gli zumbo e la loro casa di giuseppe agnello - Antonio Randazzo
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ottenere dal sac. Don Luciano del Rio, parroco <strong>di</strong> S. Giacomo, un mutuo con il quale <strong>la</strong> marchesa<br />
ripromettevasi eli poter affrontare l'ardua opera del<strong>la</strong> ricostruzione, dato che lei, per il momento, non aveva<br />
« summas promptas prò repa- rationibus pre<strong>di</strong>ctis in <strong>di</strong>cto tenimento domorum facien<strong>di</strong>s ».<br />
La richiesta corrispondeva probabilmente ad una specifica con<strong>di</strong>zione posta dal mutuante per garentire<br />
l'operazione del prestito. La petizione venne accolta e tre esperti : un muratore, un falegname, un<br />
fabbroferraio, redassero tre specifiche, detta<strong>gli</strong>ate re<strong>la</strong>zioni nel campo delle rispettive competenze. Queste<br />
re<strong>la</strong>zioni sono poi riportate in calce al contratto <strong>di</strong> mutuo, stipu<strong>la</strong>to l'il novembre 1698 tra <strong>la</strong> marchesa e il<br />
(lei Rio. Conosciamo i nomi dei tre esperti — maestro Paolo Pavone muratore, maestro Leonardo Russo<br />
fabbroferraio, maestro Tommaso Spadaro falegname — ai quali il mandato <strong>di</strong> fiducia dovette provenire da<br />
un'evidente posizione <strong>di</strong> prestigio occupata nelle fi<strong>la</strong> dell'artigianato. La somma complessiva delle spese <strong>di</strong><br />
riparazione fu fatta ascendere ad onze 262.27.15 ed essa formò <strong>la</strong> base dell'operazione <strong>di</strong> mutuo (doc. XI).<br />
Dall'insieme delle perizie e dalle voci specifiche richiamate si può dedurre che l'organismo strutturale del «<br />
tenimentum » dovette rimanere pressoché integro. Tra le spese per opere murarie non c'è un solo accenno<br />
che si riferisca ad apprestamento <strong>di</strong> pietra da ta<strong>gli</strong>o, che non sarebbe potuto mancare se fossero state lese<br />
le strutture fondamentali dell'e<strong>di</strong>lìzio. Si par<strong>la</strong> solo <strong>di</strong> arena, <strong>di</strong> gesso, <strong>di</strong> mattoni e <strong>di</strong> spese per lo sgombro<br />
del materiale. Le lesioni determinatesi nelle strutture dovettero essere tuttavia gravi, tanto che si ricorse<br />
all'applicazione <strong>di</strong> catene <strong>di</strong> ferro fatte venire da Livorno, ma l'architettura del vecchio pa<strong>la</strong>zzo non dovette<br />
uscirne alterata : ipotesi che ha trovato conferma nei rilievi fatti durante <strong>la</strong> recente demolizione.<br />
Quale fosse l'aspetto dell'e<strong>di</strong>fizio dopo i restauri del 1696 è assai <strong>di</strong>fficile stabilire, perchè risale al<strong>la</strong> metà<br />
dell'ottocento <strong>la</strong> più grave trasformazione in esso operata : trasformazione che cambiò ra<strong>di</strong>calmente<br />
l'icnografia e mascherò con una grave stesura <strong>di</strong> intonachi e l'introduzione <strong>di</strong> nuovi elementi strutturali <strong>la</strong><br />
facciata in maniera da to<strong>gli</strong>erle ogni carattere artistico.<br />
Poche le notizie sulle vicende del pa<strong>la</strong>zzo nel sec. XVIII. Furono mantenuti sempre costanti i rapporti col<br />
monastero <strong>di</strong> S. Maria delle Grazie <strong>di</strong> Palermo, cui veniva corrisposto l'annuo censo, in virtù dell'atto<br />
ricognitorio stipu<strong>la</strong>to a Palermo nel 1683: una rego<strong>la</strong>rizzazione dei conti, in tal senso, venne fatta nel 1730<br />
da Don Giuseppe Diamante, fi<strong>gli</strong>o <strong>di</strong> G. Battista e <strong>di</strong> Donna Anna.<br />
Nel<strong>la</strong> seconda metà del Settecento veniva meno <strong>la</strong> <strong>di</strong>scendenza dei Diamante. Dal matrimonio <strong>di</strong> G. Battista<br />
con Donna Anna erano nati quattro fi<strong>gli</strong>: Ignazio, Giuseppe, Domenico, Maria. Quest'ultima sopravvisse ai<br />
fratelli, ma, con lei, rimasta nubile, si estinse il ramo maschile dei Diamante. Ciò rilevasi anche da<br />
un'iscrizione incisa in un bel monumento funerario trovato a pezzi nel pa<strong>la</strong>zzo Zumbo durante i recenti <strong>la</strong>vori<br />
<strong>di</strong> demolizione ().<br />
I beni del<strong>la</strong> <strong>casa</strong> Diamante — compreso il tenimentum magnani passarono a G. Battista Grimal<strong>di</strong> Montalto<br />
marchese <strong>di</strong> Torresena. Questi, non avendo avuti ere<strong>di</strong>, <strong>la</strong>sciò l'intero patrimonio al barone G. Battista<br />
Corvaia Grimal<strong>di</strong> (atto <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione del !) giugno 1885, rogato dal not. Collica <strong>di</strong> Palermo), il quale, a sua<br />
volta, con testamento olografo del 13 lu<strong>gli</strong>o 1890 (atto del not. Maddaloni) assegnò il pa<strong>la</strong>zzo al fi<strong>gli</strong>o<br />
Giuseppe. Nel 1913 ne <strong>di</strong>venivano ere<strong>di</strong> i suoi cinque fi<strong>gli</strong>oli: Rosalia, Vincenzo, Mario, Marcello. Margherita<br />
(testamento del 5 <strong>di</strong>cembre 1913), dai quali passava, con atto <strong>di</strong> acquisto stipu<strong>la</strong>to poco prima dell'ultima<br />
guerra, al<strong>la</strong> Cassa <strong>di</strong> Risparmio V. E.