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Appunti - Centro di Accoglienza Don Vito Sguotti

Appunti - Centro di Accoglienza Don Vito Sguotti

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alcolismo,<br />

tossico<strong>di</strong>pendenza,<br />

emarginazione e...<br />

Perio<strong>di</strong>co Trimestrale<br />

del <strong>Centro</strong> Alcologico<br />

<strong>di</strong> Carbonia (CI)<br />

Registrazione n. 39 del 24/11/1990<br />

Tribunale <strong>di</strong> Cagliari<br />

Spe<strong>di</strong>zione in a. p. (45%) art. 2 comma 20/B<br />

L. 662/1996 - Filiale <strong>di</strong> Cagliari.<br />

In caso <strong>di</strong> mancato recapito rinviare<br />

all’Ufficio Pacchi <strong>di</strong> Cagliari per la restituzione<br />

al mittente previo addebito<br />

Iscritto al Registro Nazionale della Stampa<br />

il 22 Luglio 1999 al numero 5985<br />

Iscrizione al R.O.C. (Registro Operatori<br />

della Comunicazione) n° 11711 del 19.11.05<br />

ANNO XXI - N. 1 - 2011<br />

Gennaio - Febbraio - Marzo<br />

Direttore Responsabile<br />

<strong>Don</strong>atella Percivale<br />

Redazione<br />

Sara Salis ~ Grazia Ledda<br />

Giovanna Grillo<br />

Proprietà<br />

<strong>Centro</strong> <strong>di</strong> accoglienza<br />

“<strong>Don</strong> <strong>Vito</strong> <strong>Sguotti</strong>” ~ Carbonia<br />

Direzione<br />

Amministrazione - Redazione<br />

<strong>Centro</strong> <strong>di</strong> <strong>Accoglienza</strong> “<strong>Don</strong> <strong>Vito</strong> <strong>Sguotti</strong>”<br />

Via Mazzini, 30 - 09013 Carbonia (CI)<br />

tel. 0781.673612 - 64266<br />

fax 0781.673612<br />

sguot@tiscali.it<br />

www.cdasguotti.tk/<br />

Allestimento e Stampa<br />

Cooperativa Tipografica E<strong>di</strong>toriale<br />

zona ind. Sa Stoia - tel. e fax 0781 21086<br />

09016 Iglesias (CI)<br />

cte.stampa@alice.it<br />

cte.amministrazione@alice.it<br />

Segreteria<br />

Patrizia Pinna - Segretaria <strong>di</strong> redazione<br />

Maria Rita Ballisai<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

L’e<strong>di</strong>toriale<br />

<strong>di</strong> Susanna Steri*<br />

pagina 3<br />

Diventare presidente dei Centri <strong>di</strong> accoglienza e “prendere il posto” <strong>di</strong> don<br />

Diaz non è stato facile. La sua scomparsa, oltre al dolore e allo sgomento,<br />

ha provocato anche paure, incertezze e soprattutto conflitti. E' giusto <strong>di</strong>rselo.<br />

I primi mesi da presidente sono stati molto faticosi e qualche volta la mia<br />

fede nel volontariato puro è stata messa a dura prova. Ho incontrato persone<br />

che a parole si <strong>di</strong>chiaravano amiche <strong>di</strong> don Diaz e interessate alla sorte dei suoi<br />

centri, ma che in realtà facevano <strong>di</strong> tutto per mettere i bastoni fra le ruote. Ho<br />

incontrato persino avvoltoi.<br />

Ma ho soprattutto incontrato persone meravigliose che mi hanno dato fiducia e<br />

hanno continuato a lavorare con amore e passione. E l'amore fa miracoli. Alcuni<br />

avvoltoi sono scomparsi ed altri si sono trasformati in colombe. I bastoni che intralciavano<br />

il movimento delle ruote sono stati via via rimossi e adesso sono rimaste<br />

soltanto persone che lavorano con gioia, grate per quello che ricevono<br />

nel momento stesso in cui stanno dando.<br />

Desidero pertanto esprimere la riconoscenza più profonda alle responsabili dei<br />

tre Centri <strong>di</strong> accoglienza e a tutti gli operatori e le operatrici, alle nostre sorelle<br />

suore che ci rassicurano con la loro presenza e ci proteggono con le preghiere,<br />

alle segretarie, ai componenti del comitato <strong>di</strong> gestione che con<strong>di</strong>vidono la responsabilità<br />

delle decisioni più gravose, agli amministratori pubblici che apprezzano<br />

il servizio che ren<strong>di</strong>amo ai più deboli, agli operatori dei servizi sociali che<br />

collaborano costantemente con noi, al presidente, ai giu<strong>di</strong>ci e al Procuratore<br />

della Repubblica presso il tribunale dei minori che ci manifestano la loro fiducia<br />

affidandoci i bambini che si trovano in stato <strong>di</strong> adottabilità, alle collaboratrici dei<br />

miei stu<strong>di</strong> e alla mia famiglia che accetta le mie assenze e mi sostiene, a tutti<br />

coloro che in silenzio portano al <strong>Centro</strong> i loro doni, rendendo manifesta la provvidenza.<br />

Ma soprattutto voglio ringraziare i nostri ospiti che accettano con umiltà il nostro<br />

aiuto, rendendo a noi il dono più grande.<br />

L'opera <strong>di</strong> don Diaz è viva e più che mai vitale: i Centri continuano nel lavoro <strong>di</strong><br />

accoglienza in un ambiente pieno <strong>di</strong> pace, <strong>di</strong> concor<strong>di</strong>a e <strong>di</strong> abbondanza. Ma<br />

noi vogliamo con<strong>di</strong>videre con tutti voi questa bellezza perché è anche vostra.<br />

Il nostro compito adesso è <strong>di</strong> guardare al futuro e, nei giorni in cui tanti fratelli africani<br />

chiedono <strong>di</strong> essere accolti, tramandare ai giovani l'insegnamento che ci<br />

ha lasciato don Diaz: non avere paura <strong>di</strong> aprire le nostre case al prossimo.<br />

*Avvocato, presidente Centri <strong>di</strong> accoglienza don <strong>Vito</strong> <strong>Sguotti</strong><br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 4<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

Ricor<strong>di</strong>, flashback,<br />

struggenti nostalgie.<br />

Dagli appunti sparsi<br />

<strong>di</strong> una vita il ritratto<br />

<strong>di</strong> un uomo che faceva<br />

il tifo per gli ultimi<br />

STORIA DI UN UOMO<br />

Io l’avevo capito che c’era qualcosa<br />

che non andava. Ma tu hai sempre<br />

cercato <strong>di</strong> tranquillizzarmi. “E’ una cosa<br />

da poco - mi <strong>di</strong>cevi - Sai, deve essere<br />

sicuramente colpa del con<strong>di</strong>zionatore<br />

in camera se ho questi dolori alla<br />

spalla. Il me<strong>di</strong>co però mi ha dato una<br />

cura eccezionale. Sto meglio”. L’ultima<br />

volta che ti ho sentito al telefono, eri a<br />

Cagliari, in ospedale. Mi hai rassicurato<br />

<strong>di</strong>cendomi: “Devo solo fare alcune analisi.<br />

Mi daranno una cura e domani ci<br />

ve<strong>di</strong>amo in ufficio...”. Dovevi fare il politico.<br />

Te l’ho sempre detto. Avevi la stoffa.<br />

Bella presenza, linguaggio da persona<br />

colta, capacità d’ascolto, tatto nelle<br />

situazioni anche imbarazzanti, gran<strong>di</strong><br />

occhi per guardare oltre. E gusto e fiuto<br />

particolari nello scegliere le persone <strong>di</strong><br />

cui circondarti. Tutti e cinque i tuoi<br />

sensi lavoravano ininterrottamente,<br />

giorno e notte. Per chi? Per gli ultimi…<br />

“Duro con i duri, tenero con i deboli”.<br />

Ecco cosa mi è rimasto <strong>di</strong> te. Un sacco<br />

colmo <strong>di</strong> perle, perché è così che ti voglio<br />

ricordare.<br />

L’arrivo a Carbonia<br />

Sicuramente negli anni 60/70 non c’erano<br />

molte possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertirsi se<br />

non in parrocchia, al “cinema dei preti”<br />

o all’oratorio dove gli scout avevano una<br />

stanza dove riunirsi e dove si organizzavano<br />

lunghissime partite nel campo<br />

<strong>di</strong> calcio, a ping pong, calcio balilla.<br />

Un giorno, l’arrivo <strong>di</strong> un giovane a bordo<br />

<strong>di</strong> un rombante maggiolino, ci lasciò<br />

tutti a bocca aperta… mai avremmo<br />

pensato che quel ragazzo, appena<br />

giunto dalla Svizzera, sarebbe stato il<br />

nostro assistente scout, il nostro amico,<br />

la nostra guida, che come noi si sarebbe<br />

caricato lo zaino e la tenda sulle<br />

spalle.<br />

A bordo <strong>di</strong> quella macchina per tanti<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

“Caro Giovanni,<br />

questo non dovevi farmelo”<br />

<strong>di</strong> Sergio Serafini<br />

anni, percorremmo spensierati le strade<br />

che ci portavano nei posti e nei boschi<br />

più impervi della nostra bella Sardegna.<br />

La pizza e le colonie<br />

Per <strong>di</strong>versi anni è stato un appuntamento<br />

fisso, atteso. Nel mese <strong>di</strong> luglio<br />

riuscivo a tirarlo fuori dal suo ufficio.<br />

Cercavamo una pizzeria in riva al mare<br />

o in cima ad una montagna, eppoi solo<br />

lunghe passeggiate nel lungomare <strong>di</strong> S.<br />

Antioco alla ricerca <strong>di</strong> un po’ <strong>di</strong> refrigerio.<br />

Monsignor Onorino Cocco era il<br />

presidente dell’Opera Diocesana che si<br />

occupava della gestione delle Colonie<br />

Marine <strong>di</strong> Portoscuso, Portopino, Carloforte<br />

e Bigia (sui monti <strong>di</strong> Iglesias). Aveva<br />

dato l’incarico a Giovanni <strong>di</strong> occuparsi<br />

dell’organizzazione e dell’approvvigionamento<br />

alimentare <strong>di</strong> tutte le colonie.<br />

Iniziammo con inventare il corso<br />

per le assistenti <strong>di</strong> colonia insegnando<br />

loro tantissimi giochi, canti, danze e<br />

bans per intrattenere i bambini. A Giovanni<br />

toccava la parte più “seria” e cioè<br />

come fare a vivere tantissimi giorni a<br />

stretto contatto con i bambini. Poi durante<br />

l’apertura delle colonie, con il furgone<br />

dell’ente, si partiva all’alba e dopo<br />

aver caricato i viveri ad Iglesias facevamo<br />

il giro delle colonie, si incontravano<br />

le suore per risolvere anche piccoli problemi<br />

tecnici legati alla struttura o parlavamo<br />

con le assistenti che chiedevano<br />

consigli per le loro molteplici attività.<br />

Spesso capitava <strong>di</strong> essere chiamati per<br />

fare giocare i bambini, magari per un<br />

pranzo, un panino, un frutto. E poi via,<br />

<strong>di</strong> nuovo in macchina per raggiungere<br />

un’altra colonia ancora…<br />

La colletta alimentare<br />

Al termine della XVma e<strong>di</strong>zione della<br />

Colletta Alimentare, attività che ci vede<br />

impegnati l’ultimo sabato <strong>di</strong> novembre<br />

davanti ai market della città a raccogliere<br />

viveri per conto del Banco Alimentare,<br />

non ero molto contento, nonostante<br />

il buon risultato della giornata.<br />

Mancava qualcuno a festeggiare con<br />

noi: Giovanni.<br />

Come aveva fatto ogni anno per quattor<strong>di</strong>ci<br />

anni, con una bottiglia <strong>di</strong> spumante<br />

per tutti gli scout e i volontari<br />

che avevano contribuito alla buona riuscita<br />

della giornata.<br />

Il primo anno, oramai quin<strong>di</strong>ci anni fa,<br />

mi chiese se potevamo dare una mano<br />

alla Fondazione del Banco Alimentare;<br />

quell’anno raccogliemmo circa mille<br />

chilogrammi tra pasta, olio, latte, alimenti<br />

per l’infanzia.<br />

Qualche commerciante della città ci<br />

metteva a <strong>di</strong>sposizione un locale dove<br />

conservare il raccolto che poi dopo<br />

qualche giorno veniva portato a Cagliari.<br />

In quest’ultima e<strong>di</strong>zione, tra Carbonia<br />

e S. Antioco, sono stati raccolti circa<br />

nove mila chilogrammi <strong>di</strong> alimentari.<br />

La gente ha imparato a conoscerci e si<br />

fida <strong>di</strong> noi. Per noi scout della città e<br />

del territorio quello dell’ultimo sabato <strong>di</strong><br />

novembre è <strong>di</strong>ventato un appuntamento<br />

al quale non mancheremo mai.<br />

L’alluvione del ‘74<br />

Campu Omu, settembre. Nessuno avrebbe<br />

mai pensato che gli spazi utilizzati<br />

dagli esploratori per montare le<br />

tende erano in realtà il letto <strong>di</strong> un fiume<br />

che quella notte a causa delle incessanti<br />

piogge, si gonfiò e porto giù a valle<br />

per centinaia <strong>di</strong> metri tutto quello<br />

che trovò nel suo cammino. Compresa<br />

la tenda e le attrezzature da campo<br />

della Squadriglia delle Aquile. Una colli-


netta dove era posizionata la tenda della<br />

cambusa fu la salvezza per tutti i ragazzi,<br />

per raggiungerla utilizzammo dei<br />

lunghi tronchi che fungevano da ponte.<br />

Con Giovanni decidemmo che uno <strong>di</strong><br />

noi doveva necessariamente arrivare alla<br />

caserma della Forestale per dare l’allarme.<br />

Nell’attesa, però, pensò bene <strong>di</strong><br />

rifocillarci tutti facendoci bere un sorso<br />

<strong>di</strong> cor<strong>di</strong>ale. Le camionette arrivarono<br />

giusto in tempo, la strada <strong>di</strong> accesso e i<br />

ponti subito dopo crollarono. Fu così<br />

che grazie ad un impren<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Carbonia<br />

che mise a <strong>di</strong>sposizione un pullman,<br />

rientrammo tutti a casa. Per <strong>di</strong>versi<br />

giorni, dopo l’alluvione a bordo del<br />

maggiolone, si ritornava a Campu Omu<br />

(circa 180 km al giorno). Si stendevano<br />

le tende al sole, si piegavano e si riportavano<br />

a casa…<br />

La medaglia<br />

Da tanti anni, sono in possesso <strong>di</strong> una<br />

medaglia d’oro. Era stata donata nel<br />

1966 dagli scout della zona a Monsignor<br />

Onorino Cocco, primo assistente<br />

scout, come ringraziamento per il suo<br />

impegno alla <strong>di</strong>ffusione dello scoutismo.<br />

Prima della sua morte Onorino la<br />

regalò a Giovanni. Che un giorno me la<br />

fece vedere e mi <strong>di</strong>sse: “Questa la devi<br />

conservare tu”.<br />

Barega<br />

Si camminava sotto la pioggia da Iglesias<br />

a Barega con un gruppo <strong>di</strong> una<br />

cinquantina <strong>di</strong> persone tra ragazzi/e e<br />

capi.<br />

Era quella che si chiama una Route. La<br />

pioggia battente non permetteva una<br />

marcia veloce e così arrivammo zuppi<br />

d’acqua dalla testa ai pie<strong>di</strong>.<br />

Giovanni e Paolo, il capo route, non si<br />

persero d’animo.<br />

Procurarono un capiente contenitore in<br />

metallo (una pentola <strong>di</strong> quelle che si usano<br />

nelle colonie) e con alcune se<strong>di</strong>e<br />

in legno trovate in rifugio facemmo un<br />

grosso falò al centro del salone che ci<br />

ospitava.<br />

Così ci scaldammo e asciugammo i vestiti<br />

bagnati. Quello che però accadde il<br />

giorno dopo, quando Monsignor Cocco<br />

venne a sapere dell’accaduto ve lo lascio<br />

immaginare.<br />

Il campo <strong>di</strong> Pantaleo<br />

Durante il campo scoprimmo che nel<br />

bosco erano state posizionate, dai<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 5<br />

cacciatori <strong>di</strong> frodo, delle trappole per<br />

gli uccelli. In una <strong>di</strong> queste, ne trovammo<br />

uno che stava per morire.<br />

Con tanta cura, davanti agli occhi dei<br />

ragazzi presenti al campo, Giovanni<br />

riuscì a liberare la preda dal laccio del<br />

cacciatore. Era moribonda e tentò <strong>di</strong><br />

rianimarla somministrandole una goccia<br />

<strong>di</strong> cor<strong>di</strong>ale. La povera bestiola tutto<br />

a un tratto sembrò riprendersi, poi<br />

<strong>di</strong> colpo morì.<br />

La grande conquista <strong>di</strong> Mitza Justa<br />

Mitza Justa è una borgata a 3 km dal<br />

paese <strong>di</strong> Perdaxius e a 12 km da Carbonia.<br />

Di proprietà dell’Etfas, Ente <strong>di</strong><br />

trasformazione agraria, venne data in<br />

affitto alla Diocesi <strong>di</strong> Iglesias al prezzo<br />

simbolico <strong>di</strong> 1.000 lire. Una casa finalmente<br />

nostra dove i capi si incontravano<br />

e dove i ragazzi potevano fare i<br />

campi. Un luogo per me<strong>di</strong>tare. E un sogno<br />

che si stava realizzando. La casa<br />

però non era in con<strong>di</strong>zioni per poter ospitare<br />

qualcuno.<br />

Le conoscenze che aveva Giovanni<br />

portarono alla casa delle migliorie nella<br />

struttura, negli arre<strong>di</strong> e pian pianino la<br />

casa cominciò ad accogliere gruppi <strong>di</strong><br />

scout. Grazie ai buoni rapporti tra Giovanni<br />

e la <strong>di</strong>rigenza e Fondazione Alcoa<br />

<strong>di</strong> Portovesme, arrivarono fon<strong>di</strong> e aiuti<br />

in grado <strong>di</strong> ridare l’antico splendore alla<br />

casa.<br />

Oggi la casa è “viva” e presto porterà il<br />

suo nome.<br />

Il mio matrimonio<br />

Il 28 maggio 1983 nella Parrocchia <strong>di</strong> S.<br />

Ponziano, Giovanni ha celebrato il mio<br />

matrimonio. Non poteva essere che lui,<br />

il mio assistente, quando ancora ero un<br />

giovane esploratore.<br />

E’ stato la guida e l’amico da giovane<br />

capo, e poi per sempre il mio punto <strong>di</strong><br />

riferimento.<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 6<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

Nell’omelia della Messa esequiale<br />

affermai: “Tutti, e in particolare i<br />

collaboratori più vicini, sentiamo<br />

il peso dell’assenza <strong>di</strong> don Giovanni.<br />

Ma è importante e doveroso che l’opera<br />

da lui iniziata prosegua”. È passato<br />

un anno.<br />

Il suo ricordo non è svanito e le associazioni<br />

da lui guidate hanno saputo affrontare<br />

la fatica <strong>di</strong> portare avanti le sue<br />

opere. È segno che nella sua attività aveva<br />

saputo costruire su basi solide.<br />

Ed è giusto che continuiamo a ringraziare<br />

Dio e ad esprimere riconoscenza<br />

a don Giovanni per la fede che ha saputo<br />

accogliere e testimoniare.<br />

Quasi cinquant’anni <strong>di</strong> ministero presbiterale,<br />

durante i quali, attraverso <strong>di</strong>verse<br />

esperienze, nella scuola, nell’attività<br />

scoutistica, nel guidare i Centri<br />

d’accoglienza, la Comunità Alloggio, il<br />

<strong>Centro</strong> <strong>di</strong> Pronto Intervento, la Piccola<br />

Comunità Terapeutica, Casa Emmaus,<br />

l’azione <strong>di</strong> don Giovanni ha saputo cogliere<br />

sempre più ciò che è essenziale:<br />

affidarsi al mistero <strong>di</strong> Dio che ci ha fatto<br />

dono <strong>di</strong> capire, in Cristo, la possibilità<br />

<strong>di</strong> vivere della sua stessa vita nell’attenzione<br />

concreta e nel servizio alle sorelle<br />

e ai fratelli più deboli.<br />

Leggendo alcuni suoi scritti e ricordando<br />

alcune conversazioni con lui, credo<br />

<strong>di</strong> poter affermare che è sgorgata da<br />

questa fede la carità e la de<strong>di</strong>zione agli<br />

ultimi, da lui continuamente espressa<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

L’essenzialità<br />

L’essenzialità<br />

<strong>di</strong> quella quella sua parola<br />

parola<br />

Cinquant’anni <strong>di</strong> ministero presbiterale<br />

e la sua fede è ancora viva in tutta la comunità.<br />

Una lezione da tenere presente, perché a nessuno sfugga<br />

l’importanza <strong>di</strong> dare valore ad ogni in<strong>di</strong>viduo<br />

<strong>di</strong> Giovanni Paolo Zedda*<br />

con sempre maggiore<br />

costanza e determinazione.<br />

Ha avuto la grazia<br />

<strong>di</strong> comprendere sempre<br />

più, sforzandosi <strong>di</strong> superare<br />

continuamente i limiti<br />

umani <strong>di</strong> cui pure<br />

sperimentava il peso,<br />

che servire i fratelli è<br />

servire Dio e che la nostra<br />

missione <strong>di</strong> evangelizzatori<br />

non può esaurirsi nelle parole,<br />

che la nostra fede non è vera se non si<br />

manifesta nei fatti, nell’amore concreto.<br />

Una grande lezione da tener presente,<br />

per non rischiare <strong>di</strong> spendere la nostra<br />

vita puntando solo sull’esteriorità, sulle<br />

apparenze, costruendo sulla sabbia. Una<br />

lezione per ognuno <strong>di</strong> noi, per ciascuno<br />

nei suoi impegni ecclesiali e sociali.<br />

Perché a nessuno sfugga l’importanza<br />

<strong>di</strong> venire incontro e dar valore ad<br />

ogni persona, non solo a quelli che nel<br />

mondo contano.<br />

Perché nessuno <strong>di</strong>mentichi che la vita<br />

vale per quanto amiamo e che saremo<br />

giu<strong>di</strong>cati per l’amore che abbiamo saputo<br />

offrire.<br />

*Vescovo <strong>di</strong> Iglesias


Pina Lai<br />

una vita<br />

de<strong>di</strong>cata<br />

al <strong>Centro</strong><br />

Trenta anni con don Diaz, quali i primi<br />

ricor<strong>di</strong>?<br />

Agli inizi degli anni '80 facevo parte assieme<br />

a una cinquantina <strong>di</strong> persone del<br />

gruppo Caritas <strong>di</strong> San Ponziano. <strong>Don</strong><br />

Diaz era un amico <strong>di</strong> mio marito. Con<br />

la sua affabilità ci mise poco a entrare<br />

dentro la pelle della mia famiglia: ricordo<br />

che avevo ancora i bimbi piccoli e<br />

lui si <strong>di</strong>vertiva ad insegnargli come si<br />

lavano e si asciugano i piatti. All'epoca<br />

il nostro sogno era quello <strong>di</strong> realizzare<br />

un centro <strong>di</strong> accoglienza, una casa aperta<br />

per aiutare alcune persone che<br />

sapevamo avere bisogno. Volevamo<br />

fare qualcosa ma non sapevamo nemmeno<br />

da dove iniziare. Fu grazie all'appoggio<br />

<strong>di</strong> don Efisio Scano che in<strong>di</strong>viduammo<br />

gli attuali locali del centro oggi<br />

intitolato a <strong>Don</strong> <strong>Sguotti</strong>. I primi tempi<br />

furono fantastici, ognuno <strong>di</strong> noi si ingegnava<br />

nel sistemare, aiutare, dare una<br />

mano e don Diaz era inarrestabile. Per<br />

far fronte a tutte le situazioni avevamo<br />

fatto una cassettina dei risparmi, tutto<br />

si basava esclusivamente sulle nostre<br />

forze. Fino a un giorno che non <strong>di</strong>menticherò<br />

mai: era arrivata una busta proveniente<br />

dal comune <strong>di</strong> S. Antioco.<br />

Dentro c'erano 200mila lire in<strong>di</strong>rizzate<br />

al centro. "Queste le incorniciamo" <strong>di</strong>sse<br />

don Diaz. Fu l'inizio <strong>di</strong> una lunga catena<br />

<strong>di</strong> solidarietà.<br />

Quali furono le <strong>di</strong>fficoltà, i momenti<br />

più <strong>di</strong>fficili?<br />

Pagare l'affitto, la luce, le bollette: non<br />

avevamo niente, ognuno <strong>di</strong> noi portava<br />

qualcosa da casa, ricordo che improvvisammo<br />

dei letti con semplici reti e<br />

che don Diaz sistemava mattoni come<br />

appoggio ai materassi. Andavamo al<br />

mercato e ci davano la frutta, la carne,<br />

il pane, cucinavamo nelle nostre case e<br />

poi portavamo i cibi cotti al centro.<br />

C'era unione, buona volontà, energia. I<br />

primi ospiti furono tre ragazzi: due fratellini<br />

rimasti orfani e un ragazzino che<br />

la famiglia in<strong>di</strong>gente non riusciva più a<br />

mantenere. Ma la città era piena <strong>di</strong> bisognosi,<br />

giravano droga e alcol. Col<br />

dottor Madeddu il centro si allargò anche<br />

agli alcolisti anonimi.<br />

Com’erano i rapporti coi soci?<br />

Originariamente eravamo una trentina,<br />

la maggior parte insegnanti, me<strong>di</strong>ci,<br />

madri e padri <strong>di</strong> famiglia. Tutti accomunati<br />

dalla forza <strong>di</strong> don Diaz. Il quale<br />

pensò subito <strong>di</strong> mettere dei punti fermi<br />

scrivendo uno statuto: "La mia paura è<br />

che subentri la politica, le cose qui non<br />

devono cambiare". Così costituì il Comitato<br />

<strong>di</strong> gestione a vita formato<br />

da lui in qualità <strong>di</strong> presidente,<br />

dottor Antonio Cesare Gerini (vicepresidente),<br />

Chiarella Casula<br />

(segretaria), Gigi Uselli (tesoriere),<br />

e poi Graziella Sechi, il geometra<br />

Salvatore Marsala, Antonello e<br />

Rita Favrin, ed io. Oggi <strong>di</strong> quel<br />

gruppo è rimasto solo Gigi Uselli.<br />

Alcuni <strong>di</strong> loro sono morti, e col<br />

passare degli anni anche i soci<br />

storici se ne sono andati.<br />

Oggi com’è cambiato il <strong>Centro</strong>?<br />

In quasi trenta anni le cose sono<br />

andate sempre meglio. La struttura<br />

è cresciuta, prima c'erano<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 7<br />

Un'avventura iniziata nell'84 quella del <strong>Centro</strong> don <strong>Sguotti</strong><br />

<strong>di</strong> cui Pina Lai è stata protagonista in<strong>di</strong>scussa.<br />

Le <strong>di</strong>fficoltà degli inizi, il grande slancio dei soci, la generosità<br />

della città. "Amo questa casa, per me è una ragione <strong>di</strong> vita"<br />

solo i volontari, oggi ci sono gli operatori,<br />

i <strong>di</strong>pendenti, le presenze notturne,<br />

le baby sitter. Al posto <strong>di</strong> don Diaz è<br />

arrivato l'avvocato Susanna Steri, il nostro<br />

nuovo e bravo presidente, credo<br />

che don Diaz avesse previsto anche<br />

questo e grazie alla sua preghiera oggi<br />

c’è una persona <strong>di</strong> grande cuore che<br />

si sta dando da molto da fare.<br />

La mia opinione è che bisogna continuare<br />

sulla linea tracciata da lui, la casa<br />

non deve cambiare: è nata come<br />

centro <strong>di</strong> accoglienza il cui obiettivo è<br />

quello <strong>di</strong> aiutare gli ultimi e così deve<br />

continuare. La città risponde con generosità<br />

e la provvidenza non manca:<br />

oggi ospitiamo una decina <strong>di</strong> donne adulte<br />

e sei bambini.<br />

Ci sono le educatrici, le volontarie e le<br />

suore meravigliose che giocano coi<br />

bimbi, assistono le mamme, preparano<br />

ai battesimi. Io amo questa casa, per<br />

me è tutto. E lo sa qual è la cosa più<br />

incre<strong>di</strong>bile? Che dopo tanti anni non<br />

sono più io che dò alla casa, è la casa<br />

che sta dando a me. E’ grazie alla vita<br />

qui dentro se sono riuscita a superare<br />

l’angoscia della per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> mio marito e<br />

<strong>di</strong> don Diaz.<br />

Che ricordo le ha lasciato don Diaz?<br />

Avevo <strong>di</strong> lui una grande ammirazione e<br />

ho sofferto molto della sua scomparsa,<br />

ero convinta che lui sarebbe rimasto<br />

per sempre con noi e dopo la morte <strong>di</strong><br />

mio marito, il 5 marzo dell’anno scorso,<br />

credevo che avrei potuto trovare un<br />

appoggio. Me lo ricordo ancora al funerale,<br />

in una giornata fredda e ventosa<br />

quando vicino alla porta del cimitero,<br />

in silenzio mi abbracciò: "Signora<br />

Lai io ci sono sempre" mi ha detto.<br />

Non seppi risponderle, gli <strong>di</strong>ssi solo<br />

"Vada don Diaz, fa freddo". Due mesi<br />

dopo è morto, era il 5 maggio.<br />

Se lui potesse ancora ascoltarla cosa<br />

vorrebbe <strong>di</strong>rgli?<br />

Vorrei chiarire delle cose che sono rimaste<br />

sospese fra noi. E ce ne sono<br />

tante. Abbiamo fatto troppe battaglie,<br />

alla fine era sfiancato. Ha dato tutto,<br />

forse troppo.<br />

E quando glielo <strong>di</strong>cevo lo sa cosa mi rispondeva?<br />

"Signora Lai, io almeno<br />

non ho famiglia, lei invece ce l'ha".<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 8<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

I RICORDI PIÙ DOLCI<br />

La parola alla famiglia<br />

Lui era<br />

il fratello<br />

<strong>di</strong> tutti<br />

<strong>di</strong> Cristiano Diaz<br />

Per me Giovanni è<br />

sempre presente<br />

specialmente quando,<br />

nelle ricorrenze a lui<br />

de<strong>di</strong>cate a Carbonia, lo<br />

rivedo nel sorriso <strong>di</strong> un ex alcolizzato, nella commozione<br />

<strong>di</strong> una mamma, nell’allegria degli scuout, nelle<br />

strette <strong>di</strong> mano <strong>di</strong> tantissimi sconosciuti e non, nell’impegno<br />

dei tanti che l’hanno accompagnato per<br />

moltissimi anni e si adoperano ancora, nel rispetto anche<br />

<strong>di</strong> chi forse era <strong>di</strong> altro pensiero.<br />

Certo lo ricordo anche nella casa <strong>di</strong> campagna della<br />

nostra nonna. Non mancava quasi mai la domenica<br />

per partecipare all’unità della famiglia, irrinunciabile<br />

per tutti grazie alla educazione della nostra mamma.<br />

In quelle occasioni ascoltavamo i suoi sogni-progetti:<br />

la Parrocchia, gli Scout, Mitza Iustza, la Casa <strong>di</strong> <strong>Accoglienza</strong>,<br />

il Dormitorio per i senza casa, Casa Emmaus<br />

e altri. E i suoi racconti erano pieni <strong>di</strong> fervore,<br />

determinazione, gioia, allegria, amore e fede. Ci coinvolgeva<br />

tanto che quasi li vivevamo con lui.<br />

E quando ero ancora ragazzo?<br />

Giovanni più grande <strong>di</strong> otto anni e capofamiglia non<br />

ha mai avuto una vita facile, considerato che eravamo<br />

orfani <strong>di</strong> padre e che il fratello maggiore era da tempo<br />

a Torino a “stu<strong>di</strong>are gesuita”: ricordo le sue tribolazioni<br />

locali per <strong>di</strong>ventare sacerdote, il forzato esilio a Lugano<br />

(città ove si consacrò prete), le sue prime attività<br />

nella <strong>di</strong>ocesi svizzera e il rientro in Sardegna, a Carbonia,<br />

nella parrocchia <strong>di</strong> San Ponziano. Ricor<strong>di</strong> vaghi<br />

perché in quel periodo ero molto <strong>di</strong>stratto.<br />

Da allora si è trasformato in un vostro fratello, ma soprattutto<br />

nel fratello dei più umili e bisognosi: grazie<br />

Carbonia per le sod<strong>di</strong>sfazioni che gli hai dato.<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

Il suo grande sogno<br />

<strong>di</strong> Giacomo Diaz<br />

Ad un anno <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza dalla scomparsa, il ricordo<br />

<strong>di</strong> Giovanni è ancora vivo e la sua mancanza è<br />

sempre avvertita da tutti noi. Giovanni viveva <strong>di</strong><br />

generosità, beninteso della sua generosità. Per indole<br />

naturale era portato a dare, e questo tratto del carattere,<br />

oltre alle forti motivazioni religiose, è stata la sua ragione<br />

<strong>di</strong> vita. Ed è stato anche l'impulso che ha permesso,<br />

con il contributo <strong>di</strong> tanti amici, collaboratori, volontari e<br />

sostenitori, l'attività del <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> <strong>Accoglienza</strong>, della Comunità<br />

Emmaus, del <strong>Centro</strong> Alcologico, della Comunità<br />

Terapeutica, dei Centri <strong>di</strong> Ascolto e <strong>di</strong> altre iniziative. Il<br />

suo impegno personale è anche testimoniato dalle rubriche<br />

che teneva in tv, dall'insegnamento nella scuola,<br />

che molti suoi studenti ora adulti ancora ricordano ed<br />

apprezzano, e dall'attività con gli scout con cui stabilì<br />

forti vincoli <strong>di</strong> stima e <strong>di</strong> fraterna amicizia.<br />

Lottava contro la povertà, quella materiale ma soprattutto<br />

quella culturale e morale, anche se non era quel<br />

che si <strong>di</strong>ce un moralista. Pur esercitando il mestiere <strong>di</strong><br />

prete, rispettava le scelte <strong>di</strong> ciascuno e la libertà <strong>di</strong> co-


Loro, i fratelli,<br />

lo hanno voluto ricordare così,<br />

con poche parole e molto silenzio.<br />

E la certezza <strong>di</strong> una vocazione<br />

che non conosceva incertezza<br />

(Da destra Giovanni, Angelo, Ignazio, Cristiano e Giacomo Diaz.<br />

Al centro la sorella Maria Luisa)<br />

scienza. Condannava piuttosto l'ipocrisia e l'in<strong>di</strong>fferenza.<br />

Nonostante avesse una visione positiva della vita e<br />

fosse sommerso da tanti problemi quoti<strong>di</strong>ani, Giovanni<br />

sosteneva spesso l'importanza <strong>di</strong> sognare. Sogno non<br />

inteso come fuga dalla realtà ma come rifiuto dei confini<br />

materiali dell'esistenza e come speranza <strong>di</strong> una vita eterna,<br />

come promesso dalla fede. A questo sogno contrapponeva<br />

come unica alternativa l'incubo della morte<br />

e del nulla. Giovanni era persona affabilissima ma aveva<br />

anche un carattere forte e in<strong>di</strong>pendente. Era poco <strong>di</strong>sposto<br />

ad adattarsi alla piattezza della routine quoti<strong>di</strong>ana<br />

e a rispettare le regole dettate dalle convenzioni e<br />

consuetu<strong>di</strong>ni. Sotto questo aspetto, sin da ragazzo, era<br />

un autentico ribelle. E lo <strong>di</strong>mostrano le <strong>di</strong>verse strade<br />

che intraprese prima <strong>di</strong> trovare quella che lo avrebbe<br />

portato prima a Lugano in Svizzera, in cui fu or<strong>di</strong>nato<br />

prete, e poi a Carbonia.<br />

Ora che ha percorso anche l'ultima strada e raggiunto<br />

l'ultima mèta possiamo essere certi che abbia finalmente<br />

realizzato il suo sogno.<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

E venne un uomo <strong>di</strong> nome<br />

Giovanni...<br />

<strong>di</strong> Angelo Diaz<br />

pagina 9<br />

Aver vissuto con Giovanni, come fratello è un po’ come<br />

aver visto il primo tempo <strong>di</strong> un film, ricco <strong>di</strong> premesse<br />

ed aver potuto assistere al secondo tempo della vera<br />

storia <strong>di</strong> Giovanni, ormai non più a casa, solo a tratti, cercando<br />

<strong>di</strong> capirla, raccontata da chi era con lui nelle gran<strong>di</strong> e piccole<br />

cose <strong>di</strong> tutti i giorni, che poteva capire anche solo guardandolo,<br />

cosa lo turbava e cosa lo incoraggiava a proseguire<br />

in quella strada che lui non percorreva da solo. Quello che ho<br />

sempre ammirato in Giovanni, è la forza che gli veniva dalla<br />

certezza della sua vocazione, certezza che gli ha permesso<br />

<strong>di</strong> percorrere la strada che lo ha portato alla sua consacrazione<br />

<strong>di</strong> sacerdote, anche se faticosa, “in salita” e contrastata<br />

da quanti non conoscevano la forza dello Spirito <strong>di</strong> Dio che<br />

lo trascinava. Io sono testimone, però, che l’ha percorsa senza<br />

dubitare, con lo spirito <strong>di</strong> chi si fida <strong>di</strong> Dio, <strong>di</strong> quel Dio che<br />

lo aveva chiamato e che gli avrebbe spianato la strada, abbattendo<br />

per lui ogni ostacolo, e lui <strong>di</strong> questo ne era certo.<br />

Quel Dio, che gli aveva dato un carattere ribelle, proprio perché<br />

non si fermasse alle prime <strong>di</strong>fficoltà, gli aveva anche dato<br />

una bussola, perché non si smarrisse lungo la strada in cui avrebbe<br />

incontrato tanti bivi e tante persone che lo avrebbero<br />

potuto aiutare a realizzare, giorno per giorno l’opera che gli<br />

era stata affidata.<br />

Parlavamo poco delle sue cose ed ancor meno <strong>di</strong> lui; lo sentivo<br />

vicino ai miei problemi anche senza parlargliene e lui nascondeva<br />

a me i suoi perché non lo turbavano più <strong>di</strong> tanto.<br />

L’ho sempre visto portare con sé il <strong>di</strong>namismo <strong>di</strong> chi ha tante<br />

cose da fare e non può sciupare il tempo che gli veniva affidato;<br />

così anche nel suo riposo aveva la testa “là…”; e insieme<br />

al <strong>di</strong>namismo, lo zelo, l’entusiasmo per quella “Vigna” alla<br />

quale era stato chiamato ed alla quale non voleva rinunciare,<br />

perché dava senso a tutta la sua esistenza. Così vi<strong>di</strong> crescere<br />

presto il numero <strong>di</strong> coloro che incontrandolo restavano<br />

colpiti dal “Cristo <strong>di</strong> tutti i giorni” che lui comunicava con la<br />

sua umanità a quanti lo avvicinavano: ai più deboli, agli “ultimi”,<br />

ai giovani, con l’attenzione ai loro problemi molto spesso<br />

esistenziali, trasmettendo la sua fede, quella che lo sorreggeva,<br />

aprendoli a una nuova speranza e rendendo loro la voglia<br />

<strong>di</strong> credere e <strong>di</strong> fidarsi <strong>di</strong> Dio. E’ da questo immenso gruppo <strong>di</strong><br />

amici, <strong>di</strong> scout, <strong>di</strong> studenti, <strong>di</strong> malati, <strong>di</strong> emarginati, che ho<br />

conosciuto ciò che faceva Giovanni e capito quale dono fosse<br />

per tutti noi. Gli studenti mi raccontavano <strong>di</strong> lui e restavamo<br />

a lungo a parlare del loro primo incontro, quando incuriositi<br />

<strong>di</strong> scoprire dalle sue parole la verità che stava dentro <strong>di</strong><br />

loro, cominciarono a capire che era “un uomo speciale”, e avevano<br />

piacere <strong>di</strong> ascoltarlo, perché vivo e “trasparente”. A<br />

loro affidavo spesso un saluto per Giovanni e da loro spesso<br />

lo ricevevo, con la premura <strong>di</strong> chi non voleva <strong>di</strong>menticarsi <strong>di</strong><br />

portarmelo, o meglio <strong>di</strong> chi non poteva <strong>di</strong>menticarsene.<br />

Ammiro Giovanni, a <strong>di</strong>rla con parole mie, per tutto ciò che il<br />

Signore ha compiuto per mezzo <strong>di</strong> lui, quel Dio che attraverso<br />

<strong>di</strong> lui ha voluto parlare con le opere perché la sua fede<br />

non restasse vuota e potessimo vedere insieme a Giovanni,<br />

continuamente rispecchiato in esse, il <strong>di</strong>scendere <strong>di</strong> Dio nella<br />

sua e nostra storia.<br />

Con un’espressione in prestito potrei <strong>di</strong>re “ ...e venne un uomo<br />

<strong>di</strong> nome Giovanni…”, interprete <strong>di</strong> Dio tra <strong>di</strong> noi, in una<br />

storia che non finisce a Carbonia ma che fa presente un pizzico<br />

<strong>di</strong> Vita Eterna.<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 10<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

Un grazie detto in tanti mo<strong>di</strong>,<br />

ma che viene sempre e soltanto<br />

dal cuore. Così gli uomini<br />

e le donne passati<br />

nei centri <strong>di</strong> accoglienza<br />

hanno voluto ricordare<br />

chi li ha aiutati<br />

a ritrovare una strada<br />

Grazie Padre del cielo per averci<br />

fatto conoscere <strong>Don</strong><br />

Giovanni Diaz. Grazie perché<br />

nonostante le sue debolezze <strong>di</strong><br />

uomo è stato forte del tuo Vangelo, perché<br />

quando ho avuto bisogno <strong>di</strong> un tetto,<br />

ecco, lui mi ha dato riparo. Quando<br />

ho avuto freddo, ecco, mi ha dato da<br />

vestire. Quando ho avuto fame, ecco, mi<br />

ha dato da mangiare. Quando volevo essere<br />

confortata ecco, <strong>Don</strong> Diaz era<br />

pronto ad ascoltarmi… E lui ascoltava<br />

tutti i suoi "piccoli", “chi accoglierà loro,<br />

accoglierà me”. Tu hai accolto Gesù in<br />

ogni tuo piccolo, e per questo voglio<br />

credere tu sia stato accolto tra i giusti<br />

del cielo. Grazie. Rita, CDA<br />

Un giorno, per caso, ho visto un sacerdote.<br />

Non mi sarei mai immaginato che<br />

la mia vita sarebbe stata legata per sempre<br />

a lui. Posso <strong>di</strong>re con convinzione <strong>di</strong> avere,<br />

anche solo per un istante, incontrato un angelo.<br />

Anonimo, PCT<br />

Ecco, vede <strong>Don</strong> Diaz, io non conosco<br />

neanche il suo nome, però la<br />

ringrazio per avermi tolto da una<br />

strada ed aver fatto in modo che io<br />

vivessi una vita più tranquilla e serena. Io per<br />

questo la ringrazio e devo <strong>di</strong>re che Lei mi ha<br />

aiutato tanto. Ma sono ancora nei guai. Anonimo,<br />

CPI<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

La parola<br />

Noi che abbiamo avuto il privilegio <strong>di</strong><br />

conoscere <strong>Don</strong> Diaz, le sue qualità, la<br />

sua forza, la sua voglia <strong>di</strong> vivere. Proprio<br />

per la riconoscenza che gli dobbiamo<br />

cercheremo <strong>di</strong> fare un modello del suo incancellabile<br />

ricordo. Speriamo che ciò ci rechi<br />

conforto. Elia, CPI<br />

Il mio pensiero è<br />

che da quando<br />

<strong>Don</strong> Giovanni Diaz<br />

è morto è come se la<br />

mia vita si fosse capovolta.<br />

A volte ho anche paura ma<br />

poi mi guardo intorno ed è<br />

come se Giovanni sia sempre<br />

tra noi. Anonimo, CPI<br />

<strong>Don</strong> Diaz grazie<br />

per tutto quello<br />

che ha fatto per<br />

noi. Ancora grazie<br />

per tutte le cose belle che ha<br />

fatto. Grazie <strong>Don</strong> Diaz. Anonimo,<br />

CPI<br />

Purtroppo non ho fatto in tempo a conoscere<br />

<strong>Don</strong> Giovanni Diaz, ma una cosa<br />

è certa: se non fosse stato per lui non<br />

sarei in questa splen<strong>di</strong>da comunità. Grazie<br />

che ci hai lasciato delle splen<strong>di</strong>de operatrici che si<br />

fanno in quattro per noi e che cercano <strong>di</strong> strapparci<br />

a due cose mortali: alcool e droghe.<br />

Grazie <strong>Don</strong> Giovanni e grazie anche a voi operatrici.<br />

Anonimo, PCT


<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

ai suoi piccoli angeli<br />

<strong>Don</strong> Giovanni mi ha insegnato<br />

che le persone povere<br />

e in stato <strong>di</strong> bisogno sono<br />

molto <strong>di</strong> più <strong>di</strong> ciò che sembrano.<br />

Anonimo, PCT<br />

Ho avuto l’onore e il grande piacere <strong>di</strong> aver conosciuto <strong>Don</strong> Giovanni Diaz, un prete<br />

ma innanzitutto un gran<strong>di</strong>ssimo uomo, determinato nell’aiutare persone in <strong>di</strong>fficoltà,<br />

tossico<strong>di</strong>pendenti, alcolisti, persone senza casa. Era un grande uomo, se mi<br />

trovavo in <strong>di</strong>fficoltà prendevo un appuntamento per parlare con lui, quando ero depresso,<br />

giù <strong>di</strong> morale per i miei problemi fisici dovuti ai vari ricoveri e ai vari interventi allo stomaco.<br />

Parlavo con <strong>Don</strong> Diaz e lui mi rispondeva con tranquillità, mi sentivo risollevato e molto<br />

sereno, per questo lo ringrazierò sempre. Ora è in para<strong>di</strong>so e la sua anima riposa in pace.<br />

Grazie <strong>di</strong> tutto <strong>Don</strong> Diaz. Giovanni, CPI<br />

Caro <strong>Don</strong> Diaz, credo tu sia in para<strong>di</strong>so.<br />

Noi qua in comunità cantiamo e de<strong>di</strong>chiamo<br />

a te tutte le canzoni. Grazie a te,<br />

in questa struttura sta avvenendo la nostra<br />

guarigione. Ti ringrazio con tutto il cuore e spero<br />

che da lassù tu possa proteggere la mia famiglia,<br />

tutti i ragazzi che sono qua e quelli che ci saranno.<br />

Giovanni, PCT<br />

Un pensiero ad un uomo che non ho<br />

mai conosciuto, ma che come altri<br />

uomini forti ha lasciato in ere<strong>di</strong>tà i frutti<br />

del suo lavoro. Ora sono ospite <strong>di</strong> questo<br />

lavoro, e sono fiero <strong>di</strong> esserlo. E’ il mio modo<br />

<strong>di</strong> ringraziarlo, non solo da parte mia. Anonimo,<br />

PCT<br />

Le persone come lui non muoiono per<br />

sempre, solo si allontanano. Lo sentiremo<br />

sempre nel nostro cuore.<br />

Patrizia, CDA<br />

pagina 11<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 12<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

L’ine<strong>di</strong>to<br />

Il <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> accoglienza don <strong>Vito</strong><br />

<strong>Sguotti</strong> è un’associazione <strong>di</strong> volontariato<br />

nata a Carbonia nel 1984, per<br />

cercare <strong>di</strong> rispondere alle esigenze essenziali<br />

<strong>di</strong> alcune persone incontrate<br />

per caso.<br />

Una <strong>di</strong> queste è stata una ragazza che<br />

voleva portare a termine la sua gravidanza.<br />

Priva <strong>di</strong> genitori, viveva con la<br />

famiglia <strong>di</strong> uno zio che le aveva imposto<br />

<strong>di</strong> abortire. La ragazza lasciata la<br />

casa dei parenti aveva soprattutto bisogno<br />

<strong>di</strong> una casa che l’accogliesse e<br />

le fornisse l’aiuto necessario a <strong>di</strong>ventare<br />

mamma.<br />

Nessuna porta però le si apriva realmente<br />

e ognuno aveva le sue ragioni<br />

per non farlo. E stato allora che è nato<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

Scrivere, una delle tante passioni <strong>di</strong> don Diaz.<br />

Di seguito una pagina mai pubblicata in cui racconta<br />

le origini del <strong>Centro</strong>, i motivi della sua ostinata volontà<br />

nel voler tenere sempre aperte le porte ai bisognosi<br />

e il significato intimo che si cela <strong>di</strong>etro alla fatica <strong>di</strong> vivere<br />

Ecco cosa<br />

significa carità<br />

il <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> <strong>Accoglienza</strong> intitolato a don<br />

<strong>Vito</strong> <strong>Sguotti</strong>, un sacerdote veneto che<br />

fu il primo parroco a Carbonia.<br />

Abbiamo iniziato come risposta emotiva<br />

alle necessità del momento, in modo<br />

veramente istintivo, come reazione<br />

ad una situazione inaccettabile.<br />

Prevalentemente si trattava <strong>di</strong> donne<br />

sole o con i loro bambini, ma anche<br />

uomini, persone con qualche ritardo o<br />

<strong>di</strong>sturbo del comportamento, soggetti<br />

che appartenevano come si <strong>di</strong>ce alla<br />

grave marginalità sociale, dormivano<br />

nel cartone degli imballaggi, o in una<br />

porcilaia, o che avevano avuto qualche<br />

problema con la giustizia.<br />

Tutto ciò non era stato preventivato e<br />

cominciava a <strong>di</strong>sturbare la nostra vita,<br />

nel senso che la cambiava. Qualcuno<br />

pensò <strong>di</strong> tirarsi in<strong>di</strong>etro sostenendo<br />

che non con<strong>di</strong>videva l’impostazione.<br />

Ma non c’era nessuna impostazione da<br />

con<strong>di</strong>videre: c’erano uomini e donne<br />

senza una casa, sfiniti dal loro continuo<br />

pellegrinare, privi <strong>di</strong> risorse e spaventati,<br />

che chiedevano uno spazio dove essere<br />

accolti, dove poter vivere, mangiare,<br />

dormire. Mi ricordo, al riguardo,<br />

un’espressione <strong>di</strong> <strong>Don</strong> Giussani che,<br />

assieme alle amiche e agli amici del<br />

<strong>Centro</strong> <strong>di</strong> <strong>Accoglienza</strong>, soleva <strong>di</strong>re:<br />

“Fare il bene stanca!”.<br />

Eccome se stanca e ti viene voglia <strong>di</strong><br />

smettere perché <strong>di</strong> solidarietà e comprensione<br />

e tenerezza ad un certo punto<br />

hai fatto il pieno.<br />

Invece <strong>di</strong> smettere, ci è<br />

stato però fatto un dono:<br />

quello <strong>di</strong> capire e <strong>di</strong><br />

vedere quanto, in teoria,<br />

forse o certamente,<br />

già sapevamo…<br />

E cioè che stavamo collaborando<br />

all’opera <strong>di</strong><br />

un Altro. Capire che le<br />

persone che bussavano<br />

alle porte del <strong>Centro</strong>,<br />

lo facevano in quanto<br />

Dio in<strong>di</strong>cava loro questa<br />

possibilità e le accompagnava<br />

a questa richiesta<br />

e che quin<strong>di</strong> era<br />

Lui che ci chiedeva <strong>di</strong><br />

interessarci e <strong>di</strong> servirle<br />

nelle loro necessità.<br />

Non che questo non lo<br />

sapessimo anche prima,<br />

lo sapevamo, ma in


quel modo astratto e teorico inefficace<br />

che riguarda tutto ciò che appartiene a<br />

Dio, così come vuole e impone la cultura<br />

<strong>di</strong> cui siamo circondati.<br />

Quel pensiero che ha ridotto o vuole<br />

ridurre Dio a qualcosa <strong>di</strong> ornamentale,<br />

<strong>di</strong> collaterale, <strong>di</strong> verbale, cambiandogli<br />

la natura…<br />

Ma siccome il <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> <strong>Accoglienza</strong><br />

non era una astrazione o una teoria,<br />

siamo stati costretti a misurarci con<br />

quanto Dio ci proponeva in termini<br />

concreti e reali quoti<strong>di</strong>ani. Credo <strong>di</strong><br />

poter <strong>di</strong>re che è avvenuto in noi un<br />

cambiamento, il <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> <strong>Accoglienza</strong><br />

è stato un dono per noi.<br />

Quello <strong>di</strong> farci scoprire che le cose<br />

che facevamo le facciamo solo e unicamente<br />

per amore a chi per primo ci<br />

ha amati, ci ama e ci ha scelto.<br />

E abbiamo avuto al riguardo dei riscontri<br />

che sono stati veramente il segno<br />

della tenerezza del Signore verso<br />

la durezza del nostro cuore: questo si<br />

è verificato quando una ragazza depressa<br />

e scacciata da casa ha deciso<br />

<strong>di</strong> bere un bel bicchierone <strong>di</strong> idraulico<br />

liquido senza però morire.<br />

O quando è nata l’esigenza <strong>di</strong> trovare<br />

uno spazio per realizzare una comunità<br />

terapeutica per gli alcolisti e grazie agli<br />

ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> un vecchio conta<strong>di</strong>no che ci<br />

hanno svenduto una vecchia fattoria è<br />

nata la Piccola Comunità Terapeutica<br />

per alcol <strong>di</strong>pendenti.<br />

O quando l’Enel a causa <strong>di</strong> un <strong>di</strong>sguido<br />

burocratico, ritenendoci morosi, e<br />

non lo eravamo, ci ridusse al 10% l’energia<br />

nonostante i nostri reclami: la<br />

casa non era più vivibile, dove andare?<br />

Solo il funzionario della Prefettura <strong>di</strong><br />

Cagliari poteva risolvere quella situazione,<br />

e quando stavamo per essere<br />

trasferiti tutti, bambini compresi, in un<br />

residence della città, proprio allora<br />

pensai: se questa casa è Tua e noi siamo<br />

solo i tuoi servi che ci lavorano<br />

perché non ti fai sentire all’Enel?<br />

Quando il buio della sera incombeva<br />

su <strong>di</strong> noi che stavamo per abbandonare<br />

la Comunità femminile, arrivò a forte<br />

velocità un pullmino dell’Enel da cui<br />

scesero due angeli in tuta azzurra:<br />

“siamo qui per ripristinare l’energia elettrica”.<br />

Riguardo a come si vive nella Comunità<br />

femminile e più o meno nel <strong>Centro</strong><br />

<strong>di</strong> Pronto Intervento maschile, nella<br />

Piccola Comunità Terapeutica, farò un<br />

breve cenno: si vive come in una famiglia<br />

un po’ allargata dove ci si vuol bene,<br />

ci si aiuta a vicenda e si è partecipe<br />

dei problemi, delle vittorie e delle<br />

sconfitte <strong>di</strong> ciascuno.<br />

Ci vuole una grande pazienza, de<strong>di</strong>zio-<br />

ne e attenzione a non trasformare la<br />

casa, le case, in istituti dove devi piegarti<br />

a delle regole che puoi solo subire.<br />

Questo gli ospiti lo percepiscono,<br />

capiscono che possiamo sbagliare,<br />

che sbagliamo, ma capiscono anche<br />

che ciò che dà vita alle Comunità è<br />

l’Amore, cioè Dio.<br />

Nessuno è privato della sua autonomia,<br />

delle sue capacità e per quanto è<br />

possibile delle sue abitu<strong>di</strong>ni. Una volta,<br />

una giovanissima mamma arrivata da<br />

poco al <strong>Centro</strong> <strong>di</strong>sse: “Perché lo fate?<br />

Perché tenete in pie<strong>di</strong> questa casa e ci<br />

aiutate ogni giorno a imparare a fare<br />

ben la mamma?”. Fui tentato sulle prime<br />

<strong>di</strong> risponderle con argomentazioni<br />

sociologiche sui valori e i doveri e le<br />

opportunità, in pratica “aria fritta” che<br />

non convince nessuno e <strong>di</strong> cui neppure<br />

siamo minimamente persuasi.<br />

Dissi: “Perché ti vogliamo bene. Sapevamo<br />

che un giorno saresti arrivata,<br />

come infatti è successo, con il tuo piccolo”.<br />

Lei mi rispose “solo Dio poteva<br />

sapere che sarei arrivata nella vostra<br />

Comunità, quin<strong>di</strong> è Dio che vi ha fatto<br />

aprire queste case”.<br />

Tutte le ospiti che vi sono transitate,<br />

oltre 400 con o senza bimbi e 250 ragazzi<br />

e uomini che abbiamo seguito e<br />

accolto nel tempo nel <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> Pronto<br />

Intervento maschile e quel centinaio<br />

<strong>di</strong> persone che sono passate nella Piccola<br />

Comunità Terapeutica per alcol<strong>di</strong>pendenti,<br />

senza <strong>di</strong>rlo in modo esplicito<br />

l’hanno capito.<br />

E quando si capisce questo, quando si<br />

è persuasi che le Comunità sono luoghi<br />

inventati da<br />

Dio per rispondere<br />

al dolore e<br />

al bisogno delle<br />

persone, la vita<br />

cambia. E’ per<br />

Lui che tutto accade!<br />

L’Amore <strong>di</strong>ce il<br />

Papa, la “Caritas”<br />

è la forza<br />

straor<strong>di</strong>naria<br />

che spinge le<br />

persone a impegnarsi<br />

con coraggio<br />

e generosità<br />

nel campo<br />

della giustizia<br />

e della pace.<br />

Ciascuno trova<br />

il suo bene aderendo<br />

al progetto<br />

che Dio ha su<br />

<strong>di</strong> lui, per realizzarlo<br />

in pienezza;<br />

in tale pro-<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 13<br />

getto infatti Egli trova la sua verità, ed<br />

è aderendo a tale verità che egli <strong>di</strong>venta<br />

libero. In Cristo la carità nella verità,<br />

<strong>di</strong>venta il Volto della Sua persona, una<br />

vocazione per noi ad amare i nostri<br />

fratelli nella verità del Suo progetto.<br />

Egli adesso, infatti, è la verità. Queste<br />

parole, che fanno parte dell’introduzione<br />

alla lettura Eucaristica <strong>di</strong> Benedetto<br />

XVImo “Caritas in Veritate”, hanno un<br />

piccolissimo riscontro anche nella<br />

semplice storia del <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> <strong>Accoglienza</strong>.<br />

E cioè che veramente ciascuno trova il<br />

suo bene aderendo al progetto che<br />

Dio ha su <strong>di</strong> lui.<br />

E in questo modo è anche lieto.<br />

Ricordo l’emozione provata leggendo<br />

la prima Enciclica “Deus Caritas Est”<br />

<strong>di</strong> Benedetto XVImo dove il Papa <strong>di</strong>ce<br />

che la Chiesa ha tre compiti irrinunciabili<br />

che attengono la sua stessa natura:<br />

- L’Annuncio della Parola<br />

- La Celebrazione dei Sacramenti<br />

- L’Esercizio della Carità<br />

Se quanto il Papa ci ha ricordato è vero,<br />

ne segue che non ha un senso una<br />

Chiesa senza la Parola <strong>di</strong> Dio e, allo<br />

stesso modo, non può esistere una<br />

Chiesa senza l’esercizio della carità.<br />

Perché sarebbe una Chiesa senza l’Amore<br />

<strong>di</strong> Dio.<br />

Al primo posto dunque sta la Carità,<br />

come volto del Signore, come sguardo<br />

<strong>di</strong> Cristo, come segno della Sua<br />

presenza e della Sua compagna.<br />

Di questo dobbiamo convincerci ogni<br />

giorno.<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 14<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

A tu per tu con le segretarie. Interviste a confronto<br />

"La sua voce, la mia guida"<br />

Patrizia Pinna*<br />

Venticinque anni fianco a fianco:<br />

Patrizia è tra le persone che più<br />

hanno vissuto don Diaz <strong>di</strong>rettamente<br />

sul campo. L’abbiamo incontrata,<br />

nello stesso ufficio <strong>di</strong> sempre, circondata<br />

da libri, quaderni, fotografie. Assieme ai<br />

ricor<strong>di</strong> e agli appunti <strong>di</strong> una vita.<br />

Come vi siete incontrati?<br />

<strong>Don</strong> Diaz insegnava al liceo scientifico <strong>di</strong><br />

Carbonia, io avevo 18 anni. Di lui mi avevano<br />

parlato i miei fratelli che facevano<br />

gli scout, anche se della sua presenza<br />

sapevo sin da piccola. Mi sono presentata<br />

al centro perché un amico comune<br />

mi aveva fatto sapere che cercavano una<br />

segretaria. Lui aveva 47 anni, era un<br />

omone dal timbro molto autoritario che<br />

<strong>di</strong> primo acchito metteva soggezione. Si<br />

rese conto subito del mio <strong>di</strong>sagio e mi<br />

mise alla prova facendomi capire che lì<br />

dentro girava gente un po’ particolare,<br />

che avrebbe potuto crearmi dei problemi.<br />

Voleva vedere se ero forte, se ero in<br />

grado <strong>di</strong> gestire uomini e donne che avevano<br />

sofferto. Ero spaventata ma anche<br />

terribilmente attratta da quella opportunità.<br />

Accettai. Col passare degli anni<br />

amava ricordare quel nostro primo incontro:<br />

“Ti ricor<strong>di</strong> che faccina avevi la<br />

prima volta che sei venuta qui? Guarda<br />

come sei forte, oggi”. Mi faceva capire <strong>di</strong><br />

essere orgoglioso.<br />

Cosa l’ha colpita maggiormente?<br />

Sicuramente la sua voce: pesante,<br />

profonda, autoritaria e, al tempo stesso,<br />

dolce e confortante. Una voce che chiedeva<br />

e che restituiva sempre qualcosa.<br />

A quella voce ubbi<strong>di</strong>vo come un soldato,<br />

stare con lui era come frequentare un<br />

corso <strong>di</strong> sopravvivenza: ogni giorno problemi<br />

da risolvere, situazioni <strong>di</strong> emergenza<br />

da affrontare. Pretendeva moltissimo<br />

perché, come non smetteva mai <strong>di</strong> ripetere:<br />

“Ci occupiamo <strong>di</strong> persone che non<br />

hanno voce, non hanno <strong>di</strong>ritti, famiglia o<br />

amici che li aspettano”.<br />

Forse è per questo che la sua voce si levava<br />

così forte e autoritaria: perché assieme<br />

alla sua si mescolavano la voci<br />

delle persone <strong>di</strong> cui si occupava, <strong>di</strong> cui<br />

si prendeva cura. La sua capacità era<br />

quella <strong>di</strong> saper parlare a tutti e <strong>di</strong> entrare<br />

nel mondo <strong>di</strong> tutti in un attimo. Io lo<br />

guardavo sbalor<strong>di</strong>ta, incredula <strong>di</strong> tanta<br />

forza d’animo. Uno così non lo incontrerò<br />

più.<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

Quando ha capito che don Diaz sarebbe<br />

stato la sua guida?<br />

Vivendogli tutti i giorni accanto. Era un<br />

vortice ma ne uscivo rafforzata. La sua<br />

determinazione nel fare le cose mi temprava.<br />

“Si fa e basta, ad ogni costo” era<br />

il suo motto. Ad un certo punto il centro<br />

<strong>di</strong>ventò così impegnativo che lui decise<br />

<strong>di</strong> lasciare l’insegnamento col risultato<br />

che stavamo ancora più a contatto.<br />

Quando nel ‘95 abbiamo aperto Medadeddu,<br />

fu molto coinvolgente: nella sua<br />

testa era tutto chiaro, ti faceva innamorare<br />

dei suoi progetti, ma non tutte le situazioni<br />

erano gradevoli. Lui insisteva<br />

imperterrito: “Quando qualcuno citofona<br />

aprigli sempre la porta, ricordati che<br />

quello è il volto <strong>di</strong> Gesù” ripeteva. Cercavo<br />

fede e cuore, mi <strong>di</strong>videvo tra il lavoro<br />

<strong>di</strong> ufficio e quello nei centri d’accoglienza,<br />

era come una droga ma il fisico ne risentiva.<br />

Lui aveva occhi e mani per tutti<br />

e quando m’incrociava mezza sfiancata<br />

sembra volesse avvertirmi: “Stai attenta<br />

Patrizia, fare del bene stanca e consuma”.<br />

Alla fine ci andò <strong>di</strong> mezzo la salute.<br />

Scelsi <strong>di</strong> abbandonare l’operatività e <strong>di</strong><br />

lavorare esclusivamente in ufficio.<br />

Occuparsi <strong>di</strong> bilanci, questioni amministrative,<br />

permessi, richieste degli ospiti<br />

non è stata comunque una passeggiata.<br />

I centri ingran<strong>di</strong>vano e in ufficio non c’era<br />

nessuno. Mi rimproverava perché non<br />

avevo continuato negli stu<strong>di</strong>: "Sei sveglia,<br />

veloce, sensibile. Perché hai mollato?".<br />

La sua severità a volte mi feriva,<br />

poi ho capito che il suo obiettivo era<br />

quello <strong>di</strong> insegnarmi il più possibile.<br />

“Quando non ci sarò più tutto questo ti<br />

servirà”. Aveva ragione.<br />

Il ricordo più bello che ha <strong>di</strong> lui?<br />

Sono tanti, tantissimi. Difficile scegliere.<br />

Oggi i ricor<strong>di</strong> mi riempiono le giornate, la<br />

sua voce e i suoi occhi accompagnano il<br />

mio tempo. Lo vedo quasi commosso,<br />

quando una mattina dandomi una carezza<br />

mi <strong>di</strong>sse che se anche non aveva mai<br />

avuto dei figli, io per lui lo ero. Oppure<br />

quando la sera, vedendomi ancora sulle<br />

carte mi intimava <strong>di</strong> smettere e mi portava<br />

a mangiare una pizza. Era ironico,<br />

gentile, <strong>di</strong>vertente. Speciale. Poteva anche<br />

essere molto sgarbato, poteva intestar<strong>di</strong>rsi<br />

e <strong>di</strong>ventare quasi maleducato.<br />

Poi, però gli passava. E ti chiedeva scusa,<br />

senza ritrosie e imbarazzi. Eppoi parlava<br />

del futuro come se lo conoscesse,<br />

come se avesse la certezza <strong>di</strong> quello che<br />

sarebbe successo. Ancora oggi non so<br />

come facesse.<br />

La cosa che le manca <strong>di</strong> più?<br />

Lasciarmi aprire il cuore, parlargli. Non<br />

sopporto la sua assenza. Non sopporto<br />

questo silenzio.<br />

Il pregio <strong>di</strong> don Giovanni<br />

Gli <strong>di</strong>cevo spesso che i suoi pregi superavano<br />

i suoi <strong>di</strong>fetti. Sceglierne uno è <strong>di</strong>fficile:<br />

forse la sua capacità <strong>di</strong> saper entrare<br />

nel cuore <strong>di</strong> tutti, dal più umile al<br />

più potente, con grande rispetto e <strong>di</strong>sponibilità.<br />

A volte penso anche che fosse troppo<br />

<strong>di</strong>sponibile. Che si è dato troppo, che ha<br />

dato tutto, anche la sua salute. Ma lui era<br />

fatto così. Era sempre al servizio degli<br />

altri. La sua religione era la strada, il suo<br />

essere sacerdote significava vivere con e<br />

per gli altri. Al punto <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticarsi <strong>di</strong> se<br />

stesso. E <strong>di</strong> mangiare.<br />

Il suo principale <strong>di</strong>fetto<br />

Il suo temperamento a volte troppo passionale.<br />

Prendeva tutto sul serio. Le cose<br />

andavano fatte come <strong>di</strong>ceva lui, che<br />

metteva l’anima anche nei dettagli ed era<br />

sempre preciso e puntuale. E molto<br />

intransigente. Se qualcosa andava storto,<br />

era capace <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> scoppi d'ira. Del<br />

suo cattivo umore mi accorgevo anche<br />

soltanto dal rumore dei passi. A seconda<br />

<strong>di</strong> come lo sentivo arrivare capivo se<br />

qualche cosa era andata storta. Era intollerante<br />

e faceva sfuriate tremende.<br />

La cosa più importante che le ha lasciato?<br />

La sua conoscenza, il suo sapere, la sua<br />

esperienza. Ha dato un senso alla mia<br />

vita, ho capito che se sono qui è perché<br />

c'è qualcuno da servire. Non siamo foglie<br />

morte e c'è sempre un dopo. Qualcosa<br />

che ci aspetta <strong>di</strong> bellissimo.<br />

C’è una cosa che avrebbe voluto <strong>di</strong>rgli<br />

e che non ha fatto in tempo a confessargli?<br />

Sì, che gli volevo bene. Da morire.<br />

*Segretaria


<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

“Gli ho sempre detto tutto, e lui lo sa”<br />

Rita Ballisai*<br />

Il <strong>Centro</strong>, quattro piccole stanze, lo<br />

scorrere <strong>di</strong> una vita. Anche quella <strong>di</strong><br />

Rita, sua segretaria, è scivolata tra le<br />

ombre e i raggi <strong>di</strong> luce che animavano<br />

le giornate <strong>di</strong> don Diaz. Per 23 anni,<br />

mattina e sera, lei c’era.<br />

Come vi siete incontrati?<br />

Una casualità: avevo accompagnato la<br />

mia amica Patrizia qui al <strong>Centro</strong> in motorino.<br />

Lui si è avvicinato e col sorriso<br />

mi ha chiesto se potevo aiutarlo a fare<br />

una commissione. Già all’epoca era<br />

molto conosciuto, era il capo scout <strong>di</strong><br />

mio fratello, molti a Carbonia parlavano<br />

<strong>di</strong> lui. Era un uomo alto, altissimo, imponente.<br />

Un bell’uomo. Parlargli mi<br />

metteva timidezza, per questo gli ho<br />

sempre dato del lei. Ho sentito subito<br />

che sarebbe stato un incontro importante<br />

nella mia vita. Avevo 28 anni, un<br />

lavoro da magliaia, un bel gruppo <strong>di</strong> amici,<br />

una famiglia serena e una vita<br />

tranquilla.<br />

Con lui è cambiato tutto: mi sono messa<br />

a <strong>di</strong>sposizione, all’inizio mi chiamava<br />

solo per fare commissioni. Sono<br />

passati 23 anni e sono ancora qui.<br />

Cosa l’ha colpita maggiormente?<br />

Il suo esserci per tutti, il suo avere<br />

sempre una parola per tutti. Una qualità<br />

che esternava con delicatezza e<br />

sensibilità, sapeva davvero farci con le<br />

persone, un <strong>di</strong>plomatico nato. Io lo<br />

guardavo e ammutolivo. Era l’esatto<br />

contrario <strong>di</strong> me. Sapeva me<strong>di</strong>are, conciliare,<br />

tranquillizzare persone e situazioni.<br />

Il suo era un compito molto pesante,<br />

soprattutto perché ogni giorno<br />

aveva a che fare con persone piene <strong>di</strong><br />

problemi, che non smettevano mai <strong>di</strong><br />

chiedere aiuto.<br />

Qui in ufficio era l’unico uomo in un<br />

mondo tutto al femminile, mica facile,<br />

ma io e lui avevamo una cosa in comune,<br />

quando era arrabbiato lo ero anch’io,<br />

mi sorprendeva questa corrispondenza<br />

<strong>di</strong> stati d’animo. Era del segno<br />

della bilancia, e per questa sua ubiquità<br />

col passare degli anni lo prendevo<br />

un po’ in giro. Si rideva molto, faceva<br />

battute spiritose e sapeva chiedere<br />

le cose. Sempre col sorriso e con una<br />

parola <strong>di</strong> ringraziamento. E’ stato<br />

bellissimo lavorare con lui, una fortuna.<br />

Certo le <strong>di</strong>fficoltà non sono mancate,<br />

talvolta la stanchezza lo vinceva e <strong>di</strong>ventava<br />

irritabile. Io capivo la situazione<br />

e andavo a farmi un giro. Quando<br />

tornavo facevo finta <strong>di</strong> niente, non<br />

chiedevo spiegazioni e cercavo <strong>di</strong> riprendere<br />

il lavoro con leggerezza. Questa<br />

mia attitu<strong>di</strong>ne a non appesantire le<br />

situazioni credo gli piacesse molto.<br />

Quando ha capito che don Diaz<br />

sarebbe stato la sua guida?<br />

Da subito. Con lui mi aprivo e riuscivo<br />

a parlare moltissimo <strong>di</strong> tutto. Io, per esempio,<br />

non sono mai stata una praticante<br />

e all’epoca non ebbi timori a <strong>di</strong>rglielo.<br />

Anche se parlavamo moltissimo<br />

<strong>di</strong> religione, <strong>di</strong> letture sacre, <strong>di</strong> parabole;<br />

mi faceva riflettere. Gli <strong>di</strong>cevo sempre<br />

che se fosse vissuto ai tempi <strong>di</strong><br />

Gesù sarebbe stato un apostolo. Era<br />

normale che lui <strong>di</strong>ventasse la mia guida:<br />

spiegava bene, aveva l’animo dell’insegnante<br />

e dava il senso <strong>di</strong> Dio a<br />

tutte le cose che lo circondavano. Mi<br />

ha aiutato a capire, a comprendermi, a<br />

<strong>di</strong>ventare cristiana nel più profondo<br />

dell’anima.<br />

Due anni fa, senza <strong>di</strong>rglielo, partii per<br />

una vacanza a Cascia, una zona che lui<br />

conosceva bene e amava molto.<br />

Quando tornai gli raccontai del mio<br />

viaggio e lui non poteva crederci l’avessi<br />

fatto veramente, non stava nella<br />

pelle dalla gioia, voleva che gli raccontassi<br />

tutti i dettagli, le persone e i luoghi<br />

incontrati, i più piccoli aneddoti.<br />

Capii <strong>di</strong> avergli fatto un grande regalo.<br />

Il ricordo più bello che ha <strong>di</strong> lui?<br />

Uno solo? Impossibile. Alcuni sono <strong>di</strong>vertenti,<br />

come quando ogni 5 maggio,<br />

in tarda mattinata, mi chiamava in corridoio<br />

e mi leggeva a voce alta la poesia<br />

<strong>di</strong> Alessandro Manzoni.<br />

Un momento intenso, colmo <strong>di</strong> passione<br />

oratoria che poi terminava in una risata,<br />

magari ricordando la figura <strong>di</strong> Napoleone.<br />

E le mimose a ogni 8 marzo, i<br />

fiori in ospedale quando nascevano i<br />

piccoli. Era entusiasta quando aveva a<br />

che fare con una nuova vita, abbiamo<br />

quintali <strong>di</strong> depliand sparsi per l’ufficio<br />

che lui aveva voluto stampare per de<strong>di</strong>care<br />

a tutte le mamme del mondo. E<br />

poi il ricordo più triste: la sua ultima telefonata<br />

del 4 maggio scorso: “Buongiorno,<br />

come sta don Diaz? Bene, in<br />

pagina 15<br />

settimana mi <strong>di</strong>mettano e torno a casa.<br />

Per sempre”.<br />

La cosa che le manca <strong>di</strong> più?<br />

Manca lui, manca la sua presenza. Per<br />

mesi nel suo ufficio è rimasto il suo odore.<br />

Era sempre con noi, e quando era<br />

<strong>di</strong> buonumore era impagabile.<br />

Per me è stato come un fratello, la mia<br />

famiglia.<br />

Il pregio <strong>di</strong> don Giovanni<br />

Quello <strong>di</strong> essere incre<strong>di</strong>bilmente accogliente,<br />

<strong>di</strong> trovarlo sempre con le braccia<br />

aperte, non voleva mai scacciare<br />

nessuno, accettava e confortava tutti.<br />

E poi quando era <strong>di</strong> buonumore metteva<br />

armonia in tutte le cose.<br />

Il suo principale <strong>di</strong>fetto?<br />

Fumava tanto, troppo. Anche il sigaro.<br />

Era una cosa che mi dava fasti<strong>di</strong>o, glielo<br />

ripetevamo <strong>di</strong> non fumare così tanto,<br />

ma lui sembrava non ascoltare. Col<br />

tempo <strong>di</strong>ventai intollerante alla sua nuvola<br />

<strong>di</strong> nicotina, e lui fuori dal suo ufficio<br />

fece appendere una cartello con<br />

scritto “Camera adatta a luogo <strong>di</strong> fumo”.<br />

Era fatto così… Una cosa che invece<br />

lui non sopportava <strong>di</strong> me era il<br />

mio rifiuto per il caffè. Ci ha messo 23<br />

anni a convincermi a berne uno e, ovviamente,<br />

non ci è riuscito. Lui ne beveva<br />

a raffica, si maltrattava, non si curava,<br />

poi all’improvviso se decideva<br />

che doveva <strong>di</strong>magrire si metteva a <strong>di</strong>eta<br />

anche per tre mesi cucinandosi esclusivamente<br />

un pugnetto <strong>di</strong> riso. Intransigente<br />

al massimo.<br />

La cosa più importante che le ha<br />

lasciato?<br />

Lo spirito <strong>di</strong> carità cristiana. Ho sempre<br />

avuto un’attenzione speciale per i più<br />

deboli e con lui questo sentimento si è<br />

accresciuto, soli<strong>di</strong>ficato. Lui percepiva<br />

questa mia sensibilità e l’apprezzava.<br />

Non a caso, al suo fianco, ha scelto<br />

tutte persone così.<br />

C’è una cosa che avrebbe voluto <strong>di</strong>rgli<br />

e che non ha fatto in tempo a<br />

confessargli?<br />

No, gli ho detto tutto. E lui lo sa.<br />

*Segretaria<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 16<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

La sua fede sul web<br />

Tanti, tantissimi:<br />

quasi 500.<br />

E’ il numero<br />

degli amici <strong>di</strong> don Diaz<br />

che si trovano<br />

ogni giorno<br />

sull’omonima pagina<br />

web a lui de<strong>di</strong>cata.<br />

Con appunti,<br />

messaggi,<br />

foto e video.<br />

Perché lui è sempre lì.<br />

Pronto ad aprire<br />

una porta, caricarsi<br />

lo zaino sulle spalle,<br />

andare avanti<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

Il suo cuore oggi<br />

batte su Facebook:<br />

una comunità<br />

d’amore in Rete<br />

<strong>di</strong> Mario Triverio*<br />

Davanti alla morte<br />

ti sembra <strong>di</strong> perdere<br />

tutto, allora pensi ai mo<strong>di</strong><br />

più <strong>di</strong>sparati per ricordare<br />

una persona molto<br />

amata e speciale, all’imperativo<br />

che si avverte<br />

<strong>di</strong> volerla fare conoscere<br />

a tutti coloro che non<br />

hanno avuto la tua stessa<br />

fortuna.<br />

Impresa abbastanza <strong>di</strong>fficile<br />

per quanto riguarda<br />

Giovanni, perché avevo<br />

la percezione che<br />

centinaia <strong>di</strong> persone si sentissero “amici speciali”, una all’insaputa dell’altra;<br />

e allora come provare a mettere insieme queste persone per fare una<br />

sintesi e lasciare una testimonianza attiva del suo impegno?<br />

Inizialmente avevo pensato a un monumento, un libro, il nome <strong>di</strong> una via,<br />

un omaggio particolare.<br />

Tutte cose fattibili, anzi doverose, ma capaci col tempo <strong>di</strong> cadere nell’oblio<br />

ricoprendosi <strong>di</strong> un velo <strong>di</strong> polvere.<br />

Così, un giorno, ho avuto l’intuizione e mi è venuto in mente Facebook, la<br />

Rete, le parole sul web.<br />

Uno strumento rapido ed efficace, capace <strong>di</strong> essere continuamente imple-


mentato, arricchito, aperto al<br />

pensiero <strong>di</strong> tutti.<br />

Spinto da queste sollecitazioni ho<br />

pensato costruire e aprire una pagina<br />

de<strong>di</strong>cata a lui, senza farmi<br />

troppe illusioni perché parlare <strong>di</strong><br />

Giovanni, vuol <strong>di</strong>re anche ricordare<br />

momenti <strong>di</strong>fficili della nostra vita,<br />

soprattutto se per motivazioni<br />

<strong>di</strong>verse alcuni si sono allontanati<br />

da lui.<br />

Come per magia, su quella bacheca<br />

virtuale, in tanti hanno visto<br />

quei “grossi tizzoni ardenti” esaurirsi<br />

e hanno pensato <strong>di</strong> mettere<br />

un po’ <strong>di</strong> legna per continuare a<br />

farli ardere.<br />

In pochi giorni si sono iscritte decine<br />

e decine <strong>di</strong> persone e in tanti<br />

hanno voluto contribuire con<br />

scritti e immagini personali, memorie<br />

indelebili.<br />

*Educatore scout,<br />

responsabile regionale Agesci<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 17<br />

E’ nata così una bacheca<br />

d’amore virtuale, un<br />

forte legame fra persone<br />

<strong>di</strong>verse, che spesso non<br />

si conoscono ma che<br />

hanno nel loro Dna la<br />

parola e il ricordo <strong>di</strong> don<br />

Diaz. Scrivere sulla pagina<br />

<strong>di</strong> Facebook oggi è<br />

come parlare con lui, tenerlo<br />

vivo, fare in modo<br />

<strong>di</strong> ascoltare il suo cuore<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 18<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

Un’amicizia lunghissima…<br />

Davvero: l‘ho conosciuto tramite suo<br />

fratello Angelo, all’incirca nel ‘66. Ricordo<br />

che quando fu or<strong>di</strong>nato sacerdote in<br />

Svizzera gli mandai un telegramma. Poi<br />

tornò in Sardegna e <strong>di</strong>venne un frequentatore<br />

abituale della mia casa,<br />

molto amico anche <strong>di</strong> mio fratello, impegnato<br />

come lui nello scoutismo. Non<br />

so bene cosa scattò tra noi, so solo<br />

che mi legava a lui un vero affetto fraterno.<br />

La mia malattia mi ha sempre<br />

costretta a stare molto tempo a casa, e<br />

vederlo arrivare, stare con noi, rimanere<br />

a cena, mi dava gioia e sollievo. Anche<br />

a mia madre si legò molto. Avevo 30<br />

anni, ma capii subito che don Diaz sarebbe<br />

<strong>di</strong>ventato molto importante nella<br />

mia vita.<br />

Era le fede a legarvi?<br />

Ho una fede forte, ma paradossalmente<br />

con lui non affrontavamo molti <strong>di</strong>scorsi<br />

religiosi. Era una conversazione<br />

a largo raggio. E talvolta non era nemmeno<br />

una conversazione, semplicemente<br />

dei silenzi. Con<strong>di</strong>visi. Lui chiudeva<br />

l’ufficio, mi chiamava “Come si sta<br />

dalle sue parti signora Fiori?”. “Ah don<br />

Diaz qui c’e’ uno zefiro speciale…”. “Ah<br />

sì? Allora vengo a trovarla”. Poco dopo<br />

lo vedevo entrare dal giar<strong>di</strong>no e sedersi<br />

in veranda, godendo del fresco a occhi<br />

chiusi.<br />

Un’amicizia che ha conosciuto<br />

anche la sofferenza<br />

Negli ultimi anni si ammalò anche lui,<br />

ma non amava parlarne. Sapeva che lo<br />

capivo. E restavamo in silenzio. Io, del<br />

resto, attraverso quel tipo <strong>di</strong> dolore ci<br />

ero già passata.<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

L’amica <strong>di</strong> sempre<br />

Peppina Fiori è la donna<br />

che conosceva il suo dolore.<br />

E lo con<strong>di</strong>videva. 42 anni<br />

<strong>di</strong> amicizia ininterrotta, passata<br />

anche attraverso la malattia.<br />

“E’ stato un amico fraterno.<br />

Mi mancano i suoi fiori e il suo<br />

sorriso. Ancora oggi lo vedo<br />

nella veranda qui accanto a me”<br />

Cosa gli dava maggiormente<br />

fasti<strong>di</strong>o?<br />

Che qualcuno bussasse alla sua porta<br />

e venisse respinto. “Non possiamo respingere<br />

un povero” mi <strong>di</strong>ceva. E si addolorava<br />

quando capitavano situazioni<br />

incresciose. Una volta un Comune <strong>di</strong><br />

questo territorio aveva rifiutato <strong>di</strong> versare<br />

la quota per un ospite. Per lui fu una<br />

pugnalata, ma lo tenne comunque. “Nel<br />

povero ve<strong>di</strong>amo Cristo - ripeteva - E<br />

dove mangiano in <strong>di</strong>eci mangia anche<br />

l’un<strong>di</strong>cesimo”. Le persone <strong>di</strong>sagiate,<br />

per don Diaz venivano prima <strong>di</strong> ogni<br />

cosa. Arriva a inquietarsi e a battere i<br />

pugni sul tavolo quando non lo capivano,<br />

ma faceva parte del suo temperamento.<br />

Poco dopo gli passava. Non era<br />

una persona che si apriva, non esternava<br />

quello che teneva dentro. Anche<br />

quando iniziò a stare male seriamente<br />

non si lamentava mai. Lo vedevo arrivare<br />

alle ore più impensate: “Sto male<br />

signora Fiori, non riesco nemmeno a<br />

parlare, posso riposare un po’ qui?”. Lo<br />

accoglievo cercando <strong>di</strong> dargli un po’ <strong>di</strong><br />

speranza. Anche nel silenzio.<br />

Il ricordo più bello?<br />

I fiori che mi regalava: amava le piante<br />

e i fiori recisi. Per i miei 50 anni mi portò<br />

un bellissimo anthurium fiorito. E lui,<br />

così restio ai festeggiamenti, rimase anche<br />

per mangiarsi una fetta <strong>di</strong> torta. Eppoi<br />

ancora, ad Alghero, quando ricoverata<br />

all’ospedale Marino, mi fece pervenire<br />

per l’Immacolata un rosa bellissima,<br />

alta 1 metro e 45. Uno spettacolo!<br />

Mia nipotina la volle <strong>di</strong>segnare a tutti i<br />

costi perché una rosa che superava<br />

l’altezza del letto non l’aveva mai vista!<br />

Aveva delle delicatezze fuori dal comune,<br />

un animo da poeta.<br />

“<br />

I NOSTRI<br />

SILENZI<br />

CONDIVISI<br />

”<br />

Il suo peggior <strong>di</strong>fetto?<br />

Non aprirsi mai, non lasciarsi andare al<br />

sentimento, essere troppo rigido con se<br />

stesso. Ma la gente gli voleva bene comunque.<br />

Ai suoi funerali la chiesa era<br />

gremita fino all’inverosimile. Si legò<br />

molto al territorio, dando la vita per gli<br />

altri. La gente lo capii. Non credo incontrerò<br />

mai altre persone così.<br />

Qual è l’ultimo ricordo?<br />

Quando lo chiamai al cellulare non vedendolo<br />

arrivare a casa. “Per darle<br />

maggior sicurezza sono venuto a fare le<br />

analisi. Tra breve sarò <strong>di</strong> ritorno” mi <strong>di</strong>sse.<br />

Invece non è più tornato. E poi la<br />

sera che è morto, ero con delle amiche<br />

qua a casa e stavamo recitando il rosario.<br />

All’improvviso me lo vi<strong>di</strong> venire incontro.<br />

Ma era solo nella mia immaginazione.<br />

“Devo chiamare don Diaz”<br />

pensai. E affidai il mio pensiero alla Madonna.<br />

La sera stessa provai a chiamare,<br />

e quando trovai il suo cellulare<br />

spento ebbi un brutto presentimento.<br />

Lui non spegneva mai il telefonino, lo<br />

teneva acceso in caso <strong>di</strong> bisogno, soprattutto<br />

per i suoi bambini. Allora chiamai<br />

il fratello Angelo e mi rispose il figlio:<br />

“<strong>Don</strong> Diaz non c’è più” mi <strong>di</strong>sse.<br />

Ancora oggi sento i suoi passi, lo vedo<br />

arrivare, varcare il cancello del giar<strong>di</strong>no,<br />

sedersi vicino a me. 42 anni <strong>di</strong> amicizia<br />

bellissimi, in<strong>di</strong>menticabili, <strong>di</strong> grande<br />

conforto. So che è morto col sorriso<br />

sulle labbra, accanto a suo fratello. E<br />

voglio ricordarlo così.


Non ho <strong>di</strong>menticato il giorno in<br />

cui lo vi<strong>di</strong> uscire dalla macchina<br />

con altre due persone, veniva a<br />

Casa Emmaus per osservare e decidere<br />

se prendere o meno il posto <strong>di</strong><br />

mio padre. Pensai con preoccupazione<br />

che <strong>di</strong>etro quegli occhiali scuri potesse<br />

nascondersi qualcuno che avrebbe<br />

potuto danneggiare la comunità<br />

costruita e fondata da papà in 15<br />

anni <strong>di</strong> duro lavoro. Io ero solo una<br />

piccola educatrice che faceva teatro ai<br />

ragazzi e che quel giorno spiava curiosa,<br />

insieme a molti altri, dai vetri fred<strong>di</strong><br />

dell’ufficio che dava sul piazzale.<br />

Cominciai a capire che era un uomo<br />

giusto quando entrò in comunità con<br />

un atteggiamento <strong>di</strong>messo e cor<strong>di</strong>ale,<br />

e non con la boria saccente che contrad<strong>di</strong>stingue<br />

molti uomini <strong>di</strong> comando.<br />

Avrebbe potuto infilarsi con prepotenza<br />

nell’organizzazione e nella metodologia<br />

della struttura ma non lo fece.<br />

Anzi, in <strong>di</strong>verse occasioni, per <strong>di</strong>fendere<br />

la tra<strong>di</strong>zione, la storia e l’in<strong>di</strong>pendenza<br />

della comunità, spezzò con <strong>di</strong>spiacere<br />

rapporti che aveva costruito<br />

con gli amici.<br />

Quando passai a lavorare al <strong>Centro</strong> <strong>di</strong><br />

pronta accoglienza le occasioni <strong>di</strong> incontro<br />

si moltiplicarono, così cominciai<br />

a conoscerlo un po’ meglio. Molto<br />

spesso eravamo in <strong>di</strong>saccordo, ma lui<br />

apprezzava la mia testardaggine e<br />

schiettezza e questo, a mio avviso, è<br />

sempre un buon segno per chi comanda.<br />

Troppo spesso, per paura, chi<br />

è al potere finisce per circondarsi <strong>di</strong><br />

leccapie<strong>di</strong> pronti a <strong>di</strong>re solo ‘sì’.<br />

C’è stato un periodo in cui parlavamo<br />

molto, lui mi raccontava della Svizzera<br />

e <strong>di</strong> quanto fosse stato doloroso uscire<br />

rifiutato dal seminario sardo, <strong>di</strong> come<br />

fosse <strong>di</strong>fficile legarsi alla chiesa locale.<br />

Mi parlava della vita che faceva<br />

quando era bambino, del ncoraggio<br />

da leone <strong>di</strong> suo padre, della paura del-<br />

la madre che, avvicinandosi alla morte,<br />

temeva <strong>di</strong> perdere la fede. Parlavamo<br />

spesso <strong>di</strong> San Paolo, il suo santo<br />

preferito per via della sua forza e tenacia.<br />

Parlavamo della sorella, <strong>di</strong><br />

quanto le mancasse, e <strong>di</strong> quanto sia<br />

stato <strong>di</strong>fficile per lui accettare la sua<br />

scelta <strong>di</strong> entrare in un convento <strong>di</strong><br />

clausura. E <strong>di</strong> tanto altro ancora. Non<br />

capivo le sue rigi<strong>di</strong>tà, a volte non riuscivo<br />

a comprendere il perché <strong>di</strong> certi<br />

suoi atteggiamenti <strong>di</strong> chiusura nei<br />

confronti <strong>di</strong> chi probabilmente in passato<br />

lo aveva deluso, ferito o gli aveva<br />

dato modo <strong>di</strong> constatare le proprie<br />

meschinità. Era duro, ma lo era anche<br />

con se stesso. La notte, pochi sanno<br />

che lui la passava sveglio, al telefono<br />

con chi soffriva o approfittando del<br />

buio e del silenzio per fare opere <strong>di</strong><br />

carità senza il plauso <strong>di</strong> nessuno. Aveva<br />

una particolare tenerezza verso i<br />

bambini, i suoi occhi si illuminavano<br />

quando ne vedeva uno e sapeva giocare<br />

con loro in un modo che non aveva<br />

nulla a che fare con la sua apparente<br />

eleganza <strong>di</strong>staccata.<br />

Poi sono arrivati gli anni <strong>di</strong>fficili, le incomprensioni<br />

con l’equipe della comunità<br />

che rischiava <strong>di</strong> dover chiudere<br />

per i tanti abbandoni,<br />

molti ragazzi<br />

entravano e moltissimi<br />

uscivano<br />

abbandonando il<br />

percorso. Le cose<br />

al <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> pronta<br />

accoglienza, dove<br />

lavoravamo da tre<br />

anni insieme ad altri<br />

educatori, fortunatamenteandavano<br />

meglio, anche<br />

se io mi accingevo<br />

ad andare<br />

via, avendo ricevuto<br />

l’incarico <strong>di</strong> insegnante<br />

<strong>di</strong> religione.<br />

In quei giorni<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 19<br />

<strong>di</strong>fficili per la comunità, lui venne a<br />

<strong>di</strong>rmi che dovevo fare ciò che era giusto:<br />

io sapevo quello che voleva <strong>di</strong>re e<br />

piansi per paura e per codar<strong>di</strong>a. Solo<br />

dopo molti anni, ripensando a quella<br />

Non ho <strong>di</strong>menticato...<br />

La parola a chi ha lavorato<br />

al <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> pronta accoglienza<br />

e nella Comunità Emmaus giorno dopo giorno<br />

sempre al suo fianco.<br />

La scoperta <strong>di</strong> un uomo giusto, fragile, testardo<br />

<strong>di</strong> Giovanna Grillo*<br />

dolorosa esperienza, riuscivamo a<br />

scherzarci un po’ sopra. Senza rendermene<br />

conto ho imparato molto da<br />

lui, mi ha insegnato ad accettare la solitu<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> chi ha un ruolo <strong>di</strong> ‘comando’,<br />

a gestire rapporti con servizi e politici,<br />

a leggere un bilancio. Quando<br />

sono stata male e il mio matrimonio è<br />

naufragato, lui avrebbe potuto licenziarmi<br />

e non lo fece.<br />

Cestinò le mie richieste <strong>di</strong> <strong>di</strong>missioni,<br />

cercò <strong>di</strong> capire e non mi giu<strong>di</strong>cò come<br />

fecero in molti.<br />

Quando si ammalò, qualcosa in lui si<br />

ruppe. Spesso aveva paura: <strong>di</strong> perdere<br />

il controllo, <strong>di</strong> essere circuito, <strong>di</strong> lasciar<br />

intravedere la propria fragilità<br />

perché qualcuno ne potesse approfittare.<br />

Così facendo, proprio quando avremmo<br />

voluto e dovuto stargli più vicino,<br />

nessuno <strong>di</strong> noi seppe stargli accanto.<br />

Ha nascosto a tutti la propria sofferenza,<br />

e ancora oggi ho il rimpianto <strong>di</strong><br />

non essere rimasta ad aspettarlo<br />

qualche ora in più nella sala d’attesa<br />

del reparto dove era ricoverato.<br />

Quando ho saputo della sua morte inaspettata,<br />

ho pensato a lui e a fratel<br />

Gerardo, suo amico e mio padrino <strong>di</strong><br />

battesimo morto solo un mese prima,<br />

e ho ricordato la lettera <strong>di</strong> San Paolo<br />

che recitava sempre: “ Ho combattuto<br />

una buona battaglia, ho finito la corsa,<br />

e ho conservato la fede” (II Timoteo<br />

4,7). Lo so, avrei dovuto scrivere<br />

cosa ha fatto don Giovanni per la comunità,<br />

ho preferito scrivere ciò che<br />

lui ha fatto per me.<br />

E che mi è rimasto nel cuore.<br />

*Responsabile <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> pronta<br />

accoglienza associazione casa Emmaus<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 20<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

Sulla strada<br />

degli scout<br />

Non per convinzione,<br />

ma solo per amore accettò<br />

<strong>di</strong> mettersi quello zaino<br />

sulle spalle. I ricor<strong>di</strong><br />

<strong>di</strong> un lungo cammino<br />

<strong>di</strong> Mario Triverio*<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

“Giovanni era come un grande fuoco<br />

<strong>di</strong> bivacco che arde, non <strong>di</strong> fiamma,<br />

ma <strong>di</strong> grossi tizzoni ardenti.<br />

Non troppa luce,<br />

non troppo rumore, ma tanto calore<br />

che dà l’impressione<br />

<strong>di</strong> non estinguersi mai.<br />

Forte, generoso, colto, <strong>di</strong>sponibile,<br />

si è spento come un cerino”<br />

Quando penso a Giovanni<br />

mi si inumi<strong>di</strong>scono gli occhi<br />

e devo controllare il nodo<br />

alla gola.<br />

Anche Gesù camminando verso<br />

la tomba <strong>di</strong> Lazzaro “... si mise a<br />

piangere...” e arrivato “... ebbe un<br />

fremito <strong>di</strong> tristezza...”.<br />

L’ho conosciuto quando arrivò a<br />

Carbonia a fare il viceparroco a<br />

San Ponziano. Mi <strong>di</strong>sse che non<br />

intendeva assolutamente interessarsi<br />

<strong>di</strong> scoutismo, la sua formazione<br />

era <strong>di</strong>versa e non riusciva a<br />

capire il senso <strong>di</strong> questo Movimento.<br />

Lo convinsero un gruppetto <strong>di</strong><br />

scout i quali gli <strong>di</strong>ssero:<br />

“Se lei non si interessa <strong>di</strong> noi,<br />

dobbiamo chiudere perché non ci<br />

vuole nessuno”.


<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 21<br />

Non per convinzione, ma per amore accettò <strong>di</strong> mettersi uno<br />

zaino sulle spalle e cominciare a camminare con dei ragazzini.<br />

Questo comportamento mi affascinò tantissimo e da lì iniziò la<br />

nostra amicizia. Nella sua vita ha confermato questa scelta<br />

perché ha lottato sempre a fianco dei più deboli e là dove non<br />

c’era gloria, anzi dove c’era la possibilità <strong>di</strong> perderci la faccia.<br />

L’amicizia è <strong>di</strong>ventata più personale quando, un mio figlio passò<br />

una notte all’ospedale nel dubbio che potesse essere l’ultima:<br />

don Diaz rimase con me tutta la notte, mi lasciò solo<br />

quando, al mattino, il me<strong>di</strong>co <strong>di</strong>sse che il bambino era fuori<br />

pericolo.<br />

Negli anni ’70, Giovanni, decise <strong>di</strong> accompagnarmi nell’impresa<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>ffondere lo scautismo nel Sulcis-Iglesiente-Oristanese.<br />

In realtà, in tante occasioni, mi son trovato ad essere io ad accompagnarlo<br />

perché la sua preparazione e la sua forza lo ponevano<br />

avanti a tutti. Mentre lavoravamo a questo impegno ci<br />

siamo trovati protagonisti nella attività <strong>di</strong> fusione dell’AGI (Associazione<br />

Guide Italiane) con l’ASCI (Associazione Scouts<br />

Cattolici Italiani) che sono poi confluite nell’AGESCI (Associazione<br />

Guide e Scouts Cattolici Italiani). Queste molteplici attività,<br />

impegnative sia sotto il profilo fisico che intellettuale, hanno<br />

contribuito a costruire un’amicizia profonda, legata anche<br />

da una grande con<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> vedute e <strong>di</strong> valori.<br />

Per volontà <strong>di</strong> Giovanni ho raccolto questi ricor<strong>di</strong> in un libretto<br />

che, nella in<strong>di</strong>sponibilità del cartaceo, si può trovare sul sito<br />

web (www.webalice.it/triverio).<br />

Giovanni mi <strong>di</strong>ceva sempre: “Io non ho amici, frequento le persone<br />

quando con loro devo portare avanti un progetto”. Nel<br />

1985 quando decisi <strong>di</strong> lasciare gli incarichi associativi per<br />

prendermi una pausa, Giovanni è scomparso dalla mia vita.<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 22<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

Ci siamo ritrovati casualmente 15 anni dopo e siamo<br />

rimasti insieme fino all’ultimo giorno. Solo in<br />

questo ultimo periodo ho veramente capito il senso<br />

del suo <strong>di</strong>re: “Io non ho amici”.<br />

Era una persona tenera e buona, aveva solo terrore<br />

<strong>di</strong> impantanarsi in amicizie fini a se stesse, potenziali<br />

pericoli per il suo impegno da sacerdote.<br />

Chi rinuncia al matrimonio, al benessere, al successo,<br />

non ha <strong>di</strong>fficoltà a sgombrarsi la strada da<br />

ogni possibile ostacolo.<br />

Giovanni è rimasto nello scautismo perché ha capito<br />

che lo scautismo non è soltanto una buona tecnica<br />

igienica o una sana esperienza <strong>di</strong> sport e<br />

nemmeno un mezzo per imparare a trarsi fuori dagli<br />

impicci, ma soprattutto è una “spiritualità” che<br />

vuole in<strong>di</strong>care un modo particolare <strong>di</strong> essere cristiani,<br />

che vuol realizzare le Beatitu<strong>di</strong>ni come vera<br />

felicità per l’uomo creato a immagine e somiglianza<br />

<strong>di</strong> Dio.<br />

Ci lascia un’ere<strong>di</strong>tà immensa segnata dal suo amore<br />

totale per Gesù Cristo e per la Chiesa. Del suo<br />

pensiero, ricco <strong>di</strong> tanta lettura e <strong>di</strong> tanta me<strong>di</strong>tazione,<br />

traspariva solo l’esito alla portata <strong>di</strong> tutti: “Siamo<br />

peccatori e non riusciamo a non peccare senza<br />

l’aiuto <strong>di</strong> Dio.<br />

La nostra religione non è un’etica ma è semplicemente<br />

l’amore <strong>di</strong> Dio, tramite Cristo e l’amore del<br />

prossimo.<br />

*Educatore scout, responsabile regionale Agesci


“Dio aiuta chi lo ama<br />

e chi ama il prossimo”<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 23<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 24<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

Avevo 14 anni quando l’ho incontrato.<br />

Una ragazzina magra con<br />

lunghi capelli bion<strong>di</strong> e Lui un gigante<br />

<strong>di</strong> 32 anni che si faceva chiamare<br />

Giovanni. Quando non <strong>di</strong>ceva messa,<br />

portava la mia stessa <strong>di</strong>visa scout.<br />

L’ho seguito in molte route. Lui tracciava<br />

la strada e in<strong>di</strong>cava il cammino e<br />

noi, fiduciosi e sudati, con il peso degli<br />

zaini sulle spalle, le <strong>di</strong>vise impolverate<br />

e gli scarponi infangati, con<strong>di</strong>videvamo<br />

la fatica e la stessa indescrivibile gioia.<br />

Poi, inevitabilmente, le strade si sono<br />

<strong>di</strong>vise: l’università, il matrimonio, i figli,<br />

la professione. Avevo 32 anni quando<br />

l’ho rincontrato. Da alcuni anni facevo<br />

l’avvocato, mio figlio Lorenzo aveva<br />

quattro anni e dentro <strong>di</strong> me, da qualche<br />

mese, batteva il cuore <strong>di</strong> Laura. La<br />

ragazzina magra era sparita mentre Lui<br />

era sempre lo stesso gigante bellissimo<br />

anche se adesso <strong>di</strong> anni ne aveva<br />

50. Riconoscersi, abbracciarsi e iniziare<br />

a percorrere la stessa strada fu un<br />

tutt’uno. Mi raccontò <strong>di</strong> aver messo su<br />

un centro <strong>di</strong> accoglienza per donne in<br />

<strong>di</strong>fficoltà e ragazze madri e fu molto felice<br />

quando accettai <strong>di</strong> prestare la mia<br />

opera <strong>di</strong> volontaria in favore dei suoi<br />

assistiti. Ogni tanto arrivava nel mio<br />

stu<strong>di</strong>o qualcuno con in mano una sua<br />

lettera: “Cara Susy, ti presento la sig.ra<br />

Maria. Grazie per l’aiuto che le darai.<br />

Ciao, Giovanni”.<br />

E così negli anni ho visto nascere il<br />

<strong>Centro</strong> <strong>di</strong> pronto intervento dove vengono<br />

accolti gli uomini in <strong>di</strong>fficoltà e<br />

senza fissa <strong>di</strong>mora e poi la piccola comunità<br />

terapeutica, dove gli ospiti vengono<br />

accompagnati in un percorso <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sintossicazione prima e <strong>di</strong> riabilitazione<br />

poi. Abbiamo collaborato per esattamente<br />

venti anni sino a che nel 2010<br />

la strada si è <strong>di</strong> nuovo <strong>di</strong>visa e Giovanni,<br />

posato il suo pesante zaino, ha intrapreso<br />

il cammino leggero e luminoso<br />

delle Gran<strong>di</strong> Anime.<br />

Il suo compito era oramai adempiuto.<br />

Ci ha lasciato una grande ere<strong>di</strong>tà nominando<br />

tutti noi ere<strong>di</strong> universali e a<br />

me il compito <strong>di</strong> esecutore testamentario<br />

<strong>di</strong> un patrimonio inestimabile che<br />

deve essere custo<strong>di</strong>to e migliorato.<br />

Può sembrare un compito <strong>di</strong>fficile, e a<br />

volte lo è stato, ma in realtà basta<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

Un gigante chiamato Giovanni<br />

L'incontro, l'impegno e la grande ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un patrimonio<br />

che deve essere custo<strong>di</strong>to e migliorato. Ora tocca a tutti noi,<br />

nominati da don Diaz suoi ere<strong>di</strong> universali, proseguire<br />

il cammino da lui in<strong>di</strong>cato<br />

<strong>di</strong> Susanna Steri<br />

semplicemente proseguire il cammino<br />

da Lui in<strong>di</strong>cato e quando i dubbi ci assalgono<br />

e temiamo <strong>di</strong> perdere l’orientamento<br />

basta cercare la luce vibrante <strong>di</strong><br />

quella stella che in<strong>di</strong>ca la via per quel<br />

luogo bellissimo ove tutte le strade<br />

convergono.<br />

“Buona Strada” è il saluto degli scout<br />

ma, quando da ragazza partivo per le<br />

route, mia nonna e mia mamma, sem-<br />

pre un po' preoccupate mi accompagnavano<br />

alla porta e dopo miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

raccomandazioni mi <strong>di</strong>cevano: “Deusu<br />

t’accumpangiri filla mia” e cioè: il Signore<br />

accompagni il tuo cammino, figlia<br />

mia. Grazie Signore per la tanta<br />

Provvidenza <strong>di</strong> cui ci hai fatto dono<br />

mandando tra noi ad in<strong>di</strong>carci la via,<br />

quel gigante <strong>di</strong> carità che si faceva<br />

chiamare Giovanni.<br />

Quei doni che non si comprano<br />

Un gioco che non è solo un gioco, ma un modo per far felici noi<br />

stessi e chi ci sta vicino. Piccoli incantesimi quoti<strong>di</strong>ani che però<br />

rendono la vita più dolce e un po' meno in salita. Parola <strong>di</strong> una<br />

maga molto speciale...<br />

Ho chiesto ai ragazzi della nostra Piccola Comunità <strong>di</strong> costruire un tabellone<br />

magico fatto <strong>di</strong> tanti piccoli spazi a forma <strong>di</strong> casette colorate, come quelle<br />

che <strong>di</strong>segnano i bambini delle elementari. Ognuno <strong>di</strong> noi, se vuole, può decidere<br />

<strong>di</strong> vivere un po’ del suo tempo in quello spazio magico de<strong>di</strong>candosi esclusivamente<br />

a far ciò che veramente ama fare e che lo rende felice. Ho<br />

chiesto ad Angela, una delle mie praticanti, qual è il suo vero talento e in che<br />

cosa è davvero molto capace: lei mi ha risposto <strong>di</strong> getto: “Sono bravissima a<br />

fare le torte!”. Che meraviglia, ho pensato. E così Angela ha deciso che per<br />

il compleanno <strong>di</strong> ciascuno degli ospiti <strong>di</strong> Medadeddu, dove accogliamo uomini<br />

in <strong>di</strong>fficoltà e senza fissa <strong>di</strong>mora, preparerà una torta. Ed ecco la magia:<br />

quell’uomo si sentirà accolto e considerato, i suoi compagni avranno<br />

un’occasione per trascorrere qualche ora in allegria, la signora Sandra e le altre<br />

operatrici saranno contente <strong>di</strong> organizzare una festa ed Angela sarà doppiamente<br />

felice: perché si è <strong>di</strong>vertita a fare ciò che le piace e perché ha reso<br />

felici altre persone. Adesso chiudete gli occhi, concentratevi e interrogate il<br />

vostro cuore. “Che cosa mi piace fare? In che cosa sono davvero bravo?”. E<br />

quando avrete messo a fuoco le vostre vere capacità, se desiderate metterle<br />

a <strong>di</strong>sposizione degli altri, scriveteci, oppure ancor meglio, venite al <strong>Centro</strong> <strong>di</strong><br />

don Diaz a scegliere la vostra casetta magica dove potrete scrivere il vostro<br />

nome e ciò che volete mettere a <strong>di</strong>sposizione degli altri. Avendo tre case<br />

sempre piene abbiamo bisogno <strong>di</strong> tutto e <strong>di</strong> tutti: idraulici, muratori, elettricisti,<br />

sarte, cuochi, ingegneri, me<strong>di</strong>ci, saltimbanchi, musicisti, artisti, maestri,<br />

artigiani, pasticceri, sacerdoti, psicologi, psichiatri, amici, bambini che vengono<br />

a giocare coi nostri bambini, mamme, zie, nonne…<br />

E adesso chiudete <strong>di</strong> nuovo gli occhi e concentratevi su queste parole: Amicizia,<br />

Amore, Felicità, Gioia, Dolore, Onore, Dignità, Fede, Solidarietà. Fatto?<br />

Bene! Adesso provate a toccare con le mani l’amicizia, l’amore, la felicità, la<br />

solidarietà e così via. Come vedete le cose più importanti dell’esistenza non<br />

si possono “toccare” e neppure “comprare”. Ecco, facciamoci doni che non<br />

si comprano. Gibran, il mio autore preferito ha scritto: “Dai poco se doni le<br />

tue ricchezze, ma se dai te stesso, tu doni veramente”. Nel prossimo numero<br />

<strong>di</strong> "<strong>Appunti</strong> Sparsi" vi insegnerò un altro gioco magico che sono certa vi piacerà.<br />

(s.s.)


<strong>Don</strong> Giovanni Diaz con la sua nobiltà d’animo lascia in<br />

ere<strong>di</strong>tà la pratica esemplare dei valori della tolleranza,<br />

dell’umanità, della libertà <strong>di</strong> pensiero. Ricordare la<br />

sua figura é, innanzitutto, confrontarsi con il rimpianto per<br />

la scomparsa <strong>di</strong> un uomo straor<strong>di</strong>nario, che in tanti hanno<br />

avuto l’onore e la fortuna <strong>di</strong> conoscere. La sua fine é stata<br />

davvero una grave per<strong>di</strong>ta in ragione del suo importante e<br />

costante impegno umano nel mondo del sociale. In virtú<br />

delle doti umane <strong>di</strong> grande spessore, unanimemente riconosciute,<br />

le sue responsabilità hanno evidenziato in lui il rispetto,<br />

la stima, la considerazione attenta e sollecita verso<br />

chi gli era <strong>di</strong> fronte, per la persona più debole, per l’amico,<br />

per tutti. Era per indole un uomo aperto al mondo e a tutti i<br />

rapporti umani. Era prete al cento per cento, dalla mattina<br />

alla sera, dall’alba al tramonto. Un uomo fermo nei principi,<br />

ma anche gioioso e sdrammatizzante. Amava la vita che<br />

per lui era l’armonia <strong>di</strong> un meraviglioso <strong>di</strong>segno <strong>di</strong>vino, e<br />

ciascuno degli amici, colleghi e semplici conoscenti ha<br />

Il ricordo <strong>di</strong> Sandrina Piras<br />

presidente Associazione culturale Salotto Letterario<br />

Mi ricordo le mani. E le venuzze<br />

che gli si gonfiavano<br />

sulle tempie quando, dopo<br />

cena, si rideva. Mi ricordo il<br />

suo sguardo, attento e talvolta<br />

severo. Uno sguardo<br />

capace <strong>di</strong> colorare <strong>di</strong> luce<br />

tutto ciò che gli stava accanto.<br />

Mi ricordo ogni centimetro<br />

della faccia e le <strong>di</strong>verse<br />

sfumature dei suoi occhi. So<br />

perfettamente quante sigarette<br />

fumava in una sera e<br />

cosa c’era scritto sul pacchetto,<br />

me lo faceva notare<br />

“il fumo uccide”. “So cosa è<br />

giusto ma… ma faccio ciò<br />

che desidero” <strong>di</strong>ceva. “Oh sì,<br />

siamo tutti fatti così”, rispon-<br />

devo sorridendo.<br />

Un amico che c’era sempre,<br />

dopo <strong>di</strong>eci, quin<strong>di</strong>ci, vent’anni.<br />

Un’amicizia sempre più<br />

bella. Lui stava lì anche<br />

quando gli occhi erano troppo<br />

rossi per rimanere ancora<br />

in pie<strong>di</strong>. Sapeva stare al suo<br />

posto, aspettare e ascoltare,<br />

mentre il cuore si prendeva il<br />

tempo che ci voleva per liberarsi.<br />

Non aveva bisogno <strong>di</strong><br />

niente, solo un istante per<br />

capire. Aveva parole semplici,<br />

equilibrate, responsabili.<br />

Era un punto fermo, conosceva<br />

le mie debolezze e<br />

quando avevo paura <strong>di</strong>ceva<br />

“Vedrai che sarà anche peg-<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 25<br />

IL PREMIO,<br />

UN MODO CONCRETO<br />

PER RICORDARLO<br />

Giovanni Diaz ha dato e ricevuto tanto:<br />

gli amici, il mondo degli scout, le persone<br />

che ha aiutato, la città che lo ha molto amato.<br />

Per tenere sempre vivo l’esempio lasciato<br />

nasce il premio letterario a lui de<strong>di</strong>cato<br />

contribuito a saziare la sua fame <strong>di</strong> fraternità, a sod<strong>di</strong>sfare il<br />

suo inesauribile bisogno <strong>di</strong> rapporti umani. Se la memoria è<br />

dunque forza, l’Associazione Culturale Salotto letterario ha<br />

voluto de<strong>di</strong>care il primo premio nazionale <strong>di</strong> narrativa e<br />

poesia intitolato “<strong>Don</strong> Giovanni Diaz: la speranza come orizzonte<br />

<strong>di</strong> gioia”. Le opere sono pervenute da molte regioni<br />

d’Italia come la Sardegna, il Piemonte, il Veneto, il Lazio,<br />

l’Abruzzo, la Toscana, l’Emilia Romagna, la Puglia e la Lombar<strong>di</strong>a.<br />

La premiazione è programmata il 5 maggio durante<br />

la serata del 1° Memorial “<strong>Don</strong> Giovanni Diaz: a colui che<br />

trovò l’uomo e Dio sul volto del prossimo” (Sala dell’ex-miniera<br />

<strong>di</strong> Serbariu a Carbonia). La manifestazione è organizzata<br />

con la collaborazione dell’Agesci del Sulcis-Inglesiente<br />

e con il patrocinio della Città <strong>di</strong> Carbonia. Giovanni Diaz se<br />

n’è andato come un maestro della buona morte, con la capacità<br />

<strong>di</strong> raggiungere un livello straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> armonia e <strong>di</strong><br />

pace, la stessa pace che per tutta la sua vita aveva ispirato<br />

agli altri. (s.p.)<br />

gio… poi però torna il sereno”.<br />

Aveva ragione, il peggio<br />

arrivava sempre… e anche il<br />

bel tempo. Con lui ho anche<br />

pianto, spettinata dalla vita.<br />

Lo trovavo sempre nei momenti<br />

più fragili e lui lo sapeva,<br />

non avevo più <strong>di</strong>fese. Aveva<br />

parole che ti centravano<br />

sempre, senza prendere<br />

la mira. Sapeva che l’oscurità<br />

è importante per la crescita<br />

<strong>di</strong> un essere umano, esattamente<br />

quanto la luce e<br />

la sua mano era tesa, sempre.<br />

E’ stato un grande amico<br />

e guida in tanti momenti<br />

della mia vita personale e<br />

professionale. La sua morte<br />

mi ha provocato una profonda<br />

sensazione <strong>di</strong> tristezza<br />

mista a malinconia, ansia, infelicità,<br />

<strong>di</strong>sagio. <strong>Don</strong> Giovanni<br />

Diaz resterà per sempre una<br />

perla <strong>di</strong> bellezza dentro al<br />

mio cuore.<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 26<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

Viaggio nella vita degli altri<br />

Bussare alla porta dei suoi Centri,<br />

incontrare le persone<br />

che sono state accolte e confortate da lui,<br />

è stata un’esperienza umana preziosa.<br />

Da raccontare<br />

<strong>di</strong> <strong>Don</strong>atella Percivale*<br />

Non l'ho mai conosciuto, ma è<br />

stato un lungo, emozionante<br />

viaggio al suo fianco. Tre mesi<br />

fitti fitti <strong>di</strong> parole, sguar<strong>di</strong>, silenzi. Il<br />

mio incontro con don Diaz l'ho vissuto<br />

negli occhi degli altri, i suoi amati<br />

"altri". Quelli che lui aveva scelto.<br />

Quelli per cui aveva lottato. Ad<br />

affidarmi il timone <strong>di</strong> questa esplorazione<br />

senza più ritorno è stata Susanna<br />

Steri, avvocato, presidente<br />

del <strong>Centro</strong>, donna. Una carica <strong>di</strong> energia<br />

e <strong>di</strong> umanità preziose.<br />

E' stato grazie al suo slancio se oggi<br />

siamo arrivati fino a qui: ripubblicare<br />

"<strong>Appunti</strong> Sparsi" dopo un lungo periodo<br />

<strong>di</strong> assenza e riprendere le fila<br />

<strong>di</strong> un <strong>di</strong>scorso che don Diaz aveva iniziato<br />

più <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci anni fa.<br />

Un’ere<strong>di</strong>tà importante. L’uscita del<br />

trimestrale arriva in una data speciale:<br />

5 maggio 2011, un anno esatto<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

dalla sua scomparsa. Un anno in cui<br />

tutti quelli che erano i suoi amici fidati<br />

e interlocutori preziosi hanno<br />

dovuto fare i conti con la sua assenza.<br />

Mica facile. Anzi, praticamente<br />

impossibile visto il peso specifico<br />

dell'uomo.<br />

Anche per questo, per riuscire a far<br />

emergere il non detto, quello che in<br />

molti non avevano fatto in tempo a<br />

<strong>di</strong>rgli, abbiamo voluto che "<strong>Appunti</strong><br />

Sparsi" prendesse nuovamente il<br />

largo. Incontrando e ascoltando i<br />

parenti, i soci, le segretarie, gli amministratori,<br />

gli scout, i tanti fan sulla<br />

Rete. Un numero monografico completamente<br />

de<strong>di</strong>cato a don Giovanni<br />

Diaz, un viaggio silenzioso sotto<br />

pelle per salutarlo ancora una volta<br />

e far volare alto il suo pensiero.<br />

Agli inizi l’impresa mi era sembrata<br />

ardua: troppa pelle scorticata, troppa<br />

sofferenza per poter essere semplicemente<br />

raccontata da una cronista<br />

in punta <strong>di</strong> penna.<br />

Poi, con un pizzico <strong>di</strong> coraggio, sono<br />

entrata silenziosa in quegli spazi<br />

del <strong>Centro</strong> voluti molti anni fa da un<br />

gruppo <strong>di</strong> uomini temerari e ho scoperto<br />

la <strong>di</strong>gnità delle vite degli “al-<br />

tri”: gli occhi umi<strong>di</strong> <strong>di</strong> Patrizia, la de<strong>di</strong>zione<br />

della signora Pina, la fatica<br />

<strong>di</strong> Sara, il groppo in gola <strong>di</strong> Sergio,<br />

la tenerezza <strong>di</strong> suor Vla<strong>di</strong>mira. E, soprattutto,<br />

ho incontrato loro, le donne<br />

e gli uomini del <strong>Centro</strong> che ammaccati<br />

dalla violenza della Storia,<br />

hanno trovato un luogo dove riprendere<br />

il fiato, curarsi le ferite, lasciare<br />

che il dolore scorra, finalmente manifesto.<br />

Una comunità ferita quella del <strong>Centro</strong><br />

don <strong>Sguotti</strong>, ma viva, complici le<br />

grida festose dei piccoli che vivono<br />

nel <strong>Centro</strong>, la determinazione e la<br />

fatica <strong>di</strong> operatori e addetti ai lavori,<br />

il cuore incre<strong>di</strong>bilmente generoso <strong>di</strong><br />

Carbonia. Già, perché durante questa<br />

navigazione in mare aperto ho<br />

scoperto che anche una città può avere<br />

un cuore. Che batte a ritmo accelerato,<br />

senza intermittenze.<br />

Un cuore che ogni giorno si manifesta<br />

con attenzioni, offerte e doni. Un<br />

cuore che rimane in <strong>di</strong>sparte, silenzioso,<br />

lontano dalle scene. Ed è bella<br />

questa generosità muta che si occupa,<br />

meglio, si pre-occupa della vita<br />

degli altri. Senza conoscerne i<br />

nomi, senza saperne il destino, senza<br />

voler nulla in cambio.<br />

E' come se la storia, per una volta<br />

almeno, tutto a un tratto si fosse <strong>di</strong>menticata<br />

<strong>di</strong> presentare il conto.<br />

Non capita tutti i giorni, non capita a<br />

tutti. Capita a Carbonia, nella casa<br />

voluta da don Diaz.<br />

*Direttore responsabile<br />

Un numero speciale <strong>di</strong> “<strong>Appunti</strong> Sparsi”<br />

completamente de<strong>di</strong>cato a don Diaz:<br />

per raccogliere la sua testimonianza,<br />

tessere antiche memorie,<br />

far raffiorare speranze


UNA PORTA<br />

SEMPRE APERTA<br />

In città chiunque si trovi in una<br />

situazione <strong>di</strong> grave necessità e <strong>di</strong>sagio<br />

troverà sempre un piatto<br />

per sfamarsi e un letto per dormire.<br />

Una certezza che è anche<br />

un grande conforto. Parola <strong>di</strong> ex<br />

sindaco.<br />

ACarbonia, chiunque, residente o<br />

forestiero giuntovi per una qualsiasi<br />

ragione, che non abbia il<br />

classico soldo in tasca, troverà un tetto<br />

per ripararsi, un letto per dormire e<br />

un piatto caldo per sfamarsi: è una<br />

bella certezza che mi porto dentro dai<br />

miei primi giorni <strong>di</strong> sindaco. In quella<br />

ormai lontana estate del 2001, avevo<br />

appena incontrato <strong>Don</strong> Diaz: voleva<br />

conoscermi, forse valutarmi e comunque<br />

<strong>di</strong>re al neo sindaco della funzione<br />

sociale dei centri <strong>di</strong> accoglienza creati<br />

da lui e dai tanti che vi hanno speso<br />

negli anni energie, tempo, fede e amore.<br />

Forse voleva anche rassicurarsi<br />

che la nuova Amministrazione avrebbe<br />

continuato a sostenere un’opera<br />

vitale per tanti citta<strong>di</strong>ni in <strong>di</strong>fficoltà. In<br />

realtà fu lui a darmi una sicurezza nella<br />

selva <strong>di</strong> problemi in cui mi ero appena<br />

addentrato: sì, mi <strong>di</strong>ssi, da <strong>Don</strong><br />

Diaz c’è una porta aperta per tutti, una<br />

porta <strong>di</strong> <strong>di</strong>gnità costruita con carità e<br />

professionalità.<br />

Mi confortava il pensiero <strong>di</strong> un problema<br />

risolto, poiché non avevo altro da<br />

decidere se non il continuare la collaborazione<br />

realizzata dal Comune con<br />

<strong>Don</strong> Diaz per tendere la mano al citta<strong>di</strong>no<br />

che viveva una situazione <strong>di</strong> grave<br />

e urgente bisogno: un compito<br />

semplice il mio a fronte del tanto<br />

splen<strong>di</strong>do volontariato che quel sacerdote<br />

aveva saputo animare nelle persone<br />

che gli stavano vicino. Rafforzai<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 27<br />

Mi piace pensare<br />

che altri terranno<br />

viva la casa costruita<br />

da don Diaz<br />

e che lo faranno<br />

al riparo<br />

da interessi personali<br />

o <strong>di</strong> gruppo<br />

<strong>di</strong> Salvatore Cherchi*<br />

la mia opinione sulla comunità <strong>di</strong> Carbonia.<br />

Mi <strong>di</strong>cevo: quant’è civile una<br />

città che riconosce e protegge il bisogno<br />

e quant’è civile questo spirito che<br />

spinge a lavorare insieme un sacerdote<br />

e l’Amministrazione che rappresenta<br />

tutti i citta<strong>di</strong>ni.<br />

Dopo quell’estate, ho incontrato ancora<br />

<strong>Don</strong> Diaz. Non tante volte, a <strong>di</strong>re<br />

il vero. Lui era piuttosto schivo e con<br />

una forma <strong>di</strong> rispetto molto forte tanto<br />

che a volte pensavo temesse <strong>di</strong> sottrarmi<br />

tempo a scapito delle numerose<br />

cose che aspettavano <strong>di</strong> essere sbrigate<br />

in ufficio. La collaborazione con il<br />

Comune negli anni è proseguita positivamente.<br />

Per me una cosa chiesta<br />

da <strong>Don</strong> Diaz era utile per definizione<br />

alla città e alla fine neppure mi ponevo<br />

il problema <strong>di</strong> esaminarla: si faceva e<br />

basta. Una sola volta mi sono dovuto<br />

fermare <strong>di</strong> fronte al vincolo urbanistico<br />

verso l’ampliamento <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio della<br />

Comunità, anche se con il <strong>di</strong>spiacere<br />

<strong>di</strong> chi sa che almeno per quella volta,<br />

la regola formale si macchiava<br />

d’ingiustizia.<br />

E che sempre possiamo <strong>di</strong>re che a<br />

Carbonia l’ultimo sarà sempre accolto<br />

con <strong>di</strong>gnità.<br />

*Presidente<br />

Provincia Carbonia-Iglesias<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 28<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

<strong>di</strong> Pier Giorgio Testa*<br />

Chissà quanti, nel <strong>di</strong>chiarare bella una<br />

città, sanno <strong>di</strong>re perché è bella: sarà<br />

per i viali, per le piazze, per i palazzi,<br />

per le chiese o per l’insieme urbanistico che<br />

le rende riconoscibili.<br />

Carbonia per alcuni, ha solo aggettivi negativi<br />

riguardo a questi aspetti, ad altri, invece,<br />

gli stessi sembrano positivi.<br />

Ma questa “Città <strong>di</strong> fondazione”, nata in fretta<br />

e in furia nel 1938, per quella fame <strong>di</strong> energia,<br />

<strong>di</strong> cui ancora in Italia si parla, per opera<br />

<strong>di</strong> illustri architetti e per la laboriosità <strong>di</strong><br />

tanti operai, iniziò ad esistere senza la costruzione<br />

<strong>di</strong> un tessuto sociale naturale che<br />

è, a sua volta, un segno <strong>di</strong>stintivo <strong>di</strong> una comunità.<br />

Da questa asimmetria nacquero tanti problemi<br />

ancora oggi evidenti, che soprattutto nei<br />

decenni passati, causarono <strong>di</strong>sfunzioni gravi,<br />

anche <strong>di</strong> natura psichica, che esitarono in<br />

importanti forme <strong>di</strong> <strong>di</strong>sagio, particolarmente<br />

fra i giovani.<br />

Fra i primi a muoversi nella <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> voler<br />

costruire una trama sociale per la città, fu<br />

don Giovanni Diaz, già grazie al suo impegno<br />

per gli scout e nella scuola. Il momento migliore<br />

fu raggiunto, però, quando don Diaz<br />

decise <strong>di</strong> scendere in campo più <strong>di</strong>rettamente,<br />

rimboccandosi le maniche per realizzare i<br />

Centri <strong>di</strong> accoglienza per le donne in <strong>di</strong>fficoltà,<br />

per le persone senza <strong>di</strong>mora, per i tossico<strong>di</strong>pendenti,<br />

centri che oggi meriterebbero<br />

<strong>di</strong> essere a lui de<strong>di</strong>cati.<br />

Fu un lavoro immane, partito in sor<strong>di</strong>na, senza<br />

pompa magna secondo lo stile della persona;<br />

faticosamente e caparbiamente ottenuto,<br />

grazie alla certezza <strong>di</strong> compiere un lavoro<br />

utilissimo per il prossimo e superando<br />

le <strong>di</strong>fficoltà grazie alla sua fede, sempre vivificante<br />

il suo attivarsi, secondo quello stile a<br />

lui caro, che permette <strong>di</strong> poterlo chiamare<br />

“Forte nei confronti dei potenti, debole con i<br />

deboli”.<br />

E’ forse per questo che “i ragazzi” hanno potuto<br />

rappresentare con un <strong>di</strong>segno, davvero<br />

vivo, Carbonia come una Città Illuminata,<br />

dove la sorgente della luce è in queste opere,<br />

ma è anche in tutte quelle persone, in<br />

quelle associazioni ed attività, che con<br />

quelle opere “parlano” e per le quali si impegnano<br />

nel nome <strong>di</strong> chi, come don Diaz, merita<br />

il titolo <strong>di</strong> Fondatore <strong>di</strong> una Città.<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

*Psichiatra<br />

Il cuore<br />

<strong>di</strong> Carbonia


<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 29<br />

(Disegno realizzato dai ragazzi <strong>di</strong> Is Lampis)<br />

Due pagine tutte colorate e un <strong>di</strong>segno con insegne <strong>di</strong> luci, negozi e vetrine che ricordano l'antico quartiere <strong>di</strong> Le<br />

Marais a Parigi. Invece, è il centro, il cuore grande e immenso <strong>di</strong> Carbonia. Visto, immaginato e realizzato dai<br />

ragazzi della Comunità <strong>di</strong> Is Lampis. Un modo per <strong>di</strong>re grazie alla solidarietà dei tanti che, giorno dopo giorno,<br />

entrano in punta <strong>di</strong> pie<strong>di</strong> nei centri <strong>di</strong> don Diaz per donare qualcosa e <strong>di</strong>mostrare cura, attenzione, affetto. C'è la Guar<strong>di</strong>a<br />

<strong>di</strong> finanza, ma anche la boutique che vende vestiti per bambini, la panetteria, la macelleria, la Cgil, i negozi <strong>di</strong> mobili, il<br />

mercato. Impossibile elencarli tutti, anche perché non vogliamo <strong>di</strong>menticarne nessuno. Li ringraziamo tutti qui,<br />

simbolicamente, con questo <strong>di</strong>segno, <strong>di</strong>cendo loro a caratteri cubitali "grazie <strong>di</strong> cuore per esserci". Per continuare ad<br />

aiutarci. Per tenere assieme unito il filo della speranza. Per non <strong>di</strong>menticare. Per continuare a lottare. Per riuscire a credere<br />

nel futuro. Per costruirlo quel futuro. Insieme. Grazie.<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 30<br />

©Fabio Corona<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

Ho conosciuto don Diaz, come<br />

tutti lo abbiamo sempre chiamato,<br />

quando frequentavo il liceo<br />

scientifico a Carbonia e lui era il<br />

mio insegnante <strong>di</strong> religione. Un insegnante<br />

sempre <strong>di</strong>screto e mai prevaricante,<br />

che cercava con saggezza e<br />

sensibilità <strong>di</strong> inculcare nelle nostre<br />

menti confuse <strong>di</strong> adolescenti i valori<br />

fondamentali della giustizia, dell’accoglienza<br />

verso tutti, della solidarietà.<br />

Non era autoritario ma autorevole, e<br />

la sua autorevolezza derivava dal fatto<br />

che ciascuno <strong>di</strong> noi si rendeva conto<br />

che da lui non si ascoltavano parole,<br />

ma lui era veramente ciò che <strong>di</strong>ceva,<br />

e quoti<strong>di</strong>anamente lo testimoniava.<br />

Gli stu<strong>di</strong> e la professione mi hanno<br />

fatto intraprendere altre strade, ma<br />

quando sono rientrata stabilmente a<br />

Carbonia l’ho ritrovato, ancora e sempre<br />

<strong>di</strong>sponibile, pronto ad esempio ad<br />

accogliere con gioia la proposta <strong>di</strong> incontrare<br />

i ragazzi o gli adulti in parrocchia,<br />

quasi si sentisse debitore nei<br />

confronti <strong>di</strong> chi lo invitava e non il<br />

contrario.<br />

Il mio rapporto con don Diaz si è consolidato<br />

in questi ultimi anni, durante<br />

la mia esperienza <strong>di</strong> assessore alle<br />

politiche sociali; gli chiesi d’incontrarlo<br />

all’inizio del mio mandato, non solo<br />

per conoscere meglio le splen<strong>di</strong>de<br />

realtà <strong>di</strong> solidarietà che aveva realizzato,<br />

aggregando attorno a sé tante<br />

persone e ponendosi come punto <strong>di</strong><br />

riferimento del volontariato citta<strong>di</strong>no,<br />

ma soprattutto per con<strong>di</strong>videre il senso<br />

<strong>di</strong> inadeguatezza che spesso provavo,<br />

per avere da lui consigli su come<br />

orientare e svolgere un servizio<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

così impegnativo in un ruolo per me<br />

assolutamente inaspettato.<br />

L’ho visto a volte affaticato e stanco,<br />

ma sempre ricco <strong>di</strong> parole <strong>di</strong> incoraggiamento,<br />

e anche quando mi parlava<br />

delle <strong>di</strong>fficoltà che si trovava <strong>di</strong> fronte,<br />

lo faceva con spirito propositivo, certo<br />

che i problemi si sarebbero superati,<br />

trasferendo agli altri coraggio ed ottimismo.<br />

E così è stato. I centri da lui<br />

creati, la Casa dell’accoglienza per<br />

donne e minori, il <strong>Centro</strong> per adulti <strong>di</strong><br />

Medadeddu e quello <strong>di</strong> Is Lampis per<br />

persone con problemi alcolcorrelati,<br />

rappresentano un punto fondamentale<br />

<strong>di</strong> riferimento non solo per l’Amministrazione<br />

<strong>di</strong> Carbonia, ma per le istituzioni<br />

<strong>di</strong> tutto il territorio; oggi noi<br />

sappiamo che davanti a situazioni <strong>di</strong><br />

estremo <strong>di</strong>sagio, emarginazione, <strong>di</strong><br />

degrado sociale, che richiedono interventi<br />

urgenti e a volte imme<strong>di</strong>ati, le<br />

porte <strong>di</strong> queste strutture sono sempre<br />

aperte.<br />

Quando don Diaz ci ha lasciato, la<br />

città è rimasta attonita, sbigottita, e<br />

forse solo allora ci si è resi conto <strong>di</strong><br />

quanto quell’uomo fosse stimato ed<br />

amato. Ed è ancora una presenza viva<br />

nella nostra comunità, al punto che<br />

suona davvero strano parlarne al passato.<br />

Come Amministrazione, si è<br />

pensato da subito a come onorarne la<br />

“<strong>Don</strong> Diaz?<br />

Un amico, un esempio”.<br />

Così lo ricorda<br />

Maria Marongiu,<br />

attuale sindaco<br />

<strong>di</strong> Carbonia,<br />

che alla grande figura<br />

del sacerdote ha de<strong>di</strong>cato,<br />

assieme all’Amministrazione,<br />

il <strong>Centro</strong> polivalente<br />

per la <strong>di</strong>sabilità.<br />

Che da oggi porterà<br />

il suo nome<br />

“La mia città<br />

che non <strong>di</strong>mentica”<br />

<strong>di</strong> Maria Marongiu*<br />

memoria, desiderio espresso anche<br />

da oltre settecento citta<strong>di</strong>ni che hanno<br />

presentato una petizione chiedendo<br />

un riconoscimento per l’opera da<br />

lui svolta.<br />

Credo che da lassù sarà contento <strong>di</strong><br />

sapere che il <strong>Centro</strong> polivalente per la<br />

<strong>di</strong>sabilità, recentemente realizzato, da<br />

oggi porterà il suo nome; una struttura<br />

come quelle da lui create, pensata<br />

e voluta per rispondere ai bisogni delle<br />

persone con particolari <strong>di</strong>fficoltà.<br />

Un altro tassello <strong>di</strong> solidarietà che, oltre<br />

al suo nome, traman<strong>di</strong> e contagi<br />

tutti con il suo stile <strong>di</strong> vita.<br />

*Sindaco Carbonia


“Ho il piacere <strong>di</strong> rimetterle copia del<br />

decreto <strong>di</strong> autorizzazione al funzionamento<br />

della struttura residenziale<br />

<strong>Centro</strong> <strong>di</strong> <strong>Accoglienza</strong> <strong>Don</strong> <strong>Vito</strong> <strong>Sguotti</strong><br />

quale comunità alloggio, ai sensi e per<br />

gli effetti della normativa vigente in materia.<br />

E’ gra<strong>di</strong>ta l’occasione per porgere<br />

i migliori auguri <strong>di</strong> buon lavoro”. Iniziava<br />

così, con una copia del decreto <strong>di</strong><br />

autorizzazione da parte dell’assessorato<br />

Igiene e Sanità della Regione Sardegna,<br />

la lunga avventura <strong>di</strong> Giovanni Diaz<br />

nel voler dare accoglienza a tutti coloro<br />

che per motivi <strong>di</strong>versi non hanno una<br />

casa dove fare ritorno. Era il 1990, ma<br />

in realtà il lavoro <strong>di</strong> questo instancabile<br />

uomo nell’ambito del sociale ha avuto inizio<br />

ancora molto tempo prima. A prescindere<br />

dal ruolo che ha rivestito e dall’abito<br />

che ha indossato.<br />

Nonostante le <strong>di</strong>fficoltà incontrate, Giovanni<br />

Diaz ha messo la propria esistenza<br />

al servizio delle persone più fragili, in<br />

un contesto socio-ambientale in cui<br />

l’apparire conta più dell’essere, dove le<br />

situazioni <strong>di</strong> degrado, <strong>di</strong> sofferenza, <strong>di</strong><br />

maltrattamenti vogliono essere (o rimanere)<br />

nascoste agli occhi <strong>di</strong> quanti preferiscono<br />

non sapere, non conoscere<br />

quelle realtà che indurrebbero qualsiasi<br />

essere umano dotato <strong>di</strong> intelligenza, coscienza,<br />

sensibilità a dare il proprio contributo.<br />

Si ignora o si “vuole” ignorare,<br />

invece, ciò che accade intorno a noi.<br />

Forse per pigrizia o per incapacità <strong>di</strong> affrontare<br />

e sopportare il dolore <strong>di</strong> quanti<br />

sono meno fortunati <strong>di</strong> noi. Forse, semplicemente<br />

per paura. Giovanni Diaz<br />

non ha avuto mai paura del dolore e<br />

della sofferenza degli altri, tutt’altro: li ha<br />

fatti propri stando vicino alle persone,<br />

spronandole a fare qualcosa per loro<br />

stessi, per ricominciare a dare un<br />

senso al loro vivere.<br />

E’ successo anche a me. Ricordo un incontro<br />

con lui nel mio ufficio, una giornata<br />

piena <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà in cui mi chiedevo<br />

se stessi dando davvero il mio contributo<br />

alla realtà sociale che stavo affrontando.<br />

La sola immagine inaspetta-<br />

La prima autorizzazione all’avvio<br />

del <strong>Centro</strong>, la forza <strong>di</strong> volontà<br />

<strong>di</strong> un uomo instancabile,<br />

la sua capacità <strong>di</strong> infondere coraggio<br />

e determinazione anche a chi,<br />

giorno dopo giorno, lavora<br />

<strong>di</strong>etro le quinte delle istituzioni<br />

ta <strong>di</strong> quell’uomo, ormai visibilmente<br />

stanco e ammalato, mi fece sentire ancora<br />

più inadeguata tanta era la sua forza<br />

<strong>di</strong> volontà nel voler continuare a lottare<br />

per gli altri. In quell’occasione mi<br />

raccomandò <strong>di</strong> non smettere mai <strong>di</strong> collaborare<br />

con quanti sarebbero venuti<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 31<br />

LA SUA ENERGIA ANCHE<br />

IN ASSESSORATO<br />

<strong>di</strong> Anna Marascia*<br />

dopo <strong>di</strong> lui per continuare a far vivere la<br />

struttura, dando così aiuto alle singole<br />

persone <strong>di</strong> cui conosceva personalmente<br />

il loro vissuto.<br />

Nel momento in cui mi salutò mi <strong>di</strong>sse<br />

“Grazie per quello che fa e per essere<br />

così com’è”. Ecco, quel giorno lui riuscì<br />

a trasmettermi la sua energia nel continuare<br />

a voler lottare contro tutte le <strong>di</strong>fficoltà<br />

che sono insite nel lavoro <strong>di</strong> chi<br />

sta a stretto contatto con i problemi<br />

altrui e, spesso, non ha gli strumenti e i<br />

mezzi per poterli aiutare veramente. La<br />

grandezza dell’opera creata da Giovanni<br />

Diaz sta proprio nella sua semplicità,<br />

nel suo modo <strong>di</strong> affrontare anche i momenti<br />

più <strong>di</strong>fficili con coraggio, forte<br />

della speranza che può infondere in coloro<br />

che chiedono il suo aiuto. Purtroppo<br />

sono venuta a conoscenza della sua<br />

scomparsa attraverso un sms inviatomi<br />

da una delle ospiti del <strong>Centro</strong>, c’era<br />

scritto: “Ho perso mio padre per la seconda<br />

volta nella mia vita”. Questo era<br />

Giovanni Diaz per le persone che hanno<br />

avuto la possibilità <strong>di</strong> conoscerlo e <strong>di</strong> ricevere<br />

il suo aiuto: un padre che ha<br />

cura dei suoi figli e che li ama in maniera<br />

incon<strong>di</strong>zionata. Qualunque cosa essi<br />

facciano, qualunque errore essi commettano.<br />

*Responsabile Servizi sociali<br />

Comune <strong>di</strong> Carbonia<br />

Il <strong>Centro</strong> “<strong>Don</strong> <strong>Vito</strong> <strong>Sguotti</strong>” <strong>di</strong>stinto in <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> accoglienza femminile e <strong>di</strong><br />

Pronto intervento maschile collabora dall’anno 1984 con l’Assessorato alle<br />

Politiche Sociali del Comune <strong>di</strong> Carbonia. La regolamentazione dei rapporti è<br />

rimessa alla stipula <strong>di</strong> un’apposita convenzione che prevede tra l’altro una<br />

riserva <strong>di</strong> posti per il Comune <strong>di</strong> Carbonia. Gli interventi <strong>di</strong> accoglienza e<br />

sostegno alle donne in <strong>di</strong>fficoltà, spesso con figli a carico, mirano al<br />

conseguimento da parte delle ospiti <strong>di</strong> una vita autonoma o a favorire la<br />

pre<strong>di</strong>sposizione del rientro nella famiglia <strong>di</strong> origine.<br />

Il <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> Pronto intervento opera accoglienze <strong>di</strong> breve durata con lo scopo<br />

<strong>di</strong> fornire sostegno momentaneo a situazioni <strong>di</strong> grave necessità. Gli ospiti<br />

usufruiscono del servizio tutto il giorno con possibilità <strong>di</strong> consumare la<br />

colazione, il pranzo, la cena e il pernottamento.<br />

Gli operatori mettono a punto dei progetti in<strong>di</strong>vidualizzati mirati alla soluzione<br />

dei problemi che, perio<strong>di</strong>camente, vengono verificati con lo staff del Servizio<br />

Sociale Comunale, con gli operatori del <strong>Centro</strong> <strong>di</strong> Salute Mentale della ASL e<br />

con il <strong>Centro</strong> Alcologico, valutando con gli stessi la possibilità del rientro in<br />

famiglia o il conseguimento <strong>di</strong> una vita autonoma. Il <strong>Centro</strong>, <strong>di</strong>etro richiesta<br />

del Comune, fornisce anche un servizio <strong>di</strong> tipo <strong>di</strong>urno per altri ospiti, che<br />

consiste nell’erogazione dei pasti e cura dell’igiene personale. Nel corso degli<br />

anni, vista l’utilità del servizio progressivamente evidenziata nel tempo, il<br />

Comune ha provveduto al rinnovo della convenzione con la struttura.<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 32<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

Dentro la Casa, la vita<br />

Per la prima volta<br />

un fotografo entra<br />

dentro il <strong>Centro</strong><br />

<strong>di</strong> accoglienza<br />

<strong>di</strong> don Diaz.<br />

Momenti<br />

<strong>di</strong> allegria<br />

da con<strong>di</strong>videre.<br />

Noi abbiamo<br />

voluto<br />

ricordarli così<br />

Servizio fotografico <strong>di</strong> Enrico Pinna<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

La spesa, la <strong>di</strong>visione del pane, la preparazione<br />

delle cuoche in cucina. Eppoi, ancora: la tavola<br />

apparecchiata, il momento della preghiera, le<br />

canzoni a fine pranzo con le suore e i sorrisi rumorosi<br />

dei bambini. Abbiamo voluto documentare così, col<br />

reportage <strong>di</strong> Enrico Pinna, una giornata negli spazi del<br />

<strong>Centro</strong> <strong>di</strong> accoglienza don <strong>Vito</strong> <strong>Sguotti</strong>.


Certo, gli scatti non bastano a trasmettere l'umanità<br />

che si respira tra quelle pareti, ma servono a lasciarsi<br />

contagiare, a contaminarsi <strong>di</strong> una forza che troppo<br />

spesso, anche nelle famiglie più agiate, può venire a<br />

mancare.<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 33<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 34<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

Ed è la forza<br />

dell'amore<br />

che si avverte,<br />

vivendo, giorno dopo<br />

giorno,<br />

dentro la casa<br />

costruita<br />

da don Diaz.<br />

Un amore<br />

che rende<br />

degli sconosciuti una<br />

vera famiglia.<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 35<br />

Eccola dunque<br />

la vita <strong>di</strong> quelli<br />

che una casa,<br />

per tanti motivi,<br />

non l'avevano<br />

o non l'hanno<br />

più voluta.<br />

Questa che<br />

per la prima volta<br />

pubblichiamo<br />

è la casa degli angeli<br />

<strong>di</strong> don Diaz.<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 36<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

La situazione<br />

delicata<br />

dell’Associazione<br />

e l’importante fase<br />

<strong>di</strong> transizione<br />

dopo la per<strong>di</strong>ta<br />

<strong>di</strong> don Diaz.<br />

Un percorso<br />

che non sarà<br />

privo <strong>di</strong> fatica<br />

ma necessario<br />

per <strong>di</strong>ventare<br />

autonomi<br />

e responsabili.<br />

Accettando<br />

<strong>di</strong> continuare<br />

l’opera da lui<br />

iniziata, ciascuno<br />

nella propria<br />

in<strong>di</strong>pendenza


<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

La lunga strada<br />

verso l’autonomia<br />

Ho scelto <strong>di</strong> iniziare questa mia<br />

breve riflessione sul presente e<br />

sulle prospettive della nostra<br />

realtà con questa frase perché mi<br />

sembra molto significativa e suggestiva:<br />

“La corretta separazione esige<br />

sempre una profonda unione, un intenso<br />

legame <strong>di</strong> cura” (Dusi,2008).<br />

Il tema della “separazione” mi permetterà<br />

<strong>di</strong> riflettere su due livelli che<br />

si intersecano: uno che riguarda tutti<br />

coloro che come me prestano la loro<br />

opera all’interno dell’Associazione,<br />

l’altro coloro i quali sono assistiti.<br />

Ho pensato <strong>di</strong> accostare alla nostra<br />

esperienza attuale due esemplificazioni,<br />

una tratta dal contesto psicologico<br />

e l’altra da quello agricolo. Credo<br />

che sia facile concordare sul fatto<br />

che la vita dell’uomo – e perciò <strong>di</strong><br />

ciascuno <strong>di</strong> noi - sia come un lento e<br />

progressivo processo <strong>di</strong> separazione<br />

volto al raggiungimento <strong>di</strong> un agire<br />

autonomo e responsabile. Se pensiamo<br />

al momento della nascita <strong>di</strong> ogni<br />

essere umano, ci accorgiamo che già<br />

quel primo momento è una separazione<br />

dal grembo materno che ci ha<br />

accolto, nutrito e protetto.<br />

Lungo tutto il percorso che ci porta<br />

dall’infanzia all’adolescenza fino all’età<br />

adulta - durante il quale si realizza<br />

lo sviluppo cognitivo, sessuale,<br />

affettivo e relazionale - è presente una<br />

continua tensione verso l’autonomia.<br />

Tale tensione si accompagna ad un<br />

altro elemento altrettanto in<strong>di</strong>spensabile<br />

per il buon esito dell’autonomia:<br />

<strong>di</strong> Sara Salis*<br />

pagina 37<br />

qualsiasi tipo <strong>di</strong> separazione prevede<br />

l’esistenza <strong>di</strong> un vincolo forte, primario,<br />

attraverso il quale imparare a coltivare<br />

e alimentare il desiderio d’in<strong>di</strong>pendenza.<br />

È nota a tutti l’importanza<br />

della figura materna nel determinare<br />

la nascita <strong>di</strong> una sana fiducia <strong>di</strong> base,<br />

una “base sicura” (Bowlby), che<br />

ci permette <strong>di</strong> affrontare serenamente<br />

l’esplorazione del mondo intorno a<br />

noi e, soprattutto, <strong>di</strong> gestire le varie<br />

frustrazioni che ci troviamo inevitabilmente<br />

ad affrontare.<br />

Nella fase della pre-adolescenza sono<br />

importanti entrambe le figure genitoriali,<br />

chiamate a delinearsi come<br />

modelli educativi dai quali i figli possono<br />

imparare come affrontare con<br />

una certa responsabilità le <strong>di</strong>verse e<br />

nuove situazioni esistenziali verso le<br />

quali si sentiranno sempre più attratti.<br />

Soprattutto nell’adolescenza si<br />

sperimenta il dolore della separazione,<br />

questa volta prevalentemente da<br />

parte dei genitori.<br />

Il compito dell’adolescente è quello<br />

<strong>di</strong> acquisire un senso d’identità che<br />

sia stabile ed integrato, processo che<br />

inizia attraverso l’identificazione con i<br />

pari e con le figure significative che<br />

vengono investite <strong>di</strong> autorità.<br />

Questa transizione dall’infanzia all’età<br />

adulta è molto <strong>di</strong>fficoltosa perché<br />

vi è la coesistenza <strong>di</strong> due tendenze<br />

contrapposte: una che spinge<br />

verso un mondo adulto, complesso,<br />

in gran parte sconosciuto e per certi<br />

versi inquietante, un’altra caratterizzata<br />

dalla riluttanza a lasciare il mondo<br />

sicuro, garantito e conosciuto tipico<br />

dell’infanzia. Tutto ciò crea una<br />

sorta <strong>di</strong> crisi <strong>di</strong> identità (Erikson) che<br />

nasce dal tentativo <strong>di</strong> superare la<br />

confusione ed ambivalenza per lasciare<br />

spazio ad una propria identità,<br />

con le caratteristiche <strong>di</strong> stabilità,<br />

coerenza e separatezza dagli altri.<br />

Qualora i genitori non fossero capaci<br />

<strong>di</strong> accompagnare i loro figli in questo<br />

fondamentale processo <strong>di</strong> separazione,<br />

favorendo invece forme <strong>di</strong> eccessiva<br />

<strong>di</strong>pendenza o <strong>di</strong> annullamento<br />

dell’altrui realtà personale, si andreb-<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


pagina 38<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

be incontro al presentarsi <strong>di</strong> <strong>di</strong>sturbi<br />

e <strong>di</strong>sagi, con un conseguente blocco<br />

del percorso evolutivo.<br />

Volendo descrivere tale percorso evolutivo<br />

in modo sintetico possiamo<br />

identificare un iniziale periodo <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenza<br />

ed attaccamento del bambino<br />

verso colui che si prende cura <strong>di</strong><br />

lui, un periodo <strong>di</strong> evidente egocentrismo<br />

fino ad una progressiva e graduale<br />

acquisizione <strong>di</strong> autonomia con<br />

il raggiungimento della capacità <strong>di</strong><br />

separarsi dalle figure primarie <strong>di</strong> attaccamento<br />

per legarsi invece a nuove<br />

figure <strong>di</strong> attaccamento.<br />

Avviene qualcosa <strong>di</strong> simile ad un piccolo<br />

seme che si sviluppa, cresce e<br />

<strong>di</strong>venta pianta. Colui che pianta il seme<br />

si preoccupa <strong>di</strong> preparare con<br />

cura il terreno e <strong>di</strong> proteggerlo dai<br />

potenziali pericoli (es. uccelli, freddo,<br />

ecc.); come inizia a svilupparsi lo sostiene<br />

con un tutore e continua necessariamente<br />

a prestargli molte cure<br />

finché non <strong>di</strong>venta sufficientemente<br />

forte da non aver più bisogno <strong>di</strong><br />

attenzioni particolari. Qualsiasi mancanza<br />

significativa nelle fasi iniziali<br />

rappresenta un pericolo per la sopravvivenza<br />

della piantina o perlomeno<br />

un’esperienza che lascerebbe una<br />

traccia indelebile.<br />

Quando penso all’esperienza <strong>di</strong> tutti<br />

coloro che sono entrati a far parte<br />

della storia dell’Associazione, non<br />

importa se come ospiti, impiegati o<br />

volontari, riconosco che la persona<br />

<strong>di</strong> don Giovanni ha rappresentato per<br />

molti una figura <strong>di</strong> riferimento e <strong>di</strong> attaccamento.<br />

È stato lui ad accogliere<br />

ciascuno <strong>di</strong> noi, a prendersene cura,<br />

ad ascoltarlo e cercare <strong>di</strong> aiutarlo nei<br />

momenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà. Inoltre ci stimolava<br />

a far riferimento, nello svolgimento<br />

del nostro operato, a principi<br />

e valori molto alti. Mi piace invitarvi<br />

a rileggere in particolare un brano da<br />

lui scritto nelle pagine <strong>di</strong> <strong>Appunti</strong><br />

Sparsi: “Le ragioni del servire” (AnnoXVII<br />

– numero 4 – anno 2007) dove<br />

si possono facilmente rintracciare tali<br />

valori. Adesso, perciò, la sua morte<br />

ci ha costretto ad affrontare un ennesimo<br />

processo <strong>di</strong> separazione che<br />

possiamo realizzare correttamente<br />

solo se siamo riusciti a percorrere il<br />

nostro personale percorso <strong>di</strong> sviluppo<br />

evolutivo senza “blocchi”, riuscendo<br />

a conquistare la maturità anche<br />

contro gli eventuali tentativi <strong>di</strong><br />

manipolazione, con<strong>di</strong>zionamento,<br />

non-intervento degli adulti <strong>di</strong> riferimento.<br />

Ci troviamo in una fase <strong>di</strong> transizione:<br />

stiamo passando da un periodo<br />

in cui avevamo un riferimento certo,<br />

<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011<br />

che ci dava sicurezza, che potevamo<br />

anche “utilizzare” come paravento<br />

<strong>di</strong>etro il quale nascondere le nostre inadeguatezze<br />

e ferite - piuttosto che<br />

superarle e sanarle -, ad un altro in<br />

cui è necessario <strong>di</strong>venire autonomi e<br />

responsabili, accettando <strong>di</strong> continuare<br />

l’opera da lui iniziata, avendo la<br />

forza <strong>di</strong> definirci ciascuno nella propria<br />

in<strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio e d’azione.<br />

Spostiamoci adesso sul versante degli<br />

ospiti accolti nelle <strong>di</strong>verse strutture<br />

dell’Associazione e su quello delle<br />

prospettive e scenari futuri.<br />

Credo sia utile che ciascuno <strong>di</strong> noi si<br />

senta dentro una realtà in continua evoluzione<br />

e trasformazione piuttosto<br />

che accettare il presente così com’è<br />

chiudendo la via al futuro, ad ogni ulteriore<br />

elaborazione e arenandosi<br />

nell’immobilismo.<br />

Avendo a che fare con persone sofferenti,<br />

con gran<strong>di</strong> lacune nel loro<br />

sviluppo e blocchi nel loro percorso<br />

verso l’autonomia e la maturità, è necessario<br />

che <strong>di</strong>ventiamo capaci <strong>di</strong><br />

mo<strong>di</strong>ficarci per trovare le modalità<br />

migliori per entrare in relazione con<br />

loro. È importante creare un ambiente<br />

caratterizzato dalla fiducia e il rispetto<br />

reciproco in cui essere capaci<br />

<strong>di</strong> dare valore al contributo <strong>di</strong> ciascuno<br />

piuttosto che aggrapparsi a “sicurezze”<br />

imposte e calate dall’alto.<br />

Altro aspetto fondamentale per percorrere<br />

la strada per l’autonomia è il<br />

dar modo agli altri - ospiti e no - <strong>di</strong><br />

sperimentarsi, <strong>di</strong> non doversi omologare<br />

al pensiero degli altri, <strong>di</strong> poter<br />

commettere i propri errori.<br />

Penso che non sia facile ma allo steso<br />

tempo è fondamentale cercare <strong>di</strong><br />

creare un “ambiente mo<strong>di</strong>ficante”<br />

(Feuerstein) costituito dalle seguenti<br />

caratteristiche:<br />

- ambiente aperto senza pregiu<strong>di</strong>zi,<br />

basato sul rispetto <strong>di</strong> ognuno,<br />

consapevoli che ciascuno può<br />

portare il proprio contributo oltre<br />

che essere portatore <strong>di</strong> valori e<br />

<strong>di</strong>ritti;<br />

- ambiente stimolante, che susciti il<br />

bisogno <strong>di</strong> attivare le risorse in<strong>di</strong>viduali<br />

piuttosto che assumere un<br />

atteggiamento passivo che tende<br />

a demotivare e svalutare;<br />

- ambiente eterogeneo, che offra<br />

un ventaglio <strong>di</strong> modelli <strong>di</strong> funzionamento,<br />

permettendo cosi alle<br />

persone <strong>di</strong> agire come un sistema<br />

aperto verso nuove modalità <strong>di</strong> azione,<br />

espressione, pensiero;<br />

- ambiente positivo che permetta<br />

alle persone <strong>di</strong> adattarsi a situazioni<br />

nuove perché in grado <strong>di</strong> far<br />

sopportare un certo grado <strong>di</strong> insicurezza.<br />

Ogni cambiamento richiede una certa<br />

quantità <strong>di</strong> stress che scaturisce<br />

dall’affrontare situazioni nuove che<br />

generano un <strong>di</strong>sequilibrio.<br />

Tale <strong>di</strong>sequilibrio è necessario, però,<br />

perché ci sia progresso, sviluppo e<br />

cambiamento.<br />

In conclusione possiamo <strong>di</strong>re <strong>di</strong> trovarci<br />

davanti ad una situazione delicata<br />

e cruciale per il futuro dell’Associazione<br />

che rappresenta un’occasione<br />

<strong>di</strong> miglioramento, crescita e<br />

sviluppo se affrontata con impegno,<br />

de<strong>di</strong>zione e competenza.<br />

*Psicologa,<br />

coor<strong>di</strong>natrice responsabile<br />

della Pct “Is Lampis”<br />

e del <strong>Centro</strong> alcologico <strong>di</strong> Carbonia


4<br />

6<br />

7<br />

8<br />

12<br />

16<br />

20<br />

28<br />

32<br />

36<br />

Sommario<br />

INFORMATIVA LEGGE 675/96 e successive mo<strong>di</strong>ficazioni<br />

(tutela dati personali)<br />

<strong>Appunti</strong><br />

sparsi<br />

pagina 39<br />

E<strong>di</strong>toriale (Susanna Steri) pagina 3<br />

Caro Giovanni (Sergio Serafini) pagina 4<br />

L’essenzialità <strong>di</strong> quella sua parola (Giovanni Paolo Zedda) pagina 6<br />

Pina Lai una vita de<strong>di</strong>cata al centro pagina 7<br />

I ricor<strong>di</strong> più dolci pagina 8<br />

La parola ai suoi piccoli angeli pagina 10<br />

Ecco cosa significa carità pagina 12<br />

La sua voce la mia guida (Patrizia Pinna) pagina 14<br />

Gli ho sempre detto tutto, e lui lo sa (Rita Ballisai) pagina 15<br />

La sua fede sul web (Mario Triverio) pagina 16<br />

I nostri silenzi con<strong>di</strong>visi pagina 18<br />

Non ho <strong>di</strong>menticato (Giovanna Grillo) pagina 19<br />

Sulla strada degli scout (Mario Triverio) pagina 20<br />

Un gigante chiamato Giovanni (Susanna Steri) pagina 24<br />

Il premio, un modo concreto per ricordarlo (Sandrina Piras) pagina 25<br />

Viaggio nella vita degli altri (<strong>Don</strong>atella Percivale) pagina 26<br />

Una porta sempre aperta (Salvatore Cherchi) pagina 27<br />

Il cuore <strong>di</strong> Carbonia (Pier Giorgio Testa) pagina 28<br />

La mia città che non <strong>di</strong>mentica (Maria Marongiu) pagina 30<br />

La sua energia anche in assessorato (Anna Marascia) pagina 31<br />

Dentro la casa, la vita pagina 32<br />

La lunga strada verso l’autonomia (Sara Salis) pagina 36<br />

Caro lettore,<br />

il Suo in<strong>di</strong>rizzo fa parte dell’archivio elettronico del nostro perio<strong>di</strong>co. Nel rispetto <strong>di</strong> quanto stabilito dalla legge n.<br />

675/1996 per la tutela dei dati personali comunichiamo che tale archivio è gestito dalla Associazione <strong>Centro</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Accoglienza</strong> “<strong>Don</strong> <strong>Vito</strong> <strong>Sguotti</strong>” <strong>di</strong> Carbonia, ente proprietario della testata <strong>Appunti</strong> Sparsi, che garantisce l’uso dei<br />

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<strong>Appunti</strong> Sparsi - ANNO XXI - Numero 1 - 2011


Rembrandt<br />

La luce incisa<br />

Carbonia<br />

Museo dei PaleoAmbienti Sulcitani<br />

Grande Miniera <strong>di</strong> Serbariu

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