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banchetto federico II annamaria - ACIT Siracusa

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dall’Asia minore era coltivatain Sicilia già nel X secolo, ed era destinato alla cucina di<br />

corte come cibo di lusso.<br />

Il gusto gastronomico allora vigente prediligeva grandi quantità di carne, soprattutto<br />

cacciagione: cervo al pepe, polli al lardo, pavoni, cigni e airone in salse molto speziate,<br />

oggi stucchevoli al nostro palato; anatre, fagiani, capponi, colombi … sempre ricchi di<br />

spezie e di salse per nascondere gli odori di un’eccessiva frollatura (le tecniche di<br />

conservazione di allora erano piuttosto carenti…).<br />

Il dessert prevedeva pane speziato e dolci al miele; fichi e melagrane (ma la frutta –<br />

come vedremo più avanti - spesso era servita all’inizio del pasto).<br />

Con l’arrivo di Federico <strong>II</strong>, però, la cucina di corte fu rivoluzionata: le carni furono<br />

assolutamente fresche per cui alle spezie si sostituirono le erbe aromatiche, basilico,<br />

salvia, prezzemolo, timo, menta. La frutta di ogni specie, di cui l’isola abbondava,<br />

divenne alimento base su ogni mensa. Un’ultima curiosa notazione: al suo rientro a casa<br />

l’imperatore voleva trovare sempre le violette candite che reputava ricche di poteri<br />

terapeutici e che piluccava mentre accarezzava i suoi falconi.<br />

A tavola, il menù tipico della cucina federiciana, preparato con rara perizia culinaria<br />

da Berardo, il suo cuoco di fiducia dai tempi della Crociata, era servito da flessuose<br />

inservienti arabe.<br />

La cena iniziava con una serie di portate a base d’insalate e frutta, soprattutto agrumi<br />

e uva.<br />

Quindi zuppe di verdura oppure di farro, e creme di cereali, oppure il<br />

"biancomangiare" un pollo ripieno di mandorle, latte e spezie varie.<br />

E ancora, per i ghiotti buongustai del sapore all’agrodolce, selvaggina condita con le<br />

salse ricercate della cucina federiciana, a base di vino, olio, aglio, mollica di pane, uva<br />

acerba e cipolle.<br />

In un angolo del grande tavolo faceva bella mostra di sé il pollo servito con<br />

"l’agliata", e poco distante una grande cesta di vimini con pesce fresco appena pescato,<br />

arricchito con una salsa verde condita con salvia, prezzemolo, timo, aglio e pepe.Infine,<br />

il piatto grosso con cui i commensali si avviavano al termine della ricca cena, l'arrosto<br />

trionfale, il cinghiale catturato il giorno prima nel bosco dell'Incoronata.<br />

E per finire torte salate e dolci, fra i quali molto gustose e apprezzate le frittelle<br />

imperiali a base di formaggio di mucca, chiaro d’uovo, farina, pinoli e uva passa.<br />

Le salse più utilizzate erano quindi l’agresto a base di uva acerba (corrispondente al<br />

nostro salmoriglio) e la camellina: una salsa d’aceto di vino con cannella, zenzero, pepe<br />

e chiodi di garofano.Una salsa tipica della cucina federiciana, fatta in casa, era la<br />

"saracena", a base di uvetta passa, mandorle, aceto e spezie varie, mentre "l’agliata" era<br />

una salsa d’aglio diluita con vino e aceto, innaffiato da un corposo rosso di Troia.<br />

Tra una degustazione e l’altra, piacevole scorreva la conversazione che toccava gli<br />

argomenti più disparati, soprattutto relativi alle vicende imperiali, alle ultime notizie<br />

portate a corte, alle visite compiute dall’Imperatore, agli aggiornamenti sulle guerre in<br />

corso per proteggere i confini. Non era però infrequente che la presenza di musici e<br />

cantori, accompagnati dall’abile vena poetica di poeti di corte, concludesse la serata con<br />

una spensierata serenata.<br />

Queste innovazioni “siciliane” ebbero grande importanza perla nuova civiltà<br />

alimentare dell'Europa tardomedievale che –come afferma Massimo Montanari, uno dei<br />

maggiori studiosi di Storia dell’alimentazione–sotto il profilo più squisitamente<br />

gastronomico aggiunse alle due componenti latina e germanica la tradizione araba, che

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