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Numero 65 Settembre 2008 - Eco della Brigna

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e10<br />

Illustrazioni di Ciro Muscarello<br />

Vittoriano Gebbia<br />

chiesa attraverso le finestre.<br />

Dividemmo in tre lo scarso pranzo di quel giorno.<br />

Avevamo appena finito l’ultima scatola di fagioli e l’ultima<br />

pagnotta. Cominciai a pensare a come procurarmi il<br />

cibo per l’indomani. Ma ora c’era Coso ed io mi sarei<br />

potuto allontanare più tranquillo dal rifugio: Ragazza<br />

avrebbe avuto compagnia e protezione.<br />

Non feci in tempo a concretizzare i miei pensieri che sentii<br />

delle voci lontane che man mano diventavano sempre<br />

più forti.<br />

Si sentivano voci maschili e femminili. Capivo cosa<br />

dicessero e pensai che fosse arrivato il momento di affidare<br />

Ragazza alle cure di una donna.<br />

Mi avvicinai a lei ed ancora una volta il suo sguardo mi<br />

trapassò. “Ragazza…” cominciai. Ma lei aveva già capito.<br />

Sapeva che non sarei potuto rimanere con lei. Mi tese<br />

la mano e le sfiorai le dita.<br />

“Mi chiamo Maria” disse.<br />

Solo in quel momento mi resi conto che non ci eravamo<br />

mai chiamati per nome. Non sapevo come si chiamasse<br />

fino a poco prima di separarci.<br />

“Mario” sussurrai.<br />

Avevamo lo stesso nome e non lo sapevamo.<br />

Raccolsi velocemente le mie cose e le infilai alla rinfusa<br />

nello zaino.<br />

Sbloccai il portone d’ingresso mentre le voci, fuori,<br />

erano talmente vicine da poterle toccare.<br />

Afferrai il fucile e saltai oltre l’altare nascondendomi<br />

dietro un paravento di legno.<br />

“Cosa fai qua, Coso? Va’ via!” sussurrai.<br />

Ma Coso restava fermo, accucciato accanto a me. Gli diedi<br />

un calcio nel tentativo di allontanarlo: se la sarebbe cavata<br />

meglio con Maria, io non avevo più niente da offrirgli.<br />

Non si mosse. Si limitò a ritirare dentro la bocca la lingua<br />

smisurata e ad appoggiare la testa a terra fra le zampe.<br />

Entrarono in chiesa, irruentemente, e la videro.<br />

I due uomini avevano aspetto sofferente, ma dignitoso.<br />

Dai loro visi, incisi dalle rughe, trasparivano la fatica del<br />

lavoro nei campi e le sofferenze di quella guerra che gli<br />

aveva portato via tutto.<br />

Una donna che entrò si avvicinò velocemente a Maria.<br />

“Chi sei? Cosa hai?” disse.<br />

“Maria”, rispose. “Sono stata ferita”.<br />

“Povera ragazza” disse la donna e chiamò ad alta voce:<br />

“Paola!”.<br />

Paola si avvicinò zoppicando. Non disse nulla. Tese, sorridente,<br />

le sue braccia a Maria e la fece sollevare dal<br />

giaciglio. “La guerra è finita!” esclamò.<br />

Ebbi un sussulto, il cuore mi batteva forte… “La guerra<br />

è finita!”. Quelle parole mi risuonavano nella testa confondendomi<br />

al punto da non riuscire a razionalizzare il<br />

da farsi. “La guerra è finita!”.<br />

Ero sul punto di alzarmi ed uscire dal mio nascondiglio,<br />

quando entrarono due soldati.<br />

Avevano la mia stessa divisa, la mia stessa tristezza, la<br />

mia stessa rabbia negli occhi.<br />

Mi vergognai. Ero un disertore. Rimasi nascosto, seduto<br />

per terra, abbracciato al mio fucile.<br />

Un uomo si avvicinò a Maria e, sorreggendola, la condusse<br />

verso l’uscita.<br />

I due soldati confabulavano fra loro ed uno raccontava<br />

all’altro <strong>della</strong> morte di un drappello di uomini sotto le<br />

bombe nemiche.<br />

Capii subito che parlavano dei miei uomini che avevo<br />

abbandonato. Sarei dovuto morire anch’io con loro.<br />

Sdraiarono Maria su un carro sovraccarico all’inverosimile<br />

e trainato da un somaro. Qualcuno borbottò:<br />

“Un’altra bocca da sfamare…” .<br />

Subito dopo un lungo “ah!”, il somaro, svogliatamente,<br />

cominciò a camminare.<br />

Ragazza si volse verso di me e, ancora una volta dal mio<br />

nascondiglio, vidi i suoi occhi neri, profondi. Alzò appena<br />

le dita di una mano in segno di saluto e sparì dietro il<br />

muro arenario.<br />

“Maria”, sussurrai.<br />

Ero consapevole che non l’avrei più rivista.<br />

Rimasi solo, fermo nel mio nascondiglio, a parlare con i<br />

miei pensieri. Non avevo voglia di muovermi.<br />

Continuavano a tornarmi alla mente i miei uomini che<br />

morivano mentre io mi nascondevo.<br />

Non avrei mai voluto abbandonarli, ma gli occhi di lei mi<br />

svegliarono dall’intorpidimento mentale nel quale ero<br />

sprofondato e mi fecero prendere coscienza dell’assurdità<br />

di quella guerra.<br />

Coso mi riportò alla realtà. Leccò la mia mano e mi<br />

strappò un sorriso triste.<br />

“Siamo soli”, dissi, “Ma tu di me che te ne fai?”.<br />

Coso aveva, tuttavia, deciso di dividere con me la sua<br />

esistenza.<br />

Mi alzai e gettai lo zaino sulle spalle in un unico gesto.<br />

Raccolsi il fucile. “Andiamo, Coso”.<br />

E ci avviammo lungo la strada seguendo i solchi lasciati<br />

dal carro.<br />

Camminavo seguendo le linee parallele e mi sembrava

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