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www.xos.<strong>it</strong> : 2002 ©© Osvaldo Duilio Rossi : IL FIUME IN GENNAIO : 228<br />
e per la quale aveva prezzolato la sua opera dopo il suo nome, non per il risultato<br />
che aveva o meno ottenuto e neanche per il rimorso che neanche gli<br />
era, neanche m<strong>in</strong>imamente, sorto. Pianse perché – pianse per poco e solo per<br />
poco, giusto il tempo di accorgersi di cosa gli era cap<strong>it</strong>ato, perché, e pianse<br />
anche per questo, si accorse che gli era cap<strong>it</strong>ato più che esserci <strong>in</strong>cappato o<br />
esserselo cercato lui quel mestiere caduto <strong>in</strong> terra sul suo camm<strong>in</strong>o mentre<br />
aveva appena <strong>in</strong>iziato a camm<strong>in</strong>are – pianse perché, solo un attimo per bagnare<br />
gli occhi, aveva scr<strong>it</strong>to e messo <strong>in</strong>sieme <strong>in</strong>formazioni, aveva fatto r<strong>it</strong>occare<br />
le sue <strong>in</strong>formazioni, forse già distorte alla fonte… pianse perché il<br />
lavoro di creare quelle notizie ed anche farle rimaneggiare era stato f<strong>in</strong>e al<br />
mestiere di farlo e non andava oltre il semplice dover svolgere quel comp<strong>it</strong>o<br />
solamente per farlo perché andava fatto. Solo perché ce n’era bisogno, all’<strong>in</strong>terno<br />
di quella rete fatta di maglie che erano altre reti, altre coscienze di<br />
altri uom<strong>in</strong>i, altre strutture preord<strong>in</strong>ate che potevano solo svolgere comp<strong>it</strong>i<br />
che andavano fatti per non far stracciare la tess<strong>it</strong>ura più grande, l’<strong>in</strong>treccio di<br />
v<strong>it</strong>e che subivano la stessa alluc<strong>in</strong>azione che abbisognava del sacrificio di<br />
quelle stesse v<strong>it</strong>e per non dissiparsi – un sacrificio lungo tutta una v<strong>it</strong>a e non<br />
solo l’attimo dell’immolazione suicida, bensì un’immolazione eterna. Calato<br />
<strong>in</strong> un mondo f<strong>it</strong>tizio, <strong>in</strong> un universo virtuale, l’uomo si sforza <strong>in</strong> ogni modo<br />
di adattarsi, esplorare e sopravvivere, nonostante sappia che è per il nulla,<br />
come dentro un videogioco o un simulatore/stimolatore, dentro una psicosi,<br />
dietro una paranoia dig<strong>it</strong>ale, nel mondo f<strong>it</strong>tizio che noi viviamo, il cuore e lo<br />
spir<strong>it</strong>o del computer, il f<strong>in</strong>e ultimo del computer che è quello di mostrare<br />
cose che non esistono se non su di una superficie piana cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a da due dimensioni,<br />
dando nient’altro che l’illusione che ne esistano tre. Io, me e te. E,<br />
uccidendone due, ne resterà soltanto una che rimarrà da sola, come è giusto<br />
che sia e come è naturale per noi tutti esserlo, qui e fuori di qui: soli.<br />
E di nuovo… di nuovo Eumir era tornato… per traverso, di sbieco, tagliando<br />
la l<strong>in</strong>ea che aveva fatto entrare <strong>in</strong> contatto Rodrigo con Vasconcelos,<br />
che era ad un tiro di schioppo da Rio e da Roma, da S<strong>in</strong>gapore, se ci si arrivava<br />
via-rete e r<strong>it</strong>orno, vic<strong>in</strong>a a darci un’occhiata dall’alto, lim<strong>it</strong>andosi a<br />
guardare la rappresentazione grafica da zoomare, se ci si accontentava del<br />
rapporto forn<strong>it</strong>o dai satell<strong>it</strong>i, ad osservare così dall’occhio di una lente sparata<br />
col diaframma tutto aperto da sopra l’atmosfera, oppure a guardare la c<strong>it</strong>tà<br />
dal processore grafico dell’amm<strong>in</strong>istrazione comunale che elaborava una copia<br />
silicon <strong>in</strong> tempo quasi-reale delle strade dei palazzi e delle piazze, di tut-