5° DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C) - Undicesima Ora

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03.04.2013 Views

DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C) Colore liturgico: Viola Antifona d'ingresso Fammi giustizia, o Dio, e difendi la mia causa contro gente senza pietà; salvami dall’uomo ingiusto e malvagio, perché tu sei il mio Dio e la mia difesa. (Sal 43,1-2) Colletta Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi. Egli è Dio e vive e regna con te... Prima lettura Is 43,16-21 Ecco, faccio una cosa nuova e darò acqua per dissetare il mio popolo. Dal libro del profeta Isaia Così dice il Signore, che offrì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti, che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi insieme; essi giacciono morti: mai più si rialzeranno; si spensero come un lucignolo, sono estinti: “Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa. Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa, per dissetare il mio popolo, il mio eletto. Il popolo che io ho plasmato per me celebrerà le mie lodi”. Parola di Dio Salmo responsoriale Sal 125 Grandi cose ha fatto il Signore per noi. Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion, ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si aprì al sorriso, la nostra lingua si sciolse in canti di gioia. Allora si diceva tra i popoli: “Il Signore ha fatto grandi cose per loro”.

<strong>5°</strong> <strong>DOMENICA</strong> <strong>DI</strong> <strong>QUARESIMA</strong> (<strong>ANNO</strong> C)<br />

Colore liturgico: Viola<br />

Antifona d'ingresso<br />

Fammi giustizia, o Dio, e difendi la mia causa<br />

contro gente senza pietà;<br />

salvami dall’uomo ingiusto e malvagio,<br />

perché tu sei il mio Dio e la mia difesa. (Sal 43,1-2)<br />

Colletta<br />

Vieni in nostro aiuto, Padre misericordioso,<br />

perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità,<br />

che spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi.<br />

Egli è Dio e vive e regna con te...<br />

Prima lettura<br />

Is 43,16-21<br />

Ecco, faccio una cosa nuova e darò acqua per dissetare il mio popolo.<br />

Dal libro del profeta Isaia<br />

Così dice il Signore,<br />

che offrì una strada nel mare<br />

e un sentiero in mezzo ad acque possenti,<br />

che fece uscire carri e cavalli,<br />

esercito ed eroi insieme;<br />

essi giacciono morti: mai più si rialzeranno;<br />

si spensero come un lucignolo, sono estinti:<br />

“Non ricordate più le cose passate,<br />

non pensate più alle cose antiche!<br />

Ecco, faccio una cosa nuova:<br />

proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?<br />

Aprirò anche nel deserto una strada,<br />

immetterò fiumi nella steppa.<br />

Mi glorificheranno le bestie selvatiche,<br />

sciacalli e struzzi,<br />

perché avrò fornito acqua al deserto,<br />

fiumi alla steppa,<br />

per dissetare il mio popolo, il mio eletto.<br />

Il popolo che io ho plasmato per me<br />

celebrerà le mie lodi”.<br />

Parola di Dio<br />

Salmo responsoriale<br />

Sal 125<br />

Grandi cose ha fatto il Signore per noi.<br />

Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion,<br />

ci sembrava di sognare.<br />

Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,<br />

la nostra lingua si sciolse in canti di gioia.<br />

Allora si diceva tra i popoli:<br />

“Il Signore ha fatto grandi cose per loro”.


Grandi cose ha fatto il Signore per noi,<br />

ci ha colmati di gioia.<br />

Riconduci, Signore, i nostri prigionieri,<br />

come i torrenti del Negheb.<br />

Chi semina nelle lacrime<br />

mieterà con giubilo.<br />

Nell’andare, se ne va e piange,<br />

portando la semente da gettare,<br />

ma nel tornare, viene con giubilo,<br />

portando i suoi covoni.<br />

Seconda lettura<br />

Fil 3,8-14<br />

Per Cristo, tutto io reputo una perdita, diventando a lui conforme nella morte.<br />

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi<br />

Fratelli, tutto io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per<br />

il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di<br />

essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in<br />

Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede.<br />

E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue<br />

sofferenze, diventandogli conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti.<br />

Non però che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione; solo mi sforzo di correre<br />

per conquistarlo, perché anch’io sono stato conquistato da Gesù Cristo.<br />

Fratelli, io non ritengo ancora di esservi giunto, questo soltanto so: dimentico del passato e proteso verso il<br />

futuro, corro verso la meta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.<br />

Parola di Dio<br />

Acclamazione al Vangelo (Ez 33,11)<br />

Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio!<br />

Io non voglio la morte del peccatore,<br />

ma che si converta e viva.<br />

Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio!<br />

Vangelo<br />

Gv 8,1-11<br />

Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei<br />

+ Dal Vangelo secondo Giovanni<br />

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il<br />

popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.<br />

Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono:<br />

“Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. <strong>Ora</strong> Mosè, nella legge, ci ha comandato di<br />

lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”. Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che<br />

accusarlo.<br />

Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra.<br />

E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: “Chi di voi è senza peccato, scagli per<br />

primo la pietra contro di lei”. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono<br />

uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.<br />

Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha<br />

condannata?”. Ed essa rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù le disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in<br />

poi non peccare più”.


Parola del Signore<br />

Preghiera sulle offerte<br />

Esaudisci, Signore, le nostre preghiere:<br />

tu che ci hai illuminati con gli insegnamenti della fede,<br />

trasformaci con la potenza di questo sacrificio.<br />

Per Cristo nostro Signore.<br />

PREFAZIO <strong>DI</strong> <strong>QUARESIMA</strong> V<br />

La via dell’esodo nel deserto quaresimale<br />

È veramente giusto benedire il tuo nome,<br />

Padre santo, ricco di misericordia,<br />

nel nostro itinerario verso la luce pasquale<br />

sulle orme di Cristo,<br />

maestro e modello dell’umanità riconciliata nell’amore.<br />

Tu riapri alla Chiesa la strada dell’esodo<br />

attraverso il deserto quaresimale,<br />

perché ai piedi della santa montagna,<br />

con il cuore contrito e umiliato,<br />

prenda coscienza della sua vocazione di popolo dell’alleanza,<br />

convocato per la tua lode nell’ascolto della tua parola,<br />

e nell’esperienza gioiosa dei tuoi prodigi.<br />

Per questi segni di salvezza,<br />

insieme agli angeli, ministri della tua gloria,<br />

proclamiamo nel canto la tua lode: Santo...<br />

Antifona di comunione<br />

“Donna, nessuno ti ha condannata?”.<br />

“Nessuno, Signore”.<br />

“Neppure io ti condanno; d’ora in poi non peccare più”. (Gv 8,10-11)<br />

Preghiera dopo la comunione<br />

Dio onnipotente, concedi a noi tuoi fedeli<br />

di essere sempre inseriti come membra vive nel Cristo,<br />

poiché abbiamo comunicato al suo corpo e al suo sangue.<br />

Per Cristo nostro Signore.<br />

1° Lettura (Is 43, 16-21)<br />

Ecco, faccio una cosa nuova.<br />

C O M M E N T I<br />

DON CLAU<strong>DI</strong>O DOGLIO<br />

Nella prima lettura di oggi Isaia, con belle immagini, ha il compito di far rinascere la speranza.<br />

Il popolo ebraico è stato deportato in Babilonia ed il profeta ha il compito di ricordare la bontà di Dio e la<br />

sua fedeltà alle promesse.<br />

I Giudei sognano il loro passato glorioso ed il profeta li invita a rivolgersi verso l’avvenire.<br />

I primi successi di Ciro, il grande re persiano, cominciavano ormai a farsi sentire fra i popoli vicini ed erano<br />

sul punto di influire profondamente sugli oppressi di Babilonia.<br />

Tutti lo vedevano, ma solo il secondo Isaia, il grande profeta dell’esilio, comprenderà la portata e il senso<br />

teologico dei fatti.


Mentre tutti i profeti pre-esilio si presentavano come i difensori di Dio, accusavano il popolo dei suoi<br />

misfatti e predicevano il castigo, il secondo Isaia annuncia: “Io cancello i tuoi misfatti”; Yahveh ha<br />

perdonato il suo popolo.<br />

Ciro è il nuovo strumento di cui Yahveh si serve per liberare il suo popolo; gli Israeliti devono ancora<br />

sperare.<br />

Chiaramente questa profezia lascia trasparire un chiaro significato messianico.<br />

Una promessa così grandiosa e tanta generosità potevano anche essere intese male.<br />

Gli esiliati potevano arrivare a pensare che tutto questo fosse un giusto premio alla loro situazione presente:<br />

potevano confondere la generosità divina con i meriti umani e giungere addirittura a gloriarsi delle loro<br />

opere.<br />

Nulla sarebbe stato più falso e disastroso.<br />

Gli Israeliti hanno dato molestia, hanno stancato Yahveh con i loro peccati e le loro iniquità.<br />

Ma Yahveh perdona.<br />

Il bene che è promesso al popolo, la salvezza che riceveranno, l’ordine nuovo che sarà instaurato e del quale<br />

essi saranno i primi beneficiari, tutto è opera esclusiva dell’amore generoso di Dio, per esigenza di<br />

quell’essenza divina che è amore.<br />

Dio, come aveva liberato gli Ebrei dalla schiavitù dell’Egitto superando l’ostacolo del mare, così ora libererà<br />

il suo popolo e lo riporterà nella sua terra tracciando nel deserto una strada sicura.<br />

Tuttavia questo ritorno deve assumere una nuova forma: deve essere contrassegnato dalla conversione<br />

morale.<br />

La quaresima non è solo contrizione, non è solo evocazione di un peccato che incombe e umilia l’uomo, è<br />

anche e soprattutto speranza gioiosa di liberazione, è perdono fonte di pace, è tensione verso un futuro<br />

diverso.<br />

Questo suggerisce la 1° lettura di oggi che si apre con un quadro del passato (vv.16-17); la classica,<br />

grandiosa liberazione dall’Egitto è evocata attraverso le acque impetuose del Mar Rosso e nella distesa di<br />

cadaveri egiziani simili a lucignoli spenti per sempre.<br />

Ma la storia della salvezza non è fuga nostalgica nel passato, non è riposo su un ricordo sicuro di salvezza, è<br />

soprattutto speranza, cammino verso Gerusalemme, verso il compimento delle promesse.<br />

Il popolo di Israele, infatti, oppresso nell’esilio di Babilonia, è raggiunto da un annuncio sorprendente di<br />

salvezza: la liberazione è imminente, ci sarà un nuovo esodo che farà impallidire il ricordo del primo.<br />

Nel deserto dell’umana disperazione Dio è sempre capace di far germogliare la speranza: “non ricordate più<br />

le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova...”.<br />

Dimenticate tutti i grandi fatti storici del passato perché, in realtà, lo dimenticherete quando i vostri occhi<br />

contempleranno quello che Yahveh sta per fare.<br />

Quella liberazione non sarà altro che l’ombra di quella che il vostro Dio compirà ora a vostro favore.<br />

*<br />

L’annuncio di salvezza si sviluppa avendo come sfondo gli inni di lode.<br />

18-19a. L’appello a non ricordare “le cose passate” si riferisce agli interventi salvifici del Signore (cfr. 41,<br />

22; 43, 9), che si sintetizzano teologicamente nel prodigio dell’esodo (vv.16-17).<br />

La richiesta ha certamente una senso retorico, poiché il profeta richiama spesso questi eventi e in 46, 9<br />

chiede esplicitamente che siano ricordati.<br />

La memoria degli eventi salvifici, infatti, è autentica ed efficace quando sprigiona la fiducia nel Salvatore e<br />

rinnova la speranza in un futuro nuovamente raggiunto dalla potenza divina (Dt 7, 17-19).<br />

2° Lettura ( Fil 3, 8-14 )<br />

Tutto perde valore di fronte a Gesù Cristo<br />

Nella seconda lettura di oggi, dalla lettera di san Paolo ai Filippesi, l’apostolo ha appena finito di ricordare il<br />

suo passato di ebreo pio e fervente, convinto di ottenere la salvezza per lo zelo e la dedizione rigorosa alle<br />

leggi dei Padri.<br />

Ma dopo che Gesù l’ha afferrato dando un nuovo significato alla sua vita, Paolo si è trasformato, considera<br />

spazzatura tutti i privilegi della sua vita passata e tra questi anche la legge alla quale aveva rigorosamente<br />

obbedito.<br />

Ha perso di vista tutto il resto, non vede altro che Cristo.


Avendo intuito il vero rapporto con il Dio d’amore, non ha altro pensiero che servirlo ed imitarlo.<br />

<strong>Ora</strong> non è più incentrato su se stesso, ma sul Cristo e si sente vivificato da questa nuova realtà che implica<br />

una attenzione continua.<br />

Paolo presenta la vita cristiana come una corsa verso la meta, verso la più perfetta possibile imitazione di<br />

Cristo e, in quella corsa, una volta partiti, non ci si può più fermare.<br />

L’apostolo, sulla sua pelle, ha compreso che per acquistare la fede, per arrivare all’ “essere in Cristo”, i<br />

privilegi non servono assolutamente, davanti a Cristo tanto vale un giudeo con un passato glorioso quanto un<br />

gentile giunto all’ultima ora: “Dio può far nascere figli di Abramo anche da queste pietre” (Lc 3, 8b).<br />

Per Paolo, il dotto rabbino formato alla migliore scuola di Gerusalemme, la nuova fede era un nuovo<br />

“conoscere” non puramente intellettuale e astratto, ma animato da un dinamismo concreto ed efficiente come<br />

la “Sapienza” dei libri sapienziali, che crea.<br />

Così la nuova conoscenza di Cristo esigeva che Paolo, il vecchio dottore fariseo, facesse piazza pulita di tutti<br />

i titoli accademici ed entrasse come un novizio nella scuola del nuovo maestro “per il quale ha lasciato<br />

perdere tutte queste cose”.<br />

Non tenne conto della sua scienza biblica e rabbinica, e arrivò a “considerare tutte queste cose come<br />

spazzatura” al fine di guadagnare Cristo.<br />

L’idea fondamentale di Paolo è questa: Dio è più che la legge.<br />

Dio è più che la Bibbia.<br />

Tanto i giudei allora, come i cristiani più tardi, sono caduti nella tentazione di deificare in qualche modo la<br />

Bibbia trasformandola in una specie di surrogato di Dio.<br />

Dio “era ormai detto e fatto” nelle pagine della Bibbia.<br />

Paolo dice esattamente il contrario: Dio è sempre più grande dell’uomo e di tutta la Chiesa, perciò egli non si<br />

considera come un arrivato, ma piuttosto come uno che sta correndo e in questa corsa non perde tempo per<br />

vedere quello che avviene alle sue spalle, ma “dimentico del passato e proteso verso il futuro”, si lancia<br />

dinamicamente sulla via che gli resta da percorrere.<br />

In concreto si tratta di camminare verso una comunione sempre più piena con Cristo, unico vero valore.<br />

Allora la perdita di tutto ciò che non è Cristo si risolve in guadagno, contrariamente a quanto può sembrare.<br />

Vangelo (Gv 8, 1-11)<br />

“Và e d’ora in poi non peccare più”<br />

Il brano di oggi è quello dell’adultera che per la legge mosaica deve essere lapidata.<br />

Scribi e farisei, zelanti custodi della tradizione, contrari ad ogni possibilità di perdono, tutori implacabili<br />

della pubblica moralità, desiderosi solo di far brillare lo splendore immacolato della loro superiorità morale,<br />

erano ansiosi di attirare Gesù in un tranello giuridico che lo squalificasse; se permette l’applicazione della<br />

legge prevista si allontanerà dalla gente che frequenta, se perdona si mette in contraddizione con la legge.<br />

Presi alla sprovvista dalla reazione di Gesù, nessuno osa dichiararsi senza peccato perché con ciò avrebbe<br />

smentito la Sacra Scrittura secondo la quale nessun uomo è innocente.<br />

Con realismo ed ironia il vangelo mette in luce la situazione dell’uomo: egli è tanto più peccatore quanto più<br />

è avanzato in età e non può perciò arrogarsi il diritto di giudicare lo sbaglio di un fratello.<br />

Gesù non condanna, ma con ciò non minimizza il peccato dell’adultera, tanto che dice: “ Va e d’ora in poi<br />

non peccare più ”.<br />

Egli manifesta invece la sua misericordia e perdona perché crede nella possibilità di conversione per<br />

ciascuno di noi.<br />

Gesù dà perciò fiducia alla donna che lascia trasparire un giustificato ed umile senso di gratitudine.<br />

Dio non vuole la morte del peccatore, ma che questi invece si converta e viva.<br />

Con Gesù c’è un cambiamento di prospettiva.<br />

La peccatrice non è più vista con gli occhi legalistici della legge, utilizzata solo come pezza giustificativa di<br />

un potere oppressivo per punire i peccati, ma con gli occhi della misericordia di Dio che offre la legge come<br />

indicazione per percorrere una strada di giustizia e libertà, e non come mezzo di limitazione o punizione, ma<br />

offre, sempre e a tutti, il tempo e la possibilità di pentirsi.<br />

È una illustrazione pratica della vita e della missione di Gesù che non venne a giudicare, ma a salvare il<br />

mondo.<br />

Dice luminosamente Agostino: “Relicti sunt duo: misera et misericordia” : Sono rimasti in due: quella donna<br />

misera e la misericordia per eccellenza, cioè il Cristo.


E il dialogo che si apre tra i due è essenziale e decisivo.<br />

In poche battute si trasforma nella celebrazione della conversione e del perdono, i due temi centrali della<br />

liturgia quaresimale.<br />

Quel perdono è una liberazione totale e, più di ogni altra rigida giustizia, serve a creare nel cuore della<br />

persona peccatrice l’inizio di un genuino “non peccare più”.<br />

«Gesù entra nella situazione concreta e storica della donna, situazione che è gravata dall’eredità del peccato.<br />

Questa eredità si esprime tra l’altro nel costume che discrimina la donna in favore dell’uomo ed è radicata<br />

anche dentro di lei (Gn 3, 16).<br />

Gesù alla fine le dice: “Non peccare più, ma prima egli provoca la consapevolezza del peccato negli uomini<br />

che l’accusano per lapidarla, manifestando così quella sua profonda capacità di vedere secondo verità le<br />

coscienze e le opere umane.<br />

Gesù sembra dire agli accusatori: questa donna con tutto il suo peccato non è forse anche, e prima di tutto,<br />

una conferma delle vostre trasgressioni, della vostra ingiustizia “maschile”? dei vostri abusi? È questa una<br />

verità valida per tutto il genere umano.<br />

Il fatto riportato nel Vangelo di Giovanni si può ripresentare in innumerevoli situazioni analoghe in ogni<br />

epoca della storia.<br />

Una donna viene lasciata sola, è esposta all’opinione pubblica con “il suo peccato”, mentre dietro questo<br />

“suo” peccato si cela un uomo come peccatore, colpevole per il “peccato altrui”, anzi corresponsabile di<br />

esso.<br />

Eppure, il suo peccato sfugge all’attenzione, passa sotto silenzio: appare non responsabile per il “peccato<br />

altrui”! A volte si fa addirittura accusatore, come nel caso descritto, dimentico dei propri peccati (o forse<br />

anche invidioso di non essere stato lui complice del peccato? n.d.r.).<br />

Quante volte, in modo simile, la donna paga per il proprio peccato (può darsi che sia lei, in certi casi,<br />

colpevole per il peccato dell’uomo come “peccato altrui”), ma paga essa sola, e paga da sola! Quante volte<br />

essa rimane abbandonata con la sua maternità, quando l’uomo, padre del bambino, non vuole accettarne la<br />

responsabilità?» (Mulieris Dignitatem 14)<br />

Verità, bonta, giustizia e misericordia<br />

AGOSTINO<br />

Comment. in Ioan., 33, 4-8<br />

Considerate ora in qual modo la bontà del Signore fu posta alla prova dai suoi nemici. "Allora gli<br />

scribi e i farisei conducono una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero. «Maestro,<br />

questa donna è stata colta in adulterio. <strong>Ora</strong> Mosè nella legge ci ha comandato di lapidare tali donne: tu che ne<br />

dici?». E questo dicevano per metterlo alla prova, in modo da poterlo accusare" (Gv 8,3-6).<br />

Accusarlo di cosa? Forse avevano colto anche lui in qual che delitto?... E siccome i suoi nemici,<br />

per invidia e per rabbia, non riuscivano a sopportare queste due qualità, cioè la sua dolcezza e la sua verità,<br />

cercarono allora di tendergli un tranello sulla terza, cioè sulla giustizia. In qual modo?<br />

La legge comandava che gli adulteri dovevano essere lapidati, e la legge non poteva comandare ciò<br />

che non era giusto: se qualcuno si opponeva a un precetto della legge, veniva accusato di prevaricazione. I<br />

Giudei avevano pensato tra sé: egli è ritenuto amico della verità e appare mansueto; dobbiamo cercare di<br />

coglierlo in fallo sulla giustizia: presentiamogli una donna colta in adulterio, e diciamogli che cosa stabilisce<br />

la legge in tali casi. Se egli ordinerà che sia lapidata, mostrerà di non essere affatto mansueto: se dirà che<br />

deve essere lasciata andare, mostrerà di non avere giustizia. Siccome non vorrà perdere - essi dicevano -<br />

l`aureola di mansuetudine, grazie alla quale è amato dal popolo, senza dubbio dirà che dobbiamo lasciarla<br />

andare. Cosí noi avremo l`occasione per accusarlo, per dichiararlo reo come prevaricatore e potremo dire di<br />

lui che è nemico della legge, che ha parlato contro Mosè o, meglio, contro colui che per mezzo di Mosè ci ha<br />

dato la legge; e quindi è degno di morte e deve essere lapidato insieme alla donna.<br />

Con queste parole e con questi ragionamenti la loro invidia si accresceva, ardeva il loro desiderio<br />

di accusarlo, diveniva piú forte la voglia di condannarlo. Cosa li spingeva a parlare in questo modo, e contro<br />

chi parlavano? Era la perversità che tramava contro la rettitudine, la menzogna contro la verità, il cuore<br />

corrotto contro il cuore retto, la stoltezza contro la sapienza...


Cosa rispose il Signore Gesú? Cosa rispose la verità, la sapienza, la stessa giustizia contro la quale<br />

era diretta l`insidia?<br />

Non disse: Non sia lapidata! Se lo avesse detto sarebbe apparso che egli andava contro la legge.<br />

Ma si guardò bene anche dal dire: Sia lapidata! Egli era venuto infatti per non perdere ciò che aveva trovato,<br />

anzi per trovare ciò che si era perduto (cf. Lc 19,10). Cosa rispose? Considerate quanto la sua risposta sia<br />

contemporaneamente carica di giustizia, di mansuetudine e di verità! Disse: "Chi di voi è senza peccato<br />

scagli per primo una pietra contro di lei" (Gv 8,7).<br />

Risposta piena di saggezza! In che modo li costrinse a guardare dentro se stessi? Essi infatti<br />

calunniavano gli altri, ma non scrutavano in se stessi: vedevano l`adulterio della donna, non i loro peccati...<br />

L`avete sentita voi, farisei, dottori della legge, custodi della legge, ma non avete compreso il<br />

Legislatore.<br />

Che cosa ha voluto mostrarvi ancora, quando scriveva con il dito in terra? Ha voluto mostrarvi che<br />

la legge è stata scritta col dito di Dio e che, a causa della durezza dei cuori, essa è stata scritta sulla pietra<br />

(cf.Es 31,18). E ora il Signore scriveva sulla terra perché cercava il frutto della legge. Voi avete inteso: «si<br />

compia la legge», «sia lapidata l`adultera»: ma nel punire la donna, la legge dovrà essere applicata da coloro<br />

che a loro volta debbono essere puniti? Ciascuno di voi consideri se stesso, entri in se medesimo, si ponga<br />

dinanzi al tribunale della sua anima, si costituisca alla sua coscienza, e obblighi se stesso a confessarsi. Egli<br />

solo sa chi è, poiché nessun uomo conosce i segreti di un altro, se non lo spirito medesimo dell`uomo che è<br />

dentro di lui. Ciascuno, guardando in se stesso, si scopre peccatore (cf. 1Cor 2,11). Non c`è alcun dubbio su<br />

questo. Quindi, lasciate andare questa donna, oppure accettate con lei le pene previste dalla legge. Se il<br />

Signore avesse detto: Non lapidate l`adultera!, sarebbe stato accusato di ingiustizia; se avesse detto:<br />

Lapidatela!, non sarebbe apparso mansueto. Che formuli dunque una risposta che a lui si addice, che è<br />

mansueto e giusto: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei». Questa è la voce<br />

della giustizia: si punisca la peccatrice, ma non siano i peccatori a punirla; sia rispettata la legge, ma non<br />

siano i violatori della legge a imporne il rispetto. Ben a ragione è la voce della giustizia.<br />

Essi, colpiti da queste parole come da una freccia grossa quanto una trave, "uno dopo l`altro se ne<br />

andarono" (Gv 8,9). Restano solo loro due, la misera e la misericordia. E il Signore, dopo averli colpiti con la<br />

freccia della giustizia, non si degna neppure di stare a vedere la loro umiliazione, ma, voltando loro le spalle,<br />

"di nuovo col dito scriveva in terra" (Gv 8,8).<br />

Quella donna era dunque rimasta sola, poiché tutti se ne erano andati: Gesú allora levò i suoi occhi<br />

su di lei. Abbiamo udito la voce della giustizia, udiamo ora anche quella della dolcezza.<br />

Credo che quella donna fosse stata piú degli altri colpita e spaventata dalle parole che avete sentito<br />

dire dal Signore: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo una pietra contro di lei». I farisei<br />

esaminandosi e con la loro stessa partenza confessandosi colpevoli, avevano lasciato la donna con un cosí<br />

grande peccato, insieme a colui che era senza peccato. Ed essa, dopo avere udito: «Chi è senza peccato scagli<br />

per primo la pietra contro di lei», temeva di essere punita da lui, nel quale non era peccato. Ma egli, dopo<br />

avere cacciato i suoi nemici con la voce della giustizia, levando su di lei gli occhi della mansuetudine, le<br />

chiese: "Nessuno ti ha condannato?" (Gv 8,10). E quella rispose: "Nessuno, o Signore" (Gv 8,11). Ed egli<br />

replicò: "Neppure io ti condannerò (ibid.)", tu che avevi temuto di essere punita da me, poiché in me non hai<br />

trovato peccato.<br />

«Neppure io ti condannerò». Che vuol dire questo, Signore? Tu favorisci dunque il peccato? No di<br />

certo. Sentite ciò che segue: "Va` e d`ora innanzi non peccare più (ibid.)". In altre parole, il Signore<br />

condanna il peccato, non il peccatore. Infatti, se avesse perdonato il peccato, avrebbe detto: Neppure io ti<br />

condanno, va` vivi come vuoi, sta` sicura che io ti libererò; per quanto grandi siano i tuoi peccati, io ti<br />

libererò da ogni pena e da ogni sofferenza dell`inferno. Ma non disse cosí. Intendano bene coloro che amano<br />

nel Signore la mansuetudine e temano la verità. Infatti è insieme "dolce e retto il Signore" (Sal 24,8).<br />

Tu lo ami perché è dolce, devi temerlo perché è retto. In quanto è mansueto disse: «Tacqui»; ma in<br />

quanto è giusto aggiunse: "Ma forse sempre tacerò?" (Is 42,14 secondo i LXX). "Il Signore è pietoso e<br />

benigno" (Sal 85,15). Senza dubbio è cosí. Aggiungi ancora «pieno di bontà» e ancora "tardo all`ira (ibid.)";<br />

ma non dimenticare di temere ciò che sarà nell`ultimo giorno, cioè «verace». Egli sopporta ora le colpe dei<br />

peccatori, ma allora giudicherà chi lo ha disprezzato. "Ovvero disprezzi le ricchezze della sua bontà e della<br />

sua mansuetudine, ignorando che la pazienza di Dio ti spinge alla penitenza? Ma tu con la durezza del tuo<br />

cuore impenitente, ti attiri sul capo un cumulo di collera per il giorno dell`ira e della manifestazione del<br />

giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere" (Rm 2,4-6). Il Signore è mansueto,<br />

il Signore è longanime, è misericordioso; ma è anche giusto, è anche verace. Ti dà il tempo di correggerti,


ma tu preferisci godere di questa dilazione piuttosto che emendarti. Fosti malvagio ieri? Sii buono oggi. Hai<br />

passato nel male la giornata di oggi? Deciditi a cambiare domani. Ma tu aspetti sempre a correggerti, sempre<br />

ti riprometti di usufruire della misericordia di Dio, come se colui che ti ha promesso il perdono in cambio del<br />

pentimento, ti avesse anche promesso una vita lunghissima. Come fai a sapere che per te ci sarà anche il<br />

giorno di domani? Hai ragione quando dici nel tuo cuore: quando mi correggerò, Dio mi rimetterà tutti i<br />

peccati. Non possiamo certo negare che Dio ha promesso il perdono a tutti coloro che si correggono e che si<br />

convertono. Ma in quella stessa profezia dove tu leggi che Dio promise indulgenza a chi si pente, non puoi<br />

leggere che Dio ti ha promesso anche una lunghissima vita. Contro due ostacoli gli uomini<br />

rischiano di naufragare la speranza presuntuosa e la disperazione; due ostacoli del tutto opposti, e che<br />

derivano da sentimenti diametralmente contrari. Uno dice: Dio è buono, è misericordioso, io posso perciò<br />

fare ciò che mi pare e piace, posso lasciare sciolte le briglie alle mie passioni, posso soddisfare tutti i miei<br />

desideri. Perché posso farlo? Perché Dio è misericordioso, è buono, è mansueto. Costoro corrono rischi<br />

proprio per la loro speranza, perché non si inducono mai a correggersi. Sono invece vittime della<br />

disperazione coloro che, avendo commesso gravi peccati, ritengono di non poter essere piú perdonati e,<br />

considerandosi, senza dubbio alcuno, destinati alla dannazione, dicono: Saremo certamente dannati; perché<br />

non possiamo allora fare ciò che ci pare, come fanno i gladiatori che sanno di non avere scampo e che il loro<br />

destino è essere uccisi dalla spada? Per questo i disperati sono anche pericolosi: essi che credono di non<br />

avere piú ormai niente da temere, debbono invece essere riguardati con timore. La disperazione li uccide,<br />

cosí come la speranza uccide gli altri.<br />

L`anima fluttua tra la speranza e la disperazione. Devi temere di essere ucciso dalla speranza, devi<br />

cioè temere che, mentre tranquillamente continui a sperare nella misericordia, tu non ti ritrovi d`improvviso<br />

di fronte al giudizio; altrettanto devi temere che la disperazione non ti uccida; devi temere cioè, poiché hai<br />

ritenuto di non poter ottenere il perdono per i gravi delitti che hai commesso e perciò non te ne sei pentito, di<br />

incorrere nel giudizio del tribunale della sapienza, che dice: "E io riderò della vostra sventura" (Pr 1,26).<br />

Cosa fa il Signore verso coloro che sono in pericolo per l`una o l`altra di queste due malattie? A<br />

coloro che corrono rischi per la troppa speranza dice: "Non tardare a convertirti a Dio, né differire di giorno<br />

in giorno; perché d`un tratto scoppia la sua ira e nel giorno del giudizio tu sei spacciato" (Sir 5,7). E a coloro<br />

che corrono pericoli per la disperazione, che dice Dio? "In qualunque giorno l`iniquo si sarà convertito, tutte<br />

le sue iniquità io dimenticherò" (Ez 18,21.22.27). A coloro dunque che sono in pericolo per la disperazione<br />

egli indica il porto dell`indulgenza; per coloro che corrono rischi per la eccessiva speranza e si illudono di<br />

avere sempre tempo, fa incerto il giorno della morte. Tu non sai quando verrà l`ultimo giorno. Sei un ingrato,<br />

non riconosci la grazia di Dio, che ti ha dato anche il giorno di oggi affinché tu ti corregga.<br />

Questo è il senso delle parole che disse a quella donna: «Neppure io ti condannerò»: ora che sei<br />

tranquilla a proposito di quanto hai commesso in passato, abbi timore di quanto potrà accadere nel futuro.<br />

«Neppure io ti condannerò»: cioè ho distrutto ciò che hai commesso, ma osserva quanto ti ho comandato, al<br />

fine di ottenere quanto ti ho promesso.<br />

Preghiera per ricevere la pace<br />

GREGORIO <strong>DI</strong> NAREK<br />

Liber orat., 33, 5<br />

Noi ti supplichiamo e t`imploriamo<br />

con i sospiri e le lacrime dell`anima,<br />

o Creatore glorioso, Spirito incorruttibile e increato,<br />

eterno e compassionevole;<br />

Tu che sei nostro Avvocato con gemiti indicibili (cf. Rm 8,26) presso il Padre misericordioso;<br />

Tu che sui santi vigili,<br />

e purifichi i peccatori facendone dei Templi (cf. 1Cor 3,16)<br />

vivi e vivificanti per il beneplacito del Padre altissimo.<br />

Liberaci da tutte le azioni impure,<br />

ripugnanti alla tua inabitazione in noi;<br />

non siano estinti da noi gli splendori<br />

della tua grazia che illumina<br />

la vista degli occhi interiori!<br />

Siamo, in effetti, edotti che Tu ti unisci a noi


grazie alla preghiera e ad una condotta di vita<br />

irreprensibile e santa (cf. 1Cor 6,17).<br />

E poiché Uno della Trinità in sacrificio è offerto,<br />

e un Altro Lo riceve e propizio verso noi si mostra<br />

per riguardo al Sangue riconciliatore del suo Primogenito,<br />

voglia Tu accettare le nostre suppliche<br />

e disporci in dimore onorevoli e ben pronte,<br />

affinché assaporiamo e mangiamo l`Agnello celeste,<br />

e riceviamo senza castigo e condanna (cf. 1Cor 11,29)<br />

la Manna che dà vita immortale,<br />

e una salvezza nuova.<br />

Le nostre colpe fondi per questo Fuoco,<br />

come quelle del Profeta, purificate dal carbone ardente<br />

con pinzette appoggiato alle sue labbra (cf. Is 6,5-7),<br />

perché sia proclamata ovunque<br />

la tua compassione, e al pari,<br />

attraverso il Figlio, la soavità del Padre;<br />

Lui che riammise il figlio prodigo all`eredità del padre<br />

e avviò al Regno le cattive donne (cf. Lc 7,36-50; 8,2; Gv 4,1-42),<br />

nella Beatitudine dei Giusti.<br />

Sí, sì, anch`io uno di questi sono;<br />

con loro dunque anche me accogli,<br />

come uno che ha gran bisogno<br />

della benignità tua, io che dalla tua grazia<br />

fui salvato, dal Sangue di Cristo riscattato;<br />

affinché, in tutto questo, sempre e ovunque<br />

la tua Divinità sia conosciuta<br />

e sia glorificata con il Padre in un eguale onore<br />

in un`unica Volontà e nell`unica beata Sovranità lodata.<br />

A Te, invero, appartiene la Compassione, la Potenza,<br />

e l`Amore degli uomini,<br />

la Forza e la Gloria, nei secoli dei secoli. Amen.<br />

MONS. ANTONIO RIBOL<strong>DI</strong><br />

Donna, nessuno ti ha condannata?<br />

Non si può leggere il brano, che il Vangelo ci propone in questa domenica di Quaresima, senza provare una<br />

grande emozione per la delicatezza, l'amore che Gesù mostra davanti alla donna adultera, che scribi e farisei<br />

gli avevano condotto davanti, Soprattutto per vedere come si sarebbe comportato, se seguendo la legge di<br />

Mosè o contro.<br />

Possiamo facilmente immaginare lo stato d'animo di quella donna 'colta in flagrante adulterio'.<br />

Già l'essere stata scoperta sul fatto, deve essere stato umiliante. Ma vedersi poi strattonata e portata per le<br />

vie, sotto il disprezzo di tutti, verso il monte degli Ulivi, dove anche Gesù presto avrebbe subito la stessa<br />

vergogna, come condannato alla crocifissione, era sapere che presto il senso di 'morte interiore', che già<br />

provava, sarebbe stata una realtà definitiva: posta in mezzo tra gli scribi e i farisei da una parte e Gesù<br />

dall'altra sarebbe stata lapidata per la sua colpa.<br />

Chi di noi non ricorda il tempo, non tanto lontano, di 'tangentopoli', quando era all'ordine del giorno la sfilata<br />

con le manette ai polsi, sotto i riflettori impietosi della TV e il disprezzo generale? Ho conosciuto parecchie<br />

di queste persone, che finirono in manette, per quel reato.<br />

Ne ricordo in particolare una, che ricopriva un alto incarico. Viveva in uno stato di ansia, da quando gli era<br />

giunto l'avviso di garanzia, pronta ad essere prelevata dalle forze dell'ordine e portata in tribunale, additata<br />

come un ignobile corrotto. "Mi sembrava di vivere nell'anticamera della morte. Morivo ogni giorno un poco,<br />

per il disprezzo che sempre più saliva nell'opinione pubblica e la vergogna di essere finito nella polvere. E<br />

non avevo alcuna colpa. Chi non ha provato 'il tintinnio delle manette', sotto i riflettori, con la sensazione di<br />

essere calpestato da tutti, come fosse un cencio, non può capire cosa abbia voluto dire la posizione di quella


donna evangelica, in piazza, in attesa della sentenza di morte da parte di Gesù...perché chi l'aveva trascinata<br />

in quella piazza, aveva già decretato la sua condanna".<br />

Ho rivisto quell'amico dopo quella esperienza. Anche se dichiarato innocente, era un uomo provato, come un<br />

semivivo, segnato da un dolore che non riusciva a superare, a nascondere. Non era più la persona<br />

'importante', che avevo conosciuto, ma 'un relitto umano', che si trascinava a stento, evitando tutto e tutti, per<br />

schivare il disprezzo che gli si era appiccicato alla pelle, come una lebbra inguaribile.<br />

Ed anche se non in quella forma, siccome tutti siamo fragili e quindi facili a sbagliare, a volte la nostra<br />

debolezza, più o meno grave, quando si manifesta agli occhi della gente, subito fa scattare il disprezzo o la<br />

condanna. E difficilmente riusciamo a cancellarne il ricordo.<br />

È un 'sentirsi' privati della stima o del perdono, che sono la forza che ci consente di andare avanti. Ma per<br />

fortuna la meraviglia del Cuore di Dio è diversa.<br />

Lui è 'un papà' e i papà non si concedono la disistima del figlio, anche quando sbaglia.<br />

Il cuore di un papà non glielo consente, magari strilla, ammonisce, ma poi perdona, sempre, il figlio. Il cuore<br />

di un papà ama sempre. Come quello della mamma che era con me, quando visitavo i terroristi nelle carceri.<br />

Ci divideva da loro uno spesso vetro, che non permetteva alcun contatto. Ci si parlava con un microfono.<br />

Quella mamma meravigliosa, davanti alla figlia terrorista, piangendo e bagnando il vetro con le lacrime,<br />

continuava a recitare come un rosario: "Ti voglio bene...sei sempre mia figlia...ti voglio bene". Di fronte a<br />

questa immagine di amore, mi venne da piangere con lei.<br />

Il perdono, e lo abbiamo meditato nel Vangelo del figlio prodigo, è davvero il grande Cuore di Dio, che non<br />

si fa scoraggiare dai nostri sbagli: neppure ci toglie un briciolo di stima, come si fa con i figli...ma conosce<br />

solo la commozione e 'le braccia al collo', quando il figlio si ravvede e rientra in se stesso.<br />

C'era un tempo, in cui si pensava a Dio, non come un Padre che per perdonarci sacrifica Suo Figlio, Gesù,<br />

ma come un Giudice pronto a condannarci o punirci. E le nostre 'confessioni', tante volte, risentivano di<br />

questo carattere di 'giudizio', non di incontro gioioso.<br />

Ma gustiamo, parola per parola, il Vangelo di oggi:<br />

"Gesù si avviò verso il Monte degli Ulivi. Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da<br />

Lui ed Egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in<br />

adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. <strong>Ora</strong><br />

Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici? Questo dicevano per<br />

metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E<br />

siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la<br />

pietra contro di lei. E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per<br />

uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi<br />

allora Gesù le disse: Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? Ed essa rispose: Nessuno, Signore. E<br />

Gesù le disse: Neanche io ti condanno: va' e non peccare più" (Gv 8, 1-11).<br />

Se la settimana scorsa Gesù, con la parabola del figlio prodigo, rivelava la incredibile ampiezza della<br />

Misericordia del Padre, e Sua: "commosso gli corse incontro, gli gettò le braccia al collo e disse: Facciamo<br />

festa perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita", ancor più, nell'episodio della donna adultera,<br />

colta in flagrante adulterio e da condannarsi, secondo la Legge, alla lapidazione, mostra quanto in Lui<br />

prevalga la Misericordia su quella che noi, a volte, non so con quale diritto, chiamiamo giustizia.<br />

La differenza, rispetto a noi, è che Dio non ama la morte del peccatore, ma desidera solo che si converta e<br />

viva. Noi, invece, a volte, preferiamo la morte del peccatore o la pena, disinteressati rispetto alla sua vita.<br />

Quante volte, forse anche noi, per qualche sbaglio, dovuto alla debolezza umana, sorpresi nel fallo, ci siamo<br />

trovati come quella donna: al centro dell' attenzione, con tanti che gridavano chiedendo giustizia,<br />

terribilmente soli?<br />

Se Dio ci vede 'caduti', qualunque sia la nostra colpa, preferisce darci una mano per rialzarci e aiutarci a<br />

tornare a vita nuova, come il figlio prodigo.<br />

Fa davvero impressione, intorno a quella donna, da un lato la folla di giudici che ne invocano la morte e, 'con<br />

una raffinata malizia', vogliono anche condannare Gesù, e la sua sentenza, mentre dall'altra parte c'è proprio<br />

Lui, Gesù, che davanti al peccato tace, si china per terra, prendendo un netto distacco da loro, da noi, forse<br />

triste proprio per la nostra condotta di giudici senza pietà, che proprio non ci spetta. E come a confermare<br />

questa immensa Bontà e Misericordia di Dio, scrive il profeta Isaia: "Non ricordate più le cose passate, non<br />

pensate più alle cose antiche! Ecco faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?<br />

Aprirò una strada nel deserto, immetterò fiumi nella steppa, mi glorieranno le bestie selvatiche, sciacalli e<br />

struzzi, perché avrò fornito acqua nel deserto, fiumi alla steppa per dissetare il mio popolo, il mio eletto. Il<br />

popolo, che lo ho plasmato per me, celebrerà le mie lodi" (Is 43, 16-22).


Davvero meraviglioso è l'Amore di Dio... e noi abbiamo paura a gettarci nelle Sue braccia?!<br />

Come ce la spieghiamo questa paura o vergogna? La Pasqua, che è ormai alle nostre porte, ci invita a<br />

sperimentare la Bontà del Signore, che ci aspetta tutti sulla porta di casa Sua, attende che rientriamo in noi<br />

stessi e, attraverso il sacramento della Penitenza, vuole poterci correre incontro e gettarci le braccia al collo.<br />

Dinnanzi alla nostra coscienza che, a volte, si oscura per la vergogna o paura, o di fronte ad una mentalità<br />

che preferisce affidarsi alla giustizia umana, che a volte chiude gli orizzonti della vita, ci attende Gesù che ci<br />

dice:<br />

"Io non ti condanno! Va' in pace e non peccare più".<br />

Scriveva Paolo VI, commentando questo Amore: "In un mondo che si divora nell'egoismo, individuale e<br />

collettivo, che genera gli antagonismi, le inimicizie, le gelosie, le lotte di interesse, le lotte di classe, le<br />

guerre, l'odio in una parola, noi proclameremo la Legge dell'Amore, che si diffonde e si dona, che sa<br />

allargare il cuore ad amare gli altri, a perdonare le offese, a servire gli altrui bisogni, a sacrificarsi senza<br />

calcoli, a farsi povero per i poveri, fratello per i fratelli, a creare un mondo nuovo di concordia, di giustizia e<br />

di pace" (28.6.1956).<br />

Non mi resta, cari amici, che pregare ed augurare a tutti che la Pasqua, che è alle porte, ci faccia conoscere i<br />

passi verso il ritorno al Padre, per insieme cantare la Gioia dell'Alleluja!<br />

DON CORRADO SANGUINETI<br />

Gesù è mandato non per i soli Giudei<br />

Il passo evangelico proposto alla nostra meditazione è tratto, in questa domenica, dal vangelo di Giovanni: in<br />

realtà, è un racconto che è stato inserito nel testo del quarto vangelo, ma come stile, come genere e come<br />

linguaggio appartiene alla tradizione dei sinottici, alcuni studiosi lo attribuiscono proprio a Luca,<br />

l'evangelista della misericordia.<br />

Al centro della narrazione, sembra esserci questa donna, colta in adulterio, condotta davanti a Gesù, da un<br />

gruppo di scribi e farisei, pronti ad eseguire la condanna della lapidazione, prevista dalla legge mosaica. È<br />

una donna umiliata, ferita, piena di paura per la prospettiva di una morte terribile.<br />

Tuttavia, a leggere bene, ci si accorge che al centro del racconto c'è Gesù, c'è la sua presenza così originale e<br />

sorprendente: ancora una volta, Cristo travolge le misure umane e mostra una novità in atto.<br />

Non si rivolge, innanzitutto, alla donna, non la interroga, scrive con il dito per terra, forse per un gesto di<br />

discrezione verso questa creatura umiliata; ma, soprattutto, di fronte al tranello che gli tendono i giusti, i<br />

farisei, smaschera la menzogna che sta al cuore di una posizione di giudizio. Infatti, davanti alla loro<br />

domanda, "Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?", se Gesù<br />

avesse risposto di non lapidarla, si sarebbe posto contro la legge, ritenuta d'origine divina; se avesse disposto<br />

la condanna, che ne sarebbe stato del suo annuncio di misericordia verso i peccatori?<br />

Di fronte al perbenismo e al moralismo degli "onesti" di ogni tempo, Cristo va al cuore: "Chi di voi è senza<br />

peccato, scagli per primo la pietra contro di lei"; chi può avere la presunzione di sentirsi a posto, senza<br />

peccato?<br />

Il primo passo di un rapporto veramente umano è la coscienza, umile e bruciante, di essere peccatori, di<br />

essere feriti dal male, di essere conniventi con il peccato, nelle sue diverse forme (non c'è solo l'adulterio!):<br />

senza questo riconoscimento, ci si erge a giudici, con molta facilità, di fronte al male, proprio o altrui, si<br />

prova scandalo, ma non dolore.<br />

Ma c'è di più, nell'incontro personale tra Gesù e l'adultera, c'è l'immagine drammatica e realistica<br />

dell'incontro tra la miseria dell'uomo e la misericordia di Dio; proprio colui che è senza peccato, l'Agnello di<br />

Dio che prenderà su di sé il peccato del mondo, non scaglia nessuna pietra, non esegue la condanna. Con un<br />

profondo rispetto, dopo che tutti si sono allontanati, solo allora Gesù si rivolge alla donna e la domanda che<br />

le pone, non è un'interrogazione sul male compiuto, ma è l'annuncio di una liberazione: "Donna, dove sono?<br />

Nessuno ti ha condannata? Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più".


Prima c'è lo sguardo, carico di pietà e di compassione, prima c'è la parola del perdono, la testimonianza di un<br />

amore più potente del peccato, e solo alla fine, l'appello a non peccare, a non ricadere nello squallore del<br />

male e del tradimento.<br />

Possiamo immaginare la sorpresa di questa donna, possiamo immedesimarci nella commozione che ha<br />

invaso il suo cuore, certamente non ha più dimenticato quell'incontro, quello sguardo, quelle parole, così<br />

nuove, così diverse, così divine.<br />

Questa pagina descrive, in modo suggestivo, la realtà più profonda e più vera che Cristo ha portato nel<br />

mondo: il cristianesimo è il miracolo di una presenza eccezionale, oltre ogni misura e attesa dell'uomo, e<br />

insieme totalmente corrispondente al grido del cuore, che desidera il bene, la bellezza, il perdono. Si tratta di<br />

un incontro personale: non a caso, i Vangeli sono una trama d'incontri diversi tra Gesù e uomini, donne,<br />

concreti, irripetibili, segnati, sotto varie forme, dall'esperienza del peccato, della sofferenza, del limite.<br />

Proprio la scoperta della misericordia, divenuta volto umano in Gesù, può rendere possibile un modo nuovo<br />

di vivere i rapporti fraterni, dove ci si prende cura gli uni degli altri, senza scandalizzarsi dei peccati e delle<br />

fragilità, offrendo nel perdono la possibilità di una continua ripresa: così da Cristo nasce un popolo nuovo, di<br />

peccatori perdonati, graziati, che imparano l'eccedenza di un amore, all'uomo impossibile, ma non a Dio, al<br />

Dio vivente e amante, appassionato del destino di ogni sua creatura.

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