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Alice in Wonderland - Bruno Osimo, traduzioni, semiotica della ...

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see, as she couldn’t answer either question, it didn’t much matter which<br />

way she put it (Carroll 2002:9).<br />

Qui è la stessa <strong>Alice</strong> a confondere le due parole sulla base <strong>della</strong> somiglianza<br />

sonora. Non possiamo dire che Carroll abbia avuto l’<strong>in</strong>tenzione di suggerire<br />

un legame semantico tra «cats» e «bats», ma il f<strong>in</strong>e sembra proprio quello<br />

di ottenere un monologo <strong>in</strong>sensato da parte di <strong>Alice</strong>, una riflessione assurda<br />

che parte semplicemente dall’assonanza di due parole. C’è da dire che non<br />

sono molti, nel libro, i giochi di parole che utilizzano la paronomasia; l’unico<br />

esempio che ho trovato, oltre a quello appena citato, è una domanda del<br />

Gatto del Cheshire che come <strong>Alice</strong> confonde due parole dal significato<br />

diverso soltanto perché queste hanno suono simile: «‘Did you say pig, or<br />

fig?’» (Carroll 2002:59).<br />

4. Giochi di parole basati sui rimandi <strong>in</strong>tertestuali<br />

Rientrano nella categoria «rimandi <strong>in</strong>tertestuali» tutte quelle parole, o<br />

gruppi di parole, o frasi, che si riferiscono a elementi culturali <strong>della</strong> cultura<br />

emittente, siano essi <strong>in</strong>tratesti, ossia citazioni precise di altri testi (<strong>Osimo</strong><br />

2004:42), oppure semplici riferimenti agli impliciti culturali propri di quella<br />

cultura. Tali rimandi non sono facili da cogliere se non si conosce la cultura<br />

<strong>in</strong> cui il testo <strong>in</strong> questione (<strong>in</strong> questo caso il racconto di Lewis Carroll) è nato.<br />

Il modo più semplice per chiarire questi concetti è esemplificarli. In <strong>Alice</strong> <strong>in</strong><br />

<strong>Wonderland</strong> non sono rari i riferimenti impliciti (<strong>in</strong> quanto non segnalati da<br />

note o spiegazioni dell’autore) alla cultura <strong>in</strong>glese e non solo.<br />

Molti degli esempi di tali giochi di parole riguardano i nomi propri<br />

scelti dall’autore, analizzati da Christiane Nord nel saggio che ho tradotto.<br />

Questi nomi contengono rimandi a impliciti culturali che è molto difficile<br />

mantenere nella traduzione e che qu<strong>in</strong>di non saranno così immediati come<br />

nell’orig<strong>in</strong>ale, ma più verosimilmente saranno rivelati dall’apparato<br />

metatestuale aggiunto dal traduttore. Per tali esempi rimando al paragrafo<br />

4.2. del saggio di Nord (vedi più avanti).<br />

La stessa difficoltà di resa si ha, per esempio, quando il Ghiro<br />

racconta ad <strong>Alice</strong> che cosa disegnavano le tre sorell<strong>in</strong>e che abitavano nel<br />

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