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Alice in Wonderland - Bruno Osimo, traduzioni, semiotica della ...

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le trasformazioni che ha subìto da quando è entrata nel paese delle<br />

meraviglie, e per questo motivo non può spiegarsi, o meglio spiegare sé<br />

stessa. La protagonista <strong>in</strong>terpreta <strong>in</strong>fatti l’esortazione del Millepiedi a<br />

spiegarsi come un <strong>in</strong>vito a spiegare la propria persona. Tale meccanismo è<br />

assimilabile a quello dei giochi di parole basati sulla polisemia, che danno<br />

per buone contemporaneamente due accezioni <strong>della</strong> stessa parola.<br />

‘Take off your hat,’ the K<strong>in</strong>g said to the Hatter.<br />

‘It isn’t m<strong>in</strong>e,’ said the Hatter (Carroll 2002:100).<br />

In questo passaggio il Re <strong>in</strong>tima al Cappellaio di togliersi il cappello. Un<br />

parlante italiano non direbbe mai «togli il tuo cappello», ma <strong>in</strong> <strong>in</strong>glese,<br />

come già detto, i pronomi si utilizzano molto più frequentemente e, <strong>in</strong> una<br />

frase del genere, il significato di «your hat» non è tanto l’effettiva<br />

appartenenza del cappello alla persona che lo porta, quanto il fatto che è<br />

proprio lui a <strong>in</strong>dossarlo. Appare dunque alquanto fuori luogo la risposta del<br />

Cappellaio, essendo assolutamente irrilevante il fatto che il cappello sia suo<br />

o no. Il gioco di parole funziona però su questa sorta di contraddizione: <strong>in</strong><br />

<strong>in</strong>glese si esprime sempre un pronome possessivo per <strong>in</strong>dicare, oltre alle<br />

parti del corpo, anche gli <strong>in</strong>dumenti, o gli accessori di vario genere che si<br />

<strong>in</strong>dossano; tale uso, però, non tiene conto del fatto che, a differenza delle<br />

parti del corpo, che si suppone siano di proprietà di chi le “porta”, gli<br />

<strong>in</strong>dumenti e gli accessori non necessariamente lo sono. E il nonsense di<br />

Carroll fa sì che la risposta del Cappellaio <strong>in</strong>fluenzi anche le successive<br />

considerazioni del Re, che lo accuserà di aver rubato il cappello e <strong>in</strong> seguito<br />

dimenticherà la sua stessa richiesta di toglierlo, come se davvero la cosa<br />

importante fosse stabilire di chi sia il cappello. La differenza strutturale che<br />

abbiamo visto <strong>in</strong> questo caso tra l’<strong>in</strong>glese e l’italiano è un esempio di come<br />

la l<strong>in</strong>gua <strong>in</strong>fluenzi il modo di pensare e di «suddividere il mondo <strong>in</strong><br />

categorie» (<strong>Osimo</strong> 2004:30).<br />

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