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Poesie - Paolo Cason

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Il silenzio dopo la "Kasciara della zahma"<br />

Carissimi amici miei, come sempre non ci sono parole per ringraziarvi per i momenti d'allegria che<br />

mi avete, come sempre, donato. Meritereste un grande regalo tutti quanti, nessuno escluso per il<br />

clima di gioia che riuscite a creare in quei giorni. Siete Lontano dagli occhi (ma non dal cuore) e<br />

allora l'unica maniera per farvi un regalo è quello di scrivere qualcosa che mi avete ispirato, delle<br />

parole che mi avete strappato dal cuore. Quando la carovana delle vostre auto ha lasciato Paderno,<br />

io e quei pochi amici rimasti ci siamo guardati in faccia: eravamo commossi e ci sentivamo vuoti. E<br />

in quei momenti così emozionanti, anche uno stupido poeta come me, sa trovare le parole giuste per<br />

rappresentare la malinconia. La poesia s'intitola: Non amo questo silenzio . e a voi la voglio inviare<br />

subito. Vi tocca di diritto leggerla per primi. No, dico: siete stati o no gli ispiratori della poesia?<br />

Allora vi spetta la precedenza assoluta. Franco Macauda<br />

Non amo questo Silenzio<br />

Non amo questo Silenzio<br />

che che dal Monte Grappa scende a valanga<br />

e invade il Parcheggio lasciato vuoto<br />

dalle macchine dei miei amici.<br />

Quelle macchine che,<br />

con le poltrone comode e ripiene d'Affetto<br />

e con il rumore impazzito delle loro marmitte,<br />

mi corteggiavano e m´invitavano a seguirle d´istinto,<br />

ovunque andassero, soddisfacendo il mio bisogno d´Amicizia.<br />

Non amo questo Silenzio<br />

che partorisce ombre di Tristezza<br />

sul Parco e sulle nostre panchine,<br />

dove prima il Sole e la Luna vigilavano<br />

affinché i nostri dolori quotidiani<br />

restassero fuori, per un momento,<br />

dai nostri cuori in odore di felicità.<br />

Non amo questo Silenzio<br />

che, adesso, dall´asfalto si alza come nebbia<br />

e nasconde alla mia vista i visi ormai lontani<br />

dei miei allegri compagni,<br />

allontanando da me il fragore delle loro risa,<br />

che già esce troppo velocemente<br />

Franco Macauda<br />

Ho amato una gazzella<br />

Ho visto un mondo diverso


con i tuoi occhi bellissimi.<br />

Ho palpitato dentro il tuo petto,<br />

ora tumultuoso, ora dolcissimo.<br />

Ho suggerito, ho consigliato...<br />

vivendo la tua vita.<br />

Perché l´ho fatto?<br />

Non avevo capito la tua vera essenza<br />

di gazzella libera in spazi infiniti.<br />

Il tempo è fuggito portandoti con sè :<br />

non ho potuto fermarti .....o non ho saputo.<br />

Talvolta ti sento vicinissima,<br />

i miei pensieri incrociano i tuoi.<br />

Nel buio della mia anima, per un attimo infinito,<br />

si riaccende una calda fiammella.<br />

Ti amerò, mia dolce gazzella,<br />

finchè questa fiammella<br />

non si spegnerà per sempre,con me.<br />

Salvo Grungo<br />

PARLAMI DI OEA,<br />

Or che gli occhi tuoi stanchi e l’ingrigito pelo<br />

ti han concesso il privilegio di rivederla ancora<br />

or che i tuoi passi incerti han calcato riarse vie<br />

e i suoi viali dai nostri agili e lievi passi vissuti<br />

fermandoti sotto gli archi arditi e le persiane sue<br />

a rimirar le foto che ti ho dato per com’era allora<br />

ora che hai fissato le labbra rosse dei suoi tramonti<br />

e i profondi e azzurri occhi del suo cielo e il mare<br />

e le sinuose coste hai sfiorato con sguardo sensuale<br />

tu che carezzato hai le scure chiome delle sue palme<br />

e i dolci datteri suoi ramati che alle labbra mie golose<br />

portavo come furtivi baci di un cupida amante<br />

tu che alle nari hai ancor portato i suoi speziati effluvi<br />

tu che rivisto hai monili arcaici di millenarie mura<br />

come Sabratha e Leptis che Settimio fece magna


tu che di me le hai parlato e del mio amor perenne<br />

le hai detto il mio desio di tornar tra le sue braccia?<br />

perchè or tornato ti avvicini e mi guardi muto?<br />

attendo ansioso, parlami di Oea, è ancora bella?<br />

nuove rughe d’asfalto segnano il levantino volto?<br />

alita ancora il passionale ghibli tra le sue labbra?<br />

parlami di lei e dell’amor che ha per me lontano<br />

il suo desiderio di specchiarsi negli occhi miei!<br />

Ma le crude tue parole profferite per graffiarmi l’anima<br />

rivelan che il mio ricordo in lei ormai è oscuro oblio<br />

e vago è il ricordo mio che ancor le palpita nel cuore<br />

lo so tu menti, geloso di quanto amor ancor ci lega<br />

ma racconta, parlami ancor di Oea, so che mi attende ancora<br />

A Ciro<br />

Rumi<br />

Se penso agli occhi tuoi, azzurri come il cielo,<br />

profondi come il mare che ti ha visto crescere,<br />

dolci come le dune brune di un immenso deserto,<br />

mi dolgo di non averli mai guardati a lungo.<br />

Se penso ai tuoi bianchi capelli, candidi come<br />

foglie argentate al caldo vento mediterraneo,<br />

morbidi come distesa di grano in un fertile campo,<br />

mi dolgo di non averli accarezzati abbastanza.<br />

Se penso alle tue grandi mani, scolpite per te<br />

da un artista d´altri tempi, belle e forti,<br />

delicate come il pane della pace, magiche,<br />

mi dolgo di non averle toccate per dirtelo.<br />

Se penso alla tua voce, amica della mia malinconia,<br />

decisa e calda come il fruscio delle ali di un'aquila,<br />

vibrante, di un uomo saggio e giusto, onesto e vero,<br />

mi dolgo di non averla ascoltata ancora tanto.<br />

Se penso al tuo sorriso, puro come quello di un bimbo,<br />

stimolante e contagioso e pieno di sentimento,<br />

nobile come del pastore alla nascita di un vitello,<br />

mi dolgo al pensiero di non rivederlo più.<br />

Mio dolce fratello, amico della mia fanciullezza,


tu sei vicino al mio cuore più vivo che mai,<br />

e ti sento aleggiare intorno a me, e in ogni passero<br />

che sfiora il mio tetto, veloce e felice.<br />

Ci rivedremo tra le dune del nostro deserto, a giocare<br />

con gli amici di un tempo, a sorridere tra le frasche<br />

delle case popolari, dove le orme della nostra giovinezza<br />

sono ancora lì, e ci aspettano per ridarci la pace.<br />

Ci rivedremo tra le profumate tamerici, tra tortore<br />

e fringuelli, e insieme, prenderemo le mani di mamma,<br />

e le stringeremo come quando eravamo bambini,<br />

e con lei passeremo il fiume che ci porterà alla vita.<br />

Umberto Dama<br />

28 Maggio, 1993<br />

Dentro di me<br />

Cosa ne farò ?<br />

Mi fa soffrire<br />

ma se lo perdessi<br />

non riuscirei a vivere.<br />

E’ ostinatamente vivo<br />

come una tenera piantina<br />

cresciuta su una roccia<br />

a picco sul mare.<br />

L’ho donato a una donna<br />

senza chiedere nulla<br />

ma è stato rifiutato<br />

come una povera cosa<br />

senza alcun valore…..<br />

Ho deciso infine<br />

di tenerlo tutto per me<br />

dentro il mio cuore<br />

finchè questo batterà,<br />

cadenzando la mia vita.<br />

Ecco cosa ne farò<br />

del mio povero Amore.


Salvo Grungo Treviso, 25.12.2006<br />

A mia Madre (Agosto 1970)<br />

Negli occhi di mia madre<br />

ti ho rivista<br />

Tripoli mia dolce<br />

città natia.<br />

Ti ho rivista, nitida, bianca<br />

ma solo per pochi istanti,<br />

quelli dolorosi del distacco,<br />

dell'addio.<br />

.................<br />

Poi gocce lucenti<br />

sono apparse<br />

su quegli occhi stanchi<br />

di donna che sa,<br />

che vorrebbe dire<br />

tante,tante cose<br />

ma non riesce, non può.<br />

Fa niente, mamma<br />

so cosa volevi dirmi :<br />

l'ho visto nei tuoi occhi<br />

e ti ringrazio.<br />

( Salvo Grungo )<br />

VIVILI PER SEMPRE<br />

Ricordi?<br />

Avevi vent’anni,<br />

tanti sogni, pochi soldi,<br />

ma avevi vent’anni…<br />

e tutto era bello !<br />

Perché, dunque,<br />

alla luce del tramonto<br />

vuoi tornare<br />

nella terra natia,<br />

imbelle e deriso ?<br />

Non troverai più


i luoghi fantastici,<br />

il lungomare dove sognare<br />

né il sorriso<br />

di compagni ed amici.<br />

Perché, dunque, se sai<br />

che i ricordi più belli<br />

faranno naufragio<br />

in acque torbide ed ostili?<br />

Vivi ancora, mio caro amico,<br />

nel cuore e nella ragione,<br />

i tuoi splendidi vent’anni !<br />

( Salvo Grungo )<br />

SABBIA<br />

Sulle ali del ghibli<br />

talvolta compari<br />

bionda,impalpabile,<br />

fin quassù<br />

tra verdi, dolci colline<br />

così lontane,così lontane...<br />

per ricordarmi le radici<br />

del mio essere,<br />

della mia infanzia,<br />

della mia giovinezza,<br />

del mio primo amore<br />

per ricordarmi<br />

degli amici perduti.<br />

Ineffabile,beffarda,crudele<br />

ti prego<br />

non valicare il mare<br />

non tornare mai più<br />

tra queste verdi colline<br />

ospitali e generose d'oblio :<br />

non è giusto che vedano<br />

le mie lacrime,silenziose.<br />

S. Grungo


SABBIE<br />

Sabbie calde e lucenti come polveri di stelle cadono sulle mie mani arse dal<br />

sole o come in una clessidra mentre scorre la vita.<br />

Era bello giocare in riva al mare creare castelli immaginari e formine per<br />

donarli a quegli occhi, occhi innocenti di bambine.<br />

Sabbie infinite lontane come deserti senza fine ................. il mio cuore<br />

addolorato cerca nel pugno della mano quel dolce ricordo del mio<br />

paese lontano. Antonella Chiodi<br />

Per rivederti ancora<br />

Là dove il mare insabbia la conchiglia<br />

cullando la duna divenuta riva<br />

vagava il mio sguardo nomade e incerto<br />

e solo la sabbia osservava muta<br />

il doloroso viaggio e l’anelato approdo.<br />

Ora son vecchio, mi affaccio ai ricordi di una vita<br />

son vecchio nelle rughe, cinerei i capelli<br />

son vecchio nelle vene sul dorso delle mani<br />

uomo vissuto attraverso i sentimenti<br />

amante perduto tra le emozioni del passato.<br />

Eri la mia vita, ed io la tua sopravvivenza<br />

sanguina ancora il cuor vessato dall’ingiuria<br />

cercando ancora invano un ultimo rifugio<br />

per ritrovare, della mia terra, gli aspri<br />

odore i volti cari della mia breve infanzia.<br />

Vagano le ombre degli avi ormai lontani e il sorriso di<br />

mio padre, che mi offrì la vita ma che non mi portò mai<br />

via e mi ha lasciato con le braccia<br />

vuote muto testimone di tanta solitudine.<br />

Ed ora brindo a te, terra che non ci sei calda e profumata,<br />

ardente e fragrante ti cerco nel fondo della mia<br />

coppa gli occhi chiusi ,dischiusa la<br />

memoria con membra agili e corvini i miei capelli<br />

percorrerò i lunghi tuoi cammini mi perderò nella<br />

sabbiosa nebbia e gusterò bagnandomi le<br />

labbra l’ultima goccia nel fondo del<br />

bicchiere. Conservata per rivederti ancora<br />

P. C.


La chiesetta di Ain Zara<br />

Alla mia terra<br />

mi mancano gli odori esotici delle tue strade;<br />

mi mancano i tramonti infuocati dietro le palme;<br />

mi manca il tuo mare azzurro;<br />

mi manca il tuo sole;<br />

mi manca il vento del deserto;<br />

mi manca il canto del Muezzin<br />

mi manca la mia casa natia;<br />

mi manca il sorriso di mio padre.<br />

Ti vorrei rivedere per ricordare i momenti felici<br />

e dirti che adesso ti odio perché ho perso tutto.<br />

Vivo solo di ricordi sbiaditi dal tempo<br />

come fotografie ingiallite......<br />

ti odio perché vivo in una città che non è mia<br />

in una terra che non sento mia.<br />

Vivo con la speranza che l'Africa<br />

mi accolga fra le sue braccia.<br />

M.R.T.<br />

Ya Wuled<br />

O bianca chiesetta<br />

Che t'ergi nascosta<br />

dai verdi colori,<br />

dove in fretta la gente<br />

si raccoglie<br />

ai primi albori,<br />

Chiesetta patetica e bianca,<br />

nascosta dalle verdi foglie,<br />

dove la gente, stanca,<br />

trova conforto ai dolori,<br />

la sera, agli estremi chiarori.<br />

(Luisa Macaluso 1951)


"Aprile 1937<br />

Uno sparo e la lepre ferita<br />

celere si defilò oltre il crinale<br />

seguita immantinente dal mio cane.<br />

"Vien qua, Wuled !" -lo chiamai-<br />

"quella nè ora nè mai tu prenderai !"<br />

Ma non mi diede ascolto ed anche lui<br />

rapido sparì sulla collina.<br />

Un cane fantastico era Wuled ,<br />

critico amico senza reticenze :<br />

quando sbagliavo mira ei mi guardava<br />

ed oltre ad esprimere sorpresa<br />

il suo sguardo severo mi sgridava<br />

e poi, per consolarmi, col suo fiuto<br />

lesto una nuova traccia m'indicava.<br />

Quel giorno che la preda oltre il crinale<br />

volle seguire contro il mio parere<br />

ero piuttosto risentito pel suo agire<br />

disubbidiente al solito richiamo<br />

e quando tornò a me scodinzolante<br />

e la preda accanto a me depose<br />

aspettando la solita carezza,<br />

io, ingiusto, lo rimproverai<br />

ed ei umilmente mi baciò le mani<br />

fra scintillanti lacrime d'amore<br />

sorgenti nei suoi dolci occhi buoni.<br />

Antonio Mammone<br />

Ghibly, perchè, ostile, fiammelle ardenti<br />

accendesti alle mie nari<br />

in quell'April lontano<br />

quando, superba, l'Arborea d'argento


SENSO UNICO<br />

entrò nel porto di anelata Oea<br />

e al mio sguardo incantato già appariva<br />

l'alto pennone sul castello turco<br />

col tricolore della Patria mia ?<br />

Eri geloro, di' la verità !<br />

Geloso che io pure<br />

innamorarmi potessi delle dune<br />

che ballerine giocano con te e con il sole,<br />

geloso che io pure come te<br />

potessi addormentarmi fra le palme<br />

e il gorgoglìo delle sorgive gemme<br />

e i melograni carichi di fuoco<br />

nell' oasi cromatica e felice !<br />

Respingermi tentasti<br />

ma io non tornai indietro e ti sfidai<br />

e ti conobbi e diventammo amici<br />

e camminammo insieme quarant'anni<br />

nella di allora dolce Libia amata<br />

e complici restammo<br />

quando l'amore mio impaurito<br />

sentendoti mugghiare nella notte<br />

più si stringeva a me !<br />

Perchè io sapevo che tu non puoi far male !<br />

Perchè come il deserto e come il mare<br />

la primigenia forza sei della natura<br />

e il tuo alito ardente<br />

virile e appassionato<br />

a carezzar le palme è destinato<br />

per approntar il leghby, ch'è ambrosia,<br />

alla silente stanca carovana<br />

e poi, in autunno, i datteri indorare,<br />

il cibo degli dei tuoi creatori.<br />

* (Antonio Mammone)<br />

Vorrei poter tornare ad Ain-Zara<br />

con i miei ragazzi delle elementari<br />

e con essi giocare a rimpiattino,<br />

senza pensieri,<br />

fra un'ora di storia ed una d'italiano.<br />

Vorrei nel ghibly amico ancor volare<br />

come volavo in quella primavera<br />

e addormentarmi fra palme immote<br />

e tamerici in danza<br />

e come allor raggiungere le stelle<br />

ove sognare nella notte arcana !<br />

*


SOGNO e REALTA'<br />

Millanta sono gli anni ormai passati<br />

da quella primavera ad Ain-Zara !<br />

Vorrei tornare indietro<br />

per giocare e sognare<br />

ma la strada a senso unico è per me<br />

in quest'autunno scuro !<br />

Indietro non si torna e corro avanti<br />

veloce, verso il traguardo<br />

senza mai più raggiungere le stelle !<br />

(Antonio Mammone)<br />

Roma, 2002<br />

La Libia "mia" ho stanotte sognato<br />

e d'ingresso al Nefusah l'ardito ciglione<br />

e di Garian, la bella, il vasto altopiano<br />

e la dolce Tigrinna del mio primo amore :<br />

case ridenti in estesa vallata<br />

come grappoli al sole<br />

e campi ubertosi, promesse di vita !<br />

Il Muheziin ho riudito<br />

col ghibly tenzonar sul minareto<br />

per il richiamo lento, modulato<br />

all'ultima preghiera della sera<br />

e la Gazzella mia,<br />

l'illibata fanciulla trepidante<br />

sul mio petto ansante<br />

ha celato il dolce viso come mill'anni fà<br />

sotto gli olivi saggi, centenari la cui ombra<br />

placida benevola accogliente<br />

segreti serbava i baci nostri<br />

tormentosi, struggenti<br />

mentre la luna indiscreta<br />

i suoi raggi filtranti, d'argento<br />

inviava a spiare !<br />

*<br />

Ricordi, Fatmah ?<br />

vorrei sentirti dire come allora<br />

nell'incipiente calda notte arcana:<br />

"Ti amo ya yuny, ti amo ya nary!"<br />

e come allor con te morir d'amore<br />

e poi volare insieme incontro al ghibly<br />

e perderci giocando nel suo ardore .<br />

*<br />

Ma or dove sei tu, tenero fiore,<br />

colto una notte fatata a primavera ?


Ha rispettato il Tempo, l'invìdo Tempo,<br />

crudel nemico di tutto quanto è bello,<br />

il serico velluto di tua pelle<br />

e l'avorio polito del seno tuo sorgente<br />

e il miele della bocca birichina ?<br />

Dillo, mia effimera amante<br />

dillo!<br />

e lo maledirò se esso ha osato<br />

recarti offesa !<br />

* (Antonio Mammone)<br />

Tigrinna 1942<br />

V E R S I N O S T A L G I C I<br />

La mente retrocede nei ricordi, della lontana nostra gioventú<br />

vissuta spensierata sotto un cielo azzurro, unico, lìmpido, terso,<br />

della mia terra dal caldo Ghibli, quali carezze io non sento più<br />

che fine sabbia soffiava, sul calmo mare in cui io ero immerso<br />

Calde notti, miriadi di luccicanti stelle, odor di mare, di pane,<br />

di datteri maturi, suon di tamburi, grati giungean ai nostri sensi;<br />

il fruscio delle palme ondeggianti al vento, sensazioni a noi care,<br />

sapori a couscous, felfell, shai e cacauia, ormai per sempre persi.<br />

Sfogliando un libro, grammatica di lingua araba<br />

ritrovata per caso in alto sull'ultimo scaffale,<br />

inizio a leggere a voce alta alcune parole<br />

Madrasa, Kitab, Jamila, Sadiki, Mahraba,<br />

Ma ecco qualcosa cade rapida e leggera<br />

intravedo nel volo vivaci colori<br />

da terra raccolgo la sottil messaggera<br />

rivive il ricordo di odori e sapori<br />

LA SOTTIL MESSAGGERA<br />

Franco Vecchiettini


dietro ai cari saluti è ritratta<br />

"Sciara Mizran" e nella mente è intatta<br />

Allora rivedo l'enorme magnolia<br />

all'angolo ombrava con lucida foglia<br />

ripenso a Magiar, il mio gran cartolaio<br />

dove a comprar andavo penne e matite<br />

ricordo Ferrante, pasticcere e fornaio<br />

dove acquistavo "Bombe" e pizze assortite<br />

rivedo le mura del grigio istituto<br />

dove ore chino sul banco ho vissuto<br />

poi la nicchia sull'annerito muretto<br />

dove preghiere dei fedeli a Maometto<br />

eran scritte su stoffa, di cera poi gialla<br />

moccoli accesi e voti al Marabutto<br />

rivedo poi i "prof" Taleb, Fintiskj e il caloroso Jalla<br />

e poi D'Anna e la sua signora altera<br />

e poi ancora i compagni Meghnagi, Hassan e il timido Vella<br />

lo scanzonato Cacciatori e la dolce Oi Tuacris,...la più bella<br />

L'allegro Richard erre francese e fascino straniero<br />

e Fabian con gli occhi e il ciuffo dello stesso nero<br />

poi Vandelli, Perri,Mallia e i fratelli Scarpellini<br />

Piero con il contrabbasso, enorme, poggiato sui gradini<br />

e i "giardini" delle Ghiacciaie ombrosi freschi e silenziosi<br />

vi trascorrevo pomeriggi afosi, sui suoi viali, mille passi oziosi<br />

da dove mi inoltravo come in un reticolo, di vicolo in vicolo<br />

all'ombra di bianche mura su strade bagnate da un umido rivolo


di secchi d'acqua lanciata furtiva da porte socchiuse<br />

dove rubavo, leggiadra e guizzante visione di un bianco sorriso<br />

e occhi maliziosi e nerissimi su di cannella un viso<br />

poi proseguivo dove il vicolo si faceva più stretto<br />

orientandomi nel movimentato dedalo simile ad un ghetto<br />

e ancor oggi con la mente, passo dopo passo, lentamente<br />

raggiungo Piazza Italia, tra le sue palme le leonesse avvinte<br />

e al centro dell’ovale zampilla la fontana tondeggiante<br />

ove cavalli con coda di sirena emergon dall’acqua spumeggiante<br />

cammino sotto gli archi altissimi del Banco di Roma<br />

dove sopra bancarelle, mercato vociante di folla ondeggiante<br />

troneggia in alto seduta la statua possente della Dea Roma<br />

E lì mi fermo, spalancati gli occhi della mente<br />

abbacinato da un sole caldo e sfolgorante<br />

a rimira del vecchio castello la cinta imponente<br />

e a dominar la piazza con braccio teso e viso austero<br />

la bronzea statua dell’imperator Settimio Severo<br />

ed allora so, ne sono certo, che un giorno ritornerò davvero<br />

P. <strong>Cason</strong><br />

Il giardino di via Piemonte<br />

Fresco giardino di Via Piemonte<br />

tanto vicino e tanto distante<br />

dall'istituto che ergeva di fronte<br />

sereno rifugio dall’esaminante<br />

primi incontri di adolescente<br />

con il cuore in gola, voce mancante<br />

davanti agli occhi la fanciulla amante<br />

passi perduti, promesse vaganti<br />

baci furtivi, sguardi sognanti<br />

sotto la fitta ombra di foglie lucenti<br />

libri abbandonati su panchine cadenti<br />

il vociar dei passeri, che con voli radenti


al susseguirsi di quei magici momenti<br />

cercano briciole, bacche e sementi<br />

ma di campana trilli, arrivano frequenti<br />

il bidello insiste, sugli elettrici pulsanti<br />

ci voltiamo sgomenti, noi non siam presenti<br />

di corsa in classe, composti e silenti<br />

lui spiega nozioni, formule, elementi<br />

noi siamo fuori con i cuori e le menti<br />

addio fresco giardino di via Piemonte<br />

addio adolescenza, la vita è di fronte<br />

P.<strong>Cason</strong><br />

Ritornerò<br />

".......e lì ritornerò, ne sono certo,<br />

prima che la sabbia della vita,<br />

scorra, fuggendo, dalle mie dita,<br />

e riparerò all'ombra di un muro bianco,<br />

il mio corpo invecchiato e stanco,<br />

solo allora i miei occhi subiranno<br />

l'ultima ferita da quella luce bianca,<br />

e in un lampo vedrò Tripoli,<br />

ultimo pulsare di una vena stanca<br />

e lì riposerà il mio cuore<br />

non più affanni, non più dolore<br />

oro la sabbia, oro il suo colore<br />

mille chili d'oro per ricoprirmi il cuore<br />

l'orecchio accosta a quel muro bianco<br />

sussurrar di voci, a volte un pianto<br />

ascolta di cuore battito o una risata<br />

giusto accompagnar di gioventù beata<br />

che al sole e al ghibli s'era forgiata.<br />

P.<strong>Cason</strong>

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