

La realizzazione delle iniziative promozionali e<br />

collaborative individuate nell’ambito dell’IJBG trova il<br />

pieno quanto indispensabile supporto dell’Ambasciata<br />

Italiana a Tokyo e l’ICE, e apre ulteriori opportunità<br />

di collaborazione con gli interlocutori giapponesi, tra<br />

le quali il prossimo EXPO 2015 a Milano in relazione a<br />

temi chiave quali lo sviluppo sostenibile, l’efficienza<br />

energetica e la sicurezza alimentare, può rappresentare<br />

un concreto esempio in tal senso.<br />

Giorgio Zappa<br />

Direttore Generale Finmeccanica<br />

L’Eurofighter Typhoon<br />

è tra i candidati<br />

per il rinnovo della linea<br />

di velivoli da difesa aerea<br />

della Japan Air Self-Defense Force<br />

Alenia Aeronautica<br />

collabora con BAE Systems<br />

nell’offerta dell’Eurofighter al <strong>Giappone</strong><br />

A pagina 68, l’AW109 Power<br />

l’elicottero leggero biturbina<br />

leader sul mercato<br />

law enforcement in <strong>Giappone</strong><br />

A pagina 69, l’MCH101, uno dei 14 elicotteri<br />

ordinati dalla Marina Militare <strong>Giappone</strong>se<br />

per operazioni di utility e di sminamento<br />

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