ANIMALI, MINERALI e ROCCE - Banca Popolare di Sondrio
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«...le sfumature dell’arcobaleno, il<br />
brillante dello smalto, il lucido<br />
della seta, i riflessi dello zaffiro, le<br />
tinte della turchina, il rosso del<br />
carbone ardente...»<br />
G. Buffon<br />
I rapporti con l’uomo<br />
Saranno le sue meravigliose tinte, sarà<br />
la straor<strong>di</strong>naria abilità nel tuffarsi e<br />
catturare grosse prede, sta <strong>di</strong> fatto che<br />
questo piccolo uccello è entrato nella<br />
tra<strong>di</strong>zione popolare attraverso una<br />
leggenda davvero strana. Si <strong>di</strong>ce, infatti,<br />
che un Alcedo atthis imbalsamato,<br />
dopo cento anni cambi completamente<br />
colore, preannunciando straor<strong>di</strong>nari e<br />
positivi eventi nella famiglia che per un<br />
secolo si è preoccupata <strong>di</strong> conservare<br />
questo insolito amuleto, appeso alle<br />
travi della cucina o appoggiato sulla<br />
mensola del camino. Forse in virtù <strong>di</strong><br />
questa supposta, magica<br />
trasformazione, al martin pescatore si<br />
attribuisce un potere scaramantico,<br />
quasi protettivo, tanto da averlo<br />
battezzato con il soprannome <strong>di</strong><br />
«uccellino <strong>di</strong> santa Maria». A puro titolo<br />
informativo, ricor<strong>di</strong>amo che<br />
nell’«alcione», protagonista <strong>di</strong> molte<br />
leggende antiche e <strong>di</strong> qualche poema,<br />
deve essere identificato il martin<br />
pescatore. Soltanto in alcuni casi, come<br />
nell’Alcione firmato da Gabriele<br />
d’Annunzio, si canta la bellezza e la<br />
grazia del volo del gabbiano, invece<br />
della policroma livrea dell’Alcedo<br />
atthis.<br />
A destra: Martin pescatore con una trotella nel<br />
becco e sul posatoio con uno scazzone;<br />
a sinistra: arrivo sul posatoio in prossimità del<br />
nido.<br />
Il martin pescatore, veloce e coloratissimo<br />
(Alcedo atthis)<br />
Così scriveva il naturalista G. Buffon due secoli orsono a proposito del martin<br />
pescatore; e in effetti chi l’ha visto dal vivo e da vicino non può che concordare<br />
con la sua entusiastica descrizione. Le fotografie qui riprodotte si avvicinano<br />
soltanto all’immagine reale dell’uccello soprattutto per il fatto che il mio<br />
martino l’ho ripreso in riva all’Adda, al termine <strong>di</strong> una sua faticosa giornata de<strong>di</strong>cata<br />
alla pesca per sfamare la prole, e quin<strong>di</strong> con le piume un po’ bagnate e<br />
non perfettamente pulite, lisciate, riassettate. Appartiene a una numerosa famiglia<br />
<strong>di</strong> variopinti uccelli tropicali ed è l’unica specie che vive durante tutto<br />
l’anno anche nelle regioni settentrionali; si nutre prevalentemente <strong>di</strong> pesciolini<br />
a cui aggiunge insetti e crostacei. La cattura della preda però gli è tutt’altro<br />
che facile: se ne sta appollaiato su un ramo sovrastante l’acqua per ore<br />
e ore e quasi mai riesce a catturare al primo tuffo il pesciolino scelto quale<br />
vittima. Quando l’acqua dell’Adda, durante le piogge estive, si intorbida, è un<br />
vero mistero capire come faccia a sopravvivere. Il numero <strong>di</strong> martini infatti<br />
nella nostra Valle è piuttosto esiguo, ma ci sono altri due fattori limitanti: il<br />
primo è il <strong>di</strong>sturbo arrecato dalla pletora <strong>di</strong> pescatori che a volte occupano<br />
letteralmente ogni palmo delle rive del fiume, il secondo è la scarsità <strong>di</strong> siti<br />
adatti alla ni<strong>di</strong>ficazione essendo un uccello piuttosto esigente e singolare in<br />
questa fase della sua vita. Costruisce il nido in una nicchia al fondo <strong>di</strong> un<br />
cunicolo lungo poco meno <strong>di</strong> un metro e scavato nella sabbia <strong>di</strong> rive verticali<br />
(a prova <strong>di</strong> donnola e <strong>di</strong> biscia d’acqua) e piuttosto alte (a prova <strong>di</strong> inondazione).<br />
La femmina depone da quattro a otto uova che cova per tre settimane<br />
alimentata nel frattempo dal maschio; i piccoli lasciano il nido piuttosto<br />
tar<strong>di</strong> (dopo quasi un mese), ma in compenso si rendono autosufficienti in<br />
pochi giorni.<br />
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