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Debora Quidam IL SEGRETO DI DEBORA Marco ci accoglie in ...

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<strong>Debora</strong> <strong>Quidam</strong><br />

<strong>IL</strong> <strong>SEGRETO</strong> <strong>DI</strong> <strong>DEBORA</strong><br />

CAPITOLO 1°<br />

<strong>Marco</strong> <strong>ci</strong> <strong>accoglie</strong> <strong>in</strong> accappatoio. Ha i capelli umidi, lo sguardo perverso di chi sa<br />

di essere il padrone della situazione. Dall’accappatoio aperto si <strong>in</strong>travede il suo ventre<br />

piatto, il grosso uccello semieretto e quelle sue cosce maschie. Il mio sguardo torna sul<br />

cazzo: è già scappellato, segno che per qualche ragione se lo è toccato. Magari per delle<br />

abluzioni, magari per masturbarsi nell’attesa che noi giungessimo. Non riesco a<br />

guardare quel tronco di carne dura senza provare turbamento. Anche il mio uomo,<br />

Giorgio, non riesce a staccare lo sguardo da quella mazza. Sembra affas<strong>ci</strong>nato. <strong>Marco</strong>, il<br />

mio bull, perché di questo ormai si tratta, mi attira a sé, e senza alcuna attenzione per il<br />

mio abito, mi str<strong>in</strong>ge contro il suo corpo. La sua l<strong>in</strong>gua mi saetta nella bocca, le mie<br />

labbra si aprono. Eccolo, il demone. Succede ancora. Sono sua, mi sento sua. È una<br />

sensazione sconvolgente. Amo Giorgio, amo il mio uomo come non potrei amare<br />

nessuno. Il legame tra noi è di un’<strong>in</strong>tensità sconvolgente, e tuttavia sono qui tra le<br />

brac<strong>ci</strong>a di questo giovane porco, bastardo e sfrontato, che <strong>in</strong> alcuni momenti odio con<br />

tutte le mie forze: e sono sua. Sto per essere ancora sua, come tutte le altre volte.<br />

Quanto c’è voluto perché v<strong>in</strong>cessi la mia ritrosia. Pensavo che avrei potuto farmi<br />

chiavare da tutti, ma non da lui. E <strong>in</strong>vece eccomi qui. Con la sua l<strong>in</strong>gua che mi chiava<br />

la bocca, con la mia mano che gli soppesa i coglioni duri e grossi. Cosa ha fatto questo<br />

bastardo per meritare di avere tutto questo sex appeal? Mentre mi limona, mi accorgo<br />

che sta accadendo qualcosa di nuovo. Lui fa un cenno al mio uomo, gli <strong>in</strong>dica di<br />

avvi<strong>ci</strong>narsi. Giorgio, come per attrazione magnetica, gli si accosta. <strong>Marco</strong> gli poggia la<br />

mano sulla spalla destra e con una leggera quanto de<strong>ci</strong>sa pressione della mano s<strong>in</strong>istra<br />

lo costr<strong>in</strong>ge ad <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiarsi davanti a sé. Gli occhi del mio uomo contemplano la<br />

mano destra di <strong>Marco</strong> che mi solleva l’abit<strong>in</strong>o estivo e mi sta toccando le natiche,<br />

<strong>in</strong>travede un dito che, partendo da dietro, mi titilla la fica. Io sono un pezzo di carne<br />

nelle sue mani: mi chiava con la l<strong>in</strong>gua e con il dito. Poi Giorgio ruota leggermente la<br />

testa e si trova davanti il cazzone di <strong>Marco</strong>, quella nerchia mostruosa che gli ha scopato<br />

la donna, che gliela scopa ogni volta che vuole, quella mazza di carne, segno del potere<br />

che può eser<strong>ci</strong>tare su di me e nei modi che preferisce. <strong>Marco</strong> blocca la nuca di Giorgio e<br />

la sosp<strong>in</strong>ge verso il proprio uccello:<br />

«Succhiamelo, cornuto. Succhiami il cazzo.»


Giorgio obbedisce. Quello che sta accadendo laggiù, tra le gambe di <strong>Marco</strong>, mi<br />

sconvolge i sensi. Nuove sensazioni si stanno facendo strada <strong>in</strong> me. Non riesco a<br />

creder<strong>ci</strong>. È come se fossi costretta a rivedere tutte le idee che mi ero fatta sulla nostra<br />

situazione. Una nuova realtà imprevista si presenta a noi. <strong>Marco</strong> dom<strong>in</strong>a non solo me,<br />

ma anche il mio uomo. Mi fermo, smetto di ba<strong>ci</strong>are la bocca di <strong>Marco</strong> per contemplare<br />

la scena del mio uomo che, <strong>in</strong> g<strong>in</strong>occhio come un devoto davanti ad una div<strong>in</strong>ità,<br />

succhia il cazzo del maschio che da qualche settimana mi monta più di chiunque altro,<br />

dello stallone che mi ha fatta sua. Giorgio ha tutta la cappella <strong>in</strong> bocca, con qualche<br />

fatica poiché è molto grossa. Conosco la sua fatica: perché anch’io l’ho succhiato molte<br />

volte, anch’io ho sentito la sua mano bloccarmi la testa mentre sp<strong>in</strong>ge quel suo grosso<br />

cazzo dentro la mia gola.<br />

<strong>Marco</strong> è un superdotato, un superdotato vero, e sa di esserlo. Ostenta una fierezza<br />

che deriva dalla consapevolezza di avere un cazzo fuori dalla norma. Il suo cazzo è<br />

lungo più di venti<strong>ci</strong>nque centimetri, e questo già potrebbe spaventare molte donne, ma<br />

quel che è più sconvolgente, <strong>ci</strong>ò che dà le vertig<strong>in</strong>i è quella sua grossezza, ventidue<br />

centimetri di <strong>ci</strong>rconferenza, ossia un diametro di <strong>ci</strong>rca sette centimetri. Una grossezza<br />

spaventosa. Non sono misure che mi sto <strong>in</strong>ventando. Quel porco, l’ultima volta <strong>in</strong> cui<br />

mi ha chiavata ha preteso che Giorgio glielo misurasse. Lo ha chiamato a sé è gli ha<br />

ord<strong>in</strong>ato di procurarsi un metro. Io ero impalata sul suo cazzo, glielo lavavo e avevo<br />

orgasmi a ripetizione. Poi mi ha fatta sfilare e ha mostrato il suo uccello trionfante al<br />

mio Giorgio: «Su, cornuto, misura quanto è grosso il cazzo che ti sfonda la donna.»<br />

Giorgio, senza una parola, come un umile servo, con un metro da sarta, gli ha misurato<br />

prima la lunghezza e poi la larghezza. Venti<strong>ci</strong>nque per ventidue, ha poi sussurrato.<br />

Ossia, <strong>ci</strong>rca mille centimetri cubi. Un’auto mille di <strong>ci</strong>l<strong>in</strong>drata. Se penso che Giorgio ha<br />

un cazzo di qu<strong>in</strong>di<strong>ci</strong> per dodi<strong>ci</strong>, il cazzo di <strong>Marco</strong> ha un volume quasi <strong>ci</strong>nque volte<br />

maggiore. Mi riempie <strong>ci</strong>nque volte di più del mio uomo. <strong>Marco</strong> lo ha obbligato a<br />

ripeterlo: «Dillo a <strong>Debora</strong>, cornuto, dille quanto cazzo le pianto dentro». Giorgio ha<br />

ripetuto le misure. Io ero senza parole. Una simile sottomissione di un uomo nei<br />

confronti di un altro uomo non l’avevo mai vista. <strong>Marco</strong> lo stava umiliando<br />

completamente.<br />

Credevo fosse la massima umiliazione che il mio compagno potesse subire, ma<br />

evidentemente mi sbagliavo. Ora sta succhiando il cazzo di <strong>Marco</strong>, la sua nerchia dura<br />

e venosa. Lo vedo muovere la testa avanti e <strong>in</strong>dietro, assecondando il movimento del<br />

brac<strong>ci</strong>o di <strong>Marco</strong> che gliela dirige a proprio pia<strong>ci</strong>mento. Giorgio con una mano tiene<br />

quel tronco di carne alla base e con l’altra gli soppesa i coglioni, duri e grossi come<br />

piccole pesche. Gli piace il cazzo. Gli piace <strong>ci</strong>uc<strong>ci</strong>are il cazzo del mio stallone, lo<br />

constato stupefatta. Ma gli piace solo il cazzo di <strong>Marco</strong>, o lo succhierebbe anche ad<br />

altri? Ora non lo so, forse <strong>in</strong> futuro sì. Giorgio si sfila la cappella dalla gola e la lecca.<br />

Vedo la l<strong>in</strong>gua che lappa con desiderio, passione. <strong>Marco</strong> geme, il lavoro di l<strong>in</strong>gua di


Giorgio gli piace. In questo momento <strong>Marco</strong> è <strong>in</strong> balia di Giorgio. Con la sua<br />

sottomessa devozione il mio uomo sta conquistando la supremazia sul cazzuto e<br />

sfrontato stallone che gli ha montato la donna. L’umiliazione che subisce gli dà forza.<br />

Ora <strong>Marco</strong> ha bisogno del piacere che trae dalla bocca di Giorgio. Forse se ne rende<br />

conto, per<strong>ci</strong>ò con il l<strong>in</strong>guaggio ristabilisce la gerarchia dei ruoli: «Troia, guardalo<br />

mentre mi succhia il cazzo. Lo vedi?»<br />

«Sì, lo vedo.»<br />

«Non è solo cornuto, è anche fro<strong>ci</strong>o.»<br />

Nel momento stesso <strong>in</strong> cui la parola fro<strong>ci</strong>o viene pronun<strong>ci</strong>ata, mi pare che Giorgio<br />

aumenti la passione del suo pomp<strong>in</strong>o, come se fosse stato colpito nel segno.<br />

Effettivamente è la prima volta che qualcuno me lo fa vedere così. Il bastardo cont<strong>in</strong>ua:<br />

«Il tuo uomo è ricchione. Forse lo è da sempre e adesso f<strong>in</strong>almente la sua vera natura<br />

salta fuori. C’è voluto il mio cazzo per fargli capire quanto è fro<strong>ci</strong>o e cornuto.» Perché<br />

Giorgio si las<strong>ci</strong>a <strong>in</strong>sultare così? Lui che a volte avrebbe preso a pugni un uomo solo per<br />

avermi rivolto un complimento un po’ pesante, ora tace mentre <strong>Marco</strong> lo <strong>in</strong>sulta, lo<br />

umilia… e lui si limita a succhiare la nerchia, con passione, dedizione, devozione.<br />

Sembra che ami quel cazzo duro e nodoso, e grosso. Come se f<strong>in</strong>almente avesse trovato<br />

se stesso, la propria natura; come se tutte le maschere della sua vita stessero f<strong>in</strong>almente<br />

cadendo una ad una e stesse emergendo la verità, l’unica verità che conti: la libertà di<br />

essere sessualmente libero, di non essere più costretto a ruoli competitivi, ad ansie<br />

legate alle prestazioni sessuali, al timore di non essere all’altezza delle aspettative della<br />

femm<strong>in</strong>a, di tutte le femm<strong>in</strong>e della sua vita. Ora f<strong>in</strong>almente, un maschio sta trionfando<br />

su di lui, e nella sconfitta del proprio ruolo di maschio sta trovando una nuova libertà.<br />

Niente impegni, niente competizioni, niente battaglie per la conquista della femm<strong>in</strong>a.<br />

F<strong>in</strong>almente può deporre l’armatura e adorare il nemico che assume su di sé il ruolo che<br />

fu suo. Il nemico gli chiava la moglie. Il suo avversario trionfante si fa carico di<br />

possedermi e di farmi godere, di soddisfare le mie esigenze sessuali. Io sono proprietà<br />

del suo nemico. Mi ha perduta, ma è f<strong>in</strong>almente libero. Possibile che fosse così faticoso<br />

amarmi? E succhia, succhia, succhia, f<strong>in</strong>ché <strong>Marco</strong>, lo stallone, il semidio dal cazzo<br />

nudo e grande non lo ferma: «Basta cornuto, fermati. Succhi bene, ma non voglio<br />

sborrarti <strong>in</strong> bocca, non ora. Adesso voglio chiavarmi la tua donna.» Giorgio assume<br />

un’espressione contrita. Fargli succhiare l’uccello era umiliarlo, farlo smettere è<br />

un’umiliazione ancora maggiore. Non c’è nulla di peggio che essere resp<strong>in</strong>ti dopo aver<br />

accettato di essere umiliati. <strong>Marco</strong> lo ha costretto a fargli un pomp<strong>in</strong>o, e poi ha fatto di<br />

peggio: lo ha resp<strong>in</strong>to, nei gesti e con il l<strong>in</strong>guaggio: «Se proprio vuoi leccarmi qualcosa<br />

che somigli ad un cazzo, leccami un alluce.» Io immag<strong>in</strong>o che adesso Giorgio si alzerà e<br />

lo prenderà a pugni. Ma non accade nulla di tutto questo. Rimane <strong>in</strong> g<strong>in</strong>occhio, non gli<br />

lecca i piedi, si limita ad accarezzarglieli, glieli osserva, lo sguardo triste di un cane<br />

cac<strong>ci</strong>ato dal suo padrone con un cal<strong>ci</strong>o.


Il mio nuovo Maschio, uso la maiuscola non a caso, mi ord<strong>in</strong>a grezzamente di<br />

spogliarmi. Ecco che cos’ha di bastardo, questo maledetto porco: non ha alcun rispetto<br />

per la mia bellezza, né alcun timore reverenziale. So di essere bella, me lo dicono gli<br />

sguardi degli uom<strong>in</strong>i e l’<strong>in</strong>vidia delle donne. E non è solo una questione di misure,<br />

sebbene le mie siano <strong>in</strong>vidiabili: ho 102 centimetri di giro seno, di vita 62 e di fianchi<br />

92. Non è solo il mio corpo che di solito si def<strong>in</strong>isce mozzafiato, o i miei lunghi capelli<br />

biondi che <strong>in</strong>corni<strong>ci</strong>ano un volto dai l<strong>in</strong>eamenti dol<strong>ci</strong> e regolari, <strong>in</strong> cui trionfano due<br />

occhi azzurri e mobili. No, è una questione di personalità, di carattere e di sguardo<br />

penetrante. Tutti gli uom<strong>in</strong>i che ho avuto, prima di <strong>Marco</strong>, il mio stallone dom<strong>in</strong>atore,<br />

di fronte alla mia bellezza ammutolivano imbarazzati. La prima volta <strong>in</strong> cui mi<br />

vedevano nuda si sentivano <strong>in</strong>adeguati. Ricordo gustose situazioni <strong>in</strong> cui mi divertivo<br />

a mettere <strong>in</strong> imbarazzo corteggiatori tanto improvvisati quanto maldestri. Solo Giorgio<br />

ha saputo conquistarmi, con la sua ironia, la sua calma, la sicurezza affettiva che ha<br />

saputo trasmettermi. Amo Giorgio, la vita che condu<strong>ci</strong>amo, i nostri weekend a Londra,<br />

Parigi, Amsterdam, le nostre vacanze nelle isole del Mediterraneo, ma soprattutto la<br />

nostra vita quotidiana, fatta di gioco e ironia, di amore e piccoli pranzi da soli e con gli<br />

ami<strong>ci</strong>. Amo la levità quasi primaverile che accompagna i nostri gesti, da quando la<br />

domenica matt<strong>in</strong>a <strong>ci</strong> prendiamo a cus<strong>ci</strong>nate rifacendo il letto, a quando mi distrae con i<br />

suoi scherzi mentre leggo qualche relazione di lavoro. Amo il sole che penetra nella<br />

nostra camera da letto e illum<strong>in</strong>a il suo corpo muscoloso e snello. Ecco a cosa gli è<br />

servito praticare il nuoto da giovane: a conservarsi bello per me. Anche i sedi<strong>ci</strong> anni<br />

d’età che <strong>ci</strong> separano non contano. Io ho ventisei anni e so che tutto per me oggi è<br />

fa<strong>ci</strong>le, ma so che il tempo trascorrerà – la bellezza è un abito che alcune donne<br />

<strong>in</strong>dossano per alcuni anni (l’ho letto da qualche parte), e quando sfiorirà, mi amerà<br />

ancora, mi vorrà ancora? Talvolta lui teme che i suoi quarantadue anni divent<strong>in</strong>o un<br />

limite per la nostra relazione; per gioco mi ha pers<strong>in</strong>o regalato “Amore e vecchiaia” di<br />

Chateaubriand per farmi riflettere su cosa <strong>ci</strong> potrebbe attendere. Abbiamo riso a lungo.<br />

Dice che la mia risata è contagiosa. A me la sua età non spaventa, neppure<br />

proiettandola nel futuro. Nulla potrebbe separarmi da lui. O meglio, nulla avrebbe<br />

potuto separarmi da lui, prima dell’apparizione di questo semidio dal corpo statuario e<br />

dal cazzo dom<strong>in</strong>ante. La cui presenza si sta <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uando tra noi a colpi di cazzo e di<br />

orgasmi, ogni giorno di più. Oggi per l’ennesima volta sono la sua schiava d’amore.<br />

Non lo amo, anzi direi che lo detesto, ma quando mi tras<strong>ci</strong>na nel gorgo dei sensi, non<br />

so sottrarmi e potrei seguirlo ovunque. Basta che mi sfiori la schiena con una mano e<br />

sono sua, disposta a tutto. Parole-barriera, che servono a difender<strong>ci</strong> dal baratro, come<br />

perversione, abbruttimento, umiliazione, sottomissione, non hanno più alcun<br />

significato. Pers<strong>in</strong>o la barriera del tradimento, che mai avrei potuto immag<strong>in</strong>are di<br />

<strong>in</strong>frangere, oggi è a rischio. Se <strong>Marco</strong> mi ord<strong>in</strong>asse di veder<strong>ci</strong> da soli, senza che Giorgio<br />

ne fosse al corrente, non so se saprei dirgli di no, se saprei sottrarmi.


Mi ord<strong>in</strong>a di spogliarmi, non me lo chiede, non lo implora, lo pretende. Lui si<br />

toglie l’accappatoio. Ora è completamente nudo. Il corpo del mio Giorgio è bello per<br />

costruzione, lo sport lo ha plasmato. Questo corpo è bello per def<strong>in</strong>izione. Lo sport non<br />

ne determ<strong>in</strong>a la bellezza, al massimo la accresce. Giorgio è prestante, <strong>Marco</strong> è<br />

affas<strong>ci</strong>nante, ha uno charme animalesco cui non so sottrarmi. Mi spoglio guardandolo<br />

negli occhi, ma con lui il mio sguardo penetrante non funziona. Lo sguardo che ha reso<br />

impotenti anche i migliori stalloni, facendoli sentire <strong>in</strong>adeguati, <strong>in</strong>capa<strong>ci</strong> di soddisfare<br />

gli appetiti sessuali di una dea (così apparivo ai loro occhi), la mia bellezza<br />

sconvolgente, troppo splendente perché loro si sentissero all’altezza di profanarla, con<br />

questo maschio non serve a nulla. Io non lo dom<strong>in</strong>o <strong>in</strong> alcun modo. Lui dom<strong>in</strong>a me<br />

anche solo con la punta di un dito. Ora sono nuda anch’io. Nuda e <strong>in</strong>difesa, più nulla<br />

potrà salvarmi dai suoi assalti, ammesso che quelle esili mura che sono gli abiti<br />

potessero difendermi. Giorgio <strong>ci</strong> osserva. Lo sguardo <strong>in</strong> trance. Nel frattempo, la sua<br />

mano, come dotata di volontà propria, cont<strong>in</strong>ua ad accarezzare un piede di <strong>Marco</strong>. Lo<br />

stallone, il maschio, il dom<strong>in</strong>atore, solleva la gamba e con il piede liberato dalla mano,<br />

sp<strong>in</strong>ge Giorgio sul petto. Un piccolo simbolico cal<strong>ci</strong>o che lo fa cadere a terra. Giorgio,<br />

ancora vestito è accas<strong>ci</strong>ato sul pavimento, <strong>Marco</strong> con il cazzo svettante mi attira a sé e<br />

ricom<strong>in</strong><strong>ci</strong>a a ba<strong>ci</strong>armi. Mi ba<strong>ci</strong>a le labbra, poi <strong>in</strong>trufola la l<strong>in</strong>gua f<strong>in</strong>o a raggiungere la<br />

mia gola. Mi s<strong>ci</strong>olgo rapidamente. Las<strong>ci</strong>o che frughi la mia bocca. Le sue mani mi<br />

accarezzano i capelli e trattengono la nuca, <strong>in</strong> modo che non possa sottrarmi. E chi se lo<br />

sogna? Sono qui beata a godermi questo lungo ba<strong>ci</strong>o. Per un attimo il pensiero del mio<br />

uomo (sarà ancora sul pavimento?) si affac<strong>ci</strong>a alla soglia della psiche, ma rapita dalle<br />

sensazioni lo dimentico <strong>in</strong> fretta. La sua mano s<strong>ci</strong>vola lungo la schiena, f<strong>in</strong>o alla vita e<br />

vi si sofferma. È una mano dal tocco leggero, ma si percepisce la forza che saprà<br />

sprigionare al momento opportuno. Lentamente prende a far scorrere le dita lungo il<br />

mio corpo. Sono di nuovo sua.


CAPITOLO 2°<br />

Come siamo giunti a questo punto? Completamente <strong>in</strong> balia di questo mostro di<br />

<strong>in</strong>sensibilità personale e di abilità sessuale? Come siamo giunti al punto <strong>in</strong> cui io sono<br />

una bambola sessuale nelle sue mani e il mio uomo un grande cornuto? Tutto com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ò<br />

qualche mese fa, quando Giorgio, una sera tornò a casa con un'aria sorniona, come<br />

quella di chi ha comb<strong>in</strong>ato qualcosa o sta per comb<strong>in</strong>arlo. La ricordo bene quella serata,<br />

perché cambiò la nostra vita. Appoggiò la borsa e venne ad abbrac<strong>ci</strong>armi, poi sussurrò:<br />

«Ho una sorpresa per te.»<br />

La sua voce era un soffio: timido e leggero soffio di brezza primaverile.<br />

«Di cosa si tratta?» chiesi<br />

«Te lo dico dopo cena.»<br />

«Perché non adesso?»<br />

«Con le sorprese <strong>ci</strong> vuole pazienza.»<br />

Lo guardai negli occhi cercando di <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>are cosa nascondesse il suo sorriso<br />

enigmatico, e quale potesse essere la sorpresa. Nulla che potesse tradirlo.<br />

«Qual è la sorpresa?» chiesi con voce fel<strong>in</strong>a.<br />

«Non cedo, non te lo dico»<br />

Mi rassegnai, dopo cena pensai che fosse giunto il momento di chiedere notizie della<br />

sorpresa.<br />

«Vedrai. Ti piacerà.» mi rispose.<br />

«Dai, mostramela. Ormai è molto che attendo.»<br />

Giorgio si alzò dalla sedia e sparì nel corridoio. Poco dopo tornò e mi disse di seguirlo.<br />

Non aveva mai avuto il gusto del mistero, cosa gli stava capitando? Mi fece<br />

accomodare sul divano, accese il televisore ed <strong>in</strong>serì un video nel lettore dvd.<br />

Non <strong>ci</strong> volle molto perché lo schermo si riempisse di rosa. Una macchia rosa<br />

<strong>in</strong>dist<strong>in</strong>ta che pian piano si focalizzava f<strong>in</strong>o a diventare una grande unica natica.<br />

Levigata, coll<strong>in</strong>osa, la natica era massaggiata vigorosamente da mani maschili. La<br />

<strong>ci</strong>nepresa cambiò prospettiva. Le natiche erano diventate due e le mani le allargavano<br />

mettendo <strong>in</strong> mostra il solco aperto giù f<strong>in</strong>o al buco del culo e alle grandi labbra della<br />

vag<strong>in</strong>a. Le mani maschili tenevano ben divaricate le chiappe. Dall’alto del fotogramma<br />

scese come un’astronave, un gigantesco glande. La ripresa ravvi<strong>ci</strong>nata lo rendeva ancor<br />

più mostruoso mentre si approssimava pericolosamente al piccolo orifizio dilatato<br />

dalle mani maschie. L’ano pulsava, si contraeva, sembrava temere la penetrazione e al<br />

tempo stesso implorarla...<br />

Giorgio aveva portato a casa un film pornografico. Giorgio? Non rius<strong>ci</strong>vo a<br />

creder<strong>ci</strong>. Cont<strong>in</strong>uavo a guardare lo schermo, mentre sentivo il suo sguardo <strong>in</strong>dagatore<br />

su di me. Sembrava volesse leggere le mie sensazioni, un eventuale turbamento,


magari una forte ec<strong>ci</strong>tazione. Io e il mio maschio non eravamo santarell<strong>in</strong>i, poi sedi<strong>ci</strong><br />

anni di differenza mi las<strong>ci</strong>avano <strong>in</strong>tuire che prima di me avesse avuto molte<br />

esperienze. Mi ec<strong>ci</strong>tava la sua sapienza amorosa: scopavamo bene, ma <strong>in</strong> modo sano,<br />

divertente, senza troppi fronzoli o fantasie, nessuna perversione dom<strong>in</strong>ante o<br />

ossessione feti<strong>ci</strong>stica. Qualche <strong>in</strong>sulto, un po’ di turpiloquio, qualche scopata nei<br />

parcheggi, per rendere speziato il coito. Per il resto sano, vigoroso, possesso. Non mi<br />

aveva mai proposto di vedere film porno, né altre amenità erotiche, benché sapessimo<br />

entrambi di averne visti. Era come se non ne avessimo bisogno. Ci bastava la re<strong>ci</strong>proca<br />

bellezza.<br />

«Ti piace la sorpresa?»<br />

«Sì, certo, ma come ti è venuto <strong>in</strong> mente?»<br />

Mentre glielo chiedevo, lo immag<strong>in</strong>avo timido e rosso nel momento <strong>in</strong> cui si rivolgeva<br />

alla cassa per pagare.<br />

«Così, avevo voglia di proporti qualcosa di nuovo. Non lo abbiamo mai fatto. Ti<br />

ec<strong>ci</strong>ta?»<br />

«Sì!»<br />

Mentii. Era troppo presto, eravamo solo agli <strong>in</strong>izi. In quel momento prevaleva ancora<br />

la curiosità. Perché lui si era sp<strong>in</strong>to a questo passo? Non mi pareva <strong>ci</strong> fosse bisogno di<br />

rivitalizzare la nostra vita sessuale. Voleva forse propormi qualche fantasia? Ma la mia<br />

fica si bagnava con quelle immag<strong>in</strong>i? Mi toccai le cosce e dopo aver sollevato la gonna,<br />

s<strong>ci</strong>volai con le dita sotto le mutande per verificare l’umidità della vag<strong>in</strong>a. Giorgio<br />

pensò che fossi ec<strong>ci</strong>tata.<br />

«Porca! Ti piace vedere i film porno?»<br />

Mugolai, accorgendomi che aveva ragione. La fica era bagnata. Lui si avvi<strong>ci</strong>nò e<br />

com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ò ad accarezzarmi le cosce. Le sue dita risalirono rapidamente verso il monte di<br />

Venere. Era impaziente. Forse gli piaceva aver trovato un diversivo per i nostri piaceri<br />

sessuali. Senza parlare, si slac<strong>ci</strong>ò i pantaloni e lo estrasse. Era già duro, anche se non<br />

posso dire troppo grosso. Giorgio è normodotato, direi, e comunque nulla a che vedere<br />

con quello che passava sullo schermo.<br />

Un senso di ebbrezza si stava impadronendo di me. Non avrei mai creduto mi<br />

potesse veramente piacere. Qualcosa dentro di me si s<strong>ci</strong>oglieva e la sensualità stava<br />

traboccando. Mi ch<strong>in</strong>ai e presi il suo uccello <strong>in</strong> bocca. Succhiavo quel banano come se<br />

dovessi consumarlo tutto. Divenni famelica. Non avevo più ritegno. Lui si accorse del<br />

mio diverso stato d’animo. Mentre lo sbocch<strong>in</strong>avo vigorosamente, f<strong>in</strong> quasi a fargli<br />

male, ributtai un occhio sul film. La scena era cambiata. C’era un maschio con una<br />

m<strong>in</strong>chia enorme – parecchio più grossa di quella del mio uomo – che sfondava la fica<br />

di una bella ragazza: una cerbiatta spalancata e posseduta da quello stallone<br />

ipercazzuto. Come poteva resistere a quegli assalti furibondi? Il ritmo dello scopatore<br />

aumentava, io rallentai il furioso pomp<strong>in</strong>o per godermi la scena: l’evidente


approssimarsi dell’orgasmo mi <strong>in</strong>trigava. Volevo vedere quanta sborra avesse quel<br />

maschio. Il suo cazzo mi affas<strong>ci</strong>nava. Era enorme e non lo avevo ancora visto tutto,<br />

perché cont<strong>in</strong>uava a stantuffare la fica della cerbiatta vogliosa. Che troia! Quella era<br />

più troia di me. All’improvviso uno schizzo di sborra. Densa, bianca, cremosa e tanta.<br />

Veramente abbondante.<br />

Poco dopo mentre facevamo l’amore, Giorgio mi stupì.<br />

«Ti piacerebbe avere qui ora un cazzo grosso come quello del film?<br />

«Porco, cosa vuoi sentirti dire?»<br />

Nel frattempo il suo cazzo duro entrava e us<strong>ci</strong>va dalla mia fica. Poi, con un soffio di<br />

voce, quasi non volesse farsi sentire sussurrò: «Mi piacerebbe vederti scopata da un<br />

altro, magari grosso come quello del film.»<br />

«Davvero?» chiesi stupita. Io sono esibizionista e quando <strong>ci</strong> è capitato di fare l’amore <strong>in</strong><br />

macch<strong>in</strong>a con qualche guardone nei d<strong>in</strong>torni, non nego di aver provato piacere, anzi di<br />

essermi mostrata di più. L’idea dello sguardo di un uomo che mi esplora<br />

vogliosamente tutta, mi ec<strong>ci</strong>ta. Naturalmente, al mare giro <strong>in</strong> topless e uso un perizoma<br />

m<strong>in</strong>uscolo. Mi piace che le mie tette e le mie forme fac<strong>ci</strong>ano impazzire gli uom<strong>in</strong>i,<br />

magari facendoli sgridare dalle mogli che notano come il loro sguardo sia calamitato<br />

dal mio corpo. E mi piace che mi cortegg<strong>in</strong>o i colleghi di lavoro, che però las<strong>ci</strong>o sempre<br />

a becco as<strong>ci</strong>utto. Per provocarli ogni tanto <strong>in</strong>dosso m<strong>in</strong>igonne eleganti e seducenti. Gli<br />

effetti si vedono. Certo sono un po’ esibizionista, ma l’idea di essere scopata da un altro<br />

che non fosse Giorgio non mi era mai balenata. Il silenzio pieno di vergogna che era<br />

sceso tra noi mi fece capire quanto fosse tormentato l’animo del mio uomo. Lo<br />

accarezzai lungo la schiena:<br />

«Chiavami, amore, chiavami.»<br />

Riprese a muoversi dentro di me, con calma. Inf<strong>in</strong>e ricom<strong>in</strong><strong>ci</strong>ò a confidarsi:<br />

«È un desiderio che covo da quando ti conosco. Sei troppo bella per me. Ogni tanto mi<br />

sento <strong>in</strong>adeguato alla tua bellezza. Poi, tu sai che l’erotismo è profanare senza rimorsi.<br />

Ecco, mi ec<strong>ci</strong>ta l’idea di vederti profanata da altri uom<strong>in</strong>i, di vederli mentre ti chiavano<br />

tutta, <strong>in</strong>foiati dentro di te, come animali affamati. Immag<strong>in</strong>o che qualcuno ti scopi sotto<br />

i miei occhi o, addirittura, a mia <strong>in</strong>saputa. Se tu sapessi a quanti uom<strong>in</strong>i avrei voluto<br />

offrirti. Magari <strong>in</strong>sospettabili ai tuoi occhi. Quante seghe mi sono fatto pensandoti<br />

chiavata da altri, possibilmente più dotati di me.»<br />

«Sei proprio un porco perverso. Certo che ti farò vedere come entrano dentro di me<br />

con i loro cazzi duri e grossi.» Giorgio non poté cont<strong>in</strong>uare a chiavarmi, frustato dalle<br />

mie parole sborrò repent<strong>in</strong>amente. Mi lavò l’utero. Si scuoteva come un forsennato. Si<br />

agitava e gemeva. Bias<strong>ci</strong>cava frasi smozzicate: «Sì, amore, sì… fatti fottere, fatti<br />

sventrare davanti a me. Fammi cornuto… cornuto… sarò il tuo cornuto…» Poi crollò<br />

su di me. Si sentiva umiliato, non deve essere fa<strong>ci</strong>le confidare alla propria donna il


desiderio di essere cornificato, di assistere alla monta da parte di un altro maschio. Gli<br />

accarezzai teneramente la nuca.<br />

Ebbi una notte agitata. Dovevo farmi scopare da altri per far contento il mio uomo?<br />

L’attore del film venne a trovarmi <strong>in</strong> sogno. Con quel suo gigantesco affare. Nel sogno<br />

era ancora più smisurato. Me lo cac<strong>ci</strong>ava a forza <strong>in</strong> bocca e io, anziché tirarmi <strong>in</strong>dietro<br />

glielo succhiavo tutto, poi lo sfilavo dalle labbra e lo imploravo di chiavarmi. Quando<br />

me lo <strong>in</strong>filò mi resi conto che il passaggio del cazzo di Giorgio non significava nulla per<br />

lui. La mia fica per lui era verg<strong>in</strong>e, ancora tutta da sventrare. Nel sogno gridavo e<br />

godevo, <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uazione. Poi tutto divenne obnubilato, si <strong>in</strong>trufolarono mostri di varia<br />

orig<strong>in</strong>e e non capii più nulla.<br />

Al risveglio, avevo una sensazione di spossatezza <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abile, come se avessi<br />

scopato tutta la notte. Guardai Giorgio che riposava ancora. Dovevo confessargli il mio<br />

turbamento, o dovevo tacere? Lo ba<strong>ci</strong>ai sulla guan<strong>ci</strong>a, poi s<strong>ci</strong>volai con la mano lungo il<br />

petto. Gli carezzai i peli scesi verso l’ombelico e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ai a stuzzicarglielo. Mi ec<strong>ci</strong>tava<br />

l’idea di essere porca per lui, di stupirlo con una carica erotica nuova, più <strong>in</strong>tensa, più<br />

ambigua.<br />

Prima che si risvegliasse, mi tuffai con la l<strong>in</strong>gua a solleticargli delicatamente<br />

l’ombelico, la <strong>in</strong>durivo e tentavo una penetrazione nel buchetto, poi la ammorbidivo e<br />

la facevo scorrere lungo il perimetro di quel piccolo cratere. Ormai era sveglio. Sentivo<br />

il suo corpo vibrare, le sue mani mi accarezzavano i lunghi capelli biondi. Lentamente<br />

le sue dita premettero la nuca, cercando di sp<strong>in</strong>gere la testa verso il pube. Per gioco,<br />

<strong>in</strong>durendo i muscoli del collo opposi resistenza. Giorgio aumentò la pressione. Quando<br />

divenne <strong>in</strong>sostenibile cedetti. Mi las<strong>ci</strong>ai sosp<strong>in</strong>gere. Con i denti scostai il pigiama e con<br />

una rapidità fel<strong>in</strong>a presi <strong>in</strong> bocca il cazzo già rigido, come tutte le matt<strong>in</strong>e. Ingoiai tutta<br />

la cappella, poi spostai una mano alla radice del cazzo per percepire <strong>in</strong>teramente<br />

l’erezione e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ai a succhiare. La l<strong>in</strong>gua s<strong>ci</strong>volava lungo il tronco di carne, e ogni<br />

tanto lo risucchiavo tutto tra le labbra, f<strong>in</strong>o a dove mi era possibile, dopo di che lo<br />

sfilavo. Lo <strong>in</strong>salivavo ben bene e ricom<strong>in</strong><strong>ci</strong>avo a succhiare.<br />

Quando il cazzo fu bello turgido, mi impalai con un colpo secco. Lo avevo<br />

<strong>in</strong>umidito abbondantemente, per<strong>ci</strong>ò s<strong>ci</strong>volai dolcemente su quella torre di carne dura.<br />

Mi riempì tutta la fica. Mugolai e gemetti. Com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ai un movimento di andirivieni<br />

costante, poi accelerai. Il cazzo duro mi faceva godere bene. Un momento prima<br />

dell’orgasmo la mia mente impazzita immag<strong>in</strong>ò quali sensazioni avrebbe potuto<br />

procurarmi una nerchia più grossa. Misurarsi con uno stallone superdotato e farlo<br />

godere voleva dire sentirsi una vera donna, capace di tutto.<br />

Improvvisamente accelerai. La mia cavalcata divenne frenetica. Sembravo<br />

impazzita. Mi scuotevo tutta su quel piolo duro, immag<strong>in</strong>ando che fosse quello di un<br />

altro. L’orgasmo esplose violentissimo, gridai con voce gutturale. Un verso prolungato


di animale trafitto. Giorgio, travolto dal mio impeto mi riempì di sborra la fica.<br />

Anch’egli gridò i suoi <strong>in</strong>sulti al mio <strong>in</strong>dirizzo:<br />

«Godi, troia. Godi. Che te la lavo tutta. Sei una puttana. Sei la mia puttana…Tieni,<br />

prendilo tutto, toh, toh, …Ahhhh!»<br />

Term<strong>in</strong>ate le convulsioni dell’orgasmo, mi abbattei sul petto di Giorgio, e rimasi<br />

immobile a lungo, ansimando. Lui mi accarezzava i capelli e la schiena. Vedeva il mio<br />

culo riflesso nello specchio dell’armadio. Mi accarezzò le natiche, le allargò un po’, si<br />

<strong>in</strong>umidì il dito medio e poi, con delicatezza, forzò il mio buchetto posteriore. Si<br />

muoveva con dolcezza. Il suo dito entrava e us<strong>ci</strong>va ritmicamente, ma senza alcuna<br />

fretta e senza nessuna <strong>in</strong>tenzione preparatoria per altre penetrazioni. Era piacere allo<br />

stato puro. Eravamo entrambi appagati.<br />

«Cazzo, non hai mai goduto con questa <strong>in</strong>tensità. – mi chiese – Cos’è successo?»<br />

«È colpa tua e delle idee che mi metti <strong>in</strong> testa. Tu vuoi farmi fottere dagli altri e io la<br />

notte sogno superdotati che mi sfondano.» Lo abbrac<strong>ci</strong>ai teneramente e lo ba<strong>ci</strong>ai sulla<br />

bocca.


CAPITOLO 3°<br />

Per com<strong>in</strong><strong>ci</strong>are questa nuova e trasgressiva vita sessuale scegliemmo di<br />

frequentare un club privé. L’idea di <strong>in</strong>contri al buio tramite Internet <strong>ci</strong> preoccupava. Il<br />

club <strong>in</strong>vece era uno spazio protetto <strong>in</strong> cui avremmo potuto conoscere direttamente, e<br />

non virtualmente, le persone da co<strong>in</strong>volgere. Non avevo mai visitato un club privé.<br />

Come <strong>in</strong> una discesa agli <strong>in</strong>feri, per entrare, dovemmo scendere delle scale. Dopo<br />

aver<strong>ci</strong> chiesto con tatto i documenti, l’addetta alla reception, una donna piacente e<br />

stagionata, con discrezione si <strong>in</strong>formò se conoscessimo questo tipo di locali.<br />

Rispondemmo di no. Giorgio mentiva. Ignara la signora <strong>ci</strong> spiegò due o tre<br />

fondamentali regole del locale e <strong>ci</strong> condusse <strong>in</strong> una sala dom<strong>in</strong>ata dal bancone del bar.<br />

Nel tragitto, percorrendo un corridoio poco illum<strong>in</strong>ato, ebbi la sensazione che noi<br />

fossimo gli uni<strong>ci</strong> avventori. Una volta entrati nella sala del bar <strong>ci</strong> accolse un<br />

arredamento fastoso, velluti rossi e tendaggi, moquette e lu<strong>ci</strong> basse, statue di gesso,<br />

nude naturalmente. Alcune coppie sedute su alti sgabelli, chiacchieravano<br />

amabilmente, mentre la nostra accompagnatrice <strong>ci</strong> affidò ad una cameriera, che <strong>ci</strong><br />

condusse <strong>in</strong> un vasto salotto tutto divani e sapiente penombra. Al centro, la pista da<br />

ballo, <strong>in</strong> fondo un deejay che ravvivava l’ambiente con commenti sala<strong>ci</strong> e musiche alla<br />

moda. Altre coppie sedute che dialogavano, alcuni uom<strong>in</strong>i soli, che Giorgio chiamò<br />

s<strong>in</strong>goli, anche se magari a casa avevano una moglie ad attenderli. In quel frangente,<br />

però, erano s<strong>in</strong>goli e disponibili per me. Mi guardavo <strong>in</strong>torno. Danze, musica,<br />

chiacchiere, un bicchiere tra le dita, sguardi che perlustravano… In fondo alla sala,<br />

c’era un <strong>in</strong>gresso defilato. Non lo notai subito, ma solo seguendo il movimento di una<br />

coppia e di un paio di s<strong>in</strong>goli, che sparirono con naturalezza furtiva attraverso<br />

quell’us<strong>ci</strong>o. La mia curiosità per il sesso, il mio esibizionismo, la mia viva<strong>ci</strong>tà si<br />

accesero. Fibrillavo. Giorgio mi <strong>in</strong>vitò a ballare. Indossavo un elegante abito nero che<br />

mi copriva appena il g<strong>in</strong>occhio. La mia bellezza non passò <strong>in</strong>osservata. Non poteva<br />

accadere. Ci sono abituata. Ovunque vada c’è gente che rimane con la frase <strong>in</strong> sospeso,<br />

lo sguardo fisso. È un piacere e una tortura. Dialogare con una persona che cont<strong>in</strong>ua a<br />

percorrere con lo sguardo il mio corpo e che spesso mi costr<strong>in</strong>ge a ripetere <strong>ci</strong>ò che dico<br />

perché non capisce, è un tormento. Un gruppo di s<strong>in</strong>goli seduti su un divano si<br />

lan<strong>ci</strong>arono <strong>in</strong> commenti al cui centro c’ero evidentemente io, le mie gambe affusolate, il<br />

mio culo alto e sodo, il mio seno prorompente. Già pregustavano <strong>in</strong> me la preda. Ma si<br />

sbagliavano. Non mi avrebbero posseduta. Non loro. Giorgio, danzando un lento<br />

sollevò il mio abit<strong>in</strong>o mostrando loro il mio culo. Le sue mani mi massaggiavano<br />

sensualmente le natiche. Sentivo contro il ventre il suo cazzo duro. Mi sussurrava<br />

porcate, mi <strong>in</strong>vitava a guardare quegli uom<strong>in</strong>i, a farli impazzire, ad osservare come si<br />

toccavano la patta quasi oscenamente, come per mostrarmi la mercanzia. S<strong>ci</strong>volammo


danzando, danzando, lungo la sala f<strong>in</strong>o all’<strong>in</strong>gresso del vero e proprio privé. C’era un<br />

silenzio d’acquario. Dislocate nei punti più protetti delle salette, vedevo coppie<br />

s<strong>ci</strong>volare pian piano verso l’amplesso. Le osservammo. Un s<strong>in</strong>golo, dal bel fisico<br />

fotteva la moglie di un altro. All’improvviso sentii una mano forte e robusta sul mio<br />

culo. Mi voltai di scatto, appena <strong>in</strong> tempo per vedere la mano di Giorgio las<strong>ci</strong>are il<br />

polso dell’uomo che mi toccava. Porco! Il mio uomo aveva appoggiato la mano di<br />

quell’uomo sulla mia natica. Aveva offerto il mio corpo ad un altro. Lo guardai, e lui<br />

mi sussurrò di non preoccuparmi, di las<strong>ci</strong>ar fare. Voleva essere umiliato? Lo avrei<br />

accontentato. Rimasi ferma gustandomi quel tocco de<strong>ci</strong>so. L’uomo prendendomi per<br />

mano mi <strong>in</strong>vitò <strong>in</strong> un’altra sala dove vi era un lettone rotondo. Qui, una ragazza si<br />

las<strong>ci</strong>ava penetrare con la devozione di una cagnetta. Un maschio la possedeva con<br />

forza. Giorgio mi era a fianco e mi osservava. L’uomo cui mi aveva affidata mi fece<br />

accomodare su un divano prospi<strong>ci</strong>ente il lettone. Era abile, esperto. Ci sapeva fare<br />

perché riuscì subito a farmi sentire a mio agio: «Sei meravigliosa, la ragazza più bella<br />

che abbia mai visto. Grazie perché mi concedi di toccarti.» Da dove saltava fuori questo<br />

maschio piacente anche se un po’ corpulento? Nelle altre sale non lo avevo notato. Il<br />

profumo della sua pelle era <strong>in</strong>ebriante. Poi si dedicò alle mie gambe. S<strong>ci</strong>volò <strong>in</strong><br />

g<strong>in</strong>occhio tra le mie cosce e con tocco delicato le divaricò. Non so come, né quando, ma<br />

mi trovai la sua l<strong>in</strong>gua sugli slip all’altezza della fica. Li mordicchiava e mordicchiava<br />

le mie labbra vag<strong>in</strong>ali attraverso il tessuto. «Come sei buona, hai un profumo<br />

meraviglioso.» Ero <strong>in</strong> estasi, non ero <strong>in</strong> grado di parlare. Cercai con lo sguardo Giorgio,<br />

lo vidi appoggiato al muro, si massaggiava il cazzo già fuori dai pantaloni. Era l’<strong>in</strong>izio<br />

di una sega. Aveva lo sguardo rapito. Mi osservava con un’<strong>in</strong>descrivibile <strong>in</strong>tensità.<br />

Neppure nel più ec<strong>ci</strong>tato dei guardoni avevo mai letto un simile sguardo. Gelosia,<br />

ec<strong>ci</strong>tazione, amore, senso della perdita, umiliazione tutto si fondeva nel suo sguardo.<br />

Un uomo stava per farlo cornuto, per prendersi la sua donna, per fottergliela sotto gli<br />

occhi. Volevo osservarlo, <strong>in</strong>cro<strong>ci</strong>are il suo sguardo, ma ormai faticavo a rimanere<br />

lu<strong>ci</strong>da, perché il maschio, spostati gli slip, si era tuffato <strong>in</strong> un delicato cunnil<strong>in</strong>gus. La<br />

sua l<strong>in</strong>gua scorreva lungo tutta l’imboccatura della fica, si soffermava a titillare la<br />

clitoride, per poi <strong>in</strong>durirsi e penetrare tra le labbra ormai bagnatissime. Leccava<br />

stupendamente. Una l<strong>in</strong>gua così sapiente non l’avevo mai provata. Ero <strong>in</strong> sua completa<br />

balìa. Giorgio <strong>ci</strong> raggiunse e tentò di cac<strong>ci</strong>armi l’uccello <strong>in</strong> bocca, quasi a voler<br />

riaffermare il proprio possesso, ma ero così rapita da non rius<strong>ci</strong>re più a prestare<br />

attenzione alla sua presenza. Tutto il mio corpo vibrava sulla punta di quella l<strong>in</strong>gua<br />

maschile.<br />

«Ti piace quello che ti fa?» mi chiese Giorgio, forse per rientrare <strong>in</strong> un gioco da cui si<br />

sentiva escluso.<br />

«Sì, è meraviglioso.» bias<strong>ci</strong>cai.<br />

«Mi stai tradendo, troia.» sibilò.


«Sì! Amore ti sto tradendo, stai diventando cornuto.»<br />

«Ti amo <strong>Debora</strong>. Ti amo!»<br />

«Ah, amore, come mi lecca bene. Se questo è farti cornuto, mi piace da morire. Te le<br />

farò spesso le corna.»<br />

Dopo non potei più parlare. Il maschio, quasi <strong>in</strong>fastidito dal dialogo tra me e il mio<br />

uomo, si umettò il dito e lo <strong>in</strong>trodusse delicatamente nel mio ano. Chiusa nella morsa<br />

della l<strong>in</strong>gua che ormai leccava solo la clitoride, del dito che mi penetrava il culo e del<br />

l<strong>in</strong>guaggio scon<strong>ci</strong>o di Giorgio, raggiunsi l’orgasmo. Intenso, prolungato. Tutto il mio<br />

corpo spasimava, gridai, <strong>in</strong>differente alla presenza degli altri clienti del locale. Gridai:<br />

«Godo, godo… vengo. Ahhh. Mi fate morire… morire… Ahhhh!»<br />

Un orgasmo eterno e devastato dagli spasmi del corpo. Senza dubbio uno degli<br />

orgasmi più <strong>in</strong>tensi che avessi mai provato. E senza penetrazione vag<strong>in</strong>ale. Era la<br />

prima volta che un uomo che non amavo mi procurava un orgasmo. Era come perdere<br />

la seconda verg<strong>in</strong>ità. Non lo credevo possibile. F<strong>in</strong>o a quel giorno avevo asso<strong>ci</strong>ato il<br />

piacere all’amore, e pensavo che solo l’amore fosse all’orig<strong>in</strong>e dell’orgasmo.<br />

Il mio corpo si scosse ancora un po’, poi distrutta mi accas<strong>ci</strong>ai sul divano. Il<br />

maschio si sollevò, si accomodò di fianco a me, nello spazio che avevo las<strong>ci</strong>ato libero,<br />

poi mi sussurrò: «Un orgasmo così non l’ho mai visto. Sei meravigliosa.»<br />

Dopo qualche secondo, risposi a fior di labbra: «Ti r<strong>in</strong>grazio. È tutto merito della tua<br />

abilità e della tua l<strong>in</strong>gua.»<br />

Si presentò con il nome di Shamal, un nome d’arte ovviamente. Era un porno<br />

attore professionista, amico del proprietario del locale. Lo rivedemmo il sabato<br />

successivo. La seconda volta mi chiavò come non mai. Giorgio, nudo e sdraiato di<br />

fianco a noi, <strong>ci</strong> osservava ansimare e godere. Ebbi numerosi orgasmi, tutti<br />

sconvolgenti. Aveva un cazzo che era un martello pneumatico. Mi tenne sotto per<br />

almeno tre ore e mi fotteva con tale maestria che, schiac<strong>ci</strong>ati dall’impari confronto<br />

nessun s<strong>in</strong>golo ebbe il coraggio di avvi<strong>ci</strong>narsi o di <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uarsi. Il nostro furibondo<br />

amplesso fu lo spettacolo della serata. Molti, affas<strong>ci</strong>nati, si erano disposti ai bordi della<br />

sala per osservare meglio. Giorgio, <strong>in</strong>differente alla presenza degli altri, era con la testa<br />

all’altezza dell’<strong>in</strong>gu<strong>in</strong>e di Shamal e cercava di osservare bene <strong>ci</strong>ò che accadeva, di<br />

vedere bene la penetrazione, come se dall’osservazione del cazzo di Shamal, che<br />

entrava e us<strong>ci</strong>va da me, egli potesse stabilire con pre<strong>ci</strong>sione l’<strong>in</strong>tensità del mio piacere,<br />

come se potesse misurare l’orgasmo. Scrutava la cappella del maschio che si <strong>in</strong>filava e<br />

si sfilava dalla mia fica. Voleva capire, sapere f<strong>in</strong>o a dove me lo sp<strong>in</strong>geva dentro.<br />

Cercava di collegare nella mente i miei gemiti all’immag<strong>in</strong>e del mio corpo squassato<br />

dai colpi di maglio dello stallone e di verificare se ad ogni affondo corrispondeva un<br />

gemito, o se <strong>ci</strong> fosse una leggera sfasatura. Shamal mi possedette per ore, facendomi<br />

cambiare più volte posizione, pers<strong>in</strong>o lui <strong>in</strong> piedi e io impalata sul suo cazzo<br />

durissimo. Ci mancava solo che gli astanti battessero le mani. Ma non potevano, erano


troppo impegnati a spararsi seghe o a sdital<strong>in</strong>are la moglie del vi<strong>ci</strong>no. Giorgio godeva<br />

sia nel vedermi così chiavata, montata, fottuta, sfondata, sia nell’immag<strong>in</strong>are che tutti<br />

lo considerassero cornuto. Lo stesso Shamal, salutando<strong>ci</strong> all’us<strong>ci</strong>ta del locale, disse:<br />

«Alla prossima, mia dea; alla prossima, cornuto».


CAPITOLO 4°<br />

Contemporaneamente, ormai parte<strong>ci</strong>pe delle fantasie sessuali di Giorgio, la sera<br />

navigavo <strong>in</strong>sieme a lui <strong>in</strong> tutti i siti cuckold alla ricerca di storie vere, di immag<strong>in</strong>i di<br />

cornuti, di chat e webcam, di nuovi stalloni da frequentare. Lì scoprii i nomi dei ruoli:<br />

Shamal era il mio bull, Giorgio il cuckold e io una sweet lady, o una slut wife. Non so<br />

se fosse vero, ma so che farmi chiavare da Shamal mi piaceva. Fu proprio una sera<br />

durante la navigazione <strong>in</strong> Internet che facemmo una scoperta imprevista: lo<br />

riconoscemmo. Parlo di <strong>Marco</strong>, il mio attuale e unico stallone, l’uomo che ha offuscato<br />

la fama e l’abilità di Shamal. Giorgio era <strong>in</strong> trance. Si era tirato fuori il cazzo e aveva<br />

preso a spararsi compulsivamente una sega. Sembrava che non potesse fermarsi più.<br />

Chi è <strong>Marco</strong>? È un bel maschio, un semidio sceso <strong>in</strong> terra per la gioia dei miei sensi.<br />

Bello, proporzionato <strong>in</strong> tutto il corpo e nella forma del cazzo, sproporzionato nelle<br />

misure. Un obelisco di carne dura, imponente, m<strong>in</strong>ac<strong>ci</strong>oso. Ma ha alcuni grandi difetti:<br />

io lavoro <strong>in</strong> uno studio legale e lui è un mio collega di lavoro. È un figlio di puttana,<br />

arrivista, rampante, disposto a rov<strong>in</strong>are chiunque pur di fare carriera. Odia me perché<br />

f<strong>in</strong>o ad oggi ho snobbato il suo <strong>in</strong>dubbio fas<strong>ci</strong>no, e odia il mio uomo perché è l’unico<br />

avvocato contro cui non abbia mai v<strong>in</strong>to alcuna causa.<br />

Aveva <strong>in</strong>serito un’<strong>in</strong>serzione, il bastardo. Si def<strong>in</strong>iva “bull per cuckold” e si offriva<br />

a coppie di bella presenza. Soprattutto pretendeva che lei fosse giovane e bella. Voleva<br />

me, <strong>in</strong>somma, o una come me. La prima foto dell’<strong>in</strong>serzione lo mostrava nudo e a<br />

cazzo eretto, il viso era nascosto. Nella seconda, il suo imponente cazzo <strong>in</strong>culava una<br />

donna, nella terza un paio di belle labbra glielo succhiavano. Nessuno poteva<br />

riconoscerlo, solo noi e gli altri colleghi, per via del suo strano v<strong>in</strong>tage orologio a forma<br />

triangolare. Aveva dimenticato di toglierlo. Giorgio sembrava impazzito. Lo colpiva il<br />

nome di bull per cuckold, era come se improvvisamente fossero chiari i ruoli tra lui e<br />

<strong>Marco</strong>. Lui il cornuto, l’altro il bull, il chiavatore. Lo sconfitto e il v<strong>in</strong>cente, l’umiliato e<br />

il trionfante. In palio c’ero io. D’altronde, Giorgio confrontava il suo cazzo con quello<br />

di <strong>Marco</strong>: ma era perdente, e di molto. Un po’ spaventata, mi chiesi che f<strong>in</strong>e stesse<br />

facendo la virilità di Giorgio, sempre messa a confronto con altri uom<strong>in</strong>i dal membro<br />

più grosso del suo e desiderosi di trafiggergli la donna. Si ha un bel dire che non<br />

contano le misure, ma a quanto pare per gli uom<strong>in</strong>i contano. Sono ossessionati dalle<br />

misure. Per loro è la capa<strong>ci</strong>tà di penetrazione che <strong>in</strong><strong>ci</strong>de e de<strong>ci</strong>de se essere amati<br />

oppure no. Quando un uomo vuole umiliarne un altro, nella sfera sessuale, gli mostra<br />

il proprio grosso membro eretto, come a dire “guarda com’è grosso, tu una nerchia così<br />

non te la puoi permettere. Sono più maschio, più stallone di te!”. È offerta, è arroganza,<br />

è affermazione di sé, che ne so, non sono una psicanalista, fatto sta che mostrarsi<br />

l’uccello tra uom<strong>in</strong>i è un’affermazione di virilità, orgogliosa virilità, tant’è che


com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ano da ragazzi. Non a caso chi ce l’ha piccolo, o teme di averlo piccolo, si<br />

vergogna, è restio a mostrarlo anche <strong>in</strong> quelle situazioni cameratesche, quali la doc<strong>ci</strong>a.<br />

Proprio questo stava facendo <strong>Marco</strong>. Lui non lo sapeva ma aveva appena umiliato il<br />

suo nemico d’affari mostrandogli una verga spropositata ed eretta. In quel momento<br />

pensai che la virilità di Giorgio si <strong>in</strong>debolisse, che cedesse il passo agli altri e che il<br />

ruolo di guardone e cornuto <strong>in</strong> lui diventasse predom<strong>in</strong>ante. Io stessa però devo<br />

ammettere che rimasi un po’ scossa. L’idea che quel bastardo avesse tra le gambe un<br />

attrezzo di simili dimensioni, più grosso di quello di Shamal, mi si ficcò <strong>in</strong> testa. Se non<br />

avessi mai tradito Giorgio con altri, forse mi sarebbe stato <strong>in</strong>differente, ma dopo aver<br />

provato i piaceri della trasgressione non ero affatto <strong>in</strong>sensibile al fas<strong>ci</strong>no di una<br />

cappella grossa e dura.<br />

Poco dopo, nel letto facendo l’amore, fantasticammo sulla nerchia di <strong>Marco</strong>,<br />

immag<strong>in</strong>ammo che mi penetrasse ovunque, che godessi come una pazza e che lui<br />

<strong>in</strong>sultasse Giorgio. Gli sussurrai, f<strong>in</strong>gendomi <strong>Marco</strong>: «Cornuto, guarda come ti fotto la<br />

donna. Te la monto tutta e guarda come gode. Il tuo cazzetto non può darle lo stesso<br />

piacere che le do io.» Poi, tornando me, stessa cont<strong>in</strong>uai:<br />

«Giorgio, guarda come mi monta <strong>Marco</strong>. Mi riempie tutta. Mi spacca tutta.»<br />

Giorgio a quel punto esplose: «Troia! Non ti basta più il mio cazzo. Li vuoi più grossi,<br />

eh?»<br />

Non risposi, temevo di ferirlo.<br />

«TROIA, RISPON<strong>DI</strong>! È così?»<br />

Aveva pronun<strong>ci</strong>ato le prime parole ad alta voce, quasi gridando. Tra mille pause gridai<br />

anch’io:<br />

«Sì… Li voglio più grossi e più lunghi… Li voglio enormi… Voglio che mi<br />

sventr<strong>in</strong>o…»<br />

«Perché? Perché? … Il mio non ti basta più?»<br />

«Voglio sapere cosa si prova… Voglio essere troia f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo… Solo una cagna<br />

vogliosa di sesso… di cazzo… di nerchia…»<br />

Giorgio mi colpì più a fondo col suo cazzo, e io gemetti: «Ah, <strong>Marco</strong> mi trafigge.»<br />

Ad ogni parola che pronun<strong>ci</strong>avo, il mio uomo si scatenava, diventava selvaggio. Era la<br />

prima volta che lo vedevo agitarsi <strong>in</strong> un amplesso così furibondo. Ed era contagioso.<br />

Anch’io presi a scuotere il ba<strong>ci</strong>no andandogli <strong>in</strong>contro <strong>in</strong> modo che i nostri <strong>in</strong>gu<strong>in</strong>i<br />

cozzassero violentemente. Gridavo turpitud<strong>in</strong>i e lui mi <strong>in</strong>sultava con fero<strong>ci</strong>a.<br />

«Se ti piace tanto perché non te lo sei ancora preso?»<br />

«Per paura di farti del male».<br />

«E ora non ne hai più?» mi <strong>in</strong>calzò<br />

«Ho già provato altri cazzi più grossi del tuo.»<br />

«Ti piac<strong>ci</strong>ono enormi, eh!».


Alla parola enorme, mi tornò <strong>in</strong> mente il cazzo di <strong>Marco</strong>. Come se mi avesse letto nel<br />

pensiero, Giorgio con perfetto sadismo, si fermò ed estrasse il cazzo. Rimasi ansimante<br />

sul letto.<br />

«Ho capito, il mio è troppo piccolo adesso. Vorrà dire che te lo metterò nel culo. Vai a<br />

prendere un po’ di burro, troia.»<br />

Il suo tono era imperioso. Non seppi oppormi. Nuda com’ero mi avviai verso la cu<strong>ci</strong>na,<br />

seguita dal suo sguardo severo. Avevo un po’ di timore perché non lo facevamo<br />

spesso, anzi lo avevamo fatto solo un paio di volte. Il mio buco del culo è stretto,<br />

bisogna lavorare per sfondarlo bene.<br />

Poco dopo tornai con il panetto di burro. Me lo tolse di mano e poi si unse il cazzo.<br />

Se lo spalmò con calma maniacale.<br />

«Mettiti alla pecor<strong>in</strong>a!» ord<strong>in</strong>ò.<br />

Senza parlare, obbedii. Era chiaro <strong>ci</strong>ò che voleva, ma forse lo volevo anch’io.<br />

All’improvviso sentii un paio di dita che mi frugavano nel solco tra le chiappe. Mi unse<br />

il buco del culo a lungo e con dolcezza, poi quando manifestai segni di impazienza,<br />

muovendo il ba<strong>ci</strong>no verso di lui, appoggiò la cappella sul mio ano. Porco. Lentamente,<br />

ma con assoluta de<strong>ci</strong>sione, com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ò ad <strong>in</strong>filarmi il cazzo nel culo. Mi dilatava le pareti<br />

dell’ano. Sospirai a lungo e profondamente. Poi gemetti di dolore quando raggiunse il<br />

fondo del canale. Me lo aveva cac<strong>ci</strong>ato tutto dentro. Ero preda di un uomo che non<br />

pareva preoccuparsi del mio piacere, tanto era preoccupato del proprio.<br />

All’improvviso mi dette un colpo secco e profondo, così violento da togliermi il<br />

respiro. Mi bloccai, e mugolai. Avrei voluto gridare, ma la sua mano mi copriva la<br />

bocca.<br />

«È per questo che vuoi un cazzo più grosso? Perché ti fac<strong>ci</strong>a male? Perché ti sventri una<br />

volta per tutte?»<br />

Non sembrava <strong>in</strong>tenzionato ad ascoltare la mia risposta. La sua ec<strong>ci</strong>tazione si<br />

alimentava del suo stesso l<strong>in</strong>guaggio. Mentre mi muovevo, il mio uomo prestò<br />

attenzione aff<strong>in</strong>ché il cazzo non si sfilasse dal culo. Poi riprese a muoverlo dentro di me<br />

per qualche m<strong>in</strong>uto. Mi stavo s<strong>ci</strong>ogliendo tutta. Il piacere che provavo mi obnubilava.<br />

Lo specchio della camera rifletteva le espressioni dei nostri visi: il suo sforzo per<br />

dilatare completamente il varco nel mio corpo e la mia smorfia di piacere misto a<br />

dolore nell’<strong>accoglie</strong>rlo. Si sfilò e tornò ad ungersi abbondantemente il glande. E con un<br />

colpo secco mi trafisse tutta. Urlai mentre lo sentivo piantarsi profondamente <strong>in</strong> me.<br />

Rimase immobile tenendomi bloccata per i fianchi, onde evitare che mi sottraessi alla<br />

penetrazione. Trascorso qualche secondo, com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ò a muoversi lentamente. Il cazzo di<br />

Giorgio aveva com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato a penetrarmi con de<strong>ci</strong>sione: avanti e <strong>in</strong>dietro più e più volte.<br />

«Vorresti quel bestione nella fica? Lo avrai. Ti farò montare da <strong>Marco</strong>, ma nel<br />

frattempo mi tolgo la soddisfazione di spaccarti il culo.»<br />

«Sei un porco. Come ti vengono certe idee?» rius<strong>ci</strong>i a dire dopo aver ripreso fiato.


«Sei tu che me le provochi… Sei così troia…»<br />

Ogni frase era smozzicata. Ansimava visibilmente ec<strong>ci</strong>tato. Dopo qualche m<strong>in</strong>uto<br />

rius<strong>ci</strong>i a s<strong>ci</strong>ogliermi e ad apprezzare il senso di pienezza che mi dava l’<strong>in</strong>gombrante<br />

presenza della sua nerchia nel culo. Mi sentivo letteralmente spaccata, aperta <strong>in</strong> due<br />

come una cozza. Quel cazzo era un coltello conficcato <strong>in</strong> me. Eppure dietro la scorza<br />

del primo dolore si andava facendo strada il piacere. Un piacere <strong>in</strong>tenso e diverso che<br />

le altre volte non avevo provato. Un piacere a cui contribuiva <strong>in</strong> modo determ<strong>in</strong>ante<br />

l’idea di <strong>ci</strong>ò che stava succedendo. Mi piacevano le sensazioni provate e mi piaceva<br />

l’idea di essere <strong>in</strong>culata. Era una miscela esplosiva, perché all’improvviso com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ai a<br />

gridare:<br />

«Sìììì… Spaccami, maschione mio. Aprimi tutta. Inculami più forte, amore. Inculami<br />

tutta… Spaccami il culo… sfondamelo… Pensa a quando lo farà <strong>Marco</strong>, a quando mi<br />

chiaverà lui e mi sfonderà anche il culo.»<br />

Fu una scudis<strong>ci</strong>ata sui lombi di Giorgio. Com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ò a fottermi con una violenza<br />

<strong>in</strong>audita. Sembrava <strong>in</strong>tenzionato a rompermi il culo def<strong>in</strong>itivamente. Temetti di f<strong>in</strong>ire<br />

al pronto soccorso per farmi ricu<strong>ci</strong>re il buco.<br />

«Troia… Eccotelo tutto. Tutto. Toh… Toh…»<br />

«Così… così… stallone mio…»<br />

«Sono il tuo <strong>in</strong>culatore… Non sarò grosso come <strong>Marco</strong>, ma sono vero. Ti <strong>in</strong>culo <strong>in</strong><br />

carne ed ossa…»<br />

«Sì… Ossa… Amore, hai un osso nel cazzo.»<br />

Prese a schiaffeggiarmi le natiche con violenza.<br />

«Zoccola… puttana… rotta <strong>in</strong> culo… ti ammazzo a colpi di cazzo... Te lo spano il buco<br />

del culo... Non potrai più chiuderlo.»<br />

«Ah, sono tua… tua… tua…»<br />

Le sue ultime frasi unite al movimento brutale della sua mazza tra le chiappe mi<br />

portarono ad un orgasmo violentissimo. Di un’<strong>in</strong>tensità nuova. Non capivo più niente.<br />

Gridavo oscenità e frasi sconnesse. Gridavo, gridavo, gridavo. Probabilmente gridavo<br />

così forte che Giorgio, per evitare che mi sentissero i vi<strong>ci</strong>ni mi cac<strong>ci</strong>ò <strong>in</strong> bocca i suoi<br />

slip. L’ultimo grido si soffocò <strong>in</strong> gola. E proprio <strong>in</strong> quel momento mi accorsi che anche<br />

Giorgio era pronto per esplodere, per schizzarmi tutta la sborra <strong>in</strong> fondo all’<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o. Il<br />

suo sperma caldo com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ò a schizzare fuori dal glande per riempirmi tutto il culo.<br />

«Godo, troia! Godo. Ti godo nel culo… Ti godo nel culo… te lo lavo il tuo magnifico<br />

culo… ti fac<strong>ci</strong>o un clistere di sborra… Senti quanta ne ho?»<br />

«Lo sento» gemetti, ormai esausta.<br />

Poi si accas<strong>ci</strong>ò su di me ed io a mia volta mi las<strong>ci</strong>ai andare sul materasso. Sentivo il suo<br />

corpo pesare sul mio. Il suo respiro sul collo, le sue labbra che mi ba<strong>ci</strong>avano<br />

delicatamente la spalla destra. Ero sua, non potevo negarlo. Mi aveva appena<br />

posseduta f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo e <strong>in</strong> modo così animalesco che non potevo illudermi come


spesso mi era capitato di essere io la padrona del gioco. Spesso era capitato, ma non<br />

quella volta. Il culo mi faceva un po’ male e nonostante il suo pene si stesse<br />

ammos<strong>ci</strong>ando, lo sentivo ancora pieno.<br />

«Ti amo» sussurrò dolcemente.<br />

«Anch’io» risposi ansimando.<br />

«Ti è pia<strong>ci</strong>uto?»<br />

«Moltissimo. – soggiunsi – La più bella <strong>in</strong>culata della mia vita.»<br />

Nel momento stesso <strong>in</strong> cui esclamavo quella frase, mi passò per la mente l’idea di<br />

come dovesse essere un’<strong>in</strong>culata di <strong>Marco</strong>. Avevo visto la fotografia di una ragazza con<br />

il suo cazzo nel culo, ma non rius<strong>ci</strong>vo ad avere un’idea pre<strong>ci</strong>sa di cosa stesse provando<br />

<strong>in</strong> quel frangente. Mi voltai costr<strong>in</strong>gendo Giorgio a sfilarsi dal mio culo e lo abbrac<strong>ci</strong>ai.<br />

Poi lo provocai:<br />

«Non te l’ho mai sentito così duro… La gelosia ti ec<strong>ci</strong>ta.»<br />

«Sei tu che mi ec<strong>ci</strong>ti, non la gelosia.»<br />

«Dì la verità. L’idea che possa piacermi il cazzo di <strong>Marco</strong> ti ec<strong>ci</strong>ta, ti fa <strong>in</strong>foiare come un<br />

toro.»<br />

Non rispose più, però mi parve di cogliere una vibrazione di piacere nel suo cazzo<br />

appoggiato alla mia pan<strong>ci</strong>a.


CAPITOLO 5°<br />

«Oggi <strong>in</strong> uffi<strong>ci</strong>o ho visto <strong>Marco</strong>.» Lo dissi con la massima naturalezza.<br />

«Non l’hai visto. Sei andata a cercarlo.»<br />

«Chi, io? Quel bastardo, mai?<br />

«Non ti credo. Dimmi la verità.»<br />

Mi parve che Giorgio avesse già il cazzo semirigido, così optai per la verità. Per onestà<br />

gliela dovevo. Per la scopata che si preannun<strong>ci</strong>ava mi conveniva.<br />

«Sì, sono andata a cercarlo con una scusa. Volevo vederlo, per curiosità.»<br />

«Il suo cazzo lo chiami curiosità?»<br />

Si sedette sulla poltrona. In quel mentre mi accorsi che il rigonfiamento nei suoi calzoni<br />

cresceva. Stava venendogli un’erezione.<br />

«Tutto è com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato per colpa tua. Dopo averlo visto <strong>in</strong> Internet, stanotte l’ho sognato.»<br />

Avevo detto la verità, tralas<strong>ci</strong>ando un dettaglio: mentre ce l’avevo di fronte avevo<br />

immag<strong>in</strong>ato di fargli un pomp<strong>in</strong>o con l’<strong>in</strong>goio. Lui doveva aver <strong>in</strong>tuito che qualcosa<br />

nel mio atteggiamento verso di lui era cambiato, perché mi lan<strong>ci</strong>ò uno sguardo così<br />

penetrante da farmi bagnare tra le cosce. Non andava bene. Mi stavo las<strong>ci</strong>ando<br />

conquistare dal mio peggior nemico, e solo per aver visto delle sue immag<strong>in</strong>i a cazzo<br />

nudo. Bel maschio, niente da dire, ma possibile che io fossi così <strong>in</strong>difesa di fronte alla<br />

sua potenza sessuale?<br />

«E ora che l’hai visto? Lo hai desiderato?»<br />

«Non come pensi tu. Certo è un bell’uomo, affas<strong>ci</strong>nante, ma non lo cambierei mai con<br />

te.»<br />

«Non c’è bisogno di cambiarmi, ogni tanto ti togli la voglia del superdotato, e poi torni<br />

a casa felice.»<br />

La sua mano si toccava la patta. Lo faceva con discrezione, con naturalezza. Sembrava<br />

l’<strong>in</strong>izio di una masturbazione. Mi avvi<strong>ci</strong>nai a lui, mi <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiai tra le sue gambe, gli<br />

slac<strong>ci</strong>ai i pantaloni, abbassai gli slip e il cazzo saltò fuori. Non potei evitare il confronto,<br />

comunque chiusi gli occhi e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ai a succhiare quel cazzo più piccolo di quello di<br />

<strong>Marco</strong>, ma che amavo con passione. Lo ba<strong>ci</strong>ai, poi s<strong>ci</strong>volai con la l<strong>in</strong>gua lungo l’asta,<br />

f<strong>in</strong>o ai coglioni durissimi.<br />

«Ti piacerebbe vedermi montata da lui?» gli chiesi.<br />

«Non girare <strong>in</strong>torno, troia! Stai cercando di ec<strong>ci</strong>tarmi solo perché quel cazzone tutto <strong>in</strong><br />

fica ti piacerebbe.»<br />

«No, avrei paura, anche se la curiosità non manca. E poi ti amo troppo per tradirti.»<br />

«Col pensiero lo hai già fatto.»<br />

«Il pensiero non sono due mani che ti bloccano la vita, mentre il cazzo penetra f<strong>in</strong>o <strong>in</strong><br />

fondo.»


L’immag<strong>in</strong>e lo colpì duramente e la sua erezione si fece ancora più vistosa. Il cazzo<br />

divenne ancora più duro.<br />

«Se te lo chiedessi lo faresti?»<br />

«Per amor tuo farei tutto, lo sai.»<br />

Risposi mentre gli massaggiavo quel pezzo di carne turgida. Che strano gioco stavamo<br />

com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ando?<br />

«Comodo, eh? Ti sacrifichi per me e nel frattempo ti togli la voglia. Dimmi la verità:<br />

cos’è successo stamatt<strong>in</strong>a?»<br />

«Nulla. Abbiamo solo bevuto un caffè alla macch<strong>in</strong>etta.»<br />

«Avevi voglia di farti sbattere?»<br />

«Sì. È vero.»<br />

Cosa mi stava succedendo? Mi las<strong>ci</strong>avo tras<strong>ci</strong>nare <strong>in</strong> questo gioco pericoloso.<br />

«Gli hai las<strong>ci</strong>ato <strong>in</strong>tuire qualcosa?»<br />

«No, naturalmente, ma lui mi ha guardata <strong>in</strong> modo diverso. Con più desiderio del<br />

solito.»<br />

«Pensa come ti ridurrebbe lui col suo nerchione.<br />

«Mi sventrerebbe.»<br />

Non rius<strong>ci</strong>vo a trattenermi. Giorgio mi parlava di un altro uomo più dotato di lui e io<br />

rispondevo las<strong>ci</strong>andomi co<strong>in</strong>volgere. Alle mie parole, mi premette la testa sul pube per<br />

costr<strong>in</strong>germi a riprenderglielo <strong>in</strong> bocca.<br />

«Troia, ho capito che vuoi farti sbattere da un altro con un cazzo più grosso del mio.<br />

Dimmi la verità! Mentre parlavi con lui ti sei bagnata?»<br />

«Moltissimo. Ad un certo punto ho chiuso gli occhi e ho immag<strong>in</strong>ato di essere nuda<br />

sotto di lui. Ho provato un brivido lunghissimo, fantastico.»<br />

«Saresti disposta a farti scopare veramente da lui?»<br />

«Sì. Lo odio, ma ho voglia di farmi fottere da quel porco.»<br />

Giorgio si alzò dalla poltrona, mi spogliò tutta con molta fero<strong>ci</strong>a e mi roves<strong>ci</strong>ò sulla<br />

moquette. Senza nessuna preparazione me lo cac<strong>ci</strong>ò dentro, f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo. Urlai.<br />

«Sì, così, urla. Ti fac<strong>ci</strong>o male, zoccola. Ti sfondo tutta. Non sarò come lui, ma anch’io<br />

non scherzo.»<br />

Mi riempiva la fica. Aveva un cazzo durissimo, più duro che mai, e mi stantuffava con<br />

vigore feroce. Colpo dopo colpo sembrava volermi spaccare la fica. Nella sua testa<br />

doveva essere <strong>in</strong> corso una tempesta: era <strong>in</strong> competizione con <strong>Marco</strong>, con quel cazzo<br />

mitico.<br />

«Hai ragione, non sei come lui, scopi bene, ma lui mi fotterà meglio, vedrai.»<br />

«Troia, troia, troia…. Cosa mi fai! Sono già il tuo cornuto, quanto vuoi che le abbia<br />

lunghe?»


«Tanto lunghe. Tutti <strong>in</strong> azienda sapranno quanto sono troia e quanto tu sei cornuto.<br />

Non potrai più entrare <strong>in</strong> uffi<strong>ci</strong>o senza che qualcuno rida di te. Ti derideranno tutti.<br />

Cornuto.»<br />

La moquette mi irritava la schiena, Giorgio mi artigliò le chiappe e le aprì con forza,<br />

come se volesse squartarmi. Poi <strong>in</strong>filò a secco un dito nel mio culo. Gridai nuovamente.<br />

Lo sfilò, lo <strong>in</strong>umidì dandomelo da succhiare, poi tornò a scavare nel mio buco del culo.<br />

Mi sentivo <strong>in</strong>vasa <strong>in</strong> ogni parte di me. Il suo vigore non mostrava cedimenti e ormai<br />

era un buon quarto d’ora che mi fotteva.<br />

«Troia. Te lo do io il cazzo. Lo vorresti qui <strong>Marco</strong>, al posto mio?» Mi sembrava che<br />

stesse soffrendo le pene dell’<strong>in</strong>ferno. La sua voce rabbiosa era rotta dall’emozione.<br />

Temetti di essermi sp<strong>in</strong>ta troppo <strong>in</strong> là.<br />

«Smettila! – sussurrai – Sono con te, amore. Amo te.»<br />

«Lo vorresti piantato dentro di te al posto mio?» tornò a ripetere <strong>in</strong> modo<br />

congestionato.<br />

«Sì! Sì! Sì! – gridai. Era una liberazione. – Sì, lo vorrei tutto. Vorrei che mi montasse <strong>in</strong><br />

tutte le posizioni. Vorrei colare sperma da tutti i buchi. Deve averlo durissimo. Ti<br />

farebbe impazzire che lui, il tuo peggior nemico, col cazzo più grosso, più lungo, più<br />

duro, più resistente del tuo mi montasse? E probabilmente ha anche più sborra di te.<br />

Mi laverebbe la fica come tu non potrai mai…»<br />

Non potei term<strong>in</strong>are la frase. Giorgio mi cac<strong>ci</strong>ò la sua l<strong>in</strong>gua <strong>in</strong> bocca. Un ba<strong>ci</strong>o<br />

disperato, il suo, poi mi chiese:<br />

«Chiamami col suo nome. Chiamami <strong>Marco</strong>, ti prego.»<br />

«Sì, <strong>Marco</strong>! Sono tua, tutta tua. Fottimi come sai fare tu. Dai <strong>Marco</strong>, spaccami tutta,<br />

mandami a casa tutta rotta e piena di sborra <strong>in</strong> ogni buco. Amami come ti amo io. Ti<br />

amo, <strong>Marco</strong>, ti amo, amo il tuo cazzo gigantesco, il tuo ventre, il tuo petto, i tuoi<br />

coglioni d’ac<strong>ci</strong>aio, i tuoi piedi forti…»<br />

«Sborro, sborro, … ti lavo tutta, ti riempio la fica, amore. Sborro, sborro ancora, …<br />

quanta me ne tiri fuori… Ohh!»<br />

Il suo corpo era squassato da tremiti violentissimi e <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abili. Ad ogni affondo mi<br />

scuoteva tutta. Improvvisamente sentii l’orgasmo sopraggiungere, violento, <strong>in</strong>tenso,<br />

<strong>in</strong>sopportabile.<br />

«Godo, godo… Anch’io, anch’io… <strong>in</strong>sieme… <strong>in</strong>sieme.»<br />

Ansimavamo entrambi, col fiato corto. Solo dopo qualche m<strong>in</strong>uto – che a noi parve<br />

un’eternità – riprendemmo un ritmo regolare di respirazione. Lentamente, tornammo<br />

alla cos<strong>ci</strong>enza. Mi accorsi del bru<strong>ci</strong>ore alla schiena, dovuto allo sfregamento contro la<br />

moquette. Mi accorsi del soffitto, delle tende scostate e mi parve di vedere un b<strong>in</strong>ocolo<br />

ad una f<strong>in</strong>estra del palazzo di fronte. Volevo dirlo a Giorgio, ma poi las<strong>ci</strong>ai correre.<br />

Non ne ero certa, e poi che male c’era. Se era un guardone poteva dirsi fortunato. Non<br />

si vedono tutti i giorni chiavate così. Accarezzai dolcemente la testa di Giorgio. Era la


prima volta che aveva un orgasmo così <strong>in</strong>tenso, sofferto. Mi colpì l’ec<strong>ci</strong>tazione<br />

manifestata di fronte all’idea di me che mi facevo riempire dal nerchione di <strong>Marco</strong>.<br />

Non avrei mai immag<strong>in</strong>ato una simile reazione, <strong>in</strong> lui. Non si trattava di un altro uomo<br />

qualsiasi, di Shamal, per esempio, ma di <strong>Marco</strong>, il più odioso di tutti, quello che gli<br />

avvelenava il piacere del lavoro, che cercava di fregarlo <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uazione e che non<br />

perdeva occasione per metterlo <strong>in</strong> cattiva luce. Voleva che proprio quel bastardo gli<br />

chiavasse la donna. Non immag<strong>in</strong>avo che l’idea di <strong>Marco</strong> scatenasse una delle chiavate<br />

più <strong>in</strong>tense della nostra vita di coppia. Ma ora la scopata era term<strong>in</strong>ata, l’ec<strong>ci</strong>tazione<br />

svanita. Come tornare alla normalità. Il fantasma di <strong>Marco</strong> si era <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uato tra noi,<br />

diffi<strong>ci</strong>le sfrattarlo. Ci alzammo e andammo <strong>in</strong> bagno senza fiatare. Una cappa di<br />

imbarazzo si stava impadronendo di noi. Qualcosa era cambiato. Non sapevamo come<br />

tornare alla normalità. Tacere? Parlarne? Forse Giorgio si vergognava del modo <strong>in</strong> cui<br />

aveva goduto. Ammettere a se stesso, e soprattutto davanti a me, che si era ec<strong>ci</strong>tato <strong>in</strong><br />

modo pazzesco immag<strong>in</strong>andomi scopata da un superdotato, oltretutto chiedendomi di<br />

essere chiamato <strong>Marco</strong>, doveva essere molto diffi<strong>ci</strong>le per lui. Aveva paura che<br />

accadesse ancora, che le sue fantasie prendessero il sopravvento. Si era svegliato un<br />

demone sopito dentro di lui. Non voleva che ricapitasse, ma sapeva che la prossima<br />

volta sarebbe accaduto ancora. Avrei dovuto ancora chiamarlo <strong>Marco</strong>. Cercai di<br />

avvi<strong>ci</strong>narmi a lui e di ba<strong>ci</strong>arlo teneramente. Lo amavo. <strong>Marco</strong> era un gioco. La mia<br />

mente si ribellava all’idea di essere nuda tra le sue brac<strong>ci</strong>a mentre il suo glande nudo si<br />

faceva strada <strong>in</strong> me, dilatandomi oltre misura, ma non rius<strong>ci</strong>va a reprimere un<br />

desiderio che ogni volta che ne parlavamo si faceva più frenetico, ancora un paio di<br />

scopate e sarebbe divenuto <strong>in</strong>contenibile. Ma Giorgio era l’amore. Lui s<strong>in</strong>ghiozzò tra le<br />

mie brac<strong>ci</strong>a:<br />

«Mi vergogno.»<br />

«Non devi. Io ti amo. E poi è stato solo un bel gioco.»<br />

«Non è stato solo un gioco, lo sai. Io vorrei davvero vederti nuda sotto di lui nudo,<br />

vederlo mentre <strong>ci</strong> umilia entrambi.»<br />

«Sei sicuro di volerlo? Io non vorrei farlo, lo odio. Lo farei solo per te.»<br />

«Purtroppo mi conosco. Ora mi vergogno, ma la prossima volta ti implorerò ancora di<br />

chiamarmi <strong>Marco</strong> e di immag<strong>in</strong>are che sia lui a fotterti. E ogni volta sarebbe così, <strong>in</strong> un<br />

crescendo pericoloso.»<br />

«E cosa c’è di male? F<strong>in</strong>almente, siamo un po’ più veri. Conos<strong>ci</strong>amo meglio le nostre<br />

fantasie segrete.»<br />

«Ma io non voglio che rimanga solo una fantasia.»<br />

«Lo sai che è pericoloso? Frequenta il nostro ambiente di lavoro. Se lo fa sapere <strong>in</strong> giro<br />

<strong>ci</strong> può rov<strong>in</strong>are.»<br />

«Lo so. Ma non <strong>ci</strong> posso fare nulla. È un desiderio <strong>in</strong>descrivibile. Oggi mi sono chiuso<br />

<strong>in</strong> bagno <strong>in</strong> uffi<strong>ci</strong>o e mi sono fatto una sega <strong>in</strong>credibile pensando a te sotto di lui. Ho


cercato di resistere, ma non ce la facevo. Sapere che eri vi<strong>ci</strong>no a lui, nel medesimo<br />

uffi<strong>ci</strong>o, consapevole delle misure del suo cazzo. Mi scoppiavano le palle per<br />

l’ec<strong>ci</strong>tazione. Lo so che può umiliarmi anche professionalmente, ma tu non hai idea di<br />

quanto sia ec<strong>ci</strong>tante l’umiliazione, di quanto fac<strong>ci</strong>a <strong>in</strong>durire il cazzo. Voglio essere il<br />

suo cornuto.»<br />

«E come pensi che possa accadere? Io la smorfiosa con lui non la fac<strong>ci</strong>o. Chiedimi tutto,<br />

ma questo no.»<br />

«Io un’idea ce l’avrei… Potremmo <strong>in</strong>vitarlo a cena.»


CAPITOLO 6°<br />

Quando suonò il campanello, andò ad aprire il mio uomo. Sulla porta <strong>Marco</strong> aveva<br />

tra le brac<strong>ci</strong>a un gran mazzo di fiori. Si accomodarono <strong>in</strong> sala e Giorgio mi chiamò. Alla<br />

vista di quel gran mazzo rimasi senza parole. Erano bellissimi il mazzo, e soprattutto<br />

<strong>Marco</strong>. Per un attimo ebbi il dubbio che conoscesse già l’esito della serata. Possibile? Si<br />

sedettero sul divano e servii loro da bere, poi mi allontanai. Mentre tornavo <strong>in</strong> cu<strong>ci</strong>na<br />

sentii addosso il suo sguardo. Uno sguardo supponente e <strong>in</strong>discreto. Sembrava volesse<br />

frugarmi sotto gli abiti. Tornando <strong>in</strong> salotto, lo aveva trovato seduto sul divano con le<br />

gambe larghe e un evidente <strong>in</strong>gombro tra le gambe, favorito anche dal tessuto leggero<br />

dei pantaloni. Giorgio parlava di lavoro e di colleghi, come se non se ne rendesse<br />

conto. Io arrossii e lui se ne accorse, pur f<strong>in</strong>gendo <strong>in</strong>differenza. Mi fermai a bere con<br />

loro e <strong>Marco</strong> prontamente mi diede un bicchiere, con l'accortezza di sfiorarmi le dita.<br />

Mi sedetti a mia volta, su una poltrona a debita distanza. Nella testa avevo le fantasie<br />

del mio cornuto, quelle che mi sussurrava tra le lenzuola. Pensavo alle volte <strong>in</strong> cui<br />

avevo goduto immag<strong>in</strong>ando di essere tra le brac<strong>ci</strong>a di <strong>Marco</strong>. E <strong>in</strong> quel momento lo<br />

avevo davanti. Sicuro di sé con il pacco bene <strong>in</strong> evidenza, quasi Giorgio non <strong>ci</strong> fosse.<br />

Una naturalezza giovane e sfrontata. Il mio uomo aveva die<strong>ci</strong> anni <strong>in</strong> più di lui e<br />

almeno die<strong>ci</strong> centimetri di cazzo <strong>in</strong> meno. La mia curiosità era forte. Non era tanto il<br />

desiderio di scopare con lui, quanto quello di vedergli l'uccello, di sapere se<br />

corrispondeva all'immag<strong>in</strong>e che avevamo visto, o se la fotografia, come spesso accade,<br />

<strong>ci</strong> aveva <strong>in</strong>gannati. Non potevo certo dirgli di mostrarmelo. Soprattutto come avrei<br />

potuto chiedergli di fermarsi? Lui avrebbe preteso almeno una carezza, e magari un<br />

ba<strong>ci</strong>o sul glande. Una volta ottenuto questo non c'era altro che potesse trattenerlo<br />

dall'osare oltre. Lui sorrideva appena mentre parlava di una squadra di cal<strong>ci</strong>o, di<br />

vittorie e di sconfitte, per poi <strong>in</strong>sistere sull’ami<strong>ci</strong>zia – bugiardo, bugiardo! – che lo<br />

legava a noi. Io percepivo il pericolo, mi sentivo tras<strong>ci</strong>nare verso l’abisso e tentavo di<br />

mettermi <strong>in</strong> salvo. Con qualche trucco e qualche distrazione rius<strong>ci</strong>mmo a portare a<br />

term<strong>in</strong>e la cena, e Giorgio per favorire lo svolgimento della serata, mi aveva fatta bere.<br />

<strong>Marco</strong> doveva aver notato la manovra. Aveva capito che quella sera sarei stata sua.<br />

F<strong>in</strong>almente sua. La femm<strong>in</strong>a più bella dello studio legale stava per diventare la sua<br />

ennesima vittima di letto. Come gli astuti predatori <strong>in</strong> cac<strong>ci</strong>a, scrutava tutto con<br />

attenzione. Era pronto al balzo. Aveva capito che non solo Giorgio non sarebbe stato<br />

un problema, ma anzi un alleato. Quel cornuto gli stava preparando la mia<br />

disponibilità. Poteva già ungersi il cazzo. Mi avrebbe posseduta. Avrebbe trionfato su<br />

di me. E poi? Dal giorno dopo che sarebbe accaduto? Quello era forse l’ultimo attimo <strong>in</strong><br />

cui fermare tutto, <strong>in</strong> cui impedire di pre<strong>ci</strong>pitare nell’abisso della perdizione dei sensi.<br />

Ma avevamo ancora abbastanza volontà per evitarlo? Il magnetismo animale di quel


magnifico stallone <strong>ci</strong> aveva soggiogati entrambi. Non c’era scampo, ormai. Ogni idea di<br />

fuga era illusoria. <strong>Marco</strong> chiese a Giorgio un po’ di musica. Servizievole come un<br />

cameriere compiacente, Giorgio provvide e mise della musica lenta, per creare<br />

un’atmosfera propizia alla conversazione, ma si sbagliava. Da quel momento le parole<br />

scomparvero. <strong>Marco</strong> si alzò e mi portò al centro della sala. Mi fece ballare. Pian piano<br />

mi avvi<strong>ci</strong>nava a sé f<strong>in</strong>o a quando mi trovai con la testa poggiata sulla sua spalla. Ci<br />

eravamo più volte chiesti, io e Giorgio, come avremmo fatto a passare dai convenevoli<br />

alla trasgressione. Ecco. Era accaduto con naturalezza. Merito di <strong>Marco</strong> che aveva<br />

capito leggendo <strong>in</strong> trasparenza i nostri desideri. Il suo cazzo duro mi premeva il ventre.<br />

Poi mi prese la nuca e mi ba<strong>ci</strong>ò. Lì davanti a Giorgio, il gesto più <strong>in</strong>timo tra un uomo e<br />

una donna stava realizzandosi. <strong>Marco</strong> mi ba<strong>ci</strong>ava, mi <strong>in</strong>filava la l<strong>in</strong>gua nella cavità<br />

orale e Giorgio <strong>ci</strong> guardava senza fiatare. La tensione di <strong>ci</strong>ò che doveva accadere e<br />

l’ec<strong>ci</strong>tazione dei corpi erano palpabili. Chiunque fosse entrato <strong>in</strong> quel momento<br />

avrebbe compreso cosa stava accadendo. Non solo tra me e <strong>Marco</strong>, ma anche tra <strong>Marco</strong><br />

e Giorgio: il rito di sottomissione del mio uomo nei confronti di un altro maschio più<br />

dotato di lui si stava compiendo. Tra qualche m<strong>in</strong>uto un uomo avrebbe estratto i propri<br />

genitali e avrebbe trionfato sulla virilità del mio uomo. Come <strong>in</strong> un <strong>in</strong>contro di boxe o<br />

di lotta, uno avrebbe v<strong>in</strong>to e l’altro si sarebbe sottomesso all’umiliazione delle<br />

dimensioni più piccole e <strong>in</strong> segno di resa avrebbe concesso al dom<strong>in</strong>atore il possesso<br />

della propria donna.<br />

<strong>Marco</strong> cont<strong>in</strong>uava a limonarmi e nel frattempo percorreva il mio corpo con quelle<br />

sue mani affusolate. Era abile. Non c’era dubbio, e io ero ormai un pezzo di carne nelle<br />

sue mani, avrebbe potuto fare di me <strong>ci</strong>ò che voleva.<br />

«È proprio un bravo amico Giorgio.» Mi pareva che nel suo tono <strong>ci</strong> fosse un pizzico di<br />

sarcasmo. Era quello che temevo potesse accadere.<br />

«Cosa vuoi dire?»<br />

«Che è gentile con noi.». Il tono era proprio sarcastico.<br />

Mentre parlava, <strong>Marco</strong> mi sfiorò la fica. Lo fece con molto tatto, ma senza preoccuparsi<br />

di me, del mio parere, del mio imbarazzo. Anzi, sembrò che lo facesse apposta. Io<br />

aveva com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato a temere che la serata potesse prendere una brutta piega: con<br />

un’eccessiva dose di umiliazione per Giorgio. Con l’ultimo bri<strong>ci</strong>olo di orgoglio, mi<br />

staccai e barcollando, più per l’ec<strong>ci</strong>tazione che per il v<strong>in</strong>o, mi accomodai <strong>in</strong> poltrona.<br />

«Non ti piace l’idea che potremmo essere più <strong>in</strong> confidenza.»<br />

«No, credo che per colpa del v<strong>in</strong>o abbiamo fatto cose che normalmente non <strong>ci</strong><br />

sogneremmo di fare.»<br />

«No, no. Io con te l’amore lo farei anche da lu<strong>ci</strong>do.»<br />

«Ti desidero da morire. Voglio far l'amore con te davanti a Giorgio. Non voglio che tu<br />

lo tradisca.»


Giorgio temendo che tutto sfumasse, preferì f<strong>in</strong>gere di essersi appisolato. Mentre<br />

<strong>Marco</strong> parlava temevo cogliesse il mio imbarazzo. Stava toccando corde sensibili,<br />

troppo sensibili. Cercavo di essere naturale ma non <strong>ci</strong> rius<strong>ci</strong>vo. «Stasera ho capito che<br />

l'idea di vedermi fare l'amore con te lo ec<strong>ci</strong>ta. Ora, tu sai che mi pia<strong>ci</strong> da morire, da<br />

sempre. E tu lo hai capito subito, s<strong>in</strong> dalla prima volta che <strong>ci</strong> siamo visti. Ho pensato<br />

che poiché sei una donna <strong>in</strong> gamba e leale nei confronti di tuo marito, non lo tradiresti<br />

mai. L'unica speranza è quella di proporvi un gioco a tre, ma dovevo verificare che<br />

Giorgio <strong>ci</strong> stesse. Stasera credo di aver capito. Guarda come f<strong>in</strong>ge di dormire per<br />

las<strong>ci</strong>ar<strong>ci</strong> liberi. A Giorgio piacerebbe molto vedermi mentre ti monto.»<br />

<strong>Marco</strong> aveva creato un attimo <strong>in</strong> silenzio, come per las<strong>ci</strong>are riverberare l'ultima frase<br />

e ancor più l'ultimo verbo. Ero senza parole. Quell'improvviso cambio di l<strong>in</strong>guaggio mi<br />

aveva presa alla sprovvista. Mi vidi nuda alla pecor<strong>in</strong>a sotto di lui.<br />

«Vedi, tu mi fai uno strano effetto. Mi ec<strong>ci</strong>to anche solo parlandoti. Lo vedi?» Si prese il<br />

cazzo duro tra le dita attraverso la stoffa dei pantaloni. «Dovresti sentire come ce l'ho<br />

duro. Non essere imbarazzata. Cosa ti imbarazza di più? L’idea di tuo marito che <strong>ci</strong><br />

guarda o l'idea delle generose dimensioni del mio cazzo?»<br />

Perché gli permettevo di rivolgersi a me <strong>in</strong> questo modo? L’antipatia che dom<strong>in</strong>ava<br />

il nostro rapporto stava riaffiorando. Perché non reagivo sbattendolo fuori di casa? In<br />

quel momento odiai anche Giorgio. Tutto questo stava accadendo per colpa sua, per<br />

permettergli di sentirsi umiliato con un bel paio di corna. Mentre riflettevo, <strong>Marco</strong> si<br />

alzò e mi si avvi<strong>ci</strong>nò. Estrasse il cazzo dalle mutande. Non fe<strong>ci</strong> <strong>in</strong> tempo ad alzarmi che<br />

mi trovai con quella grossa nerchia <strong>in</strong> bocca. Ammetto che aprii le labbra senza alcuna<br />

costrizione. Più grossa di quella di Shamal, pensai nell'ultimo momento di lu<strong>ci</strong>dità.<br />

Cos'accadde dopo? <strong>Marco</strong> me lo mise <strong>in</strong> bocca dicendo parole dol<strong>ci</strong>ssime e volgari, f<strong>in</strong>o<br />

a sussurrare: “Ti scopo <strong>in</strong> bocca, <strong>Debora</strong>, ti amo <strong>Debora</strong>”. Come <strong>in</strong> preda ad un raptus<br />

com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ai a succhiare il glande, poi aprii di più le labbra e faticosamente mi riempii la<br />

bocca di cazzo. <strong>Marco</strong> mi ripeteva: «Brava, <strong>Debora</strong>, brava.» Con la mano s<strong>in</strong>istra<br />

afferrai quella nerchia poderosa, mentre con la destra soppesavo i testicoli. Come erano<br />

grossi. Nell'<strong>in</strong>sieme tutto quell'armamentario di carne doveva essere il doppio di<br />

quello di Giorgio, forse anche di più. Lo succhiai come <strong>in</strong> stato di trance. Non capivo<br />

bene cosa stessi facendo. Poi il maschio mi sollevò, mi spogliò f<strong>in</strong>o a las<strong>ci</strong>armi nuda. Mi<br />

aveva fatta sedere sulla poltrona, si era <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiato tra le mie gambe e aveva<br />

com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato a leccarmi la fica. Una l<strong>in</strong>gua abile, sì, ma si sentiva che c'era anche rude<br />

presa di possesso. Quel mostro mi stava rubando la cos<strong>ci</strong>enza. Mi prese tra le brac<strong>ci</strong>a e<br />

mi trasportò sul divano, e lì, tra mille carezze e ba<strong>ci</strong> sulle guance, sui capezzoli e sulla<br />

bocca, mi chiavò tutta. Giorgio non faceva più f<strong>in</strong>ta di dormire. Si era tirato fuori quel<br />

cazzo che sembrava diventato m<strong>in</strong>uscolo al confronto con quello di <strong>Marco</strong> e si sparava<br />

una frenetica sega. <strong>Marco</strong> mi dilatava la vag<strong>in</strong>a con l’uccello e con la l<strong>in</strong>gua mi<br />

esplorava la bocca. F<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo, sopra e sotto. Era veramente grosso e mi sentivo


aperta più che mai, squartata. Mi montò per parecchio e io ero aggrappata al suo corpo.<br />

Avevo avuto ripetuti orgasmi e las<strong>ci</strong>ato il segno delle unghie nella sua schiena. Mi<br />

riempì una prima volta di sborra, mentre sussurrava:<br />

«Sei mia, troia, sei mia.»<br />

«Sì – rispondevo io – sono tua. Tutta tua.»<br />

Se non avessi preso la pillola mi avrebbe <strong>in</strong>gravidata. Giorgio sarebbe stato il<br />

padre del figlio di un altro, o meglio del figlio di <strong>Marco</strong>, di quel porco. Nonostante la<br />

mia resistenza, grazie alle perversioni del mio uomo, c’era rius<strong>ci</strong>to. Ero diventata la sua<br />

ultima preda. Mi aveva scopata, mi aveva montata tutta, concedendo a Giorgio<br />

l’umiliante piacere di essere lo spettatore di una superiorità virile. Lo aveva reso<br />

cornuto. Ora anche nell’ambiente di lavoro avrebbe avuto un argomento segreto a suo<br />

favore: poteva sempre dire «Ta<strong>ci</strong> tu, cornuto.» Io, dopo l'amplesso, avevo sentito uno<br />

strano senso di colpa crescere impetuoso. Mi dicevo che <strong>in</strong> fondo la colpa era di<br />

Giorgio, del mio uomo – ma lo era ancora, il mio uomo? Se lui non avesse messo <strong>Marco</strong><br />

al centro delle nostre fantasie sessuali, questo non sarebbe accaduto. <strong>Marco</strong> non<br />

avrebbe mai potuto impalarmi come aveva appena fatto con quel suo grosso tronco di<br />

carne dura e cruda. Era tutta colpa di Giorgio che mi aveva messo <strong>in</strong> testa quelle strane<br />

idee. Forse quelle corna, il mio uomo, non solo le voleva, ma se le meritava.<br />

Credevo che si sarebbe vestito e sarebbe andato via, ma mi sbagliavo. Giorgio non<br />

aveva ancora sborrato. <strong>Marco</strong> gli si avvi<strong>ci</strong>nò con il cazzo duro e umido di sborra, glielo<br />

mostrò e disse: «Cornuto, guarda bene che razza di nerchia si è appena presa la tua<br />

donna. E non è ancora f<strong>in</strong>ita.» Poi mi prese per mano e mi portò sul letto, mi fece<br />

sdraiare sulla schiena, si <strong>in</strong>salivò la cappella, poi con delicatezza la appoggiò alla fica e<br />

piano penetrò di nuovo. Sentivo un corpo estraneo <strong>in</strong>trufolarsi e avendo la fica già<br />

irritata dalla precedente penetrazione provai un po’ di dolore, lenito solo dal fatto che<br />

fossi bagnatissima. Caldo, duro, enorme. Per la seconda volta ebbi la certezza che mai<br />

nulla di così grosso era penetrato <strong>in</strong> me. Mi sentii aprire, dilatare con forza e dolcezza<br />

al tempo stesso. Mi parve che quella <strong>in</strong>esorabile penetrazione nella mia carne non<br />

dovesse mai f<strong>in</strong>ire.<br />

Giorgio era lì, seduto sul bordo del letto, nudo come un verme, si toccava e<br />

guardava con sguardo rapito. Non lo avevo mai visto così. Dov’era f<strong>in</strong>ito il mio uomo?<br />

Contemplava il maschio che gli chiavava la donna. <strong>Marco</strong> com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ò a leccarmi i<br />

capezzoli. Non capii più nulla. Ho le tette molto sensibili. Mi las<strong>ci</strong>ai andare e <strong>Marco</strong> ne<br />

approfittò per darmi un colpo secco e profondo. Trionfalmente era di nuovo tutto<br />

dentro di me, dentro la mia femm<strong>in</strong>ilità. Una bella donna era lì, nuda e trafitta da lui.<br />

Giorgio guardava <strong>in</strong> silenzio. Non poteva far altro che prendere atto della superiore<br />

virilità di <strong>Marco</strong>, delle devastanti dimensioni del suo cazzo. Non poteva far altro che<br />

constatare come gli stesse squartando la donna.<br />

«Hai delle tette perfette.»


Sorrisi lus<strong>in</strong>gata dal complimento. Nel frattempo <strong>Marco</strong> ne approfittò per sp<strong>in</strong>germelo<br />

ancora più dentro.<br />

«Ah!» gemetti.<br />

«Hai mai preso cazzi così grossi?»<br />

«No, mai.»<br />

«Allora ti sfonderò per bene. Ti monterò f<strong>in</strong>o a sf<strong>in</strong>irti.»<br />

Con un altro colpo durissimo mi compresse l'utero. Lan<strong>ci</strong>ai un urlo, seguito da un<br />

lungo <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abile gemito. Ero nuda, completamente nuda, dilatata da un cazzo<br />

robusto, posseduta da un vero stallone da monta. Ed era solo l'<strong>in</strong>izio. Guardai Giorgio<br />

con occhi diversi. F<strong>in</strong>o a prima di prendere questo cazzo, era il mio semidio. Lo<br />

adoravo. Ricordai i giorni <strong>in</strong> cui gli avevo leccato i piedi come una cagna devota. Ora<br />

mi sembrava un modesto, sottomesso cornuto e il suo cazzo mi parve mesch<strong>in</strong>o. Come<br />

potevo averlo amato? Come potevo amarlo ancora? Vidi il suo sguardo perduto nella<br />

visione dei nostri due stupendi corpi avv<strong>in</strong>ghiati <strong>in</strong>dissolubilmente. Poi un nuovo<br />

durissimo colpo di <strong>Marco</strong> mi fece capire che non potevo sottrarmi, che non c’era tempo<br />

per distrarsi. Mi aprii ancor più, se possibile. Cosa provava veramente Giorgio nel<br />

vedermi scopata, chiavata, montata, posseduta, o come si voglia dire, da questo<br />

stallone? E cosa avrebbe provato nel momento <strong>in</strong> cui avrei com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato a godere? Perché<br />

l’orgasmo si avvi<strong>ci</strong>nava. I colpi di <strong>Marco</strong>, sempre più violenti, mi scuotevano tutta. Le<br />

tette ballonzolavano, o meglio venivano sballottate ad ogni colpo. Il lungo cazzo si<br />

muoveva dentro e fuori con sicurezza. Ormai era piantato saldamente <strong>in</strong> me.<br />

Non capivo più nulla. Scuotevo la testa <strong>in</strong> una direzione e nell'altra. Com'era duro.<br />

Com'era lungo. Come si conficcava nella mia fica. Quando poi si soffermava, piantato<br />

profondamente dentro di me, come per las<strong>ci</strong>armi respirare, mi sentivo sosp<strong>in</strong>ta ai<br />

conf<strong>in</strong>i del mondo. Non esisteva nulla oltre quella sensazione di possesso completo,<br />

def<strong>in</strong>itivo. E <strong>Marco</strong> cont<strong>in</strong>uava a martellarmi la fica. Uno stantuffo che andava avanti e<br />

<strong>in</strong>dietro con ritmo regolare e una forza stupefacente. Io contemplavo i muscoli di quel<br />

maschio bellissimo, tesi allo spasimo durante la penetrazione. Poi mi sollevò le gambe<br />

e le appoggiò sulle proprie spalle. Mi chiavava senza pietà. La mano di Giorgio aveva<br />

un movimento irrefrenabile. Una sega maestosa, la sua. Solo che questa volta, non ero<br />

più con lui. Poteva godere o no, non mi <strong>in</strong>teressava più: gemevo, mugolavo, ogni tanto<br />

urlavo, sotto i colpi di un vero maschio. Nelle chiappe di <strong>Marco</strong>, là dove avevo<br />

poggiato le mani si formava una fossetta ogni volta che sprofondava <strong>in</strong> me. Di tanto <strong>in</strong><br />

tanto, dava un colpo de<strong>ci</strong>so, come per entrare ancora di più, quasi volesse mettermi<br />

dentro anche i coglioni. Non ce la facevo più. Non potevo più resistere. Gridai,<br />

squassata da un orgasmo di <strong>in</strong>tensità <strong>in</strong>credibile, e mi aggrappai perdutamente a<br />

<strong>Marco</strong>. Giorgio – lo seppi dopo - sborrò <strong>in</strong>sieme a me. I fiotti della sua sborra,<br />

prolungati e generosi, <strong>in</strong>tensi come non mai rivelavano la forza dell’ec<strong>ci</strong>tazione. Non<br />

credevo che lui potesse godere così vedendomi sfondata da un altro uomo, col cazzo


più grosso e più lungo. Sensazione <strong>in</strong>enarrabile, mi raccontò dopo. Com'è possibile che<br />

<strong>ci</strong> siano uom<strong>in</strong>i disposti ad uc<strong>ci</strong>dere per aver subito le corna e altri che le implorano?<br />

Ora, era def<strong>in</strong>itivamente cornuto. Ora, lo sapevamo <strong>in</strong> tre. Io, lui e <strong>Marco</strong>, che<br />

cont<strong>in</strong>uava a stantuffarmi la povera fica, pronto a renderla dolorante a furia di colpi di<br />

martello. Non sembrava voler smettere. L'uccello, con regolarità impressionante<br />

penetrava a fondo, sempre più a fondo, e mi aprivo sempre di più, come a volerne<br />

<strong>accoglie</strong>re oltre ogni limite. <strong>Marco</strong> progressivamente accelerò il ritmo, più forte, più<br />

forte:<br />

«Troia, ti spacco tutta.»<br />

«Sì, sì, così... ah, godo, godo ancora... ah»<br />

«Anch'io vengo. Non resisto più.»<br />

Dopo gli ultimi fero<strong>ci</strong> colpi, <strong>Marco</strong> si accas<strong>ci</strong>ò su di me. Il suo sperma era dentro il<br />

mio corpo. Passati i primi istanti, mi ba<strong>ci</strong>ò, o meglio mi limonò. La sua l<strong>in</strong>gua<br />

penetrava profondamente nella mia bocca. Inf<strong>in</strong>e <strong>ci</strong> abbrac<strong>ci</strong>ammo e rimanemmo<br />

immobili.


CAPITOLO 7°<br />

Ecco come siamo f<strong>in</strong>iti qui <strong>in</strong> questa casa a far<strong>ci</strong> umiliare entrambi. Ogni volta, questo<br />

porco ha immag<strong>in</strong>ato giochi nuovi per noi, ogni volta nuove umiliazioni per me e per<br />

Giorgio. Ogni volta che <strong>ci</strong> las<strong>ci</strong>amo dopo questi <strong>in</strong>contri, io e Giorgio <strong>ci</strong> ripromettiamo<br />

di smettere, ma la buona <strong>in</strong>tenzione dura una settimana al massimo e poi lo<br />

richiamiamo. A volte basta che lui <strong>ci</strong> chiami annun<strong>ci</strong>ando<strong>ci</strong> il suo arrivo per cena o <strong>ci</strong><br />

<strong>in</strong>viti a casa sua e noi siamo pronti a scod<strong>in</strong>zolare. Adesso lui mi prende <strong>in</strong> brac<strong>ci</strong>o e mi<br />

depone sul letto.<br />

«Come ti senti?» mi chiede.<br />

«Piena di timori.»<br />

«Non devi averne, vedrai che ti piacerà. Non ti ho forse fatta godere tutte le volte?»<br />

«Sì, ma non era questo quello che mi attendeva.»<br />

«È normale, che tu abbia un po’ di timore, ma è meglio così. Le paure quando si<br />

s<strong>ci</strong>olgono diventano corroboranti: <strong>ci</strong> si scatena. La prima volta è naturale.»<br />

«Ma per me non è la prima volta.»<br />

«Per le mie dimensioni, sarà come la prima volta. Quello di Giorgio non è un vero<br />

cazzo. Dico bene, Giorgio?»<br />

Il mio uomo risponde di sì.<br />

«Comunque sappi che tutte quelle che me lo hanno dato alla f<strong>in</strong>e erano distrutte ma<br />

soddisfatte.»<br />

Poi si rivolge a Giorgio: «È tutto pronto?»<br />

«Sì!»<br />

Sono nella camera col lettone, Giorgio ha montato un cavalletto sormontato da una<br />

videocamera.<br />

«Se mi riprendi, mi vergogno.»<br />

Non mi risponde e mi ba<strong>ci</strong>a. Mi s<strong>ci</strong>olgo rapidamente. Le sue mani mi accarezzano i<br />

capelli. Appena è sicuro che sono di nuovo mentalmente sua, <strong>in</strong>izia a ba<strong>ci</strong>are il mio<br />

corpo. Tutto, senza risparmiarne un centimetro. Scende dal collo ai seni, poi al ventre,<br />

si sofferma a lungo sulle labbra della fica. Sono fradi<strong>ci</strong>a. Mi lecca con perizia assoluta.<br />

Chiudo gli occhi e mugolo f<strong>in</strong> quasi a raggiungere il primo orgasmo. Ma lui si ferma<br />

un attimo prima. Sono una corda di viol<strong>in</strong>o. Gli impugno con vigore il membro, per<br />

sentire la consistenza, la durezza, la grossezza, ma soprattutto la forza che sprigiona.<br />

Cosa sarà capace di farmi questo nerchione? Si sdraia sul letto <strong>in</strong> modo da farlo<br />

svettare <strong>in</strong> tutta la sua lunghezza. Una gigantesca torre di carne. Mi accoccolo tra le sue<br />

cosce aperte e lo ba<strong>ci</strong>o con dolcezza, lecco i coglioni gonfi, poi risalgo con la l<strong>in</strong>gua<br />

lungo il tronco, <strong>in</strong>dugiando spesso e cercando di mordicchiare la grande vena centrale<br />

che <strong>in</strong>nerva l’<strong>in</strong>tero tronco f<strong>in</strong>o al glande. È scuro, vellutato e massic<strong>ci</strong>o. Già così dà


una sensazione di pienezza <strong>in</strong>commensurabile. Mi dilaterà a dismisura. Altro che il<br />

mio Giorgio. Divento impaziente e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>o a leccare la cappella, f<strong>in</strong>o ad <strong>in</strong>goiarla<br />

tutta, o meglio a provar<strong>ci</strong>. Mi sforzo. Mi si spaccano le mandibole per lo sforzo. Ho<br />

letto di gente che per sforzi del genere è f<strong>in</strong>ita al pronto soccorso. Tuttavia mi piace.<br />

Muovo la testa su e giù, per quanto mi è concesso. <strong>Marco</strong> mi accarezza dolcemente i<br />

capelli, vi <strong>in</strong>fila le dita, preme leggermente il cuoio capelluto e mi sussurra frasi di<br />

<strong>in</strong><strong>ci</strong>tamento:<br />

«Brava, cont<strong>in</strong>ua così? Sei proprio brava. Fammi vedere come adori il mio cazzo.»<br />

Sollevo lo sguardo per <strong>in</strong>contrare il suo, ma ha gli occhi chiusi e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a a mugolare.<br />

Mi sfilo quell’attrezzo enorme per un attimo:<br />

«Guardami, guarda chi ti sta succhiando il cazzo!»<br />

Nel frattempo las<strong>ci</strong>o scorrere la mano lungo il tronco <strong>in</strong> un movimento masturbatorio.<br />

«Ora basta! Sdraiati a pan<strong>ci</strong>a <strong>in</strong> giù!»<br />

Obbedisco timorosa, mentre lui mi colloca due cus<strong>ci</strong>ni sotto il ventre. Il momento è<br />

ormai prossimo. Giorgio riprende tutto e si masturba freneticamente. <strong>Marco</strong> de<strong>ci</strong>de di<br />

accor<strong>ci</strong>are i tempi. Ord<strong>in</strong>a a Giorgio di dargli la boccetta del lubrificante. Giorgio,<br />

servizievole, obbedisce. Su ord<strong>in</strong>e di <strong>Marco</strong> mi lubrifica il culo. Poi unge bene la<br />

cappella di <strong>Marco</strong> e la avvi<strong>ci</strong>na al mio buco del culo. Ora il maschio com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a a<br />

premere per entrare. Lentamente mi sento dilatare l’ano. Una dilatazione che pare<br />

<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita, nel frattempo mi sento <strong>in</strong>vadere. Un tronco caldo e morbido entra <strong>in</strong> me, entra<br />

nel mio culo. Mi fa male, ma non gli chiederei di smettere per nulla al mondo. Il mio<br />

Giorgio sensazioni del genere non me le ha mai date, né potrebbe mai procurarmele.<br />

Provo un senso di <strong>in</strong>gombro che si fa via via più piacevole. All’improvviso, superata la<br />

metà del lungo attrezzo di carne, <strong>Marco</strong> dà un colpo secco e mi penetra f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo.<br />

«Ahhhh!» questa volta il dolore è più <strong>in</strong>tenso.<br />

«Lo senti?» mi chiede <strong>Marco</strong>.<br />

«Sì… ti sento… tutto» rispondo a fatica, questo senso di pienezza mi toglie il respiro.<br />

«F<strong>in</strong> dove lo senti?»<br />

«In fondo al culo. Lo sento <strong>in</strong> fondo.»<br />

Mi preme una mano sul ventre, al di sopra dell’ombelico e mi chiede:<br />

«F<strong>in</strong>o a qui?»<br />

«Sì… » ho la sensazione che premendo un po’ di più potrebbe toccare il suo cazzo<br />

piantato <strong>in</strong> me.<br />

«E ti piace?»<br />

«Sì… ». Non riesco a dire altro che sì.<br />

Lentamente si sfila quasi del tutto, poi all’improvviso penetra nuovamente, con forza,<br />

con un solo colpo secco, violento.<br />

Questa volta grido di dolore. Mi violenta il culo. Tocca il fondo di me stessa con la<br />

carne dura del glande.


«E ora lo senti?»<br />

«Sì… lo sento.»<br />

«Più di prima?»<br />

«Sì, molto di più.» Cosa vuole sentirmi dire veramente?<br />

«Lo vuoi ancora o preferis<strong>ci</strong> smettere?»<br />

Parla con calma, come se non fosse piantato <strong>in</strong> me, io <strong>in</strong>vece prima di ogni parola devo<br />

respirare, tanto mi sento piena.<br />

«Cont<strong>in</strong>ua, ti prego.»<br />

«Cornuto, hai sentito la tua donna cosa dice? – rivolgendosi a Giorgio – Vuole che io la<br />

<strong>in</strong>culi tutta. E tu cosa vuoi che fac<strong>ci</strong>a? Smetto?»<br />

«No, ti prego non smettere. Inculala tutta.»<br />

«Cosa sei disposto ad offrirmi aff<strong>in</strong>ché io cont<strong>in</strong>ui ad <strong>in</strong>culartela?»<br />

«Qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa!»<br />

«Anche il tuo culo?»<br />

Dopo qualche attimo di titubanza, Giorgio sussurra «Sì!».<br />

Improvvisamente mi accorgo dello specchio sulla parete. Mi vedo. Sono lì, nuda e<br />

penetrata <strong>in</strong> modo def<strong>in</strong>itivo.<br />

«Inculami, <strong>Marco</strong>, <strong>in</strong>culami.»<br />

«Sì, ma tu non hai idea di quello che accadrà.»<br />

«Io sono pronta.»<br />

Spronato dalle mie parole, riprende a muovere quel grosso tronco dentro il mio culo. Si<br />

sfila del tutto e poi torna ad aprirmi tutta. Ho le natiche completamente divaricate.<br />

Chissà cosa pensa Giorgio mentre vede <strong>Marco</strong> <strong>in</strong>culargli poderosamente la donna.<br />

Mi penetra ritmicamente e sempre f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo, dando ogni volta un piccolo colpo<br />

f<strong>in</strong>ale. Poi torna <strong>in</strong>dietro e riprende. Ha una corsa lunghissima, sembra non debba<br />

f<strong>in</strong>ire mai. Sono sommersa rapidamente dal piacere ed ho il primo orgasmo anale<br />

procuratomi dal membro di <strong>Marco</strong>. Violento, rapido, <strong>in</strong>tenso. Non ero mai venuta così<br />

<strong>in</strong> fretta durante un’<strong>in</strong>culata. Non capisco più nulla per alcuni istanti, mi aggrappo alle<br />

lenzuola e mordo un cus<strong>ci</strong>no. Ora si muove ferocemente e con grande velo<strong>ci</strong>tà. Mi sta<br />

letteralmente squartando. Se Giorgio mi entrasse nel culo adesso, mi troverebbe<br />

larghissima, tanto da ballar<strong>ci</strong> dentro con il suo cazzetto da normodotato. Giunge<br />

repent<strong>in</strong>amente un secondo orgasmo. Godo a ripetizione, come mai mi è accaduto.<br />

Sono <strong>in</strong> preda ad una sorta di parossismo sfrenato, <strong>in</strong>contenibile:<br />

«Inculami… <strong>in</strong>culami tutta. Squartami, sì…così, così… Sei enorme mi ammazzi con il<br />

tuo cazzo, ma non ti fermare, non ti fermare mai…»<br />

Lui non parla, il suo cazzo parla per lui. Trionfa sul mio corpo. Ha v<strong>in</strong>to la sfida. Sono<br />

v<strong>in</strong>ta, sono sua, e lo sarò per sempre, anche se non mi <strong>in</strong>culasse mai più. Il ricordo di<br />

quello che mi sta facendo mi accompagnerà f<strong>in</strong>o alla tomba.


«Dai, mio bello stallone… montami… montami tutta… rompimi il culo… spaccami <strong>in</strong><br />

due… fa vedere al cornuto come si <strong>in</strong>cula una donna.»<br />

Parlo <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uazione, cosa mi sta succedendo? Ho perduto il controllo. Neppure la<br />

presenza di Giorgio, mi trattiene più, anzi. Che veda cosa succede, che filmi bene il mio<br />

godimento. Il cazzo mi trapana tutta. È una forza della natura. Sento delle piccole fitte,<br />

possibile che mi abbia lacerato i tessuti <strong>in</strong>terni?<br />

«Che cazzo meraviglioso hai. Dammelo. Squartami, sfas<strong>ci</strong>ami tutta… Possiedimi…<br />

Sono tua… solo tua… tutta tua… Ti amo! Ti amo! Ti amo!»<br />

All’improvviso mi accorgo di <strong>ci</strong>ò che ho detto. Ho dichiarato il mio amore per <strong>Marco</strong> <strong>in</strong><br />

presenza del mio uomo. Temo la sua reazione. Ma non accade nulla. Quel debos<strong>ci</strong>ato e<br />

cornuto è completamente perduto nel suo mondo di guardone e segaiolo. Invece dopo<br />

quel ti amo, <strong>Marco</strong> accelera ancor di più i colpi f<strong>in</strong>o a sborrare copiosamente dentro di<br />

me. Sp<strong>in</strong>ge la sborra con forza <strong>in</strong> fondo al culo, mi allaga il culo. È un mare di sperma<br />

quello che mi riempie. Nel frattempo grida:<br />

«Sborro…sborro… ti sborro dentro… ti lavo il culo… ti fac<strong>ci</strong>o un clistere di sborra,<br />

troia. Ti sfondo il culo per sempre… Sborro… sborro…»<br />

A quelle parole, ho un nuovo orgasmo.<br />

«Sì, sborrami nel culo… Riempimi tutta… Lavami… Ahhh! Godooo con te.». Un<br />

m<strong>in</strong>uto dopo sento come uno squittio. Giorgio schizza, sborra anche lui, gode<br />

timidamente <strong>in</strong> un angolo del letto su cui io, la sua donna, sono appena stata spaccata<br />

<strong>in</strong> due.


CAPITOLO 8°<br />

Dopo una pausa con due chiacchiere e un bicchiere di v<strong>in</strong>o, rivediamo il film<br />

dell’<strong>in</strong>culata che ho appena subito. Le scene <strong>ci</strong> ec<strong>ci</strong>tano. Il cazzo di <strong>Marco</strong> dà cenni di<br />

ripresa e il suo proprietario mi ord<strong>in</strong>a di succhiarglielo. Non mi tiro <strong>in</strong>dietro. Anzi,<br />

vogliosa, <strong>ci</strong> metto molta cura. Poco dopo, rimesso <strong>in</strong> sesto dalla mia abile l<strong>in</strong>gua, il suo<br />

cazzo è nuovamente pronto a trafiggere. <strong>Marco</strong> guarda Giorgio, nudo sulla poltrona<br />

che si masturba, e gli ord<strong>in</strong>a di prendere il mio posto. Giorgio non protesta, si limita ad<br />

accuc<strong>ci</strong>arsi e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a un bel pomp<strong>in</strong>o, come se dovesse cont<strong>in</strong>uare quello di <strong>in</strong>izio<br />

serata. Questa do<strong>ci</strong>lità del mio uomo, questa sua arrendevolezza, sono per me fonte di<br />

stupore. Vederlo mentre succhia quel grosso uccello mi affas<strong>ci</strong>na e mi preoccupa. Poco<br />

dopo, <strong>Marco</strong> mi ord<strong>in</strong>a di leccare il culo di Giorgio, di <strong>in</strong>umidirglielo ben bene. Poi mi<br />

manda a prendere la boccetta del lubrificante, quello usato per trafiggere il mio culo.<br />

Inf<strong>in</strong>e, con un tono che non ammette replica, fa <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiare Giorgio alla pecor<strong>in</strong>a sul<br />

letto. Lui do<strong>ci</strong>lmente lo asseconda, pur sapendo <strong>ci</strong>ò che lo attende. Possibile che il mio<br />

uomo sia ricchione f<strong>in</strong>o a questo punto? <strong>Marco</strong> si fa ungere da me il dito medio con il<br />

lubrificante e poi lo <strong>in</strong>fila nel culo di Giorgio. L’operazione viene ripetuta anche con<br />

l’<strong>in</strong>dice. Giorgio trafitto reagisce:<br />

«Ahh… Porco, cosa mi fai?»<br />

«Indov<strong>in</strong>a.» risponde <strong>Marco</strong> con aria di trionfo.<br />

«Mi metti le dita nel culo.»<br />

«Per il momento, le dita.»<br />

«Non <strong>ci</strong> provare. Ce l’hai troppo grosso.»<br />

«Se l’ha preso la tua donna, lo puoi prendere anche tu. D’altronde non vedi l’ora che io<br />

ti <strong>in</strong>culi.»<br />

<strong>Marco</strong> mi fa un cenno e io provvedo premurosamente ad ungergli con il lubrificante il<br />

glande scappellato. In quella camera <strong>ci</strong> sono una donna e due uom<strong>in</strong>i, ma un solo<br />

Maschio. I ruoli sono assolutamente chiari: Giorgio lo prende, <strong>Marco</strong> lo dà. D’altra<br />

parte le misure del cazzo stabiliscono un’evidente gerarchia. Chi ce l’ha più grosso<br />

sodomizzerà l’altro. Una volta unto anche il buco del culo della vittima sacrificale, il<br />

vero Maschio blocca Giorgio tenendolo per i fianchi e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a a penetrare nel suo<br />

corpo. Per un m<strong>in</strong>uto c’è solo silenzio, poi sospirando Giorgio chiede:<br />

«Per favore, fai piano. Sei troppo grosso. Mi squarti.»<br />

«È quello che voglio.» risponde <strong>Marco</strong>. «Voglio las<strong>ci</strong>arti un segno <strong>in</strong>delebile del mio<br />

passaggio.» Appena term<strong>in</strong>ata la frase, <strong>Marco</strong> pianta un colpo di cazzo violentissimo.<br />

Giorgio rimane senza respiro. Quando f<strong>in</strong>almente può, protesta:<br />

«Fai piano, ti prego.»


«<strong>Debora</strong>, guarda come sverg<strong>in</strong>o il culo al tuo uomo, e come mi implora.» Poi<br />

rivolgendosi al mio uomo:<br />

«Cornuto, dì alla tua donna quanto ti piace il mio cazzo.»<br />

Lui non risponde. Si limita a gemere. <strong>Marco</strong> ripete la domanda:<br />

«Allora, cornuto, vuoi dire alla tua donna quanto ti piace il mio cazzo, sì o no?»<br />

«Sì, mi piace… molto… molto.»<br />

«Ce l’ho più grosso del tuo?»<br />

«Ce l'hai più grosso, molto più grosso del mio.»<br />

Mentre parla, il Maschio come <strong>in</strong> preda ad un raptus gli dà colpi che sembrano dover<br />

spaccare <strong>in</strong> due il mio uomo e gli schiaffeggia le natiche. Io, come <strong>in</strong> preda ad uno stato<br />

di trance, avvio la videocamera e riprendo questa poderosa <strong>in</strong>culata. Mi piace <strong>ci</strong>ò che<br />

vedo. Temo solo che il ricchione, accorgendosi della videocamera accesa, ritrovi un<br />

bri<strong>ci</strong>olo di dignità, si adiri e si div<strong>in</strong>coli per sottrarsi. Ma lui cont<strong>in</strong>ua a subire quel<br />

trattamento. È ec<strong>ci</strong>tante <strong>in</strong> quella posizione. Ad ogni colpo di <strong>Marco</strong>, si <strong>in</strong>arca tutto,<br />

sollevando la testa e roves<strong>ci</strong>andola <strong>in</strong>dietro. <strong>Marco</strong> gli afferra saldamente le spalle e<br />

com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a ad accelerare il ritmo. Lui sembra domato, <strong>in</strong> preda ad un piacere venato di<br />

masochismo. Ansima e geme. <strong>Marco</strong> pompa con forza. Io giro <strong>in</strong>torno a loro con la<br />

videocamera, poi la rimetto sul cavalletto e mi sdital<strong>in</strong>o tutta. È uno spettacolo troppo<br />

ec<strong>ci</strong>tante. Giorgio non capisce più niente, <strong>Marco</strong> è un toro che monta. Di profilo vedo<br />

bene il corpo di Giorgio e il cazzo di <strong>Marco</strong> che entra ed esce. Mi stupisco quando vedo<br />

il maschio armeggiare per mettere due dita <strong>in</strong> bocca a Giorgio. È strabiliante. Lo chiava<br />

nel culo e gli mette due dita <strong>in</strong> bocca. E lui non si ribella? No, non si ribella affatto.<br />

Giorgio forse vorrebbe menarsi il cazzo, ma non può poiché le brac<strong>ci</strong>a gli servono per<br />

sostenersi e reggere l’urto del corpo del suo <strong>in</strong>culatore. <strong>Marco</strong> sembra pronto<br />

all'orgasmo, ma per evitarlo, rallenta la velo<strong>ci</strong>tà, mi guarda, e mi fa l'occhiol<strong>in</strong>o:<br />

«Puttana, guarda come ti <strong>in</strong>culo l’uomo. Gli sverg<strong>in</strong>o il culo. Te lo <strong>in</strong>culo a sangue…»<br />

Si sfila e mi mostra il suo bestione duro. Effettivamente la cappella è striata di rosso.<br />

Gli ha proprio rotto il culo. Lo ha veramente sverg<strong>in</strong>ato. Giorgio si <strong>in</strong>arca e implora:<br />

«Non us<strong>ci</strong>re, ti prego. Inculami ancora, squartami.»<br />

Cosa ec<strong>ci</strong>ta di più Giorgio? L’<strong>in</strong>culata vera e propria o l’idea di essere <strong>in</strong>culato? <strong>Marco</strong><br />

punta nuovamente il cazzo tra le natiche di Giorgio e lo sp<strong>in</strong>ge con forza. È uno<br />

spettacolo emozionante, irripetibile. Molto più <strong>in</strong>tenso dell’<strong>in</strong>culata di una donna.<br />

Molto più animalesco. Fermo le mie dita per non perdere alcun momento di quello che<br />

sta accadendo. <strong>Marco</strong> sp<strong>in</strong>ge l'asta di carne f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo e con le sue forti brac<strong>ci</strong>a<br />

blocca Giorgio <strong>in</strong>esorabilmente. Il mio uomo è sottomesso e volta il viso dalla mia<br />

parte. Sono felice, posso vedere tutte le espressioni del suo viso, comprendere se e<br />

quanto la penetrazione lo fac<strong>ci</strong>a soffrire o godere. Il dolore provato all’<strong>in</strong>izio las<strong>ci</strong>a il<br />

posto al piacere. Io so cosa si prova a prendere una simile mazza nel culo. Non più di<br />

mezz’ora fa, c’ero sotto io. <strong>Marco</strong> entra senza sforzo apparente: poderoso, <strong>in</strong>esorabile.


Solo i muscoli delle brac<strong>ci</strong>a rivelano quel po’ di fatica che sta facendo. Se Giorgio<br />

avesse saputo prima che sarebbe f<strong>in</strong>ito <strong>in</strong>filzato allo spiedo, sarebbe venuto<br />

ugualmente a questo appuntamento?<br />

Il cazzo di <strong>Marco</strong> è di nuovo dentro tutto. Piantato f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo. L'espressione del viso<br />

di Giorgio mi rivela il senso di <strong>in</strong>gombro che il suo culo sta patendo. È <strong>in</strong>vaso. Ora<br />

speditamente, de<strong>ci</strong>samente, <strong>Marco</strong> lo impala tutto. Giorgio boccheggia per resistere<br />

alla cont<strong>in</strong>ua lacerazione del suo povero culo. Geme:<br />

«Sei un porco, ma mi pia<strong>ci</strong>.»<br />

«Ti piace come ti spacco il culo?»<br />

«Sì... ora mi piace anche se sei enorme.»<br />

«Ti ricorderai di me, ora?»<br />

«Certo... Sei il mio <strong>in</strong>culatore… Ah… Mi stai sverg<strong>in</strong>ando il culo… Come potrei<br />

dimenticare il mio primo uomo?»<br />

«Giuralo» chiede <strong>Marco</strong> assestandogli un colpo più de<strong>ci</strong>so.<br />

«Lo giuro» mugola Giorgio.<br />

«Sei mio?» e giù un altro colpo de<strong>ci</strong>so.<br />

«Sì, bello stallone. Sono tuo. Mi stai spaccando il culo.»<br />

«Te lo voglio sfondare, cornuto. Hai un culo bello stretto, meraviglioso.»<br />

«Ah... sì. Così amore, così.»<br />

Amore? Giorgio chiama amore <strong>Marco</strong>? Io mi sento esclusa, forse pers<strong>in</strong>o di troppo.<br />

Potrei andare a casa e nessuno se ne accorgerebbe. Nella mia testa si forma l'idea che la<br />

mia presenza sia stata solo una scusa necessaria per permettere il loro <strong>in</strong>contro<br />

sessuale. Vergognandosi di riconoscere la propria omosessualità i due por<strong>ci</strong> mi hanno<br />

usata come tramite. L’uno offrendomi, l’altro possedendomi. Ora non servo più. <strong>Marco</strong><br />

può sodomizzare e sottomettere liberamente e completamente Giorgio.<br />

«Ricchione, ti <strong>in</strong>culo, ti <strong>in</strong>culo tutto. F<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo.»<br />

«Lo sento.... lo sento … sei enorme, porco... sei enorme, amore.»<br />

Il movimento di <strong>Marco</strong> si va accelerando. Un movimento di avanti e <strong>in</strong>dietro che fa<br />

sparire quell'uccellone tutto tra le chiappe di Giorgio, per poi farlo riapparire. Chissà<br />

come si modificherà il rapporto tra Giorgio e <strong>Marco</strong> dopo questa potente sodomia. Ciò<br />

che vedo per me è fantastico. Uno spettacolo <strong>in</strong>immag<strong>in</strong>abile. L’<strong>in</strong>culato roves<strong>ci</strong>a la<br />

testa all'<strong>in</strong>dietro come una leonessa posseduta, l’<strong>in</strong>culatore si aggrappa a quei fianchi<br />

s<strong>in</strong>uosi come un naufrago ad una zattera. Poi <strong>Marco</strong> cambia posizione. Appoggia i<br />

piedi sul letto, com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ando a possederlo dall'alto. Poggia le mani sulle spalle e lo<br />

costr<strong>in</strong>ge a piegarsi verso il materasso. In questo modo il culo è più esposto al<br />

possesso. I colpi dall'alto si fanno ancora più forti, mentre il maschio riprende a<br />

parlare:<br />

«Ti sverg<strong>in</strong>o il culo. Te lo sverg<strong>in</strong>o tutto, vero?»


«Sì... sì... » Giorgio non sembra più <strong>in</strong> grado di dire nulla. Geme, mugola. Ogni volta<br />

che il cazzo affonda di più lan<strong>ci</strong>a un piccolo urlo. Sembra debbano cont<strong>in</strong>uare così<br />

all'<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito. Una <strong>in</strong>term<strong>in</strong>abile cavalcata sotto i miei occhi. Sì, posso proprio dire che<br />

<strong>Marco</strong> cavalca il culo del mio uomo Poi, all'improvviso si ferma. Si sfila con<br />

delicatezza. Lo volta sulla schiena, gli riapre le gambe e se le poggia sulle spalle, poi<br />

torna a penetrarlo. Lui mugola, come se fosse v<strong>in</strong>to. Io vedo il cazzo di <strong>Marco</strong> piantarsi<br />

nuovamente nel culo di Giorgio. È nuovamente aperto. Completamente aperto. Gli<br />

tiene le caviglie per allargargli le gambe a proprio pia<strong>ci</strong>mento, e affonda <strong>in</strong> profondità,<br />

senza alcuna pietà. Lui scuote la testa e geme <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>uazione, e ora si masturba<br />

ferocemente con quel grosso nerchione nel culo. F<strong>in</strong>ché il suo orgasmo improvviso e<br />

violento mi fa comprendere quanto gli piac<strong>ci</strong>a <strong>ci</strong>ò che sta subendo da <strong>Marco</strong>. Un<br />

martello di carne piantato nel culo con assoluta forza. Guardo il bel profilo di Giorgio.<br />

Vederlo lì, nudo, ridotto ad un pezzo di carne mugolante <strong>in</strong> balia di un selvaggio<br />

<strong>in</strong>culatore, mi stupisce. Non può essere la stessa persona che di solito si spac<strong>ci</strong>a per<br />

l’uomo con cui vivo. Eppure è così. Alla mia fica queste riflessioni non importano. Lei<br />

esige solo che le carezze delle dita le diano un po’ di piacere. Mi tocco con lo stesso<br />

ritmo dei movimenti di <strong>Marco</strong>. Giorgio, con il ventre impiastric<strong>ci</strong>ato di sborra,<br />

cont<strong>in</strong>ua a scuotere la testa a destra e a s<strong>in</strong>istra. <strong>Marco</strong> ha smesso di usare il turpiloquio<br />

è tutto concentrato nel controllare la fero<strong>ci</strong>a dei movimenti del suo corpo per non<br />

sborrare subito. Da quanto tempo sta impalando Giorgio? Da quanto tempo lo <strong>in</strong>cula<br />

senza pietà? Come glielo ha ridotto quel povero buco del culo? Giorgio grida e <strong>in</strong><strong>ci</strong>ta il<br />

suo <strong>in</strong>culatore. Se non si sapesse <strong>ci</strong>ò che sta accadendo, si potrebbe immag<strong>in</strong>are di<br />

assistere all’epica lotta di due eroi gre<strong>ci</strong>, <strong>in</strong> cui uno stia soccombendo e l’altro stia<br />

trionfando. Giorgio è ormai un vero e proprio rotto <strong>in</strong> culo. Questo segreto ora li unirà?<br />

Come potranno <strong>in</strong>contrarsi per lavoro senza rivedere nella testa le immag<strong>in</strong>i di questo<br />

feroce amplesso? Come si potrà evitare che questo rituale di sottomissione si ripeta<br />

anche nella vita professionale. E Giorgio cont<strong>in</strong>uerà a prenderlo nel culo da <strong>Marco</strong>,<br />

sempre e per sempre? <strong>Marco</strong> sta rendendo felice Giorgio, rompendogli <strong>in</strong>esorabilmente<br />

il culo. <strong>Marco</strong> non sa resistere oltre. Accelera i movimenti. Il buco del culo di Giorgio<br />

non riesco a vederlo, ma non dubito che sia ormai larghissimo, dilatato a dismisura,<br />

slabbrato per sempre. Gli si sarebbe richiuso o avrebbe avuto per sempre la<br />

<strong>ci</strong>rconferenza del cazzo di <strong>Marco</strong>? Il maschio è <strong>in</strong> dirittura d'arrivo. Un treno <strong>in</strong> corsa,<br />

velo<strong>ci</strong>ssimo e poderosissimo. Giorgio lo <strong>in</strong>tuisce:<br />

«Sì, amore, lavami, sborrami nel culo. Sì, riempimi tutto. Fammi tuo f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo.<br />

Tutto tuo...»<br />

«Sborro… cornuto… ti sborro nel culo… tutto… tutto… Ahhh!» Poi crolla sf<strong>in</strong>ito sul<br />

corpo di Giorgio che lo abbrac<strong>ci</strong>a teneramente, gli accarezza la schiena sudata.<br />

Siamo sul letto e abbiamo raggiunto uno stato di tenerezza a tre. Una tenerezza<br />

imprevista. Acquattata da qualche parte durante l'amplesso selvaggio, ora viene a


galla. Com'è possibile che gli uom<strong>in</strong>i possano cambiare stato d'animo così<br />

rapidamente? <strong>Marco</strong> accarezza i fianchi di Giorgio con dolcezza, quasi a compensare la<br />

brutalità dell'<strong>in</strong>culata. Lui ricambia con il medesimo trasporto. Sembra <strong>in</strong>namorato del<br />

maschio che gli ha appena sfondato il culo, riempiendoglielo di sborra. Mi chiedo come<br />

potrà tornare da me, che sono la sua donna, e riprendere il suo ruolo di maschio, come<br />

potrà far f<strong>in</strong>ta di nulla, come se <strong>ci</strong>ò che ho visto non sia mai accaduto. Ho la sensazione<br />

che questa <strong>in</strong>culata a <strong>Marco</strong> sia pia<strong>ci</strong>uta di più rispetto a quella con me. Di donne <strong>in</strong><br />

fondo ne avrà <strong>in</strong>culate tante, ma di culi verg<strong>in</strong>i maschili, quanti ne avrà rotti. La natura<br />

eccezionale di questa <strong>in</strong>culata mi rende un po’ gelosa. Di <strong>Marco</strong> più che di Giorgio.<br />

Dovrò trovare presto il modo di riprendermelo, il mio stallone.


CAPITOLO 9°<br />

«Las<strong>ci</strong>alo. Vieni a vivere con me.» <strong>Marco</strong> mi ferma e mi fa salire <strong>in</strong> ascensore per farmi<br />

questa proposta. Nel frattempo mi accarezza la vita e i fianchi.<br />

«Non posso. Mi piace vivere con lui. O, se preferis<strong>ci</strong>, lo amo.» gli rispondo.<br />

«Non è vero, tu ami me. Solo che hai paura di <strong>ci</strong>ò che provi e non lo vuoi ammettere.<br />

Hai paura della deriva dei sensi. Ma se per un solo momento ripensi al nostro modo di<br />

amar<strong>ci</strong>, al modo <strong>in</strong> cui godi tra le mie brac<strong>ci</strong>a, alla passione con cui me lo succhi, alle<br />

vibrazioni che ti danno le mie mani…»<br />

«Tu confondi i sensi con l’amore. Tu sei una passione dei sensi, ma Giorgio è l’amore.»<br />

<strong>Marco</strong> cerca di ba<strong>ci</strong>armi. Lo resp<strong>in</strong>go.<br />

«Non qui, non senza di lui. Oltretutto siamo <strong>in</strong> orario di lavoro.»<br />

«Che importa, io ti voglio. Ho il cazzo duro per te, sentilo!» Mi prende la mano e se la<br />

porta sul pacco gonfio. Quel meraviglioso pacco, fonte di <strong>in</strong>tensi piaceri. Ho voglia di<br />

las<strong>ci</strong>armi andare. Ma non posso. Ormai ho preso la mia de<strong>ci</strong>sione. Solo io posso<br />

de<strong>ci</strong>dere, Giorgio, soggiogato com’è dall’autorità che sprigiona il cazzo di <strong>Marco</strong>, non è<br />

<strong>in</strong> grado.<br />

«Las<strong>ci</strong>ami stare. Non qui, te l’ho già detto. E soprattutto non senza di lui.»<br />

«Cosa cazzo avrà Giorgio per meritare il tuo amore? Ha sedi<strong>ci</strong> anni più di te, e die<strong>ci</strong><br />

più di me. Presto sarà vecchio.»<br />

«Vorrà dire che diventerà più saggio.»<br />

«Saggio. Come puoi amarlo. Hai visto come si è fatto <strong>in</strong>culare da me? Hai visto come,<br />

dopo, mi ha leccato i piedi <strong>in</strong> segno di devozione e r<strong>in</strong>graziamento? Come puoi amare<br />

un maschio che si las<strong>ci</strong>a umiliare e cornificare così?»<br />

«Non ti devo spiegazioni.»<br />

Si aprono le porte dell’ascensore. Esco rapidamente, lui mi segue. Per sfortuna <strong>in</strong> giro<br />

non c’è nessuno. Mi ferma contro il muro di una rientranza e mi ba<strong>ci</strong>a. Cerco di<br />

resistere, ma poi le mie labbra mi tradiscono. Cedono, si aprono come si apre tutto di<br />

me ogni volta che lui mi prende. Mi limona e con le mani fruga sotto la mia m<strong>in</strong>igonna.<br />

Mi scosta i m<strong>in</strong>uscoli slip e <strong>in</strong>troduce un dito nella mia fica. Le mie gambe cedono. Lui<br />

mi sorregge con il cazzo. Il porco se l’è tirato fuori dai pantaloni e lo sta sp<strong>in</strong>gendo tra<br />

le labbra vag<strong>in</strong>ali. Lì, <strong>in</strong> mezzo ad un corridoio deserto, dove potrebbero scoprir<strong>ci</strong>.<br />

Eccolo, ora è entrato tutto. A fatica, data la posizione e le sue generose dimensioni. Mi<br />

chiava. Mi chiava ancora, ma questa volta è diverso. Siamo soli. Giorgio non c’è. Il suo<br />

sguardo è assente, e mi accorgo solo ora di quanto sia importante quello sguardo. Metà<br />

del mio godimento dipende dalla sua presenza, mi fac<strong>ci</strong>o chiavare dagli altri per il suo


piacere. Con un movimento rapido, con ultimo guizzo di volontà mi sfilo il cazzo dalla<br />

fica. Non se lo aspettava, conv<strong>in</strong>to di avermi ormai domata.<br />

«Ti ho già detto. Non senza di lui. Ciao.»<br />

C’è un attimo di stupore prima che mi <strong>in</strong>segua per bloccarmi, e ne approfitto per<br />

<strong>in</strong>filarmi <strong>in</strong> un uffi<strong>ci</strong>o. Tre o quattro impiegati stanno lavorando e mi guardano<br />

esterrefatti. Mi scuso dicendo che ho sbagliato porta, nel frattempo fac<strong>ci</strong>o qualche<br />

domanda generale, commento la giornata. Poi me ne vado. Voglio imboccare<br />

l’ascensore e mi dirigo verso l’uffi<strong>ci</strong>o. <strong>Marco</strong> mi blocca il brac<strong>ci</strong>o. Il suo volto esprime<br />

tutta l’ira per il rifiuto ricevuto. Non riesce a credere che qualcuno possa dirgli di no,<br />

che si possa resistere al suo fas<strong>ci</strong>no: «Vi sputtanerò. Dirò a tutti cosa vi ho fatto.<br />

Mostrerò <strong>in</strong> giro i video che abbiamo girato. Quelli <strong>in</strong> cui tu e il tuo uomo lo prendete<br />

nel culo. Vi rov<strong>in</strong>erò la carriera per sempre.» Lo guardo negli occhi e sibilo:<br />

«Non li hai più, quei video. Li ho presi io mentre Giorgio ti leccava i piedi. Ma<br />

soprattutto sappi che tu da domani non sarai più qui.»<br />

«Cosa?»<br />

«Conoscendo quanto sei bastardo, stamatt<strong>in</strong>a mi sono presentata dal direttore e gli ho<br />

raccontato che mi hai stuprata qui <strong>in</strong> uffi<strong>ci</strong>o, e che <strong>in</strong>tendo denun<strong>ci</strong>arti. Puoi<br />

immag<strong>in</strong>are quanto la notizia lo abbia reso felice. Prestigioso studio legale travolto da<br />

uno scandalo sessuale.»<br />

«Non è vero. E tu lo sai. Non puoi dimostrarlo.»<br />

«Posso, posso. Non hai notato che oggi sono arrivata <strong>in</strong> uffi<strong>ci</strong>o più tardi? Prima mi<br />

sono recata al pronto soccorso e mi sono fatta visitare da un g<strong>in</strong>ecologo, che ha<br />

diagnosticato le tracce di violenza sessuale, sia vag<strong>in</strong>ale che anale di ieri notte.<br />

D’altronde il tuo cazzo è così grosso che ogni volta che scopi una donna la violenti,<br />

pensa se poi la sodomizzi.»<br />

«Tu eri consenziente, troia!»<br />

«Già, ma il g<strong>in</strong>ecologo, la stampa, la magistratura e la polizia non lo sanno. Prima che<br />

tu possa dimostrare la tua <strong>in</strong>nocenza <strong>ci</strong> vorranno settimane, mesi, forse anni. Nel<br />

frattempo, la tua carriera sarà rov<strong>in</strong>ata.»<br />

<strong>Marco</strong> comprende ora perché il direttore lo abbia convocato per le tre del pomeriggio.<br />

Con aria de<strong>ci</strong>sa, ma pieno di timori per la possibile risposta, chiede:<br />

«Il direttore cos’ha detto?»<br />

«Mi ha chiesto di non andare alla polizia, di non rov<strong>in</strong>ar<strong>ci</strong> tutti. Allora io, molto<br />

benevolmente, gli ho offerto un’alternativa: spedirti nella sede di Londra. Dovresti<br />

essere contento: potevo mandarti <strong>in</strong> galera e <strong>in</strong>vece ti fac<strong>ci</strong>o promuovere. Consideralo<br />

il mio r<strong>in</strong>graziamento per i tuoi servigi sessuali. E ti consiglio di non menzionare <strong>ci</strong>ò<br />

che è accaduto tra te e Giorgio, perché ho concordato con il capo che la mia denun<strong>ci</strong>a<br />

non scatterà solo se tu avrai l’accortezza di non ribellarti e di tacere.»<br />

«Ma è quasi un ricatto. Come hai fatto a conv<strong>in</strong>cerlo ad accettare?»


Entro <strong>in</strong> ascensore. Lui rimane fuori. Prima che si chiudano le porte mi passo la l<strong>in</strong>gua<br />

sulle labbra e sussurro: «È un mio segreto.»


CAPITOLO 10°<br />

Abbiamo appena fatto l’amore, io e Giorgio. Siamo a letto, con le lenzuola che<br />

coprono per metà i nostri corpi nudi. In un film, lui fumerebbe. Qui, no, perché non<br />

fumiamo. È stato bello far l’amore di matt<strong>in</strong>a. Strano, ma bello. È stato un po’ come<br />

ritrovare qualcosa che sembrava perduto per sempre. Ritornare <strong>in</strong> una dimensione<br />

sessuale più domestica dopo gli eccessi cui <strong>ci</strong> ha costretti, o sp<strong>in</strong>ti, <strong>Marco</strong>. Non lo<br />

abbiamo nom<strong>in</strong>ato. O meglio, Giorgio <strong>ci</strong> ha provato, ma io gli ho detto che volevo lui e<br />

solo lui. Certo è stato un po’ strano non sentirsi più così aperta, spaccata direi. Le<br />

dimensioni di Giorgio sono effettivamente ridotte rispetto a quelle di <strong>Marco</strong>. Il cazzo di<br />

Giorgio, quel bastardo che ho spedito a Londra lo umiliava chiamandolo cazzetto. Non<br />

perdeva occasione per demolirne la virilità. Una volta, lo ha chiamato a sé e gli ha<br />

ord<strong>in</strong>ato: «Fatti una sega. Fattelo venire bello duro. Voglio far vedere alla tua donna la<br />

differenza tra il mio cazzo e il tuo cazzetto. Deve vederla bene la differenza, non solo<br />

sentirla dentro di sé.» Giorgio ha com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato a masturbarsi, e <strong>Marco</strong> per aiutarlo, lo<br />

ec<strong>ci</strong>tava: «Bravo, così. Guarda il mio cazzo mentre ti seghi. Guardalo bene, guarda<br />

quanto è grosso, e dovresti sentire quanto è duro <strong>in</strong> questo momento. Pensa a quante<br />

volte si è <strong>in</strong>culato la tua donna questa nerchia… pensa a quando si è <strong>in</strong>culato te. Te lo<br />

ricordi? Ti ricordi come gridavi di amarlo il mio uccello mentre ti spaccavo il culo?» A<br />

queste parole, il cazzo di Giorgio svettò, facendo quel che poteva per mostrare la<br />

propria aitante virilità – pur nelle sue modeste dimensioni, pover<strong>in</strong>o. Io contemplavo<br />

la scena, allibita. Questo versante degli uom<strong>in</strong>i, questa loro cazzuta competizione non<br />

la conoscevo. Solo con <strong>Marco</strong> e il suo confronto con Giorgio avevo com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato a capire<br />

perché i ragazz<strong>in</strong>i – come mi avevano raccontato – si sparavano seghe <strong>in</strong> compagnia.<br />

Stabilivano una gerarchia virile. So che Giorgio aveva parte<strong>ci</strong>pato spesso a questi riti<br />

masturbatori collettivi e ne us<strong>ci</strong>va sempre sconfitto, avvilito. Ognuno ce lo aveva più<br />

grosso di lui. Si era anche riproposto di non parte<strong>ci</strong>pare più, ma il piacere di<br />

contemplare uccelli più grossi del suo lo <strong>in</strong>duceva a cont<strong>in</strong>uare. Me lo ha confidato lui<br />

stesso, la notte <strong>in</strong> cui <strong>Marco</strong> lo ha sodomizzato, permettendogli di realizzare f<strong>in</strong>almente<br />

il suo sogno omosessuale. Giorgio <strong>in</strong> <strong>Marco</strong> ha trovato il suo maschio dom<strong>in</strong>atore.<br />

Una volta <strong>in</strong>durito il cazzo, <strong>Marco</strong> gli si è affiancato chiamandomi per<br />

constatare l’evidente differenza. Tronfio, orgoglioso, il bastardo stava umiliando per<br />

l’ennesima volta l’uomo con cui vivo. E quel f<strong>in</strong>occhio – questo pensavo di lui <strong>in</strong> quel<br />

momento – anziché reagire e mandarlo a quel paese o magari dargli un pugno, si<br />

las<strong>ci</strong>ava soggiogare. «Vedi <strong>Debora</strong> la differenza? Questo è il motivo per cui quando ti<br />

chiavo io tu godi di più. Cosa cazzo <strong>ci</strong> fai con un uomo simile, sempre che lo si possa<br />

chiamare uomo. Capisco che sia <strong>in</strong> gamba, fuori dal letto, ma tu sei una femm<strong>in</strong>a calda.<br />

Tu hai bisogno di una mazza come questa.» E per meglio farmi capire a cosa si


iferisse, ha afferrato il proprio uccello alla base, là dove si attacca allo scroto, e lo ha<br />

scosso platealmente, oscenamente. Poi, con sarcasmo, mi ha <strong>in</strong>vitata a constatare quasi<br />

s<strong>ci</strong>entificamente l’enorme differenza. «Non considerare la lunghezza e la larghezza,<br />

pensa al volume. Io ti do un cazzo almeno <strong>ci</strong>nque volte più volum<strong>in</strong>oso.» Giorgio<br />

accettava l’umiliazione senza batter <strong>ci</strong>glio, ma forse dentro di sé la <strong>in</strong>vocava.<br />

La voce di Giorgio mi riporta al presente: «Lo vuoi un caffè?» «Sì, grazie.»<br />

Giorgio si alza e sparisce <strong>in</strong> cu<strong>ci</strong>na. Il nostro è stato un amplesso dolce – quasi fossimo<br />

adolescenti alle prime armi – immerso nella tenerezza di due persone che si amano.<br />

Perché questa è la differenza: Giorgio ha un cazzo risibile rispetto a quello di <strong>Marco</strong>,<br />

ma lo amo. Amo questo uomo che sa dare un significato alla mia vita e ai miei giorni. È<br />

il porto sicuro, le brac<strong>ci</strong>a tra cui amo rifugiarmi dopo giornate di lavoro <strong>in</strong>tense e<br />

sfiancanti. E allora che importa se il suo cazzo è poca cosa rispetto a quello di <strong>Marco</strong> o<br />

di Shamal? Giorgio è il mio uomo e non posso immag<strong>in</strong>are di vivere una vita senza di<br />

lui. Sono bella, desiderata, ma io non bado agli altri, sorvolo sui mille apprezzamenti<br />

che mi rivolgono e decl<strong>in</strong>o i cont<strong>in</strong>ui <strong>in</strong>viti a prendere l’aperitivo col tale o il tal’altro.<br />

Uom<strong>in</strong>i vanesi conv<strong>in</strong>ti che un’auto di lusso, un’eleganza firmata, un’abbronzatura<br />

perenne, una bellezza curata o uno sguardo assass<strong>in</strong>o siano suffi<strong>ci</strong>enti per far cadere ai<br />

loro piedi qualsiasi ragazza. Come si sbagliano! Giorgio, benché sia bello, non mi ha<br />

conquistata per questo. Il suo modo di essere mi ha affas<strong>ci</strong>nata e legata a sé. Certo,<br />

l’esperienza travolgente con <strong>Marco</strong> e la sua bellu<strong>in</strong>a potenza sessuale mi ha costretta a<br />

ridimensionare il valore di amante che gli attribuivo. <strong>Marco</strong> scopa meglio, ha più<br />

cazzo, molto di più, è più duro, resistente e ricco di sborra. Un po’ mi mancherà, mi<br />

mancheranno i suoi assalti, anche quelli al mio povero culetto martoriato. Ma me ne<br />

farò una ragione non c’erano alternative, non <strong>ci</strong> sono alternative. A Giorgio non l’ho<br />

ancora detto, ma dopo il caffè, quando tornerà a letto di fianco a me, lo saprà.<br />

«Giorgio, devo dirti una cosa.»<br />

Lui mi guarda, attendendo pa<strong>ci</strong>ficamente.<br />

«Ieri ho scaricato <strong>Marco</strong>.»<br />

«Che cosa hai fatto?»<br />

«Mi sono sbarazzata di <strong>Marco</strong>.»<br />

Glielo dico con la massima naturalezza per nascondere l’orgoglio un po’ <strong>in</strong>fantile che<br />

provo dentro di me. Non sono stata brava? Mi sono liberata di un’ossessione sessuale<br />

che stava avvelenando la nostra vita sentimentale. Se <strong>ci</strong> si complimenta con chi smette<br />

di fumare, <strong>ci</strong> si potrà ben rallegrare per la mia forza d’animo. Non è fa<strong>ci</strong>le r<strong>in</strong>un<strong>ci</strong>are al<br />

piacere nella sua forma più estrema, al piacere che conf<strong>in</strong>a con la perdizione. Lui è<br />

allibito. Tace. Probabilmente vorrebbe dire qualcosa ma non trova le parole. Allora<br />

cont<strong>in</strong>uo io:


«Non sembri molto contento!»<br />

«Sì, lo sono… però… ». Per paura che cont<strong>in</strong>ui, che mi riveli un lato di sé che non amo<br />

molto, lo <strong>in</strong>terrompo:<br />

«Non potevamo cont<strong>in</strong>uare così, lo sai bene. Sai cosa rischiavamo? Di perder<strong>ci</strong>. Si stava<br />

<strong>in</strong>s<strong>in</strong>uando tra noi (<strong>in</strong> quel momento mi venne <strong>in</strong> mente che <strong>in</strong> realtà più che <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uarsi<br />

<strong>ci</strong> penetrava entrambi, e con quale foga), <strong>ci</strong> avrebbe costretti a las<strong>ci</strong>ar<strong>ci</strong>. Sai cosa mi ha<br />

chiesto ieri matt<strong>in</strong>a?»<br />

«Dimmelo.»<br />

«Di las<strong>ci</strong>arti, per andare a vivere con lui.»<br />

«È per questo che hai chiuso?»<br />

«No. Avevo già de<strong>ci</strong>so. Non sopportavo più le umiliazioni cui <strong>ci</strong> sottoponeva.»<br />

«Non potevi parlarmene? Avremmo de<strong>ci</strong>so <strong>in</strong>sieme cosa fare.»<br />

«No, non potevo. Secondo me tu non avresti avuto la forza di sottrarti e io avevo, e ho,<br />

il diritto di de<strong>ci</strong>dere da chi farmi sbattere e da chi no.»<br />

«Davvero credi che mi sarei opposto?»<br />

«La tua espressione quando ti ho comunicato di averlo liquidato mi fa pensare che<br />

avresti fatto fatica a r<strong>in</strong>un<strong>ci</strong>are alle degradazioni che ti <strong>in</strong>fliggeva.»<br />

«No, ti sbagli, ti avrei detto di sì, perché lo sai che il nostro amore viene prima di tutto.<br />

Solo che avrei avuto il tempo di metabolizzare la de<strong>ci</strong>sione.»<br />

Mi sta facendo adirare, per questo lo ferisco:<br />

«Già, e magari mi avresti chiesto di vederlo un’ultima volta.»<br />

«Perché no, cosa c’è di sbagliato?»<br />

«Ricordi cosa ti aveva promesso? Di <strong>in</strong>filarti tutta la mano nel culo, di fistarti<br />

poderosamente. E sai che lo avrebbe fatto.»<br />

«E con <strong>ci</strong>ò?»<br />

Lo guardo esterrefatta. Questo è Giorgio, il mio uomo? È stato così plagiato dal<br />

nerboruto uccello di <strong>Marco</strong>? Sverg<strong>in</strong>andogli il culo gli ha anche stritolato la dignità<br />

maschile?<br />

«Hai mai provato una mano nel culo? Non è bello come quando ti <strong>in</strong>culano. Quel porco<br />

a me l’ha <strong>in</strong>filata <strong>in</strong> fica e mi ha fatta morire, pensa nel culo.»<br />

Già, mi aveva <strong>in</strong>filato un’<strong>in</strong>tera mano <strong>in</strong> fica, nella mia piccola fichetta. Mi<br />

aveva fatta morire, anche di piacere, ma questo a Giorgio non lo dico per non farglielo<br />

ricordare. Rivedo la scena. Eravamo nel soggiorno. <strong>Marco</strong> aveva cenato con noi.<br />

Stavamo vedendo uno dei nostri video. O meglio, non lo guardavamo più. <strong>Marco</strong> dopo<br />

avermi accarezzate le cosce, stava esplorandomi la fica con un dito. Mi sussurrava:<br />

«Come sei bella, come sei bella… Ti amo!» Sembrava <strong>in</strong> trance. Era la prima volta che<br />

dichiarava di amarmi. Non so se Giorgio, nudo <strong>in</strong> poltrona vi<strong>ci</strong>no a noi, si rendesse<br />

conto di cosa stesse sussurrandomi il mio stallone preferito. Le dita diventarono due e<br />

pian piano <strong>Marco</strong> accelerò il movimento del polso. Avanti e <strong>in</strong>dietro, avanti e <strong>in</strong>dietro,


come <strong>in</strong> una chiavata, solo che questa volta mi frugavano le sue dita. Si las<strong>ci</strong>ò andare<br />

del tutto e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ò a esplorarmi con foga, ruotando le dita per allargarmi il buco,<br />

quasi a prepararlo a <strong>ci</strong>ò che aveva <strong>in</strong> mente e di cui io e Giorgio eravamo all’oscuro. Poi<br />

le dita divennero tre, poi quattro e <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e racchiudendole come un mazzo di asparagi,<br />

le fece entrare tutte e <strong>ci</strong>nque, fermandosi all’altezza delle nocche. Io mi <strong>in</strong>arcavo ad<br />

ogni <strong>in</strong>gresso, tendevo il corpo e mi rilassavo quando le sfilava quasi del tutto.<br />

Provavo piacere, ma non avevo idea di quante fossero le dita che mi esploravano.<br />

Cont<strong>in</strong>uò così per qualche m<strong>in</strong>uto, poi ord<strong>in</strong>ò al mio uomo di prendere il lubrificante.<br />

Avevo gli occhi socchiusi, persa <strong>in</strong> un mondo di piacere. Non comprendevo bene cosa<br />

stesse accadendo, forse anche per colpa del v<strong>in</strong>o bevuto:<br />

«Bene – era la voce di <strong>Marco</strong> a parlare – ungimi la mano e il brac<strong>ci</strong>o.»<br />

La parola brac<strong>ci</strong>o giunse alle mie orecchie e immediatamente al cervello. Lo spavento<br />

mi fece comprendere cosa mi attendesse. La mia fica è stretta, non ha mai figliato e<br />

prima di Shamal e <strong>Marco</strong> non avevo preso cazzi grossi. Per me, agli <strong>in</strong>izi, pers<strong>in</strong>o<br />

Giorgio, con i suoi miseri qu<strong>in</strong>di<strong>ci</strong> centimetri, mi sembrava un superdotato. Ero<br />

proprio stretta laggiù, sia davanti che dietro. I miei tessuti perfettamente elasti<strong>ci</strong>, una<br />

volta estratto il cazzo, tornavano a richiudersi. Giorgio mi aveva confidato i primi<br />

tempi di avere ogni volta la sensazione di sverg<strong>in</strong>armi e io – come ero <strong>in</strong>genua allora –<br />

gli dicevo che la colpa era sua perché lo aveva troppo grosso. Aprii gli occhi e, con un<br />

pizzico di terrore, vidi il mio uomo spalmare il lubrificante sull’avambrac<strong>ci</strong>o di <strong>Marco</strong><br />

per poi scendere f<strong>in</strong>o alla mano. Tornò a massaggiare l’avambrac<strong>ci</strong>o. Lo accarezzava<br />

con devozione, quasi fosse un cazzo elefantiaco. Protestai:<br />

«Ti prego, no. Sono troppo stretta laggiù.»<br />

«Non preoccuparti, – mi rispose <strong>Marco</strong> – questo lubrificante fa passare un cammello<br />

nella cruna di un ago.»<br />

Mi venne da ridere, e questo stemperò un po’ la mia paura. Nel frattempo la<br />

preparazione del brac<strong>ci</strong>o si era conclusa. Giorgio taceva, nel suo sguardo leggevo<br />

libid<strong>in</strong>e e trepidazione. Stavano per ficcare una mano, un polso e un avambrac<strong>ci</strong>o nel<br />

corpo della sua donna. Una penetrazione assoluta, mitologica. <strong>Marco</strong> <strong>in</strong>filò<br />

nuovamente un dito, poi due, poi tre, poi quattro, poi <strong>ci</strong>nque. Forse perché ero già<br />

preparata e forse per l’aiuto del lubrificante, tutto s<strong>in</strong> qui si svolse senza dolore per me.<br />

Quando sp<strong>in</strong>se per far passare le nocche, gemetti. Allora lui ord<strong>in</strong>ò a Giorgio di<br />

aggiungere altro lubrificante. Il mio uomo, servizievole, provvide. <strong>Marco</strong> forzò un po’<br />

e all’improvviso, come se mi avesse lacerata, sentii la mano sprofondare <strong>in</strong> me. Rimase<br />

fermo per un tempo <strong>in</strong>calcolabile, poi com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ò a ruotare il polso.<br />

Contemporaneamente mi sussurrava porcate: «Troietta, dovresti vedere come sei<br />

aperta. Questo cornuto non te l’ha mai fatto?»<br />

«No…» gemetti.


«Imperdonabile. Un vero maschio lo fa sempre alla sua femm<strong>in</strong>a. Io avrei provveduto<br />

già entro la prima settimana.»<br />

Poi si rivolse a Giorgio: «Ehi, cornuto, procurami uno specchio. Voglio che la tua<br />

donna veda come la sto sventrando.» Giorgio solle<strong>ci</strong>tamente si alzò dalla poltrona, il<br />

suo cazzetto era durissimo. Gli piaceva proprio vedermi posseduta <strong>in</strong> tutti i modi da<br />

un altro. Tornò <strong>in</strong> fretta, forse per non perdersi neppure un attimo dello spettacolo del<br />

fist<strong>in</strong>g che stavo subendo. <strong>Marco</strong> prese lo specchio e lo posizionò <strong>in</strong> modo tale che<br />

potessi vedere il suo avambrac<strong>ci</strong>o piantato <strong>in</strong> me. Poi riprese a penetrarmi. Mi sentivo<br />

dilatata a dismisura, imploravo aff<strong>in</strong>ché la smettesse, ma lui cont<strong>in</strong>uava<br />

implacabilmente a muovere la mano avanti e <strong>in</strong>dietro, ad allargare le dita dentro di me,<br />

a cercare di sp<strong>in</strong>gerla più <strong>in</strong> fondo che mai, quasi volesse <strong>in</strong>filarvi tutto l’avambrac<strong>ci</strong>o<br />

f<strong>in</strong>o al gomito. Forse stava esagerando perché nello sguardo di Giorgio lessi<br />

l’ec<strong>ci</strong>tazione parossistica e al tempo stesso la paura che quel brutale trattamento<br />

potesse causarmi danni irreparabili. Poi quando <strong>Marco</strong> chiuse la mano a pugno dentro<br />

la mia fica e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ò ad accelerare martellandomi ferocemente l’utero, esplosi <strong>in</strong> un<br />

orgasmo pazzesco. Inimmag<strong>in</strong>abile. Gridai, gridai con tutti polmoni. Chissà cosa<br />

avranno pensato i nostri vi<strong>ci</strong>ni pettegoli. Avevano visto <strong>Marco</strong> arrivare e la mia vi<strong>ci</strong>na,<br />

durante i convenevoli sul pianerottolo, se lo mangiava con gli occhi. E che non sa quale<br />

strepitoso stallone da monta sia. Temo che quella sera abbiano <strong>in</strong>tuito qualcosa e che<br />

dal giorno dopo abbiano sparso la voce dei nostri giochi a tre, sputtanando quel povero<br />

cornuto di Giorgio.<br />

«Dove sei?» la voce del mio uomo mi riporta alla realtà.<br />

«Qui.» gli rispondo.<br />

«E lui si è las<strong>ci</strong>ato scaricare senza protestare?»<br />

«No, ma non poteva fare altro. L’ho spedito a Londra.»<br />

«Come hai fatto?» Glielo spiego tranquillamente, tralas<strong>ci</strong>ando il dettaglio di quel<br />

tenero pomp<strong>in</strong>o che ho fatto al capo per aiutare le mie argomentazioni e le capa<strong>ci</strong>tà di<br />

conv<strong>in</strong><strong>ci</strong>mento. Non è obbligatorio che Giorgio lo sappia. In fondo, l’ho fatto per amor<br />

suo.<br />

«E adesso?» nella sua voce un senso di smarrimento. Da cosa nasce? Dalla perdita di<br />

<strong>Marco</strong>, il suo <strong>in</strong>culatore, o dalla paura che io non mi fac<strong>ci</strong>a più fottere dagli altri sotto il<br />

suo sguardo voglioso. «Adesso, niente. Riprendiamo il discorso là dove lo avevamo<br />

<strong>in</strong>terrotto. Shamal sarà forse offeso dalla nostra repent<strong>in</strong>a scomparsa. Forse vorrà<br />

punirmi <strong>in</strong>culandomi. Tu che ne di<strong>ci</strong>?»<br />

Il suo sorriso parla per lui.


CAPITOLO 11°<br />

La nostra vita di coppia è ripresa normalmente, almeno <strong>in</strong> apparenza, come un<br />

mare tranquillo <strong>in</strong> superfi<strong>ci</strong>e. In realtà ad entrambi manca qualcosa. A me, gli eccessi<br />

sessuali cui mi costr<strong>in</strong>geva <strong>Marco</strong>, e a Giorgio le umiliazioni cui era sottoposto.<br />

Quando scendiamo al club, vediamo Shamal, che è abile, è superdotato e mi scopa<br />

bene, a volte f<strong>in</strong> troppo, come se nel suo modo di prendermi vi fossero tracce residue<br />

della sua professione di pornoattore. Io e Giorgio, però, <strong>ci</strong> rendiamo conto che per noi<br />

non è la stessa cosa. Shamal mi rispetta, anche quando mi sodomizza. È pers<strong>in</strong>o<br />

diventato nostro amico, ora. Con <strong>Marco</strong> era diverso. In <strong>Marco</strong> c’era una sottile vena di<br />

odio nei confronti di Giorgio e della sua fortuna nell’avermi come compagna di vita,<br />

nonché di competizione professionale. E c’era una rabbia nei miei confronti perché gli<br />

preferivo un altro maschio. Tutto questo, a letto, si traduceva <strong>in</strong> cattiveria, <strong>in</strong> fantasie<br />

perfide che escogitava per sottometter<strong>ci</strong> entrambi, approfittando della nostra<br />

disponibilità ad adorare il suo corpo da semidio e il suo prepotente cazzo. E questo<br />

pizzico di cattiveria, che per fortuna si fermava prima del sadismo – perché <strong>Marco</strong><br />

voleva farmi del male con il suo corpo non con strumenti di tortura – aggiungeva<br />

sapore ai nostri amplessi. Ogni <strong>in</strong>contro con <strong>Marco</strong> era una discesa agli <strong>in</strong>feri. Cosa <strong>ci</strong><br />

sarebbe accaduto? A quali tormenti psicologi<strong>ci</strong> e fisi<strong>ci</strong> <strong>ci</strong> avrebbe sottoposti. Come<br />

avrebbe posseduto me e umiliato Giorgio? Con Shamal, tutto questo non c’è. Scopare<br />

con lui è un atto di salute, ma noi cerchiamo il sesso malato. In questo senso, <strong>Marco</strong> <strong>ci</strong><br />

ha aiutati a scoprire la nostra vera natura. Anche cambiando atteggiamento, anche<br />

diventando perfido, Shamal non potrebbe dar<strong>ci</strong> <strong>ci</strong>ò che <strong>ci</strong> dava <strong>Marco</strong>. La sua<br />

vi<strong>ci</strong>nanza lavorativa, il rischio che mi svergognasse davanti a tutti, magari durante un<br />

caffè al bar con i colleghi, o durante la pausa pranzo al nostro solito ristorante, che<br />

umiliasse Giorgio raccontando ai suoi colleghi come lo cornificava: tutto questo si<br />

traduceva <strong>in</strong> ec<strong>ci</strong>tazione, rendendo pepatissimi i nostri appuntamenti sessuali.<br />

Una volta l’anno, verso la f<strong>in</strong>e di giugno, lo studio legale per cui lavora Giorgio,<br />

organizza una convention seguita da una cena danzante, cui parte<strong>ci</strong>pano tutti i<br />

dipendenti accompagnati dalle loro consorti, amiche, fidanzate. Mi preparo per questa<br />

serata, <strong>in</strong>dossando un abito leggero color salvia, non troppo corto (è una questione di<br />

classe) e con le brac<strong>ci</strong>a scoperte. Giorgio è elegantissimo nel suo abito di l<strong>in</strong>o blu da cui<br />

spicca una leggera cami<strong>ci</strong>a bianca. Una leggera abbronzatura che <strong>ci</strong> siamo procurati<br />

qualche giorno fa al mare. Noi non amiamo abbronzar<strong>ci</strong> con le lampade. Il mio uomo è<br />

bellissimo. Non ha alcun difetto, a parte forse quello di non avere un cazzo grosso<br />

come quello di <strong>Marco</strong>, o come quello di Shamal. Ma questo limite <strong>in</strong>dossando i<br />

pantaloni non si nota. Us<strong>ci</strong>amo. Saliamo <strong>in</strong> automobile e <strong>ci</strong> avviamo. Nel silenzio


tranquillo del viaggio, la mia mente divaga. Un tempo il problema delle dimensioni<br />

dell’uccello di Giorgio non mi avrebbe mai sfiorata, ma da quando lui mi ha sosp<strong>in</strong>ta<br />

tra le brac<strong>ci</strong>a di altri stalloni, ho com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato a pormelo. Si rende conto dell’errore che ha<br />

fatto? Lo vedevo perfetto, e grazie alla sua ossessione di vedermi chiavata dagli altri,<br />

ecco che gli ho trovato un difetto. Ha il cazzo un po’ piccolo, forse il m<strong>in</strong>imo s<strong>in</strong>dacale<br />

per le esigenze di una donna. E non mi sembra giusto. Un uomo <strong>in</strong> gamba come lui,<br />

bello come lui, <strong>in</strong> forma come lui meriterebbe di avere tra le gambe una bella nerchia.<br />

Peccato. Per fortuna c’è il resto che me lo fa amare <strong>in</strong>tensamente come il primo<br />

giorno… Però il cazzo di <strong>Marco</strong> mi manca. E non solo il cazzo, anche i suoi perfidi<br />

giochi. Una sera quel porco <strong>ci</strong> costr<strong>in</strong>se ad andare <strong>in</strong> un parcheggio per coppie e<br />

guardoni, ma solo dopo un giro erotico <strong>in</strong> automobile. Giorgio guidava. Io e <strong>Marco</strong><br />

eravamo seduti sul sedile posteriore. Lui mi toccava le cosce e mi faceva bagnare. Le<br />

sue dita sapienti mi titillavano la clitoride. La mia m<strong>in</strong>igonna era completamente<br />

arrotolata. La camicetta sbottonata. Ad ogni semaforo, temevo che quelli delle auto a<br />

fianco mi vedessero le cosce e le tette. Certo che per Giorgio non era una bella<br />

situazione. Fermo al semaforo, seduto da solo, davanti, mentre dietro la sua donna era<br />

<strong>in</strong> balia dei desideri sessuali del suo peggior complice e nemico. Lui confidava forse nel<br />

fatto che gli altri non sapessero che ero la sua donna, poteva f<strong>in</strong>gersi l’autista di una<br />

coppia eccentrica e viziosa. <strong>Marco</strong> ad un semaforo <strong>in</strong> cui eravamo affiancati da un’auto<br />

con quattro giovanotti a bordo, abbassò il f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>o e disse loro:<br />

«Che bona ragazzi, dovreste vederla nuda. Guardate che tette (così dicendo me le<br />

scoprì, liberandole dal reggiseno). Tra un po’ me la chiavo tutta, davanti e didietro.»<br />

«Beato te. Se hai bisogno di aiuto, non hai che da chiederlo. Noi stasera siamo liberi.»<br />

Rispose il ragazzo seduto di fianco all’autista.<br />

«Aspetta che lo chiedo a quel cornuto del fidanzato.» Mi vergognavo da morire. Ero <strong>in</strong><br />

un’auto con i seni nudi, di fianco a quattro ragazzi che alla vista delle mie tette perfette<br />

non capivano più nulla e si las<strong>ci</strong>avano andare a commenti sala<strong>ci</strong>.<br />

«Hai sentito, cornuto, cosa chiedono i ragazzi? Vuoi che mi aiut<strong>in</strong>o a chiavarti e<br />

<strong>in</strong>cularti la donna?»<br />

Giorgio non rispondeva. Non potendo <strong>in</strong>cro<strong>ci</strong>are il mio sguardo non sapeva cosa<br />

rispondere. I suoi occhi nello specchietto cercavano, vanamente, di <strong>in</strong>tercettare i miei.<br />

Poi ebbe un colpo di genio.<br />

«Solo se sono dei veri superdotati. La mia donna è molto esigente e ben abituata, non<br />

sa che farsene di cazzi normali. E tu, <strong>Marco</strong>, lo sai bene.»<br />

<strong>Marco</strong> rise di gusto. Aveva provato a metterlo <strong>in</strong> serio imbarazzo, ma Giorgio, con<br />

<strong>in</strong>telligenza, si era sottratto. I ragazzi stavano per rispondere quando f<strong>in</strong>almente scattò<br />

il verde, così partimmo senza fretta. L’auto dei giovanotti era affiancata alla nostra, poi<br />

Giorgio improvvisamente imboccò una strada laterale a destra. I ragazzi non poterono<br />

seguir<strong>ci</strong>. Li sem<strong>in</strong>ammo. <strong>Marco</strong> sorrise e non disse nulla. Probabilmente neanche lui


aveva veramente <strong>in</strong>tenzione di condividere il mio corpo con quei quattro giovanotti<br />

arrapati. D’altronde, non era nel suo stile. Non lo aveva mai fatto, né proposto. Di<br />

solito preferiva avermi tutta per sé. Pers<strong>in</strong>o Giorgio, quando lui non aveva idee nuove<br />

per umiliarlo, era di troppo.<br />

Dopo qualche <strong>in</strong>cro<strong>ci</strong>o, per ord<strong>in</strong>e di <strong>Marco</strong>, imboccammo un vasto viale<br />

alberato. C’era traffico. Nel frattempo il mio bull mi aveva spogliata del tutto. Ero<br />

nuda, <strong>in</strong>difesa, esposta a tutti gli sguardi. Passanti, automobilisti, <strong>ci</strong>clisti, mi pareva che<br />

tutti osservassero solo me, che fossi nuda al centro di una grande piazza, con il mio<br />

corpo unica attrazione. Mi vergognavo da morire e mi bagnavo ancor di più. Per<br />

fortuna sono ben fatta e non ho nulla di cui vergognarmi. Lui si <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiò sul sedile,<br />

con le gambe larghe, <strong>in</strong> modo da presentarsi con il cazzo duro all’altezza del mio viso:<br />

«Succhialo, troia. Succhialo tutto.»<br />

Chiunque <strong>ci</strong> avesse affiancati, attraverso il f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>o – paragonabile <strong>in</strong> quel frangente<br />

ad uno schermo televisivo – avrebbe avuto <strong>in</strong> dono uno spettacolo pornografico, <strong>in</strong> cui<br />

una bella ragazza spomp<strong>in</strong>ava un supercazzo. E se <strong>ci</strong> avesse <strong>in</strong>cro<strong>ci</strong>ati qualcuno di<br />

nostra conoscenza? Che umiliazione per Giorgio, pensai. Guardandolo, però, mi<br />

accorsi che guidava con una mano sola, la s<strong>in</strong>istra, e che il brac<strong>ci</strong>o destro si muoveva<br />

spasmodicamente. Lo sguardo fisso nello specchietto, dove probabilmente rius<strong>ci</strong>va a<br />

vedere le natiche di <strong>Marco</strong> che si agitavano avanti e <strong>in</strong>dietro. Forse vedeva pure il suo<br />

tronco di carne sparire nella mia bocca. Si stava masturbando, il segaiolo. Non f<strong>in</strong>iva<br />

mai di stupirmi. F<strong>in</strong>o a quali abissi di abiezione sarebbe stato capace di scendere?<br />

Inf<strong>in</strong>e, raggiungemmo la nostra meta: il parcheggio. Solo un’automobile sostava<br />

nella penombra dei lampioni. Dai movimenti sussultori della vettura si capiva che<br />

dentro qualcuno amoreggiava, forse una coppia, forse un trio, come noi.<br />

Parcheggiammo <strong>in</strong> un angolo poco illum<strong>in</strong>ato e protetto rispetto alla strada. <strong>Marco</strong>,<br />

dopo essersi guardato <strong>in</strong>torno, riprese a sp<strong>in</strong>germi l’uccello <strong>in</strong> bocca. Giorgio, libero<br />

dall’obbligo di guidare, si voltò e si spostò <strong>in</strong> modo da poter osservare meglio la scena<br />

che gli offrivamo. Io succhiavo con impegno e piacere. Il cazzo di <strong>Marco</strong> per me era<br />

ipnotico, averlo <strong>in</strong> bocca mi sprofondava <strong>in</strong> una sorta di trance. Se non fosse stato per<br />

la fatica di <strong>accoglie</strong>re tra le labbra un arnese di quelle dimensioni, avrei potuto<br />

cont<strong>in</strong>uare a succhiarglielo e leccarglielo per ore. Il suo cazzo aveva un buon sapore.<br />

Poi <strong>Marco</strong> de<strong>ci</strong>se di fottermi. Mi fece mettere alla pecor<strong>in</strong>a sui sedili posteriori e<br />

seppure con qualche scomodità <strong>in</strong>iziale, mi picchiò il suo uccellone tutto <strong>in</strong> fica.<br />

Accadeva ancora, accadeva di nuovo. Ero sua. Non contava il luogo, la posizione, <strong>ci</strong>ò<br />

che contava era che io lo sentissi dentro di me. Solo questo contava veramente. Anche<br />

Giorgio, che nella penombra si masturbava, <strong>in</strong> quel momento contava poco. Che <strong>ci</strong><br />

fosse o non <strong>ci</strong> fosse, non dico che fosse <strong>in</strong>differente, anzi il suo sguardo concupiscente<br />

mi ec<strong>ci</strong>tava, ma non era lui il punto focale della situazione. Tutto ruotava <strong>in</strong>torno al<br />

piacere che sapevano darmi quel tronco di carne dura e il suo padrone. Per accrescere


l’ec<strong>ci</strong>tazione, <strong>Marco</strong> ord<strong>in</strong>ò a Giorgio di accendere le lu<strong>ci</strong> <strong>in</strong>terne dell’abitacolo.<br />

Probabilmente, voleva richiamare l’attenzione dell’altra coppia o di qualche guardone<br />

che presumibilmente bazzicava nei d<strong>in</strong>torni del parcheggio. Doveva rimanere deluso,<br />

almeno per qualche m<strong>in</strong>uto. Mi fotteva con foga, come al solito: «Troia, sei proprio una<br />

troia. Ti fai chiavare ovunque. E se te lo avessi ord<strong>in</strong>ato ti saresti fatta fottere anche da<br />

quei giovanotti, vero?»<br />

Godevo! come sempre tra le sue brac<strong>ci</strong>a, godevo; come sempre con il suo cazzo<br />

piantato f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo alla fica, godevo.<br />

«Sì! – risposi- basta che non smetti di darmi il tuo cazzo e fac<strong>ci</strong>o tutto <strong>ci</strong>ò che vuoi.<br />

Sono la tua troia, la tua puttana…».<br />

«Hai sentito cornuto cosa dice la tua donna? Ma poi, è ancora la tua donna. La chiavo<br />

io, la <strong>in</strong>culo io. Se le ord<strong>in</strong>assi di non scopare più con te mi obbedirebbe… » nel<br />

frattempo mi piantava dentro colpi di cazzo potenti come colpi d’ariete.<br />

«Troia, è vero che se ti dico di non scopare più <strong>ci</strong>n Giorgio tu mi obbedis<strong>ci</strong>?»<br />

«Sì, sì, SÌÌÌÌ!!». Il mio era un sì conv<strong>in</strong>to, ma era anche il sì dell’orgasmo. In quel<br />

momento, mentre il mio corpo veniva squassato dai suoi colpi e dall’orgasmo, avrei<br />

risposto sì a qualunque sua domanda. Non mi rendevo neppure conto che avrebbe<br />

potuto approfittarne per costr<strong>in</strong>germi davvero a non chiavare più con Giorgio. È vero<br />

che presi come eravamo da quel torbido triangolo, io e il mio uomo scopavamo meno<br />

di prima, e che quando lo facevamo era sempre all’<strong>in</strong>segna del ricordo dei giochi con<br />

<strong>Marco</strong>. L’idea di un divieto totale mi spaventava, eppure <strong>in</strong> quel momento, se fosse<br />

stata la condizione <strong>in</strong>dispensabile per cont<strong>in</strong>uare a farmi montare da <strong>Marco</strong>, avrei<br />

r<strong>in</strong>un<strong>ci</strong>ato agli amplessi con Giorgio. Ero spaventata da me stessa, dalla mia capa<strong>ci</strong>tà di<br />

oltrepassare tutti i conf<strong>in</strong>i <strong>in</strong>teriori. In quale abisso mi sarei las<strong>ci</strong>ata tras<strong>ci</strong>nare da<br />

<strong>Marco</strong>?<br />

«Hai sentito, cornuto? Il tuo cazzetto può scopare solo perché io te lo concedo.» <strong>Marco</strong><br />

e Giorgio aumentavano contemporaneamente la loro velo<strong>ci</strong>tà. L’uno dentro la mia fica,<br />

l’altro nella sua mano. Mentre i due <strong>in</strong>foiati mar<strong>ci</strong>avano de<strong>ci</strong>si verso l’orgasmo e<br />

mentre attendevo il poderoso getto di sborra che mi avrebbe lavata tutta, tornavo<br />

lentamente alla realtà e fu così che <strong>in</strong>travidi un’ombra avvi<strong>ci</strong>narsi all’auto. Mi<br />

spaventai. L’ombra ormai era a ridosso del f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>o e stava bussando contro il vetro:<br />

«Polizia! Aprite! Mani bene <strong>in</strong> vista!»<br />

“Porca miseria. E avevamo anche las<strong>ci</strong>ato le lu<strong>ci</strong> dell’abitacolo accese. Altro che<br />

guardoni. La polizia. E ora cosa fac<strong>ci</strong>amo?” Pensai. Costr<strong>in</strong>si <strong>Marco</strong> a sfilarsi.<br />

Poveretto, stava per sborrare, ma non potevamo certo chiedere ai poliziotti di attendere<br />

che f<strong>in</strong>issimo. Giorgio si tirò su i pantaloni <strong>in</strong> fretta e furia e, benché avesse la cami<strong>ci</strong>a<br />

fuori, poté aprire la portiera e scendere dall’auto. Io e <strong>Marco</strong> eravamo completamente<br />

nudi. Stavo cercando di <strong>in</strong>dossare qualcosa per coprirmi, ma un poliziotto che aveva<br />

<strong>in</strong>filato la testa dallo sportello anteriore disse:


«Las<strong>ci</strong> perdere, signor<strong>in</strong>a. Lei sta bene anche così. Ora favorisca i documenti.»<br />

Un altro poliziotto, rivolgendosi a <strong>Marco</strong>:<br />

«Complimenti per la dotazione, giovanotto. Ora però vuole fornirmi le sue generalità?»<br />

<strong>Marco</strong>, senza perdersi d’animo, consegnò la carta d’identità e disse: «Purtroppo certi<br />

attributi dai documenti non emergono.»<br />

L’agente, divertito dalla situazione <strong>in</strong> cui si era trovato, e che probabilmente rallegrava<br />

una noiosa serata di ronda, rispose: «Per rimediare, la prossima volta che r<strong>in</strong>noverà la<br />

carta d’identità, alla voce sesso scriva “enorme”.»<br />

«È una bella idea. Me ne ricorderò.»<br />

Controllati i documenti il capo pattuglia chiese:<br />

«Ora qualcuno di voi, <strong>ci</strong> vuole spiegare perché tre dist<strong>in</strong>ti avvocati praticano sesso<br />

sp<strong>in</strong>to <strong>in</strong> un parcheggio equivoco?»<br />

«Una scommessa, signor agente – rispose velocemente <strong>Marco</strong>. – Una scommessa di<br />

lavoro. Oggi ho v<strong>in</strong>to una causa contro di lui (e <strong>in</strong>dicò Giorgio). Avevamo scommesso<br />

che se avessi v<strong>in</strong>to io, gli avrei scopato la donna <strong>in</strong> automobile. Altrimenti lo avrebbe<br />

fatto lui. [Chissà se gli agenti si erano accorti che non c’era equità di scambio tra gli<br />

scommettitori, perché la frase di <strong>Marco</strong>, con abile doppio senso, <strong>in</strong>tendeva dire che <strong>in</strong><br />

caso di vittoria anche Giorgio si sarebbe scopato me] Poiché ho v<strong>in</strong>to, stavo<br />

riscuotendo il pattuito. E voi ne siete testimoni.»<br />

«Secondo voi, il giudice che ne penserà?»<br />

«Beh, se il giudice è mio zio, allora f<strong>in</strong>irà con un rimprovero. Lo conosco bene, mi<br />

considera un ragazzac<strong>ci</strong>o, anche se come avvocato mi stima. D’altronde, signor agente,<br />

guardi la ragazza. Non è bella? Avrei forse dovuto r<strong>in</strong>un<strong>ci</strong>are a riscuotere la v<strong>in</strong><strong>ci</strong>ta?»<br />

Tutti e tre gli agenti mi osservarono. Mi vergognavo da morire. <strong>Marco</strong> – benché capissi<br />

che stesse cercando di tirar<strong>ci</strong> fuori dai guai – lo avrei uc<strong>ci</strong>so lì, e sapevo che Giorgio<br />

non poteva fare nulla.<br />

«Effettivamente…» commentò il capopattuglia. Poi rivolgendosi a Giorgio:<br />

«Le paiono scommesse da fare? Io se avessi una ragazza così bella non la farei toccare<br />

da nessuno.»<br />

«Ha ragione – rispose Giorgio – e non avrei voluto, ma ero così sicuro di v<strong>in</strong>cere… »<br />

Grazie al nome del giudice, al nostro ruolo professionale, alla simpatia di <strong>Marco</strong> e alla<br />

mia bellezza ce la cavammo con un rimbrotto. L’altra auto del parcheggio era<br />

scomparsa. Più furbi di noi, probabilmente. Mentre rammento l’episodio mi sfugge un<br />

sorriso, tenero e mal<strong>in</strong>conico. Cosa starà facendo ora <strong>Marco</strong>? Giorgio nota il mio sorriso<br />

e me ne chiede il motivo. Inizio a raccontargli di quella serata. Lui ride e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a ad<br />

aggiungere altri dettagli. A furia di “E ti ricordi… “la ricostruiamo <strong>in</strong>sieme, ridendo<br />

come matti per tutto il viaggio.


CAPITOLO 12°<br />

Il salone dell’hotel <strong>in</strong> cui siamo riuniti ha le porte-f<strong>in</strong>estra aperte che danno su<br />

un giard<strong>in</strong>o suggestivo. Oltre le siepi si <strong>in</strong>travede il <strong>ci</strong>elo del crepuscolo. La brezza<br />

della prima estate muove le tende. Sediamo al tavolo del pr<strong>in</strong><strong>ci</strong>pale di Giorgio,<br />

privilegio che <strong>ci</strong> è concesso perché Giorgio è considerato il suo brac<strong>ci</strong>o destro. La cena<br />

si protrarrà a lungo e tra una portata e l’altra potremo danzare. Il pianista del gruppo<br />

ha messo gli occhi su di me e non mi molla più. Sguardo presuntuoso e una leggera<br />

espressione sarcastica gli <strong>in</strong>crespa le labbra. Si considera affas<strong>ci</strong>nante, temo. Qualche<br />

m<strong>in</strong>uto fa, approfittando di un momento di quiete prima che il salone si riempisse, mi<br />

ha dedicato una canzone:<br />

«Alla fan<strong>ci</strong>ulla più bella della serata.»<br />

Ha detto proprio così. L’ho r<strong>in</strong>graziato cortesemente e gli ho fatto notare che c’erano<br />

ancora poche persone nel salone e qu<strong>in</strong>di la sua dichiarazione era prematura. Lui mi ha<br />

risposto che non c’era bisogno di attendere le altre per <strong>in</strong>coronarmi reg<strong>in</strong>etta della<br />

serata. Mi osserva <strong>in</strong>sistentemente. Giorgio se n’è accorto.<br />

«Hai già fatto conquiste, vedo!»<br />

«Sì, il brano che stanno suonando è dedicato a me, e ha detto che sono la più bella, se ti<br />

può <strong>in</strong>teressare.» gli rispondo avvi<strong>ci</strong>nando le mie labbra a sfiorargli la guan<strong>ci</strong>a destra.<br />

«Ha ragione, guardati <strong>in</strong>torno.»<br />

All’improvviso, mentre la serata s<strong>ci</strong>vola tranquilla con qualche attimo di<br />

annoiato silenzio <strong>in</strong> cui osservo la gente <strong>in</strong> sala, il pr<strong>in</strong><strong>ci</strong>pale di Giorgio mi chiede di<br />

ballare con lui. Sono imbarazzata.<br />

«Mi scusi, se glielo chiedo, ma sa sono da solo. Mia moglie non è potuto venire per una<br />

lieve <strong>in</strong>disposizione, e qu<strong>in</strong>di per ballare non posso che rivolgermi a lei. Se Giorgio<br />

permette.»<br />

«Naturalmente.» acconsente Giorgio.<br />

«Perché non può rivolgersi che a me?» gli chiedo.<br />

«Perché lei è la più affas<strong>ci</strong>nante, e se uno deve trasgredire è meglio che lo fac<strong>ci</strong>a con<br />

una bella ragazza, non crede?»<br />

«Lei è troppo galante.» Arrossisco e <strong>in</strong>cro<strong>ci</strong>o lo sguardo <strong>in</strong>coraggiante di Giorgio. È<br />

fiero dell’<strong>in</strong>vidia di cui lo <strong>ci</strong>rconda la mia bellezza. Mentre <strong>ci</strong> avviamo verso il centro<br />

della sala, osservo il mio baller<strong>in</strong>o. Ha un’età compresa tra i <strong>ci</strong>nquanta e i sessanta, sì,<br />

ma quanti anni ha veramente? Non lo so. È giovanile, curato, senza pan<strong>ci</strong>a. Indossa<br />

pantaloni bianchi e un blazer blu su una cami<strong>ci</strong>a di l<strong>in</strong>o azzurra. Pelle abbronzata dal<br />

sole. L’abbronzatura di un velista, direi. Quando com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a a farmi volteggiare tra le sue<br />

brac<strong>ci</strong>a capisco che <strong>ci</strong> sa fare. Sicuro di sé, de<strong>ci</strong>so, mi guida alla perfezione. Ogni tanto<br />

sento su di me il fastidioso sguardo da cagnol<strong>in</strong>o del pianista. Il pr<strong>in</strong><strong>ci</strong>pale tiene alta la


conversazione tra noi, sussurrandomi amenità, chiamandomi per nome e chiedendomi<br />

di fare altrettanto. Si chiama Alberto. Ho ventisei anni, sto ballando con un <strong>in</strong>teressante<br />

<strong>ci</strong>nquantenne, ma, oltre ad essere il capo di Giorgio, potrebbe avere l’età di mio padre.<br />

Come posso dargli del tu e chiamarlo Alberto? Tuttavia, <strong>ci</strong> provo. Ogni volta provo un<br />

leggere imbarazzo. Lui ride e mi <strong>in</strong>coraggia, sostenendo che sono ogni volta un po’ più<br />

naturale:<br />

«Ancora un paio di volte e, cara <strong>Debora</strong>, sarai naturalissima. Mi piace che le belle<br />

ragazze mi chiam<strong>in</strong>o per nome.»<br />

Frase un po’ banale, quasi maldestra. Ma che devo fare? Abbozzo un sorriso. È pur<br />

sempre il pr<strong>in</strong><strong>ci</strong>pale del mio uomo.<br />

«Ce l’ha con te, il pianista? Non ti toglie gli occhi di dosso. In fondo lo capisco.»<br />

«Un po’ mi <strong>in</strong>fastidisce.»<br />

«Strano, pensavo che una bella ragazza come te fosse abituata ad essere divorata con lo<br />

sguardo.»<br />

«No, non sembra, ma sono timida.»<br />

«Timida, <strong>in</strong>telligente e bellissima. Comb<strong>in</strong>azione perfetta. Giorgio è un uomo<br />

fortunato.»<br />

Arrossisco e lo r<strong>in</strong>grazio.<br />

«Non devi r<strong>in</strong>graziarmi. Sto solo dicendo la verità. Guardati <strong>in</strong>torno, le ragazze car<strong>in</strong>e<br />

non mancano, ma tu sei la più bella. Non è solo questione di forme, ma di personalità,<br />

di <strong>in</strong>telligenza. Peccato che io non abbia l’età, altrimenti ti corteggerei.»<br />

In quel momento mi sembra che le sue mani str<strong>in</strong>gano <strong>in</strong> modo più de<strong>ci</strong>so la mia vita.<br />

Ma forse mi sbaglio. Term<strong>in</strong>a il brano e torniamo al tavolo. Giorgio dialoga con un<br />

collega. Alberto si avvi<strong>ci</strong>na al pianista e gli sussurra qualcosa. Quello impallidisce e mi<br />

pare che si scusi. Alberto torna da noi e approfittando del momento <strong>in</strong> cui Giorgio si<br />

distrae per la presentazione di un nuovo brano, ne approfitta per sussurrarmi:<br />

«Il pianista non ti <strong>in</strong>fastidirà più. E il brano che stanno per suonare è dedicato a te.»<br />

«Sei gentile.»<br />

«È il m<strong>in</strong>imo omaggio che un anziano come me, amante della bellezza, possa<br />

rivolgerti.» Sento la sua mano che mi sfiora il seno, poi torna a sedersi al suo posto. È<br />

stato un gesto naturale, quasi dovuto ad una sbadata consuetud<strong>in</strong>e o lo ha fatto<br />

apposta? Io ho provato un brivido imprevisto. Mi è pia<strong>ci</strong>uto. È appena accaduta una<br />

cosa che potrebbe rendere pepata la serata, se non fosse che il pr<strong>in</strong><strong>ci</strong>pale di Giorgio è<br />

pericolosissimo. Almeno quanto <strong>Marco</strong>, se non di più. E forse è proprio questo che mi<br />

ec<strong>ci</strong>ta. Tra una portata e l’altra il resto della serata sembra svolgersi <strong>in</strong> tutta tranquillità,<br />

come se non dovesse accadere più nulla. Che mi sia sbagliata? Che abbia <strong>in</strong>terpretato<br />

come <strong>in</strong>tenzionale un tocco al seno che magari era del tutto casuale?


In distanza odo la musica che proviene dal salone, che è tutto un fervore di<br />

danze e baller<strong>in</strong>i. Il crepuscolo se n’è già andato da un pezzo. Ora c’è solo il <strong>ci</strong>elo nero<br />

della notte fonda. La luna, che <strong>in</strong>travedo vedo dalla f<strong>in</strong>estra della camera, la rischiara a<br />

malapena. La porta-f<strong>in</strong>estra è aperta e sento la brezza estiva che entrando dal balcone<br />

mi accarezza la pelle. E io sono qui nuda tra le brac<strong>ci</strong>a di Alberto che mi sta chiavando<br />

come un forsennato. Il suo grosso cazzo mi spacca la fica. Non è lungo come quello di<br />

<strong>Marco</strong>, però <strong>in</strong> quanto a larghezza non gli è da meno. Possibile che tutti abbiano un<br />

grosso uccello e solo il mio Giorgio abbia un cazzetto? Mi chiava con passione, come<br />

un uomo che sa il valore di <strong>ci</strong>ò che ha tra le mani. Sa che sta montando la più bella fica<br />

della serata. L’età accresce la sua consapevolezza di quanto sia preziosa questa<br />

chiavata. Mi limona tutta e mi fa godere. Mi sento larghissima. La mia schiena nuda si<br />

sfrega contro il leggero copriletto di <strong>ci</strong>niglia, procurandomi una sensazione piacevole.<br />

Da qualche parte, nascosto dietro la porta della camera comunicante Giorgio <strong>ci</strong> sta<br />

osservando. Non riesco a vedere se la porta sia socchiusa, o se lui attraverso il buco<br />

della serratura stia vedendo il pr<strong>in</strong><strong>ci</strong>pale che gli monta la donna. Magari si sta<br />

sparando una sega, oppure si sta trattenendo per non sborrare subito. Non lo vedo, ma<br />

è come se sentissi la sua ec<strong>ci</strong>tazione nell’aria. Qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong><strong>ci</strong>to Alberto con un imprevisto<br />

turpiloquio che gli accende ancor di più i sensi:<br />

«Sì, Alberto, fottimi così che mi piace. Che cazzo largo hai. Tu le donne le squarti.»<br />

«Ti piace, mia bella troietta? Ti piace come ti chiava il mio cazzo? Senti come me lo hai<br />

fatto diventare duro.»<br />

Di tanto <strong>in</strong> tanto, <strong>in</strong> preda ad una frenesia <strong>in</strong>controllabile, mi morde i capezzoli<br />

durissimi a causa dell’ec<strong>ci</strong>tazione. Poi torna a limonarmi. Sembra un naufrago che si<br />

aggrappi ad un tronco miracolosamente trovato tra le onde.<br />

«Sei bellissima, sei bellissima…»<br />

Un leggero frus<strong>ci</strong>o attraversa l’aria, come di tenda che si muova.<br />

«Vieni fuori cornuto. Vieni qui vi<strong>ci</strong>no a guardare come ti fotto la donna.»<br />

Questo improvviso cambio di atteggiamento da parte di Alberto mi stupisce. Aveva<br />

detto di non gradire la presenza di Giorgio nella nostra camera, e adesso <strong>in</strong>vece lo<br />

<strong>in</strong>vita ad accomodarsi per assistere da vi<strong>ci</strong>no alla monta della sua femm<strong>in</strong>a. Il mio<br />

uomo si sporge da dietro la tenda che dà sul balcone comunicante e timidamente si<br />

avvi<strong>ci</strong>na. Ha i pantaloni slac<strong>ci</strong>ati e il suo cazzetto si erge baldanzoso. Ma non è nulla di<br />

fronte alla potenza del cazzo del suo capo che mi sta sventrando tutta. Alberto mi<br />

solleva le gambe e se le appoggia sulle spalle. Dobbiamo essere un bello spettacolo. Se<br />

dentro al salone sapessero cosa sta succedendo qui, <strong>in</strong> una suite dello stesso albergo.<br />

Alberto è completamente nudo, segno che non ha nessun timore di essere giudicato<br />

vecchio. Questa sicurezza proverrà dalla sua <strong>in</strong>dole certo, ma anche dal suo grosso<br />

cazzo che probabilmente <strong>in</strong>duce le sue partner a trascurare i segni del tempo sul suo


corpo. Le sue mani, ora che ho le gambe sulle spalle sono libere di arpionarmi le<br />

chiappe e di allargarle.<br />

«Cornuto, ti piace come ti chiavo la donna?»<br />

Giorgio annuisce.<br />

«Voglio sentirtelo dire!»<br />

«Sì, mi piace. Mi piace da morire vedere come mi monta la donna.» Giorgio gli dà del<br />

lei. Quello gli sfonda la donna e lui è riverente.<br />

«Hai ragione a dire che te la monto. È il verbo adatto. Guarda bene. Osserva le<br />

espressioni del suo viso, le sue tette che ballonzolano. Ascolta i suoi gemiti, ogni volta<br />

che glielo sp<strong>in</strong>go f<strong>in</strong>o all’utero.»<br />

All’improvviso, ec<strong>ci</strong>tata anche da questo colloquio imprevisto tra Alberto e Giorgio,<br />

com<strong>in</strong><strong>ci</strong>o a godere e a mugolare:<br />

«Godo, Alberto, godo. Accelera, accelera. Squartami tutta… tutta … Ahhhh»<br />

E Alberto accelera, asseconda i miei desideri. Nel momento più <strong>in</strong>tenso per me, sento<br />

che diventa parossistico. Si muove con frenesia e poi com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a a gridare:<br />

«Sborro, <strong>Debora</strong>, sborro. Ti lavo la fica, ti riempio tutta. Cornuto, te la <strong>in</strong>gravido.»<br />

Giorgio non resiste più e sborra a sua volta, ma con discrezione, quasi non volesse<br />

disturbare il suo capo nel momento dell’orgasmo, nel momento <strong>in</strong> cui sborra nella sua<br />

femm<strong>in</strong>a, col desiderio di <strong>in</strong>gravidarla. Fortuna che prendo la pillola.<br />

Mentre il piacere svanisce lentamente, Alberto mi accarezza i seni e mi sussurra<br />

complimenti e tenerezze. Un paio di m<strong>in</strong>uti dopo, si rialza e si riveste, e se ne va<br />

las<strong>ci</strong>ando<strong>ci</strong> soli: «Scusami devo andare, ho degli ospiti di cui devo prendermi cura.<br />

Non andatevene, torno tra poco. Questa è solo l’ouverture» Il suo allontanamento<br />

repent<strong>in</strong>o mi costr<strong>in</strong>ge a riflettere: come <strong>ci</strong> sono f<strong>in</strong>ita qui così? In questa suite dove,<br />

con la scusa che abbiamo bevuto, trascorreremo la notte. Me lo chiede anche Giorgio,<br />

mentre mi aiuta a rivestirmi.<br />

«Come mai ti sei fatta chiavare dal mio capo?»<br />

«Proprio perché è il tuo capo. E io <strong>ci</strong> tengo al tuo posto di lavoro.»<br />

«Ti ha ricattata?»<br />

«No. Mentre aspettiamo che ritorni ti racconto tutto. Hai visto che bel cazzo ha il tuo<br />

capo?»<br />

Giorgio annuisce.<br />

«Comunque il tuo capo non ha dovuto fare molta fatica per mettermi <strong>in</strong> orizzontale.<br />

Ha ottimi argomenti a sua disposizione. Non mi riferisco al suo grosso uccello. Quello<br />

è venuto dopo. Sai, Giorgio – ora non posso più tacere – ti ricordi che ti ho detto che<br />

per spedire <strong>Marco</strong> a Londra, ho dovuto conv<strong>in</strong>cere il mio capo, m<strong>in</strong>ac<strong>ci</strong>ando uno<br />

scandalo per stupro?»<br />

«Sì, ricordo bene.»<br />

«Per conv<strong>in</strong>cerlo def<strong>in</strong>itivamente mi sono aiutata facendogli un pomp<strong>in</strong>o.»


«Ti ha sborrato <strong>in</strong> bocca?»<br />

Che uomo sta diventando Giorgio? Io gli rivelo che ho fatto un pomp<strong>in</strong>o ad un altro di<br />

nascosto da lui e gli <strong>in</strong>teressa solo sapere se gliel’ho fatto con l’<strong>in</strong>goio. Mah!<br />

«Certo. E l’ho bevuto tutto. Era un po’ piccante, credo che mangi molti taralluc<strong>ci</strong> al<br />

peperon<strong>ci</strong>no.»<br />

«Mi stai prendendo <strong>in</strong> giro.»<br />

«Te lo meriti. Comunque sì, gliel’ho bevuta la sborra. Non potevo fare altro. Mi<br />

schiac<strong>ci</strong>ava la testa sul suo pube e mi diceva: “Bevi pomp<strong>in</strong>ara, bevimi tutto!»<br />

«Di questo ne riparliamo a casa. Ma <strong>in</strong> che modo c’entra con il mio pr<strong>in</strong><strong>ci</strong>pale?» Questo<br />

significa che Giorgio si sta ec<strong>ci</strong>tando e a casa vorrà conoscere tutti i particolari,<br />

comprese le dimensioni del cazzo del mio datore di lavoro. Lo rassicuro dicendogli che<br />

gli racconterò tutto, ma dovrà attendere domani, perché ora il tempo sarebbe poco,<br />

visto che tra poco tornerà Alberto. Ora che mi ha chiavata tutta non fac<strong>ci</strong>o più alcuna<br />

fatica a dargli del tu. Potenza dell’<strong>in</strong>timità sessuale. In fondo anche la favorita poteva<br />

dare del tu al re di Fran<strong>ci</strong>a. Almeno credo. Non ce la vedo la favorita che dà del voi al<br />

re, dicendogli: «Che gran cazzo avete, sire! E come sapete soddisfare una dama.»<br />

Sorrido dell’immag<strong>in</strong>e evocata. In realtà, attendo con una certa ansia che Alberto torni<br />

<strong>in</strong> camera perché so che avrà ancora voglia di me, e io di lui. Più che di lui, del suo<br />

cazzo. Possibile che io stia diventando <strong>in</strong>saziabile? E Giorgio potrà godersi <strong>in</strong> perfetta<br />

beatitud<strong>in</strong>e le nuove corna che gli faremo crescere.


CAPITOLO 13°<br />

È l’alba. Una luce rosa <strong>in</strong>vade delicatamente la camera. Alberto dorme beato alla mia<br />

destra. Alla mia s<strong>in</strong>istra dorme Giorgio. Non so come raccontare a Giorgio <strong>ci</strong>ò che è<br />

accaduto, <strong>ci</strong>ò che mi ha conv<strong>in</strong>ta a concedermi al suo pr<strong>in</strong><strong>ci</strong>pale. Perché da spiegare è<br />

un po’ diffi<strong>ci</strong>le. Potrei limitarmi a riferire le cose che Alberto mi ha detto, ma non<br />

sarebbero suffi<strong>ci</strong>enti per spiegare una così repent<strong>in</strong>a disponibilità. In fondo avrei<br />

potuto negare tutto, opporre una maggiore resistenza. Potrei dire che l’ho fatto per lui;<br />

che quando mi sono accorta di come fosse grosso l’uccello del suo capo ho pensato che<br />

gli sarebbe pia<strong>ci</strong>uto vederlo <strong>in</strong> azione dentro e fuori dalla mia fica. E lui potrebbe<br />

chiedermi se mi sono resa conto delle pericolose implicazioni professionali. Io ribatterei<br />

che se questo argomento non valeva per <strong>Marco</strong>, visto che è un mio collega, non può<br />

essere valido per il suo capo. È una questione di pari dignità professionale. Non solo io<br />

devo rischiare la carriera professionale per compiacere un cornuto voglioso di esserlo.<br />

Se dicessi questo rischieremmo la rottura. E io non la voglio, una rottura. Potrei tagliare<br />

corto facendogli notare che comunque lui si è goduto lo spettacolo delle mie cosce<br />

aperte per il suo capo e ha sborrato abbondantemente. Quello che non posso fare è<br />

confessare che il contatto di quella grossa nerchia contro la pan<strong>ci</strong>a, durante il ballo, mi<br />

ha tolto ogni forza di volontà. Avevo solo voglia di farmi chiavare da lui, dal<br />

possessore di quella nerchia, che per grossezza mi ricordava quella dell’<strong>in</strong>dimenticato<br />

<strong>Marco</strong>. Temo di non poter ammettere che, coito dopo coito, amplesso dopo amplesso,<br />

sta affiorando una mia nuova natura, forse la più vera. Scopo volentieri davanti a<br />

Giorgio, ma ho la sensazione che ora potrei farlo anche senza di lui. È proprio vero che<br />

attraverso il sesso noi scopriamo noi stessi. Mentre attendo che si svegl<strong>in</strong>o e giunga<br />

l’ora del ritorno a casa, ripercorro con la mente tutti gli eventi della serata. Una volta<br />

term<strong>in</strong>ata la cena, Alberto mi ha chiesto un altro ballo. Questa volta però suonavano<br />

una musica suadente e lenta, così dovevamo str<strong>in</strong>ger<strong>ci</strong> l’un l’altro. Lui, approfittando<br />

della vi<strong>ci</strong>nanza ha com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato a far salire e scendere lungo la mia schiena i polpastrelli.<br />

Bel tocco, niente da dire. Delicato, ma non autorizzato. Oltretutto, man mano che<br />

prendeva coraggio allungava la corsa verso il basso, f<strong>in</strong>o a sfiorarmi il culo. Non posso<br />

negarlo, mi piaceva molto quel suo tocco, ma eravamo <strong>in</strong> un salone tra altri baller<strong>in</strong>i, e<br />

io ero lì con Giorgio. Non era il caso che mi las<strong>ci</strong>assi palpeggiare dal pr<strong>in</strong><strong>ci</strong>pale del mio<br />

uomo davanti a tutti i suoi dipendenti e relative consorti? All’improvviso, lui mi ha<br />

stretta a sé f<strong>in</strong>o a premere il cazzo contro la mia pan<strong>ci</strong>a. Ho avuto un sussulto quando<br />

l’ho sentito. Ho <strong>in</strong>tuito subito che doveva trattarsi di un membro di notevoli<br />

dimensioni. Mi piaceva e sapevo che sarebbe pia<strong>ci</strong>uto anche a Giorgio, se lo avesse<br />

saputo, ma non potevamo andare oltre <strong>in</strong> una situazione così pubblica. Tutti i colleghi<br />

del mio uomo avrebbero capito <strong>ci</strong>ò che stava accadendo. Avrebbero visto le corna di


Giorgio crescere <strong>in</strong> diretta. Come sarebbe potuto tornare <strong>in</strong> uffi<strong>ci</strong>o facendo f<strong>in</strong>ta di<br />

nulla? Sarebbe stato deriso anche dall’ultimo degli us<strong>ci</strong>eri.<br />

«Vedi quale miracolo si sta compiendo grazie a te?» così mi ha detto Alberto. «A noi<br />

<strong>ci</strong>nquantenni non capita spesso che una donna <strong>ci</strong> provochi un’erezione. Deve essere<br />

proprio bella. E, come vedi, tu lo sei.»<br />

«Più che vedere lo sento. Ma non ti stai sp<strong>in</strong>gendo troppo oltre?»<br />

«Perché? In fondo non sto facendo altro che farti i complimenti con il mio corpo. Non<br />

c’è nulla di male.»<br />

«Un modo un po’ <strong>in</strong>vadente, direi. Il mio parere non conta?»<br />

«Certo che conta. Infatti, io spero che i miei omaggi ti piac<strong>ci</strong>ano, anche se non sono<br />

floreali.»<br />

«E tu sei abituato a rendere omaggio <strong>in</strong> questo modo ovunque, <strong>in</strong>dipendentemente dal<br />

luogo, dal numero di persone e dalla presenza del partner?»<br />

«Alla mia età, non si ha più troppo tempo per badare alle quisquilie. Se devo scegliere<br />

tra la mia ec<strong>ci</strong>tazione e il luogo <strong>in</strong> cui mi trovo, non ho dubbi. Non posso più averne. Il<br />

numero di persone è irrilevante allo stesso modo, quando si ha tra le brac<strong>ci</strong>a una<br />

ragazza affas<strong>ci</strong>nante come te. Il tuo partner, il tuo Giorgio, non è un problema. A lui<br />

piace vederti chiavare con dei veri maschi.» Quest’ultima frase l’ha accompagnata con<br />

una poderosa sp<strong>in</strong>ta del cazzo contro il mio ventre, mentre la mano mi arpionava con<br />

de<strong>ci</strong>sione una natica. Come ha saputo dei gusti di Giorgio? Come li ha scoperti? Volevo<br />

<strong>in</strong>dagare, ma non sapevo come fare.<br />

«E queste tue idee, ti autorizzano a scoparmi <strong>in</strong> mezzo ad un salone affollato di tuoi<br />

dipendenti? Non credi che per rispetto verso di me e verso il tuo pr<strong>in</strong><strong>ci</strong>pale<br />

collaboratore, dovresti usare più tatto? Le donne non vanno prese, ma conquistate.<br />

Mostrami il tuo fas<strong>ci</strong>no anziché la tua arroganza. Così avrai più chance di possedermi.»<br />

Ho tralas<strong>ci</strong>ato deliberatamente la questione del piacere cuckold di Giorgio. Lui è parso<br />

colpito dal mio discorso. Ha annaspato per qualche secondo.<br />

«<strong>Marco</strong> ti ha affas<strong>ci</strong>nata con il suo charme, o con il suo grosso cazzo? Sei una donna di<br />

classe, ma so che sotto sotto c’è una gran bella femm<strong>in</strong>a sensuale. Credi che non sappia<br />

cosa avete comb<strong>in</strong>ato? Credi che non sappia che ti ha montata mentre il tuo uomo si<br />

masturbava?»<br />

«Vedo che hai scelto di affas<strong>ci</strong>narmi. Sei un vero signore!» Il suo tono, così simile a<br />

quello con cui <strong>Marco</strong> <strong>ci</strong> soggiogava entrambi, mi stava facendo bagnare. Non mi piace<br />

essere trattata così e mi piace ancor meno che il mio corpo non rispetti la mia volontà,<br />

che mi tradisca così subdolamente. Prima che potesse dire altre s<strong>ci</strong>occhezze, ho ripreso:<br />

«Senti, se dobbiamo parlare almeno andiamo <strong>in</strong> un posto più discreto.»<br />

«Va bene. Andiamo <strong>in</strong> giard<strong>in</strong>o. Una passeggiata <strong>ci</strong> farà bene.»<br />

Allontanandomi, sono rius<strong>ci</strong>ta ad <strong>in</strong>contrare lo sguardo di Giorgio e fargli un cenno,<br />

come per dire: «Seguimi!»


«Scusami per il tono di prima – ha esordito Alberto – ma averti tra le brac<strong>ci</strong>a mi fa<br />

salire il sangue al cervello. L’idea che tu sia di Giorgio e che <strong>Marco</strong> abbia potuto<br />

possederti a suo pia<strong>ci</strong>mento mi fa impazzire di gelosia. Per fortuna non lavori nel mio<br />

studio, se no sarei già <strong>in</strong>namorato pazzo di te, dei tuoi lunghi capelli biondi, dei tuoi<br />

occhi azzurri e profondi, dei tuoi seni, delle tue gambe…»<br />

«… e del mio culo, e della mia fica, e delle mie cosce… Puoi dire qualcosa di meno<br />

banale?»<br />

«Ti prego – ha ripreso lui – non umiliarmi, non umiliare un maschio che dal primo<br />

momento <strong>in</strong> cui ti ha vista ti ha adorata.»<br />

«Come hai saputo di <strong>Marco</strong>?»<br />

«Semplice, tu hai chiesto di spedirlo a Londra, e per paura dello scandalo che hai<br />

m<strong>in</strong>ac<strong>ci</strong>ato il tuo pr<strong>in</strong><strong>ci</strong>pale ti ha assecondata. Ma prima, lo ha convocato e si è fatto<br />

raccontare la sua versione dei fatti. Non so f<strong>in</strong> dove si sia sp<strong>in</strong>to nei dettagli, ma ha<br />

rivelato i vostri amplessi e la presenza di Giorgio. Io e il tuo capo siamo colleghi e<br />

ami<strong>ci</strong>, giochiamo a tennis <strong>in</strong>sieme e pranziamo spesso <strong>in</strong>sieme, per<strong>ci</strong>ò mi ha confidato<br />

tutta la vicenda, compreso il bel pomp<strong>in</strong>o che gli hai elargito. Mi ha detto che lo succhi<br />

div<strong>in</strong>amente. Ora, capis<strong>ci</strong> che stasera, appena ti ho vista, sapendo <strong>ci</strong>ò che sapevo, e a<br />

causa della tua bellezza, ho perso subito la testa per te, las<strong>ci</strong>andomi andare ad<br />

atteggiamenti che solitamente non sono miei e che ti hanno <strong>in</strong>fastidita.» Appena<br />

term<strong>in</strong>ata la frase, si è estratto il grosso uccello eretto: «Vedi cosa mi fai? Mi ridoni la<br />

vita. Hai idea da quanto tempo io non ho a che fare con una donna bella come te?»<br />

Stupita dal gesto repent<strong>in</strong>o, mi sono guardata <strong>in</strong>torno e mi sono resa conto che mi<br />

aveva condotta <strong>in</strong> un angolo molto appartato del giard<strong>in</strong>o, <strong>ci</strong>rcondato da siepi<br />

propizie.<br />

«Non mi freghi vecchio puttaniere. Tu hai belle ragazze ogni volta che vuoi, gratis o a<br />

pagamento.»<br />

«Ti prego, toccamelo, fammi almeno una sega. Dammi la pace dei sensi.»<br />

Sentivo bene che il suo tono era ironico, che non credeva ad una sola parola della sua<br />

implorazione. Voleva solo che glielo prendessi <strong>in</strong> mano. In effetti, guardandolo, mi<br />

sono resa conto che aveva proprio un bel cazzo. Come quello di <strong>Marco</strong>, solo un po’ più<br />

corto. Dietro un cespuglio ho <strong>in</strong>travisto Giorgio. Era rius<strong>ci</strong>to a seguirmi, come gli avevo<br />

chiesto. Allora mi sono de<strong>ci</strong>sa. Potevo fare altro? Un mio rifiuto non avrebbe<br />

compromesso la carriera del mio uomo? Non mi restava che sacrificarmi<br />

piacevolmente. L’ho toccato timidamente, poi l’ho afferrato saldamente. Lui bias<strong>ci</strong>cava<br />

parole spezzate: «Sì, dai, così, bravo... come lo tocchi ben… hai… la mano… di…<br />

velluto.» Mano di velluto, bel complimento, ho pensato. Così mi sono sollevata l’abito e<br />

mi sono <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiata nell’erba per prenderglielo <strong>in</strong> bocca. Buon cazzo. Duro,<br />

consistente, robusto, curato, pulito, come piace a me. Ho com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato a <strong>in</strong>goiare tutta la<br />

cappella. Poi l’ho estratta e gli ho fatto provare il brivido della saliva che si as<strong>ci</strong>uga con


l’aria fresca della notte. Sentivo lo sguardo di Giorgio. Stavo facendolo cornuto per<br />

l’ennesima volta e lo facevo con gusto. Dire che lo facessi solo per lui sarebbe una<br />

bugia, molto grossa. Stavo diventando puttana f<strong>in</strong>o al midollo. Come se<br />

nell’assecondare il suo desiderio io stessi scoprendo anche la mia vera natura. Sono<br />

una puttanella vogliosa di cazzo e sono fortunata perché il mio uomo è mio complice,<br />

così come io sono complice nell’assecondare il suo desiderio feroce di sentirsi cornuto,<br />

il suo desiderio di vedere altri uom<strong>in</strong>i che mi fottono duramente, che mi profanano<br />

senza pietà. In ogni buco. Il senso di vuoto derivante dalla partenza di <strong>Marco</strong>, <strong>in</strong> quel<br />

momento – mentre succhiavo il cazzo al suo capo – io e Giorgio non lo sentivamo più,<br />

perché il gioco <strong>in</strong> cui stavamo entrando era altrettanto torbido, pericoloso. Quell’uomo,<br />

che mi stava bloccando la testa aff<strong>in</strong>ché <strong>in</strong>goiassi tutto il suo enorme cazzo, poteva<br />

sputtanar<strong>ci</strong> nel nostro ambiente. Rivelare a tutti quali giochi sessuali praticassimo. Se lo<br />

avesse confidato all’us<strong>ci</strong>ere, questi avrebbe potuto salutare ogni matt<strong>in</strong>a il mio uomo<br />

con un bel: «Buongiorno, signor cornuto». Oppure raccontarlo ad altri. Non c’è nulla<br />

che si diffonda più velocemente di un segreto. Di lì a poco Giorgio sarebbe stato<br />

soprannom<strong>in</strong>ato “il cornuto”. Certo, lui lo vuole, lo desidera ardentemente, ma f<strong>in</strong>o a<br />

quale punto è disposto a sp<strong>in</strong>gersi, quale prezzo è disposto a pagare per le sue corna?<br />

Sarebbe contento di essere sputtanato pubblicamente? Sarebbe contento che si sapesse<br />

<strong>in</strong> giro che non ha un cazzo molto grosso e che la sua ragazza per provare piacere si<br />

rivolge a maschi superdotati? E tutto questo per causa mia. In quel momento, mentre<br />

succhiavo l’uccello al suo capo, la sua umiliazione di cornuto stava aumentando a<br />

dismisura come le corna di un cervo.<br />

E io, cos’ero disposta a pagare per la nomea di troia che mi stavo costruendo<br />

per far contento il mio uomo? F<strong>in</strong>o a qualche mese fa ero considerata bella e<br />

irraggiungibile, ma una volta che anche l’ultimo dei fattor<strong>in</strong>i fosse stato al corrente<br />

della mia disponibilità, cosa sarebbe accaduto? Come sarebbero cambiati i<br />

comportamenti <strong>in</strong>torno a me? Quante volte gli uom<strong>in</strong>i si sarebbero toccati oscenamente<br />

la patta per farmi capire che cos’erano disposti a offrirmi. E quante volte qualcuno<br />

avrebbe trovato il coraggio, <strong>in</strong> ascensore e a tu per tu, di sussurrarmi porcate del tipo:<br />

“Bonazza, te lo metterei ovunque”, “<strong>Debora</strong>, ti chiaverei tutta”, “ti riempirei la fica<br />

della mia sborra” o peggio “Bella gnocca, ti spaccherei il culo, te lo aprirei <strong>in</strong> due come<br />

un melone.” E poiché non sarei più, nella loro testa, una dea irraggiungibile, tutti si<br />

sentirebbero autorizzati a passare dal lei, cui sono costretti ora, al tu confidenziale,<br />

leggermente offensivo e degradante. Anche chi non mi potrebbe mai scopare si<br />

sentirebbe autorizzato a considerarmi, e forse a trattarmi come una puttana.<br />

Interrompendo il pomp<strong>in</strong>o, Alberto si è sfilato dalla mia bocca e ha cercato di<br />

svestirmi, abbassando la cerniera per sfilarmi l’abito dall’alto. Cosa stava facendo? Mi<br />

voleva nuda nel giard<strong>in</strong>o? L’ho fermato:


«Per favore, cont<strong>in</strong>uiamo <strong>in</strong> un posto più tranquillo, dove anch’io possa las<strong>ci</strong>armi<br />

andare.»<br />

«Scusami, hai ragione. Vieni con me.» Poi rivolgendosi come se parlasse ad un<br />

cespuglio, aggiunse: «Giorgio, es<strong>ci</strong> da lì, credi che non ti abbia visto? Segui<strong>ci</strong>. Io ho<br />

prenotato due camere comunicanti – previdente il porco, pensai – voi avete la camera<br />

306 ed io la 308. Voi salite <strong>in</strong> camera come se foste stanchi. È prenotata a vostro nome.<br />

Io verrò nell’altra. Poi tu, <strong>Debora</strong>, e solo tu, mi raggiungerai nella mia camera,<br />

<strong>in</strong>dossando solo la biancheria <strong>in</strong>tima. Il tuo segaiolo non lo voglio tra le palle. Se vuole<br />

guardar<strong>ci</strong> si trovi una postazione comoda, ma non si azzardi ad avvi<strong>ci</strong>narsi a noi.»<br />

Giorgio veniva trattato come un guardone da parco, a cui si conceda di osservare a<br />

distanza lo spettacolo. Cazzo, questa – nella sua cerebralità – era un’umiliazione quasi<br />

più brutale di quelle patite con <strong>Marco</strong>. La situazione si faceva torbida ed ec<strong>ci</strong>tantissima.<br />

In camera l’ho raggiunto <strong>in</strong>dossando solo il reggiseno e gli slip. Mi ha tolto<br />

anche quelli e ha com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato a frugarmi la fica con le dita, mentre <strong>in</strong> modo un po’<br />

maldestro si spogliava. Aveva voglia di me, lo sentivo bene. Una volta scaldata per<br />

bene, mi ha fatta sdraiare sul letto e mi ha leccato la fica. Non capivo più nulla. Lo<br />

confesso, lì ho una sensibilità pazzesca, e lui abilmente l’ha scoperto subito. Dopo un<br />

orgasmo <strong>in</strong>tenso procuratomi dalla sua l<strong>in</strong>gua, Alberto mi ha cac<strong>ci</strong>ato tutto dentro il<br />

suo cazzo duro e grosso.<br />

«Ah!... Sei enorme.»<br />

«Già. Non sono m<strong>in</strong>idotato come quel cornuto di Giorgio.»<br />

Come lo sapeva? Capisco che <strong>Marco</strong> avesse raccontato <strong>ci</strong>ò che era accaduto, ma<br />

possibile che avesse avuto il tempo di <strong>in</strong>trattenersi sulle scarse misure del cazzo del<br />

mio partner? La domanda è rimasta senza risposta, perché Alberto ha com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato a<br />

fottermi con forza, f<strong>in</strong>o a togliermi il respiro. La fica si è allargata per riceverlo meglio,<br />

per <strong>accoglie</strong>rlo tutto. Poi ha accelerato sempre più. F<strong>in</strong>o al momento del frus<strong>ci</strong>o della<br />

tenda che ha rivelato la vi<strong>ci</strong>nanza di Giorgio e alla sua ammissione per la visione <strong>in</strong><br />

prima fila della monta.


CAPITOLO 14°<br />

Alberto è nudo, seduto <strong>in</strong> poltrona, a gambe larghe, il gran cazzo semi eretto. Se<br />

lo massaggia oscenamente. Mi ha già chiavata ma vuole farlo ancora. Chiama Giorgio a<br />

sé e gli ord<strong>in</strong>a di leccargli le palle. Giorgio si <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhia e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a dalle cosce<br />

muscolose, per risalire pian piano verso l’alto e giunto ai coglioni allunga la l<strong>in</strong>gua,<br />

quasi fosse un formichiere, per titillarli con la punta.<br />

«Non essere timido, lo so che ti piac<strong>ci</strong>ono. Lecca bene, con passione. È una forma di<br />

gratitud<strong>in</strong>e che mi devi per aver soddisfatto la tua femm<strong>in</strong>a. Hai visto come l’ho fatta<br />

godere? E non vuoi r<strong>in</strong>graziarmi?» lo apostrofa Alberto.<br />

Allora Giorgio, allargata bene la l<strong>in</strong>gua a spatola, gli lecca le palle come se fossero<br />

quelle di un gelato.<br />

«Lecca così, bravo.»<br />

Senza una parola, Giorgio provvede ai bisogni del suo capo, poi risale lungo l’asta, ora<br />

nuovamente eretta, e cerca di prendere <strong>in</strong> bocca la cappella violacea e turgida.<br />

«No! Fermati, non lì. Non ancora. Lecca i coglioni, ti ho detto.»<br />

Il mio uomo obbedisce. Non è certo la prima volta che lo vedo sottomesso e umiliato<br />

da un uomo, ma non riesco ancora ad abituarmi<strong>ci</strong>. C’è sempre qualcosa di misterioso,<br />

di <strong>in</strong>afferrabile, nel modo <strong>in</strong> cui un uomo – che io ho sempre considerato un vero uomo<br />

– si trasforma <strong>in</strong> uno schiavo sessuale agli ord<strong>in</strong>i di maschi più dotati di lui che mi<br />

prendono con brutalità, quasi a <strong>in</strong>fangare la mia bellezza, sotto i suoi occhi.<br />

Accarezzandomi i seni, Alberto mi chiede:<br />

«Lo sai, cara <strong>Debora</strong>, perché io sono il capo di Giorgio e non è il contrario? Glielo<br />

spieghi tu, Giorgio?»<br />

Giorgio non può parlare, ha <strong>in</strong> bocca un testicolo del suo sbeffeggiatore.<br />

«Vedo che sei impegnato, va bene allora lo spiego io alla tua troietta.»<br />

Poi, rivolgendosi verso di me, afferra con de<strong>ci</strong>sione il suo tronco di carne ed esclama:<br />

«È per questo, cara. Io sono il suo capo perché ce l’ho più grosso di lui, più duro, più<br />

resistente, più carico di sborra: <strong>ci</strong>oè sono più maschio di lui. Non sto facendo lo<br />

sbruffone, sai? Un gran cazzo tra le gambe dà all’uomo la sicurezza necessaria per fare<br />

carriera nella vita. Il tuo uomo ce l’ha piccolo, io ce l’ho grosso, qu<strong>in</strong>di io sono il suo<br />

capo. Vero, Giorgio.»<br />

Il mio uomo risponde con un mugolio che vuole essere d’assenso. Il cazzo di Alberto<br />

nel frattempo è diventato durissimo e m<strong>in</strong>ac<strong>ci</strong>oso, pronto per squartarmi ancora.<br />

Scene come questa si ripetono spesso da un mese a questa parte, <strong>ci</strong>oè da quando<br />

frequentiamo stabilmente Alberto. I nostri sabati sera sono dedicati al sesso. Io e<br />

Alberto scopiamo e Giorgio si masturba o gli lecca l’uccello. Mi stupisce che non provi<br />

mai il desiderio di <strong>in</strong>tervenire. Cos’è? Pigrizia? Senso di <strong>in</strong>adeguatezza? Paura del


confronto con la nerchia di Alberto? Sudditanza al suo capo? Mi piacerebbe sapere se e<br />

come si è modificato il loro rapporto professionale. Possibile che questo modo di vivere<br />

il sesso, con ruoli gerarchi<strong>ci</strong> ben def<strong>in</strong>iti (una femm<strong>in</strong>a, un maschio e un cornuto-<br />

guardone-pomp<strong>in</strong>aro) non affiori <strong>in</strong> alcun modo nei rapporti quotidiani di lavoro?<br />

Possibile che ogni volta che si rivolgono re<strong>ci</strong>procamente la parola non emerga la<br />

consapevolezza che l’uno ha il cazzo più grosso, molto più grosso, dell’altro? Possibile<br />

che nei momenti di tensione e attrito tra persone che talune situazioni di lavoro<br />

generano, questa differente potenza sessuale non emerga stabilendo una gerarchia e<br />

garantendo a chi ha il cazzo più grosso l’ultima parola? Vero che Giorgio è un<br />

dipendente e l’altro è il capo, ma f<strong>in</strong>o a prima che Alberto mi <strong>in</strong>filasse la cappella nella<br />

fica erano quasi so<strong>ci</strong>, data l’<strong>in</strong>dispensabilità di Giorgio per lo studio. Possibile che la<br />

sfera professionale sia così impermeabile a quella sessuale? Giorgio non mi confida<br />

molto. Dice che è tutto come prima, semmai c’è solo una maggiore compli<strong>ci</strong>tà che si<br />

traduce <strong>in</strong> maggiore <strong>in</strong>tesa. Come a dire che il fatto che il suo capo mi chiavi migliora<br />

la qualità del loro lavoro. A volte mi piacerebbe essere una mosca per verificare se <strong>ci</strong>ò<br />

che afferma sia vero oppure no.<br />

Stasera Alberto <strong>ci</strong> ha <strong>in</strong>vitati preannun<strong>ci</strong>ando<strong>ci</strong> la presenza di un suo<br />

importante cliente arabo, ma di non preoccupar<strong>ci</strong> che comunque troveremo del tempo<br />

per divertir<strong>ci</strong>. Io mi sono preparata al meglio, come al solito. Non che debba fare molto.<br />

Mi basta un abit<strong>in</strong>o, un leggero trucco e un colpo di spazzola ai capelli. Giungiamo<br />

puntuali e Alberto <strong>ci</strong> <strong>in</strong>troduce nel soggiorno, dove <strong>ci</strong> attende il commensale. È un<br />

corpulento signore di una quarant<strong>in</strong>a d’anni. Indossa un abito color crema e una<br />

cami<strong>ci</strong>a bianca. È slac<strong>ci</strong>ata e spunta fuori un <strong>ci</strong>uffo di peli <strong>in</strong>colti. Quel <strong>ci</strong>uffo richiama<br />

alla mente una natura selvatica. Lo guardo, gli str<strong>in</strong>go la mano e mi accomodo sul<br />

brac<strong>ci</strong>olo del divano per non mostrare troppo le gambe, come accadrebbe se<br />

sprofondassi nel divano. Lui mi scruta. È affas<strong>ci</strong>nato dalla mia figura. Sono giovane,<br />

bella e bionda. Uno dei luoghi comuni vuole che gli arabi vadano pazzi per le bionde<br />

con gli occhi azzurri. Non lo so con certezza, perché – forse trattenuta dal timore di<br />

questo pregiudizio – non sono mai stata <strong>in</strong> un paese arabo. Alberto è affas<strong>ci</strong>nante.<br />

Indossa il blazer della prima sera <strong>in</strong> cui mi ha chiavata tutta. Non sono <strong>in</strong>namorata di<br />

lui, ma subisco il suo fas<strong>ci</strong>no. Se mi proponesse una vacanza da soli <strong>in</strong> qualcuno dei<br />

luoghi esoti<strong>ci</strong> che è solito frequentare, credo che accetterei. Mi piacerebbe essere la sua<br />

compagna per una settimana. Durante il giorno mi farebbe sentire una pr<strong>in</strong><strong>ci</strong>pessa e<br />

durante la notte una troia. Cosa posso desiderare di più? Non che Giorgio non mi<br />

fac<strong>ci</strong>a sentire desiderata come una pr<strong>in</strong><strong>ci</strong>pessa, è la notte che non mi sento più troia con<br />

lui. Ci vuole sempre un terzo che provveda a sfondarmi con il suo cazzo. Guardo<br />

ancora Alberto, la naturalezza con cui versa da bere e mi accorgo di desiderarlo, di<br />

sperare che il suo cliente arabo sia stanco e vada a letto presto, così da las<strong>ci</strong>are libero il


campo. Ma non sarà così, temo. Sarò un bell’oggetto durante una cena di lavoro,<br />

probabilmente. Mi predispongo ad annoiarmi. L’unica cosa che mi r<strong>in</strong>cuora è la<br />

promessa di Alberto: «Non preoccupatevi, troveremo del tempo per divertir<strong>ci</strong>.» ha<br />

detto proprio così. Mi ripeto questa frase come un mantra, una litania utile. La<br />

conversazione, durante la cena, verte sulla re<strong>ci</strong>proca curiosità. L’arabo, che si chiama<br />

Khalil, è un abile conversatore e parla fluentemente la nostra l<strong>in</strong>gua. Quando parla<br />

tende a rivolgere lo sguardo verso di me, a volte con un pizzico di <strong>in</strong>sistenza. Mi<br />

illustra le bellezze del suo paese con tono pacato. Ogni tanto stranamente la sua mano<br />

destra scompare sotto il tavolo. Lo osservo con attenzione e mi accorgo che la porta alla<br />

patta e si aggiusta il cazzo, come se una crescente erezione lo <strong>in</strong>fastidisse. Per un attimo<br />

rammento che deve essere <strong>ci</strong>rcon<strong>ci</strong>so e io, un cazzo <strong>ci</strong>rcon<strong>ci</strong>so, non l’ho mai visto. Per<br />

tutta la sera, Alberto o Khalil mi versano da bere. Giorgio osserva tutto senza fiatare.<br />

Al momento del digestivo, Alberto las<strong>ci</strong>a libera la sua coppia di camerieri, immerge la<br />

sala <strong>in</strong> una musica di sottofondo e si avvi<strong>ci</strong>na a me. Senza alcuna parola mi ba<strong>ci</strong>a con<br />

dolcezza. Io presa alla sprovvista, sento le sue labbra poggiarsi sulle mie ma non<br />

reagisco. Allora la sua l<strong>in</strong>gua le forza per penetrare. Io capisco ancor meno, ma cedo.<br />

Mi limona, il porco. Mi limona tutta davanti al mio uomo e al suo ospite arabo. Le sue<br />

mani mi str<strong>in</strong>gono <strong>in</strong> vita. Perché lo fa? Giorgio è paralizzato <strong>in</strong> poltrona. Credo stia<br />

mettendo a fuoco le <strong>in</strong>tenzioni perverse del suo capo. Alberto mi fa ballare lentamente<br />

mentre cont<strong>in</strong>ua a ba<strong>ci</strong>armi. Un m<strong>in</strong>uto, due? Poi, l’arabo rompe gli <strong>in</strong>dugi e mi<br />

raggiunge da dietro. Aderisce con il suo corpo al mio per muoversi all’unisono con noi.<br />

«Sei la donna più bella che abbia mai conos<strong>ci</strong>uto – sussurra – puoi anche credere che<br />

sia solo un complimento, ma è la verità. Sei affas<strong>ci</strong>nante.»<br />

Cosa lo <strong>in</strong>duce a credere che <strong>ci</strong> starò? Che non reagirò. Che gli abbia fatto un cenno<br />

Alberto? Questo significa che i due maschi si erano già accordati. Io sto per essere<br />

offerta ad un cliente dello studio legale del mio fidanzato, e chi lo de<strong>ci</strong>de non è lui, ma<br />

il suo capo. Oppure Giorgio ne è al corrente? Una situazione del genere non l’ho mai<br />

provata. Sì, nel club privé ho visto la promiscuità dei corpi, ma stasera non sono<br />

spettatrice, sono protagonista. Sono al centro delle attenzioni di tre uom<strong>in</strong>i, e due<br />

sicuramente mi scoperanno. Chissà se Giorgio è contento dello spettacolo che gli sta<br />

regalando il suo capo. Con un’<strong>in</strong>tesa da vecchi compli<strong>ci</strong>, Alberto e Khalil mi sfilano il<br />

vestit<strong>in</strong>o dalla testa. Ora ho solo lo slip. Il reggiseno <strong>in</strong> estate lo evito. Ho delle belle<br />

tette che stanno su da sole. Khalil mi volta e contempla il mio seno. È senza parole.<br />

Visibilmente turbato. Mi piace rendermi conto dell’effetto che fac<strong>ci</strong>o sugli uom<strong>in</strong>i,<br />

leggere il loro turbamento negli sguardi, nei gesti, negli imbarazzi. Si <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhia e mi<br />

ba<strong>ci</strong>a l’ombelico, mentre Alberto mi morde il collo con piccoli teneri morsi. Giorgio è<br />

già <strong>in</strong> poltrona, il suo posto di osservazione preferito. Si tocca la patta. Pregusta lo<br />

spettacolo. Khalil risale lentamente f<strong>in</strong>o ai capezzoli e li ba<strong>ci</strong>a alternatamente. La sua<br />

mano s<strong>ci</strong>vola verso lo slip, si <strong>in</strong>s<strong>in</strong>ua e va a toccare le labbra vag<strong>in</strong>ali, strappandomi un


gemito, il primo di questa serata che si preannun<strong>ci</strong>a calda. Le sue dita sono delicate, ma<br />

sento che potrebbero sprigionare ben altra forza. Ho le mani libere, com<strong>in</strong><strong>ci</strong>o ad<br />

accarezzargli la testa mentre con la bocca mi succhia i seni. Alberto <strong>in</strong>vece assale lo slip<br />

da dietro, <strong>in</strong>s<strong>in</strong>ua un dito tra le natiche e lo sp<strong>in</strong>ge nel mio buch<strong>in</strong>o posteriore. Dalla<br />

fa<strong>ci</strong>lità con cui lo <strong>in</strong>troduce, <strong>in</strong>tuisco che lo ha unto, ma con che cosa? La sua saliva o il<br />

burro che c’è sul tavolo? Mentre mi pongo quesiti oziosi il suo dito è entrato tutto,<br />

<strong>in</strong>contrando nella membrana che divide il culo dalla vag<strong>in</strong>a il dito di Khalil. Che<br />

sensazione meravigliosa. Entrambi i buchi pieni. Khalil ora mi limona. La sua l<strong>in</strong>gua è<br />

più ruvida di quella di Alberto e ba<strong>ci</strong>a costr<strong>in</strong>gendomi a tenere le labbra molto aperte.<br />

La mano destra dietro la nuca mi blocca e la sua l<strong>in</strong>gua affonda <strong>in</strong> quello che è il<br />

preludio all’amplesso vero e proprio. S<strong>ci</strong>volando sempre più nel desiderio, gli slac<strong>ci</strong>o<br />

la cami<strong>ci</strong>a, portando allo scoperto quella foresta di peli che avevo <strong>in</strong>travisto prima di<br />

cena. Un vello morbido e compatto che accarezzo con piacere. La mia mano esplora<br />

quel petto e quel ventre, che scopro prom<strong>in</strong>ente. È una sensazione strana. Non <strong>ci</strong> sono<br />

abituata. Giorgio, <strong>Marco</strong>, Shamal e Alberto hanno un ventre piatto e segnato dai<br />

muscoli sviluppati con gli eser<strong>ci</strong>zi addom<strong>in</strong>ali. Khalil no. I miei polpastrelli, seguendo<br />

la l<strong>in</strong>ea curva del ventre, provano una sensazione nuova ma non spiacevole. Scendo.<br />

La mia mano si fa impert<strong>in</strong>ente e va a slac<strong>ci</strong>are i pantaloni dell’arabo. Per la prima<br />

volta nella vita vedrò un cazzo <strong>ci</strong>rcon<strong>ci</strong>so. La curiosità, mista all’ec<strong>ci</strong>tazione, mi divora.<br />

Perché <strong>in</strong> questo momento Khalil mi attrae più di Alberto? Fas<strong>ci</strong>no della novità,<br />

probabilmente, oppure il suo modo di fare promette un diverso modo di possedere le<br />

donne? I suoi pantaloni cadono ai piedi. Se li sfila una gamba dopo l’altra. Si toglie le<br />

scarpe. È a piedi nudi. Io <strong>in</strong>filo la mano negli slip e tocco il suo cazzo. È bello duro. La<br />

cappella è la prima cosa che i miei polpastrelli <strong>in</strong>contrano. Sento subito la pelle nuda<br />

del glande. Niente prepuzio. Mi <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhio e osservo quell’uccello. La cappella nuda<br />

del <strong>ci</strong>rcon<strong>ci</strong>so mi sembra più oscena, più nuda. Come se avesse un rapporto più diretto<br />

con il sesso. Torbidamente, la prendo <strong>in</strong> bocca. Un sospiro di Khalil mi fa capire le sue<br />

sensazioni. Gli piace. La bocca della bionda oc<strong>ci</strong>dentale gli dà sensazioni piacevoli. Mi<br />

accarezza dolcemente i capelli e altrettanto dolcemente sp<strong>in</strong>ge le labbra verso il suo<br />

pube per <strong>in</strong>filarmi tutto il cazzo <strong>in</strong> bocca. Lo lecco volentieri, le mie mandibole non<br />

devono fare la fatica che fac<strong>ci</strong>o con l’uccello di Alberto, o di <strong>Marco</strong>, o di Shamal. Ha un<br />

cazzo di buone proporzioni, non largo come quello di Alberto, ma con la stessa<br />

lunghezza. Mentre lo succhio, mi rendo conto che è più grosso di quello di Giorgio. È<br />

mai possibile che da quando abbiamo com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato questa nuova vita sessuale io non<br />

abbia mai visto cazzi più piccoli di quello del mio uomo? Ogni volta che snudo un<br />

banano è sempre più grosso del suo. È possibile che il mio uomo abbia un cazzo<br />

m<strong>in</strong>uscolo e io, nella mia adolescenziale <strong>in</strong>genuità, non me ne rendessi conto? Significa<br />

dunque che solo ora sto diventando consapevole e qu<strong>in</strong>di veramente donna. Solo<br />

adesso sto diventando capace di comprendere e godere gli attributi dei maschi nel loro


pieno turgore. Cazzo mi sono distratta e non mi sono resa conto di <strong>ci</strong>ò che stava per<br />

accadere. Khalil non ce la fa più, il mio pomp<strong>in</strong>o gli piace troppo. Mi blocca la testa e<br />

con un mugolio <strong>in</strong>de<strong>ci</strong>frabile, alternato a parole smozzicate, com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a versarmi <strong>in</strong> gola<br />

il suo sperma. Getti potenti di schiuma densa. La sua sborra mi riempi la bocca. Non<br />

l’avevo messo <strong>in</strong> conto. Pensavo durasse di più. Ho sottovalutato la sua ec<strong>ci</strong>tazione. Io<br />

stessa non mi capa<strong>ci</strong>to. Bevo tutto il suo sperma, gli lecco a cappella per ripulirla. È<br />

pazzesco. Io sto bevendo lo sperma di uno sconos<strong>ci</strong>uto. Io sto bevendo la sborra densa<br />

di un arabo. La cosa mi sembra più porca che mai e sp<strong>in</strong>ge la mia ec<strong>ci</strong>tazione a mille,<br />

così mentre Alberto cont<strong>in</strong>ua a pistonarmi il culetto con il suo pollice, vengo anch’io.<br />

Raggiungo l’orgasmo e godo senza ritegno, senza vergogna. Il primo orgasmo della<br />

mia vita senza avere qualcosa <strong>in</strong> fica. Sto imparando un sacco di cose, da un po’ di<br />

tempo <strong>in</strong> qua.<br />

Riprendendomi dall’orgasmo, cerco lo sguardo di Giorgio. Mi sorride con<br />

espressione rapita. Il suo cazzetto è duro. È naturale che di tre uom<strong>in</strong>i, quello col cazzo<br />

più piccolo sia escluso dai giochi. Tu non sai giocare, qu<strong>in</strong>di ti metti lì e guardi. Come<br />

accadeva da bamb<strong>in</strong>i. Quante volte le bamb<strong>in</strong>e più grandi mi escludevano con questa<br />

scusa? A Giorgio sta capitando la stessa cosa. Lui ce l’ha piccolo. Non può giocare a<br />

questi livelli, deve solo guardare e sparasi le seghe. L’umiliazione morale questa volta è<br />

aggravata dal fatto che i due uom<strong>in</strong>i siano rispettivamente il suo capo e un rispettabile<br />

cliente. Khalil mi offre un goc<strong>ci</strong>o di v<strong>in</strong>o, poi mi ba<strong>ci</strong>a. Il suo cazzo è tornato duro. Mi<br />

solleva di peso e mi impala sul suo uccello. Come mai Alberto non mi ha ancora<br />

posseduta? Dovere di ospitalità, forse? Khalil muove su e giù il mio ba<strong>ci</strong>no. Ogni volta<br />

che mi las<strong>ci</strong>a andare la penetrazione si fa profonda. Chissà quali sensazioni mi<br />

procurerebbe se avesse un cazzo come quello di <strong>Marco</strong>. Mi aprirebbe letteralmente <strong>in</strong><br />

due. Poi, sempre tenendomi impalata sul suo cazzo mi porta nella camera di Alberto –<br />

conosce la strada, penso – e mi roves<strong>ci</strong>a sul letto matrimoniale. La camera ha specchi<br />

ad ogni parete, tra cui alcuni nascondono la cab<strong>in</strong>a armadio, soffitto compreso. Ora<br />

sono sotto di lui. Nello specchio del soffitto vedo la sua schiena forte e l’espressione<br />

beata del mio viso. Mi piace essere montata così. Mi fotte con vigore, con foga.<br />

Cont<strong>in</strong>ua a dirmi che sono bellissima. È una litania, la sua. Mi solleva le gambe, mi<br />

ba<strong>ci</strong>a i piedi, mi succhia gli allu<strong>ci</strong>, prima uno e poi l’altro. Il suo petto villoso e il suo<br />

ventre prom<strong>in</strong>ente mi affas<strong>ci</strong>nano. Sono così abituata a fisi<strong>ci</strong> costruiti <strong>in</strong> palestra che la<br />

virilità selvaggia di quest’uomo mi sconvolge i sensi. Una bellezza primitiva, naturale,<br />

quella del suo corpo. Le sue cosce sono forti per necessità, non per volontà. C’è<br />

qualcosa di ancestrale nel modo <strong>in</strong> cui mi possiede. Giorgio si è sistemato su una<br />

poltron<strong>ci</strong>na ai piedi del letto. Quella che, da quando frequentiamo la casa di Alberto,<br />

può essere considerata la sua poltron<strong>ci</strong>na. Se verremo qui nei prossimi vent’anni<br />

diventerà sua per usucapione. Si masturba <strong>in</strong> silenzio. Alberto è di fianco a me e mi<br />

accarezza i seni.


«Ti piace come ti chiava il mio amico, eh?»<br />

«Sì, mi piace… mi piace… mi piace.»<br />

«Hai visto che bel regalo ti ho fatto? Dopo saprai r<strong>in</strong>graziarmi per questo? Farai tutto<br />

<strong>ci</strong>ò che ti chiederò?»<br />

«Sì… sì… farò tutto <strong>ci</strong>ò che vuoi.»<br />

Scuoto la testa a destra e a s<strong>in</strong>istra. Nel mio delirio sessuale mi pare di sentire Alberto<br />

apostrofare Giorgio:<br />

«E a te, cornuto, piace quello che Khalil fa alla tua donna?»<br />

Con voce roca per via dell’ec<strong>ci</strong>tazione prolungata, Giorgio risponde di sì.<br />

«E vedrai tra poco… Vuoi vedere, cornuto?»<br />

«Sì, voglio vedere. Voglio vedere tutto.»<br />

«Toccagli coglioni, cornuto. Vai a toccare i grossi coglioni di Khalil.»<br />

Giorgio las<strong>ci</strong>a la sua poltrona e si avvi<strong>ci</strong>na. Dapprima accarezza la schiena dell’arabo.<br />

Lo vedo nello specchio del soffitto. È servizievole, ubbidiente. Dopo la schiena<br />

accarezza le chiappe. Ammira quel maschio, si <strong>in</strong>tuisce bene. Inf<strong>in</strong>e raggiunge i<br />

coglioni duri di Khalil, poi si sp<strong>in</strong>ge f<strong>in</strong>o alla radice del cazzo per percepirne la<br />

consistenza. Un suo dito cerca di <strong>in</strong>trufolarsi <strong>in</strong> me. Probabilmente per verificare se<br />

quel bell’uccello mi occupa tutto l’imbocco vag<strong>in</strong>ale e per sentire quanto sono bagnata.<br />

Poi, lo specchio mi rimanda un’immag<strong>in</strong>e imprevista. Giorgio s<strong>ci</strong>vola giù dal letto si<br />

<strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhia e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a a leccare i coglioni di Khalil. Talvolta mi pare risalga, segno che<br />

gli lecca anche il culo. Giorgio sembra perso nel suo delirio tanto da non accorgersi che<br />

Alberto si è messo dietro di lui e si sta lubrificando il cazzo. Quell’affare<br />

mostruosamente largo, reso ancor più m<strong>in</strong>ac<strong>ci</strong>oso dalla lu<strong>ci</strong>dità si appoggia al buco del<br />

culo di Giorgio. Con le brac<strong>ci</strong>a forti, Alberto gli blocca i fianchi. Poi con un colpo secco<br />

lo penetra. Nessuna pietà, nessuna attenzione. Solo il desiderio brutale di spaccargli il<br />

culo, di sodomizzarlo, di sottometterlo completamente. Giorgio viene <strong>in</strong>culato dal suo<br />

capo. Un uomo che lo comanda professionalmente, che ha un cazzo molto più grosso<br />

del suo, che abitualmente gli chiava la donna. Quale abisso di umiliazione e degrado<br />

ha cercato e trovato, quel poveretto di Giorgio. Lan<strong>ci</strong>a un urlo, uno solo, ma straziante.<br />

Il segno di un doloroso cedimento alla volontà superiore di un maschio, di un vero<br />

maschio, <strong>in</strong> ogni caso più maschio di lui. Se re<strong>ci</strong>tassero dei ruoli Alberto, il mio stallone<br />

sarebbe il maschio, Giorgio, il mio partner di vita, la femm<strong>in</strong>a. Mentre lo <strong>in</strong>cula<br />

brutalmente lo <strong>in</strong>sulta:<br />

«Sei peggio di una zoccola. Non hai alcun ritegno. Ma che uomo sei? Ti fai chiavare la<br />

donna da tutti, ti fai le seghe guardandola e <strong>in</strong> più non vedi l’ora che ti <strong>in</strong>cul<strong>in</strong>o.<br />

Cornuto e ricchione. Sei cornuto e ricchione, vero?»<br />

«Sì – geme Giorgio, ancora <strong>in</strong> preda al dolore per la brutale e improvvisa penetrazione<br />

– sì, sì, sono la tua zoccola, il tuo cornuto…»


Sarei proprio curiosa di vedere come si guarderanno domani <strong>in</strong> uffi<strong>ci</strong>o. Immag<strong>in</strong>o lo<br />

sguardo devoto che Giorgio rivolgerà al suo <strong>in</strong>culatore. Per un momento immag<strong>in</strong>o<br />

Giorgio piegato sulla scrivania e Alberto che lo <strong>in</strong>cula vigorosamente. Ma non accadrà.<br />

Loro hanno bisogno della mia presenza per poter liberare l’omosessualità. Alberto non<br />

<strong>in</strong>culerebbe mai un uomo se non con l’alibi di dom<strong>in</strong>arlo dopo avergli chiavato la<br />

donna.<br />

Nel frattempo Khalil mi fotte come una locomotiva. Sento il mio orgasmo vi<strong>ci</strong>no, ma<br />

quando i segni del suo avvi<strong>ci</strong>namento diventano visibili, Khalil si roves<strong>ci</strong>a sul letto <strong>in</strong><br />

modo da trovarsi con la schiena sulla coperta e io sopra di lui. Alberto si sfila da<br />

Giorgio e lo rimanda al suo posto di osservazione. Un vero sfregio. Non gli dà neppure<br />

la soddisfazione di venirgli nel culo. Gli nega anche la pur piccola sensazione di essere<br />

desiderato f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e dell’amplesso. Poi, ungendosi il dito con il lubrificante, mi<br />

penetra il buch<strong>in</strong>o libero. Avanti e <strong>in</strong>dietro, avanti e <strong>in</strong>dietro. Abituata dalle misure di<br />

<strong>Marco</strong> e di Shamal, non soffro questo trattamento. Almeno f<strong>in</strong>o al momento <strong>in</strong> cui non<br />

sento l’enorme cappella di Alberto appoggiarsi al mio buco del culo. Il porco, dopo<br />

aver sfondato il culo di Giorgio, vuole <strong>in</strong>cularmi mentre Khalil mi fotte. La cosa mi<br />

spaventa non poco. Non l’ho mai fatto. Due uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong>sieme dentro di me. La mente<br />

vola, l’ec<strong>ci</strong>tazione che era già al massimo poiché era già <strong>in</strong> prossimità dell’orgasmo,<br />

esplode. Alberto com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a a sp<strong>in</strong>gere. “Se sono stata capace di prendere nel culo la<br />

bestia di <strong>Marco</strong>, rius<strong>ci</strong>rò a prenderli tutti e due <strong>in</strong>sieme”, mi dico quasi per esor<strong>ci</strong>zzare<br />

una paura residua. Solo che la cappella è grossa e mi fa male. Lui sp<strong>in</strong>ge delicatamente<br />

ma de<strong>ci</strong>samente. Con me usa il massimo tatto, con quel poveretto di Giorgio, il<br />

massimo della brutalità. Mi blocca i fianchi, non ho vie di fuga. Sp<strong>in</strong>ge. È duro. Lo<br />

sento mentre si fa strada <strong>in</strong> me. Khalil è immobile, ben piantato nella mia fica, per non<br />

ostacolare la penetrazione anale del cazzo del suo amico e complice. Sono il loro<br />

sandwich di carne. Por<strong>ci</strong>, se avessi saputo cosa mi aspettava, sarei venuta qui stasera?<br />

Probabilmente sì. Sì, sì, sì! Alberto è tutto dentro, ora. Pian piano si muove, poi una<br />

volta occupato bene il mio culo, si ferma. Khalil riprende a muoversi. Ora non c’è<br />

rischio che il suo amico possa sfilarsi. Sono piena e mi sento piena. L’ec<strong>ci</strong>tazione è a<br />

mille e quando mi <strong>in</strong>travedo nello specchio alla parete, perdo del tutto la ragione. Li<br />

<strong>in</strong><strong>ci</strong>to. Dico loro di spaccarmi tutta, davanti e didietro. Sono la loro puttana, la loro<br />

troia, possono farmi <strong>ci</strong>ò che vogliono. Infoiati, Khalil e Alberto com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ano a fottermi <strong>in</strong><br />

modo alternato. Quando uno esce, l’altro entra. All’<strong>in</strong>izio lo fanno lentamente, poi man<br />

mano la velo<strong>ci</strong>tà aumenta. Io non smetto di <strong>in</strong><strong>ci</strong>tarli:<br />

«Stalloni, por<strong>ci</strong>… sì fottetemi così… per sempre, non smettete mai. Ah. Siete<br />

meravigliosi… [Mi ricordo di Giorgio per un momento] E tu cornuto, guarda come ti<br />

montano la donna. Te la spaccano tutta, davanti e dietro… »<br />

Alberto si aggiunge: «Vedrai che buchi larghi avrà dopo, vedrai…»


Poi nessuno riesce più a dire una parola. Esplode l’orgasmo. Prima il mio, subito dopo<br />

quelli di Khalil e Alberto, che da vecchi marpioni sanno come sborrare<br />

contemporaneamente riempiendomi tutti i buchi. Ma quanta sborra ha Alberto,<br />

stanotte. Forse perché non era ancora venuto, forse perché è più ec<strong>ci</strong>tato, forse perché si<br />

è già <strong>in</strong>culato Giorgio, mi sembra che abbia più sborra che mai e che mi stia<br />

riempiendo tutto l’<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o. Quasi un clistere, direi.<br />

Sono immobile sul letto, a pan<strong>ci</strong>a <strong>in</strong> giù. Distrutta, devastata. I due chiavatori<br />

hanno mostrato i miei buchi larghi al povero Giorgio. Lui non potrebbe mai ridurmeli<br />

così, neanche volendolo. Sono appisolata, sento lo sperma di Alberto che mi esce dal<br />

culo e quella di Khalil che goc<strong>ci</strong>ola dalla fica. Poi, come <strong>in</strong> un dormiveglia dol<strong>ci</strong>ssimo<br />

sento una l<strong>in</strong>gua che mi lecca laggiù. Prima mi ripulisce il culetto, poi la fichetta. Con<br />

devozione e delicatezza. Mi las<strong>ci</strong>o cullare dalle sensazioni che quella l<strong>in</strong>gua mi dona.<br />

Poi, <strong>in</strong>curiosita osservo attraverso lo specchio laterale chi sia il mio leccatore. È Giorgio.<br />

Il mio uomo sta bevendo da me la sborra di Alberto e di Khalil. Provo per lui tenerezza<br />

e rabbia al tempo stesso. Si può essere più cornuti di così?


CAPITOLO 15°<br />

Sono le nove di sera, io e Giorgio abbiamo appena term<strong>in</strong>ato di cenare. Io <strong>in</strong>dosso<br />

un abit<strong>in</strong>o leggero. Dalle f<strong>in</strong>estre aperte entra il caldo delle sere d’estate. Ci piace la<br />

brezza sulla pelle. Giorgio ha la cami<strong>ci</strong>a slac<strong>ci</strong>ata su un paio di pantalon<strong>ci</strong>ni che<br />

solitamente usa quando va a correre nel parco. Suonano alla porta. Vado ad aprire.<br />

Resto di sale. Lì, davanti a me, sul pianerottolo c’è <strong>Marco</strong>. Sorride e mi porge un gran<br />

mazzo di rose rosse. Un tuffo al cuore, come se il mio fosse amore. Possibile che io ami<br />

due uom<strong>in</strong>i, Giorgio e <strong>Marco</strong>? Certo, per molti versi sono complementari, si <strong>in</strong>tegrano<br />

bene, ma giungere ad amare contemporaneamente due antagonisti mi pare<br />

impossibile. O l’uno o l’altro. E io, costr<strong>in</strong>gendo <strong>Marco</strong> a Londra, la mia scelta f<strong>in</strong>o ad<br />

un attimo fa l’ho compiuta. Ma adesso? Adesso che l’ho qui di fronte a me, bello,<br />

elegante nel suo completo di l<strong>in</strong>o beige e una cami<strong>ci</strong>a perv<strong>in</strong>ca, sfrontato nel suo<br />

sorriso impert<strong>in</strong>ente, adesso non sono più così sicura. Lui si ch<strong>in</strong>a e mi ba<strong>ci</strong>a le guance.<br />

Io ricambio. Lui si complimenta per il mio stato di forma e per l’abit<strong>in</strong>o che <strong>in</strong>dosso,<br />

che gli consente di osservare generosamente il mio corpo. Lo fac<strong>ci</strong>o accomodare <strong>in</strong><br />

soggiorno e chiamo Giorgio, che rimane <strong>in</strong>terdetto a sua volta. Siamo tutti e tre <strong>in</strong><br />

piedi, come personaggi di una qualche commedia teatrale.<br />

«Sono tornato. Da oggi sono <strong>in</strong> ferie. Come state?»<br />

Tanto lo ho odiato per quello che <strong>ci</strong> faceva, per come <strong>ci</strong> soggiogava entrambi, tanto ora<br />

gli salterei al collo e lo limonerei tutto. Il mio stallone è tornato. Il mio montone mi<br />

trafiggerà ancora. E chissà come sarà brutale per vendicarsi dello scherzo di averlo<br />

spedito a Londra come un pacco postale. Se potessi lo metterei subito alla prova.<br />

«E dove andrai <strong>in</strong> vacanza?»<br />

«Non ho ancora de<strong>ci</strong>so. A te dove piacerebbe andare?»<br />

«Un’isola sperduta della Gre<strong>ci</strong>a.»<br />

«Bene, prepara la valigia. Domani partiamo. A te, Giorgio, non dispiace se io e <strong>Debora</strong><br />

trascorriamo una settimana di vacanza <strong>in</strong>sieme?»<br />

Giorgio non trova parole. E neppure io, sebbene dentro di me senta suonare le<br />

campane di Pasqua.<br />

«Scherzavo Giorgio. Non ti lascerei mai a casa da solo. Tu verrai con noi, prenderemo<br />

due camere, una matrimoniale per noi e una s<strong>in</strong>gola per te, così tutti capiranno che sei<br />

il mio cornuto.»<br />

È tornato de<strong>ci</strong>so a vendicarsi, ora lo so. Il tono gioviale è solo una maschera. Se potesse<br />

trasformare il suo cazzo <strong>in</strong> una vera lan<strong>ci</strong>a per lacerar<strong>ci</strong> il cuore, f<strong>in</strong>o a farlo<br />

sangu<strong>in</strong>are, lo farebbe. Odio questo suo tono e tuttavia la mia fica è già bagnata. Sono<br />

senza gli slip, se mi toccasse ora capirebbe quanto mi ec<strong>ci</strong>ta vederlo qui e ora. Con lo<br />

sguardo de<strong>ci</strong>so di un vendicatore.


«Allora, ragazzi, dove andiamo <strong>in</strong> ferie?»<br />

Giorgio f<strong>in</strong>almente trova la parola: «Ma io devo lavorare ancora due giorni.»<br />

«Sì, ma <strong>Debora</strong> è libera da oggi, come me. Non a caso lavoriamo nel medesimo studio,<br />

per<strong>ci</strong>ò potremmo fare così. Io e lei <strong>ci</strong> avviamo e poi tu tra tre giorni <strong>ci</strong> raggiungi. Che<br />

ne di<strong>ci</strong>?»<br />

Bastardo, si è <strong>in</strong>formato attraverso l’uffi<strong>ci</strong>o amm<strong>in</strong>istrativo e ha fatto <strong>in</strong> modo di<br />

prendere le ferie <strong>in</strong>sieme a me. Direi che il periodo lond<strong>in</strong>ese gli è servito per covare la<br />

vendetta. De<strong>ci</strong>do di <strong>in</strong>tervenire:<br />

«Scusa, caro, perché non mi chiedi se sono d’accordo?»<br />

«Perché lo sei! Ne vuoi la prova? Eccola» <strong>in</strong>fila la mano sotto il mio abito, trova la fica<br />

nuda e vi <strong>in</strong>fila il dito medio, per poi estrarlo tutto umido. Con aria di trionfo me lo<br />

mostra e poi lo mostra a Giorgio.<br />

«Vedi, – cont<strong>in</strong>ua – lei, a differenza di te, non mente. Lei non nasconde il suo desiderio.<br />

Lei non fa il contrario di <strong>ci</strong>ò che vorrebbe veramente.» Incurante di tutto, <strong>in</strong>fila<br />

nuovamente il dito medio e poi vi aggiunge l’<strong>in</strong>dice. Le gambe non mi sorreggono più.<br />

Lui mi abbrac<strong>ci</strong>a per non farmi cadere e mi sdraia sul divano, si <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhia e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a<br />

a leccarmi la fica. Giorgio è sempre lì <strong>in</strong> piedi. Chissà se ha capito cosa sta succedendo.<br />

Come posso non notare la de<strong>ci</strong>sione e la mascol<strong>in</strong>ità di <strong>Marco</strong> nel prendermi, contro<br />

l’<strong>in</strong>capa<strong>ci</strong>tà di Giorgio nel difendermi dagli assalti di un maschio. Da quando lo<br />

cornifico su sua richiesta, mi pare che regredisca sempre più, che ogni giorno di più sia<br />

sempre meno maschio. Come potrò vivere una vita con lui se la sua virilità si sta<br />

dissolvendo come nebbia al sole? <strong>Marco</strong> è un’altra cosa, <strong>Marco</strong> sa cosa farmi e sa cosa<br />

farsene di una donna. Con lui sarei solo sua. Non mi lascerebbe toccare da nessun<br />

altro, anzi se qualcuno si azzardasse a provar<strong>ci</strong> sarebbe capace di ammazzarlo di botte.<br />

Mi sta leccando e tra un po’ mi riempirà di cazzo, e che cazzo: sarò nuovamente sua.<br />

All’improvviso esplode dentro di me un orgasmo clitorideo <strong>in</strong>tenso e prolungato. Ora<br />

so che è tornato per me, solo per me. Senza scuse, senza preamboli.<br />

La notte è trascorsa nella veglia d’amore. <strong>Marco</strong> mi ha chiavata per ore, con la foga<br />

di chi non fotte da mesi, come se a Londra si fosse mantenuto casto e non avesse fatto<br />

altro che pensare a me. Giorgio era annichilito. Non rius<strong>ci</strong>va neppure a masturbarsi<br />

come al solito. Non gli ha leccato il cazzo, non ha manifestato adorazione per questo<br />

semidio che rientrava nella nostra vita. Più forte delle congiure, <strong>Marco</strong> è tornato. Dopo,<br />

quando all’alba <strong>Marco</strong> se ne è andato, sono andata a fare la doc<strong>ci</strong>a. Ho diretto il getto<br />

della doc<strong>ci</strong>a anche dentro la fica, f<strong>in</strong>o a riempirla. Una piacevolissima sensazione di<br />

calore, poi l’ho lavata con cura. Forse non servirà, ma io so di aver bisogno di compiere<br />

gesti rassicuranti. La sbornia è passata, torna il buon senso. Rientrando <strong>in</strong> camera vedo<br />

Giorgio depresso come un fallito. Negli occhi una grande tristezza. Il trasporto con cui<br />

io e <strong>Marco</strong> facevamo l’amore, la constatazione che lui per noi <strong>in</strong> quei momenti non


esisteva, che eravamo due amanti soli <strong>in</strong> una camera, a dispetto del mondo, lo hanno<br />

distrutto. Probabilmente, per la prima volta ha provato il terrore di perdermi. Forse ha<br />

pensato che questa fosse la logica conseguenza del gioco che ha voluto com<strong>in</strong><strong>ci</strong>are lui<br />

stesso. Provo pena per lui, lo accarezzo, lo coccolo. Mi allontana dicendomi:<br />

«Non ho bisogno della tua compassione.»<br />

«Non sai riconoscere l’amore dalla compassione?»<br />

«L’amore è quello che ho visto nascere tra te e <strong>Marco</strong> stanotte. Ti sei resa conto di cosa<br />

è accaduto? Ad un certo punto gli hai chiesto di non venirti dentro e gli hai anche<br />

proposto per precauzione di sborrarti nel culo. E lui cos’ha fatto?»<br />

Io tac<strong>ci</strong>o. Giorgio riprende:<br />

«Anziché smettere, con l’aria di trionfo di un v<strong>in</strong><strong>ci</strong>tore che <strong>in</strong>fierisca sull’avversario<br />

sconfitto, ha com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato a fotterti con maggiore foga, gridando “Mia bella troia, ti<br />

<strong>in</strong>gravido, ti <strong>in</strong>gravido tutta, ti farò fare un figlio mio”. E poi, ec<strong>ci</strong>tatissimo ha<br />

com<strong>in</strong><strong>ci</strong>ato a sborrati nella fica. Un colpo, due colpi, tre, quattro, … ogni colpo un<br />

fiotto. E ad ogni colpo gridava “Toh, troia. Prendila tutta la mia sborra”. Sembrava non<br />

dovesse smettere mai, sembrava un fiume <strong>in</strong> piena.»<br />

«Perché non lo hai fermato?»<br />

«Io non sapevo cosa tu volessi <strong>in</strong> quel momento. Sembravi <strong>in</strong>vasata e perduta tra le sue<br />

brac<strong>ci</strong>a. Perché non lo hai fatto sfilare tu? Bastava uno scarto laterale…»<br />

«No, lo sai che non sarebbe bastato. Quando il suo cazzo si pianta dentro<br />

profondamente non è fa<strong>ci</strong>le farlo us<strong>ci</strong>re. Bisogna dibattersi parecchio. Tu potevi<br />

<strong>in</strong>tervenire, potevi dimostrare quanto tieni a me, al punto di batterti con il profanatore<br />

della tua donna. Invece non hai fatto nulla. Da quando è entrato <strong>in</strong> casa f<strong>in</strong>o al<br />

momento <strong>in</strong> cui mi ha riempita di sperma, non sei stato capace di far nulla.»<br />

Ferito dalle mie parole, Giorgio ammette: «Hai ragione. Non ero <strong>in</strong> grado. Ero<br />

paralizzato da <strong>ci</strong>ò che vedevo accadere… ». Improvvisamente si mette a piangere.<br />

Cazzo, non me l’aspettavo. Lo abbrac<strong>ci</strong>o, cerco di consolarlo. Lo str<strong>in</strong>go a me. Poi,<br />

conv<strong>in</strong>ta che far l’amore <strong>ci</strong> aiuterà a superare questo momento di crisi emotiva, lo<br />

ba<strong>ci</strong>o. Lo ba<strong>ci</strong>o tutto, scendendo f<strong>in</strong>o al suo cazzo, che con tre colpi di l<strong>in</strong>gua si erge<br />

baldanzoso, dopo mi metto a caval<strong>ci</strong>oni, <strong>in</strong>filandomelo dentro. Non è lo stesso senso di<br />

pienezza che provo con <strong>Marco</strong>, ma la posizione <strong>in</strong> cui sono mi permette di dosare un<br />

po’ la sensazione della sua presenza dentro di me. Lo cavalco simulando l’ec<strong>ci</strong>tazione<br />

(non mi era mai successo prima) f<strong>in</strong>o a farlo sborrare dentro di me. Mentre viene,<br />

mentre il suo sperma penetra profondamente <strong>in</strong> me, lo sento fragile, sento che la sua è<br />

una sessualità <strong>in</strong>debolita. Giorgio si sta appisolando. Lo guardo e mi accorgo di<br />

amarlo, ma se come maschio è <strong>in</strong>servibile, che cosa ne sarà della nostra relazione?<br />

L’amore senza eros diventa affetto, appassisce. Ma da quando ha voluto le corna, non<br />

sa più chiavarmi. Non è colpa mia, lo ha voluto lui, eppure mi sento <strong>in</strong> colpa, perché<br />

ogni volta che scopo sotto i suoi occhi con stalloni superdotati mi sembra di contribuire


alla disgregazione della sua identità sessuale. Umiliazione dopo umiliazione, Giorgio<br />

sta regredendo. Così non si può andare avanti, ma al tempo stesso, ora che è tornato<br />

<strong>Marco</strong>, non sono sicura di poter fare a meno di questo modo <strong>in</strong>tenso di vivere il sesso.<br />

Mi alzo e vado nello studio, mi siedo alla scrivania, prendo un foglio e la sua penna<br />

stilografica per com<strong>in</strong><strong>ci</strong>are a vergare una lettera. Gli dirò che sarà meglio prender<strong>ci</strong> una<br />

pausa di riflessione, separar<strong>ci</strong> per qualche tempo, <strong>in</strong> modo da poter capire cosa<br />

veramente vogliamo rispetto al nostro futuro. Gli chiederò di non cercarmi, tanto sa<br />

dove sarò, e di cercare non tanto di capirmi, quanto di ritrovare se stesso. Gli ricorderò<br />

che lo amo sempre, come prima e più di prima. Firmata la lettera, <strong>in</strong>orridisco, perché<br />

mi rendo conto che lo sto las<strong>ci</strong>ando. Sta accadendo l’impensabile. In fretta e furia, per<br />

paura che si svegli, preparo la borsa con l’essenziale, ed esco di casa. So dove andare.<br />

Non sono sicura di fare la cosa giusta, ma sicuramente la necessaria. Devo vivere la<br />

passione con <strong>Marco</strong> f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo, f<strong>in</strong>o a che non si esaurisca, perché si sa che la<br />

passione prima o poi svanisce. E se non c’è l’amore, la coppia non sopravvive. Vado da<br />

<strong>Marco</strong> per accelerare il processo di distacco da lui, dal suo grosso cazzo duro. Detta<br />

così sembra solo un elegante alibi per andare a farmi fottere dal proprietario del più<br />

bell’uccello che sia mai entrato <strong>in</strong> me, eppure io so che è la verità. Vado <strong>in</strong> vacanza con<br />

<strong>Marco</strong>, me lo ha chiesto <strong>in</strong> un sussurro dopo l’amore. Ci vado per liberarmi<br />

dell’ossessione che lui rappresenta per me. E se dovesse andare tutto bene,<br />

probabilmente mi chiederà di seguirlo a Londra o magari chiederà di tornare qui. Per<br />

me non c’è problema, <strong>in</strong> un caso o nell’altro saprò conv<strong>in</strong>cere il mio capo ad<br />

accontentarmi. In fondo, i buoni argomenti non mi mancano. E lui lo sa.


CAPITOLO 16°<br />

Frugo nella borsa. Da qualche parte devo avere le chiavi del vecchio appartamento,<br />

quello <strong>in</strong> cui ho vissuto con Giorgio. Fuggendo come una ladra all’alba, per<br />

raggiungere <strong>Marco</strong> e il nostro viaggio <strong>in</strong> Gre<strong>ci</strong>a, le ho dimenticate <strong>in</strong> borsa. Devo<br />

restituirgliele. Gli mando un messaggio di posta elettronica per dirgli che passerò da<br />

casa a prendere un paio di abiti che ho las<strong>ci</strong>ato là e che poi consegnerò le chiavi alla<br />

custode. Oggi è il giorno giusto, perché lui è Berl<strong>in</strong>o per lavoro, non corro il rischio di<br />

<strong>in</strong>contrarlo. Troppo diffi<strong>ci</strong>le <strong>in</strong>contrarsi e guardarsi negli occhi, almeno <strong>in</strong> questo<br />

periodo, forse un giorno sapremo essere ami<strong>ci</strong>.<br />

Nella sua e-mail mi risponde con un laconico “fai pure”. Né un saluto di<br />

chiusura, né un’<strong>in</strong>testazione del tipo “Ciao <strong>Debora</strong>”. È molto <strong>in</strong>cazzato e molto deluso.<br />

Lo capisco. In fondo anch’io sto deludendo me stessa. Sono fuggita con un uomo –<br />

las<strong>ci</strong>ando quello che amo – solo perché ce l’ha più grosso e mi scopa meglio. Come<br />

sono ridotta? Credo che il motivo vero sia un altro: <strong>Marco</strong> mi fa sentire sessualmente<br />

realizzata, mi rende completamente femm<strong>in</strong>a. D’altronde, professionalmente ho una<br />

carriera <strong>in</strong>vidiabile, il reddito fortunatamente non manca. Mi mancava solo la pienezza<br />

sessuale che – grazie alle fantasie cuckold di Giorgio – ho trovato nelle capa<strong>ci</strong>tà sessuali<br />

di <strong>Marco</strong>. Certo Giorgio dovrà riflettere sull’avermi sp<strong>in</strong>ta con il suo desiderio di<br />

corna, tra le brac<strong>ci</strong>a di <strong>Marco</strong>.<br />

La custode mi saluta calorosamente, forse pensa che torni a vivere lì. Quando le<br />

confido che prendo un paio di cose e che poi le consegnerò le chiavi <strong>ci</strong> rimane male.<br />

«Signor<strong>in</strong>a, torni. Mi scusi se mi permetto, so che non dovrei. Ma quell’uomo soffre<br />

troppo. Non lo las<strong>ci</strong> così.»<br />

Salgo le scale, anziché prendere l’ascensore. Entro <strong>in</strong> casa. Tutto è<br />

apparentemente <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e. La signora delle pulizie deve essere passata da poco. Con lo<br />

sguardo perlustro il soggiorno, poi per resp<strong>in</strong>gere la commozione mi dirigo verso la<br />

camera. Apro l’armadio, tiro fuori i miei vestiti, già racchiusi nelle buste portabiti, li<br />

appoggio sul letto, su quel letto che ha conos<strong>ci</strong>uto i miei primi momenti feli<strong>ci</strong>. Devo<br />

andarmene se non voglio mettermi a piangere. Amo ancora Giorgio o amo il ricordo<br />

della nostra vita <strong>in</strong>sieme? Vado <strong>in</strong> cu<strong>ci</strong>na per bere un bicchiere d’acqua. Al ritorno<br />

verso la camera passo di fianco al suo studio. La porta è aperta. Entro. Tutto è <strong>in</strong> un<br />

ord<strong>in</strong>e che mi rassicura. Ritrovo tra quei libri una vita precedente, f<strong>in</strong>ita da un’eternità<br />

benché siano trascorsi pochi mesi. È un mondo perduto, pieno di gioia e di <strong>in</strong>nocenza.<br />

Sulla scrivania vedo un quaderno con la copert<strong>in</strong>a blu, lo apro distrattamente. Sfoglio<br />

alcune pag<strong>in</strong>e. Il mio gesto è così distaccato che non mi rendo neppure conto di quanto<br />

io stia violando la privacy di un’altra persona. Leggo qualche frase. Mi fermo. La mia<br />

attenzione si risveglia. In tutta la pag<strong>in</strong>a c’è una solo frase:


“<strong>Debora</strong>… <strong>Debora</strong>, ti prego non lo fare?“.<br />

La data è quella dell’alba <strong>in</strong> cui me ne sono andata. Segno che lui si era svegliato prima<br />

di me e già prevedeva, e temeva, la mia fuga.<br />

Volto pag<strong>in</strong>a, questa volta con una scritta fitta e tesa, Giorgio parla di me:<br />

“Non so più cosa fare. Davvero! Da quando ho letto il biglietto con cui mi comunica che andrà<br />

<strong>in</strong> vacanza con <strong>Marco</strong>, trascorro giorni d’<strong>in</strong>ferno, laceranti. Da un lato la rabbia, la paura di<br />

perderla, dall’altro una spe<strong>ci</strong>e di ec<strong>ci</strong>tazione disperata. L’idea di lei nuda tra le sue brac<strong>ci</strong>a,<br />

aperta, avv<strong>in</strong>ghiata a lui, mentre viene penetrata f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo, mi sconvolge la mente e i sensi.<br />

La vedo <strong>in</strong> una camera dalle pareti bianche, il mare oltre la f<strong>in</strong>estra, la luce del sole filtrata da<br />

una tenda leggera. Poca penombra aff<strong>in</strong>ché la bellezza dei loro corpi risplenda ancor più. La pelle<br />

già dorata dal sole, quella sua pelle serica che amo alla follia. E lui, bello come un eroe greco, con<br />

quel grosso cazzo duro, con la pelle goc<strong>ci</strong>olante dopo la doc<strong>ci</strong>a, si avvi<strong>ci</strong>na al letto dove lei nuda,<br />

languidamente lo attende. Lui si accosta al letto, lei si solleva su un gomito e gli ba<strong>ci</strong>a il cazzo.<br />

<strong>Marco</strong> piega il capo all’<strong>in</strong>dietro e geme di piacere. La vedo, la vedo quella sua l<strong>in</strong>gua dol<strong>ci</strong>ssima<br />

che lecca la cappella gonfia, che la <strong>in</strong>goia tutta. Vedo lui che le blocca la nuca. Indifferenti al<br />

rumore del vento, alle grida dei ragazzi che giocano <strong>in</strong> riva al mare, loro sono nudi e si amano<br />

perduti nel loro mondo di piacere. La testa di lei com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a a succhiare bene il cazzo, con un<br />

movimento che glielo fa <strong>in</strong>goiare quasi tutto e rilas<strong>ci</strong>are f<strong>in</strong>o al glande. Lui, ogni volta che lei gli<br />

scopre il glande, sente la brezza as<strong>ci</strong>ugargli la saliva. Loro sono là, e mi hanno las<strong>ci</strong>ato qui da<br />

solo. L’ec<strong>ci</strong>tazione mi uc<strong>ci</strong>de. Non posso far altro che estrarre il cazzo e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>are a<br />

masturbarmi. Fare una sega al mio cazzetto che è ben poca cosa rispetto allo scettro potente di<br />

<strong>Marco</strong>. È con quel tronco che mi ha rubato la donna, che l’ha portata via a me, e forse, mentre io<br />

sono qui a spararmi una sega, lui la sta chiavando. Immag<strong>in</strong>o che il pomp<strong>in</strong>o sia term<strong>in</strong>ato, che<br />

lei abbia bevuto tutta la sua sborra, quei poderosi fiotti di sperma le avranno riempito la bocca e<br />

se non voleva affogare, abbia dovuto deglutire tutto. D’altra parte lo so che lo avrà fatto con<br />

molto piacere. Gli è sempre pia<strong>ci</strong>uto succhiare il cazzo di <strong>Marco</strong>.<br />

O, <strong>Marco</strong>, perché la stai chiavando senza di me? Eravamo <strong>in</strong> tre, stavamo bene.<br />

Ciascuno di noi aveva un ruolo da re<strong>ci</strong>tare e un piacere da provare. Che male ti faceva la mia<br />

discreta presenza di cornuto e guardone? Era proprio necessario escludermi. Non ho forse<br />

obbedito ai tuoi ord<strong>in</strong>i devotamente? Non ti ho leccato il cazzo o i piedi ogni volta che lo hai<br />

voluto? Non ti ho forse anche dato il mio culo, quando hai pensato bene di sfondarlo, non ho<br />

forse gridato sotto di te il mio dolore e il mio piacere? Perché non potevamo cont<strong>in</strong>uare così?<br />

<strong>Debora</strong> era la mia donna, tu la montavi e io guardavo. Non eri comunque tu quello che si<br />

prendeva il meglio?<br />

<strong>Debora</strong>, <strong>Debora</strong>, perché lo hai fatto? Perché mi hai las<strong>ci</strong>ato qui da solo? La notte, nel<br />

letto, tra un periodo di <strong>in</strong>sonnia e l’altro mi ritrovo con l’uccello <strong>in</strong> mano e mi masturbo <strong>in</strong><br />

modo compulsivo. Da un lato lei mi manca da morire, dall’altro l’ec<strong>ci</strong>tazione mi distrugge. Ho<br />

la cappella irritata a furia di seghe. Ho appena sborrato e già sento di dover ricom<strong>in</strong><strong>ci</strong>are perché<br />

immag<strong>in</strong>o <strong>Debora</strong> alla pecor<strong>in</strong>a <strong>in</strong> quella stanzetta greca, e <strong>Marco</strong> dietro di lei che la penetra


tutta. <strong>Marco</strong> le contempla la schiena bellissima si ec<strong>ci</strong>ta sempre più e sfila il cazzo dalla fica per<br />

<strong>in</strong>filarglielo nel culo. E questa volta non c’è alcun lubrificante a disposizione. Solo la saliva, la<br />

unge. <strong>Marco</strong> sp<strong>in</strong>ge forte, <strong>in</strong>troducendo il suo forte cazzo, centimetro dopo centimetro, nel culo<br />

di <strong>Debora</strong>. F<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo, f<strong>in</strong>o a farla gemere di dolore. Poi prende a muoversi lentamente avanti<br />

e <strong>in</strong>dietro. Quando f<strong>in</strong>almente sente che il suo culo ha ceduto, che si è ben adattato al suo<br />

poderoso nerchione, lo sfila e lo rimette <strong>in</strong> fica. Questo gioco di alternanza di buchi prosegue per<br />

un tempo che non si misura <strong>in</strong> m<strong>in</strong>uti ma <strong>in</strong> gemiti di piacere. <strong>Debora</strong> – mentre io qui pensando<br />

a lei mi sego il cazzetto – gode ad ogni nuova <strong>in</strong>troduzione del cazzo. <strong>Marco</strong> accelera, poi nella<br />

frenesia non si sfila più, rimane nel culo e sp<strong>in</strong>ge con durezza, de<strong>ci</strong>sione, letteralmente le spacca<br />

il culo. Lei, a dispetto della violenza che sembra subire, gode, gode, grida. Tutto l’albergo la<br />

sentirà, forse. E non so perché spero che anche alla reception sappiano che <strong>Marco</strong> non è il suo<br />

uomo, che immag<strong>in</strong><strong>in</strong>o che da qualche parte c’è un grande cornuto: che sappiano che il cornuto<br />

sono io. E <strong>in</strong> quel momento, contemporaneamente a loro, sborro, mi lavo il ventre di sperma. Mi<br />

sembra pure che da quando è partita con <strong>Marco</strong>, io abbia fiotti di sborra più copiosi e più<br />

potenti.”<br />

Ho letto tutto d’un fiato <strong>ci</strong>ò che ha scritto. Mi sono ec<strong>ci</strong>tata da morire, perché non so<br />

come, ma sembra che fosse <strong>in</strong> vacanza con noi. Ha <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>ato tutto: il pomp<strong>in</strong>o, la<br />

penetrazione alternata dei miei buchi, lo sfondamento del mio culo alla pecor<strong>in</strong>a.<br />

Sembra che da quando non vivo più con lui, Giorgio abbia sviluppato una sorta di<br />

telepatia. Per fortuna, quando ho detto alla custode che salivo qui, mi ha detto fac<strong>ci</strong>a<br />

con comodo, altrimenti adesso, <strong>in</strong>sospettita, potrebbe salire e trovarmi qui nello studio<br />

di Giorgio, seduta nella sua poltrona, mentre mi sdital<strong>in</strong>o come una matta leggendo le<br />

pag<strong>in</strong>e del suo diario. Devo stare attenta a non macchiargli la sedia con gli umori del<br />

mio piacere. Sfoglio qualche altra pag<strong>in</strong>a. So che non dovrei, ma come posso resistere?<br />

“Per due giorni ho visto Samantha.[Provo una fitta di gelosia, perché? Non dovrei.] È una<br />

vecchia amica che ha sempre avuto qualche mira su di me, ma f<strong>in</strong>ché c’era <strong>Debora</strong>, non osava<br />

provar<strong>ci</strong>. La competizione era impari: la bellezza e lo charme di <strong>Debora</strong> contro l’abilità di una<br />

quarantenne che cerca di sconfiggere le <strong>in</strong>sidie del tempo. La freschezza e la naturalezza, contro<br />

una bellezza costruita. Quando <strong>Debora</strong> era con me, non c’era spazio per nessun’altra, questo è il<br />

punto. È andato tutto bene, o quasi, f<strong>in</strong>o al momento <strong>in</strong> cui <strong>ci</strong> siamo <strong>in</strong>filati nel letto. La prima<br />

notte ho evitato l’amplesso con la scusa che non sono ancora pronto per fare l’amore con<br />

un’altra donna. La seconda sera, tra le lenzuola, mentre lei nuda si strus<strong>ci</strong>ava contro di me e mi<br />

toccava il membro (e lei lo ha chiamato cazzo, non cazzetto) io mi sono messo a raccontarle di<br />

<strong>Debora</strong>. Le ho detto che non posso far l’amore con nessuna donna che non sia lei. Le ho chiesto<br />

di farmi una sega e di las<strong>ci</strong>arsi chiamare <strong>Debora</strong>. Naturalmente, si è rivestita e se n’è andata.<br />

Non ha accennato ad un prossimo appuntamento. [Quando leggo queste righe sorrido.<br />

Giorgio è ancora mio, per fortuna].Da quando <strong>Debora</strong> se ne è andata, le mie fantasie hanno<br />

sempre al centro lei, lei e <strong>Marco</strong>. La vedo per quella che è <strong>in</strong> quei momenti: una troia, una troia e


null’altro. D’altronde come posso def<strong>in</strong>ire una donna che las<strong>ci</strong>a il proprio uomo per andare a<br />

vivere con un altro solo perché ha il cazzo più grosso? Troia. La vorrei qui adesso per dirglielo:<br />

“Troia, troia, troia… ti prego, torna da me, torna con me, sii ancora la mia troia. Mia, non solo<br />

sua. Potrai vederlo quando vorrai, con o senza di me, ma torna da me. Stai al mio fianco di<br />

giorno e fammi morire di notte raccontandomi come ti monta. E ance se non mi fosse concesso di<br />

parte<strong>ci</strong>pare con lo sguardo, io la vedrei lo stesso con gli occhi della mente. La immag<strong>in</strong>erei<br />

mentre gli slac<strong>ci</strong>a i pantaloni e gli tira fuori il cazzo già duro, più duro e più grosso del mio. La<br />

vedrei <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiarsi e prenderglielo <strong>in</strong> bocca…”. Devo fermarmi per non ricom<strong>in</strong><strong>ci</strong>are a<br />

masturbare questo cazzetto ormai ridotto ai m<strong>in</strong>imi term<strong>in</strong>i.”<br />

Leggo un’altra pag<strong>in</strong>a. L’ultima. Se potessi, porterei con me questo diario, questa<br />

f<strong>in</strong>estra aperta sullo stato d’animo di Giorgio. Attraverso queste pag<strong>in</strong>e capisco di lui<br />

più cose di quante ne capissi negli ultimi giorni. Anzi, vederlo lì, con lo sguardo perso<br />

e il suo cazzetto <strong>in</strong> mano, mentre il suo peggior nemico mi sfondava la fica o il culo e<br />

non capire cosa provasse veramente, mi irritava, me lo faceva quasi odiare. Mi ha<br />

consegnata lui a <strong>Marco</strong>, il suo nemico, lui, che ha abdicato al suo ruolo di maschio e<br />

unico padrone della mia vita sessuale. Non so quando tornerà da Berl<strong>in</strong>o. Leggo<br />

ancora un po’.<br />

“Se sfogassi tutta la rabbia che provo, la coprirei di <strong>in</strong>sulti di tutti i generi. F<strong>in</strong>o al giorno <strong>in</strong> cui<br />

mi ha las<strong>ci</strong>ato, avevo subito mille umiliazioni dagli uom<strong>in</strong>i che la fottevano o che deridevano le<br />

misure del mio cazzo, che le aprivano ogni buco possibile e prendevano possesso del suo corpo<br />

come se fosse di loro proprietà. Ma lei era con me. Partendo per la Gre<strong>ci</strong>a con <strong>Marco</strong> mi ha<br />

<strong>in</strong>flitto l’umiliazione più grande – anche più grande di quella provata quando <strong>Marco</strong> mi ha rotto<br />

il culo davanti a lei – e questa umiliazione è l’ESCLUSIONE. <strong>Debora</strong> mi ha escluso dalla sua<br />

vita. Lei, che <strong>ci</strong> è entrata con un sorriso, se n’è andata con un semplice biglietto. Non ha trovato<br />

neppure il tempo, la voglia e il coraggio di parlarmi di persona, di spiegarmi i motivi di questa<br />

scelta. Oppure era così <strong>in</strong> fregola da non poter attendere che mi svegliassi? Speravo che al<br />

term<strong>in</strong>e delle vacanze, tornasse, ma non è stato così. Al ritorno dalla Gre<strong>ci</strong>a, ha de<strong>ci</strong>so di andare<br />

a vivere con lui. A quel punto il mondo per me è crollato. Non sapevo cosa fare. Non so più cosa<br />

fare. Ho chiesto ad Alberto un periodo di aspettativa. In alternativa, lui mi ha proposto di aprire<br />

una nuova sede a Firenze: potrei trasferirmi là, perché qui non riesco più a vivere. Qui la vedo<br />

dietro ogni angolo, spero sempre di vederla apparire <strong>in</strong> distanza, tra la folla e di poterla<br />

abbrac<strong>ci</strong>are un’altra volta, un’ultima volta. Temo sempre di vederla apparire <strong>in</strong> distanza tra la<br />

folla e temo che lei cambi mar<strong>ci</strong>apiede per evitarmi…”.<br />

Devo fermarmi qui. Ci sono molte altre pag<strong>in</strong>e scritte, ma non potrò farle mie. Devo<br />

andare via, non solo perché ho altri impegni, ma perché stare qui mi fa male. Troppo<br />

male. Mentre scendo le scale, ripenso a due parole: “esclusione” che lui ha scritto tutta<br />

<strong>in</strong> maiuscolo e “trasferirò”. Questo mi preoccupa non poco. Ha ragione, l’ho escluso,<br />

ma <strong>in</strong> gran parte si è escluso da solo, relegando il mio amore ad una prestazione<br />

sessuale con altri uom<strong>in</strong>i. Io sono una bella donna, altri uom<strong>in</strong>i si sarebbero battuti a


duello se solo un altro mi avesse sfiorata, e lui mi ha offerta ad altri. Certo, lui mi ha<br />

sempre detto che la molla era il senso di <strong>in</strong>adeguatezza: io sono troppo bella per lui,<br />

ma da qui a farmi chiavare dagli altri ce ne corre. Poi, quando ho visto i nerchioni che<br />

hanno nelle mutande gli altri uom<strong>in</strong>i, mi sono resa conto che era veramente <strong>in</strong>adeguato<br />

per i miei appetiti sessuali. Ciò che però mi preoccupa di più è l’idea che possa<br />

cambiare <strong>ci</strong>ttà. Temo di perderlo def<strong>in</strong>itivamente. In fondo f<strong>in</strong>ché resta qui, ho sempre<br />

la speranza di poter tornare – una volta esaurita la passione che mi divora – a vivere<br />

con lui, un giorno. Ma se va a vivere altrove? Ma io con che diritto pretendo che<br />

rimanga nei paraggi? Non ha forse diritto a scegliere il proprio futuro, ora che non è<br />

più congiunto al mio? Sì. Lo so, la verità è che io lo amo ancora, benché questo amore<br />

abbia disimparato ad esprimersi.<br />

Mentre esco dal portone <strong>in</strong>cro<strong>ci</strong>o Samantha, proprio lei. Poveretta, un po’ sono solidale<br />

con lei.<br />

«Oh, <strong>Debora</strong>, come stai?»<br />

«Ciao Samantha, bene e tu?»<br />

«Bene, anch’io. Come mai qui? Non te ne sei andata a vivere con <strong>Marco</strong>?»<br />

«Sono passata a ritirare gli ultimi abiti.»<br />

Lei mi osserva: curiosità, diffidenza e astio nel suo sguardo.<br />

«Non <strong>ci</strong> vediamo mai: hai tempo per un caffè?»<br />

Posso dirle di no? Dal tono della sua voce sento che ha bisogno di confidarsi.<br />

«Non ho molto tempo, ma qualche m<strong>in</strong>uto ce lo possiamo dedicare.»<br />

Mi tras<strong>ci</strong>na f<strong>in</strong>o ad un caffè. Ci accomodiamo ai tavol<strong>in</strong>i all’aperto e chiediamo due<br />

cocktail alla frutta.<br />

«Dimmi, c’è qualcosa <strong>in</strong> cui posso aiutarti?»<br />

«Sì – mi dice con de<strong>ci</strong>sone – Puoi aiutarmi a capire.»<br />

Non so bene a cosa si riferisca, ma temo di aver fatto un errore.<br />

«Tu sai che a me Giorgio è sempre pia<strong>ci</strong>uto, e che gli muoio dietro da prima ancora che<br />

tu apparissi all’orizzonte!»<br />

«Sì, lo so»<br />

«Non ti nego che quando tu lo hai las<strong>ci</strong>ato per metterti con <strong>Marco</strong>, io ho sentito<br />

r<strong>in</strong>ascere <strong>in</strong> me le speranze e ho ripreso a frequentarlo. All’<strong>in</strong>izio come amica. Gli stavo<br />

vi<strong>ci</strong>no cercando di lenire la sofferenza che gli hai procurato andandotene così<br />

repent<strong>in</strong>amente, ma poi ho cercato di raggiungere una maggior <strong>in</strong>timità. C’è voluto<br />

tempo e pazienza, ma alla f<strong>in</strong>e <strong>ci</strong> sono rius<strong>ci</strong>ta. Ti spiace se te ne parlo?»<br />

[Sì, mi dispiace. Certo che mi dispiace e provo anche una forte gelosia, ma non posso<br />

ammetterlo]:<br />

«No, figurati. Ormai tra noi è tutto f<strong>in</strong>ito!»


«Ah, mi sollevi lo spirito. La prima notte <strong>in</strong> cui <strong>ci</strong> siamo <strong>in</strong>filati nel letto <strong>in</strong>sieme non<br />

abbiamo fatto nulla, poiché non voleva usarmi e non si sentiva pronto per fare l’amore<br />

con una donna se non con te. La seconda notte lui mi ha parlato di te, mi ha chiesto di<br />

masturbarlo e di las<strong>ci</strong>armi chiamare <strong>Debora</strong>. Mi sono vestita e me ne sono andata. Ora<br />

sono un po’ pentita, perché lui aveva bisogno del mio aiuto e io non ho saputo<br />

darglielo. Ho preferito difendere la mia dignità. Avrei dovuto masturbarlo f<strong>in</strong>o al<br />

momento dell’orgasmo e las<strong>ci</strong>armi chiamare con il tuo nome. Sborra con me oggi,<br />

sborra con me domani, prima o poi si sarebbe accorto di me.»<br />

«Perché usi un l<strong>in</strong>guaggio così volgare?»<br />

«<strong>Debora</strong>, non fare la santarell<strong>in</strong>a con me so tutto!»<br />

«Cosa significa so tutto?» Quel disgraziato aveva forse raccontato a questa vipera<br />

l<strong>in</strong>guac<strong>ci</strong>uta i nostri giochi a tre?<br />

«Las<strong>ci</strong>ami cont<strong>in</strong>uare… In quella prima notte, quella <strong>in</strong> cui mi ha rispettata, dormiva<br />

bisbigliando il tuo nome, come una litania, un mantra. Nel cuore della notte mi sono<br />

svegliata. Lui non era al mio fianco. Ho provato a cercarlo. Era nel suo studio e stava<br />

scrivendo su un quaderno. Ero curiosa. Non <strong>ci</strong> si alza di notte per scrivere lettere, a<br />

meno che non si sia sposati e si abbia un’amante clandest<strong>in</strong>a o che non vi sia un<br />

impellente bisogno di scrivere.» Il giorno dopo, approfittando del momento <strong>in</strong> cui<br />

faceva la doc<strong>ci</strong>a, frugai e trovai il quaderno… non ho avuto il tempo di leggere tutto,<br />

ma ho letto abbastanza. Ho scoperto il vostro triangolo d’amore, ad esempio. Ero<br />

stizzita, quando poi la sera dopo mi ha chiesto una sega e di farmi chiamare con il tuo<br />

nome, me ne sono andata.»<br />

Samantha mi scruta per cogliere ogni possibile sfumatura delle espressioni del mio<br />

viso dopo le sue parole. La gelosia è svanita. Giorgio non l’ha chiavata, non c’è rius<strong>ci</strong>to.<br />

È ancora mio, solo mio. Lo so che non è logico quello che sto pensando. Non posso<br />

las<strong>ci</strong>are Giorgio per un altro e pretendere che lui rimanga mio, come se nulla fosse.<br />

Non ne ho diritto. L’ira sorda di Samantha mi riempie di gioia, lo ammetto. Per<br />

camuffare l’<strong>in</strong>tima soddisfazione abbasso il capo, mi <strong>in</strong>filo <strong>in</strong> bocca la cannuc<strong>ci</strong>a e<br />

com<strong>in</strong><strong>ci</strong>o a bere il cocktail. Poi le rispondo:<br />

«Non credo tu abbia diritto di controllare i diari degli altri. [Se solo sapesse che l’ho<br />

fatto anch’io!].»<br />

«Hai ragione, ma stac<strong>ci</strong> tu con un uomo che pensa sempre ad un’altra, che non scopa<br />

con te perché pensa a quell’altra, che a letto vuole chiamarti con il nome dell’altra, che<br />

si alza nel cuore della notte per scrivere ad un’altra…»<br />

«Non sei obbligata a stare con un uomo…»<br />

«Certo se non lo amassi, ma io lo amo alla follia, e l’idea che lui impazzisca per te,<br />

scusa il gioco di parole, mi fa impazzire. Comunque vorrei che tu sapessi che vuole<br />

trasferirsi a Firenze.» Lei riprende a scrutarmi.<br />

«Perché me ne parli. Ti ho detto che tra noi è f<strong>in</strong>ita?» le chiedo.


«Voglio che mi aiuti a non farlo andar via. Solo tu puoi trattenerlo.»<br />

«Perché dovrei farlo, Samantha. Anche se lo costr<strong>in</strong>gessi a restare, non ti amerebbe.»<br />

«Ma ce l’avrei vi<strong>ci</strong>no, potrei riavvi<strong>ci</strong>narmi a lui e averlo al mio fianco, toccarlo,<br />

guardarlo negli occhi, fare colazione con lui, amarlo come tu non hai saputo fare.»<br />

So bene che la sua frase è <strong>in</strong>completa, manca un pezzo:<br />

“Se mi aiuti a tenerlo, non spiattellerò <strong>in</strong> giro quello che ho scoperto”.<br />

Cercherò di trattenerlo, ma non per fare un favore a lei.<br />

«Va bene, gli parlerò. Proverò a fargli capire che questi momenti si possono superare<br />

senza fuggire.»<br />

«Grazie, grazie mille. Senti, mi togli una curiosità? Cosa si prova a farsi fottere da un<br />

cazzo enorme come quello di <strong>Marco</strong>?»<br />

«Per questa s<strong>ci</strong>occhezza, ti toccherà pagare il conto.»


CAPITOLO 17°<br />

È vero che dopo le vacanze <strong>in</strong> Gre<strong>ci</strong>a, io e <strong>Marco</strong> – forse per l’ebbrezza di quei giorni<br />

<strong>in</strong>tensi, per la bellezza smagliante dell’isola, per la percezione di un’estate piena, per le<br />

lunghe ore di sesso – abbiamo de<strong>ci</strong>so di vivere <strong>in</strong>sieme. Lui ha las<strong>ci</strong>ato l’esilio<br />

lond<strong>in</strong>ese. Certo, il capo ho dovuto conv<strong>in</strong>cerlo io, con il solito <strong>in</strong>fallibile sistema e<br />

bevendo tutto, f<strong>in</strong>o all’ultima goc<strong>ci</strong>a. Alberto si è rassegnato a non poter più gioire del<br />

mio corpo. A volte immag<strong>in</strong>o Alberto e Giorgio come due vedovi <strong>in</strong>consolabili. So che<br />

Giorgio parla spesso di me: il suo è un modo per calmare la sofferenza, ma evocandomi<br />

anziché lenire il suo dolore lo accresce, rivivendo <strong>in</strong> tutta la sua <strong>in</strong>tensità la nostra<br />

storia. Mi spiace per le sue ferite e sono adirata con me stessa perché non so come<br />

guarirle. Ma c’è una novità. Mi sta crescendo la pan<strong>ci</strong>a. Siamo ormai sprofondati<br />

nell’autunno avanzato. Ho cercato di parlare con Giorgio, come promesso a Samantha,<br />

foss’anche solo per evitare che spettegolasse <strong>in</strong> giro, ma è stato peggio che mai.<br />

Eravamo <strong>in</strong> un caffè del centro. Lui era pallido, ema<strong>ci</strong>ato, sofferente, ma aveva un<br />

atteggiamento dignitoso. Stava sulle sue. Non mi ha neppure chiesto perché avessi<br />

voluto vederlo. A bru<strong>ci</strong>apelo mi ha fatto la domanda:<br />

«Era proprio necessario?»<br />

«Sì. Non potevamo cont<strong>in</strong>uare così.»<br />

«Lo avevi già detto una volta, <strong>in</strong>fatti avevi trovato il modo di sbarazzarti di <strong>Marco</strong>.<br />

Questa volta hai cambiato idea e ti sei liberata di me.»<br />

«Devo farlo. Devo liberarmi di questa ossessione, e questo è l’unico modo per farlo.»<br />

«Bella scusa, ma poco credibile. Dì la verità, almeno a te stessa.»<br />

«È la verità…»<br />

«Non sono venuto f<strong>in</strong> qui per farmi prendere <strong>in</strong> giro. Io penso che il motivo sia un altro<br />

ed è quello che lui ha tra le gambe.»<br />

«Non essere offensivo.»<br />

«Tu <strong>in</strong>vece hai il diritto di distruggere la nostra storia per un motivo così futile?»<br />

Non ha neppure ascoltato la mia risposta, si è alzato e si è allontanato, senza neppure<br />

pagare il conto, senza permettermi di dire che volevo provassimo ad essere ami<strong>ci</strong>. E<br />

poiché quando è giunto ero già seduta dietro il tavolo, non si è accorto della mia<br />

pan<strong>ci</strong>a. Meglio così.<br />

Sono <strong>in</strong> camera da letto, <strong>Marco</strong> mi chiama. A causa della pan<strong>ci</strong>a fac<strong>ci</strong>o un po’ fatica a<br />

camm<strong>in</strong>are. Lo raggiungo e mi accomodo di fianco a lui. È seduto sul divano. Indossa<br />

una tuta, ma ha il cazzo fuori e vuole che glielo succhi.<br />

«Ma sto facendo altre cose.»<br />

«Lo so, ma io ti desidero.»


«Cosa farai quando il pan<strong>ci</strong>one crescerà? Sai che ce l’hai troppo lungo e potresti<br />

perforarmi» scherzo e ridiamo <strong>in</strong>sieme, ma sento che tra me e lui sta crescendo una<br />

distanza.<br />

«Io ti voglio. In fondo se viviamo <strong>in</strong>sieme è per questo.»<br />

«Va bene, signor padrone». Gli prendo <strong>in</strong> bocca la cappella. È grossa e bella come tutte<br />

le altre volte, ma non ho più la stessa voglia di succhiarglielo. Cerco un modo per<br />

distrarlo, per sottrarmi a questa ossessionante rout<strong>in</strong>e sessuale. E se gli comunicassi la<br />

grande notizia che da tempo gli nascondo? Il g<strong>in</strong>ecologo mi ha detto che <strong>in</strong> pan<strong>ci</strong>a ho<br />

due gemelli. Chissà come la prenderebbe. Sarebbe il momento giusto per capirlo. Ha il<br />

cazzo duro e se alla notizia gli si ammos<strong>ci</strong>a significa che non è poi così contento. Senza<br />

una parola mi metto a caval<strong>ci</strong>oni e mi impalo da sola. Che sensazione di pienezza.<br />

Sono completamente <strong>in</strong>filzata dal suo palo, ma almeno <strong>in</strong> questa posizione posso<br />

dosare io la forza dei colpi, perché se dipendesse da lui, brutale com’è, mi squarterebbe<br />

davvero. Mi sollevo e mi las<strong>ci</strong>o andare dolcemente, sento che si fa strada nella mia fica<br />

piena di umori. Se potessi mi farei cac<strong>ci</strong>are dentro anche le palle. Le sue mani mi<br />

accarezzano dolcemente la schiena. È uno dei rari momenti di dolcezza dei nostri<br />

amplessi. Solitamente siamo più animaleschi. Io mi aggrappo al suo corpo mentre mi<br />

sbatte dentro il suo quarto di metro di cazzo. Se <strong>ci</strong> penso svengo. La prima volta che ho<br />

fatto l’equivalenza tra venti<strong>ci</strong>nque centimetri e il quarto di metro, ho provato le<br />

vertig<strong>in</strong>i. Io prendo dentro di me un cazzo di queste dimensioni. Mi sembra<br />

impossibile che la bamb<strong>in</strong>a che ero sia oggi questa <strong>in</strong>demoniata del sesso, disposta a<br />

las<strong>ci</strong>are l’uomo amato per una <strong>in</strong>saziabile passione carnale. Già, l’uomo amato. Cosa<br />

proverebbe Giorgio se fosse qui ora, a vedermi? La vetr<strong>in</strong>a di un mobile rimanda la<br />

mia immag<strong>in</strong>e e la nuca di <strong>Marco</strong>, perché il resto del corpo è nascosto dal divano. Un<br />

po’ lo sguardo di Giorgio mi manca. È come se la sua presenza aggiungesse significato<br />

alla chiavata. Farsi fottere è bello, ma se ti guarda il tuo uomo, lo è ancor di più. E poi<br />

devo ammettere che le sensazioni che provo, quando <strong>Marco</strong> mi fotte, sono di volta <strong>in</strong><br />

volta meno <strong>in</strong>tense, come se la passione stesse scemando. Il mio piacere non dipende<br />

più dall’abilità di <strong>Marco</strong>. Anzi, a volte per godere devo aggrapparmi alle mie fantasie<br />

sessuali o addirittura ai ricordi del periodo precedente. Mentre <strong>Marco</strong> mi possiede con<br />

tutta la potenza di cui è capace – e che un tempo mi piaceva da morire – mi è capitato<br />

di sognare la tenerezza. <strong>Marco</strong> non sa dosarsi, ha un solo modo di fare l’amore. Giorgio<br />

era capace di brutalità e dolcezza, con tutte le gradazioni <strong>in</strong>termedie. In alcune<br />

occasioni, per raggiungere l’orgasmo vero – non quello che talvolta simulo per non<br />

deludere <strong>Marco</strong> – cerco di rivivere la notte <strong>in</strong> cui sono stata presa contemporaneamente<br />

da Alberto e Khalil. In realtà è che non sono più disposta a sopportare l’umiliazione di<br />

essere un semplice strumento del piacere di <strong>Marco</strong>. Un bel giocattolo sessuale. Nel<br />

frattempo, mentre la mente divaga <strong>in</strong> questo modo, lui mi blocca le chiappe e mi<br />

sp<strong>in</strong>ge sul cazzo il più profondamente possibile, quasi si fosse accorto che ero un po’


distratta e volesse riportarmi al presente con l’unico argomento di cui dispone<br />

abbondantemente: l’uccello. Ci sono giorni <strong>in</strong> cui mi sento un soprammobile che si<br />

prende quando serve e poi lo si ripone su una mensola, dopo l’uso. Scopare con<br />

<strong>Marco</strong>? In questi mesi, le sue perversioni, i giochi sessuali che mi proponeva si sono<br />

ridotti a stereotipi: due o tre varianti, dal pomp<strong>in</strong>o sul divano all’<strong>in</strong>culata con me nuda<br />

piegata sul tavolo della cu<strong>ci</strong>na. Quando doveva <strong>in</strong>ventarsi ogni volta qualcosa di<br />

nuovo per mortificare Giorgio e affermare la propria virilità, era molto più attivo. Ne<br />

pensava di tutti i colori. Una volta <strong>ci</strong> ha costretti a leccargli contemporaneamente i<br />

piedi: uno a me e l’altro a Giorgio, come segno di sottomissione. E noi lo abbiamo fatto<br />

con devozione. Vedere Giorgio mordicchiargli l’alluce come fosse un piccolo cazzo, mi<br />

faceva bagnare spropositatamente. Scopare con <strong>Marco</strong> era molto più bello quando<br />

vivevo con Giorgio. Così no, così si va spegnendo ogni giorno.<br />

<strong>Marco</strong>, non sembra soddisfatto di come procede la scopata, vuole qualcosa di più. Si<br />

sfila dalla mia fica, si unge di saliva la cappella, mischiandola ai miei umori e poi la<br />

sposta <strong>in</strong> corrispondenza del mio buco posteriore. Vuole <strong>in</strong>cularmi, il porco. Anzi<br />

vuole che io mi impali da sola sul suo cazzo, che io mi <strong>in</strong>culi da sola. A fatica,<br />

ricorrendo a tutta la mia abilità, pian piano <strong>ci</strong> riesco. Prima la cappella, poi l’<strong>in</strong>tero<br />

tronco. Tutto il suo cazzo sparisce nel mio culo. Tutto, f<strong>in</strong>o all’attaccatura dei coglioni.<br />

Ci sono volte <strong>in</strong> cui sarei curiosa di vedere come è diventato largo il mio buco del culo,<br />

a furia di subire questi trattamenti. A me sembra che sia come prima, ma non può<br />

essere. Mi hanno rotto il culo tante di quelle volte che non può più essere come prima,<br />

e questo nonostante l’<strong>in</strong>dubbia elasti<strong>ci</strong>tà dei miei tessuti. Devo ammetterlo. Mi sta<br />

piacendo ancora. Sono proprio una rotta <strong>in</strong> culo. La gente quando camm<strong>in</strong>a per strada<br />

vede una bella ragazza, gli uom<strong>in</strong>i hanno di fronte una spe<strong>ci</strong>e di dea <strong>in</strong>avvi<strong>ci</strong>nabile. Se<br />

solo sapessero come mi piego bene per farmi spaccare il culo. Ci sono situazioni <strong>in</strong> cui<br />

godo di più a prenderlo nel culo che <strong>in</strong> fica, e sì che – a parte il cazzo piccolo di<br />

Giorgio, sono stata <strong>in</strong>culata solo da superdotati come Shamal, Alberto e <strong>Marco</strong>.<br />

Godo, ora godo e dimentico tutte le mie lamentele. Grido:<br />

«Godo, godo. Ah, <strong>Marco</strong>… mi piace come mi apri il culo e <strong>ci</strong> sprofondi dentro.<br />

Rompimi, sì, rompimi tutta… Ahhh!»<br />

Anche lui non resiste più e com<strong>in</strong><strong>ci</strong>a a venirmi nel culo, a riempirmelo della sua sborra:<br />

«Sì, amore… ti sborro nel culo… ah, ti sborro tutta. Te lo spacco il culo, troia…»<br />

Piano piano, torniamo alla realtà. Ma dopo non <strong>ci</strong> sono gesti d’amore, non <strong>ci</strong><br />

sono le tenerezze degli amanti. Nella nostra vita il sesso nella sua as<strong>ci</strong>utta brutalità la fa<br />

da padrone. E io, mentre torno <strong>in</strong> me, con un pizzico di amarezza constato che<br />

nonostante questa bella <strong>in</strong>culata, la nostra vita di coppia è deludente. Soprattutto fuori<br />

dal letto. Poche cose <strong>ci</strong> uniscono: il sesso e il lavoro, null’altro. Per il resto, <strong>in</strong>tereressi e<br />

gusti diversi <strong>in</strong> tutto. Tutto il contrario di quello che accadeva con Giorgio. I primi<br />

tempi con <strong>Marco</strong> qualcosa di buono ne traevo: il piacere. Il mio corpo era posseduto <strong>in</strong>


ogni orifizio, con frenesia, con forza, con passione. Poi però sono giunte le serate <strong>in</strong> cui,<br />

tra un amplesso e l’altro, <strong>Marco</strong> se ne sta sdraiato nudo sul divano, il cazzo pendulo,<br />

guardando la televisione e io, accoccolata tra le sue cosce, gli lecco le palle o la cappella.<br />

Sono serate avvilenti per qualsiasi donna, non solo per una donna eman<strong>ci</strong>pata come<br />

me. Non sono venuta a vivere con lui per guardare <strong>in</strong>sulsi spettacoli televisivi o per<br />

avere un amante padrone che guarda la tv mentre io – la femm<strong>in</strong>a sottomessa – gli<br />

succhio il cazzo come fosse un sigaro. Lui crede che basti far<strong>ci</strong>rmi di grandi dosi di<br />

cazzo per rendermi felice. Com’è nato questo equivoco? Che cosa mi ha illusa? Ora lo<br />

so, anzi lo sappiamo entrambi. Tutto nasce da quelle notti di sesso che mi hanno fatto<br />

desiderare mondi di perdizione, di piacere, di <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ita compli<strong>ci</strong>tà sessuale. E <strong>in</strong> qualche<br />

modo dalla delusione di vedere svilita la figura di Giorgio. Sono andata <strong>in</strong> crisi, perché<br />

non riconoscevo più <strong>in</strong> Giorgio l’uomo che amavo. Vederlo lì con il suo cazzetto tanto<br />

eretto che pareva quasi volesse spiccare il volo dall’<strong>in</strong>gu<strong>in</strong>e, solo perché mi vedeva<br />

aperta come una cozza da stalloni superdotati, mi deludeva. Il mio uomo non era più<br />

perfetto come lo avevo immag<strong>in</strong>ato. Pur accettando di farmi chiavare dagli altri, non<br />

rius<strong>ci</strong>vo ad accettare quella sua perversione, e la confondevo con un’ossessione. Credo<br />

di averlo las<strong>ci</strong>ato, di essermene andata per punirlo di avermi offerta ad altri e, al tempo<br />

stesso, <strong>in</strong>golosita dai nuovi piaceri che stavo provando, ho pensato di poter vivere<br />

senza di lui. Ma se adesso sono qui a pensare <strong>in</strong>tensamente a lui, nonostante abbia<br />

ancora nel culo il nerchione di <strong>Marco</strong>, significa che evidentemente mi sbagliavo.<br />

Dovevo rendermene conto prima, perché s<strong>in</strong> dalle prime volte, scopare con <strong>Marco</strong><br />

senza lo sguardo di Giorgio che mi esplorava, mi ha procurato un senso di vuoto simile<br />

a quello che provavamo io e Giorgio quando facevamo l’amore senza la presenza di<br />

<strong>Marco</strong>. Anche il modo che <strong>Marco</strong> ha di fottermi è cambiato. Quasi un’abitud<strong>in</strong>e. Non<br />

più lunghi amplessi , ma il suo desiderio, come un vento impetuoso, per die<strong>ci</strong> m<strong>in</strong>uti<br />

mi travolge, poi raggiunto l’orgasmo, si seda improvvisamente: una bonac<strong>ci</strong>a <strong>in</strong> mezzo<br />

al mare. Sigaretta, divano e televisione. F<strong>in</strong>o alla prossima folata di desiderio.<br />

Volevo esplorare questa passione per il cazzo di <strong>Marco</strong>, f<strong>in</strong>o <strong>in</strong> fondo, conv<strong>in</strong>ta<br />

che fosse l’unico modo per neutralizzarne gli effetti dirompenti. Tutto sommato non mi<br />

sono sbagliata. Me ne sto liberando, mi sento leggera, piena di possibilità di nuova vita<br />

a disposizione: lontana dall’aria greve del nostro salotto, dallo squallore di quel divano<br />

su cui egli mi sodomizza poderosamente, senza più alcuna attenzione per il mio<br />

piacere. Non c’è volta che non mi <strong>in</strong>culi. Come stasera. Il mio culo gli <strong>in</strong>teressa più<br />

della mia fica. In questo siamo concordi. Anch’io ormai preferisco essere <strong>in</strong>culata che<br />

chiavata. È una situazione sessuale più forte, più <strong>in</strong>tensa, più trasgressiva. La nostra è<br />

un’<strong>in</strong>sana passione che mi trasformerà il buco del culo <strong>in</strong> una vorag<strong>in</strong>e larga e<br />

slabbratissima, prima o poi. Soprattutto i primi tempi, quando dopo cena lo<br />

raggiungevo sul divano, sapevo che me lo avrebbe piantato nel culo, e non vedevo<br />

l’ora che lo facesse. È il miglior <strong>in</strong>culatore che abbia mai conos<strong>ci</strong>uto, migliore pers<strong>in</strong>o di


Shamal, che pure è stato un porno attore. Prenderlo nel culo da lui è un piacere<br />

<strong>in</strong>descrivibile. Da tempo non provo più alcun dolore o bru<strong>ci</strong>ore, al di là di quel m<strong>in</strong>imo<br />

<strong>in</strong>iziale necessario. Deve avermelo allargato così tanto il buco che se oggi mi <strong>in</strong>culasse<br />

Giorgio, probabilmente lo troverebbe troppo largo. Lui ha capito quanto mi piac<strong>ci</strong>a<br />

farmi rompere il culo e non perde occasione per piantarmelo dentro… un po’ di crema<br />

sulla cappella, un colpo de<strong>ci</strong>so e poi dentro a galoppare nel mio culo rotto. Per fortuna<br />

è abile. L’<strong>in</strong>culata è l’ultimo bri<strong>ci</strong>olo di una passione residua, l’ultima fiammella di quel<br />

grande <strong>in</strong>cendio che è stata la nostra attrazione sessuale. Il resto è un mare di<br />

delusione.<br />

Ora me ne sto liberando, ma devo essere cauta nel giudicare i miei stati<br />

d’animo. Già una volta mi sono illusa di essermi liberata della dipendenza dal piacere<br />

che solo il cazzo di <strong>Marco</strong> sa darmi. Mi sentivo vac<strong>ci</strong>nata, lui non avrebbe più avuto<br />

alcun potere su di me. Così pensavo, per<strong>ci</strong>ò stavo preparando le valigie per<br />

andarmene. Non so se sarei tornata da Giorgio. Dopo tutta la sofferenza procuratagli,<br />

un suo rifiuto sarebbe stato comprensibile. Era tutto pronto, mancava solo che<br />

<strong>in</strong>dossassi l’impermeabile, quando giunse una sua telefonata. Rimasi <strong>in</strong>de<strong>ci</strong>sa.<br />

Rispondere? Non rispondere? Se avessi saputo chi c’era all’altro capo del filo<br />

telefonico, non avrei risposto. E sarebbe stato meglio così. Alzai la cornetta:<br />

«Pronto?»<br />

«Preparati che appena arrivo ti spacco <strong>in</strong> due.»<br />

Era lui, il suo l<strong>in</strong>guaggio brutale che accendeva tutti i miei sensi, nessuno escluso. Mi<br />

mandò un ba<strong>ci</strong>o e riattaccò. Sprofondai improvvisamente, come <strong>in</strong> un gorgo, nel<br />

desiderio sessuale, <strong>in</strong> quella particolare forma di desiderio contigua all’allu<strong>ci</strong>nazione.<br />

Ero spaventata da me stessa, stupefatta che dentro di me potessero esistere pulsioni<br />

così forti e così ignote. Dove avevano orig<strong>in</strong>e? Io ritenevo di conoscere me stessa, di<br />

conoscere ormai tutti i miei desideri, ero conv<strong>in</strong>ta di avere una consapevolezza<br />

maggiore rispetto alle altre donne, e tuttavia mi bagnavo tra le gambe per una semplice<br />

e breve frase come “Ti spacco <strong>in</strong> due”. Certo, io sapevo che era vero, che appena giunto<br />

mi avrebbe spogliata <strong>in</strong> fretta e furia per prendermi tutta. Prima dietro e poi davanti.<br />

Animalesco f<strong>in</strong>o al midollo, avrebbe reso me la sua femm<strong>in</strong>a. Dopo il clic del telefono,<br />

rimasi immobile per qualche secondo, poi mi resi conto che se fosse giunto <strong>in</strong> quel<br />

momento avrebbe trovato la valigia pronta. Mi pre<strong>ci</strong>pitai a rimettere tutto al proprio<br />

posto e corsi a farmi bella per lui, a prepararmi per essere la sua femm<strong>in</strong>a ancora una<br />

volta. Sapevo che mi avrebbe umiliata sessualmente, ma c’è qualcosa di esaltante<br />

nell’avvilirsi, nell’umiliarsi. Una strana euforia che libera da ruoli e condizionamenti. Il<br />

sesso e i sensi sono gli strumenti di questa mortificante e degradante liberazione, di<br />

questa esaltante discesa agli <strong>in</strong>feri. La libertà di essere nudi e di consegnare il proprio<br />

corpo ad un altro perché ne approfitti, ne fac<strong>ci</strong>a <strong>ci</strong>ò che più gli aggrada per soddisfare<br />

il proprio desiderio, è impagabile. È uno sbarazzarsi del mondo, che per alcune ore


imane al di là delle f<strong>in</strong>estre, solo i rumori provenienti dalla strada potrebbero<br />

rammentarne l’esistenza, se solo si avessero orecchie per ascoltare. Ma il frastuono dei<br />

sensi fa sentire altro. Solo questo bisogno di libertà può spiegare veramente perché una<br />

rispettabile dipendente di uno studio legale si las<strong>ci</strong> rompere il culo così brutalmente da<br />

quello che fu il peggior antagonista del suo uomo, anzi perché ha las<strong>ci</strong>ato il suo uomo<br />

per questo bruto del sesso. Il ruolo è una schiavitù, il sesso è libertà… temporanea,<br />

parziale, limitata, <strong>ci</strong>rcoscritta f<strong>in</strong>ché si vuole, ma libertà: parte<strong>ci</strong>pazione, esplorazione<br />

ed espressione di sé. Questo pensavo, questo penso. Ma la vita non è solo sesso. Ora lo<br />

so, lo sento con una lu<strong>ci</strong>dità nuova.


EP<strong>IL</strong>OGO<br />

«<strong>Marco</strong>, io me ne vado.» gli dico questa frase, mentre sfilo il suo cazzo umido di<br />

sperma dal mio povero culetto <strong>in</strong>franto.<br />

«Sei pazza? Cosa ho fatto di male?»<br />

«Nulla, non hai fatto nulla. Solo che questa vita non è la mia vita. Sei un grande<br />

chiavatore, te ne do atto, ma la vita è anche altro.»<br />

«E ti porti via anche mio figlio?»<br />

Non deve essersi reso ben conto di <strong>ci</strong>ò che sta dicendo. Come obnubila la disperazione.<br />

«Ce l’ho <strong>in</strong> pan<strong>ci</strong>a, non posso las<strong>ci</strong>artelo qui. E comunque per tua opportuna<br />

conoscenza, sappi che sono due gemelli.»<br />

«Sono i miei figli, non puoi portarli via così.»<br />

«Non hai alcuna certezza che siano figli tuoi, <strong>ci</strong> vorrebbe la prova del DNA per esserne<br />

sicuri. E comunque darò loro il mio cognome e li cresceremo io e Giorgio.»<br />

«Cosa? Torni da Giorgio?»<br />

«Provo una grande nostalgia di Giorgio.»<br />

«Già! Da perfetto cornuto, quel f<strong>in</strong>occhio sarà felice di crescere i figli della sua donna<br />

<strong>in</strong>gravidata da un altro.»<br />

«Non sarà <strong>in</strong>sultandolo che cambierai il corso degli eventi. Ormai ho de<strong>ci</strong>so.»<br />

«Sei sicura che ti riprenderà con sé? Lo hai già sentito?»<br />

«Non ho bisogno di sentirlo. Mi ama e lo amo. Sono sicura che torneremo <strong>in</strong>sieme. E se<br />

non sarà così, vorrà dire che andrò a vivere da sola. Con due gemelli, la compagnia non<br />

mi mancherà. Peccato che siano un maschio e una femm<strong>in</strong>a, altrimenti li avrei chiamati<br />

<strong>Marco</strong> e Giorgio.»<br />

«Ti prego, non mi las<strong>ci</strong>are. Ti amo. Più di quanto sia mai rius<strong>ci</strong>to a dimostrarti, più di<br />

Giorgio. Ho sempre re<strong>ci</strong>tato il ruolo del brutale seduttore solo perché pensavo che tu<br />

volessi questo da me.»<br />

Detto dall’uomo più arrogante e presuntuoso che abbia mai conos<strong>ci</strong>uto, questa è una<br />

dichiarazione di debolezza che somiglia ad una resa. Ma non è suffi<strong>ci</strong>ente per<br />

trattenermi. Non lo las<strong>ci</strong>o per <strong>ci</strong>ò che non mi ha saputo dare, ma per come è e so che<br />

non può essere diverso da se stesso. Mi alzo, vado <strong>in</strong> bagno e mi preparo per andare a<br />

dormire.<br />

Sono di nuovo tra le brac<strong>ci</strong>a di Giorgio. Mi sento a casa, come se fossi rientrata<br />

nei miei panni, o meglio nella mia vita. Lui mi sta <strong>in</strong>culando con de<strong>ci</strong>sione e alla<br />

pecor<strong>in</strong>a, così non c’è tra noi l’ostacolo della pan<strong>ci</strong>a. Sembra quasi che il cazzo gli si sia<br />

<strong>in</strong>grossato. Che, durante la mia assenza, abbia usato quegli aggeggi che promettono di<br />

trasformare i m<strong>in</strong>idotati <strong>in</strong> superdotati? Possibile? Controllerò meglio dopo. Ora sono


troppo <strong>in</strong>tenta a godermi le delizie dell’<strong>in</strong>culata. C’è nel suo modo di sp<strong>in</strong>germi dentro<br />

il cazzo un pizzico di rabbia <strong>in</strong> più rispetto alle altre volte. Forse sta vendicandosi di <strong>ci</strong>ò<br />

che gli ho fatto patire e, allo stesso tempo, sta rivendicando il possesso del mio corpo e,<br />

soprattutto, della mia mente. Mi <strong>in</strong>cula con brutalità, f<strong>in</strong>almente. Era questo che volevo<br />

da lui. Sentirlo ancora il mio uomo. Dentro di me rifiutavo l’idea che si svirilizzasse per<br />

las<strong>ci</strong>are campo libero agli altri, che si las<strong>ci</strong>asse sottomettere o che addirittura si<br />

umiliasse prima ancora che gli venisse richiesto. Se non perderà questo modo virile di<br />

possedermi, non mi peserà concedermi ad altri sotto il suo sguardo. Ma mentre mi<br />

<strong>in</strong>filza e sento l’orgasmo avvi<strong>ci</strong>narsi, galoppante, dirompente, liberatorio, mi<br />

riprometto che non mi farò mai più chiavare da altri senza che lui sia presente, senza<br />

che il suo sguardo dia sale al mio corpo posseduto. Grido il mio piacere, e sembra un<br />

piacere nuovo e antico al tempo stesso. Siamo ancora noi, quelli dei primi tempi della<br />

nostra relazione, e siamo due amanti nuovi: questo è il piacere della riscoperta. E se lui<br />

vorrà che gli narri come mi chiavava e <strong>in</strong>culava <strong>Marco</strong> lo farò, e se servirà a fargli<br />

diventare il cazzo ancora più duro, <strong>in</strong>sisterò sui dettagli più scabrosi, esagererò il<br />

racconto, parlerò di piaceri <strong>in</strong>enarrabili e irraggiungibili, ma sarà un gioco tra noi: il<br />

cemento della nostra compli<strong>ci</strong>tà. Lui ora mi sta sborrando nel culo e grida che sono<br />

troia, la sua troia. È vero, sono la sua troia e f<strong>in</strong>almente lo ha capito. Gli altri possono<br />

usarmi, lui può prestarmi come si prestano i giocattoli, o gli attrezzi, ma sono sua. Può<br />

prestarmi, non cedermi. Questo è il prezzo. Se mi cede, lede la mia dignità. E non<br />

<strong>in</strong>tendo perdonarlo per questo. Cazzo. Ma quanta sborra ha nei coglioni, stasera? Mi<br />

<strong>in</strong>onda e anch’io non capisco più nulla. Un nuovo, impetuoso e imprevisto orgasmo mi<br />

travolge. E sembra che debba travolgermi per sempre.<br />

Sono trascorsi molti m<strong>in</strong>uti prima di rius<strong>ci</strong>re a tornare <strong>in</strong> noi. Siamo qui di<br />

fianco, come tanti mesi fa, e il nostro sembra un tempo ritrovato. Sono felice. Sono<br />

semplicemente felice. Ripenso alla fac<strong>ci</strong>a di <strong>Marco</strong> quando il matt<strong>in</strong>o seguente al nostro<br />

chiarimento, ho preso i miei bagagli e me ne sono andata. Troppo orgoglioso per<br />

implorare, mentre preparavo le valigie, <strong>Marco</strong> è rimasto a letto, nudo, ostentando il<br />

suo m<strong>in</strong>ac<strong>ci</strong>o tronco di carne, conv<strong>in</strong>to forse che quel solido argomento potesse<br />

trattenermi, o addirittura farmi cambiare idea. Non ha capito nulla. Non si è reso conto<br />

che di lui me ne sono liberata. Dentro di me, prima ancora che fisicamente. Quando mi<br />

ha visto andare verso la porta, si è piazzato davanti per ostacolarmi e mi ha chiesto di<br />

fare l’amore un’ultima volta. Io, sarcasticamente, gli ho risposto che noi non abbiamo<br />

mai fatto l’amore, per<strong>ci</strong>ò non potrebbe essere l’ultima volta. Noi abbiamo scopato,<br />

chiavato, fottuto, ma fatto l’amore mai. Poi l’ho scostato. Lui – forse ripensando alla<br />

volta <strong>in</strong> cui l’ho spedito a Londra – non ha cercato di trattenermi. Silenziosamente se<br />

n’è andato <strong>in</strong> cu<strong>ci</strong>na. E adesso che la mia pan<strong>ci</strong>a è gonfia e che le feste di Natale si<br />

avvi<strong>ci</strong>nano, sento il bisogno di una vita più vera, completa, <strong>in</strong> cui <strong>ci</strong> sia anche il sesso,<br />

ma non solo il sesso. Ci vorrà un po’ di tempo, ma alla f<strong>in</strong>e <strong>Marco</strong> capirà che non sono


la donna adatta a lui, ne sono sicura. Capirà che una donna non è solo un<br />

bell’<strong>in</strong>volucro di carne da possedere tutte le sere sul divano. Non potevo più restare<br />

con lui. Volevo tornare da Giorgio, per sempre. Non mi importava che potesse<br />

resp<strong>in</strong>germi, avrei saputo attendere. Solo di lui mi importava e di queste piccole<br />

creature che crescono dentro di me. I nomi li sceglieremo <strong>in</strong>sieme. Solo un dubbio mi<br />

rimane. <strong>Marco</strong> pensa che i gemelli che ho <strong>in</strong> pan<strong>ci</strong>a siano suoi, anche Giorgio lo crede,<br />

e quando mi ha accolta ha pensato di poter realizzare il più grande sogno di un<br />

cuckold: crescere i figli di un altro, accudire la prole di un uomo più dotato e più<br />

stallone di lui, e che <strong>in</strong> virtù di queste doti fisiche ha avuto il diritto di <strong>in</strong>gravidargli la<br />

donna. Ma io so la verità su quella notte <strong>in</strong> cui ho raccolto <strong>in</strong> me il seme di entrambi. Io<br />

sola so e saprò che la prova del DNA mi ha rivelato che questi gemelli sono di Giorgio.<br />

Ed è bene che sia così, poiché ho due figli con l’uomo che amo. Gli lascerò credere che<br />

siano di <strong>Marco</strong>, che siano il frutto tangibile delle sue corna. Sarà il mio atto d’amore nei<br />

suoi confronti: farlo credere ancor più cornuto di quanto non sia. Ma chi è il padre dei<br />

gemelli non lo rivelerò a nessuno. A meno che non si renda assolutamente<br />

<strong>in</strong>dispensabile. Questo sarà il mio segreto: sarà il segreto di <strong>Debora</strong>.<br />

FINE

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