Numero 65 Settembre 2008 - Eco della Brigna
Numero 65 Settembre 2008 - Eco della Brigna
Numero 65 Settembre 2008 - Eco della Brigna
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
L<br />
’indomani mattina, la terza, fui svegliato da uno strano<br />
rumore dietro il portone del nostro rifugio.<br />
Non destò in me preoccupazione perché capii subito che<br />
doveva trattarsi di un animale di piccole dimensioni che,<br />
probamente attirato dall’odore dell’ultima scatola di<br />
carne <strong>della</strong> sera prima, graffiava il portone nella speranza<br />
di ricevere qualcosa da mangiare.<br />
Aprii una fessura e un cane si infilò tra le mie gambe scodinzolando.<br />
Definirlo “cane”, quell’essere, era davvero difficile.<br />
Era un cumulo agitato di pelo rossiccio. Il muso schiacciato<br />
come se gli si fosse ritirato in seguito ad un urto<br />
violento. Le orecchie talmente piccole da ridursi quasi a<br />
due fori ai lati <strong>della</strong> testa. Senza coda e con una lingua<br />
lunghissima che gli penzolava, lateralmente, dalla bocca,<br />
trattenuta dal canino di destra <strong>della</strong> mandibola inferiore.<br />
Non potevo credere quant’era brutto. Sembrava che Madre<br />
Natura, in un attimo di distrazione, avesse preso le molecole<br />
che lo costituivano e le avesse mescolate alla rinfusa.<br />
Correva, scodinzolando, percorrendo velocissimamente<br />
il breve tratto che separava me da Ragazza.<br />
Lei sorrise e io, dopo tanto tempo che non lo facevo,<br />
esplosi in una fragorosa risata.<br />
“Vieni qua”, dissi piegandomi sulle gambe. Mi si avvicinò<br />
e mi leccò una mano. Lo accarezzai e mi resi conto che,<br />
nonostante le apparenze, era un cane molto robusto. Sotto<br />
le dita potei percepire le sue fasce muscolari dure, tese.<br />
Vittoriano Gebbia<br />
I suoi occhi<br />
Seconda puntata<br />
“La natura non ha curato molto il tuo aspetto” continuai.<br />
Presi la scatola di carne che avevo aperto la sera prima e<br />
gliela misi davanti.<br />
La ripulì con quella sua lingua smisurata e mi si accucciò<br />
ai piedi.<br />
“Bisognerà trovarti un nome. Ma sei un coso talmente<br />
brutto… Sì, sei proprio un coso… Coso…, ecco come ti<br />
chiamerò. Che ne pensi, Ragazza?”<br />
Annuì divertita. Coso entrò a pieno titolo a far parte del<br />
nostro gruppo che senza dubbio era diventato ben assortito:<br />
un disertore, una ragazza ferita e un ibrido di cane.<br />
Sarà stato brutto, Coso, ma aveva, indiscutibilmente,<br />
un’intelligenza abbastanza sviluppata.<br />
Senza dubbio era più bravo lui a capire me che io lui.<br />
Pensai a Igor, al campo base. Era un magnifico Pastore<br />
Tedesco. Si aggirava per il campo, fra noi soldati, con un<br />
portamento nobile. Non si avvicinava troppo, non amava<br />
le carezze. Ma non aveva personalità. Era solo un bel<br />
cane, senza carattere. Era come una bella donna senza<br />
cervello, come uno squallido regalo confezionato in una<br />
magnifica scatola, come un bicchiere di vino andato a<br />
male dal colore caldo di un rosso corposo.<br />
Coso no. Lui era tutto temperamento e briosità, era tutta<br />
sostanza. Lui era, senza bisogno di apparire. Mi resi<br />
conto che in lui avrei avuto un amico fedele.<br />
Era trascorsa la mattinata, il sole, alto, filtrava dentro la<br />
e9