ARIMINUM sett/ottobre - Rotary Club Rimini

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l disegno, nella trattatistica, e secondo le definizioni teoriche più evolute, era considerato «un’apparente dimostrazione con linee di quelle cose, che prima l’uomo coll’animo si aveva concepite, e nell’idea immaginate; al che s’avvezza la mano con lunga pratica, ad affetto di far con quello esse cose apparire» (Filippo Baldinucci) (1) . In quanto tale, l’atto di disegnare dunque appariva meno mediato, e in un certo senso il primo getto, quello più vicino all’idea e all’ispirazione, in un concetto artistico ancora fortemente venato di neoplatonismo. Con lo sviluppo dell’arte libraria, e con la possibilità di reperire i fogli con minore spesa in virtù di una produzione crescente delle cartiere, i disegni e gli schizzi degli artisti si moltiplicarono, e dalle rare prove quattrocentesche o trecentesche, talvolta peraltro su pergamena, si ebbe una crescita esponenziale fino alla prassi di tenere taccuini o repertori, veri e propri strumenti del mestiere, spesso formati da decine e decine di pagine. Non c’è biografia d’artista, realistica o romanzata, che non enfatizzi, specie nella età estremamente giovanile, capacità disegnative fuori dal comune, tanto da diventare un vero e proprio topos letterario; d’altro canto è da ritenere che a partire proprio dal secolo decimo sesto non vi sia stato pittore che non abbia disegnato. Leonardo da Vinci infatti ricordava una prassi ineludibile dell’apprendistato: «Il pittore debbe prima suefare la mano col ritrarre disegni di mano ARTE GIOVAN FRANCESCO NAGLI DETTO IL CENTINO GLI ORIZZONTI PETRONIANI DEL SUO “PRIMO” DISEGNO I 24. Giovan Francesco Nagli detto il Centino, Sant’Antonio abate e Sant’Antonio da Padova in adorazione di Gesù bambino, recto, Cambridge, Fitzwilliam Museum, inv. 2832. ARIMINVM/ SETTEMBRE-OTTOBRE 2011 Giulio Zavatta «L’attribuzione del disegno al Centino è di notevole interesse per la ricerca sul periodo della formazione dell’artista; agli studiosi fornirà quel termine di paragone attorno al quale si potrà raggruppare un primo nucleo di opere di questo pittore a lungo attivo a Rimini e molto importante per la storia figurativa e devozionale della città adriatica e del suo territorio» di boni maestri, e fatto detta suefazione col giudizio del suo precettore, debbe di poi suefarsi col ritrarre cose di rilievo bone». Tuttavia, di molti artisti non si conoscono disegni. Appunto perché opera di studio, il disegno, o lo schizzo – così come del resto il dipinto – generalmente non veniva anticamente firmato: la segnatura dei quadri e dei fogli (salvo naturalmente rare eccezioni) è prassi moderna, e relativamente recente. Il mestiere degli storici dell’arte e in particolare degli specialisti di disegni è stato dunque quello di pazienti classificatori delle tantissime opere che risultano anonime, o riconducibili solo a un ambito, ma non a una precisa fisionomia artistica. Le iscrizioni sui fogli, infatti, anche quando recano l’indicazione di un autore, sono solitamente successive, e fanno parte del pur interessante aspetto collezionistico. Generalmente, però, evocano nomi altisonanti e spesso insostenibili, quindi fuorvianti per la ricerca. Per questo motivo, quasi paradossalmente, le attribuzioni antiche sono tanto più attendibili, quanto più indicano un nome minore o meno appetibile, o più pragmaticamente di minor valore, segno di un’antica attestazione non enfatizzata dal narcisismo o dalla brama collezionistica. Solitamente, quindi, per “iniziare” il catalogo dei disegni di un artista, si cercano collegamenti con le sue opere pittoriche, i cosiddetti disegni preparatori. Anche in questo caso, però, del resto raro e fortunato, esistono le insidie costituite dalle copie, che replicano lo stesso soggetto, ma non costituiscono l’idea originale e autografa. E’ così necessario passare ad un accurato vaglio stilistico i fogli per separare il grano dal loglio, ciò che è originale da quel che è una derivazione, e per questo accurato lavoro sono necessari termini di paragone certi, cioè fogli indiscutibilmente collegabili a un’opera pittorica e a un artista, attraverso i quali è possibile tentare attribuzioni e apparentamenti. Questo lungo preambolo di metodo è necessario per introdurre all’argomento di cui si intende trattare. E’ notizia infat- ➣

ti molto recente, e di straordinario interesse per la storia dell’arte riminese, l’individuazione del primo disegno attribuito in maniera convincente a Giovan Francesco Nagli detto il Centino. L’opera si trova a Cambridge presso il Fitzwilliam Museum (inv. 2832), e rappresenta Sant’Antonio Abate e Sant’Antonio di Padova in adorazione del Bambino. Proponendo di assegnarlo all’artista a lungo attivo a Rimini, David Scrase (2) , cui spetta il merito di questo riconoscimento, ha messo in relazione il foglio con il dipinto di analogo soggetto conservato nella chiesa di San Biagio a Saludecio (3) . Sebbene sussista qualche differenza tra le due versioni accennate al recto e al verso del foglio e il dipinto, non di meno l’apparentamento risulta persuasivo, sia per la rarità dell’iconografia, sia per il naturale affinamento che interviene tra l’idea subito segnata sulla carta, e la più meditata opera finale condotta coi consueti mezzi della pittura. Si nota anzi come la trasposizione da un lato all’altro del foglio dello stesso disegno, eseguita forse in trasparenza e appena accennata all’acquerello, sia stata necessaria al pittore per ottenere una composizione in controparte rispetto alla prima idea, con la posizione dei due santi invertita, come la si ritrova nel dipinto di Saludecio. Il disegno era in precedenza attribuito a Giovanni Maria Viani (1636-1700), e con acutezza Nicholas Turner aveva proposto nel 1993 di inquadrarlo piuttosto nell’orbita della pittrice bolognese Elisabetta Sirani. Questo foglio, infatti, costituisce un interessante documento sui riferimenti artistici di Centino, del quale si ha ancora un debito di conoscenza, specie sulla fase di formazione. Se la nascita, o forse la presumibile ARTE Giovan Francesco Nagli detto il Centino, Sant’Antonio abate e Sant’Antonio da Padova in adorazione di Gesù bambino, verso, Cambridge, Fitzwilliam Museum, inv. 2832. Sotto. Giovan Francesco Nagli detto il Centino, Sant’Antonio abate e Sant’Antonio da Padova in adorazione di Gesù bambino, Saludecio, Collegiata di San Biagio. origine da Cento, la città del Guercino, poteva infatti indurre a uno scontato inserimento di Centino tra i seguaci o gli epigoni del celebre maestro concittadino, questo foglio dai toni molto sommessi (che tanto ben si addice alla celebre definizione arcangeliana di questo artista: «umile poeta delle sacrestie») dichiara molto esplicitamente i suoi orizzonti artistici verso l’arte bolognese post cantariniana, per le assonanze – oltre alla già ricordata Elisabetta Sirani – anche ai modi di Lorenzo Pasinelli. Il disegno, quindi, conferma per il dipinto di Saludecio un’evidente suggestione di Simone Cantarini, e in particolare del «naturalismo idealizzante» (4) del pittore pesarese. Questo foglio indica dunque per l’artista un orizzonte indubbiamente petroniano e post cantariniano, ed è acquisizione di notevole interesse per la ricerca sul periodo della formazione di Centino. Il disegno, inoltre, pubblicato su un volume di diffusione planetaria, fornirà agli studiosi quel termine di paragone certo – sull’importanza del quale ci siamo dilungati introducendo l’argomento – attorno al quale, ci si può ora auspicare, si potrà raggruppare un primo nucleo di opere di questo artista a lungo attivo a Rimini e così importante per la storia figurativa e devozionale della città adriatica e del suo territorio. Note 1) F. Baldinucci, Vocabolario toscano dell’arte del disegno, Firenze 1681, in P. G. Tordella, La linea del disegno, Milano 2009, p. 197. 2) D. Scrase, Italian drawings at the Fitzwiliiam Museum, Cambridge, Cambridge University Press 2011, pp. 464-465. 3) Sul dipinto si veda A. Pellicciari, scheda n. 59, in Seicento inquieto. Arte e cultura a Rimini, a cura di Angelo Mazza e Pier Giorgio Pasini, Milano 2004, p. 188. 4) Ibid. SETTEMBRE-OTTOBRE 2011 /ARIMINVM .25

ti molto recente, e di straordinario<br />

interesse per la storia dell’arte<br />

riminese, l’individuazione<br />

del primo disegno attribuito in<br />

maniera convincente a Giovan<br />

Francesco Nagli detto il<br />

Centino. L’opera si trova a<br />

Cambridge presso il<br />

Fitzwilliam Museum (inv.<br />

2832), e rappresenta<br />

Sant’Antonio Abate e<br />

Sant’Antonio di Padova in adorazione<br />

del Bambino.<br />

Proponendo di assegnarlo<br />

all’artista a lungo attivo a<br />

<strong>Rimini</strong>, David Scrase (2) , cui<br />

spetta il merito di questo riconoscimento,<br />

ha messo in relazione<br />

il foglio con il dipinto di<br />

analogo soggetto conservato<br />

nella chiesa di San Biagio a<br />

Saludecio (3) . Sebbene sussista<br />

qualche differenza tra le due<br />

versioni accennate al recto e al<br />

verso del foglio e il dipinto, non<br />

di meno l’apparentamento risulta<br />

persuasivo, sia per la rarità<br />

dell’iconografia, sia per il naturale<br />

affinamento che interviene<br />

tra l’idea subito segnata sulla<br />

carta, e la più meditata opera<br />

finale condotta coi consueti<br />

mezzi della pittura. Si nota anzi<br />

come la trasposizione da un lato<br />

all’altro del foglio dello stesso<br />

disegno, eseguita forse in trasparenza<br />

e appena accennata<br />

all’acquerello, sia stata necessaria<br />

al pittore per ottenere una<br />

composizione in controparte<br />

rispetto alla prima idea, con la<br />

posizione dei due santi invertita,<br />

come la si ritrova nel dipinto di<br />

Saludecio.<br />

Il disegno era in precedenza<br />

attribuito a Giovanni Maria<br />

Viani (1636-1700), e con acutezza<br />

Nicholas Turner aveva<br />

proposto nel 1993 di inquadrarlo<br />

piuttosto nell’orbita della pittrice<br />

bolognese Elisabetta<br />

Sirani. Questo foglio, infatti,<br />

costituisce un interessante documento<br />

sui riferimenti artistici di<br />

Centino, del quale si ha ancora<br />

un debito di conoscenza, specie<br />

sulla fase di formazione. Se la<br />

nascita, o forse la presumibile<br />

ARTE<br />

Giovan Francesco Nagli detto il Centino, Sant’Antonio abate e<br />

Sant’Antonio da Padova in adorazione di Gesù bambino, verso,<br />

Cambridge, Fitzwilliam Museum, inv. 2832.<br />

Sotto. Giovan Francesco Nagli detto il Centino, Sant’Antonio<br />

abate e Sant’Antonio da Padova in adorazione di Gesù<br />

bambino, Saludecio, Collegiata di San Biagio.<br />

origine da Cento, la città del<br />

Guercino, poteva infatti indurre<br />

a uno scontato inserimento di<br />

Centino tra i seguaci o gli epigoni<br />

del celebre maestro concittadino,<br />

questo foglio dai toni<br />

molto sommessi (che tanto ben<br />

si addice alla celebre definizione<br />

arcangeliana di questo artista:<br />

«umile poeta delle sacrestie»)<br />

dichiara molto esplicitamente<br />

i suoi orizzonti artistici<br />

verso l’arte bolognese post cantariniana,<br />

per le assonanze –<br />

oltre alla già ricordata<br />

Elisabetta Sirani – anche ai<br />

modi di Lorenzo Pasinelli. Il<br />

disegno, quindi, conferma per il<br />

dipinto di Saludecio un’evidente<br />

suggestione di Simone<br />

Cantarini, e in particolare del<br />

«naturalismo idealizzante» (4)<br />

del pittore pesarese.<br />

Questo foglio indica dunque<br />

per l’artista un orizzonte indubbiamente<br />

petroniano e post cantariniano,<br />

ed è acquisizione di<br />

notevole interesse per la ricerca<br />

sul periodo della formazione di<br />

Centino. Il disegno, inoltre,<br />

pubblicato su un volume di diffusione<br />

planetaria, fornirà agli<br />

studiosi quel termine di paragone<br />

certo – sull’importanza del<br />

quale ci siamo dilungati introducendo<br />

l’argomento – attorno<br />

al quale, ci si può ora auspicare,<br />

si potrà raggruppare un<br />

primo nucleo di opere di questo<br />

artista a lungo attivo a <strong>Rimini</strong> e<br />

così importante per la storia<br />

figurativa e devozionale della<br />

città adriatica e del suo territorio.<br />

Note<br />

1) F. Baldinucci, Vocabolario<br />

toscano dell’arte del disegno,<br />

Firenze 1681, in P. G. Tordella, La<br />

linea del disegno, Milano 2009, p.<br />

197.<br />

2) D. Scrase, Italian drawings at<br />

the Fitzwiliiam Museum,<br />

Cambridge, Cambridge University<br />

Press 2011, pp. 464-465.<br />

3) Sul dipinto si veda A. Pellicciari,<br />

scheda n. 59, in Seicento inquieto.<br />

Arte e cultura a <strong>Rimini</strong>, a cura di<br />

Angelo Mazza e Pier Giorgio<br />

Pasini, Milano 2004, p. 188.<br />

4) Ibid.<br />

SETTEMBRE-OTTOBRE 2011 /ARIMINVM .25

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