G. Salomone - La preparazione dei prodotti chimici inorganici

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02.04.2013 Views

da dolcemente inviando nel contempo una forte corrente di aria attraverso il tubo allo scopo di allontanare rapidamente i vapori nitrosi che si producono altrimenti essi riducono l'anidride iodica: 3 I2 + 10 HNO3 —► 3 I2O5, + 10 NO + 5 H2O Di tanto in tanto si arresta il riscaldamento e si rimette nella storta il liquido distillato nel palloncino. Quando tutto lo iodio ha reagito si elimina l'eccesso di acido nitrico, si lascia raffreddare e si riprende il residuo bianco con un po' di acqua; la soluzione si evapora in seguito sino a siccità. L'anidride iodica rimane come polvere cristallina che si riscalda per un po' di tempo sopra i 170° onde trasformare le piccole quantità di acido iodico presenti. 16. Tricloruro di iodio. - Il tricloruro di iodio ICl3, si prepara per sintesi diretta. Si prende una campana di vetro munita di una tubatura laterale e di una superiore e dopo averla collocata sopra un piatto di porcellana si innesta nella tubatura laterale il collo di una piccola storta chiudendo quella superiore con un tappo a due fori; in uno si fa passare un tubo unito ad mi apparecchio produttore di cloro gassoso, nell'altro un piccolo tubo che permette l'uscita del cloro eccedente. Tutto l'apparecchio deve essere ben asciutto. Introdotti nello storta 20 gr di iodio si incomincia a riempire la campana di cloro ben disidratato, poi si riscalda la storta onde volatilizzare lo iodio; i vapori di questo penetrando nella campana reagiscono immediatamente con il cloro dando origine al tricloruro di iodio, il quale si raccoglie sul piatto e sulle pareti fredde della campana allo stato di croste e di cristalli gialli. Si regola opportunamente il riscaldamento della storta e l'afflusso del cloro in modo da mantenere questo in costante eccesso nella campana. Quando tutto lo iodio ha reagito si stacca il tricloruro e lo si conserva in un flaconcino chiuso di vetro giallo; quello che aderisce troppo tenacemente al piatto od al vetro della campana lo si scioglie in un po' di acqua ottenendo così una soluzione di tricloruro di iodio. 17. Zolfo. - Come è noto lo zolfo si presenta in parecchie modificazioni allotropiche, di cui le principali sono: lo zolfo ottaedrico, lo zolfo prismatico, lo zolfo amorfo plastico e precipitato e lo zolfo colloidale. I. Si ottiene lo zolfo cristallizzato in ottaedri (zolfo ordinario) per evaporazione di una soluzione di zolfo nel solfuro di carbonio. In un pallone della capacità di 500 cm 3 circa si pongono 250 cm 3 di solfuro di carbonio e 120 gr di zolfo in cannoli polverizzato (i « fiori di zolfo » che si raccolgono nel rapido raffreddamento dei vapori di zolfo, non sono completamente solubili 22

nel detto solvente); dopo aver chiuso il pallone si lascia che lo zolfo si sciolga agitando di tanto in tanto senza riscaldare. La soluzione, eventualmente separata per decantazione dal residuo indisciolto, si travasa in una capsula od in un bicchiere; se il liquido intorbida subito in conseguenza della separazione di un po' di zolfo si aggiunge ancora del solfuro di carbonio sino a renderlo limpido. Si ricopre il recipiente con un foglio di carta da filtro per rallentare l'evaporazione del solvente e si abbandona il tutto in un luogo fresco, lontano da qualsiasi fiamma. In breve cominciano a separarsi dei piccoli cristalli ottaedrici che crescono poco a poco di volume, tanto più se si mantiene in assoluto riposo il liquido e si evitano variazioni di temperatura. Quando la cristallizzazione è terminata si tolgono i cristalli dal recipiente e si lasciano asciugare all'aria. II. Lo zolfo prismatico o monoclino si ottiene facendo fondere dello zolfo ordinario in un crogiolo di terracotta, che poi si lascia raffreddare quando lo zolfo è tutto liquido. Appena cominciano a formarsi sulla massa fusa dei piccoli aghi gialli che aumentano di numero sino a formare una crosta solida si fora questa in 2 punti mediante un bastoncino di ferro riscaldato (non rovente) ed inclinando il crogiolo verso uno di essi si scola lo zolfo tuttora liquido. Si toglie in seguito la crosta con un coltello; la parete interna del crogiolo appare ricoperta di bei cristalli aghiformi, che si possono conservare mantenendoli a 95°. Alla temperatura ordinaria si trasformano in zolfo ottaedrico. III. - Lo zolfo amorfo, chiamato anche « magistero di zolfo » si ottiene decomponendo con un acido diluito la soluzione di un polisolfuro alcalino. Si riscaldano ad es. sino a soluzione completa 120 gr di solfuro sodico cristallizzato, 64 gr di fiori di zolfo e 100 cm 3 di acqua; si diluisce la soluzione del polisolfuro di sodio così ottenuta portandone il volume a circa 4 1. e si aggiungono lentamente 115 gr di acido cloridrico concentrato diluiti ad 1 1. con acqua. Si agita continuamente arrestando l'addizione dell'acido cloridrico quando il liquido lattiginoso ha preso una reazione acida non eccessiva. Si raccoglie allora lo zolfo precipitato, lo si lava con acqua sino a che l'acqua di lavaggio non intorbida più per addizione di alcune gocce di nitrato di argento e lo si lascia asciugare all'aria. IV. Lo zolfo plastico si ottiene facendo fondere dello zolfo ordinario, portandolo ad una temperatura compresa fra 300° e 400° alla quale è ben fluido e colandolo in piccolo getto in un vaso contenente molta acqua fredda; a contatto di questa si rapprende in una massa molle, bruno giallastra, elastica quasi come il caucciù, che si trasforma poco a poco in zolfo ordinario indurendo. V. Ecco un metodo per la preparazione dello zolfo colloidale. Si sciolgono 50 gr di tiosolfato sodico in 30 cm 3 di acqua e si fa cadere la soluzio- 23

da dolcemente inviando nel contempo una forte corrente di aria attraverso il<br />

tubo allo scopo di allontanare rapidamente i vapori nitrosi che si producono<br />

altrimenti essi riducono l'anidride iodica:<br />

3 I2 + 10 HNO3 —► 3 I2O5, + 10 NO + 5 H2O<br />

Di tanto in tanto si arresta il riscaldamento e si rimette nella storta il liquido<br />

distillato nel palloncino. Quando tutto lo iodio ha reagito si elimina<br />

l'eccesso di acido nitrico, si lascia raffreddare e si riprende il residuo bianco<br />

con un po' di acqua; la soluzione si evapora in seguito sino a siccità. L'anidride<br />

iodica rimane come polvere cristallina che si riscalda per un po' di<br />

tempo sopra i 170° onde trasformare le piccole quantità di acido iodico presenti.<br />

16. Tricloruro di iodio. - Il tricloruro di iodio ICl3, si prepara per sintesi<br />

diretta. Si prende una campana di vetro munita di una tubatura laterale e di<br />

una superiore e dopo averla collocata sopra un piatto di porcellana si innesta<br />

nella tubatura laterale il collo di una piccola storta chiudendo quella superiore<br />

con un tappo a due fori; in uno si fa passare un tubo unito ad mi apparecchio<br />

produttore di cloro gassoso, nell'altro un piccolo tubo che permette<br />

l'uscita del cloro eccedente. Tutto l'apparecchio deve essere ben asciutto.<br />

Introdotti nello storta 20 gr di iodio si incomincia a riempire la<br />

campana di cloro ben disidratato, poi si riscalda la storta onde volatilizzare<br />

lo iodio; i vapori di questo penetrando nella campana reagiscono immediatamente<br />

con il cloro dando origine al tricloruro di iodio, il quale si raccoglie<br />

sul piatto e sulle pareti fredde della campana allo stato di croste e di cristalli<br />

gialli. Si regola opportunamente il riscaldamento della storta e l'afflusso del<br />

cloro in modo da mantenere questo in costante eccesso nella campana.<br />

Quando tutto lo iodio ha reagito si stacca il tricloruro e lo si conserva in un<br />

flaconcino chiuso di vetro giallo; quello che aderisce troppo tenacemente al<br />

piatto od al vetro della campana lo si scioglie in un po' di acqua ottenendo<br />

così una soluzione di tricloruro di iodio.<br />

17. Zolfo. - Come è noto lo zolfo si presenta in parecchie modificazioni<br />

allotropiche, di cui le principali sono: lo zolfo ottaedrico, lo zolfo prismatico,<br />

lo zolfo amorfo plastico e precipitato e lo zolfo colloidale.<br />

I. Si ottiene lo zolfo cristallizzato in ottaedri (zolfo ordinario) per evaporazione<br />

di una soluzione di zolfo nel solfuro di carbonio. In un pallone della<br />

capacità di 500 cm 3 circa si pongono 250 cm 3 di solfuro di carbonio e 120<br />

gr di zolfo in cannoli polverizzato (i « fiori di zolfo » che si raccolgono nel<br />

rapido raffreddamento <strong>dei</strong> vapori di zolfo, non sono completamente solubili<br />

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