16 LIBRO PRIMO - GIACINTO DE SIVO SOMMARIO §. 1 ... - Eleaml
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Il testo non è stato rivisto e contiene degli errori – è un testo da ripubblicare, quindi abbiamo deciso di non correggerlo.<br />
101 <strong>LIBRO</strong> SECONDO<br />
invocava consigli, ne ubbidiva ai cenni; giustiziava ribelli,<br />
sbandiva cospiratori, imparentava con Tedeschi: Dall'altra scacciava<br />
di corte i vecchi fedeli, accoglieva giovani libertini, motteggiava<br />
arcivescovi, udiva ridendo le calunnie a' religiosi, gongolava al<br />
sentirsi lodare quella su politica nuova; amico di tutti, misleale con<br />
tutti; con l'Austria e con la setta, co' Principi e co' popoli» co'<br />
Volteriani e con la Chiesa. Pertaoty egli solo tra' prenci d'Italia era<br />
incensato in prosa e in rima, e. speranze grandi riceveva e dava.<br />
Quella stirpe Savoiarda surta a poco a poco, nelle peripezie de'<br />
secoli, di piccola contea a un regno preso a bocconi su' vicini, avida<br />
sempre, le tradizioni, di famiglia talvolta sopiva, non mai smetteva.<br />
Alberto cui le aspirazioni settarie fean tralucere il destro di pigliarsi<br />
tutta Italia, sei vagheggiava; siccome la setta aspirava a far l'Italia<br />
socialista co! suo braccio regio. Qual de9 due fallasse dirà il tempo;<br />
credo tutti e due, se un po' di giustizia deve tornare in terra.<br />
La propaganda rivoluzionaria designò il Savoiardo a redentore<br />
futuro. Lui sangue italiano, lui riformatore, lui sovrano di regno<br />
sedente tra Tedéschi e Francesi, stato tanta età argine a quei stranieri,<br />
lui meritevole di monarchia nazionale, lui solo degno d'amore e<br />
fiducia celebravano. Gli altri principi, mancipii dell'Austria; il re di<br />
Napoli, Borbone, sangue forestiero, despota e tiranno, doversi<br />
spegnere; del suo esercitò, di sue utili riforme, della prosperità e<br />
incivilimento napolitano non s'aveva a far motto. E per deprimere il<br />
re si deprimea la nazione. Uomini, arti» lettere, scienze nostre<br />
s'avevano a ignorare o a beffare o a sfatare: libri napolitani, nomi<br />
napolitani, latti napolitani, leggi napolitani, tutto in fondo; Napoli la<br />
China d'Italia dicevano.<br />
Ferdinando avea schifata quella politica Sarda, perché ingiusta,<br />
fallace e rapinatrice; e perché (il lasciò scritto di sua mano) avria<br />
posto il paese in falsa via, scemata l'indipendenza politica e<br />
commentale, dono di Catch III, eh' avea sollevata la nostra<br />
nazionalità. Cosi sfuggito egli<br />
<strong>LIBRO</strong> SECONDO - <strong>GIACINTO</strong> <strong>DE</strong> <strong>SIVO</strong> 1Ù5<br />
all'amo dell'ambizione, era però sempre alle prese con l'idra<br />
settaria, rinfocolata da soffii forestieri.<br />
g. 19. Sforzi per rivoltar Italia e Francia.<br />
La rivoluzione sperando nel NON INTERVENTO, si sforma a<br />
conseguire un qualunque trionfo, certa poi d'esser fasciata fare. Dal<br />
1830 al 1846 oltre i casi del reame, molti moti nella penisola<br />
seguirono. Parma, Modena, Bologna, fionda ebbero grossi tumulti<br />
nel 1831, tosto domi; ma è da ricordare in esse aver parteggiato<br />
Luigi Bonaparte ora imperatore e '1 fratello, figli di quello che fece il<br />
re in Olanda. Questa casa Bonaparte, sendo esule e ospitata in terre<br />
papaline, vi teneva desto il fuoco, acciò qualche di svampasse, da<br />
farla risalire. Il pacifico Papa perdonava a colpevoli, salvo ch'a<br />
pochi, come il Mamiani, lo Sterbmi, e un altro Bonaparte, poi<br />
rinfelloniti con rinomo nelle rivoltare seguenti. Luigi Bonaparte col<br />
movere Italia aspirava a Francia. Ito da Londra in Isvizzera, fé' il<br />
capitano d'artiglieria a Berna; e colà, sendo già ligato alla setta<br />
mondiale, ebbe opportunità di stringersi corradicali Elvezii. Scrisse<br />
un opuscolo dimostrante la salute di Francia stare ÌB. repubblica, con<br />
un Bonaparte presidente. A 30 ottobre 1836, fa scoperta a Veudome<br />
certa congiura repubblicana fra'soldati; e'1 giorno stesso egli Luigi<br />
che da qualche dì stava ascoso entro Strasburgo, col favore d'un<br />
Pardon comandante di Gendarmi, e d'un Vaudrey colonnello<br />
d'artiglieria, si fé' gridare imperatore; se non che il generale Voisol,<br />
dopo un'ora di rumore, compressa la sedizione, imprigionò i rei. Egli<br />
patì violenze sulla persona, lacere fe vesti, strappate le insegne. Luigi<br />
Filippo perdonò a lui e complici; e il mandò a 15 novembre libero<br />
sulla sua parola d'onore in America. Tal perdonanza fu esaltata cima<br />
di sapienza civile. Intanto i pensieri napoleonici sospinti dalle fotte si<br />
facevan piazza; e nel 1840 s'andò sino a S. Elena pigliar<br />
pomposamente le ceneri del gran guerriero, che meglio per la pace<br />
del mondo V avrebbero dormito. Luigi se valse; tornò d'America a<br />
Londra, ove avea grandi