ANIMALI, MINERALI e ROCCE - Banca Popolare di Sondrio

« Si muove sulle rocce a strapiombo
come un’ombra leggera, ma se
allarga le ali in volo si trasforma in
un prodigio di colore.»
Carole Desquieu
I rapporti con l’uomo
Da non confondere con il «picchio
muratore» (Sitta europaea), il
Tichodroma muraria o picchio
muraiolo, si impone per il dolce fischio
ben modulato, tipica voce primaverile e
il volo che si snoda in volteggi
imprevedibili, sottolineati dal
coreografico apparire e sparire dei
profili color carminio delle ali. Un
modo di volare che ricorda da vicino il
lieve moto di una farfalla. Non sono
molti i contatti del picchio muraiolo con
l’uomo, dato l’esiguo numero di questi
uccelli, la loro indole poco socievole e
l’ambiente tipico della specie, che vive
di preferenza lungo le pareti di roccia.
Tenero e affettuoso verso la sua
compagna, il «muraiolo» sopporta a
fatica la vicinanza di altri uccelli e
persino dei suoi simili, preferendo una
vita solitaria, in costante ricerca di
insetti e larve. Nella buona stagione
predilige la riva dei fiumi e dei torrenti
dove ama bagnarsi per sostare poi al
sole sin quando le sue penne sono
perfettamente asciutte e lucide.
Il picchio muraiolo, campione d'arrampicata
(Tichodroma muraria)
Il nome scientifico del genere, Tichodroma, ci dice che questo uccello è... un
corridore di muri. Il suo habitat è infatti costituito dalle pareti verticali delle
nostre montagne, là dove vive l’aquila reale. Ha dita molto lunghe e unghie robuste
e appuntite che gli permettono di salire e aggrapparsi alle rocce più ripide
dove vivono abbarbicati muschi e licheni che ospitano insetti e ragni di
cui si nutre scovandoli col lungo becco ricurvo. Nei licheni stessi trova fra l’altro
protezione per mimetismo da falchi e sparvieri essendo ad ali chiuse del medesimo
colore grigio cenere.
Nell’arrampicata alla ricerca del cibo si aiuta anche con le ali, aprendole e richiudendole
di colpo, scoprendo così il bel rosso vivo e gli innumerevoli «occhi»
bianchi di cui sono disseminate e in questo modo forse spaventando i suoi
nemici in caso di necessità.
Di tanto in tanto si stacca dalla roccia e danza nell’aria sopra l’abisso come una
farfalla, tenendo le ali rosse a pois bianchi spiegate; poi si riattacca alla roccia
o si lancia a capofitto in basso per salire di nuovo.
La voce è un fischio sottile e modulato che lascia esterrefatto chi l’ascolta per
lo strano e straordinario tono.
In inverno la neve e il ghiaccio che ricoprono il suo «territorio di caccia» lo
costringono a volte a scendere a valle e a ispezionare i muri di castelli, chiese,
baite e case abbandonate.
Un giorno di gennaio viene a trovarmi, spinto da fame e freddo, all’interno della
baita dove sono appostato per fotografare la volpe; vuole visitare con maggior
fortuna le pareti interne ma si spaventa e non riesce più a trovare la via d’uscita
per cui lo prendo tra le mani e ho l’impressione di avere solo un pugno di bellissime
piume tanto è leggero.
Lo lascio libero e godo per un attimo i meravigliosi colori che si perdono rosseggianti
nel grigiore invernale.
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