16 LIBRO PRIMO - GIACINTO DE SIVO SOMMARIO §. 1 ... - Eleaml
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100 <strong>LIBRO</strong> SECONDO - <strong>GIACINTO</strong> <strong>DE</strong> <strong>SIVO</strong><br />
g. 10. Pretesto per ribellare.<br />
Mentre la mano del Signore si gravava così su' paesi nostri, la<br />
setta aggiunse sue rabbie. Corso il motto, in molte parti d’Italia<br />
s'andò a' fatti. Dirò del regno. In Penne città d'Abruzzo ultra, a 23<br />
luglio 37 sparsero vóce d'una fontana attossicata; poi alquanti ribelli<br />
disarmano i pochi soldati, alzano vessilli a tre colori, e grida<br />
costituzionali. Non riusciti a movere i paesi circostanti, in due dì fitti<br />
tutto. La commissione militare a 19 settembre ne dannò quattro a<br />
morte, altri a1 ferri. A Spizziri in Calabria Citra un Luigi Stumpo e<br />
un Luigi Beìmonte, prete, divulgarono anche dima fontana con<br />
veleno; presi, venner dannati a morte il 24 agosto. Nella stessa<br />
provincia a S. Sisto fer lo stesso un Cannine Scarpelli e un Luigi<br />
Clausi; e assoldati mascalzoni preser l’arme la notte dopo il 22<br />
luglio, movendo ver Cosenza; ma per via scorati dalla loro pochezza<br />
si spersero. Diciassette ebber pena del capo.<br />
A Palermo, nel furor del colèra, un vecchio col figliuolo rifugiò in<br />
una campagna detta le Grazie, e infermò del male. I villani instigati a<br />
crederlo avvelenatore, miser le mani addosso a lui e al fanciullo; e a<br />
9 luglio ambo malconci e semivivi abbruciarono. L'11 trucidarono<br />
entro la città altro infelice, otto la notte nel villagio Abate, e i giorni<br />
appresso altri diciassette. Poi dieci a Bagheria, 30 a Capacci 27 a<br />
Carini, 12 a Corleone, 32 a Marineo (fra' quali il parroco ed il<br />
giudice), 67 a Misilmeri, 11 a Pizzi, e 10a Termini. A tai misfatti<br />
seguitavan vendette, furti, saccheggi e anarchia. A Siracusa si<br />
sollevarono a 18 luglio, e uccisero sei persone, con l'ispettore di<br />
polizia Vico, e il Vao caro funzionante intendente. Nella terra di<br />
Floridia amffi8zarono il presidente Ricciardi della Corte criminale; e<br />
sfuriati i giorni dopo fecer peggio: in tutto furono quaranta assassini<br />
a Siracusa, tredici a Floridia, e otto a Canicattì. Quando ecco a 21<br />
luglio certo curiale Adorno stampa un manifesto dicente il colèra<br />
venir da arsenico vagante per aria, e doversi accoppare i propagatori;<br />
poi si mette a capo i f^i0Sì<br />
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e scorre la città, mentre i pochi soldati traggonsi in castello. In<br />
Catania già similmente sollevata, come giunsero i manifesti<br />
dell'Adorno, ristamparonli, rinfocolarono la plebe, manomisero i<br />
poliziotti, arrestarono l'intendente ed altri affisali, e crearono una<br />
Giunta di sicurezza. Al 30 disarmarono una compagnia di linea,<br />
ruppero gli stemmi e i ritratti regi, alzarono bandiera gialla (colore<br />
surto nel 1890 a Palermo) e proclamarono l'indipendenza. Con una<br />
proclamazione dissero: Ferdinando per non perdere la Sicilia w/er/a<br />
disertare di abitanti; il colèra non essere asiatico ma borbonico.<br />
Aderirono Motta, Paterno, Biancavilla. Nondimeno a 3 agosto gli<br />
stessi Catanesi col marchese di S. Giuliano scacciati i faziosi,<br />
riposero il governo regio. E anche a Messina, dove non era il morbo,<br />
si suscitò subuglio, aizzando la plebe a far calca, e respinger<br />
tumultuosamente dal porto due navi vegnenti da Napoli e da<br />
Palermo.<br />
Il governo per ripristinar l'ordine, e punire i trucidatori di tanti<br />
innocenti, mandò con alterego il ministro Del Carretto; il quale operò<br />
con la sua consueta asprezza. Carcerate 750 persone; giudicate,<br />
ebber condanna di morte 123 in punizione a Siracusa tolsesi<br />
l'intendenza e il tribunale, trasferiti a Noto. Poi a <strong>16</strong> maggio 1838 il<br />
re concesse perdono pieno a tutti gl'imputati di colpa di Stato in<br />
Sicilia, salvo pochi capi da giudicarsi. In seguito ridie' a Siracusa i<br />
soli tribunali.<br />
$. 17. Altre congiure.<br />
Si quietò sino al 1841, quando s'udì una fazione ad Aquila. Colà<br />
eran capi di congiura il sindaco Ciampella, Lazzaro di Fossa, e un<br />
Moscone da Ocre; mossi dal marchese Luigi Dragonetti, amico<br />
vecchio del ministro di polizia sin dal 1820; uomo ricco, stato spesso<br />
congiuratore. Erano spinti da speranza che V 8 settembre due<br />
reggimenti s'avessero a ribellare in Napoli con l'occasione della<br />
parata Piedigrotta, e il resto delle milizie secondasse; inoltre sicuri<br />
che poca guarnigione quel dì restasse ad Aquila, 'Ruoto perché iti<br />
alla parata, credendo il reame ribellasse