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Alice in Wonderland - Bruno Osimo, traduzioni, semiotica della ...

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come per gli omonimi e gli omografi, non ci sono altri legami, né di senso<br />

né di etimologia. Un gioco di parole può far leva proprio su questa<br />

contraddizione: da una parte, le due parole si pronunciano <strong>in</strong> modo analogo,<br />

dall’altra, non sono legate <strong>in</strong> nessun modo.<br />

In <strong>Alice</strong> <strong>in</strong> <strong>Wonderland</strong> troviamo più di una volta questo tipo di giochi<br />

di parole; qui ho scelto come esempio il racconto del Topo:<br />

‘M<strong>in</strong>e is a long and a sad tale!’ said the Mouse, turn<strong>in</strong>g to <strong>Alice</strong>, and<br />

sigh<strong>in</strong>g.<br />

‘It is a long tail, certa<strong>in</strong>ly,’ said <strong>Alice</strong>, look<strong>in</strong>g down with wonder at the<br />

Mouse’s tail; ‘but why do you call it sad?’ (Carroll 2002:26)<br />

Ciò che fa funzionare questo gioco di parole è l’omofonia che lega la parola<br />

«tale», racconto, alla parola «tail», coda. È certo che un lettore <strong>in</strong>glese, o<br />

un lettore che conosca a sufficienza la l<strong>in</strong>gua <strong>in</strong>glese, si rende subito conto<br />

del motivo per cui <strong>Alice</strong> pensa che il topo stia parlando <strong>della</strong> propria coda, e<br />

non di un racconto: immag<strong>in</strong>ando il dialogo <strong>in</strong> forma orale, è molto semplice<br />

figurarsi questo tipo di fra<strong>in</strong>tendimento. In questo caso, però, a differenza<br />

dei giochi di parole basati sulla polisemia, il lettore non deve assegnare alla<br />

parola due significati diversi contemporaneamente, bensì rendersi conto che<br />

il topo dà a quel suono un significato mentre <strong>Alice</strong> gliene attribuisce un altro.<br />

Il meccanismo funzionerebbe <strong>in</strong>vece <strong>in</strong> modo simile a quello <strong>della</strong> polisemia<br />

se il ricevente del messaggio lo ascoltasse, <strong>in</strong>vece di leggerlo: <strong>in</strong> tal caso,<br />

dovrebbe attribuire due significati al medesimo suono. Invece la nostra <strong>Alice</strong><br />

<strong>in</strong>terpreta il suono esclusivamente come «tail» e, dopo aver immag<strong>in</strong>ato la<br />

storia del Topo come una lunga coda, lo fra<strong>in</strong>tende di nuovo:<br />

‘You are not attend<strong>in</strong>g!’ said the Mouse to <strong>Alice</strong> severely. ‘What are you<br />

th<strong>in</strong>k<strong>in</strong>g of?’<br />

‘I beg your pardon,’ said <strong>Alice</strong> very humbly: ‘you had got to the fifth<br />

bend, I th<strong>in</strong>k?’<br />

‘I had not!’ cried the Mouse, sharply and very angrily.<br />

‘A knot!’ said <strong>Alice</strong>, always ready to make herself useful, and look<strong>in</strong>g<br />

anxiously about her. ‘Oh, do let me help to undo it!’ (Carroll 2002:28)<br />

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