gli zumbo e la loro casa di giuseppe agnello - Antonio Randazzo
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dell'aristocrazia siracusana. Ciò apparve sopratutto chiaro in una speciale circostanza. Nel 1599 il notaro<br />
Matteo Burlò aveva acquistato dai coniugi Minnitti il tenimento <strong>di</strong> case confinante col<strong>la</strong> proprietà de<strong>gli</strong> ere<strong>di</strong><br />
Montalto e col grande tenimento de<strong>gli</strong> Zumbo per una somma complessiva <strong>di</strong> onze 283.15. L'acquisto<br />
pregiu<strong>di</strong>cava in maniera grave l'eventuale futuro sviluppo del<strong>la</strong> <strong>casa</strong> Zumbo, proprio nel settore <strong>di</strong> maggiore<br />
risalto dal punto <strong>di</strong> vista estetico-e<strong>di</strong>lizio. La reazione <strong>di</strong> uno de<strong>gli</strong> ere<strong>di</strong>, Don Gaspare, fu imme<strong>di</strong>ata ; in un<br />
ricorso presentato al Tribunale del<strong>la</strong> Corte Civile e<strong>gli</strong> vantò il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> prelezione, <strong>di</strong>ritto che <strong>gli</strong> venne<br />
ampiamente riconosciuto. Dietro deposito <strong>di</strong> una somma corrispondente, a beneficio del not. Burlò, potè<br />
entrare in possesso del<strong>la</strong> <strong>casa</strong> Minnitti, che venne conglobata nel « tenimentum magnum ». S'ignora però<br />
quali siano state le mo<strong>di</strong>fiche apportate per ottenere l'unificazione dei due <strong>di</strong>stinti organismi architettonici<br />
(doc. I).<br />
La sua sollecitu<strong>di</strong>ne nel salvaguardare <strong>la</strong> buona conservazione e <strong>la</strong> <strong>di</strong>gnità del<strong>la</strong> <strong>casa</strong> risulta anche da un'altra<br />
circostanza. Nel 1623 il limitrofo G. Battista Giustiniani si apprestava a rifare un magazzino, il quale poteva,<br />
col<strong>la</strong> sua eventuale elevazione, pregiu<strong>di</strong>care i <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> servitù del<strong>la</strong> vicina proprietà. Lo Zumbo oppose delle<br />
riserve che vennero fissate in una pubblica convenzione. Redattore del<strong>la</strong> perizia fu il maestro Cesare del<br />
Bene, architetto che precedette (5 io- vanni Vermexio nel<strong>la</strong> carica <strong>di</strong> capo maestro delle Regie Fabbriche<br />
(doc. IV) ().<br />
Nel <strong>di</strong>cembre del 1624 Don Gaspare, che aveva sposato <strong>la</strong> nobile Donna Francesca Bonanno, non avendo<br />
avuto fi<strong>gli</strong>, con <strong>di</strong>sposizione testamentaria rogata a<strong>gli</strong> atti <strong>di</strong> not. Giacomo Masò, <strong>la</strong>sciava ere<strong>di</strong> universali i<br />
fratelli Giaimo e Nicolò, entrambi sacerdoti del Sovrano Or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Malta, ai quali quin<strong>di</strong> passava anche il «<br />
tenimentum ma- gnum ». Al<strong>la</strong> mo<strong>gli</strong>e legava tutto il mobile del pa<strong>la</strong>zzo: «aurum, ar- gentum, ramum,<br />
metallum, vestimenta, due carrozzi, muli et altri animali con tutti li schiavi masculi e fimmmi ». Prescriveva<br />
però che se i due fratelli, come « milites » dell'Or<strong>di</strong>ne Gerusolemitano non fossero stati in grado <strong>di</strong> ricevere i<br />
beni ere<strong>di</strong>tari o non avessero ottenuta <strong>la</strong> facoltà <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporne liberamente, detti beni sarebbero passati all'Isti-<br />
tuto del Monte <strong>di</strong> Pietà <strong>di</strong> Siracusa, che avrebbe dovuto farne un impiego in tutto rispondente alle finalità<br />
fi<strong>la</strong>ntropiche del testatore (doc. V).<br />
In realtà <strong>la</strong> riserva non ebbe praticamente effetto, perchè l'Or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Malta, sotto certe con<strong>di</strong>zioni, accordò <strong>la</strong><br />
licenza richiesta e Don Giaimo — essendo premorto il fratello Nicolò — <strong>di</strong>ventò l'erede universale. Passò,<br />
naturalmente, anche a lui il « tenimentum magnum », ma non sappiamo <strong>di</strong> quali cure lo abbia circondato,<br />
data, sopratutto, <strong>la</strong> circostanza che e<strong>gli</strong> si era trasferito a Palermo per svolgervi <strong>la</strong> sua missione religiosa.<br />
Queste cure dovettero anzi essere poche o ad <strong>di</strong>rittura insufficienti, come potrà rilevarsi da taluni partico<strong>la</strong>ri<br />
che saranno me<strong>gli</strong>o chiariti in seguito.<br />
Ebbe allora inizio per <strong>la</strong> <strong>casa</strong> magnatizia un periodo <strong>di</strong> grande decadenza da cui doveva a stento riprendersi<br />
ne<strong>gli</strong> anni successivi. Nell'aprile del 1643, sentendosi prossimo al<strong>la</strong> morte, Don Giaimo dettò il suo<br />
testamento. Non vi erano più ere<strong>di</strong> <strong>di</strong>retti e <strong>la</strong> fami<strong>gli</strong>a Zumbo poteva <strong>di</strong>rsi virtualmente estinta. Gli affetti del<br />
pio frate <strong>di</strong> S. Giovanni si erano ormai po<strong>la</strong>rizzati a Palermo, sua città <strong>di</strong> elezione, dove aveva trascorso gran<br />
parte del<strong>la</strong> sua vita. Dietro paga mento all'Or<strong>di</strong>ne del<strong>la</strong> rilevante somma <strong>di</strong> onze 800, fra Giaimo aveva<br />
ricevuto <strong>la</strong> licenza <strong>di</strong> vendere e <strong>di</strong> testare. E <strong>di</strong> questa licenza si avvalse appieno, istituendo e creando erede<br />
universale il monastero palermitano <strong>di</strong> Nostra Signora <strong>di</strong> tutte le Grazie, fondato nel<strong>la</strong> chiesa <strong>di</strong> S. Vito (doc.<br />
VI). C'erano c<strong>la</strong>usole e vincoli impegnativi; c'erano anche generose concessioni che al<strong>la</strong>rgavano assai il