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Numero 65 Settembre 2008 - Eco della Brigna

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e12<br />

Vittoriano Gebbia<br />

gelo bianco <strong>della</strong> notte.<br />

Ciuffi d’erba cristallizzata bucavano il manto bianco e,<br />

riscaldati dal sole, si riempivano di goccioline trasparenti.<br />

Coso era l’unico che non riusciva a stare al passo con gli<br />

altri. La sua esuberanza lo faceva andare avanti e indietro<br />

senza fermarsi, ma mi teneva sempre sott’occhio.<br />

Fra le due file di uomini passavano sempre più spesso<br />

camion che trasportavano feriti.<br />

“Tenè”, sentii improvvisamente e dal camion appena<br />

passato vidi la sua faccia.<br />

Uscii dalla fila: “Capità”, urlai.<br />

Capità picchiò con il pugno fortemente sulla sponda<br />

metallica del camion per attirare l’attenzione dell’autista.<br />

“Fermati, soldato”, disse, “abbiamo un amico da far salire”.<br />

Accelerai il passo e raggiunsi il camion.<br />

“Capità…”, dissi, sorridendo, afferrandogli la mano.<br />

“Salta su!”<br />

“Non sono solo, Capità. Ho con me un amico”.<br />

“ Fai salire anche lui”.<br />

Saltai sul camion e fischiai forte. Bastò un solo balzo a<br />

Coso per raggiungermi.<br />

“Che cosa è?” disse Capità ridendo “non dirmi che è un<br />

cane, perché non ci credo!…Ti credevo morto”, continuò.<br />

“Sono sopravvissuto, Capità” e pensai ai miei uomini<br />

morti e la mia espressione si cambiò.<br />

“Bene!” disse Capità, “e allora te ne torni a casa?”<br />

“Spero di poterci arrivare al più presto… E tu… che ci<br />

fai qui?”<br />

Sorridendo, guardò in basso e mi accorsi che non aveva<br />

più la gamba destra.<br />

Restai senza parole. Lo guardai, triste, negli occhi.<br />

“Ehi! Su con la vita!” disse. “Con questa scusa me ne<br />

vado a casa prima. Altrimenti quando mi avrebbe rivisto<br />

mia moglie…? E mio figlio…? Quando mi avrebbe rivisto<br />

mio figlio?”<br />

In quella circostanza ebbi la forza di dire la frase più stupida,<br />

fra le tante che avevo pensato: “Come è successo?”<br />

“Paragrafo 4, art. 12 del manuale del bravo combattente”,<br />

inventò al momento. “Non guardare mai in faccia il<br />

tuo nemico.<br />

Eravamo l’uno di fronte all’altro” continuò “e la canna<br />

del mio fucile era ferma, dritta sulla sua testa. Stavo per<br />

sparare quando la luna, traditrice, illuminò la sua faccia<br />

e scoprii che dentro quella divisa, che non era uguale alla<br />

mia, c’era un uomo. Un uomo che probabilmente, come<br />

me, aveva moglie e figli.<br />

Abbassai il fucile, ma lui non ebbe per me lo stesso<br />

riguardo e mi crivellò la gamba di colpi.”<br />

Il camion procedeva lento verso Sud e io e Capità trascorremmo<br />

un paio di ore a dissertare sulla guerra, come<br />

facevamo quando eravamo al campo.<br />

Improvvisamente mi accorsi che il paesaggio era cambiato.<br />

Un verde intenso di alberi colorava l’aria. Nei campi<br />

sculture di ulivi deformati dagli anni.<br />

Dovevamo essere scesi parecchio perché anche la temperatura<br />

era cambiata.<br />

Il Camion si fermò.<br />

“Capitano”, disse l’autista, “noi adesso andiamo a destra.<br />

Il suo amico viene con noi?”<br />

Capità mi guardò: “Tenè, tu devi andare per la tua strada.<br />

Ti conviene scendere qua”.<br />

Infilò una mano nel tascapane e mi allungò una pagnotta.<br />

Lo abbracciai. Coso saltò giù e lo seguii.<br />

Il camion, lentamente, ripartì.<br />

“Addio, Capità” gridai.<br />

“No, Mario”, mi rispose “no, Capità…, Pasqualino!”.<br />

Divisi la mia pagnotta con Coso. Mangiai pane e lacrime.<br />

Le file di uomini che costeggiavano il sentiero si erano<br />

snellite.<br />

Ci si preparava per la notte e si cominciavano ad accendere<br />

i fuochi.<br />

Io e Coso ci guardavamo in giro per trovare un posto<br />

dove accamparci.<br />

Avevamo lasciato il freddo intenso <strong>della</strong> notte prima e<br />

con il calore di un buon fuoco ci si sarebbe potuto<br />

accampare all’aperto.<br />

Un gruppo di soldati, poco lontano, mi guardava da un<br />

po’. Uno di loro si allontanò dagli altri e, correndo, mi<br />

si presentò:<br />

“Agli ordini, signor tenente”, disse scattando sugli attenti<br />

e battendo i tacchi. “Avremmo il piacere di averla con<br />

noi, nel nostro gruppo, per consumare assieme quel po’<br />

di cibo che abbiamo racimolato”.<br />

Rimase sugli attenti in attesa di una risposta.<br />

“Mi fa piacere unirmi al gruppo”, risposi. “ma se qualcuno<br />

di voi scatta sugli attenti non appena mi avvicino e mi chiama<br />

signor tenente… giuro che gli sparo col mio fucile”.<br />

Rise e si rilassò. Gli strinsi la mano e ci incamminammo<br />

verso gli altri.

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