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ARIMINUM sett/ottobre - Rotary Club Rimini

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Parmeggiani erano una famiglia numerosa<br />

e povera. A quei tempi la miseria era<br />

endemica e la gente si arrabattava per<br />

sopravvivere. Il padre, Marino, faceva il barbiere<br />

e aveva 13 figli. Ettore, uno dei 13,<br />

aveva una bellissima voce da tenore, che<br />

teneva in allenamento cantando nelle feste<br />

di parenti e amici, i quali, per permettergli di<br />

frequentare il Conservatorio ‘Rossini’ di<br />

Pesaro si autotassavano. Quando Ettore si<br />

affermò come cantante e cominciò a trarre<br />

profitto costruì tre ville alla sinistra del<br />

Porto di <strong>Rimini</strong>. In una di queste, confinante<br />

con la villa abitata dal tenore, alloggiava<br />

la mia famiglia.<br />

Il tenore era sempre in tournèe. Ogni suo<br />

ritorno a <strong>Rimini</strong> era una felice occasione per<br />

fare festa con parenti e amici. Lui naturalmente<br />

si esibiva in romanze e brani d’opera.<br />

Era il Pavarotti di quel tempo. Io, bambino,<br />

ero affascinato dal quel mondo, al quale partecipavo<br />

ascoltando anche i discorsi dei<br />

grandi. Per me, di povera famiglia, salire<br />

sulla carrozza del tenore e andare con lui<br />

nella gelateria di Pimpi o dal fratello barbiere,<br />

detto Fasol, rappresentava un’avventura. Una sera il tenore<br />

raccontò che a Milano, al Teatro della Scala, alla fine dello spettacolo,<br />

il Lohengrin di Wagner, Mussolini si recò nel suo camerino<br />

e gli disse che anche Hitler – presente in sala – era rimasto<br />

entusiasta della sua interpretazione, di gran lunga superiore a<br />

quella di tanti tenori tedeschi. Mussolini, per dimostrargli il suo<br />

compiacimento, gli domandò come poteva ricompensarlo.<br />

Parmeggiani gli rispose di sistemare i suoi fratelli, trovando loro<br />

un posto di lavoro. Quando cominciò ad enumerarli il Duce gli<br />

chiese se lo stava prendendo per i fondelli.<br />

Malgrado la miseria, il<br />

tempo della mia infanzia<br />

scorreva felice; vuoi perché<br />

avevo otto anni, vuoi<br />

anche perché abitavo nella<br />

casa del tenore e mi sentivo<br />

importante. Inoltre,<br />

stando sul porto canale, era<br />

come vivere in un teatro,<br />

per l’andirivieni delle barche<br />

da pesca e da trasporto.<br />

Tanti sono i ricordi che mi<br />

legano ai Parmeggiani… il<br />

AMARCORD<br />

ETTORE PARMEGGIANI<br />

“ERA IL PAVAROTTI DEL MIO TEMPO”<br />

I<br />

34.<br />

Anni Venti. La famiglia<br />

Parmeggiani al completo<br />

con il padre Marino,<br />

la madre Guia Grisoli<br />

e i 13 figli.<br />

Sopra. Ettore Parmeggiani<br />

e la figlia Alba.<br />

ARIMINVM/<br />

SETTEMBRE-OTTOBRE 2011<br />

Pier Domenico Mattani<br />

tenore che giocava in giardino con il cane<br />

Omega, la figlia Alba, bellissima ragazza,<br />

che si intratteneva con il fidanzato Titta<br />

Benzi, e la gentilezza della moglie, la signora<br />

Anita, che rimase in stato interessante nel<br />

periodo bellico. Anita ebbe un parto travagliato,<br />

tanto che i medici dovettero ricorrere<br />

al forcipe e il bambino nacque con una lesione<br />

alla spina dorsale, che lo obbligò a trascorresse<br />

l’esistenza su una carrozzina.<br />

Nonostante ciò si laureò in ingegneria, ma<br />

purtroppo morì giovane a Milano.<br />

Il 1° novembre 1943, mentre giocavo con gli<br />

amici nel campo di Piva, mi ferì un rumore<br />

assordante di aerei e impaurito tornai di<br />

corsa casa. Quel giorno avevano bombardato<br />

la città, la gente era disperata, le prime notizie<br />

che arrivavano parlavano di morti e feriti.<br />

Mia madre, donna pratica e dinamica, non<br />

si perse d’animo: il giorno successivo al<br />

bombardamento, sfollammo a Torriana. I<br />

Parmeggiani sfollarono a Milano.<br />

La guerra lasciò dietro di sé lutti, rovine e<br />

rancori. Il porto era irriconoscibile: un<br />

cumulo di macerie. Le case del tenore erano<br />

tutte e tre distrutte. Preso dallo sconforto Ettore Parmeggiani<br />

vendette tutto ad un impresa non immaginando che avrebbe potuto<br />

chiedere il risarcimento dei danni provocati dalla guerra per<br />

ricostruirle. La mia famiglia dovette andare ad abitare nel Borgo<br />

San Giuliano<br />

Un giorno Titta Benzi (che nel frattanto si era sposato con Alba),<br />

sua moglie e il padre del tenore, Marino, si misero in viaggio per<br />

andare a trovare Ettore che viveva a Milano. Lungo la strada<br />

ebbero un incidente: Marino Parmeggiani e Alba persero la vita;<br />

si salvò Titta. Il tenore rimase talmente scosso dalla tragedia (in<br />

precedenza gli era morto il<br />

figlio), che entrò in una<br />

cupa fase di depressione:<br />

cominciò a bere e a perdere<br />

la voce. Non tornò più a<br />

<strong>Rimini</strong>. A Milano, per<br />

sopravvivere, era ridotto a<br />

fare la claque negli stessi<br />

teatri che lo avevano<br />

applaudito protagonista di<br />

tante opere. Una carriera<br />

interrotta dalla guerra e dal<br />

destino. Di lui, oltre alla<br />

voce, conservo il ricordo di<br />

un vero signore, generoso e<br />

pronto ad aiutare tutti nell’ambito<br />

delle sue possibilità.

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