Scarica .pdf - Centro Studi sull'opera poligonale
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L’ARCHITETTURA E LA STORIA<br />
di Daniele Baldassarre ’editoriale di Giovanni Fontana<br />
sul numero scorso ha toccato<br />
un argomento, quello delle<br />
mura poligonali, che merita in<br />
effetti sempre maggior attenzione.<br />
La loro giusta valorizzazione,<br />
il riconoscimento del loro<br />
intrinseco valore – cerchiamo<br />
da più parti di farle rientrare nel<br />
Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco<br />
– e una divulgazione<br />
concreta della loro immagine,<br />
che in tanti libri di arte e di<br />
architettura neanche compare,<br />
appaiono atti doverosi per uno<br />
tra i maggiori tesori architettonici<br />
dell’antico Latium e, in particolare,<br />
della nostra terra di<br />
Campagna e Marittima, che ne<br />
è arricchita per tutta la sua indefinita<br />
estensione: dai boschi di<br />
Trevi e Filettino a nord, fino al<br />
promontorio del Circeo a sud, da<br />
Palestrina e Castel San Pietro ad<br />
ovest, fino ad Atina ad est.<br />
Atti che potrebbero tra l’altro contribuire<br />
ad evitare i molteplici<br />
scempi (non solo le scritte di ultima<br />
generazione di cui si è tratta-<br />
to, ma anche smantellamenti di<br />
blocchi o costruzioni e superfetazioni<br />
sulle mura stesse) che sono<br />
stati avallati dalla “ignoranza”<br />
sull’argomento.<br />
Ho parlato, e in diverse sedi, di<br />
tesoro architettonico e non archeologico<br />
perché, per gran parte<br />
delle situazioni, i manufatti in<br />
opera <strong>poligonale</strong>, dopo ben oltre<br />
due millenni, sono realmente elemento<br />
attivo del tessuto urbano<br />
dei nostri abitati: proteggono non<br />
solo simbolicamente il nucleo<br />
storico; attraversiamo ogni giorno<br />
le loro porte architravate; dalle<br />
acropoli godiamo ancora, in un<br />
rapporto armonico tra costruito<br />
ed ambiente, vastissimi, superbi<br />
panorami…<br />
Non dobbiamo dunque, a mio<br />
parere, vedere simili imponenti<br />
realizzazioni come archeologici<br />
resti di un passato ormai lontano.<br />
Sono architetture che conno-<br />
I CENTRI MEGALITICI DEL<br />
LAZIO MERIDIONALE NELLA<br />
CULTURA ARCHITETTONICA<br />
DEL XIX SECOLO<br />
L’interesse ottocentesco e l’apporto degli<br />
architetti nello studio delle mura poligonali<br />
Si ringraziano l’Archivio<br />
di Stato di Frosinone,<br />
l’avv. Remo Costantini,<br />
l’arch. Wilma Laurella<br />
ed il prof. Mario Ritarossi<br />
L<br />
tano i paesi, emergenze che li<br />
identificano nel territorio; e delineano<br />
gli spazi in cui viviamo. E<br />
poi sono, o meglio potrebbero e<br />
dovrebbero essere, una reale<br />
attrattiva; e non solo quale<br />
“monumento” da visitare, ma,<br />
così come ogni opera di pubblico<br />
dominio che rappresenti un<br />
traguardo nell’arte di costruire,<br />
quale unicum qualitativo in un<br />
panorama sempre più ingombrato<br />
dalla ripetizione quantitativa<br />
di volumi anonimi.<br />
Acropoli e cinte murarie megalitiche<br />
rappresentano, per la considerevole<br />
densità numerica e per<br />
la impressionante e spesso inspiegabile<br />
capacità realizzativa,<br />
un aspetto storico-artistico che<br />
qui assume appunto carattere di<br />
TERRITORI<br />
11
La “ricostruzione ideale<br />
dell’Acropoli” di Alatri<br />
(lato sud-orientale) in<br />
base agli studi di Giovan<br />
Battista Giovenale del<br />
1895, disegno di Mario<br />
Ritarossi, 1987.<br />
particolare unicità e che oggi,<br />
opportunamente promosso, potrebbe<br />
di nuovo divenire un forte<br />
richiamo, come lo era stato<br />
nell’Ottocento, il secolo del risveglio<br />
degli studi su un tema così<br />
affascinante.<br />
Se infatti già nel Quattrocento ne<br />
aveva accennato quel viaggiatore<br />
instancabile che era Ciriaco<br />
Pizzecolli (1391-1452, forse<br />
più conosciuto come Ciriaco da<br />
Ancona); se, con riferimento a<br />
Vitruvio, era tornato a parlarne<br />
ne I Quattro Libri dell’Architettura<br />
il grande Andrea Palladio<br />
(1508-1580), citando Preneste;<br />
e se, a metà del Settecento,<br />
Giovanni Battista Piranesi ci<br />
diede con le sue magistrali<br />
acqueforti splendide immagini<br />
delle Antichità di Cora, è soprattutto<br />
dal 1792, intorno alla figura<br />
centrale di Louis Charles<br />
Francois Petit-Radel (1756-<br />
1836), che si ravvivò un forte<br />
interesse e con esso un acceso<br />
dibattito intorno a queste mura,<br />
cercando di scoprirne i realizzatori<br />
e di risalire alle datazioni.<br />
Tutto sembrò nascere quasi per<br />
caso, come racconta lo stesso<br />
Petit-Radel: «In gioventù, avevo<br />
studiato botanica ed erboristeria<br />
con M. de Jussieu ed avevo<br />
acquisito qualche conoscenza<br />
nell’arte delle costruzioni grazie<br />
al mio fratello maggiore, architetto<br />
[…]. Un giorno, proposi al<br />
cardinale de Bernis e al duca<br />
Caetani di coltivare i loro giardini<br />
secondo il metodo naturale;<br />
accettarono, e cominciò la ricerca<br />
delle piante per ogni classe. Ci<br />
serviva almeno una palma per<br />
segnare la classe ed era il chamærops<br />
humilis che volevamo di<br />
preferenza perché era il più facile<br />
da procurarsi. Non ce n’era neanche<br />
uno in tutta Roma. Il duca<br />
Caetani avendoci fatto sapere<br />
che crescevano numerosi sulle<br />
rocce della sua vecchia terra del<br />
monte Circello, decidemmo di<br />
andarci in pellegrinaggio; per<br />
convincere i miei compagni ad<br />
effettuare questo progetto, feci<br />
valere la celebrità omerica del<br />
monte Circeo. Chissà, ci disse<br />
allora il duca Caetani, se non vi<br />
troverete ancora la dimora della<br />
dea, costruita, secondo Omero,<br />
in pietre ben tagliate e lisciate?».<br />
O, come scriveva ancora<br />
nel 1862 Felice Scifoni (Dei più<br />
antichi monumenti dell’arte e<br />
della civiltà nell’Italia): «chi sa,<br />
gli soggiunse il duca, che su quel<br />
monte non discopriate ancora<br />
qualche memoria che alluda alla<br />
maga descritta da Omero? Ho<br />
udito spesso dai cacciatori, inerpicatisi<br />
per quelle balze in traccia di<br />
cavriuoli, che colassù sono muraglie<br />
che pajono più vetuste delle<br />
romane […] e il Petit-Radel si<br />
partiva in compagnia di due<br />
architetti, l’uno messicano, l’altro<br />
francese».<br />
Iniziò dunque così il “pellegrinaggio”<br />
da tutto un mondo di architetti,<br />
artisti, archeologi, protrattosi<br />
per un intero secolo!<br />
A cominciare da Edward Dodwell<br />
(1767-1832, di origine irlande-<br />
se) che aveva intrapreso due<br />
viaggi nell’antica Grecia tra il<br />
1801 e il 1806 (con l’artista<br />
Simone Pomardi, 1760-1830);<br />
di ritorno si fermò a Ferentino,<br />
dove incontrò Marianna Candidi<br />
Dionigi (1757-1826), proprio<br />
mentre questa stava riprendendo<br />
dal vero la “porta segreta della<br />
Cittadella”. Dai disegni di Dodwell<br />
abbiamo le tante litografie<br />
stampate nel 1834 da Charles<br />
Joseph Hullmandel (1789-<br />
1850); invece della Dionigi ben<br />
sappiamo l’apporto per la diffusione<br />
della conoscenza delle<br />
“Città di Saturno”, in Europa ed<br />
in America! Non è tra l’altro da<br />
escludere l’ipotesi che lo stesso<br />
John Izard Middleton (1785-<br />
1849), giovane artista della<br />
Carolina del Sud che visitò e<br />
ritrasse Alatri, Cori e Segni tra il<br />
1808 e il 1809, fosse già a<br />
conoscenza del coevo lavoro<br />
della pittrice-archeologa romana.<br />
Sir William Gell (1777-1836),<br />
che era stato in Grecia con<br />
Dodwell nel primo viaggio, ci ha<br />
lasciato tra l’altro un raro disegno<br />
di quel che restava delle mura di<br />
Sora agli inizi degli anni ’30. Ma<br />
l’elencazione di artisti e studiosi<br />
sarebbe troppo lunga; basti qui<br />
citare un sommo illustratore<br />
quale Edward Lear (1812-<br />
1888), londinese; l’ormai consacrato<br />
storico di questi luoghi del<br />
Lazio, il polacco-prussiano Ferdinand<br />
Gregorovius (1821-1891);<br />
e poi Rodolfo Fonteanive; l’archeologo<br />
tedesco Hermann<br />
Winnefeld (1862-1918) cui si<br />
deve un preciso rilievo delle mura<br />
di Alatri, pubblicato nel 1889;
fino al famoso archeologo e fotografo<br />
inglese Thomas Ashby<br />
(1874-1931), che aveva archiviato<br />
tantissime, suggestive immagini<br />
in bianco e nero già dagli<br />
ultimi anni del secolo.<br />
Con questo articolo vorremmo<br />
piuttosto sollecitare una più<br />
approfondita ricerca sull’apporto<br />
degli architetti nello studio<br />
delle mura poligonali. Esporremo<br />
per ora quanto fin qui<br />
raccolto, sperando in altre notizie<br />
e collaborazioni da parte di<br />
colleghi e lettori!<br />
Ecco dunque alcuni tra gli architetti<br />
che fanno parte di questa<br />
“lista di visitatori” e che, in diversi<br />
casi, hanno a loro volta arricchito<br />
i centri storici nei dintorni.<br />
Cronologicamente il primo nome<br />
è quello di Joseph Subleyras, che<br />
arrivò nella nostra terra proprio<br />
nell’ultimo ventennio del Settecento<br />
e che quindi aveva probabilmente<br />
potuto ammirare le<br />
“mura ciclopiche” ancor prima<br />
del Petit-Radel. A Boville Ernica,<br />
dov’è presente un bel terrazzamento<br />
in <strong>poligonale</strong> in località<br />
Monte del Fico (o Le Murelle),<br />
progettò la facciata della Collegiata<br />
di San Michele Arcangelo;<br />
mentre a Veroli, dove le mura<br />
salgono fino alla Torre di San<br />
Leucio presentando tre posterule,<br />
ridisegnò la Porta Romana. Ma è<br />
ad Alatri che operò in ben più<br />
stretto contatto con l’opera “ciclopea”,<br />
dando un nuovo prospetto<br />
ad un’altra Porta Romana<br />
(quella oggi chiamata Porta San<br />
Francesco), con un arco bugnato<br />
incastonato tra i blocchi originali,<br />
e poi soprattutto progettando la<br />
facciata della Cattedrale (realizzata<br />
fra il 1790 e il 1808; ma<br />
completata, con l’aggiunta del<br />
timpano e dell’attico, solo nel<br />
1884-86 su progetto dell’arch.<br />
Giulio Pitocchi), proprio sulla<br />
spianata dell’Acropoli. Luogo<br />
questo che venne nel frattempo<br />
rilevato (1803), dal mantovano<br />
Luigi Campovecchio (già progettista<br />
della chiesa di San Pietro a<br />
Villa Santo Stefano, scomparso<br />
nel 1804?). In base a tali rilievi<br />
egli ne realizzò poi la planimetria,<br />
insieme a quella dell’Acropoli<br />
di Ferentino, che, come<br />
scrive la stessa Candidi<br />
Dionigi, fu «da me fatta ricavare<br />
dal Sig. Campovecchio Architetto,<br />
anche col mezzo di varj<br />
scavi». Del resto la Dionigi<br />
anche ad Anagni, pur delusa di<br />
non aver trovato alcuna traccia<br />
di mura poligonali, non mancò<br />
di far rilevare quello splendido<br />
episodio nella cinta urbana costituito<br />
dagli Arcazzi di Piscina.<br />
Dieci anni dopo troviamo Giorgio<br />
Grognet de Vassé (Malta, 1774-<br />
1862), famoso per essere l’autore<br />
della chiesa di Santa Maria<br />
(la “Rotunda”) a Mosta (Malta)<br />
la cui cupola di 40 m di diametro<br />
è una delle più grandi al mondo.<br />
Egli disegnò, tra i primi, le mura<br />
e la porta di Circei fatte riportare<br />
- appunto nel 1813 - in incisione<br />
allo specialista Pietro Ruga da<br />
Agricol Joseph François marchese<br />
de Fortia D’Urban.<br />
Nel 1826 Luigi Rossini (1790-<br />
1875), “architetto ravennate<br />
già pensionato del Regno Italico”,<br />
come si firmava, pubblicò il<br />
suo Le Antichità dei contorni di<br />
Roma ossia le più famose città<br />
del Lazio da cui è tratta la tavola<br />
del “Ristauro del Tempio della<br />
Fortuna Prenestina”. Dopo aver<br />
appunto vinto il premio nel con-<br />
Ferentino, “Another<br />
Gate at Ferentinum”.<br />
Posterula presso Porta<br />
S. Agata. Litografia<br />
di Charles Joseph<br />
Hullmandel per il libro di<br />
Edward Dodwell, 1834.<br />
TERRITORI<br />
13
Anagni, “Avanzo di un<br />
Edificio Romano detto<br />
il Teatro”, disegno<br />
di Marianna Candidi<br />
Dionigi inciso da<br />
Vincenzo Feoli, 1809.<br />
In basso: Segni,<br />
"Carovana Italiana"<br />
(Capriccio architettonico),<br />
Weller pinxit - Krause<br />
sculpsit, Stampa inglese,<br />
1870 ca.<br />
14 TERRITORI<br />
corso del Regno Italico per l’Architettura<br />
egli lasciò Bologna,<br />
dove aveva studiato, e raggiunse<br />
Roma dando vita a quelle raccolte<br />
di acqueforti che lo hanno reso<br />
famoso e nelle quali non di rado<br />
scorgiamo mura “ciclopiche”.<br />
Attorno al 1829 Giovanni Knapp,<br />
architetto tedesco anche egli,<br />
come Rossini, referente a Roma<br />
dell’Instituto di Corrispondenza<br />
Archeologica, disegnava invece<br />
la pianta e la Porta di Norba detta<br />
Porta Romana.<br />
Proprio negli Annali dell’Istituto<br />
del ’29 (primo fascicolo) troviamo<br />
una interessante lettera di<br />
Dodwell al direttore Odoardo<br />
Gerhard: «Avendo passato qualche<br />
giorno a Terracina nello scorso<br />
mese di gennaro, per osservare<br />
le remotissime antichità di<br />
quei contorni, ho riveduto più accuratamente<br />
nel luogo detto ora<br />
Monticchio le mura di una fabbrica<br />
ciclopea, che io fin dal<br />
1810 avea disegnato. Non abbastanza<br />
appagato delle mie<br />
osservazioni riguardo a questa<br />
fabbrica, vi feci ritorno nel successivo<br />
mese di marzo; ed avendone<br />
scoperto in vicinanza<br />
un’altra pure grandiosa ed interessante<br />
detta Salisano, non<br />
mancai di ripassarvi nell’ultimo<br />
mio giro per le provincie di Marittima<br />
e Campagna, e di Terra di<br />
lavoro. Fu in questa epoca<br />
appunto, che il sig. Virginio Vespignani<br />
di Roma già conosciuto<br />
per la sua esattezza nell’arte<br />
che professa, disegnò scrupolosamente<br />
lo stile caratteristico di<br />
queste fabbriche rilevandone le<br />
piante, e le misure...».<br />
Il Vespignani (1808-1882) fu<br />
dunque particolarmente attivo<br />
nello studio e nei rilievi delle<br />
mura poligonali: oltre ad accompagnare<br />
a tal fine sempre Dodwell,<br />
nel viaggio alla scoperta<br />
del Cicolano nel 1830 (viaggio<br />
che fu fatale all’archeologo:<br />
ammalatosi morì due anni dopo),<br />
egli operò sicuramente anche<br />
a Ferentino.<br />
E forse sarebbe da mettere meglio<br />
in luce l’importanza della<br />
sua presenza al fianco di Edward<br />
Dodwell. Due anni dopo la scomparsa<br />
di quest’ultimo, il volume<br />
Views and Descriptions of Cyclopian<br />
or Pelasgic Remains in<br />
Italy and Greece venne pubblicato<br />
a Londra e Parigi con numerose<br />
illustrazioni, curate come<br />
abbiamo accennato dal famoso<br />
litografo londinese Hullmandel.<br />
Con ogni probabilità, di tali litografie,<br />
quelle riguardanti i nostri<br />
centri furono ricavate anche in
ase ai disegni originali di<br />
Vespignani. Infatti, come ha segnalato<br />
Anna Maria Ramieri, in<br />
un fascicolo (Mss. Lanciani<br />
125/15, Biblioteca dell’Istituto<br />
Nazionale di Archeologia e<br />
Storia dell’Arte) dello stesso<br />
architetto sono elencati tutti i<br />
disegni riuniti dopo il 1832 per<br />
illustrare l’opera postuma del<br />
viaggiatore-archeologo.<br />
A proposito del Cicolano, già nel<br />
1809 l’architetto Giuseppe Simelli,<br />
di Stroncone, era stato incaricato<br />
dall’Académie des Inscriptions<br />
et des Belles Lettres<br />
di Parigi, di nuovo attraverso<br />
l’infaticabile abate Petit-Radel,<br />
di rilevare i monumenti “nella<br />
Sabina e ne’ contorni del lago<br />
di Fucino”.<br />
Nel 1836 un allora giovane<br />
Carlo Promis (1808-1873), che<br />
a Roma aveva frequentato Antonio<br />
Nibby, Carlo Fea e Luigi<br />
Canina, in un libro dal titolo Le<br />
antichità di Alba Fucense negli<br />
Equi misurate ed illustrate dall’ar-<br />
chitetto Carlo Promis scriveva:<br />
«Io credo che la fondazione di<br />
Alba si debba attribuire ai Pelasgi…»,<br />
accomunando così le<br />
origini di questo importante sito<br />
nel Samnium con quelle leggendarie<br />
dei centri nel nostro Latium.<br />
Tornato a Torino, dal 1843 al<br />
1869 Promis ricoprì la cattedra<br />
di Architettura Civile presso la<br />
Scuola di Applicazione degli<br />
Ingegneri di Torino - in seguito<br />
alla nomina ricevuta direttamente<br />
da Carlo Alberto - e fu autore<br />
di importanti interventi nella<br />
città.<br />
Pure il citato Luigi Canina, l’autore<br />
di Villa Borghese a Roma e<br />
promotore di scavi al Tuscolo, si<br />
era interessato al tema, ed aveva<br />
scritto di Norba, Signia, Circei nel<br />
nono tomo della sua ponderosa<br />
opera L’Architettura Antica descritta<br />
e dimostrata coi Monumenti,<br />
edito nel 1842.<br />
Questi anni iniziali del decennio<br />
furono però molto importanti<br />
in particolare per l’originaria<br />
Aletrium.<br />
Andreas Cellarius:<br />
“LATIUM Italiae<br />
antiquae pars”,<br />
incisione in rame da<br />
“Geographia Antiqua”,<br />
1745.<br />
TERRITORI<br />
15
"Mont Circé, dessiné<br />
par Grognet - gravé<br />
par Ruga", Tavola II<br />
allegata al libro di<br />
M. De Fortia D'Urban<br />
"Discours sur les<br />
murs saturniens ou<br />
ciclopéens", Roma<br />
1813.<br />
In basso, "Pianta<br />
Topografica di Arpino",<br />
Marianna Candidi<br />
Dionigi dis. - Vincenzo<br />
Feoli inc., da "Viaggio<br />
in alcune Città del<br />
Lazio...", Roma 1809.<br />
16 TERRITORI<br />
I disegni acquarellati dell’ingegnere<br />
Pompeo Orlandi, del<br />
1839, e la relazione dell’ingegner<br />
Antonio Martinelli, del<br />
1842, conservati all’Archivio di<br />
Stato di Frosinone, sono chiara<br />
prova di una serie di lavori che si<br />
occuparono non soltanto della<br />
catalogazione, quanto di una<br />
prima reale salvaguardia e conservazione<br />
della cinta urbana e<br />
delle sue Porte e poi dell’importantissima<br />
Acropoli.<br />
Qui il più evidente cambiamento<br />
si ebbe infatti nel 1843 con la<br />
realizzazione della Via Grego-<br />
riana, resa possibile in dieci giorni,<br />
come raccontano le cronache,<br />
dal volontariato di circa<br />
duemila cittadini; essi dissotterrarono<br />
e ripulirono le mura, rendendole<br />
totalmente accessibili<br />
con il nuovo tracciato stradale,<br />
in vista della visita papale di<br />
Gregorio XVI.<br />
Ma ancora sul finire del secolo,<br />
nel 1895, un altro personaggio<br />
di primo piano, che in quegli anni<br />
ricopriva la carica di Direttore<br />
dell’Ufficio regionale per la conservazione<br />
dei monumenti, Giovan<br />
Battista Giovenale (Roma,<br />
1849-1934, caposcuola del Barocchetto<br />
romano e progettista<br />
del Grand Hotel di Fiuggi, inaugurato<br />
nel 1910), sentì fortissima<br />
l’attrazione delle mura poligonali<br />
e dell’Acropoli di Alatri.<br />
Egli la studiò a fondo, restituendone<br />
anche in dieci curate tavole<br />
una ricostruzione di quello che<br />
poteva essere l’aspetto iniziale.<br />
E proprio lui concluse idealmente<br />
il dibattito che, con posizioni<br />
spesso in forte contrasto su autori<br />
e datazioni delle mura, si era<br />
dunque protratto per tutto l’Ottocento:<br />
con una dissertazione nel
1899, I monumenti preromani<br />
del Lazio, poi edita in volume<br />
nell’anno 1900.<br />
Siamo così arrivati al secolo scorso,<br />
del quale contiamo di occuparci<br />
in un prossimo articolo, confidando<br />
nella collaborazione di<br />
altri studiosi e lettori appassionati<br />
alla tematica.<br />
Concludiamo ora con un augurio:<br />
che l’inizio di questo terzo<br />
millennio porti ad un rinnovato<br />
interesse e ad una maggiore<br />
visibilità di tali capolavori. Confortati<br />
anche dall’impegno che,<br />
proprio in questi mesi, sembra<br />
contraddistinguere alcune amministrazioni,<br />
come quella di<br />
Ferentino, che sta lavorando<br />
per riqualificare ampi tratti di<br />
mura tra Porta Sant’Agata e<br />
Porta Casamari, o quella di Alatri,<br />
il cui Assessorato alla Cultura<br />
sta cercando di organizzare<br />
un convegno internazionale per<br />
il prossimo anno, in occasione<br />
del bicentenario della prima edizione<br />
di Viaggi in alcune Città<br />
del Lazio che diconsi fondate da<br />
Re Saturno, il fondamentale<br />
contributo di Marianna Candidi<br />
Dionigi. T<br />
TERRITORI<br />
Progetto di riparazione<br />
di un tratto delle mura<br />
ciclopiche di Alatri,<br />
vicino la porta detta<br />
Portatini. Frosinone,<br />
22 novembre 1839.<br />
Delegazione Apostolica,<br />
b. n. 122 - Archivio<br />
di Stato di Frosinone.<br />
Su concessione del<br />
Ministero dei Beni<br />
e le Attività Culturali.<br />
Concessione n. 2.<br />
Divieto di ulteriore<br />
riproduzione.<br />
In basso: Luigi Rossini,<br />
“Ristauro del Tempio<br />
della Fortuna<br />
Prenestina”, incisione<br />
all'acquaforte tratta<br />
dal libro “Le antichità<br />
dei contorni di Roma,<br />
ossia Le più famose<br />
città del Lazio”, 1826.<br />
17