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Il fiume in gennaio - Xos.it

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www.xos.<strong>it</strong> : 2002 ©© Osvaldo Duilio Rossi : IL FIUME IN GENNAIO : 57<br />

quanto faceva secondo il tassametro e pagò la tariffa completa, senza sconti<br />

e senza contrattare sul prezzo. Le diede un bacio su una natica e la mandò<br />

via, poi si chiuse dentro e fece una doccia perché ne aveva veramente bisogno.<br />

Dopo essersi sgrasciato dal nero <strong>in</strong>carn<strong>it</strong>o nelle pieghe della pelle e dal<br />

cattivo odore della sciatteria, ancora nudo si ammirò nello specchio e giudicò<br />

di essere un bell’uomo e che mer<strong>it</strong>ava qualcosa di più, ormai.<br />

Erano le sei e un quarto quando bruciò altri soldi per una maglietta<br />

nuova, scarpe basse e una colazione al centro commerciale. Fumò tre o quattro<br />

sigarette mentre tornava a piedi verso il ponte di N<strong>it</strong>eròi per prendere un<br />

mezzo che lo portasse <strong>in</strong> favela e <strong>in</strong>tanto s’erano fatte le sette e lui aveva<br />

molto sonno perché era più di un giorno che non dormiva. Ascoltava la frenesia<br />

della c<strong>it</strong>tà che aveva <strong>in</strong>iziato a carburare <strong>in</strong>torno all’alba e che avrebbe<br />

cont<strong>in</strong>uato a muoversi e a lavorare per sbrigarsi ad arrivare al giorno seguente<br />

e ricom<strong>in</strong>ciare da capo soddisfatta, scorbutica, d<strong>in</strong>amica oppure stanca.<br />

Fumava e pensava nei suoi vest<strong>it</strong>i nuovi a quei ragazz<strong>in</strong>i che si erano drogati<br />

col Sogno e che avevano fatto l’amore per tutta la notte, sapeva che adesso<br />

non riuscivano a svegliarsi e che si stavano stiracchiando sepolti sotto le lenzuola<br />

e che non avevano altro a cui pensare, per fortuna loro. E, seduto alla<br />

fermata dell’onibus, gli cadde per un paio di volte la testa sul petto sp<strong>in</strong>ta<br />

giù dal sonno, mentre sfilavano con l’avanti veloce i carioca che si sbrigavano<br />

ad andare al lavoro, le donne con le sporte della spesa ancora vuote, i<br />

bamb<strong>in</strong>i con le cartelle, i bamb<strong>in</strong>i con la guardia del corpo, i vend<strong>it</strong>ori ambulanti,<br />

i taxisti frenetici, il traffico che abbracciava le strade e che sfrecciava<br />

ai semafori e svoltava agli angoli ad un r<strong>it</strong>mo <strong>in</strong>cessante e sostenuto, tanto<br />

veloce che il sonno di Ericko non riusciva a stargli dietro e gli sembrava<br />

di trovarsi <strong>in</strong> mezzo ad un campo di battaglia o <strong>in</strong> un manicomio all’aperto e<br />

non c’era verso di fermare il caos e la fretta della c<strong>it</strong>tà per potersi riposare<br />

un poco né per poter riconoscere il numero del bus da prendere per tornare<br />

alla tana. Così se ne stette per un’altra mezz’ora abbondante ad aspettare e a<br />

perdere qualche corsa, frastornato dal vociare delle donne di casa, dalle sirene<br />

della polizia e dalle nenie degli accattoni ai semafori, <strong>in</strong>capace di tenere<br />

gli occhi aperti, con la voglia di sdraiarsi lì <strong>in</strong> terra e farsi una sonora dorm<strong>it</strong>a,<br />

ma non c’era verso e qualcuno rideva per qualcosa, una donna scese dal<br />

taxi <strong>in</strong>ciampando e un balordo ubriaco sventrò una cab<strong>in</strong>a del telefono. Poi<br />

Ericko si arrampicò sul primo onibus che era passato e dovette stare <strong>in</strong> piedi<br />

tra un colletto bianco e un surfista mentre una madre l<strong>it</strong>igava con la figlia<br />

per farla stare z<strong>it</strong>ta e un vecchio mangiava un croissant perdendosi le bricio-

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