ANIMALI, MINERALI e ROCCE - Banca Popolare di Sondrio
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A sinistra e sopra: il Picchio verde all'entrata<br />
del formicaio. - Qui a destra: l'attrezzatura<br />
fotografica.<br />
Quando un animale non è avvicinabile perché troppo <strong>di</strong>ffidente e sospettoso<br />
nei confronti dell’uomo oppure la nostra presenza può essergli dannosa, ecco<br />
la necessità <strong>di</strong> ricorrere al comando a <strong>di</strong>stanza. Ci sono <strong>di</strong>verse possibilità <strong>di</strong><br />
collegare a <strong>di</strong>stanza una macchina fotografica, montata su treppiede, con<br />
motore <strong>di</strong> trascinamento pellicola e relativo teleobiettivo.<br />
Il sistema più semplice è usare un cavetto elettrico lungo trenta-cinquanta<br />
metri; più sofisticato e costoso è utilizzare un comando a raggi infrarossi o a<br />
onde ra<strong>di</strong>o con portata <strong>di</strong> un centinaio <strong>di</strong> metri. La messa a fuoco deve essere<br />
regolata manualmente su un punto che si presume frequentato dall’animale,<br />
anche se si possiede una fotocamera autofocus. Ci si può quin<strong>di</strong> posizionare<br />
«comodamente» ad una certa <strong>di</strong>stanza, e aspettare, come al solito, con grande<br />
pazienza. Il binocolo è in<strong>di</strong>spensabile per vedere esattamente qual è il momento<br />
più opportuno per far scattare la macchina fotografica.<br />
Descriverò qui come ho potuto fotografare un picchio verde (Picus viri<strong>di</strong>s).<br />
L’habitat è un bosco <strong>di</strong> roverella (Quercus robur) a 400 metri <strong>di</strong> altitu<strong>di</strong>ne con<br />
alberi <strong>di</strong> età <strong>di</strong>versa, privo <strong>di</strong> sottobosco. È l’ultima settimana <strong>di</strong> <strong>di</strong>cembre; il<br />
terreno, privo <strong>di</strong> neve, è gelato più o meno profondamente.<br />
Il picchio verde, in <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> alimentazione in questa stagione ha scoperto<br />
una <strong>di</strong>spensa relativamente accessibile in un formicaio <strong>di</strong> Lasius nigra appoggiato<br />
a un vecchissimo ceppo: basta perforare il breve strato <strong>di</strong> terra gelata ed<br />
entrare nel cuore del nido.<br />
Molti dubbi e indecisioni prima <strong>di</strong> scegliere, chissà perché, un punto ben preciso.<br />
Brevi voli da terra sui tronchi vicini per esplorare i <strong>di</strong>ntorni ed accertarsi<br />
che non vi siano intrusi: la mia Canon Eos I con teleobiettivo 300 mm f 2,8,<br />
montata su cavalletto e posta a 4 metri <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza, evidentemente non lo preoccupa.<br />
Comincia il lavoro: il becco fa saltare la terra gelata, la tecnica risulta<br />
la stessa che l’uccello praticherà nella tarda primavera quando appronterà il<br />
nido scavando nel legno d’un albero maturo. Dopo <strong>di</strong>eci minuti <strong>di</strong> lavoro intenso<br />
e ininterrotto ha raggiunto la terra non gelata e farinosa all’interno del formicaio.<br />
Adesso è fatta, con poche grattate operate dalle robuste zampe, molta terra<br />
viene espulsa e l’uccello entra nel cumulo dove rimane ben sette minuti, durante<br />
i quali, immagino si sia alimentato <strong>di</strong> formiche con la sua lingua lunga e appiccicosa.<br />
L’uccello è ritornato sul posto altre due volte nella stessa giornata<br />
e il giorno successivo.<br />
Il formicaio, preso <strong>di</strong> mira è lo stesso saccheggiato anche l’anno precedente con<br />
danni non irreparabili, tant’è che le formiche lo hanno già ricostruito. Va detto,<br />
però, che talvolta i formicai vengono <strong>di</strong>strutti irreparabilmente.<br />
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