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1 UCLA Giovanni Pico della Mirandola non scrisse mai un' Orazione ...

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stregone – scoperto da quegli uomini che poi ritorcono questi stessi sortilegi ed arti<br />

magiche l’uno contr’altro.» La magia è già lì sempre nella natura. I maghi <strong>non</strong> possono<br />

provocare effetti magici, sebbene sappiano dove trovarli e come sfruttarli per buoni o<br />

cattivi fini. Anche se Plotino ammette la magia, questa <strong>non</strong> è il suo principale interesse<br />

poiché è considerata da lui una deviazione dall’ascesa, una distrazione che conduce giù al<br />

mondo materiale. La magia naturale funziona, ma questa aiuta, per il migliore dei casi,<br />

solo quell’anima inferiore, e <strong>non</strong> è di nessun aiuto per la salvezza. Di fatto, l’anima che<br />

rimane coinvolta nella natura diviene preda <strong>della</strong> stregoniera. 22<br />

Plotino insegnò che l’unica via di uscita dalla natura e dalla magia è l’ascesa<br />

filosofica attraverso la contemplazione verso l’unione. Vediamo infatti come <strong>non</strong> volle<br />

né usare il rituale come modalità di salita verso l’Uno né <strong>mai</strong> lo intimorì la magia,<br />

considerata come trappola per il filosofo. La teurgia <strong>non</strong> trovò posto nella spiritualità<br />

neoplatonica finché Porfirio, allievo di Plotino, cercò di conciliare gli enigmatici Oracoli<br />

caldaici al Platonismo. Porfirio introdusse i riti caldaici come un’alternativa, <strong>non</strong> solo al<br />

rigore dell’educazione nelle virtù ma anche ai rischi di stregoneria, ed egli restrinse gli<br />

effetti rituali nell’anima inferiore. Solo la filosofia poteva mirare più in alto, perché<br />

aveva effetto nell’anima superiore. Quindi anche Porfirio, come Plotino, confinò la<br />

magia reale al mondo <strong>della</strong> natura e la considerò inutile per giungere al regno più alto. 23<br />

La filosofia per Plotino era l’unica via per ascendere, e per Porfirio fu ancora<br />

considerata di importanza primaria, ma Giamblico perse la fiducia nella filosofia. Egli<br />

infatti arrivò alla conclusione che la contemplazione operata tramite la filosofia di per sé<br />

<strong>non</strong> poteva condurre all’unione: essa è necessaria per l’ascesa ma <strong>non</strong> è sufficiente, ed è<br />

meno efficace del rituale teurgico, che riesce a toccare l’anima superiore. La teurgia –<br />

letteralmente, dio-operante – è l’opera degli dei che dall’alto arrivano nel mondo<br />

22 PLOT. Enn. 4.4.40-4; COPENHAVER, Renaissance Magic and Neoplatonic Philosophy:<br />

Ennead 4.3-5 in Ficino’s De vita coelitus comparanda, nel Marsilio Ficino e il ritorno di<br />

Platone: Studi e documenti, ed. G. GARFAGNINI, Firenze, 1986, pp. 351-69; Secret, p. 73.<br />

23 A. SMITH, Porphyry’s Place in the Neoplatonic Tradition, The Hague, 1974, pp. 70, 74,<br />

122, 128, 134-40, 147-8; R.T. WALLIS, Neo-Platonism, London, 1972, pp. 70-2, 108-10;<br />

COPENHAVER, Secret, p. 73.<br />

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