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Marco Castellari La presenza di Hölderlin nell'“Antigone” di Brecht

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<strong>La</strong> <strong>presenza</strong> <strong>di</strong> <strong>Hölderlin</strong> nell’“Antigone” <strong>di</strong> <strong>Brecht</strong> 167<br />

neato il fatto che gli interventi sul testo <strong>di</strong> <strong>Hölderlin</strong>, per quanto in numero<br />

e <strong>di</strong> portata sufficienti a provare il ricorso ad altre fonti, non sono<br />

condotti con sistematicità: con altrettale, anzi forse con maggiore frequenza<br />

<strong>Brecht</strong> mantiene infatti passi palesemente errati o <strong>di</strong> scarsa perspicuità<br />

88 . Su questa base, dunque, nulla permette <strong>di</strong> attribuire al trattamento<br />

brechtiano della traduzione ottocentesca il carattere <strong>di</strong> semplificazione tout<br />

court, e tanto meno <strong>di</strong> revisione alla luce dell’originale: la citazione letterale<br />

del testo hölderliniano avviene anche nei punti in cui essa comporta una<br />

notevole <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> comprensione per il pubblico, e le poche “correzioni”<br />

lasciano intravvedere, più che una volontà chiarificatrice, il tentativo<br />

<strong>di</strong> recuperare elementi sofoclei che a parere <strong>di</strong> <strong>Brecht</strong> avevano perduto<br />

in incisività, in freschezza o in intensità nella versione del poeta svevo.<br />

<strong>Brecht</strong> hatte jemanden gefunden, der ein bißchen Griechisch beherrschte – und sich<br />

dann für <strong>di</strong>e <strong>Hölderlin</strong>sche Bearbeitung entschieden» (BERLAU 1975: 210, ora anche in<br />

HECHT 1988: 184). <strong>La</strong> Berlau non era in Svizzera mentre <strong>Brecht</strong> stendeva la rielaborazione<br />

<strong>di</strong> Antigone: ella vi giunse appena in tempo per scattare le fotografie <strong>di</strong> scena della<br />

prova generale, poi confluite nel Modellbuch. Se i ricor<strong>di</strong> della Berlau si basano su notizie<br />

<strong>di</strong> seconda mano ma comunque veritiere, si può supporre che ella non <strong>di</strong>stingua precisamente<br />

fra il momento in cui <strong>Brecht</strong> scelse Antigone e le successive settimane <strong>di</strong> lavoro alla<br />

rielaborazione, unico lasso <strong>di</strong> tempo in cui la consultazione <strong>di</strong> altre traduzioni e/o la collaborazione<br />

<strong>di</strong> qualcuno che «possedeva un po’ <strong>di</strong> greco» potrebbero avere influito sugli<br />

interventi brechtiani. <strong>La</strong> testimonianza, da prendere con beneficio <strong>di</strong> inventario, potrebbe<br />

comunque riflettere una verosimile com<strong>presenza</strong> <strong>di</strong> riferimento a un’altra o ad<strong>di</strong>rittura<br />

«<strong>di</strong>verse altre traduzioni» (fra cui probabilmente quella <strong>di</strong> Donner, si veda supra, nota 86)<br />

e <strong>di</strong> sguardo al testo greco. Nessuno ha mai sottolineato come in realtà manchi un tassello<br />

che permetta <strong>di</strong> spiegare come mai <strong>Brecht</strong>, che considerava all’inizio la traduzione <strong>di</strong><br />

<strong>Hölderlin</strong> «ziemlich getreu» (si veda supra, nota 72), abbia poi preso atto <strong>di</strong> alcuni errori e<br />

abbia deciso <strong>di</strong> correggerli. Il fatto che i passi sottoposti a miglioria siano caratterizzati,<br />

già a livello sofocleo, da notevole forza icastica può far pensare che qualche collaboratore<br />

più avvezzo ad Antigone, magari Neher, abbia qua e là ricordato l’originale e spinto così a<br />

un confronto con il testo <strong>di</strong> partenza.<br />

88 Fra tutti, basterà ricordare un celebre passo che scatenò le risa <strong>di</strong> Schiller per poi<br />

occupare le riflessioni <strong>di</strong> molti stu<strong>di</strong>osi novecenteschi, impegnati a rivalutare la forza della<br />

versione <strong>di</strong> <strong>Hölderlin</strong>: nel prologo Sofocle fa pronunciare a Ismene una battuta (v. 20: τί<br />

δ’ ἔστι; δηλοῖς γάρ τι καλχαίνουσ’ ἔπος) che le traduzioni o<strong>di</strong>erne rendono con perifrasi<br />

<strong>di</strong>fferenti (nel nostro caso: «Che c’è? È chiaro che sei agitata per qualche proponimento»),<br />

attribuendo comunque al verbo greco καλχαίνω, letteralmente “avere colore rosso<br />

scuro”, il significato traslato <strong>di</strong> “essere inquieto, turbato, agitato”. <strong>Hölderlin</strong> tradusse questo<br />

verso con una sconvolgente formulazione, assieme iperletterale e travisante: «Was<br />

ists, du scheinst ein rothes Wort zu färben» (<strong>Hölderlin</strong>, v. 21), che <strong>Brecht</strong> accoglie con<br />

irrilevante inversione: «Du färbst mir / Scheint’s ein rotes Wort» (<strong>Brecht</strong>, v. 29. Sulla<br />

scelta hölderliniana nel contesto del suo approccio alla traduzione del greco si veda fra i<br />

numerosi lavori la lucida e convincente analisi <strong>di</strong> SANDRIN 1996). Ancora, proprio nei<br />

versi della parodo che <strong>Brecht</strong> riutilizza nella prima battuta <strong>di</strong> Antigone già citata per<br />

esteso, non troviamo correzione <strong>di</strong> <strong>Hölderlin</strong>, vv. 144sg.: «wenn der [Ares; M. C.] hart /<br />

Anregend einen mit dem Rechten <strong>di</strong>e Hand erschüttert», che aveva equivocato l’epiteto<br />

δεξιόσειρος (Sofocle, v. 140: «valido protettore»; per <strong>di</strong>stricarsi nel frainten<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

<strong>Hölderlin</strong> si legga il commento <strong>di</strong> Beißner in StA V: 487).

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