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Il silenzio dopo la "Kasciara della zahma"<br />
Carissimi amici miei, come sempre non ci sono parole per ringraziarvi per i momenti d'allegria che<br />
mi avete, come sempre, donato. Meritereste un grande regalo tutti quanti, nessuno escluso per il<br />
clima di gioia che riuscite a creare in quei giorni. Siete Lontano dagli occhi (ma non dal cuore) e<br />
allora l'unica maniera per farvi un regalo è quello di scrivere qualcosa che mi avete ispirato, delle<br />
parole che mi avete strappato dal cuore. Quando la carovana delle vostre auto ha lasciato Paderno,<br />
io e quei pochi amici rimasti ci siamo guardati in faccia: eravamo commossi e ci sentivamo vuoti. E<br />
in quei momenti così emozionanti, anche uno stupido poeta come me, sa trovare le parole giuste per<br />
rappresentare la malinconia. La poesia s'intitola: Non amo questo silenzio . e a voi la voglio inviare<br />
subito. Vi tocca di diritto leggerla per primi. No, dico: siete stati o no gli ispiratori della poesia?<br />
Allora vi spetta la precedenza assoluta. Franco Macauda<br />
Non amo questo Silenzio<br />
Non amo questo Silenzio<br />
che che dal Monte Grappa scende a valanga<br />
e invade il Parcheggio lasciato vuoto<br />
dalle macchine dei miei amici.<br />
Quelle macchine che,<br />
con le poltrone comode e ripiene d'Affetto<br />
e con il rumore impazzito delle loro marmitte,<br />
mi corteggiavano e m´invitavano a seguirle d´istinto,<br />
ovunque andassero, soddisfacendo il mio bisogno d´Amicizia.<br />
Non amo questo Silenzio<br />
che partorisce ombre di Tristezza<br />
sul Parco e sulle nostre panchine,<br />
dove prima il Sole e la Luna vigilavano<br />
affinché i nostri dolori quotidiani<br />
restassero fuori, per un momento,<br />
dai nostri cuori in odore di felicità.<br />
Non amo questo Silenzio<br />
che, adesso, dall´asfalto si alza come nebbia<br />
e nasconde alla mia vista i visi ormai lontani<br />
dei miei allegri compagni,<br />
allontanando da me il fragore delle loro risa,<br />
che già esce troppo velocemente<br />
Franco Macauda<br />
Ho amato una gazzella<br />
Ho visto un mondo diverso
con i tuoi occhi bellissimi.<br />
Ho palpitato dentro il tuo petto,<br />
ora tumultuoso, ora dolcissimo.<br />
Ho suggerito, ho consigliato...<br />
vivendo la tua vita.<br />
Perché l´ho fatto?<br />
Non avevo capito la tua vera essenza<br />
di gazzella libera in spazi infiniti.<br />
Il tempo è fuggito portandoti con sè :<br />
non ho potuto fermarti .....o non ho saputo.<br />
Talvolta ti sento vicinissima,<br />
i miei pensieri incrociano i tuoi.<br />
Nel buio della mia anima, per un attimo infinito,<br />
si riaccende una calda fiammella.<br />
Ti amerò, mia dolce gazzella,<br />
finchè questa fiammella<br />
non si spegnerà per sempre,con me.<br />
Salvo Grungo<br />
PARLAMI DI OEA,<br />
Or che gli occhi tuoi stanchi e l’ingrigito pelo<br />
ti han concesso il privilegio di rivederla ancora<br />
or che i tuoi passi incerti han calcato riarse vie<br />
e i suoi viali dai nostri agili e lievi passi vissuti<br />
fermandoti sotto gli archi arditi e le persiane sue<br />
a rimirar le foto che ti ho dato per com’era allora<br />
ora che hai fissato le labbra rosse dei suoi tramonti<br />
e i profondi e azzurri occhi del suo cielo e il mare<br />
e le sinuose coste hai sfiorato con sguardo sensuale<br />
tu che carezzato hai le scure chiome delle sue palme<br />
e i dolci datteri suoi ramati che alle labbra mie golose<br />
portavo come furtivi baci di un cupida amante<br />
tu che alle nari hai ancor portato i suoi speziati effluvi<br />
tu che rivisto hai monili arcaici di millenarie mura<br />
come Sabratha e Leptis che Settimio fece magna
tu che di me le hai parlato e del mio amor perenne<br />
le hai detto il mio desio di tornar tra le sue braccia?<br />
perchè or tornato ti avvicini e mi guardi muto?<br />
attendo ansioso, parlami di Oea, è ancora bella?<br />
nuove rughe d’asfalto segnano il levantino volto?<br />
alita ancora il passionale ghibli tra le sue labbra?<br />
parlami di lei e dell’amor che ha per me lontano<br />
il suo desiderio di specchiarsi negli occhi miei!<br />
Ma le crude tue parole profferite per graffiarmi l’anima<br />
rivelan che il mio ricordo in lei ormai è oscuro oblio<br />
e vago è il ricordo mio che ancor le palpita nel cuore<br />
lo so tu menti, geloso di quanto amor ancor ci lega<br />
ma racconta, parlami ancor di Oea, so che mi attende ancora<br />
A Ciro<br />
Rumi<br />
Se penso agli occhi tuoi, azzurri come il cielo,<br />
profondi come il mare che ti ha visto crescere,<br />
dolci come le dune brune di un immenso deserto,<br />
mi dolgo di non averli mai guardati a lungo.<br />
Se penso ai tuoi bianchi capelli, candidi come<br />
foglie argentate al caldo vento mediterraneo,<br />
morbidi come distesa di grano in un fertile campo,<br />
mi dolgo di non averli accarezzati abbastanza.<br />
Se penso alle tue grandi mani, scolpite per te<br />
da un artista d´altri tempi, belle e forti,<br />
delicate come il pane della pace, magiche,<br />
mi dolgo di non averle toccate per dirtelo.<br />
Se penso alla tua voce, amica della mia malinconia,<br />
decisa e calda come il fruscio delle ali di un'aquila,<br />
vibrante, di un uomo saggio e giusto, onesto e vero,<br />
mi dolgo di non averla ascoltata ancora tanto.<br />
Se penso al tuo sorriso, puro come quello di un bimbo,<br />
stimolante e contagioso e pieno di sentimento,<br />
nobile come del pastore alla nascita di un vitello,<br />
mi dolgo al pensiero di non rivederlo più.<br />
Mio dolce fratello, amico della mia fanciullezza,
tu sei vicino al mio cuore più vivo che mai,<br />
e ti sento aleggiare intorno a me, e in ogni passero<br />
che sfiora il mio tetto, veloce e felice.<br />
Ci rivedremo tra le dune del nostro deserto, a giocare<br />
con gli amici di un tempo, a sorridere tra le frasche<br />
delle case popolari, dove le orme della nostra giovinezza<br />
sono ancora lì, e ci aspettano per ridarci la pace.<br />
Ci rivedremo tra le profumate tamerici, tra tortore<br />
e fringuelli, e insieme, prenderemo le mani di mamma,<br />
e le stringeremo come quando eravamo bambini,<br />
e con lei passeremo il fiume che ci porterà alla vita.<br />
Umberto Dama<br />
28 Maggio, 1993<br />
Dentro di me<br />
Cosa ne farò ?<br />
Mi fa soffrire<br />
ma se lo perdessi<br />
non riuscirei a vivere.<br />
E’ ostinatamente vivo<br />
come una tenera piantina<br />
cresciuta su una roccia<br />
a picco sul mare.<br />
L’ho donato a una donna<br />
senza chiedere nulla<br />
ma è stato rifiutato<br />
come una povera cosa<br />
senza alcun valore…..<br />
Ho deciso infine<br />
di tenerlo tutto per me<br />
dentro il mio cuore<br />
finchè questo batterà,<br />
cadenzando la mia vita.<br />
Ecco cosa ne farò<br />
del mio povero Amore.
Salvo Grungo Treviso, 25.12.2006<br />
A mia Madre (Agosto 1970)<br />
Negli occhi di mia madre<br />
ti ho rivista<br />
Tripoli mia dolce<br />
città natia.<br />
Ti ho rivista, nitida, bianca<br />
ma solo per pochi istanti,<br />
quelli dolorosi del distacco,<br />
dell'addio.<br />
.................<br />
Poi gocce lucenti<br />
sono apparse<br />
su quegli occhi stanchi<br />
di donna che sa,<br />
che vorrebbe dire<br />
tante,tante cose<br />
ma non riesce, non può.<br />
Fa niente, mamma<br />
so cosa volevi dirmi :<br />
l'ho visto nei tuoi occhi<br />
e ti ringrazio.<br />
( Salvo Grungo )<br />
VIVILI PER SEMPRE<br />
Ricordi?<br />
Avevi vent’anni,<br />
tanti sogni, pochi soldi,<br />
ma avevi vent’anni…<br />
e tutto era bello !<br />
Perché, dunque,<br />
alla luce del tramonto<br />
vuoi tornare<br />
nella terra natia,<br />
imbelle e deriso ?<br />
Non troverai più
i luoghi fantastici,<br />
il lungomare dove sognare<br />
né il sorriso<br />
di compagni ed amici.<br />
Perché, dunque, se sai<br />
che i ricordi più belli<br />
faranno naufragio<br />
in acque torbide ed ostili?<br />
Vivi ancora, mio caro amico,<br />
nel cuore e nella ragione,<br />
i tuoi splendidi vent’anni !<br />
( Salvo Grungo )<br />
SABBIA<br />
Sulle ali del ghibli<br />
talvolta compari<br />
bionda,impalpabile,<br />
fin quassù<br />
tra verdi, dolci colline<br />
così lontane,così lontane...<br />
per ricordarmi le radici<br />
del mio essere,<br />
della mia infanzia,<br />
della mia giovinezza,<br />
del mio primo amore<br />
per ricordarmi<br />
degli amici perduti.<br />
Ineffabile,beffarda,crudele<br />
ti prego<br />
non valicare il mare<br />
non tornare mai più<br />
tra queste verdi colline<br />
ospitali e generose d'oblio :<br />
non è giusto che vedano<br />
le mie lacrime,silenziose.<br />
S. Grungo
SABBIE<br />
Sabbie calde e lucenti come polveri di stelle cadono sulle mie mani arse dal<br />
sole o come in una clessidra mentre scorre la vita.<br />
Era bello giocare in riva al mare creare castelli immaginari e formine per<br />
donarli a quegli occhi, occhi innocenti di bambine.<br />
Sabbie infinite lontane come deserti senza fine ................. il mio cuore<br />
addolorato cerca nel pugno della mano quel dolce ricordo del mio<br />
paese lontano. Antonella Chiodi<br />
Per rivederti ancora<br />
Là dove il mare insabbia la conchiglia<br />
cullando la duna divenuta riva<br />
vagava il mio sguardo nomade e incerto<br />
e solo la sabbia osservava muta<br />
il doloroso viaggio e l’anelato approdo.<br />
Ora son vecchio, mi affaccio ai ricordi di una vita<br />
son vecchio nelle rughe, cinerei i capelli<br />
son vecchio nelle vene sul dorso delle mani<br />
uomo vissuto attraverso i sentimenti<br />
amante perduto tra le emozioni del passato.<br />
Eri la mia vita, ed io la tua sopravvivenza<br />
sanguina ancora il cuor vessato dall’ingiuria<br />
cercando ancora invano un ultimo rifugio<br />
per ritrovare, della mia terra, gli aspri<br />
odore i volti cari della mia breve infanzia.<br />
Vagano le ombre degli avi ormai lontani e il sorriso di<br />
mio padre, che mi offrì la vita ma che non mi portò mai<br />
via e mi ha lasciato con le braccia<br />
vuote muto testimone di tanta solitudine.<br />
Ed ora brindo a te, terra che non ci sei calda e profumata,<br />
ardente e fragrante ti cerco nel fondo della mia<br />
coppa gli occhi chiusi ,dischiusa la<br />
memoria con membra agili e corvini i miei capelli<br />
percorrerò i lunghi tuoi cammini mi perderò nella<br />
sabbiosa nebbia e gusterò bagnandomi le<br />
labbra l’ultima goccia nel fondo del<br />
bicchiere. Conservata per rivederti ancora<br />
P. C.
La chiesetta di Ain Zara<br />
Alla mia terra<br />
mi mancano gli odori esotici delle tue strade;<br />
mi mancano i tramonti infuocati dietro le palme;<br />
mi manca il tuo mare azzurro;<br />
mi manca il tuo sole;<br />
mi manca il vento del deserto;<br />
mi manca il canto del Muezzin<br />
mi manca la mia casa natia;<br />
mi manca il sorriso di mio padre.<br />
Ti vorrei rivedere per ricordare i momenti felici<br />
e dirti che adesso ti odio perché ho perso tutto.<br />
Vivo solo di ricordi sbiaditi dal tempo<br />
come fotografie ingiallite......<br />
ti odio perché vivo in una città che non è mia<br />
in una terra che non sento mia.<br />
Vivo con la speranza che l'Africa<br />
mi accolga fra le sue braccia.<br />
M.R.T.<br />
Ya Wuled<br />
O bianca chiesetta<br />
Che t'ergi nascosta<br />
dai verdi colori,<br />
dove in fretta la gente<br />
si raccoglie<br />
ai primi albori,<br />
Chiesetta patetica e bianca,<br />
nascosta dalle verdi foglie,<br />
dove la gente, stanca,<br />
trova conforto ai dolori,<br />
la sera, agli estremi chiarori.<br />
(Luisa Macaluso 1951)
"Aprile 1937<br />
Uno sparo e la lepre ferita<br />
celere si defilò oltre il crinale<br />
seguita immantinente dal mio cane.<br />
"Vien qua, Wuled !" -lo chiamai-<br />
"quella nè ora nè mai tu prenderai !"<br />
Ma non mi diede ascolto ed anche lui<br />
rapido sparì sulla collina.<br />
Un cane fantastico era Wuled ,<br />
critico amico senza reticenze :<br />
quando sbagliavo mira ei mi guardava<br />
ed oltre ad esprimere sorpresa<br />
il suo sguardo severo mi sgridava<br />
e poi, per consolarmi, col suo fiuto<br />
lesto una nuova traccia m'indicava.<br />
Quel giorno che la preda oltre il crinale<br />
volle seguire contro il mio parere<br />
ero piuttosto risentito pel suo agire<br />
disubbidiente al solito richiamo<br />
e quando tornò a me scodinzolante<br />
e la preda accanto a me depose<br />
aspettando la solita carezza,<br />
io, ingiusto, lo rimproverai<br />
ed ei umilmente mi baciò le mani<br />
fra scintillanti lacrime d'amore<br />
sorgenti nei suoi dolci occhi buoni.<br />
Antonio Mammone<br />
Ghibly, perchè, ostile, fiammelle ardenti<br />
accendesti alle mie nari<br />
in quell'April lontano<br />
quando, superba, l'Arborea d'argento
SENSO UNICO<br />
entrò nel porto di anelata Oea<br />
e al mio sguardo incantato già appariva<br />
l'alto pennone sul castello turco<br />
col tricolore della Patria mia ?<br />
Eri geloro, di' la verità !<br />
Geloso che io pure<br />
innamorarmi potessi delle dune<br />
che ballerine giocano con te e con il sole,<br />
geloso che io pure come te<br />
potessi addormentarmi fra le palme<br />
e il gorgoglìo delle sorgive gemme<br />
e i melograni carichi di fuoco<br />
nell' oasi cromatica e felice !<br />
Respingermi tentasti<br />
ma io non tornai indietro e ti sfidai<br />
e ti conobbi e diventammo amici<br />
e camminammo insieme quarant'anni<br />
nella di allora dolce Libia amata<br />
e complici restammo<br />
quando l'amore mio impaurito<br />
sentendoti mugghiare nella notte<br />
più si stringeva a me !<br />
Perchè io sapevo che tu non puoi far male !<br />
Perchè come il deserto e come il mare<br />
la primigenia forza sei della natura<br />
e il tuo alito ardente<br />
virile e appassionato<br />
a carezzar le palme è destinato<br />
per approntar il leghby, ch'è ambrosia,<br />
alla silente stanca carovana<br />
e poi, in autunno, i datteri indorare,<br />
il cibo degli dei tuoi creatori.<br />
* (Antonio Mammone)<br />
Vorrei poter tornare ad Ain-Zara<br />
con i miei ragazzi delle elementari<br />
e con essi giocare a rimpiattino,<br />
senza pensieri,<br />
fra un'ora di storia ed una d'italiano.<br />
Vorrei nel ghibly amico ancor volare<br />
come volavo in quella primavera<br />
e addormentarmi fra palme immote<br />
e tamerici in danza<br />
e come allor raggiungere le stelle<br />
ove sognare nella notte arcana !<br />
*
SOGNO e REALTA'<br />
Millanta sono gli anni ormai passati<br />
da quella primavera ad Ain-Zara !<br />
Vorrei tornare indietro<br />
per giocare e sognare<br />
ma la strada a senso unico è per me<br />
in quest'autunno scuro !<br />
Indietro non si torna e corro avanti<br />
veloce, verso il traguardo<br />
senza mai più raggiungere le stelle !<br />
(Antonio Mammone)<br />
Roma, 2002<br />
La Libia "mia" ho stanotte sognato<br />
e d'ingresso al Nefusah l'ardito ciglione<br />
e di Garian, la bella, il vasto altopiano<br />
e la dolce Tigrinna del mio primo amore :<br />
case ridenti in estesa vallata<br />
come grappoli al sole<br />
e campi ubertosi, promesse di vita !<br />
Il Muheziin ho riudito<br />
col ghibly tenzonar sul minareto<br />
per il richiamo lento, modulato<br />
all'ultima preghiera della sera<br />
e la Gazzella mia,<br />
l'illibata fanciulla trepidante<br />
sul mio petto ansante<br />
ha celato il dolce viso come mill'anni fà<br />
sotto gli olivi saggi, centenari la cui ombra<br />
placida benevola accogliente<br />
segreti serbava i baci nostri<br />
tormentosi, struggenti<br />
mentre la luna indiscreta<br />
i suoi raggi filtranti, d'argento<br />
inviava a spiare !<br />
*<br />
Ricordi, Fatmah ?<br />
vorrei sentirti dire come allora<br />
nell'incipiente calda notte arcana:<br />
"Ti amo ya yuny, ti amo ya nary!"<br />
e come allor con te morir d'amore<br />
e poi volare insieme incontro al ghibly<br />
e perderci giocando nel suo ardore .<br />
*<br />
Ma or dove sei tu, tenero fiore,<br />
colto una notte fatata a primavera ?
Ha rispettato il Tempo, l'invìdo Tempo,<br />
crudel nemico di tutto quanto è bello,<br />
il serico velluto di tua pelle<br />
e l'avorio polito del seno tuo sorgente<br />
e il miele della bocca birichina ?<br />
Dillo, mia effimera amante<br />
dillo!<br />
e lo maledirò se esso ha osato<br />
recarti offesa !<br />
* (Antonio Mammone)<br />
Tigrinna 1942<br />
V E R S I N O S T A L G I C I<br />
La mente retrocede nei ricordi, della lontana nostra gioventú<br />
vissuta spensierata sotto un cielo azzurro, unico, lìmpido, terso,<br />
della mia terra dal caldo Ghibli, quali carezze io non sento più<br />
che fine sabbia soffiava, sul calmo mare in cui io ero immerso<br />
Calde notti, miriadi di luccicanti stelle, odor di mare, di pane,<br />
di datteri maturi, suon di tamburi, grati giungean ai nostri sensi;<br />
il fruscio delle palme ondeggianti al vento, sensazioni a noi care,<br />
sapori a couscous, felfell, shai e cacauia, ormai per sempre persi.<br />
Sfogliando un libro, grammatica di lingua araba<br />
ritrovata per caso in alto sull'ultimo scaffale,<br />
inizio a leggere a voce alta alcune parole<br />
Madrasa, Kitab, Jamila, Sadiki, Mahraba,<br />
Ma ecco qualcosa cade rapida e leggera<br />
intravedo nel volo vivaci colori<br />
da terra raccolgo la sottil messaggera<br />
rivive il ricordo di odori e sapori<br />
LA SOTTIL MESSAGGERA<br />
Franco Vecchiettini
dietro ai cari saluti è ritratta<br />
"Sciara Mizran" e nella mente è intatta<br />
Allora rivedo l'enorme magnolia<br />
all'angolo ombrava con lucida foglia<br />
ripenso a Magiar, il mio gran cartolaio<br />
dove a comprar andavo penne e matite<br />
ricordo Ferrante, pasticcere e fornaio<br />
dove acquistavo "Bombe" e pizze assortite<br />
rivedo le mura del grigio istituto<br />
dove ore chino sul banco ho vissuto<br />
poi la nicchia sull'annerito muretto<br />
dove preghiere dei fedeli a Maometto<br />
eran scritte su stoffa, di cera poi gialla<br />
moccoli accesi e voti al Marabutto<br />
rivedo poi i "prof" Taleb, Fintiskj e il caloroso Jalla<br />
e poi D'Anna e la sua signora altera<br />
e poi ancora i compagni Meghnagi, Hassan e il timido Vella<br />
lo scanzonato Cacciatori e la dolce Oi Tuacris,...la più bella<br />
L'allegro Richard erre francese e fascino straniero<br />
e Fabian con gli occhi e il ciuffo dello stesso nero<br />
poi Vandelli, Perri,Mallia e i fratelli Scarpellini<br />
Piero con il contrabbasso, enorme, poggiato sui gradini<br />
e i "giardini" delle Ghiacciaie ombrosi freschi e silenziosi<br />
vi trascorrevo pomeriggi afosi, sui suoi viali, mille passi oziosi<br />
da dove mi inoltravo come in un reticolo, di vicolo in vicolo<br />
all'ombra di bianche mura su strade bagnate da un umido rivolo
di secchi d'acqua lanciata furtiva da porte socchiuse<br />
dove rubavo, leggiadra e guizzante visione di un bianco sorriso<br />
e occhi maliziosi e nerissimi su di cannella un viso<br />
poi proseguivo dove il vicolo si faceva più stretto<br />
orientandomi nel movimentato dedalo simile ad un ghetto<br />
e ancor oggi con la mente, passo dopo passo, lentamente<br />
raggiungo Piazza Italia, tra le sue palme le leonesse avvinte<br />
e al centro dell’ovale zampilla la fontana tondeggiante<br />
ove cavalli con coda di sirena emergon dall’acqua spumeggiante<br />
cammino sotto gli archi altissimi del Banco di Roma<br />
dove sopra bancarelle, mercato vociante di folla ondeggiante<br />
troneggia in alto seduta la statua possente della Dea Roma<br />
E lì mi fermo, spalancati gli occhi della mente<br />
abbacinato da un sole caldo e sfolgorante<br />
a rimira del vecchio castello la cinta imponente<br />
e a dominar la piazza con braccio teso e viso austero<br />
la bronzea statua dell’imperator Settimio Severo<br />
ed allora so, ne sono certo, che un giorno ritornerò davvero<br />
P. <strong>Cason</strong><br />
Il giardino di via Piemonte<br />
Fresco giardino di Via Piemonte<br />
tanto vicino e tanto distante<br />
dall'istituto che ergeva di fronte<br />
sereno rifugio dall’esaminante<br />
primi incontri di adolescente<br />
con il cuore in gola, voce mancante<br />
davanti agli occhi la fanciulla amante<br />
passi perduti, promesse vaganti<br />
baci furtivi, sguardi sognanti<br />
sotto la fitta ombra di foglie lucenti<br />
libri abbandonati su panchine cadenti<br />
il vociar dei passeri, che con voli radenti
al susseguirsi di quei magici momenti<br />
cercano briciole, bacche e sementi<br />
ma di campana trilli, arrivano frequenti<br />
il bidello insiste, sugli elettrici pulsanti<br />
ci voltiamo sgomenti, noi non siam presenti<br />
di corsa in classe, composti e silenti<br />
lui spiega nozioni, formule, elementi<br />
noi siamo fuori con i cuori e le menti<br />
addio fresco giardino di via Piemonte<br />
addio adolescenza, la vita è di fronte<br />
P.<strong>Cason</strong><br />
Ritornerò<br />
".......e lì ritornerò, ne sono certo,<br />
prima che la sabbia della vita,<br />
scorra, fuggendo, dalle mie dita,<br />
e riparerò all'ombra di un muro bianco,<br />
il mio corpo invecchiato e stanco,<br />
solo allora i miei occhi subiranno<br />
l'ultima ferita da quella luce bianca,<br />
e in un lampo vedrò Tripoli,<br />
ultimo pulsare di una vena stanca<br />
e lì riposerà il mio cuore<br />
non più affanni, non più dolore<br />
oro la sabbia, oro il suo colore<br />
mille chili d'oro per ricoprirmi il cuore<br />
l'orecchio accosta a quel muro bianco<br />
sussurrar di voci, a volte un pianto<br />
ascolta di cuore battito o una risata<br />
giusto accompagnar di gioventù beata<br />
che al sole e al ghibli s'era forgiata.<br />
P.<strong>Cason</strong>