Sotto il destino e fra i monti - IIS Fazzini-Mercantini
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E' <strong>il</strong> 26 febbraio 1917 quando Angelo comunica al signor Angelini, "caro patrono" come sempre, l'imminente partenza, <strong>il</strong> 2 marzo. Pochissime parole,<br />
un'informazione da dare insieme alle altre, tante e più importanti, forse, sul lavoro in campagna. La vacca ha partorito, i "cestini" sono stati fatti, <strong>il</strong> legname<br />
per fare la botte comprato, la semina del grano – "abiamo faticato li coste" (abbiamo lavorato la terra sui costoni) – insomma la campagna è a posto per<br />
essere "a tembo suo bella". Sembra non rendersi conto che sta partendo per la guerra o forse ingenuamente esorcizza, aggirando la notizia e mescolandola<br />
con le varie comunicazioni di lavoro, la paura e <strong>il</strong> disagio che subito invece rivelerà, già con la prima cartolina.<br />
Subito dopo, a marzo, appena arrivato scrive, da Alano di Piave in provincia di Belluno. Scrive a tutti ma con <strong>il</strong> signor Angelini si lamenta che non riceve<br />
risposte da casa e neanche dalla fidanzata. Capiamo che la lettera è di marzo, anche se non c'è la data, perché Angelo descrive <strong>il</strong> lungo viaggio, "duegiorni e<br />
na note"; <strong>il</strong> diretto che si ferma ad Ancona, poi a Senigallia ("Siniaia"), per arrivare a Padova ("Padiva") alle dieci di sera. Qui i quattro compagni si separano<br />
e uno di loro va a Feltre. Tutto gli appare faticoso, estraneo, "midagne i dorno a noie sivede cieletera e la neve a colaneve" ... (montagne intorno a noi e<br />
neve da cielo a terra). Il mangiare è buono ma <strong>il</strong> pane è poco e lui ne compra altro. Insomma da subito Angelo si sente spaesato: "io non micipose (non mi<br />
ci posso) viderediqua (vedere qua) non misifaora (non vedo l'ora) a ritornare acasamia", anche perché "olde sifanno lirose sidate e volde si fanno gnedo", (a<br />
volte si fanno grosse sudate tanto e a volte non si fa niente).<br />
Pochi giorni dopo dice che sta bene ed è "vestite di alpine". Ma le alte montagne che vede dietro di sé lo turbano ancora: sono piene di neve e lui non ci si<br />
trova proprio in quel paesaggio strano: "mi trove detre li alde midagne ciele e tera acorlaneve nomi ci pose videre di queste parte" (mi trovo tra alte<br />
montagne da cielo a terra tutte coperte di neve, non mi ci posso vedere in questi luoghi).<br />
Ad apr<strong>il</strong>e <strong>il</strong> disagio sembra aumentare: "Non misi faora (non vedo l'ora) diritornare acasa mia qua non facenula (non faccio niente) io non micipose videre<br />
midispiace volde sifa lunco marci (a volte si fanno lunghe marce) ... e cista molda neve". Ha trascorso la Pasqua tranqu<strong>il</strong>lamente, ma <strong>il</strong> pensiero è a casa, ai<br />
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