04.04.2013 Views

#monasterocatania

#monasterocatania

#monasterocatania

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

<strong>#monasterocatania</strong><br />

IgersCatania al Monastero dei Benedettini


Esiste il Monastero dei Benedettini (www.monasterodeibenedettini.it) a Catania? O esistono “tanti” Monasteri<br />

dei Benedettini a Catania? E quanti sono, allora, “questi monasteri”? Tanti quanti sono le storie che vi hanno<br />

abitato, tanti quanti gli studenti che vi passano dentro ogni giorno o tanti altri quanti i saperi presenti nei libri<br />

che vi risiedono e transitano?<br />

E che vuol dire “unico” quando parliamo di questo luogo, a cosa ci riferiamo?<br />

A queste domande è possibile dare tante risposte: noi non ne vogliamo dare nessuna. Ci è bastato porle per<br />

decidere di raccontare questo luogo ricco di fascino.<br />

Attuale sede del DiSUM dell’Università degli Studi di Catania, il Monastero è “un contenitore” di storie, un moltiplicatore<br />

di pensieri, uno spazio oggi tra i più interessanti presenti in città.<br />

A Officine Culturali (www.officineculturali.net), che ci ha accolti e ospitati, rivolgiamo un ringraziamento non<br />

di forma, ma di sostanza. Il loro è un prezioso lavoro che rende ancora più vivo il Monastero.<br />

A Patricia Vinci e Claudia Cantale un ringraziamento extra: loro hanno guidato la nostra visita, sopendo la nostra<br />

curiosità con dovizia di particolari.<br />

Rocco Rossitto - Laura Celi (@igerscatania @igerssicilia)<br />

Con foto di<br />

@albertazzi85 @alefairy_87 @alexis_ekag @ambroalifestyle @andreaintagliata @andreanu @anto_n1c0<br />

@belzebob @carlotta72 @cicciomannino @daisy_cosentino @daninsgram @eikou89 @fe_gi @francisiracusa<br />

@gipomontesanto @gra011 @hecyra @igerscatania @igerssicilia @ivo71 @laurazzurra @manudinazareth<br />

@marica_martorana @mau_cia @oldboycris @peppejc @roccorossitto @signorinapallida @stefanove<br />

@supersten @terry_fox @valerina76<br />

E speriamo di non aver dimenticato nessuno.


@oldboycris<br />

@andreanu<br />

@gipomontesanto<br />

@fe_gi<br />

@belzebob


@albertazzi85<br />

@eikou89<br />

@supersten<br />

@daisy_cosentino<br />

@anto_n1c0


@daninsgram<br />

@peppejc<br />

@valerina76<br />

@signorinapallida<br />

@carlotta72


La città nella città<br />

Il Monastero dei Benedettini di Catania si presenta agli occhi dei visitatori come un gioiello del tardo barocco<br />

siciliano. Il plesso viene fondato dai monaci cassinesi nel 1558. Sconvolto da calamità naturali, distrutto e ricostruito,<br />

il Monastero è esempio di integrazioni tra le epoche storiche. Visitandolo si possono leggere, come in<br />

un libro aperto, i cambiamenti subiti a causa della colata lavica prima e del terremoto dopo, ma anche degli<br />

usi civili a cui viene destinato subito dopo l’Unità d’Italia.<br />

Il Monastero cinquecentesco<br />

Il primo impianto, nasceva a forma quadrata con un chiostro interno definito dei “Marmi”(ridefinito in seguito<br />

Chiostro di Ponente), per via della presenza del pregiato marmo di Carrara nell’elegante colonnato seicentesco,<br />

nella fontana quadrilobata posta al centro e dei decori rinascimentali che ne addolcivano maggiormente<br />

l’aspetto.<br />

La colata lavica del 1669<br />

Il XVII secolo catanese è legato alla terribile colata lavica del 1669 e dal catastrofico terremoto del 1693. L’8 marzo<br />

del 1669, dopo ripetute scosse sismiche e assordanti boati provenienti dalla Montagna – l’Etna, si aprono<br />

due profonde fenditure da cui esce lava. Si alzano colonne di fumo, in seguito alle esplosioni vengono scagliati<br />

materiali piroclastici: l’Etna è in eruzione, il vulcano dimostra tutta la sua potenza. La colata raggiunge la cinta<br />

muraria della città intorno la fine di aprile, giungendo fino alle mura del monastero cinquecentesco. La città era<br />

stata difesa strenuamente utilizzando muri per deviare il fiume di fuoco che l’assediava.<br />

Il monastero si salva, ma non la chiesa ad esso annessa: viene sconquassata dall’arrivo della colata. Cambia<br />

fortemente l’aspetto dei terreni limitrofi al Monastero dei Benedettini. La sciara è alta 12 mt circa e ha divorato<br />

le coltivazioni lasciando dietro di sé un paesaggio lunare.<br />

Nel 1687, ben 18 anni dopo l’eruzione, incomincia la ricostruzione della chiesa annessa, plausibilmente su<br />

disegno dell’architetto romano Contini. Il Monastero del cinquecento era costituito da un piano interrato, destinato<br />

a cantina e deposito delle derrate alimentari e a cucina; e due piani destinati ad accogliere le celle dei<br />

monaci, il capitolo, il refettorio, la biblioteca e il parlatorio oltre che il chiostro dei Marmi.<br />

Il terremoto del 1693<br />

Nella notte tra 10 e 11 gennaio del 1693 Catania trema. Il terremoto del 1693 viene considerato uno dei cataclismi<br />

naturali più devastanti per la Sicilia orientale: il Val di Noto viene raso al suolo. Secondo gli esperti le scosse<br />

raggiunsero magnitudo 7,7 della scala Richter. All’indomani del terremoto la città è distrutta e gran parte dei<br />

catanesi è sepolta sotto le macerie.<br />

Del Monastero cinquecentesco resta integro il piano interrato e parte del primo piano. Del chiostro restano<br />

erette 14 colonne le altre cadono giù e si spezzano.<br />

La ricostruzione<br />

A partire dal 1702, sono trascorsi ben 9 anni dall’evento catastrofico, inizia la ricostruzione e il Monastero viene<br />

ripopolato da monaci provenienti da altri cenobi. Ingrandito rispetto alle pianta primigenia: al Chiostro dei<br />

Marmi o di Ponente ricostituito e rinnovato da elementi tardobarocchi, si aggiunge il Chiostro di Levante, con<br />

il giardino e il Caffeaos in stile ecclettico, e la zona nord con gli spazi destinati alla vita diurna e collettiva dei<br />

monaci: la biblioteca, le cucine, l’ala del noviziato, i refettori, il coro di notte.<br />

Si sfrutta il banco lavico per realizzare i due giardini pensili, l’Orto Botanico – la villa delle meraviglie – e il giardino<br />

dei Novizi.<br />

La chiesa di San Nicolò l’Arena, annessa al nuovo plesso monastico, viene pensata come una piccola San Pietro<br />

siciliana, ma resta incompiuta nel prospetto principale. Ingrandito, decorato, rimaneggiato il Monastero diviene<br />

uno dei conventi più grandi d’Europa, secondo, tra quelli di ordine benedettino, solo a quello di Mafra in<br />

Portogallo.<br />

Al cantiere benedettino partecipano i grandi architetti siciliani: Ittar, Battaglia, Battaglia Santangelo, Palazzotto.<br />

Le maestranze vengono chiamate da tutte le provincie: Palermo, Messina, Siracusa. Tra i più importanti architetti<br />

si annovera Giovan Battista Vaccarini, a cui si deve la realizzazione delle Cucine e del Refettorio grande,<br />

oltre che il progetto della Bibblioteca (oggi Biblioteche Riunite Civica e Ursino Recupero).<br />

L’architetto palermitano aveva studiato a Roma venendo dunque a contatto con i grandi architetti quali Fontana,<br />

Michetti, De Sanctis. I suoi punti di riferimento e di ispirazione restarono Bernini e Borromeo che aveva<br />

studiato con passione e a cui sovente si rifaceva.


Gli usi civili del Monastero<br />

Nel 1866 con l’emanazione e l’applicazione delle “leggi eversive”, il Monastero dei Benedettini diviene demanio<br />

regio. A partire dal 1868 vengono riadattati gli spazi adibiti ai cosiddetti usi “civili”. Si trattava prevalentemente<br />

di scuole, tra cui la più rinomata era l’Istituto Regio Carlo Gemmellaro, ma viene anche allocata la Caserma<br />

Militare (nell’ala sud e nel cortile) e l’Osservatorio Astrofisico con il laboratorio di meteorologia e geodinamica<br />

(Cucine e Ventre oggi Museo della Fabbrica). Le nuove destinazioni d’uso sono origine di una serie di profonde,<br />

e alle volte irreversibili, modifiche che il Monastero subisce nonostante il suo riconoscimento, all’indomani<br />

dell’Unità d’Italia, come Monumento Nazionale.<br />

Vengono cancellati buona parte degli affreschi, divisi i corridoi, soppalcati i tetti, introdotte superfetazioni per<br />

fare spazio ad uffici, palestre, latrine.<br />

L’Orto Botanico di quasi 5 ettari viene lottizzato e destinato ad accogliere i padiglioni del nuovo ospedale dedicato<br />

al re d’Italia, Vittorio Emanuele. La Chiesa di San Nicolò che vive il suo ultimo momento di gloria con il<br />

Rettore Della Marra, incaricato personalmente dal cardinale Dusmet (ultimo abate del Monastero dei Benedettini<br />

di San Nicolò L’Arena), diviene bene di culto quindi in uso del Comune di Catania.<br />

La sacrestia, realizzata anch’essa dal Vaccarini, accoglierà il Sacrario dedicato ai caduti delle due guerre. Solo la<br />

bellissima biblioteca monastica viene risparmiata. Alla raccolta libraria dei monaci, che include splendidi erbari,<br />

cinquecentine e bibbie miniate, si sommano le collezioni di altri ordini soppressi e di privati.<br />

Le Biblioteche Civiche Riunite Ursino Recupero oggi si compongono di tre principali ambienti: la sala lettura<br />

realizzata all’interno del museo dei benedettini, la circolare sala convegni, corrispondente al Refettorio Piccolo,<br />

e la sontuosa Sala Vaccarini, con le scaffalature lignee e gli affreschi alle pareti (in cui ancora oggi si trovano la<br />

collezione originaria del Monastero).<br />

Destinato ai nuovi usi e alle esigenze dell’Italia Unita, il Monastero dei Benedettini viene quasi dimenticato, alla<br />

magnificenza benedettina, nell’immaginario cittadino, si sostituisce la sede delle scuole simbolo di un Italia<br />

che tenta di “fare gli italiani”.<br />

Il passaggio all’Università<br />

Solo nel 1977 nell’ambito di riqualifica del centro storico della città, il Comune di Catania dona il Monastero dei<br />

Benedettini all’Università degli Studi di Catania, che lo destina a sede della storica Facoltà di Lettere e Filosofia.<br />

Il progetto di recupero porta la firma dell’Archistar Giancarlo De Carlo, grazie al quale nel 2008 il Monastero<br />

viene riconosciuto dalla Regione Siciliana quale Opera di Architettura Contemporanea. «Un progetto – scrive<br />

De Carlo – che preferisce togliere piuttosto che aggiungere, ritoccare piuttosto che sostituire, stendere una<br />

rete tra le parti piuttosto che giungere a una ridefinizione dell’insieme per punti».<br />

Alla visione lungimirante dell’architetto, del Preside Giarrizzo e dell’Ufficio Tecnico d’Ateneo si deve oggi la<br />

restituzione del bene culturale alla comunità, che inoltre dal 2002 diviene Patrimonio dell’Umanità insieme ad<br />

altri siti seriali che l’Unesco identifica come rappresentativi del tardo barocco della Sicilia sudorientale.<br />

Il recupero e l’adattamento del Monastero a sede universitaria, durato trent’anni, ha riportato alla luce il palinsesto<br />

della città dall’età romana ai giorni nostri: un intero quartiere romano, disegnato dagli assi viari Cardum e<br />

Decumanus Maximus e dalla presenza di domus di età tardo ellenistica e di epoca imperiale.<br />

Gli scavi sono visibili nel cortile principale e sotto il plesso delle ex scuderie (oggi aule per la didattica).In particolare<br />

una domus con peristilio è custodita all’interno dell’attuale Emeroteca universitaria, integrata perfettamente<br />

alla fabbrica cinquecentesca e alle strutture sospese contemporanee che permettono l’accesso agli<br />

studenti.<br />

Oggi il Monastero, volendo citare le parole dell’architetto De Carlo, “nella sua struttura concreta, di spazio tridimensionale<br />

abitato, ha acquistato i segni di un luogo di giovani che sciamano da un punto all’altro dei suoi<br />

itinerari: un luogo di aria, di luce, di intensa comunicazione, di aspettative e promesse per il futuro. Attraverso<br />

l’alternanza di letture e progetti tentativi è stato scollato dall’involucro il vecchio sistema di significati e ne è<br />

stato steso uno nuovo che consente alla mirabile architettura antica di assumere trame, strutture e ruoli significanti<br />

per il mondo contemporaneo”.<br />

Testo a cura di Officine Culturali<br />

www.officineculturali.net


@belzebob<br />

@gipomontesanto


@ambroalifestyle<br />

@manudinazareth<br />

@igerssicilia<br />

@marica_martorana<br />

@terry_fox


@anto_n1c0<br />

@albertazzi85<br />

@gra011<br />

@mau_cia<br />

@carlotta72


@fe_gi @marica_martorana


@manudinazareth<br />

@terry_fox<br />

@alefairy_87<br />

@andreaintagliata<br />

@fe_gi


@supersten<br />

@alexis_ekag<br />

@albertazzi85<br />

@oldboycris<br />

@hecyra


@marica_martorana<br />

Ingresso e prospetti<br />

Caratterizzati dal carnevale tardo barocco, i prospetti sud-est del Monastero testimoniano la magnificenza e<br />

la ricchezza dell’ordine benedettini catanese. I due colori che descrivono la ricostruzione post terremoto sono<br />

il nero degli intonaci realizzati con la cenere lavica e il bianco della pietra calcarea siracusana. Un festa di mascheroni,<br />

putti e cariatidi generose alternate a eleganti paraste bugnate a punte di diamante a contrasto con<br />

l’austero e neoclassico portale di ingresso, realizzato a sostituzione dell’ingresso fortemente barocco non più<br />

gradito ai monaci. Il Monastero è chiuso dai muri di cinta, adibiti in fase benedettina a stalle e scuderie (nonché<br />

in alcuni ambienti anche a foresteria per pellegrini), che oggi ospitano le aule della didattica. Nel Cortile Est<br />

subito dopo l’arco d’ingresso un vasto scavo ha riportato in luce uno dei cardines romani su cui si affacciano gli<br />

ingressi alle domus presenti sotto il piano di calpestio del cortile. I monaci realizzano il Monastero sulla collina<br />

di Montevergine (Piano della Cipriana) abitata sin dall’antichità.<br />

Superato il portone di ingresso si giunge all’interno dello Scalone Monumentale, copia degli ingressi delle<br />

grandi règie reali italiane, con rampe a tenaglia in marmo bianco e grigio – opera del Battaglia Santangelo – e<br />

i bassorilievi in gesso bianco a sfondo azzurrino – opera del netino Gianforma.<br />

@daninsgram @igerscatania @gipomontesanto<br />

Chiostro di Ponente o dei Marmi<br />

Il Chiostro dei Marmi viene realizzato a partire dalla fine del ‘500 e ultimato nel 1608, come testimonia l’incisione<br />

sul plinto marmoreo di una delle colonne che caratterizzano il portico.<br />

Al centro si staglia la fontana quadrilobata esempio dell’eleganza benedettina. Durante il terremoto del 1693,<br />

quasi miracolosamente, ben quattordici colonne restano in piedi, le altre cadendo si spezzano (verranno successivamente<br />

rincollate), e la fontana si salva. Viene ricostruito insieme al nuovo impianto.<br />

A contrasto con il sobrio nucleo centrale in marmo bianco di Carrara si aggiungono gli artificiosi inserti in pietra<br />

calcarea di Siracusa.<br />

Nel 1868 le scuole prendono possesso dei locali dell’ormai ex Monastero: si procede alla modifica alla sistemazione<br />

degli spazi. Il Chiostro di Ponente diviene una palestra: fatta a pezzi la fontana in marmo si fa spazio alle<br />

attrezzature ginniche e ai campetti.<br />

Solo nel 2008 viene ricostruita sulla base dell’originale, riutilizzando ove possibile le porzioni ritrovate.


@igerscatania @ivo71<br />

Chiostro di Levante<br />

Iniziato nel 1702 dall’architetto Battaglia, il Chiostro di Levante è il moderno chiostro del cenobio. Al suo interno<br />

custodisce il giardino e l’eclettica edicola centrale opera dell’ingegnere Musumeci con funzione di Caffeaos.<br />

Plausibilmente viene utilizzato dai monaci per accogliere il pellegrino o il viaggiatore del Grand Tour.<br />

Brydone scrive del Monastero «è più bello della Regia di Versailles, ma abitato da lascivi e panciuti monaci».<br />

Biblioteca Domus Romana<br />

La Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia è realizzata nei suggestivi “sotterranei” del Monastero cinquecentesco,<br />

a circa 2,5 mt al di sotto del piano di calpestio.<br />

Questi ambienti, realizzati per volere dei monaci con lo scopo di accogliere le derrate alimentari, la cantina e<br />

probabilmente anche la distilleria, sono rimasti intatti nonostante il terremoto del 1693.<br />

È ancora visibile nella Sala dello Schedario il forno e lo sfiatatoio della cucine dal primo impianto.<br />

Durante i lavori di recupero, sotto le pavimentazioni fortemente compromesse dagli usi civili (utilizzati durante<br />

la Seconda Guerra Mondiale come rifugi antiaerei e come deposito del Comune di Catania) viene rinvenuta<br />

una Domus romana del II secolo d.C.<br />

@alexis_ekag @igerscatania<br />

La domus presenta un lungo peristilio caratterizzato dai motivi geometrici in bianco e nero su cui si affacciano<br />

le stanze delle quali molte conservano i mosaici e pregiati marmi policromatici.<br />

Lo scavo procede fino al rinvenimento di una porzione più bassa che presenta un affresco vivacissimo. Si tratta<br />

di una vale su cui si poggiano dei tripodi grigi, plausibilmente candelabri o saliere.<br />

Definita la Domus dalla Tavola Imbandita, proprio per la presenza dell’affresco, risale al periodo tardo-ellenistico<br />

catanese: è stata datata II a.C.<br />

La Domus è incastonata tra gli archi ogivali del Monastero e visibile attraverso un sistema di strutture sospese<br />

e reversibili ideate da Giancarlo De Carlo.<br />

In questo ambiente si respira tutta la profondità del progetto di De Carlo che puntava ad integrare e a far dialogare<br />

l’antichità e la contemporaneità, al riuso dei beni culturali e alla sensibilizzazione dei giovani nei confronti<br />

di un architettura che cura e preserva il progetti per il loro futuro.


@igerssicilia @supersten @daisy_cosentino @igerscatania<br />

Affaccio con Gelosia<br />

Attraversato il Coro di Notte, cappella privata destinata alla liturgia delle ore, e lo stretto corridoio di connessione,<br />

si acceda ad un affaccio intrigante sulla chiesa di San Nicolò l’Arena. La grata lignea, detta gelosia, permetteva<br />

ai monaci di non essere visti in viso dai credenti che partecipavano alla funzione all’interno della chiesa. In<br />

realtà nessuno al monastero era obbligato alla clausura, alcuni studiosi credono possibile che venisse utilizzato<br />

per monitorare la situazione all’interno della chiesa, senza attirare l’attenzione. Dall’affaccio è possibile vedere<br />

l’organo di Donato del Piano. Dotato di più di 3000 canne in stagno, che la tradizione invece vuole in argento,<br />

72 registri, 5 ordini di tastiere e 6 mantici, è collocato nell’abside, sopra l’altare principale. Un capolavoro definito<br />

da Gabriele D’Annunzio Opus Mirabile costato al monaco calabrese ben 12 anni di vita. Nonostante infatti<br />

l’avesse ultimato non trascorrerà giorno fino alla sua morte in cui non apporta migliorie, come ossessionato<br />

dalla sua creatura. Come unica ricompensa chiede di essere seppellito sotto l’organo, come a voler suggellare<br />

un legame con l’immortalità dello strumento. Goethe scrive nel suo diario di viaggio che l’organo riuscisse a<br />

imitare tutti i suoni della natura compresa la voce umana. La scelta ostinata dell’utilizzo dello stagno per le<br />

canne si rivelò infelice. Lo stagno infatti soggetto alla salsedine si è logorato negli anni, ed oggi buona parte<br />

delle canne sono andate perdute e altre sostituite con quelle in lega di stagno.<br />

Visibile anche il coro ligneo del Bagnasco realizzato nel ‘700 con i bassorilievi rappresentati le sacre scritture.<br />

Sul transetto è visibile la meridiana di Peters e Sartorius, famosa per la sua precisione ma anche per la bellezza<br />

dei segni zodiacali realizzati con la rarissima pietra lavica rossa di Militello (CT).<br />

Aula Magna – Refettorio Grande<br />

Nel 1739 al cantiere del Monastero dei Benedettini viene chiamato l’architetto Vaccarini. Ha il compito di realizzare<br />

l’ala nord del plesso monastico, ovvero i locali della vista diurna e collettiva dell’ordine dei neri. Il Refettorio<br />

Grande è opera del grade architetto che progetta una sala dalla vasta pianta ellittica e con ampi finestroni.<br />

Il Refettorio Grande era destinato all’unico pasto concesso dalla regola benedettina (la regola di San Benedetto<br />

prevedeva un solo pasto abbondante durante il giorno, durante la cena invece potevano consumare solo minestre).<br />

Al di sopra della porta si nota un mensolone che accoglieva il pulpito da cui uno dei monaci recitava il<br />

Benedicte, la preghiera in latino del pasto.<br />

Sulla volta si conserva integro l’affresco del Piparo, anche lui palermitano: uno squarcio del soffitto che mostra<br />

i punti di riferimento di questo ordine con Nicola e gli africani, Benedetto sopra le fiere e l’esaltazione della<br />

santissima trinità.<br />

Le pavimentazioni sono una riproduzione sulla base degli originali, di cui si conservano ancora alcuni pezzi.<br />

Venivano da Vietri e in generale dalle fabbriche campane.<br />

Attualmente è l’Aula Magna della Facoltà di Lettere e Filosofia, e accoglie al suo interno il mobilio realizzato ad<br />

hoc per essa, con il tavolo dei relatori e le poltroncine il legno.


oldboycris @igerscatania @gra011 @peppejc<br />

Il Museo della Fabbrica – La cucina e il Suo Ventre<br />

Istituito nel 2000 con i fondi del Piano Coordinato “Catania – Lecce”, si sviluppa su due livelli, attorno agli spazi<br />

che un tempo erano la Cucina e i sottostanti scantinati del Monastero dei Benedettini.<br />

L’idea dell’Arch. Giancarlo De Carlo e dell’Ufficio Tecnico d’Ateneo era quella di realizzare un museo partendo<br />

dalle vicende storico-architettoniche dell’ex plesso monastico, legandole al contesto ed al tessuto urbano.<br />

Il Museo della Fabbrica è dunque il museo dei Benedettini, luogo che parla di se stesso, in quanto custodisce la<br />

memoria delle ingegnose tecniche e dei materiali di costruzione.<br />

Le cucine vengono costruite dall’architetto Vaccarini su due livelli: il superiore con i forni e il sottostante con<br />

destinazione di dispensa.<br />

Al piano superiore la stanza finemente decorata con vivacissime ceramiche è caratterizzata da una tribuna<br />

centrale che conteneva il piano cottura.<br />

Nel seminterrato sottostante si trovano invece i magazzini esempio di come l’architettura vince sulla colata<br />

lavica. Vaccarini infatti sfrutta il banco lavico del 1669 per realizzare un sistema reticolare e coerente senza fondazioni.<br />

Questa tecnica di costruzione lo rende resistente alle scosse sismiche.<br />

Ma non solo: trovandosi seminterrati e nord il sistema di circolo dell’aria diveniva il luogo indicato per tenere<br />

freschi gli alimenti. Tra le suggestive forme della pietra lavica si vede poi il pozzo profondo circa 32 metri.<br />

La fonte che lo alimenta è quella dell’ importante fiume Amenano, aggrottato dalle colate laviche e che scorre<br />

placido e silenziosi sotto Catania. A partire dal 1890, le cucine diventano sede dell’Osservatorio Astrofisico con<br />

il conseguente stravolgimento degli spazi.<br />

L’Osservatorio catanese, unico italiano, era stato invitato a partecipare all’attuazione del grande progetto promosso<br />

dall’ Acadèmie des Sciences de l’Istitut de France, coordinato dall’Osservatorio nazionale di Parigi; si<br />

trattava di redigere la “Carta del cielo”, un lavoro al quale parteciparono diciotto Osservatori sparsi in tutto il<br />

mondo. Azeglio Bemporad, astrofisico ebreo lavora al progetto a progetto a partire dagli trenta.<br />

Alla fine del 1938, il 14 dicembre, mentre lavora al completamento del Catalogo Astrofotografico, viene esonerato<br />

da ogni incarico in applicazione delle leggi razziali promulgate dal Governo fascista.<br />

Il Ministero rifiuta anche la sua richiesta di continuare il lavoro del Catalogo senza alcuna retribuzione. Forse è<br />

troppo tardi. Dopo l’8 settembre del ’43 Azeglio Bemporad sarà riammesso nel ruolo di direttore dell’Osservatorio<br />

catanese. Deluso e amareggiato rimane a Catania, dove muore l’11 febbraio 1945.<br />

Percorsi a cura di Officine Culturali<br />

www.officineculturali.net


@gipomontesanto<br />

@stefanove<br />

@carlotta72<br />

@belzebob<br />

@ivo71


@roccorossitto @valerina76


@belzebob<br />

@daninsgram<br />

@eikou89<br />

@francisiracusa<br />

@cicciomannino


@igerscatania<br />

@signorinapallida<br />

@terry_fox<br />

@supersten<br />

@marica_martorana


@ivo71 @ambroalifestyle


@daisy_cosentino<br />

@gipomontesanto<br />

@anto_n1c0<br />

@terry_fox<br />

@mau_cia


@supersten<br />

@eikou89<br />

@oldboycris<br />

@peppejc<br />

@gra011


@marica_martorana<br />

@fe_gi


@belzebob<br />

@stefanove<br />

@daisy_cosentino<br />

@daninsgram<br />

@andreanu


@anto_n1c0<br />

@alefairy_87<br />

@belzebob<br />

@andreanu<br />

@signorinapallida


@gipomontesanto @ambroalifestyle


@daninsgram<br />

@alexis_ekag<br />

@gipomontesanto<br />

@eikou89<br />

@daisy_cosentino


@ivo71<br />

@albertazzi85<br />

@igerssicilia<br />

@gra011<br />

@fe_gi


@daisy_cosentino<br />

@valerina76<br />

@hecyra<br />

@mau_cia<br />

@manudinazareth


@fe_gi @valerina76


@hecyra<br />

@albertazzi85<br />

@igerssicilia<br />

@oldboycris<br />

@peppejc


@carlotta72 @roccorossitto


@laurazzurra<br />

www.officineculturali.net - www.monasterodeibenedettini.it<br />

Per visualizzare le foto di <strong>#monasterocatania</strong>: www.followgram.me/tag/monasterocatania<br />

<strong>#monasterocatania</strong> è pubblicato sotto licenza creative commons CC BY-NC-ND 3.0 IT<br />

Per prendere visione della licenza http://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/deed.it<br />

In particolare modo prestare attenzione al fatto che:<br />

- non è possibile usare quest’opera per scopi commerciali<br />

- non è possibile alterare quest’opera<br />

- i proprietari delle singole foto sono gli utenti che hanno pubblicato le foto. Il loro username è riportato sulla<br />

foto o in basso ad essa.<br />

Per qualunque informazione su <strong>#monasterocatania</strong>: igerscatania@gmail.com

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!