Numero 65 Settembre 2008 - Eco della Brigna

Bimestrale di informazione religiosa,
cultura e attualità
Nuova serie - Parrocchia Maria SS. Annunziata
Piazza F. Spallitta - 90030 Mezzojuso (Pa) - Italia - ecobrigna@libero.it
Spedizione in abb. post. art. 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Palermo
Numero 65
Settembre 2008
• Festa della Madonna Assunta • Una Tenda come Casa
• Il restauro della Sacra Famiglia • Viaggio di un Gruppo Scout di Patrasso
• Dalla Sicilia ai Balcani: Campi di Lavoro in Kosovo e Albania • I suoi occhi (2 a puntata)
• Dario iron man • Restauri terminati • Quel sinistroide di Giuseppe • Dar corpo all’ombra

don Enzo Cosentino
editoriale di
Salvaguardia del Creato
e2
Una nuova sobrietà
per abitare la Terra:
è il tema che la Chiesa ha
scelto per la Celebrazione
della Terza Giornata per
la Salvaguardia del
Creato, il primo giorno del mese di
settembre. Le diverse religioni leggono
il Creato come il dono che il
Signore ci ha affidato. “Il Signore Dio
prese l’uomo e lo pose nel giardino di
Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse”
(Gen. 2,15). Nel Creato è il
segno della Benevolenza del Creatore.
“A Dio appartengono i Cieli e la Terra
e la sua Onnipotenza abbraccia tutte le
Sue Creature” (Corano IV sura, vv
126). Il pianeta Terra è la casa che è
stata donata a tutti i popoli per abitarla
responsabilmente, ma oggi essa è
sempre più minacciata da un degrado
di vasta portata. Per custodirne la vivibilità,
siamo chiamati, da veri
Cristiani, ad una “sobrietà intelligente”,
riducendo i consumi ed imparando
a soddisfare in modo razionale i
bisogni della vita individuale e sociale.
Il bel tempo della stagione estiva ci
porta a vivere più a contatto con la
natura. Ed è in tale occasione che ci
accorgiamo come anche il piccolo
angolo di Creato dove abitiamo è sottoposto
a svariate minacce: i nostri
boschi, ogni anno, sono vittime di
incendi; i greti dei torrenti non vengono
puliti; il mare diventa un’immensa
discarica. E, se guardiamo ancora più
vicino, scorgiamo un certo degrado
ambientale anche nel nostro piccolo
paese: la strade poco pulite, i sacchetti
con i rifiuti lasciati agli angoli. Sono
segni del nostro affievolito senso civico
e del poco rispetto per gli spazi
comuni. Non avere rispetto del posto
dove si vive, anzi sporcarlo, è peccato,
è peccato verso Dio, è peccato verso
gli uomini. Assieme, da vera comunità,
dobbiamo adottare nuovi stili di
vita improntati alla sobrietà dei consumi
e alla cura dell’ambiente, cominciando
con piccoli ma significativi
gesti: limitare i consumi di acqua, di
energia elettrica e di carburante; usando
meno l’automobile e modo particolare
attuando la raccolta differenziata.
Il nostro compito di custodi del Creato
è quello di affidarlo nella sua migliore
salute alle giovani generazioni, insegnando
loro a fare altrettanto.
Festa della Madonna Assunta
a Mezzojuso
“Maria l’Assunta in cielu
e di l’Angili adornata,
‘ncoronata fu Regina
della Maestà Divina,
‘ncoronata fu Regina
della Maestà Divina.
E decimila voti lodamu
la nostra Regina
Oggi e sempre sia lodata
Maria l’Assunta Immacolata„
di Francesca Brancato
Mi sembra di entrare
in una sfuocata pellicola
di un famoso film
mentre con la mente ritorno
a questi versi e a quelle mattine
d’estate, quando piccolissima mia
madre mi svegliava all’alba, mi vestiva
in fretta perché fuori ci aspettavano
già le Vicine per fare tutte insieme la
strada “pi a Maronna e ‘Renzia”.
Allora, a dire il vero, mi sembrava un
supplizio tutta quella salita fra il
sonno e il fresco del primo mattino.
Ma agli ultimi gradini il mio umore
migliorava grazie all’eco di chi già in
chiesa cantava il Rosario, e, giunta
infine sul sagrato, mi sentivo felice di
poter dominare con lo sguardo la piazza
ed il resto del paese colto nel suo
risveglio. Finita la Messa, la mia attesa
e quella di qualche altro paziente
bambino veniva premiata col pane
benedetto che padre Pietro non dimenticava
mai di offrirci. Da allora, la
vigilia di ogni primo di agosto mi propongo
di “fare tutta la quindicina
all’Assunta”, salendo di buon mattino
verso la piccola chiesetta della
Madonna dell’Udienza, così come la
devozione popolare del mio paese mi
ha insegnato. Quest’anno però a svegliarmi
non è stato il timido suono
della piccola campana, che dalla
Brigna si diffonde sul paese, ma quello
più chiaro ed intenso di altre, già
sentite nel mese di maggio: le campane
del Santuario di Santa Maria di
Tutte le Grazie. La quindicina in
onore della Pasqua della Madre di
Dio, dal 1 al 15 agosto, è stata celebrata,
infatti, la mattina al Santuario del
Monastero Basiliano, con la recita del

Nella pagina accanto, Solenne Benedizione nella Chiesa di San Nicola; sopra Processione mattutina e Unzione con l’olio della lampada.
Sotto, don Enzo e papàs Marco con i fedeli al termine della Santa Messa celebrata in Via Gessai (foto F. Brancato).
Rosario e la Divina Liturgia officiata
dal parroco papàs Marco alle 06.45, e
nel pomeriggio, alle 18.30, a San
Nicola con il canto della Paraklisis in
onore della Vergine. La novità era
stata preannunciata il 19 luglio, quando
la tela di Celestino Mandalà, collocata
sull’altare e raffigurante la
Madonna con il Bambino in braccio e
San Giuseppe dietro, era stata portata
in processione dalla chiesetta al
Santuario. La decisione di chiudere
momentaneamente la chiesa è sorta in
conseguenza allo suo stato di conservazione,
poiché da anni (lo ricordo io
da bambina!) presenta delle spesse
crepe nella volta e sulle pareti con
grosse macchie di umidità e che quindi
necessita di una ristrutturazione.
Le riflessioni del parroco sulla parola di
Dio, la Benedizione delle primizie dell’uva
nella giornata del 6 agosto, festa
della Metamorfosi del Salvatore, i
Vespri solenni celebrati a San Nicola
nel pomeriggio del 14 agosto, durante i
quali papàs Marco ha celebrato la
Artoklasia ossia la benedizione e la frazione
dei cinque pani e la benedizione
del grano, del vino e dell’olio, l’esposizione
in chiesa dell’ottocentesco simu-
lacro dell’Assunta, posto sull’altare
laterale, sono stati tutti momenti che
hanno impreziosito la celebrazione
della Quindicina, conclusasi nella giornata
del 15 agosto, quando, al termine
della solenne Divina Liturgia delle
06.45, tutti i fedeli presenti hanno innalzato
in coro la Supplica alla Madonna
dell’Udienza, per poi procedere su due
file alla processione del quadro trasferito
dal Santuario alla chiesa di San
Nicola. La gremita partecipazione sia
alle celebrazioni mattutine che a quelle
pomeridiane hanno mostrato ancora
una volta l’intensa devozione che la
comunità di Mezzojuso nutre per la
Madre di Dio, indipendentemente dal
luogo di culto scelto per innalzare ad
Essa le proprie suppliche. Anche i rosari
rionali che hanno riunito vicini di
casa attorno all’immagine della
Vergine, in queste prime sere di agosto,
hanno dato conferma alle parole dell’omelia
del parroco nel giorno della
festa: la volontà dei fedeli devoti alla
Madre di Dio di stareLe sempre vicino
e di farLe da corona, sicuri di trovare
sempre protezione sotto il Suo manto.
e3

e4
Dalla Grecia alla Sicilia
Viaggio di un Gruppo Scout di Patrasso
Gli Scout di Patrasso ed alcuni amici italiani nel Campo allestito a Piana degli Albanesi
Alla ricerca delle radici greche nei paesi Albanesi
come Piana degli Albanesi, Mezzojuso e Palazzo Adriano
Nel pomeriggio di lunedì 4 agosto
le due Parrocchie di Mezzojuso,
hanno ricevuto la visita del Secondo
Gruppo Scout di Patrasso, accompagnato
da alcuni Capi del Gruppo
Piana I. Il gruppo ha visitato il patrimonio
artistico-culturale delle chiese
e dei santuari di Mezzojuso per poi
concludere la serata in compagnia di
don Enzo, papàs Marco e papàs Kola
Ciulla nella Casa di San Giuseppe. Il
Gruppo di Patrasso era costituito da
circa venti ragazzi e da tre Capi:
Victor Stivanakis, Responsabile Scout
per la Regione Peloponneso; Iason
Anagnostopoulos, Responsabile del
Gruppo e Christos Sklivas,
Responsabile dell’organizzazione.
Pubblichiamo di seguito il racconto
dell’esperienza in Sicilia inviataci
dagli amici Scout di Patrasso e la traduzione
a cura di Emanuele Lo Rito.
Afto to kalokeri ke sigekrimena
apo tis 31 Iouliou mehri tis 14
Avgoustou pragmatopiithike episkepsi
ton melon tis defteris omadas Elinon
proskopon apo tin Patra stin Sikelia. I
episkepsi afti perielamvane tin episkepsi
sta horia ton Alvaniton pou
ehoun elinikes rizes “Piana degli
Albanesi, Mezzojuso, Palazzo
Adriano”. Episis pragmatopiithike
kataskinosi stis ohthes tis limnis stin
Piana gia 6 meres. Stin piana i filoksenia
ihe organothi apo tous proskopous
tis piana kai tin eklisia.
Skopos aftis tis episkepsis itan na
dimiourgithoun gefyres epikinonias
ke na anaptihthoun ta kina politistika
stihia pou mas enonoun.Sto plesio
afto i omada ton Elinon proskopon
simetihe stin proini litourgia tis metamorfosis
tou Sotiros pou egine stin
Piana stin eklisia tis Panagias odigitrias
tin opia ektelese o episkopos.
Episis piran meros stin apogevmatini
paraklisi stin Theotoko pou egine sto
Mezzojuso. Gia emas tous Elines itan
poli simantiko na akousoume oti i
litourgia ginete meta apo tosous eones
sta elinika ke oti pola apo ta ethima
ehoun erthi apo ekei. Sta kina politistika
stihia siberilamvanode ta tragoudia,
i vizantini ikonografisi ton eklision
ke i kathimerines sinithies ton
katikon abitanti
I filoxenia itan poli kali ke stin Piana
ke sto Mezzojuso. Me tin politimi voithia
ton proskopon tis Piana pragmatopiisama
ekdromes ke se ala meri tis
Sikelias opos Segesta, Marsala,
Motya, Skopello, Castellamare,
Palermo, Mondello e Monreale. Sto
Mezzojuso o papas Markos ke o pateras
Vitsenjo mas ihan etimasi ena poly
oreo gevma. Ektos ton alon i anthropi
pou mas filoxenisan mas edosan pola
dora ke anamnistika. Apo merias mas
organosame mia elinikh bradia me eliniki
kouzina
I ipodohi ke i filoxenia itan exeretiki
gia afto prepei na efharistisoume
osous mas filoxenisan poles fores afinontas
tis dikes tous doulies gia na
mas boithisoun. Etsi lipon prepi na
poume ena megalo efharisto stous:
Papas Nikola Ciulla, Giorgio Parrino,
Ignazio Cefalia, Assunta Picone,
Giorgio Ciulla, Cosmos, Enrico,
Andrea, Catia, ke oli i ali, pedia ke

antropi, apo ti Piana, apo Mezzojuso
ke Palazzo Adriano pu mas filoksenisane.
Se oli tin kataskinosi ihame mazi
mas tin kiria Louisa Falanga kai ton
Emanuele Lo Rito pou mas voithisan
poli ke ekanan tin dierminia. I kiria
Louiza me tin idiotita tis os kathigitria
kalon tehnon mas ekane ke tin xenagisi.
Prepei na poume ke se aftoys ena
megalo efharisto giati i voithiatous
itan politimi se afti tin episkepsi alla
ke stis ales 2 pou ehoun pragmatopiithi
sto parelthon stin Sikelia. Episis
prepi na efharistisoume ton dimarho
tis Piana gia tin voithia pou mas prosefere.
Kata tin diarkia tis paramonis mas
mazepsame poli iliko fotografiko ke
laografiko to opio tha to parousiasoume
stio panelinio proskopiko politistiko
sinedrio gia na gnorisoun kai ali
afta ta meri
Emis apo merias mas gia na antapodosoume
perimenoume me xara na tous
ipodehtoume stin Elada
ME EKTIMISI
DEFTERO SISTIMA ELINON
PROSKOPON PATRAS
Questa estate, dal 31 luglio fino al
14 agosto, il Secondo Gruppo
Scout di Patrasso ha effettuato un
viaggio in Sicilia.
Questa visita voleva ricercare le radici
greche nei paesi Albanesi come: Piana
degli Albanesi, Mezzojuso e Palazzo
Adriano. Ma nello stesso tempo si è
realizzato, per sei giorni, anche un
campo sulle rive del lago di Piana
degli Albanesi.
A Piana, dell’ospitalità e dell’organizzazione
se ne sono occupati gli scout
di Piana e la Chiesa.
Scopo di questa visita era costruire
ponti di comunicazione per sviluppare
i comuni elementi culturali che ci
uniscono.
Il gruppo degli scout greci ha partecipato
alla liturgia mattutina della
Metamorfosi del Salvatore che si è
celebrata a Piana nella chiesa della
Madonna Odigitria dove ha celebrato
il Vescovo. Inoltre abbiamo partecipato
alla liturgia pomeridiana di
Theotoko celebrata a Mezzojuso.
Per noi greci è stato molto suggestivo
sentire che la liturgia, dopo tanti seco-
li, viene celebrata ancora in lingua
greca, come pure ritrovare elementi
culturali comuni che si riscontrano
nelle canzoni, nelle immagini bizantine
delle chiese e nelle abitudini quotidiane
degli abitanti di questi paesi.
L’accoglienza è stata speciale sia a
Piana, che a Mezzojuso.
Con il prezioso aiuto degli scout di
Piana abbiamo programmato e realizzato
gite anche in altri luoghi della
Sicilia, come: Segesta, Marsala,
Motya, Scopello, Castellamare,
Palermo, Mondello e Monreale.
A Mezzojuso, papàs Marco e padre
Vincenzo ci hanno offerto un’ottima
cena.
Tutte le persone che ci hanno accolto
ci hanno fatto tanti regali e ricordi.
Noi per ricambiare abbiamo organizzato
una serata greca con cucina tipica
della Grecia.
La disponibilità e l’accoglienza è stata
fantastica, per questo vogliamo ringraziare
tutte le persone che ci hanno
ospitato lasciando spesso il loro lavoro
per aiutarci.
Per questo motivo diciamo un grande
grazie a: Papas Nicola Ciulla,
Giorgio Parrino, Ignazio Cefalia,
Assunta Picone, Giorgio Ciulla,
Cosmos, Enrico, Andrea, Catia e tutti
gli altri ragazzi e persone, sia di
Piana, che di Mezzojuso e di Palazzo
Adriano che ci hanno accolto.
Insieme a noi al campo c’erano anche
la sig.ra M. Luisa Falanga ed Emanuele
Lo Rito che ci hanno aiutato molto ed
hanno fatto da interpreti. La sig.ra
Luisa, insegnante di storia dell’arte, ci
ha fatto anche da guida turistica.
Dobbiamo ringraziare anche loro, perché
il loro aiuto è stato prezioso in
questo viaggio, ma anche negli altri
due viaggi che abbiamo fatto in Sicilia
negli anni precedenti.
Inoltre dobbiamo ringraziare il
Sindaco di Piana degli Albanesi per
l’aiuto che ci ha dato.
Durante il nostro soggiorno abbiamo
raccolto molte fotografie e materiale
folkloristico che presenteremo al prossimo
convegno panellenico degli
scout, affinché anche gli altri gruppi
greci possano conoscere questi luoghi.
Noi da parte nostra, per ricambiare, li
aspettiamo con gioia per rivederci in
Grecia.
Con stima
Secondo Gruppo Scout di Patrasso
e5

e6
di Francesca Brancato
Cosa si può regalare ai
giovani di una società
consumistica che offre di
tutto e dove è possibile
avere tutto grazie a quel mezzo che si
chiama denaro? Si può ancora trovare
un dono speciale? Veramente originale?
Che sia personale ma condiviso?
Qualcosa di più prezioso dell’ultimo
frutto della moderna tecnologia o più
accattivante di una vacanza all’ultima
moda? È possibile regalare un’esperienza
unica, densa di amicizia e cooperazione,
di altruismo e solidarietà, di
impegno e divertimento, di commozione
e allegria? I giovani che questa estate
hanno partecipato ai Campi di lavoro
della Caritas possono di certo rispondere
con un deciso ed unanime SI!
Dal 1992 la Caritas diocesana di Piana
degli Albanesi ed il suo direttore, don
Enzo, si sono avventurati nel progetto
dei campi di lavoro estivi nei Balcani,
per favorire l’incontro fra volontari
italiani e la realtà di un Paese alle
prese con la ricostruzione post-bellica.
Un Campo di lavoro condensa in due
settimane un programma ricco ed articolato:
attività ludico-ricreative da
svolgere con i più piccoli; aiuto alle
famiglie; momenti di incontro con
persone emarginate e con chi ad esse
destina il proprio intervento tutto l’anno;
visite ai luoghi più rappresentativi
della storia e delle culture locali ed
una conoscenza sommaria del territo-
foto F. Brancato
rio. A partire dal 2002 il progetto di
tali Campi si è trasformato in una
delle opere-segno per l’Area
Educazione alla Mondialità della
Caritas di Sicilia. E così, quest’anno,
si è giunti al VI Campo di lavoro in
Kossovo, svoltosi dall’8 al 20 luglio
scorso, nel villaggio di Beç, e al I
Campo in Albania, a Perlat- Rrëshen,
dal 7 al 19 agosto.
Fra i nove componenti della
Delegazione Regionale Caritas che,
dopo avere attraversato l’Adriatico e
risalito per il Montenegro, hanno salutato
l’immensa e verde pianura della
neo Repubblica Kossovara, alcuni
volontari in servizio civile presso le
Caritas diocesane, alcuni alla prima
esperienza di volontariato all’Estero,
altri veterani dei Campi, cinque ragazze
e tre ragazzi: l’instancabile
Rossella e la riflessiva Stefania della
Caritas di Palermo, la paziente
Viviana della Caritas di Monreale,
Sara, nostra traduttrice arberëshe,
Gabriele il piccolo del gruppo,

Nella pagina accanto, bambini di Beç; in basso, foto di gruppo con le suore di Perlat.
In questa pagina in alto, i volontari nella casa di accoglienza della Caritas Umbria a Klina.
In basso, bambini in cerchio a Beç e i volontari a Gurez con le Suore Basiliane.
Ci siamo ritrovati come il piccolo nucleo di una nuova famiglia che i diversi incontri ed i vari
eventi vissuti in quelle Terre a poco a poco hanno ampliato
Massimo il superautista, l’insostituibile
Salvatore Bisulca ed io per la
Caritas di Piana degli Albanesi.
Tutta al maschile la squadra della
seconda Delegazione che ad agosto ha
raggiunto la Casa delle Suore
Collegine a Perlat, in Albania:
Adriano, Michelangelo e Gianvito di
Marsala, Pietro della Caritas di
Monreale, Andrea e Salvatore Inguì
per la Caritas di Trapani, Livio di
Caltanissetta e Vincenzo Caritas
Piana. A coordinare ed accompagnare
entrambi i gruppi un vulcano di vitalità,
generosità ed altruismo: don Enzo.
Il caldo, la stanchezza, il sonno, i
quasi 4000 km percorsi si sono
mescolati all’allegria, all’entusiasmo,
alle canzoni italiane ed alle musiche
kossovare mentre scoprivamo come
scorre la vita nei Balcani dai finestrini
del nostro Fiat Ducato. Ci siamo ritrovati
come il piccolo nucleo di una
nuova famiglia che i diversi incontri
ed i vari eventi vissuti in quelle Terre
a poco a poco hanno ampliato. E tanti
sono i ricordi legati a quegli incontri:
l’accoglienza delle Suore Basiliane a
Beç, a Gurez e ad Elbasan; la gioia dei
140 piccoli kossovari accorsi al
Campo, che con i loro sorrisi e la loro
spontaneità hanno dileguato il nostro
imbarazzo dovuto ad una lingua diversa;
la collaborazione a l’amicizia degli
educatori dell’Associazione AVSI;
l’esempio di rispetto reciproco e di
perfetta convivenza tra musulmani e
cristiani testimoniato a Jacova dalla
missione delle Suore Angeliche e
dalla loro scuola dell’infanzia; la
generosità delle famiglie kossovare ed
albanesi che hanno ricambiato l’ospitalità
ricevuta in Italia dalla Caritas di
Piana; il delicato ruolo di mediazione
culturale e sociale svolto dalla Chiesa
locale, dai parroci e dalle Religiose; la
presenza rassicurante dei militari italiani
di Villaggio Italia; l’amore per il
prossimo materializzatosi a Klina
nella Casa di Accoglienza della
Delegazione Caritas Umbria.
In quest’ultima un gruppo di volontari
foto S. Bisulca
e7

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Un Campo di lavoro condensa in due settimane un programma ricco
ed articolato: attività ludico-ricreative da svolgere con i più piccoli;
aiuto alle famiglie; momenti di incontro con persone emarginate.
Sopra, i volontari italiani insieme con giovani kosovari sul battello. In basso, un incontro di calcio
fra italiani ed albanesi a Prosek ed il secondo gruppo di volontari al Santuario di Shen Naum.
italiani, rimasti lì dopo l’emergenza
dei campi profughi, si occupano di
circa 30 bambini che non hanno nessuno:
orfani, abbandonati perché disabili,
poveri, maltrattati.
Il Crocifisso di San Damiano, dai
grandi occhi aperti e dalle braccia spalancate
della piccola cappella, l’ingresso
in cui il cancello non è semplicemente
aperto ma proprio non c’è
‘per indicare che l’accoglienza non
può avere limiti’, come ci spiega
Massimo, Responsabile del Centro,
sono evidenti simboli dello spirito di
fraternità e di amore che alimenta la
vita di questa Casa.
I campi di lavoro di questa estate ci
hanno mostrato, nel loro breve spazio
di tempo, una società che tende al
cambiamento. Un cambiamento però
che non è ancora pieno progresso. Le
piccole contraddizioni della quotidianità
lo dimostrano: le paraboliche sui
tetti e la luce che di frequente va via;
le ciminiere di alcune città modestamente
industrializzate e la strade tortuose
e sterrate per raggiungerle; le
villette perfettamente nuove e pulite
all’esterno, con tanto di giardino ma
incomplete e vuote all’interno; le bandiere
blu della Repubblica Kossovara
ed appesi accanto, i peluches scacciamalocchio
sui balconi; le Mercedes e
la BMW che sfrecciano fra carretti
trainati da minuti asinelli.
Tale cambiamento guarda a quel
modello tipicamente occidentale che
ha come ultima meta la ricchezza e
non il benessere, inteso quest’ultimo
come bene comune, capace di garantire
un equo investimento di risorse e di
mezzi e di favorire un adeguato sviluppo
economico, sociale, infrastrutturale.
L’esperienza vissuta grazie ad
un Campo di lavoro nei Balcani è davvero
un imparagonabile dono. E’ una
vera palestra per allenare i cuori dei
giovani ad una sana cultura del volontariato.
E’ l’occasione di spendersi per
l’altro in un Paese che tormentate
vicissitudini storico-politiche hanno
impoverito. E’ l’opportunità di sperimentare
la propria voglia di servizio.
E’ un viaggio che ciascuno regala a se
stesso alla scoperta di valori autentici.

L
’indomani mattina, la terza, fui svegliato da uno strano
rumore dietro il portone del nostro rifugio.
Non destò in me preoccupazione perché capii subito che
doveva trattarsi di un animale di piccole dimensioni che,
probamente attirato dall’odore dell’ultima scatola di
carne della sera prima, graffiava il portone nella speranza
di ricevere qualcosa da mangiare.
Aprii una fessura e un cane si infilò tra le mie gambe scodinzolando.
Definirlo “cane”, quell’essere, era davvero difficile.
Era un cumulo agitato di pelo rossiccio. Il muso schiacciato
come se gli si fosse ritirato in seguito ad un urto
violento. Le orecchie talmente piccole da ridursi quasi a
due fori ai lati della testa. Senza coda e con una lingua
lunghissima che gli penzolava, lateralmente, dalla bocca,
trattenuta dal canino di destra della mandibola inferiore.
Non potevo credere quant’era brutto. Sembrava che Madre
Natura, in un attimo di distrazione, avesse preso le molecole
che lo costituivano e le avesse mescolate alla rinfusa.
Correva, scodinzolando, percorrendo velocissimamente
il breve tratto che separava me da Ragazza.
Lei sorrise e io, dopo tanto tempo che non lo facevo,
esplosi in una fragorosa risata.
“Vieni qua”, dissi piegandomi sulle gambe. Mi si avvicinò
e mi leccò una mano. Lo accarezzai e mi resi conto che,
nonostante le apparenze, era un cane molto robusto. Sotto
le dita potei percepire le sue fasce muscolari dure, tese.
Vittoriano Gebbia
I suoi occhi
Seconda puntata
“La natura non ha curato molto il tuo aspetto” continuai.
Presi la scatola di carne che avevo aperto la sera prima e
gliela misi davanti.
La ripulì con quella sua lingua smisurata e mi si accucciò
ai piedi.
“Bisognerà trovarti un nome. Ma sei un coso talmente
brutto… Sì, sei proprio un coso… Coso…, ecco come ti
chiamerò. Che ne pensi, Ragazza?”
Annuì divertita. Coso entrò a pieno titolo a far parte del
nostro gruppo che senza dubbio era diventato ben assortito:
un disertore, una ragazza ferita e un ibrido di cane.
Sarà stato brutto, Coso, ma aveva, indiscutibilmente,
un’intelligenza abbastanza sviluppata.
Senza dubbio era più bravo lui a capire me che io lui.
Pensai a Igor, al campo base. Era un magnifico Pastore
Tedesco. Si aggirava per il campo, fra noi soldati, con un
portamento nobile. Non si avvicinava troppo, non amava
le carezze. Ma non aveva personalità. Era solo un bel
cane, senza carattere. Era come una bella donna senza
cervello, come uno squallido regalo confezionato in una
magnifica scatola, come un bicchiere di vino andato a
male dal colore caldo di un rosso corposo.
Coso no. Lui era tutto temperamento e briosità, era tutta
sostanza. Lui era, senza bisogno di apparire. Mi resi
conto che in lui avrei avuto un amico fedele.
Era trascorsa la mattinata, il sole, alto, filtrava dentro la
e9

e10
Illustrazioni di Ciro Muscarello
Vittoriano Gebbia
chiesa attraverso le finestre.
Dividemmo in tre lo scarso pranzo di quel giorno.
Avevamo appena finito l’ultima scatola di fagioli e l’ultima
pagnotta. Cominciai a pensare a come procurarmi il
cibo per l’indomani. Ma ora c’era Coso ed io mi sarei
potuto allontanare più tranquillo dal rifugio: Ragazza
avrebbe avuto compagnia e protezione.
Non feci in tempo a concretizzare i miei pensieri che sentii
delle voci lontane che man mano diventavano sempre
più forti.
Si sentivano voci maschili e femminili. Capivo cosa
dicessero e pensai che fosse arrivato il momento di affidare
Ragazza alle cure di una donna.
Mi avvicinai a lei ed ancora una volta il suo sguardo mi
trapassò. “Ragazza…” cominciai. Ma lei aveva già capito.
Sapeva che non sarei potuto rimanere con lei. Mi tese
la mano e le sfiorai le dita.
“Mi chiamo Maria” disse.
Solo in quel momento mi resi conto che non ci eravamo
mai chiamati per nome. Non sapevo come si chiamasse
fino a poco prima di separarci.
“Mario” sussurrai.
Avevamo lo stesso nome e non lo sapevamo.
Raccolsi velocemente le mie cose e le infilai alla rinfusa
nello zaino.
Sbloccai il portone d’ingresso mentre le voci, fuori,
erano talmente vicine da poterle toccare.
Afferrai il fucile e saltai oltre l’altare nascondendomi
dietro un paravento di legno.
“Cosa fai qua, Coso? Va’ via!” sussurrai.
Ma Coso restava fermo, accucciato accanto a me. Gli diedi
un calcio nel tentativo di allontanarlo: se la sarebbe cavata
meglio con Maria, io non avevo più niente da offrirgli.
Non si mosse. Si limitò a ritirare dentro la bocca la lingua
smisurata e ad appoggiare la testa a terra fra le zampe.
Entrarono in chiesa, irruentemente, e la videro.
I due uomini avevano aspetto sofferente, ma dignitoso.
Dai loro visi, incisi dalle rughe, trasparivano la fatica del
lavoro nei campi e le sofferenze di quella guerra che gli
aveva portato via tutto.
Una donna che entrò si avvicinò velocemente a Maria.
“Chi sei? Cosa hai?” disse.
“Maria”, rispose. “Sono stata ferita”.
“Povera ragazza” disse la donna e chiamò ad alta voce:
“Paola!”.
Paola si avvicinò zoppicando. Non disse nulla. Tese, sorridente,
le sue braccia a Maria e la fece sollevare dal
giaciglio. “La guerra è finita!” esclamò.
Ebbi un sussulto, il cuore mi batteva forte… “La guerra
è finita!”. Quelle parole mi risuonavano nella testa confondendomi
al punto da non riuscire a razionalizzare il
da farsi. “La guerra è finita!”.
Ero sul punto di alzarmi ed uscire dal mio nascondiglio,
quando entrarono due soldati.
Avevano la mia stessa divisa, la mia stessa tristezza, la
mia stessa rabbia negli occhi.
Mi vergognai. Ero un disertore. Rimasi nascosto, seduto
per terra, abbracciato al mio fucile.
Un uomo si avvicinò a Maria e, sorreggendola, la condusse
verso l’uscita.
I due soldati confabulavano fra loro ed uno raccontava
all’altro della morte di un drappello di uomini sotto le
bombe nemiche.
Capii subito che parlavano dei miei uomini che avevo
abbandonato. Sarei dovuto morire anch’io con loro.
Sdraiarono Maria su un carro sovraccarico all’inverosimile
e trainato da un somaro. Qualcuno borbottò:
“Un’altra bocca da sfamare…” .
Subito dopo un lungo “ah!”, il somaro, svogliatamente,
cominciò a camminare.
Ragazza si volse verso di me e, ancora una volta dal mio
nascondiglio, vidi i suoi occhi neri, profondi. Alzò appena
le dita di una mano in segno di saluto e sparì dietro il
muro arenario.
“Maria”, sussurrai.
Ero consapevole che non l’avrei più rivista.
Rimasi solo, fermo nel mio nascondiglio, a parlare con i
miei pensieri. Non avevo voglia di muovermi.
Continuavano a tornarmi alla mente i miei uomini che
morivano mentre io mi nascondevo.
Non avrei mai voluto abbandonarli, ma gli occhi di lei mi
svegliarono dall’intorpidimento mentale nel quale ero
sprofondato e mi fecero prendere coscienza dell’assurdità
di quella guerra.
Coso mi riportò alla realtà. Leccò la mia mano e mi
strappò un sorriso triste.
“Siamo soli”, dissi, “Ma tu di me che te ne fai?”.
Coso aveva, tuttavia, deciso di dividere con me la sua
esistenza.
Mi alzai e gettai lo zaino sulle spalle in un unico gesto.
Raccolsi il fucile. “Andiamo, Coso”.
E ci avviammo lungo la strada seguendo i solchi lasciati
dal carro.
Camminavo seguendo le linee parallele e mi sembrava

che quelle tracce mantenessero un
legame fra me e Maria. Ma presto
ricominciò a nevicare e, mentre le mie
orme diventavano sempre più profonde
sulla neve fresca per poi sparire
alle mie spalle, le rotaie lasciate dal
carro andavano via via sbiadendosi,
fino a non vedersi più.
La notte sopraggiunse inaspettata e
mi sorprese impreparato. Ero su un
sentiero sconosciuto senza riparo e la
neve gelava le mie forze.
Coso si allontanò bruscamente e pensai
di avere perso anche lui. Ma aveva soltanto preso in
mano la situazione. Tornò dopo pochi minuti abbaiando
e saltando. Capii che voleva che lo seguissi.
Correva veloce e io non riuscivo a stargli dietro, ma di
tanto in tanto si fermava ad aspettarmi.
Mi condusse davanti ad un albero gigantesco ai piedi del
quale la natura aveva scolpito un incavo sufficientemente
ampio per ospitare una persona. Mi abbassai e strisciando
riuscii ad entrare e trovare riparo. Coso si acquattò fuori,
ma non sarebbe sopravvissuto al freddo della notte.
“Coso, vieni qua”, dissi.
Non aspettava altro: si infilò nella cavità del grande albero
e mi si accucciò vicino. Ci coprimmo con il mio
pastrano e ci addormentammo anestetizzati dal gelo.
Mi avvicinai a loro e presi
a camminare nella loro
stessa direzione.
“Dove andate?” chiesi ad
un vecchio curvo sul
bastone.
“Verso Sud.”
“Che cercate?” replicai.
“Pace.”
I suoi occhi
I sogni si affollarono nella mia mente,
quella notte.
Sogni di guerra e di morte.
L’alba mi svegliò con un rossore
caldo ed un odore di pigne bruciate.
Coso era uscito prima di me e rincorreva,
divertito, una foglia spostata
dal vento.
Uscii dal ventre dell’albero e raddrizzai
la schiena per rimettere al loro
posto le vertebre anchilosate dalla
cattiva postura della notte.
Lontano, all’orizzonte, fra il fitto
colonnato d’alberi del bosco intravidi un lungo filo di
fumo chiaro.
Ci incamminammo, io e Coso, uno accanto all’altro,
come due vecchi amici, verso quello che sembrava essere
il fuoco di un accampamento.
Camminavamo tranquilli, la guerra era finita.
Mi resi conto che la sera prima, confusi dalla neve che uniformava
il paesaggio, ci eravamo allontanati di poco dal
sentiero principale, quello che collegava l’uno con l’altro
una miriade di paesini, e ci spostammo per seguirlo.
Uomini e donne camminavano parallelamente, in fila
indiana, lungo i bordi del largo sentiero.
Con i visi ossuti e stanchi si muovevano all’unisono
verso la stessa direzione. Gli avevano detto che più a Sud
la guerra non era stata così cattiva.
Avevano poche e povere vettovaglie, zaini sulle spalle,
scatole di cartone, carriole di legno improvvisate; qualche
mulo scheletrico; bambini aggrappati al collo, vecchi
trascinati, donne piangenti, uomini sconfitti.
Mi avvicinai a loro e presi a camminare nella loro stessa
direzione.
“Dove andate?” chiesi ad un vecchio curvo sul bastone.
“Verso Sud.”
“Che cercate?” replicai.
“Pace.”
Al centro del sentiero, fra le due file di uomini, lo spazio
sufficiente per far passare lentamente camion e mezzi di
soccorso.
Cominciai a camminare, in fila indiana, uniformando la
cadenza del mio passo a quella degli altri.
La guerra era andata via, ma non aveva portato con sé la
sua desolazione.
La mattina era assolata e le montagne, lontane, dorate
sulla cresta.
La neve, riscaldata dal sole, si scioglieva velocemente in
mille rivoli d’acqua cristallina.
Gli alberi, aiutati dal vento, si scrollavano di dosso il
e11

e12
Vittoriano Gebbia
gelo bianco della notte.
Ciuffi d’erba cristallizzata bucavano il manto bianco e,
riscaldati dal sole, si riempivano di goccioline trasparenti.
Coso era l’unico che non riusciva a stare al passo con gli
altri. La sua esuberanza lo faceva andare avanti e indietro
senza fermarsi, ma mi teneva sempre sott’occhio.
Fra le due file di uomini passavano sempre più spesso
camion che trasportavano feriti.
“Tenè”, sentii improvvisamente e dal camion appena
passato vidi la sua faccia.
Uscii dalla fila: “Capità”, urlai.
Capità picchiò con il pugno fortemente sulla sponda
metallica del camion per attirare l’attenzione dell’autista.
“Fermati, soldato”, disse, “abbiamo un amico da far salire”.
Accelerai il passo e raggiunsi il camion.
“Capità…”, dissi, sorridendo, afferrandogli la mano.
“Salta su!”
“Non sono solo, Capità. Ho con me un amico”.
“ Fai salire anche lui”.
Saltai sul camion e fischiai forte. Bastò un solo balzo a
Coso per raggiungermi.
“Che cosa è?” disse Capità ridendo “non dirmi che è un
cane, perché non ci credo!…Ti credevo morto”, continuò.
“Sono sopravvissuto, Capità” e pensai ai miei uomini
morti e la mia espressione si cambiò.
“Bene!” disse Capità, “e allora te ne torni a casa?”
“Spero di poterci arrivare al più presto… E tu… che ci
fai qui?”
Sorridendo, guardò in basso e mi accorsi che non aveva
più la gamba destra.
Restai senza parole. Lo guardai, triste, negli occhi.
“Ehi! Su con la vita!” disse. “Con questa scusa me ne
vado a casa prima. Altrimenti quando mi avrebbe rivisto
mia moglie…? E mio figlio…? Quando mi avrebbe rivisto
mio figlio?”
In quella circostanza ebbi la forza di dire la frase più stupida,
fra le tante che avevo pensato: “Come è successo?”
“Paragrafo 4, art. 12 del manuale del bravo combattente”,
inventò al momento. “Non guardare mai in faccia il
tuo nemico.
Eravamo l’uno di fronte all’altro” continuò “e la canna
del mio fucile era ferma, dritta sulla sua testa. Stavo per
sparare quando la luna, traditrice, illuminò la sua faccia
e scoprii che dentro quella divisa, che non era uguale alla
mia, c’era un uomo. Un uomo che probabilmente, come
me, aveva moglie e figli.
Abbassai il fucile, ma lui non ebbe per me lo stesso
riguardo e mi crivellò la gamba di colpi.”
Il camion procedeva lento verso Sud e io e Capità trascorremmo
un paio di ore a dissertare sulla guerra, come
facevamo quando eravamo al campo.
Improvvisamente mi accorsi che il paesaggio era cambiato.
Un verde intenso di alberi colorava l’aria. Nei campi
sculture di ulivi deformati dagli anni.
Dovevamo essere scesi parecchio perché anche la temperatura
era cambiata.
Il Camion si fermò.
“Capitano”, disse l’autista, “noi adesso andiamo a destra.
Il suo amico viene con noi?”
Capità mi guardò: “Tenè, tu devi andare per la tua strada.
Ti conviene scendere qua”.
Infilò una mano nel tascapane e mi allungò una pagnotta.
Lo abbracciai. Coso saltò giù e lo seguii.
Il camion, lentamente, ripartì.
“Addio, Capità” gridai.
“No, Mario”, mi rispose “no, Capità…, Pasqualino!”.
Divisi la mia pagnotta con Coso. Mangiai pane e lacrime.
Le file di uomini che costeggiavano il sentiero si erano
snellite.
Ci si preparava per la notte e si cominciavano ad accendere
i fuochi.
Io e Coso ci guardavamo in giro per trovare un posto
dove accamparci.
Avevamo lasciato il freddo intenso della notte prima e
con il calore di un buon fuoco ci si sarebbe potuto
accampare all’aperto.
Un gruppo di soldati, poco lontano, mi guardava da un
po’. Uno di loro si allontanò dagli altri e, correndo, mi
si presentò:
“Agli ordini, signor tenente”, disse scattando sugli attenti
e battendo i tacchi. “Avremmo il piacere di averla con
noi, nel nostro gruppo, per consumare assieme quel po’
di cibo che abbiamo racimolato”.
Rimase sugli attenti in attesa di una risposta.
“Mi fa piacere unirmi al gruppo”, risposi. “ma se qualcuno
di voi scatta sugli attenti non appena mi avvicino e mi chiama
signor tenente… giuro che gli sparo col mio fucile”.
Rise e si rilassò. Gli strinsi la mano e ci incamminammo
verso gli altri.

Dario Sucato, muscoli d’acciaio e concreta possibilità di diventare
nazionale italiano di braccio di ferro
Dario Sucato nasce a Saronno (Va)
il 13/03/1984. Ha conseguito il
diploma di Perito tecnico-agrario.
Attualmente vive a Mezzojuso, frequenta
la facoltà di Scienze Motorie e
lavora come istruttore di fitness in una
palestra. Dario inizia a gareggiare nel
2003 quando, consigliato da un amico
partecipa ai Campionati Italiani del
2003 svolti a Santa Marinella (Roma),
classificandosi terzo, senza alcuna
esperienza, nella categoria 80 kg esordienti.
Dopo aver partecipato a diverse
gare più o meno importanti ma significative
per quanto riguarda l’allenamento,
le tecniche e le regole da conoscere,
il livello di professionalità ottenuto permetteva
l’accesso ai Campionati
Europei e la conquista del primo posto
al Campionato Internazionale tenutosi a
Toscolano Maderno (BS) sul Lago di
Garda. Questi gli altri traguardi raggiunti:
III° Classificato al X° Campionato del
Mediterraneo nella categoria 80 kg
Senior tenutosi il 23/08/08 a Reggio
Calabria;
I° classificato nella categoria 85 kg
Senior al primo Campionato Regionale
tenutosi a Canicattì (AG);
I° classificato nella categoria 90 kg
Senior al III° Campionato “Sud Italia”
tenutosi a Custonaci (TP) il 07/06 /2008.
Attualmente proseguono gli allenamenti
perché grazie ai successi ottenuti
la S.B.F.I. (Sezione Braccio di Ferro
Italia ) ha deciso di dare la possibilità
a Dario di inserirlo nella Nazionale
Italiana di Braccio di ferro, per poter
partecipare ai Mondiali del 2008, a
condizione che si classifichi tra i primi
tre posti della sua categoria ai
Campionati di braccio di ferro che si
terranno il 18 e 19 Ottobre a Lecco.
Sicuri del suo successo, vi riferiamo, in
conclusione il principio ispiratore dei
buon risultati dello stesso Dario: “Una
delle più importanti funzioni organiche
dell’uomo è il movimento. Un buon
equilibrio tra attività mentale ed attività
fisica è una condizione essenziale
per il benessere individuale. Dal punto
di vista statistico circa due terzi degli
italiani conducono una vita sedentaria
(come chi lavora in ufficio) e molte le
problematiche che interessano gli adulti
e gli anziani di oggi dipendono dalla
ipocinesi o carenza di movimento.
L’attività fisica regolare, che non sia
troppo intensa e saltuaria ma moderata,
frutto di una scelta consapevole e di
abitudini costanti, rappresenta oggi il
modo più naturale, gratificante ed economico
per mantenere lo stato di salute
e di benessere di chi è sano e previene
molte situazioni di malessere. È molto
difficile trovare uno sportivo che soffra
di crisi depressive, ma è vero il contrario.
Consiglio a tutti di fare sport, non
importa quale, anche una semplice corsetta
può svelarsi molto importante per
il nostro stato di salute”.
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e14
Ciro Muscarello e Dino Pinnola
in una delle fasi del restauro
Restauri
terminati
in Parrocchia
Le cappelle
della Sacra Famiglia,
del Crocifisso
e dell’Addolorata,
riportate a nuova luce
Finalmente sono finiti i lavori di
restauro iniziati lo scorso inverno
nella chiesa dell’Annunziata. L’idea è
partita dal parroco don Enzo, ed inizialmente
prevedeva soltanto l’intervento
nella cappella della sacra Famiglia,
visto l’imminente arrivo del trittico
sacro. Successivamente, sulla scia della
differenza tra il vecchio e il nuovo, i
piani sono cambiati e si è pensato di
intervenire anche nelle cappelle del SS.
Crocifisso e dell’Addolorata.
L’impegno assunto si è trasformato in
breve tempo in una sorta di scommessa
con noi stessi e con don Enzo, che non
perdeva tempo per seguire i lavori.
L’occasione è stata propizia, per noi
che stiamo studiando per diventare
futuri restauratori (speriamo!).
Un’esperienza che, al di là dei sacrifici
fatti, ora ci ripaga con grande soddisfazione.
I lavori come si può ben capire,
hanno richiesto oltre che meticolosità,
pazienza da parte nostra e da tutti coloro,
che per mesi hanno partecipato alle
funzioni religiose tra la polvere e gli
strani odori. La cappella della Sacra
Famiglia, presentava un aspetto fatiscente
causato principalmente, dall’umidità
che, scendendo giù dal tetto,
penetra nella volta raggiungendo le
pareti laterali. Inoltre si erano susseguite
varie manomissioni negli anni per
esigenze stilistiche o di gusto, che
hanno mutato l’aspetto originale della
cappella. Gli stucchi presenti, erano
stati ricoperti più volte da mani d’idropittura,
alterando la foglia d’oro sottostante.
Anche l’antico marmorino (polvere
di marmo impastata che una volta
asciutta assume le sembianze delle
lastre di marmo) presente nelle pareti
della cappella risultava danneggiato da
gesso e da idropitture. I lavori sono iniziati
dalla parte alta e cioè dalla volta,
la regione più rovinata e più difficoltosa
dal punto di vista lavorativo, ma gli
interventi di restauro qui eseguiti, sono
stati ripetuti in tutta la cappella. Per
prima cosa sono stati rimossi i vari strati
di stucco dalle pareti che hanno
mostrato un marmorino macchiato,
privo di lucentezza, con crepe molto
accentuate nella volta e buchi causati
da chiodi tappati con cera, si è proseguito
quindi, con il riempimento delle
stesse con gesso di Bologna e con un
successivo rifacimento dell’effetto
marmo; tale operazione non è stata
necessaria invece per le pareti laterali e
per i due piloni verticali che sostengono
l’arco, più omogenei e meno intaccati
dall’umidità. In seguito sono stati
puliti gli stucchi, dall’idropittura
prima, e dalla porporina sottostante
(una vernice color oro) poi, scoprendo
poche tracce d’oro, molto rovinato.
Non è strano che durante tale operazione
molte delle decorazioni si siano
staccate, poiché la vecchia colla aveva
da tempo perso le sue proprietà; quindi,
sono stati riattaccati e ricostruiti quelli
totalmente mancanti come ex novo,
sullo stampo di quelli rimasti. A questo
punto, dopo aver effettuato la preparazione
con bolo armeno, è stata applicata
la foglia di similoro con le tecniche a
missione e a guazzo, che in seguito ad
invecchiamento con oli e pigmenti, ha
ridato splendore e plasticità alla cappella,
che si ora mostra di gusto barocco.
Alcuni dei fondi resi gonfi e friabili
dall’umidità, sui quali sono attaccati
gli stucchi, sono stati sostituiti e dipinti
con pittura acrilica per stucchi, ricreando
un effetto marmo. Le pareti sono
state lucidate con l’applicazione di cera
microcristallina stesa a caldo e frizionata
con panni di lana. Anche l’altare
con il tabernacolo è stato ripulito dalla
cera caduta da antichi candelieri e ceroni
votivi, in particolare il ciborio è stato
ripulito dalla porporina; l’argento preesistente
è stato reintegrato ove necessario
con la tecnica a guazzo e verniciato
con la mecca. Di certo non sono mancate
le sorprese che solo da vicino si
possono gustare, come alcune raffinate

quanto ambigue decorazioni (visto lo
stile baroccheggiante) raffiguranti draghi
(presunte papere) che reggono cesti
di frutta. L’emozione più bella l’abbiamo
avuta il pomeriggio del 28 Febbraio
quando, durante lo scrostamento della
parte interna dell’arco, è apparsa ai
nostri occhi un’incisione in latino
recante il nome del committente, degli
esecutori con tanto di firma e l’anno di
costruzione della cappella, probabilmente
incisa quando ancora l’impasto
era fresco, il testo dice: 1874 Gennaio
Carmelo Razati e Sparacino Giusseppe
Arciprete Giuseppe Siragusa Operes
fidelium, un’opera quindi commissio-
nata dall’Arc. Siragusa, eseguita da
Carmelo Razati e Sparacino Giusseppe
e finanziata dai fedeli devoti al Santo
Patriarca. Documenti dell’archivio parrocchiale
testimoniano la veridicità
della data riportata e l’esistenza dei
personaggi mensionati. La cappella del
SS. Crocifisso ha richiesto di certo
meno tempo e lavoro, vista la semplicità
della stessa. In questo caso più che di
restauro si può parlare di un “abbellimento”
del complesso architettonico,
molte delle decorazioni in gesso, sono
state rivestite con similoro, come le
palmette e i panneggi degli angeli, lo
stemma la corona e le decorazioni che
da essa si dipartono, le cornici che
segnano l’andamento curvilineo del
prospetto e gli stucchi delle colonne a
base quadrata con le relative cornicette
che, erano ricoperte da una carta adesi-
prima dopo
prima
dopo
va color argento ricorrente in tutta la
chiesa. L’intera cappella è stata poi
ridipinta, dopo aver rimosso l’idropittura
preesistente. Simile lavoro è stato
fatto per la cappella dell’Addolorata,
qui le palmette sostenute dagli angeli e
la raggiera dello Spirito Santo erano
già in oro zecchino, si è proceduti quindi
con un riconsolidamento della struttura
in legno con colla di cervione
applicata con siringhe. Per quanto concerne
l’oro zecchino, che era ricoperto
da depositi incoerenti, si è optato per
l’utilizzo di semplice acetone per la
pulizia, onde evitare ulteriori alterazioni
della foglia d’oro. La porta che chiude
la nicchia dove è situata la statua, si
presentava in uno stato di conservazione
precario; la superficie in legno era
ricoperta da una vernice nera di dubbia
natura e l’argento che decora la stessa,
risultava molto danneggiato, in diverse
parti ossidato e privo di meccatura.
Inoltre sono stati riscontrati in diversi
punti, presenze di cera, colata presumibilmente
da antichi candelieri.
Asportando la vernice nera con l’uso
del bisturi e di diluente al nitro, l’aspetto
originale presentava una laccatura
simulante il legno anch’essa molto
danneggiata. Si è intervenuti quindi
con la reintegrazione delle parti mancanti,
con una prima preparazione di
gesso di Bologna e colla di coniglio e
successivamente con l’integrazione
con colori a vernice. Le parti in argento
sono state integrate e verniciate con
la mecca dove necessario. Le foto esaudiscono
più di ogni altro commentano
lo stato finale delle cappelle.
Ringraziamo don Enzo per aver riposto
fiducia nelle nostre capacità, e tutti
coloro che ci hanno consentito di lavorare
nel migliore dei modi. Teniamo a
precisare che i lavori di restauro sono
stati eseguiti a titolo gratuito.
Gli esecutori
Ciro Muscarello, Dino Pinnola
prima
dopo
e15

e16
Quel sinistroide
di Giuseppe
“L’indiscusso santo
degli umili lavoratori era un infaticabile operaio,
che guadagnava il suo pane quotidiano
con il proprio travaglio”
di Carlo Parisi
Le notizie sulla vita di
San Giuseppe sono
poche, ed inoltre in tutti i
Vangeli vengono sempre
descritte le sue azioni, ma non è mai
riportata alcuna sua parola. Ma anche
“senza parlare”, Giuseppe rappresenta
certamente il più autorevole e riconosciuto
santo della storia della Chiesa.
Con il suo silenzioso e saggio atteggiamento
evitò le consuetudini del
tempo, direi quasi, anticipando la
rivoluzione spirituale del Figlio.
Egli, infatti, non condannò l’arcano
concepimento della sua sposa, ed
anche in assenza dell’apparizione
dell’Angelo Gabriele, riporta l’apocrifo,
serbava nella sua mente di far fuggire
Maria, per evitarle la lapidazione.
Con eccessivo coraggio non conformista
e profonda umanità, affrontò un
penoso viaggio per sottoscrivere
Maria, prossima al parto, come sua
legittima sposa, nel censimento ordinato
da Augusto Cesare. Inoltre, con
eroica decisione, non si tirò indietro
dalla fuga in Egitto per salvare da
Erode il figlio non suo.
Ma l’amore, è sempre più grande di
un qualsivoglia regime! Di questo
Giuseppe, certamente ne aveva maturato
l’idea.
A prescindere in ogni modo dalle limitate
informazioni, si può facilmente
dedurre che egli era un uomo di elevata
intelligenza, sia per la libera e consapevole
adesione (non cieca ubbidienza)
ai piani del Signore, sia per il
consacrato amore con il quale si dedicava
alla famiglia, ma anche per l’elevato
talento nell’adoperare la propria
maestria di falegname. In realtà non
risulta ben definito se il mestiere esercitato
fosse quello di falegname; alcuni
studiosi interpretano la definizione
greca di tèkton come carpentiere,
oppure manovale o muratore, e non è
abbastanza chiaro se egli avesse un’attività
propria o se fosse dipendente o
avventizio.
Rimane comunque il semplice fatto
che egli era un infaticabile operaio,
che guadagnava il suo pane quotidiano
con il proprio travaglio. Uno dei
vangeli apocrifi riporta testualmente il
seguente avvenimento, dopo il ritorno
dalla fuga in Egitto: “Ripreso il
mestiere di falegname, con il lavoro

delle sue mani provvedeva il sostentamento.
In conformità a quanto Mosè
aveva una volta ordinato per mezzo di
una legge, egli infatti non ha mai cercato
di vivere sul lavoro degli altri”.
Sembra che il narratore abbia voluto
evidenziare come spesso alcuni uomini
si arricchiscano sul sudore altrui.
Insomma, una storia che si ripete da
secoli: troppi poveri e pochi sfruttatori!
Il colonialismo romano al tempo di
Giuseppe e i poteri imprenditoriali
d’oggi.
Ma Giuseppe già sapeva in cuor suo,
ancor prima che Gesù lo predicasse,
che difficilmente un ricco poteva
entrare nel Regno di Dio!
Rispettoso comunque della legalità,
continuava il suo travaglio, pagando
umilmente le ingiuste tasse che venivano
imposte, non succube del potere
ma cosciente che la dignità dell’uomo
ha origine dall’uomo stesso e viene
dal Signore, e non può essere influenzata
da fattori esterni.
Giuseppe diventa, cosi, l’indiscusso
santo degli umili lavoratori, e viene
addirittura proclamato, nell’anno
1870 da Pio IX, patrono della Chiesa
universale, affermando la sua superiorità
su tutti i santi.
La Chiesa cattolica ricorda il glorioso
patriarca il 19 marzo, e nella memoria
popolare il suo santo nome è spesso
celebrato con banchetti, che almeno
nel recente passato, servivano a sfamare
i più poveri.
Tradizioni modeste per un santo modesto,
grande solo per aver vissuto, la sua
semplice umanità, contro corrente.
Nel 1955 Pio XII istituisce, per il 1°
maggio, la festa di Giuseppe Artigiano
che, forse per santa interferenza, è
integrata ai giorni nostri, dalla cultura
social-comunista, in festa dei lavoratori.
Le due festività si fondono in
un’unica ricorrenza, e con l’omelia del
1° maggio 1968 di Paolo VI, la festa
del lavoro trova ampio spazio nelle
sante celebrazioni della Chiesa, rivendicando
condizioni migliori per il
lavoro e la sacralità dello stesso.
D’altronde, solo la silenziosa operosità
di Giuseppe può conquistare allo stesso
tempo, non solo i cuori dei fedeli
cristiani, ma lo spirito di giustizia di
tutti gli uomini di buona volontà.
Il Saluto della Prof. ssa Fiorella Palumbo,
nuovo Dirigente Scolastico
dell’Istituto Comprensivo “G. Buccola”
Quando Don Enzo Cosentino,
direttore di questo periodico, mi
ha proposto di scrivere un articolo per
presentarmi a questi meravigliosi
paesi, Mezzojuso e Campofelice di
Fitalia, ho pensato che fosse una bellissima
opportunità. Così eccomi qua.
Sono Fiorella Palumbo, nominata
quest’anno per Dirigere l’Istituto
Comprensivo “G. Buccola”. Abito a
Palermo e sono una insegnante di
Lettere. Mi è stato affidato un compito
complesso ma estremamente stimolante,
quello di dare il mio contributo
e fare si che questa scuola possa continuare
a lavorare, offrendo al territorio
una formazione di qualità per i giovani
che saranno la nuova forza del
nostro paese.
Mi sento fortemente coinvolta perché
credo che tutta la scuola, oggi più che
mai, ha un compito di grande importanza:
formare i cittadini di domani. In
questo percorso mi trovo già affianca-
ta dalle amministrazioni comunali di
Mezzojuso, di Campofelice di Fitalia
e dalle forze dell’ordine che mi hanno
già offerto ogni supporto per garantire
un servizio di qualità alle cittadinanze.
Colgo l’occasione per ringraziare i
colleghi, la prof.ssa Carmelina Bova e
il prof. Lucio Vincenzo Granata, che
mi hanno lasciato una bellissima struttura
organizzata e un personale fortemente
motivato; voglio ringraziare
anche tutto il personale della scuola
che mi ha accolto con grande entusiasmo
e disponibilità per una collaborazione
efficace e fattiva. Auspico che la
collaborazione con gli enti territoriali
e locali, possa consentire una risoluzione
di tutti i problemi che ci troveremo
ad affrontare insieme ed auguro a
tutti un anno di grandi risultati.
Il Dirigente Scolastico
Prof. ssa Fiorella Palumbo
e17

ACR
ACR
ACR
ACR
ACR
ACR
ACR
ACR
ACR
ACR
ACR
ACR
e18
Una
Tenda
come
“Casa”
Il Campo Scuola
Diocesano A.C.R.
ha avuto luogo
presso la struttura del
“Borgo della Pace”
in C.da Tumminia
(Villafrati-PA).
dal 21 al 24 Agosto
di Francesco D’Orsa
L
’anno giubilare dedicato a San
Paolo ha segnato quella che per
l’ACR è la “SuPerStrada” che porta a
Gesù e che per compagno di viaggio
ha trovato proprio Paolo in occasione
del tanto atteso quanto meritato
Campo Scuola Diocesano A.C.R.
che ha avuto luogo presso la struttura
del “Borgo della Pace” in C.da
Tumminia (Villafrati-PA).
Il Campo ha avuto inizio giovedì 21
agosto e si è concluso Domenica 24
con la tradizionale Messa insieme alle
famiglie.
Il titolo del campo è stato: “Una tenda
come Casa”.
La Tenda, luogo di ritrovo per l’intero
gruppo di 51 acierrini al termine di
ogni attività, ha ricordato ai Ragazzi il
mestiere manuale di Saulo, quello di
skenopoios, cioè “fabbricatore di
tende” (At 18,3) nella città di Tarso
(Saulo verrà chiamato Paolo,“piccolo”,
dopo la folgorante apparizione di
Gesù sulla via di Damasco, il battesimo
ricevuto da Ananìa e a cominciare
dalla prima spedizione missionaria nel
mondo greco-romano); inoltre, la tenda
ha ricordato pure quella del Popolo di
Israele che portava con se come “dimora
di Dio” tra il popolo eletto.
La “Casa” è quella che con la testimonianza,
la conversione, il martirio
(Paolo, cittadino romano, venne decapitato
nell’anno 64 a Roma, sulla via
Ostiense, nel luogo oggi chiamato “Tre
fontane”), Paolo, che era persecutore
dei Cristiani sulla via di Damasco e che
è poi divenuto “Apostolo delle
genti”, ha costruito e anche
noi oggi costruiamo
con la nostra vita,
mettendoci al servizio
del
Vangelo
n e l l e
nostre
comunità,
facendoci “strumento”, con la chiamata
quotidiana alla santità. Oggi siamo noi
custodi e testimoni di Cristo Gesù,
siamo noi la tenda, siamo noi che insieme
a tutti i battezzati ci facciamo
“Casa” e quindi Chiesa di Dio là dove
viviamo, a scuola, a lavoro, in famiglia,
per strada.
Nei giorni trascorsi al “Borgo della
Pace” i nostri Ragazzi, giunti da
Mezzojuso, Palazzo Adriano e S.
Cristina Gela, hanno imparato a conoscere
Paolo, il loro compagno di viaggio,
in uno spirito di amicizia e di condivisione
tra le tante attività proposte...
Le Olimpiadi 2008 hanno ispirato
Educatori e Ragazzi tra tuffi in piscina
ed interminabili tornei sportivi!
Il servizio reso dai Giovani della
Parrocchia Maria SS. Annunziata di
Mezzojuso, pronti a dare una mano agli
Educatori e ai Ragazzi giunti da diversi
paesi, la guida spirituale di don
Salvatore Ruffino e di don Mario
Bellanca, un fervido lavoro d’èquipe e
la cura educativa da parte degli
Educatori, hanno arricchito questa
esperienza fatta di umile servizio e
amore per la Chiesa che il Signore ci ha
affidato in questa Eparchia e che ancora
una volta ha reso l’estate dei nostri
Ragazzi un “Tempo Eccezionale!”
Tempo per divertirsi, per imparare, per
conoscere sempre più il nostro amico
Gesù!
Un tempo che, come ci ha ricordato
don Mario, ci dice di essere stati “Chiamati
perché Amati”.
Un tempo, per dire con Paolo: “Non
più io, ma Cristo vive in me” (Ga 2,20).

DAR CORPO
ALL’OMBRA
Dal 17 al 25 maggio 2008 , presso
i locali del Castello di Mezzojuso
si è svolta la mostra DAR CORPO
ALL’OMBRA, organizzata
dall’Associazione Culturale
“Prospettive” e patrocinata dal comune
di Mezzojuso.
L’iniziativa che l’Associazione ha
realizzato è frutto della collaborazione
con l’Accademia di Belle Arti di
Palermo, in cui operano diversi docenti
ed artisti che negli anni si sono resi
disponibili nei confronti delle attività
della nostra Associazione. Il tema
scelto è stato quello dell’ombra su cui
già si sono confrontati docenti ed
allievi della suddetta Accademia. La
partecipazione ufficiale dell’Accademia
di Belle Arti di Palermo ha costituito per
noi un vanto e una sfida. L’iniziativa si
è concretizzata in una mostra che è
rimasta aperta per una settimana.
Parallelamente sono state presentate al
pubblico alcuni eventi culturali (proiezioni
video, presentazione al computer,
recital di musiche e poesie, ecc.).
Particolare suggestione ha riscosso tra il
pubblico la domenica 25 maggio il
recital di poesie, brani teatrali e letterari
e musiche della tradizione yiddish:
L’iniziativa che l’Associazione Prospettive ha realizzato è
frutto della collaborazione con l’Accademia di Belle Arti
di Palermo
oltre all’incipit del vangelo di Giovanni,
a testi di Platone, di Sant’Agostino,
della Divina Commedia di Dante siamo
stati catturati dalla poesia di Montale,
Ungaretti, dai drammi di Pirandello e
dalle musiche struggenti e melanconiche
degli ebrei della diaspora, che
hanno subito durante l’ultima guerra
malvagità inenarrabili. (Hava nagila,
Dona dona, etc).
L’iniziativa della mostra ha voluto
rappresentare una prima risposta alle
attese degli artisti manifestate nello
scorso settembre in occasione della
mostra delle opere vincitrici delle otto
estemporanee, promosse dall’associazione
Prospettive. In quella occasione
infatti gli artisti e gli operatori culturali
presenti hanno espresso il bisogno
di incontrarsi, di confrontarsi e pertanto
la presente mostra si pone in continuità
con le otto estemporanee celebrate
dal 1985 al 1996 e con tutta l’attività
artistica che dall’anno della sua
fondazione la nostra associazione ha
particolarmente privilegiato.
Una nota particolarmente positiva è
data dalla partecipazione degli artisti
di Mezzojuso, numerosi e talentuosi:
Nicola Figlia, Enzo Sclafani, Matteo
Cuttitta, Dino Pinnola, Franco
Crispiniano, Giuseppe Divono, Rosa
Caravella, Giusy Corrao.
Ma perché una mostra, un happening,
una settimana dedicata all’ombra?
Perché intanto ci ricorda l’aldilà, il
regno delle ombre, l’impalpabile, l’ineffabile,
l’intangibile, l’irreale, e di conseguenza
tutto ciò che è la nostra destinazione
futura e finale, ma ci rammenta
anche l’effimero di questo mondo.
Il primo pensiero che ci assale pensando
e parlando di ombre è sicuramente
la luce, luce ed ombra, un indissolubile
connubio che è la realtà stessa, fatta
di luce che non potrebbe essere tale se
non fosse in dolce compagnia delle
ombre. Se tutto fosse luce, la luce non
si distinguerebbe dalle tenebre.
L’ombra infatti sta alla luce come il
limite, la fragilità sta all’uomo.
Non bisogna quindi guardare solo alle
ombre o solo alla luce, è nell’intero
che bisogna guardare alla verità e alla
realtà. E’ necessario uno sguardo
sinottico e complessivo, se vogliamo
essere nella strada giusta. La luce non
è identità a se stessa se non per differenza
con l’ombra, con la tenebra.
L’ombra è solo l’altra faccia della
medaglia che ci restituisce il senso
dell’essere, dell’intero, della realtà.
Una realtà complessa, variegata, che
non tollera un approccio ad una sola
dimensione, ma che accetta i tentativi
sinceri di lettura e interpretazione che
sorgono dal profondo del cuore e della
mente e che non si fermano a facili
ricette che possano squadrare e inquadrare
l’animo nostro informe e la
complessità del reale.
Guai a credere che una formula, una
ricetta, una ideologia, una sola interpretazione
possa consegnarci esaustivamente
il “quid” della realtà, il senso
più profondo e conclusivo dell’essere.
Diffidiamo da chi pretende di avere
catturato la verità, ricattandoci e tiranneggiandoci
con il suo supposto possesso.
Facciamo a lui e a tutti i sedicenti
detentori della verità una sonora
pernacchia, perché costui si sta sostituendo
al Padreterno: questa è una
grave bestemmia.
Che ognuno invece faccia lo sforzo di
comprendere il senso della vita e inizi
un percorso che lo porti a dare senso
all’esistenza, alla luce e all’ombra, al
bene e al male, all’essere e all’esserci.
Certo nella nostra terra non possiamo
non confrontarci con un’ombra terribile
che ci offusca la mente, gli occhi
e il cuore e che ci deve spingere a sbarazzarci
di tanta sozzura e di questa
malapianta che uccide, ricatta ed esercita
tanta paura: la organizzazione
mafiosa e la mentalità mafiosa che
presta il liquido amniotico ad essa.
Dobbiamo ritrovare la dignità e la
volontà di ribellarci ad essa e ritrovare
il profumo dei frutti della legalità,
l’odore dei fiori che crescono alla luce
del sole, la fiducia nelle istituzioni
dello stato e nella democrazia, fiduciosi
che, se si rispettano le leggi, i
diritti di tutti, soprattutto dei più
deboli, saranno garantiti.
Roberto Lopes
Associazione “Prospettive”
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Quest’estate gli operai della forestale hanno ristrutturato la cappella dedicata a S.
Barbara, presso il bosco della Ficuzza, che si trovava in stato di abbandono. Si
ringrazia il Sig. Pietro Tavolacci per aver fornito la nuova immagine della Santa.
Nella foto, Pietro Tavolacci e Mario Pecoraro.
OFFERTE RICEVUTE
Manzo Benedetta € 50,00
Battaglia Francesco, U.S.A. € 20,00
Famularo Pietro e Adriana € 50,00
Di Miceli Francesco, Australia $100,00
Lala Francesco, TO € 25,00
N.N., PA € 50,00
Morales Kathy e Martin, USA$ 100,00
Francesco e Giuseppa, USA € 5,00
Falletta Giuseppe e Rita € 5,00
Fina Vincenzo, USA € 40,00
Scarpulla Salvatore, USA $ 50,00
Di Lorenzo Giò, USA $ 50,00
N.N. € 15,00
Cervino F.sco, Saronno VA € 10,00
Perniciaro Cat., Castellanza VA € 25,00
Vassallo Serafino, Legnano € 25,00
Carcello Giuseppe, Castellanza € 25,00
Princiotta Nicola € 20,00
Perniciaro Rosolino, Castellanza € 25,00
Perniciaro Luciano, Legnano € 25,00
Perniciaro Antonino € 50,00
Falletta Giuseppe, USA € 10,00
Bua Salvatore, PA € 20,00
Barcia Pietro, Ribera € 20,00
Canzoneri Anna, Camp. di Fit. € 30,00
Muscarello Salvatore, Brescello € 20,00
Militello Giuseppe, USA € 100,00
Terrano Giuseppe, Pordenone € 15,00
Riolo Gabriel, USA € 10,00
Portoghese Carmelo, Antibes € 30,00
I NUOVI ARRIVATI
GABRIELE BRONZOLINO
di Giovanni e Adriana Achille
SIMONA LO MONTE
di Biagio e Rosalba Lo Gerfo
MIRIAM LAFRANCONI
di Fabio e Giuseppa Melagranato
ELEONORA ZAMBITO
di Salvatore e Patrizia Dragotto
RIPOSANO NEL SIGNORE
ANTONINA SPINOSO
08/04/1930 - 03/07/2008
DOMENICO TANTILLO
10/01/1931 - 09/07/2008
SALVATORE FIGLIA
16/11/1922 - 11/07/2008
VINCENZA GURNERI
28/10/1937 - 12/07/2008
SALVATORE SPITALERI
21/06/1923 - 19/08/2008
MARIA BURRIESCI
24/01/1916 - 23/08/2008
CIRA SCARPULLA
29/10/1928 - 25/08/2008
POESIA
Sugnu ri Menziusu
e mi ni vantu
ri stu paisi
menzu u voscu fabbricatu
la brigna avemu
e puru u foni
e li nostri antenati
macari albanesi foru.
Ora ru mastru campu
vogghiu parrari
ri tutti sti paisi vicini
semu ‘mmiriati
ca sulu a Menziusu
u sapemu fari,
ogni maschira
avi u sovu significatu
io quann’era picciotto
lu carru niscia
e u nannu ri cannalivari cunnucia,
quannu passava pi li strati
purtava allegria,
e ora ca sugnu vecchiu
nenti m’afiru a fari.
E a vuatri picciutteddi d’ora
pi scrittu vu vogghiu lassari
Sta tradizioni avanti aviti a purtari.
Cagnolu, 10 febbraio 2004
(Giammanco Matteo Salvatore)
LAUREE
Il 17 luglio 2008, presso l’Università
degli Studi di Palermo, Caterina Di
Grigoli ha conseguito la laurea in
“Lingue e Culture Moderne” con la
votazione di 110 e lode, discutendo la
tesi “le Chef-d’oeuvre inconnu di
Balzac. Da Conte fantastique a
Catèchisme estètique”, relatrice è
stata la Prof.ssa Annie Brudo.
Il 18 luglio 2008, presso l’Università
degli Studi di Palermo, Francesco
D’Orsa ha conseguito la laurea in
“Sviluppo economico e cooperazione
internazionale”, discutendo la tesi “I
programmi di lotta alla desertificazione
e la convenzione ONU”, relatore è
stato il Prof. Sergio Cipolla.
Il 25 luglio 2008, presso l’Università
degli Studi di Palermo, Francesco
Pinnola ha conseguito la laurea in
Ingegneria Civile, discutendo la tesi
“Comportamento flessionale di travi
alte in cemento armato”, relatore è
stato il Prof. Giuseppe Campione.
Ai neolaureati i migliori auguri della
redazione.

Caro Don Enzo Cosentino,
vi ringrazio per la spedizione di Eco
della Brigna. Spero che a Mezzojuso
vada tutto bene.
Martino Morales, Austin - USA
Gentilissimo Don Enzo,
le affido queste semplici parole, dettate
dal mio grande dolore, un regalo che io
intendo fare a mio marito e al suo paese,
perché avendo vissuto con lui quasi cinquantacinque
anni, ho capito che
Mezzojuso puoi amarlo, puoi anche a
volte detestarlo ma non puoi ignorarlo.
Con l’espressione sincera della mia
riconoscenza per la sua disponibilità, la
ringrazio e le porgo i miei saluti.
Non so come, non so dove, non so
quando, non so a chi giungeranno queste
mie parole. Ho la sgradevole sensazione
di essere sopravvissuta ad un
cataclisma, e sono china a raccogliere
tra le macerie i ricordi di una vita.
Stranamente il luogo dell’anima, teatro
di questo viaggio nel tempo, non è la
mia città, dove sono nata e dove sono
tornata a vivere ormai da tanti anni, ma
un piccolo paesino dell’entroterra
siculo dove si sono svolti gli avvenimenti
più significativi della mia esistenza:
sì, Mezzojuso. Dentro una scatola,
molto malandata e dimenticata da
anni nel fondo di un armadio, ritrovo i
frammenti di una vita, una storia-non
storia che può interessare solo me. Ma
c’è sempre quel piccolo paese che mi
ruba la scena, sì, sempre Mezzojuso. E
allora non mi rimane che assecondarlo:
è vero, qui sono arrivata, appena
Siamo stati completamente uniti a lui
con una morte simile alla sua, lo saremo
anche con la sua risurrezione. (Rm. 6,5)
I nostri lettori ci scrivono
diciassettenne, fresca di un diploma
magistrale e con tanti sogni nel mio
diario segreto. Adoro i bambini, ma i
miei primi allievi furono degli uomini,
molti dei quali avevano provato gli
orrori di una guerra devastante. Alcuni
di loro avevano sofferto nei campi di
concentramento nazisti, altri avevano
sperimentato i terribili inverni sul fronte
russo, altri ancora il tormento dei
deserti africani. Erano i reduci a cui la
Patria prometteva un posto di lavoro,
ma per ottenerlo bisognava avere un
titolo di studio, la famosa licenza elementare;
così le mani che avevano
maneggiato strumenti di morte tornavano
a tenere in mano la penna, ma
quanta fatica! Io mi sentivo più che la
maestra una figlia, una sorella: mi piaceva
portare a scuola i giornali, le riviste
che ci mettevano in contatto con il
resto del mondo, nel tempo in cui la
televisione non aveva ancora cambiato
le nostre abitudini di vita.
E poi è venuto anche per me il tempo
dell’Amore, e di chi potevo innamorarmi
se non di un giovane di
Mezzojuso? Giovanni, ricordo le tue
serenate cantate con la tua dolcissima
voce. Abbiamo ignorato le critiche dei
falsi perbenismi e un giorno il campanile
dell’Annunziata suonò anche per
la nostra Messa nuziale. Mi rivedo,
felice al tuo fianco, scendere la scalinata
che conduce alla piazza. In questo
paesino sono nati i nostri primi tre
figli; poi la vita e il lavoro ci hanno
portato in giro per la Sicilia. Quattro
sono i figli che il cielo ci ha mandato e
che hanno allietato e movimentato la
nostra vita. Siamo sempre ritornati a
Mezzojuso per varie ricorrenze, avvenimenti
lieti e tristi, e, un giorno dolorosissimo
abbiamo riportato al paese
natio, che lui amava tanto, il nostro
Francesco, portato via da un male che
non perdona. Ora anche tu, Giovanni,
sei ritornato per sempre nel silenzioso,
sereno cimitero di Mezzojuso, e dalle
pagine dell’Eco della Brigna, che per
tanti anni abbiamo letto insieme, giunga
a te l’eco dei nostri ricordi, e la voce
del mio amore che rimane immutabile
al di là della vita. A te, mio carissimo,
ripeto ancora le parole che ti dissi,
quando il tuo caro volto fu sottratto per
sempre alla mia vista: Giovanni, vai
incontro a Francesco e aspettami.
E Mezzojuso? Mezzojuso è rimasto
sempre il luogo dell’anima, il rifugio
nelle immancabili tempeste della vita, il
luogo dove vivono molte delle persone
che amiamo, e dove gli abitanti sono gli
amici di sempre, che ci hanno circondato
di tanto affetto, quando il dolore ha
bussato alla nostra porta. Ancora oggi a
Mezzojuso io mi sento a casa e dico ai
mezzojusari: grazie amici miei; amatelo
il vostro paese perché, ovunque si vada,
per chi è vissuto all’ombra della Brigna
non potrà mai dimenticarlo.
Maria Manzo Divono, Palermo
Carissimo Don Enzo,
siamo sempre contenti di ricevere
l’Eco della Brigna, pieno di belle notizie
che riguardano Mezzojuso. Cordiali
saluti per lei e per tutta la redazione.
Francesco e Antonina Di Miceli
Sydney - Australia
Suor Vittoria Guarnieri riposa nel Signore
“Suor Vittoria è stata di esempio e di
sostegno per la sua fermezza, disponibilità,
e dedizione, specialmente ai piccoli”.
Questa è la testimonianza di chi l’ha
conosciuta da vicino e l’ha stimata per il
suo zelo apostolico e l’amore verso i
bambini, prediletti da Dio, per i quali ha
offerto tutta la sua vita lavorando in
diversi paesi della Calabria, specialmente
ad Acquaformosa (CS), dove ha diretto la
Casa famiglia “Agape”.
E’ entrata a far parte della famiglia
Basiliana il 23 luglio 1953 all’età di 16
anni. Dopo gli studi della scuola magistrale,
di musica e scienze religiose, si
dedicò con entusiasmo alla cura dei
bambini abbandonati e orfani. Aveva a
cuore e promuoveva le tradizioni popolari
dei paesi arberesh dell’Italia meridionale,
Sicilia e Calabria.
Nell’ultimo periodo della sua vita,
segnato dal dolore e dalla malattia, ha
dato testimonianza di grande abbandono
alla volontà di Dio. Consapevole
fino all’ultimo momento, ha voluto
tutte vicine le consorelle per rispondere
ancora una volta alla chiamata dello
Sposo. Il 12 luglio 2008 come una vera
discepola di Cristo e figlia di SdD M.
Macrina è passata nella casa del Padre.
Suor Vittoria Guarneri
Nata a Prizzi (PA) il 28 ottobre 1937
Morta a Mezzojuso il 12 luglio 2008
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BREVIBREVIBREVIBREVIBREVIBREVIBREVIBREVI
LUGLIO
Martedì 1
Secondo giorno per i lavori di consolidamento
speciale del costone della
Brigna. La messa in sicurezza avrà una
durata di circa un anno, assicurando le
parti soggette a frana dando alla fine un
nuovo aspetto a terrazzamento della collina.
Fra i sei operai della ditta
Cruschina Costruzioni srl di Mussomeli,
incaricata dei lavori, vi sono due rocciatori
specializzati nostri compaesani:
Maurizio Nuccio e Nicola Nuccio.
Nella foto in basso il rocciatore Nicola
a lavoro sospeso sul paesaggio mezzojusaro,
sorretto da cavo e imbracatura.
Venerdì 4
Presso l’Istituto “A. Reres”, si apre il
XVII Convegno Ecclesiale
dell’Eparchia dal tema “Fragilità
Liturgica e Celebrazione Divinizzante”.
Relatori di questo primo giorno sono
stati: padre Manuel Nin, Rettore del
pontificio Collegio Greco, al mattino; il
Diacono Paolo nel pomeriggio. Il convegno
si è concluso il giorno seguente
con la relazione di S.E. Francesco Pio
Tamburino, Arcivescovo di Foggia e
l’intervento conclusivo dell’Eparca
Sotìr Ferrara nel pomeriggio.
Mercoledì 23
Il film “Scusa ma ti chiamo amore”,
proiettato in Piazza alle 22.00, dà inizio
alla rassegna di spettacoli programmati
dall’Amministrazione Comunale
per l’Estate 2008 a Mezzojuso.
Venerdì 25
Alle 20.00 risuonano a festa le campane
dell’Annunziata, per avvertire tutti in
paese del ritorno in chiesa del complesso
statuario della Sacra Famiglia e del
simulacro seicentesco dell’Annunziata,
dopo il lungo periodo di permanenza al
laboratorio di restauro della ditta
Correnti di Misilmeri. Al delicato trasporto
delle statue e alla loro collocazione
nelle cappelle hanno provveduto
alcuni volenterosi confratelli di Gesù,
Maria e Giuseppe.
Foto di gruppo con le statue di Gesù Maria e Giuseppe restaurate.
Sabato 26
In piazza Giuseppe Bellone, alle
22.00, si esibisce in uno spettacolo
musicale il Gruppo Spontaneo “Gente
strana Posse”.
Mercoledì 30
Il cinema in piazza dell’Estate 2008
propone alle 22.00 “Il cacciatore di
aquiloni”.
Giovedì 31
Di pomeriggio fanno ritorno in chiesa
le statue restaurate dell’Immacolata e
dell’Angelo dell’Annunziata.
Santa Messa nel Casale di Guddemi
Domenica 3 Agosto, è stata celebrata da don Enzo una Liturgia Eucaristica
presso il caseggiato della famiglia La Gattuta in Contrada Guddemi.

BREVIBREVIBREVIBREVIBREVIBREVI a cura di Francesca Brancato
AGOSTO
Venerdì 1
Alle 21.30, in piazza Principe Corvino
(Fontana Vecchia), si tiene il cabaret
de “ I Petrolini”.
Domenica 3
Durante il pomeriggio e nella serata,
nello spiazzo adiacente al campo sportivo
la rassegna dell’Estate 2008 propone
la Sagra di “picchi pacchi”, organizzata
dall’A.S.D. Adrasto di Mezzojuso.
Venerdì 8
La terza serata di cinema in piazza
vede proiettare alla 22.00 “ I Vicerè”.
Domenica 10
L’Estate 2008 continua con i “Kola in
concerto” alle 21.30 in piazza
Umberto I.
Mercoledì 13
L’Associazione Culturale “Spazio
Scena” di Castelbuono propone
all’Estate 2008 la commedia teatrale
di Stefano Benni dal titolo
“Pinocchia”. Fra i giovani attori anche
il compaesano Giovanni Tantillo nel
ruolo di Geppetto.
Sabato 16
Festa di San Rocco: alle 11.00, nella
chiesa dedicata al Santo, papàs Pietro
Lascari celebra la Divina Liturgia,
preceduta nei giorni antecedenti dal
triduo di preparazione.
Giovedì 28
Il quarto ed ultimo film della rassegna
Estate 2008 è dedicato ai più piccoli:
alle 21.30 in Piazza si proietta
“Mister Magorium e la bottega delle
meraviglie”.
Sabato 30
Alle ore 22,00 al Santuario della
Madonna dei Miracoli, S.E. il vescovo
Mons. Sotìr Ferrara presiede alla
Liturgia di Dedicazione dell’Altare,
procedendo con in rito di Benedizione
dell’acqua e l’aspersione, la Liturgia
della Parola, la Deposizione delle reliquie,
la Preghiera di dedicazione,
l’Unzione, la Copertura e
l’Illuminazione dell’altare e la
Liturgia Eucaristica. Presenti alla
Celebrazione papàs Marco Sirchia,
papàs Pietro Lascari, il parroco don
Enzo e don Salvatore Ruffino.
Cospicua la partecipazione dei fedeli.
L’opera di ristrutturazione dell’altare,
il restauro del paliotto, l’impianto di
illuminazione ed i marmi sono dono
dei Signori Jani Bellone e i Fratelli
Pennacchio degli Stati Uniti.
L’impianto di amplificazione è stato
offerto dal Sig. Salvatore Lascari.
Con la Consacrazione dell’altare e la
Celebrazione Eucaristica ha inizio la
novena di preparazione alla festa della
Natività della Beata Vergine.
Santuario della Madonna dei Miracoli: un momento della Liturgia di Dedicazione all’Altare
La Banda “Giovanni Lanna” a Fitalia
Martedì 19 Agosto 2008 a Fitalia, piccolo borgo rurale immerso in una
natura incontaminata, dove il silenzio regna sovrano, interrotto di tanto in
tanto dal belato degli armenti, in una magica atmosfera bucolica e pastorale,
l’Associazione Bandistica “Giovanni Lanna” di Mezzojuso ha eseguito un concerto
di brani di vario genere musicale, diretto da Giuseppe Ribaudo, studente
di contrabbasso al Conservatorio “Vincenzo Bellini” di Palermo. Tale concerto
finanziato dalla Pro-Loco e svoltosi alla presenza delle autorità civili e religiose
del Comune di Campofelice di Fitalia, è stato eseguito per festeggiare la
nuova statua di San Nicola che verrà collocata nella chiesa del borgo consacrata
al Santo diversi anni fa.
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eECO
BRIGNA
della
In copertina:
Campo scuola A.C.R.
(foto F. D’Orsa)
4 Agosto 2008:
il 2° Gruppo Scout di Patrasso
a Mezzojuso
PERIODICO BIMESTRALE - PARROCCHIA MARIA SS. ANNUNZIATA - MEZZOJUSO
Nuova Serie, Registrato presso il Tribunale di Palermo al n. 33 del 15.10.97
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Condirettore: Carlo Parisi
Redazione: Francesca Brancato, Doriana Bua, Danilo Figlia, Concetta Lala, Ciro Muscarello
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