«La tua coda ha il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> uno strumento musicale, la lira, il colore del tuo piumaggio ricorda il riflesso della luna nel buio della notte e nel periodo dell’amore intoni l’“inno al sole». Io ti guardo come perfetta opera della Creazione». Da un’antica ballata provenzale I rapporti con l’uomo Purtroppo anche questo stupendo volatile oggi è assai raro e c’è da augurarsi che i suoi contatti con l’uomo, e soprattutto con i cacciatori, siano ridotti al minimo. È giusto comunque ricordare che le cause principali della rarefazione <strong>di</strong> questa specie sono da ricercare in varie forme epidemiche, cui si aggiunge l’attività venatoria ormai ridotta a spora<strong>di</strong>che battute. Per tornare alle caratteristiche del fagiano <strong>di</strong> monte, oltre alle armoniose tinte della sua livrea, bisogna ricordare il suo tipico richiamo d’amore noto come «preghiera del sole» o «inno al sole», alternato al «soffio» e al «rugolo» emessi dall’animale a seconda delle ore del giorno e dalla maggiore o minore <strong>di</strong>stanza del maschio dalla femmina. Al crepuscolo, prima <strong>di</strong> addormentarsi, il fagiano <strong>di</strong> monte soffia e canta senza riferimenti a impulsi sessuali e, infine, si appallottola in modo insolito per un uccello e poi cade in un sonno profondo, ben protetto dalla vegetazione. Nemico <strong>di</strong>chiarato del Lyrurus tetrix è l’aquila e, anche per questo, la sua vita si svolge soprattutto nel sottobosco, fra i cespugli spinosi, da cui si alza alla minima avvisaglia, con un volo pesante ad ali battenti. Un volo che dura pochissimo, quin<strong>di</strong> la vegetazione si richiude sul variegato piumaggio del fagiano <strong>di</strong> monte e nel bosco torna, profondo, il silenzio. Il fagiano <strong>di</strong> monte canta al sole (Lyrurus tetrix) Il fagiano <strong>di</strong> monte maschio o gallo forcello, così chiamato dalla forma a lira della coda, è tanto <strong>di</strong>verso dalla femmina, per mole e piumaggio, che lo si potrebbe scambiare per un uccello <strong>di</strong> un’altra specie. Ha un peso me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 1300 grammi, mentre la compagna è poco più della metà cioè 800 grammi circa. La <strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> piumaggio è ancora più marcata poiché il maschio è <strong>di</strong> un bellissimo blu-nero con riflessi, ali barrate <strong>di</strong> bianco e sopraccigli rossi (caruncole); la femmina invece è una mescolanza <strong>di</strong> marrone fulvo e grigio. Quest’ultima assume così un aspetto meno appariscente, giustificato dalla necessità <strong>di</strong> sfuggire alle insi<strong>di</strong>e dei predatori alle quali è esposta soprattutto durante la fase <strong>di</strong> cova e <strong>di</strong> allevamento della prole. Quasi consapevole della sua «eleganza» e del rischio <strong>di</strong> attirare maggiormente l’attenzione, il maschio si <strong>di</strong>mostra prudentissimo, allarmandosi al minimo pericolo, che intuisce facilmente, dotato com’è <strong>di</strong> vista e u<strong>di</strong>to eccezionali. Conduce vita separata dalla femmina, fuorché nel periodo degli amori, in maggio, quando le coppie si danno convegno su spiazzi innevati, a circa 2000 m <strong>di</strong> altitu<strong>di</strong>ne. Gli uccelli arrivano allora, all’alba, volando nella zona comune de<strong>di</strong>cata all’esibizione (lek), quando il cielo incomincia ad oriente a farsi appena chiaro. Si sente il loro canto prima ancora <strong>di</strong> intravedere le sagome scure sulla neve: è un insieme <strong>di</strong> suoni indescrivibili che dà la sensazione <strong>di</strong> qualche cosa che viene da lontano nel tempo, <strong>di</strong> primitivo, <strong>di</strong> ancestrale. Caratteristiche sono le danze che accompagnano il canto: una infinità <strong>di</strong> strani movimenti, come girare in tondo con le ali cascanti e un cuscinetto <strong>di</strong> piume bianche <strong>di</strong>etro, fare dei salti in aria ricadendo pesantemente, correre a gran<strong>di</strong> passi, alzare il collo e aprire il becco al cielo. E poi i combattimenti fra maschi che si riducono, quanto a effetto cruento, alla per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> qualche piuma che spicca nera sulla neve. Arrivano anche le femmine, sebbene meno numerose; esse girano <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là mostrando apparentemente in<strong>di</strong>fferenza; assistere all’accoppiamento è evento abbastanza infrequente. Quando il sole spunta la festa generalmente finisce; consapevoli del pericolo cui sono soggetti, maschi e femmine si allontanano <strong>di</strong>scretamente e scendono nei boschi a mangiare e, chissà, anche ad accoppiarsi, se ciò non era avvenuto nel lek. Il compito gravoso della continuità della specie tocca ora solo alla femmina. Scelta una piccola depressione del suolo, al riparo della vegetazione arborea (a volte però allo scoperto tra le piantine <strong>di</strong> mirtillo), dopo la deposizione da quattro a <strong>di</strong>eci uova, incomincia la cova che ha la durata <strong>di</strong> venticinque giorni durante i quali deve sopportare anche le insi<strong>di</strong>e del tempo <strong>di</strong> giugno, quando la neve, a quell’altitu<strong>di</strong>ne (verso i 1800 m) è un evento non raro. La femmina che cova si allontana dal nido in cerca <strong>di</strong> cibo solo per pochi momenti e quando il 40
tempo è più propizio al mantenimento <strong>di</strong> un certo tepore delle uova. I pulcini appena nati sono ni<strong>di</strong>fughi; imparano a mangiare e a <strong>di</strong>fendersi seguendo le istruzioni della madre; in caso <strong>di</strong> pericolo essa lancia uno speciale grido <strong>di</strong> allarme e si allontana fingendo <strong>di</strong> essere ferita a un’ala per attrarre su <strong>di</strong> sé l’attenzione dell’eventuale predatore permettendo alla covata <strong>di</strong> nascondersi a raggiera sotto i cespugli. I piccoli, quando riescono a scampare ai vari pericoli e alle insi<strong>di</strong>e delle intemperie, sempre decimatorie, crescono velocemente e i loro sessi incominciano a <strong>di</strong>fferenziarsi. In autunno sono ormai adulti e si separano affrontando l’inverno a piccoli gruppi. Il cibo, che nella bella stagione era piuttosto vario comprendendo insetti, larve, mirtilli, bacche, uva orsina, si riduce in inverno e primavera a ben poca cosa: gemme, aghi <strong>di</strong> pino. Il gallo forcello scava allora nella neve non solo per cercare cibo, ma anche per ripararsi dalle intemperie. Quando nevica si lascia ad<strong>di</strong>rittura coprire dalla neve fresca e ne esce solo se costretto: allora è come veder fiorire letteralmente qualcosa dalla coltre nevosa, evento <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>nario effetto al quale è comunque <strong>di</strong>fficile assistere. 41
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