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Indice - Munich Re

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<strong>Indice</strong><br />

INTRODUZIONE................................................................................................................... 3<br />

1. GLI ASPETTI TECNICI E SCIENTIFICI DEL RISCHIO ALLUVIONE........................... 6<br />

1.1. Classificazione e descrizione dei fenomeni alluvionali........................................ 6<br />

1.2. Aumento nel tempo dei fenomeni alluvionali: principali cause........................... 8<br />

1.2.1. Cambiamento climatico................................................ 8<br />

1.2.2. Impermeabilizzazione del suolo attraverso la costruzione di opere edili 9<br />

1.2.3. Sistemazioni fluviali……………………………………………………….. 9<br />

1.2.4. Deforestazione e cambiamento di vegetazione……………………...... 9<br />

1.2.5. Impermeabilizzazione naturale 9<br />

1.3. Contesto idrologico italiano e confronto con i maggiori Paesi europei............... 9<br />

2. L’ASPETTO NORMATIVO E ASSICURATIVO DEL FENOMENO ALLUVIONALE..... 13<br />

2.1. Copertura dei rischi catastrofali: il contesto europeo.......................................... 13<br />

2.1.1. Francia………………………………………………………………………. 13<br />

2.1.2. Germania…………………………………………………………………… 14<br />

2.1.3. <strong>Re</strong>gno Unito………………………………………………………………... 14<br />

2.1.4. Svizzera........................…………………………………………................ 15<br />

2.2. La situazione italiana attuale................................................................................ 15<br />

2.2.1. Quadro normativo attuale..………………………………………………... 15<br />

2.2.2. Soggetti interessati………………………………………………………... 16<br />

2.2.3. Tipologie di copertura assicurativa ed andamento tecnico del settore.. 16<br />

2.2.4. Il ruolo del riassicuratore………………………………………………….. 16<br />

2.3. Quale futuro per l’Italia?....................................................................................... 17<br />

2.3.1. Possibile evoluzione del quadro normativo……………………………… 17<br />

2.3.2. Soggetti interessati e ipotesi di tipologie di coperture assicurative....... 18<br />

3. UNA METODOLOGIA EFFICACE PER GESTIRE IL RISCHIO ALLUVIONE:............ 21<br />

3.1. La realizzazione di una mappa dettagliata di classificazione del territorio<br />

italiano...............................................................................................................…. 21<br />

3.1.1. Le nuove tecnologie a supporto dell’analisi del rischio idrologico…….. 23<br />

3.2. La valutazione della vulnerabilità dei valori assicurati.......................................... 25<br />

3.3. Il controllo dei cumuli alluvionali........................................................................... 27<br />

3.4. Modello “Alluvione”............................................................................................. 28<br />

CONCLUSIONI...................................................................................................................... 34


Introduzione<br />

Negli ultimi 20 anni la frequenza delle alluvioni è aumentata del 50%. In particolare nella<br />

seconda metà degli anni ’90, in Italia si sono verificate oltre 300 alluvioni, di cui in media<br />

almeno tre all’anno di intensità tale da provocare danni rilevanti. Le variazioni climatiche e<br />

gli interventi umani sul territorio, dalla deforestazione, alla deviazione del corso dei fiumi,<br />

all’urbanizzazione di aree a rischio, all’eccessiva cementificazione, sono sicuramente fra le<br />

principali cause dell’acuirsi del fenomeno.<br />

Alla maggior frequenza e intensità delle alluvioni si aggiunge anche l’aumento dei danni<br />

assicurati, stando a quanto affermano gli addetti ai lavori. Nonostante la mancanza di<br />

dati chiari e strutturati in proposito, alcune circostanze hanno contribuito a peggiorare la<br />

situazione, aumentando la densità assicurativa e il valore dei beni assicurati. Ad esempio,<br />

l’incremento dell’80% delle costruzioni situate in zone allagabili, verificatosi negli<br />

ultimi 40 anni (1) , ha certamente contribuito all’incremento della percentuale dei capitali<br />

assicurati soggetti a un alto rischio di alluvione, rispetto al totale dei danni assicurati. Se<br />

in più si considera che, allo stato attuale, il livello di penetrazione della copertura assicurativa<br />

risulta ancora bassissimo (vedi tavola 1), il conseguente effetto anti-selezione<br />

acuisce ancor di più il peso delle coperture assicurative nelle aree a maggior rischio di<br />

accadimento.<br />

Tavola 1<br />

Fonte: <strong>Munich</strong> <strong>Re</strong>, elaborazione Value Partners<br />

Determinare l’ammontare dei danni complessivi provocati da un’alluvione è senz’altro<br />

molto complesso, soprattutto per ciò che riguarda i danni indiretti, sia nell’immediato,<br />

sia negli anni successivi (fermi impianto, colture agricole da rigenerare, sistemazioni<br />

provvisorie per i senzatetto, aumenti di spesa per malattie, ecc.). In ogni caso, per dare<br />

un’idea dell’entità dei danni causabili, se anche ci si limita ad analizzare le alluvioni di<br />

1 Fonte: studio dell’Autorità del fiume Arno<br />

3


maggior gravità, lo Stato ha dovuto stanziare negli ultimi vent’anni oltre 30.000 miliardi<br />

di lire in fondi per l’emergenza.<br />

Se, ad esempio, un’alluvione colpisse il bacino del Po, zona in cui viene prodotto circa il 40%<br />

del PIL, il danno stimabile sarebbe superiore ai 40.000 miliardi di lire. Considerato che tutto<br />

il bacino del Po, così come buona parte del Paese, ha subito negli ultimi anni modifiche<br />

(asfaltatura, urbanizzazione, deviazioni ai corsi d’acqua, deforestazione) tali da peggiorarne<br />

l’esposizione al rischio alluvionale, l’ipotesi fatta non è troppo azzardata o catastrofistica.<br />

Questo scenario deve portare tutto il comparto assicurativo, ma in particolar modo le Assicurazioni<br />

quali primo anello della catena, a fare alcune serie riflessioni.<br />

L’aumento della frequenza dei fenomeni, l’incremento delle costruzioni in sedi allagabili e<br />

l’ampliamento delle coperture assicurative comportano un notevole aggravio del rischio. Dal<br />

canto loro, le Riassicurazioni, in mancanza di informazioni attendibili, si vedono costrette a<br />

limitare la copertura offerta al mercato. Se a ciò si aggiunge la possibilità, non tanto remota<br />

o ipotetica, che la nuova disposizione legislativa in materia imponga una semi-obbligatorietà<br />

della copertura del rischio contro le calamità naturali incluso l’alluvione, si comprende quanto<br />

la situazione possa divenire molto preoccupante. È necessario quindi che le Assicurazioni<br />

si attrezzino subito per evitare che la situazione degeneri, adottando una corretta gestione<br />

del rischio alluvione attraverso:<br />

1. la predisposizione di una classificazione completa e aggiornata del territorio in termini di<br />

rischio (frequenza, intensità e tempi di ritorno del fenomeno)<br />

2. la raccolta di dati sulla vulnerabilità dei capitali assicurati<br />

3. il calcolo del Danno Massimo Probabile (MPL) sia per singola polizza sia sull’esposizione<br />

cumulata dei valori assicurati (per rischio alluvione e per somma di rischi)<br />

Solo così infatti per gli assicuratori e per i riassicuratori sarà possibile valutare esattamente<br />

il rischio al quale sono esposti e calcolare di conseguenza le tariffe più adatte, rispettivamente<br />

per le polizze di assicurazione e per le coperture riassicurative.<br />

In questa lettura, dopo aver inquadrato in termini scientifici il fenomeno alluvionale in base<br />

alle caratteristiche e cause scatenanti, si evidenzieranno gli aspetti normativi e assicurativi<br />

del fenomeno, confrontando l’attuale situazione italiana a quella degli altri paesi europei e<br />

evidenziando quali potrebbero essere le possibili evoluzioni dello scenario. Si affronterà quindi<br />

l’attuale situazione delle Compagnie assicurative, spesso impossibilitate ad effettuare una<br />

corretta valutazione della propria esposizione al rischio, sia per quanto riguarda la singola<br />

polizza, sia per le aree di cumulo. Inoltre, l’assenza di una mappatura del territorio secondo<br />

le zone a rischio efficace e completa rende impossibile, anche ai riassicuratori, effettuare il<br />

calcolo della loro esposizione nel momento della definizione di una copertura riassicurativa.<br />

Di conseguenza, le Società di riassicurazione si vedranno costrette, se la situazione non<br />

cambia, a rivedere i premi dei contratti di riassicurazione in termini più restrittivi, inserendo<br />

tetti massimi di rimborso più bassi di quelli esistenti, franchigie più alte, ecc..<br />

Le conclusioni riguardano la possibilità di introdurre una metodologia di gestione del rischio<br />

che, sulla base degli strumenti attualmente disponibili e tenuto conto degli sviluppi futuri,<br />

4


permetta alle Assicurazioni di quantificare e valutare il rischio territoriale, tenere conto del<br />

valore assicurabile dei capitali in situ e determinare di conseguenza il Danno Massimo Probabile<br />

coerente con le aree di cumulo identificate.<br />

In tal senso, la metodologia consigliata non solo garantirà anche da parte dei Riassicuratori<br />

una più efficiente definizione dei premi applicabili, ma porterà tutto il sistema assicurativo a<br />

fronteggiare in modo più consapevole le probabili evoluzioni dello scenario legislativo.<br />

5


1. Gli aspetti tecnici e scientifici del rischio alluvione<br />

Al fine di capire meglio quali siano le tipologie di alluvione più frequenti in una data zona<br />

e quali ne possano essere le cause, è interessante per le Assicurazioni poter inquadrare<br />

il fenomeno su base scientifica e cercare di individuare quali siano le cause che negli ultimi<br />

anni ne hanno aumentato la frequenza.<br />

1.1. Classificazione e descrizione dei fenomeni alluvionali<br />

Per “alluvione” si intende il temporaneo allagamento di territori a causa dello straripamento<br />

di acque superficiali (stagnanti o correnti) o a causa di intense precipitazioni.<br />

Eccone una classificazione.<br />

Straripamento di fiumi<br />

La maggior parte delle grandi alluvioni registrate in tutto il mondo è stata causata dallo<br />

straripamento di fiumi dopo giorni o settimane di precipitazioni riversatesi in grandi bacini<br />

idrografici (2) . Allo stesso modo, brevi piogge molto intense o acque di fusione (di nevi o<br />

ghiacciai) possono far straripare fiumi e provocare inondazioni: il terreno si satura e non<br />

essendo più in grado di assorbire acqua la lascia defluire nei fiumi o nei laghi.<br />

Rottura di dighe e/o argini<br />

Le cause più frequenti della rottura di dighe ed argini sono:<br />

• superamento dei valori di progetto (portata, livello idrometrico, ecc.) in seguito a piene<br />

eccezionali<br />

• sottodimensionamento ed errori di progettazione<br />

• obsolescenza della struttura o di sue parti<br />

• indebolimento per effetto d’infiltrazione d’acqua nelle fondazioni a causa di piene persistenti<br />

• danni da terremoti, frane, ecc.<br />

• danni arrecati da animali (topi muschiati che minano le fondazioni, calpestio di bestiame)<br />

• assestamenti<br />

In alcuni casi, nonostante la diga regga l’urto, l’inondazione viene provocata dall’onda di<br />

piena causata dalla caduta nel bacino artificiale di frane, massi o blocchi di ghiaccio: un<br />

esempio di questo genere è stata la catastrofe del Vajont, avvenuta nel 1963.<br />

Innalzamento del livello di laghi e corsi d’acqua<br />

Periodi di eccezionali precipitazioni possono provocare un forte innalzamento del livello<br />

dei laghi senza sufficiente deflusso, come avvenne per il lago Maggiore nel 1993. Il risultato<br />

è che spesso le zone rivierasche, densamente popolate, vengono sommerse da<br />

metri d’acqua. Anche l’innalzamento del livello delle acque correnti, provocato dalla caduta<br />

di massi o valanghe, com’è avvenuto in Valtellina nel luglio 1987, può avere effetti<br />

altrettanto disastrosi.<br />

Mareggiate<br />

La mareggiata è un aumento del livello del mare o delle acque ad esso collegate (foci di<br />

fiumi, lagune, ecc.) causato dal vento. L’effetto può essere incrementato dal sommarsi<br />

2 tratto di superficie terrestre sul quale scorrono le acque che affluiscono a un dato corso o bacino d’acqua<br />

6


dell’alta marea ciclica tipica della zona colpita e la configurazione morfologica della costa.<br />

Onde di maremoto<br />

Le onde di maremoto (“tsunami”), causate da terremoti, eruzioni vulcaniche o frane sottomarine<br />

possono raggiungere altezze di diverse decine di metri in baie con coste alte.<br />

Sebbene le dimensioni di queste onde siano difficili da prevedere (le caratteristiche morfologiche<br />

della costa giocano un ruolo fondamentale), è possibile calcolare con precisione il<br />

loro arrivo e adottare adeguate misure d’evacuazione, laddove la distanza dall’epicentro<br />

del terremoto e quindi il tempo di preavviso lo consentano.<br />

Sprofondamento della costa, cedimento e assestamento del terreno<br />

Movimenti della crosta e della superficie terrestre possono dar luogo a inondazioni, in particolare<br />

nel delta dei grandi fiumi. Significativo per quanto riguarda l’Italia il cedimento di<br />

0,22 metri (dal 1908 al 1980) della zona di Venezia che ha notevolmente acuito il fenomeno<br />

dell’acqua alta.<br />

Sesse<br />

Quando il vento soffia costantemente e con forte intensità da una stessa direzione sposta<br />

grosse masse d’acqua innalzandole verso una sponda e deprimendole verso l’altra: se<br />

il vento cessa improvvisamente, l’equilibrio si spezza causando l’oscillazione dell’acqua e<br />

la sua fuoriuscita.<br />

Fuoriuscita di acque di fusione di ghiacciai<br />

In periodi di disgelo, alimentati da attività vulcaniche o dal progressivo riscaldamento dell’atmosfera,<br />

i laghi subglaciali si svuotano e le masse d’acqua accumulatesi precipitano a<br />

valle. Anche sulle Alpi si assiste a questi fenomeni, come avvenuto in Val de Bagnes nelle<br />

Alpi Pennine.<br />

Inondazioni improvvise<br />

Si verificano generalmente a causa di tempeste caratterizzate da intensissime precipitazioni<br />

a carattere locale: provocano allagamenti circoscritti, elevata velocità di scorrimento<br />

dell’acqua e danni catastrofici.<br />

Colate di fango<br />

Le colate di fango non sono vere e proprie inondazioni: ne sono esempi i movimenti<br />

improvvisi avvenuti nel 1987 in Valtellina e nel 1998 a Sarno di Campania. Generalmente<br />

sono provocate dall’enorme aumento di peso del sostrato intriso d’acqua e dalla sua elevata<br />

scorrevolezza: pesanti masse sedimentarie instabili scivolano generalmente lungo il<br />

pendio su un fronte di scorrimento costituito da materiale solido o argilla satura d’acqua.<br />

Rigurgiti<br />

Quando la rete fognaria, normalmente concepita per far defluire acque di precipitazione<br />

con tempo di ritorno pari a un anno (e a volte pari a 10 anni), è sottoposta a nubifragi o a<br />

rovesci di pioggia più intensi e ravvicinati, non è più in grado di assorbire la massa d’acqua<br />

e crea inondazioni da rigurgito. <strong>Re</strong>centemente il problema si è aggravato ulteriormente sia<br />

per la sempre maggior impermeabilizzazione del suolo urbano sia perché la manutenzione<br />

delle reti fognarie spesso non è adeguata.<br />

7


Innalzamento del livello freatico, assestamento del terreno<br />

L’innalzamento del livello freatico fino in superficie è causato in genere da cambiamenti del<br />

regime delle precipitazioni consolidatisi nei mesi o negli anni. Lo sprofondamento del terreno<br />

è, invece, la conseguenza di un’eccessiva captazione di acque sotterranee da parte del<br />

suolo.<br />

1.2. Aumento nel tempo dei fenomeni alluvionali: principali cause<br />

Molteplici fattori concorrono all’aumento delle catastrofi dovute ad alluvioni: il cambiamento<br />

climatico e la “colonizzazione” di nuovi territori, con impatto negativo sull’assetto idrogeologico,<br />

sono solo i principali. Ognuno di questi fattori agisce sulla frequenza del fenomeno<br />

alluvionale in modo diverso.<br />

1.2.1. Cambiamento climatico<br />

Il fenomeno ormai noto e conosciuto da tempo come “effetto serra” modifica il bilancio<br />

energetico del pianeta e comporta l’aumento del calore totale del sistema.<br />

Le implicazioni sono molteplici: dallo scioglimento delle zone coperte da ghiacci perenni (che<br />

porta all’aumento del livello dei mari), alla progressiva scomparsa dei ghiacciai nelle zone<br />

montane, all’innalzamento della “linea della neve”.<br />

In particolare questi ultimi due fenomeni influenzeranno il sistema idrografico dell’Italia del<br />

Nord: la scomparsa dei ghiacciai (con il loro effetto di accumulo di acqua e successivo rilascio)<br />

causerà piene improvvise nei periodi ad alte precipitazioni atmosferiche e fiumi in<br />

secca nei periodi estivi. Il fenomeno sarà enfatizzato dall’innalzamento della linea della neve:<br />

sulla catena alpina in ottobre la linea della neve è normalmente a quota 1600 metri, ma nell’ottobre<br />

del 1999 in alcune zone si trovava al di sopra dei 2600 metri. Ciò comporta che tutta<br />

l’acqua che prima cadeva sotto forma di neve e che si scioglieva con gradualità, cadrà al<br />

suolo sotto forma di pioggia andando a saturare più velocemente il terreno e alimentando<br />

direttamente i bacini e i corsi d’acqua.<br />

Un’ulteriore implicazione dell’effetto serra è l’aumento dell’evaporazione e della turbolenza<br />

dell’atmosfera con una corrispondente maggior variabilità spazio-temporale della frequenza<br />

degli eventi piovosi e un inevitabile aumento della frequenza delle piene.<br />

Più specificatamente, la situazione italiana è la seguente: il Mediterraneo ha attualmente una<br />

temperatura media di 2° C superiore a quella di 20 anni fa, quindi la quantità di vapore<br />

acqueo rilasciata nell’atmosfera è maggiore. Il sistema di bassa pressione che si forma si<br />

sposta verso nord incontrando masse di aria fredda sulle Alpi e provocando intense precipitazioni.<br />

Il fenomeno è particolarmente evidente tra settembre e novembre (le violente piogge<br />

dell’ottobre del 2000 ne sono un esempio).<br />

8


1.2.2. Impermeabilizzazione del suolo attraverso la costruzione di<br />

opere edili<br />

Come conseguenza della massiccia urbanizzazione e cementificazione degli ultimi anni, le<br />

precipitazioni non possono più penetrare nel terreno e devono defluire in superficie, andando<br />

ad incrementare direttamente il livello dell’acqua nei fiumi. Di conseguenza, i tempi di<br />

corrivazione (3) delle acque stesse si riducono e la velocità con la quale si formano le piene e<br />

la loro intensità aumentano.<br />

1.2.3. Sistemazioni fluviali<br />

Premesso che quasi tutti i fiumi, in special modo nei tratti terminali, sono stati regolati artificialmente<br />

per mettere in sicurezza le attività dell'uomo, le esondazioni possono imputarsi<br />

alla continua trasformazione del territorio (ad esempio l'eliminazione delle reti minori di<br />

scolo) che modifica di conseguenza continuamente i parametri di deflusso delle acque<br />

accelerando, in genere, i tempi di corrivazione delle stesse. Ne consegue che le difese<br />

idrauliche (argini, briglie, chiaviche, scolmatori, traverse ecc.) sono interessate da sollecitazioni<br />

prevalentemente più forti di quelle di progetto (portate, velocità, trasporto solido,<br />

ecc.), con il risultato che il decadimento della funzionalità delle opere è accelerato e la loro<br />

capacità di difesa ridotta.<br />

1.2.4. Deforestazione e cambiamento di vegetazione<br />

La continua deforestazione riduce sensibilmente la capacità di trattenimento delle acque<br />

da parte delle zone boschive. Gli effetti immediati sono l’erosione del suolo, in caso di forti<br />

piogge, e la diminuzione della percentuale di acqua trattenuta dalla vegetazione. In modo<br />

simile, alcuni interventi agrari inadatti al territorio possono accelerare il deflusso delle<br />

acque dalle zone coltivate.<br />

1.2.5. Impermeabilizzazione naturale<br />

Fenomeno che si presenta in caso di terreni ghiacciati o dopo lunghi periodi di pioggia. I<br />

pori e le cavità del terreno, otturati dal ghiaccio e intrisi d’acqua, non sono più in grado di<br />

assorbirne altra, con conseguente deflusso diretto delle precipitazioni in superficie. Solo<br />

dopo prolungate fasi di disgelo o di assenza di precipitazioni e quando una sufficiente<br />

quantità d’acqua si è dispersa nel terreno, è evaporata o è stata assorbita dalle piante, il<br />

terreno riacquista le sue importanti funzioni di contenimento ed immagazzinaggio.<br />

1.3. Contesto idrologico italiano e confronto con i maggiori Paesi<br />

europei<br />

Le caratteristiche idrologiche di una nazione influiscono in modo determinante sia sulla<br />

frequenza sia sull’intensità dei fenomeni alluvionali. Per questo, fra i principali Paesi euro-<br />

3 tempo di corrivazione (o tempo di ritardo) di un bacino idrografico è definito come il tempo impiegato dall'acqua per raggiungere la sezione di chiusura<br />

partendo dal punto del bacino a cui corrisponde il percorso più lungo (in termini di tempo)<br />

9


pei, le peculiarità dei singoli territori, in aggiunta ad altri fattori socio-culturali, hanno portato<br />

allo sviluppo nel tempo di tipologie di coperture assicurative piuttosto diverse.<br />

Prima di analizzare le diverse soluzioni adottate da un punto di vista assicurativo, occorre<br />

quindi comprendere le caratteristiche idrologiche delle singole nazioni.<br />

In Francia le alluvioni sono frequenti, in particolare alla fine dell’autunno e durante l’inverno,<br />

e sono tra i disastri naturali che maggiormente affliggono il Paese. Nei grandi bacini<br />

fluviali (Loira e Senna) gli straripamenti di fiumi e gli allagamenti di pianure e delta sono<br />

numerosi, mentre le zone alpine, pirenaiche o delle Ardenne sono afflitte da inondazioni<br />

improvvise causate da temporali estivi o pesanti rovesci autunnali. La piatta costiera atlantica<br />

è, invece, soggetta a mareggiate.<br />

Le grandi aree urbane della Germania, situate nelle pianure attraversate da importanti<br />

fiumi, sono quelle più soggette al rischio di straripamento, in seguito a prolungate precipitazioni<br />

(vedi l’alluvione del <strong>Re</strong>no nel ’93 e nel ’95; dell’Oder nel ’97 e del Danubio nel<br />

’99). In modo diffuso sono, inoltre, possibili inondazioni improvvise dovute a violenti rovesci<br />

locali, mentre tutta la costa affacciata sul mare del Nord è a rischio mareggiata.<br />

Nel <strong>Re</strong>gno Unito, le coste e le aree limitrofe agli estuari dei principali fiumi (Tamigi, Humber)<br />

più densamente popolate, sono protette da dighe marittime progettate per resistere<br />

ad eventi con un tempo di ritorno da 50 a 100 anni. Quindi, pur rimanendo zone soggette<br />

al rischio, la probabilità che vengano colpite da un tale evento è bassa. In particolare, Londra<br />

è protetta da eventi con tempo di ritorno di 1.000 anni.<br />

Bacini idrografici relativamente piccoli, inoltre, rendono anche gli straripamenti di fiumi<br />

abbastanza rari, mentre sono più frequenti le alluvioni improvvise causate da piogge e<br />

tempeste, che storicamente hanno colpito aree densamente popolate.<br />

È da sottolineare che una mappatura del territorio piuttosto accurata garantisce un immediato<br />

intervento nelle zone a maggior rischio, più che in molti altri Paesi europei.<br />

In Svizzera la presenza di molti laghi abbassa il livello del rischio di straripamento di fiumi.<br />

Comunque, la protezione contro lo straripamento dei fiumi è generalmente buona, essendo<br />

progettata per eventi con tempo di ritorno di 50 o 100 anni. Molto più alto è, invece, il<br />

rischio di alluvioni improvvise, soprattutto nelle zone centrali della Svizzera, a causa di violenti<br />

rovesci estivi.<br />

L’Italia è un Paese con un delicatissimo equilibrio idrologico, dovuto sia alle caratteristiche<br />

del territorio sia ad altri fenomeni più peculiari. Infatti l’abusivismo edilizio diffuso per<br />

molti anni in tutta la nazione ha permesso l’urbanizzazione di zone ad altissimo rischio,<br />

come le aree interne ad anse di fiumi. Inoltre, sono state costruite, soprattutto negli anni<br />

’60 e ’70, abitazioni a costi contenuti ma caratterizzate da un basso profilo qualitativo e da<br />

livelli di sicurezza scadenti.<br />

Dal punto di vista climatico, nel periodo che va da settembre a novembre, le frequenti<br />

piogge fanno aumentare il rischio alluvione per straripamento di fiumi in molte regioni (Pie-<br />

10


monte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Umbria, Lazio, Liguria, Calabria). Le<br />

inondazioni improvvise sono più tipiche invece nel periodo estivo, soprattutto nelle zone<br />

alpine e appenniniche. A questi fenomeni sono da aggiungere le mareggiate, che rappresentano<br />

però un pericolo più remoto e, generalmente, causano meno danni.<br />

La seguente tavola 2 riassume per i Paesi indicati il grado di esposizione alle alluvioni del<br />

tipo tsunami, mareggiata e straripamento di fiumi espresso in percentuale della superficie<br />

interna nazionale.<br />

Tavola 2<br />

Fonte: <strong>Munich</strong> <strong>Re</strong><br />

11


2. L’aspetto normativo e assicurativo del fenomeno alluvionale<br />

I fenomeni alluvionali appartengono ai cosiddetti rischi catastrofali provocati da fenomeni<br />

naturali.<br />

Nei diversi paesi europei, le soluzioni adottate a tutela di tali rischi sono molto diverse,<br />

in funzione dei diversi contesti climatici, territoriali e legislativi. Ad esempio, da un confronto<br />

tra i principali paesi europei, risulta un quadro eterogeneo in cui convivono forme<br />

di copertura obbligatorie (Svizzera), semi-obbligatorie (Francia) o completamente discrezionali<br />

(<strong>Re</strong>gno Unito e Germania).<br />

L’attuale situazione italiana è caratterizzata dalla mancanza di una legge che regolamenti<br />

il fenomeno, il che si traduce in una bassa penetrazione assicurativa, soprattutto nel settore<br />

privato. Per giunta, la mancanza di obbligatorietà enfatizza il fenomeno dell’antiselezione<br />

e comporta una raccolta di premi non commisurata al rischio coperto, dato che<br />

le richieste di copertura sono più frequenti nelle aree di maggior esposizione al rischio.<br />

La necessità di ingrandire il mercato per poter allargare la base su cui distribuire il<br />

rischio, secondo il principio della mutualità, sta alla base della richiesta da parte delle<br />

assicurazioni di un disegno di legge che regolamenti la copertura assicurativa del rischio<br />

catastrofale, e in particolare del rischio alluvione.<br />

Comunque, in qualsiasi modo venga effettuata, la copertura dei rischi catastrofali deve<br />

riuscire a trovare un giusto equilibrio tra gli obiettivi dello Stato (protezione dei cittadini,<br />

solidarietà), quelli del sistema assicurativo (efficienza, rapporto equilibrato tra raccolta<br />

premi e perdite attese, ecc.) e le esigenze degli assicurati (protezione ad un prezzo equo<br />

dei propri capitali).<br />

2.1. Copertura dei rischi catastrofali: il contesto europeo<br />

2.1.1. Francia<br />

Dal 1982 è stato istituito un regime di semi-obbligatorietà. L’assicurazione contro i danni<br />

da catastrofi naturali non è obbligatoria, ma quando viene stipulata una polizza contro<br />

l’incendio o un evento naturale, è prevista l’estensione automatica della copertura del<br />

bene assicurato, sia esso un edificio o un’auto, contro “catastrofe naturale”.<br />

I fenomeni che rientrano nella copertura obbligatoria sono tutti i fenomeni naturali (alluvioni,<br />

frane, smottamenti, siccità, maremoto, terremoto, eruzioni vulcaniche, valanghe,<br />

ecc.) ad esclusione di uragani, tempeste, grandine, peso della neve e ghiaccio. È il<br />

Governo con un decreto interministeriale a decidere se un evento è definibile “catastrofe<br />

naturale” ed è sempre il Governo a decidere quali sono i limiti delle aree colpite.<br />

L’estensione automatica della copertura avviene in virtù del pagamento di un sovrappremio<br />

pari al 12% del premio totale. Le condizioni di copertura del capitale assicurato<br />

non cambiano per effetto dell’estensione obbligatoria; ad eccezione della franchigia,<br />

che tipicamente è inferiore in caso di catastrofe naturale.<br />

Questo sistema di semi-obbligatorietà è sostenibile anche grazie al fatto che la pene-<br />

13


trazione assicurativa è molto alta: quasi tutte le Società, piccole o grandi, sono coperte<br />

e più del 90% dei privati sono assicurati.<br />

È da segnalare che le compagnie di assicurazione si possono riassicurare sia sul mercato<br />

privato sia presso la Cassa Centrale di Riassicurazione (CCR), una Società per Azioni<br />

a capitale interamente statale (che sarà però privatizzata). Nel caso di una catastrofe<br />

naturale di proporzioni eccezionali è lo Stato a dare le necessarie garanzie finanziarie a<br />

copertura di una eventuale insolvenza della CCR per mancanza di fondi.<br />

2.1.2. Germania<br />

Così come avviene in Italia, in Germania la copertura contro rischi naturali non è obbligatoria<br />

e, di conseguenza, la penetrazione assicurativa è piuttosto bassa: circa il 10%<br />

(però arriva regionalmente per motivi storici fino al 90%) sia degli edifici civili sia di quelli<br />

industriali è coperto contro il rischio alluvione, con un rischio di antiselezione elevato.<br />

I privati possono coprirsi contro i danni provocati da eventi naturali (eccetto mareggiate)<br />

con un’estensione della polizza contro incendio e tempesta. Le industrie possono<br />

effettuare polizze a copertura dei singoli eventi naturali, compresa l’alluvione, ma sono<br />

offerti anche pacchetti con copertura all-risks. I premi e le quote di deduzione fiscale<br />

sono calcolati tenendo conto del livello di rischio della zona dove è situato il capitale<br />

assicurato.<br />

A tale fine l’associazione nazionale delle Società assicuratrici (Gesamtverband der Deutschen<br />

Versicherungswirtschaft - GDV) ha realizzato una mappatura del territorio per il<br />

rischio alluvione. I dati sono disponibili, per le Compagnie assicurative operanti nel<br />

Paese, con l’acquisto del programma ZÜRS, che fornisce, inserendo l’indirizzo di un edificio,<br />

il livello di esposizione al rischio. Si sottolinea però che il programma è stato studiato<br />

per il controllo dei cumuli e quindi non fornisce un’analisi sufficientemente accurata<br />

per considerazioni sul singolo edificio. I livelli identificati di esposizione sono 3:<br />

bassa esposizione (zone soggette ad alluvioni con tempi di ritorno superiori a 50 anni),<br />

media (tempi di ritorno compresi tra 10 e 50 anni), alta (tempi di ritorno inferiori a 10<br />

anni). Sempre la GDV, pur non avendo indicato come considerare la vulnerabilità del<br />

capitale assicurato, ha emesso delle raccomandazioni sul calcolo delle tariffe. La riassicurazione<br />

è effettuata interamente sul mercato privato.<br />

2.1.3. <strong>Re</strong>gno Unito<br />

La penetrazione assicurativa nel mercato inglese è molto elevata: l’80% dei proprietari<br />

residenziali e quasi la totalità dell’industria hanno stipulato polizze danni a copertura del<br />

rischio alluvione, inclusa la mareggiata.<br />

Questa elevata penetrazione dipende sia dall’ampia differenziazione dell’offerta assicurativa,<br />

sia dalla elevata sensibilità degli inglesi per la copertura assicurativa nella sua<br />

accezione più ampia, nonostante i premi relativi a queste coperture siano piuttosto alti.<br />

A questi livelli di saturazione, la differenziazione dei premi è legata al grado di esposizione<br />

al rischio del capitale assicurato. Per la copertura dei rischi industriali vengono<br />

14


offerte polizze “named risks”, cioè a copertura del singolo rischio, oppure pacchetti allrisks,<br />

da tempo presenti sul mercato anglosassone. La riassicurazione è completamente<br />

libera e avviene sul mercato privato.<br />

2.1.4. Svizzera<br />

Il mercato svizzero presenta una penetrazione assicurativa pari al 100%, sia tra i clienti<br />

privati sia tra quelli industriali, poiché la copertura dei danni causati dagli elementi naturali<br />

è obbligatoria in tutta la nazione, tranne nei Cantoni di Ginevra, Ticino e Valais.<br />

Con queste polizze sono coperti i rischi di alluvione, tempesta, valanghe, grandine,<br />

neve, frane mentre sono esclusi terremoto, eruzione vulcanica, siccità, umidità, gelo e<br />

ondate di caldo.<br />

Le modalità di copertura non sono le stesse per tutto il territorio : in 19 dei 26 Cantoni<br />

esistono Compagnie di Assicurazione di proprietà del Cantone che coprono gli edifici. Il<br />

contenuto invece è assicurato da Compagnie private che, nei restanti 7 Cantoni, effettuano<br />

anche la copertura degli edifici.<br />

Dove esistono le Compagnie Assicurative “cantonali” la gestione della riassicurazione<br />

è curata da una Associazione di Riassicurazione Intercantonale (IRV) che ha acquistato<br />

una copertura catastrofale stop-loss congiunta per i suoi soci. Anche le compagnie private,<br />

che hanno istituito un “Pool danni causati dagli elementi naturali”, hanno acquistato<br />

un programma stop-loss.<br />

2.2. La situazione italiana attuale<br />

Dal 1968 al 1996 lo Stato italiano ha speso circa 210.000 miliardi di lire (rivalutati al<br />

2000), cioè mediamente 7.300 miliardi all’anno a seguito di calamità naturali. Negli anni<br />

in cui si sono verificati eventi particolarmente gravi, la finanza pubblica ha dovuto reperire<br />

30.000 – 40.000 miliardi per i soli risarcimenti senza intervenire sulle cause dei<br />

disastri. A fronte di una minima incidenza dei danni assicurati rispetto ai danni totali, gli<br />

esborsi pubblici sono stati piuttosto elevati, dato che la copertura assicurativa legata alle<br />

alluvioni è scarsa, soprattutto se si valuta l’attuale quadro normativo alla luce dell’esposizione<br />

al rischio di alluvioni del Paese.<br />

2.2.1. Quadro normativo attuale<br />

Nell’ordinamento giuridico italiano non esiste una legge organica che regoli in via generale<br />

gli interventi operativi ed economici derivanti dalla dichiarazione di “stato di calamità<br />

naturale” ed inoltre non è prevista alcuna forma di assicurazione obbligatoria o<br />

semi-obbligatoria contro i danni provocati da tali eventi.<br />

15


2.2.2. Soggetti interessati<br />

Attualmente in Italia sono assicurati contro il rischio alluvione circa il 5% dei privati (proprietari<br />

di edifici “civili”) e il 75% (4) circa delle industrie , dato che l’assenza dell’obbligatorietà<br />

o della semi-obbligatorietà non ha favorito la diffusione di specifiche coperture<br />

assicurative, soprattutto nel mercato delle abitazioni private.<br />

La bassissima penetrazione comporta un elevato rischio di antiselezione, dato che,<br />

venendo meno il concetto di mutualità, se effettivamente i premi dovessero essere<br />

commisurati ai rischi, essi sarebbero elevatissimi e improponibili all’assicurato, mentre<br />

premi di importo minore danneggerebbero la Società assicuratrice.<br />

2.2.3. Tipologie di copertura assicurativa ed andamento tecnico del<br />

settore<br />

L’arretratezza del quadro normativo e la limitata penetrazione assicurativa non hanno<br />

favorito lo sviluppo di un sistema di offerta strutturato riguardo alla copertura dei rischi<br />

alluvionali.<br />

Da interviste a operatori del settore è emerso che le Compagnie utilizzano metodologie<br />

di calcolo per le tariffe multi-perils diverse fra loro. Inoltre quando una polizza contro il<br />

rischio incendio viene estesa con la copertura per danni da eventi naturali, viene calcolato<br />

un premio totale, in cui è indistinguibile la quota relativa alla copertura per l’incendio<br />

e le altre relative a rischi diversi; per giunta, spesso l’estensione stessa è gratuita,<br />

per fini commerciali.<br />

A fronte di un rischio ben più esteso, in Italia la raccolta premi (diretta e indiretta) del<br />

ramo danni nel 2000 è stata di circa 60.700 miliardi contro i 57.200 miliardi del 1999 con<br />

un incremento del 6,1% (5) . I premi di competenza del ramo “incendio ed altri eventi<br />

naturali”, rispettivamente di 3.290 miliardi per il 2000 e di 3.210 miliardi per il 1999,<br />

sono cresciuti di appena il 2,5%. Per la sinistralità, cioè rapporto tra sinistri e premi,<br />

viene indicato un 52,8% (50,8% nel 1999).<br />

2.2.4. Il ruolo del riassicuratore<br />

Circa il 35% del totale della raccolta premi incendio è riassicurato mediante cessione ad<br />

altre Compagnie assicurative o a Società di riassicurazioni.<br />

La riassicurazione professionale riguarda principalmente i premi raccolti nel segmento<br />

“industria”, mentre i premi a copertura delle abitazioni private spesso non vengono<br />

ceduti in riassicurazione essendo minore l’esposizione delle compagnie, derivante sia<br />

dal valore medio nettamente inferiore a quello industriale, sia dalla minor penetrazione<br />

che rende inferiore anche il rischio cumulato. Le Compagnie di assicurazione, a loro<br />

volta, a seconda del loro approccio alla gestione del rischio, possono chiedere coperture<br />

riassicurative di tipo proporzionale o non proporzionale.<br />

4 Fonte: <strong>Munich</strong> <strong>Re</strong><br />

5 Fonte: ANIA<br />

16


Il problema principale deriva dal fatto che l’assicuratore che cede i valori assicurati non<br />

è in grado di definirne il grado di rischiosità, né in termini di vulnerabilità, né in termini<br />

di area di cumulo. Ciò significa che il Riassicuratore, non potendo calcolare a sua volta<br />

i cumuli alluvionali o il multi-rischio, per non essere penalizzato è costretto ad imporre<br />

condizioni di riassicurazione più limitative, con premi più alti e/o limiti di copertura più<br />

bassi.<br />

2.3. Quale futuro per l’Italia?<br />

Dal 1993, col progetto del senatore Golfari, i Governi che si sono via via succeduti<br />

hanno dimostrato di voler addossare parte delle uscite derivanti da eventi catastrofici al<br />

sistema assicurativo.<br />

Ciò nonostante, i disegni di legge e le proposte di testo unificato in materia di calamità<br />

naturali, non sono mai state tradotte in legge, per cui è importante analizzare quali possibili<br />

scenari si prospettano a riguardo e quali scelte dovranno prendere di conseguenza<br />

gli operatori di settore.<br />

2.3.1 Possibile evoluzione del quadro normativo<br />

Dai diversi progetti di legge ancora oggi all’esame dell’VIII Commissione Ambiente della<br />

Camera dei deputati (proposta di testo unificato C. 235, disegno di legge C. 5809-ter,<br />

ecc.), si possono evincere alcune importanti indicazioni.<br />

Innanzitutto, lo Stato tende all’introduzione di un regime di semi-obbligatorietà (estensione<br />

obbligatoria della polizza incendio, dove esiste) od obbligatorietà. Questo comporterebbe<br />

l’aumento della percentuale dei danni assicurati rispetto al totale dei danni<br />

e quindi una diminuzione degli esborsi dello Stato, nel caso questi partecipi all’indennizzo<br />

dei danni.<br />

L’indirizzo generale è quello che lo Stato mantenga un ruolo prioritario, ma centrato sulla<br />

definizione delle regole e sull’effettuazione dei necessari controlli più che sulla gestione<br />

diretta degli interventi. In questo modo, nel caso di evento catastrofico le Compagnie<br />

di assicurazione dovrebbero gestire più efficacemente e in tempi minori l’emergenza<br />

valutando velocemente il danno ed effettuando i relativi rimborsi.<br />

La copertura del rischio dovrebbe essere parziale, richiedendo quindi all’assicurato la<br />

compartecipazione ai sinistri.<br />

Tecnicamente si realizzerà con l’applicazione di opportune franchigie, commisurate al<br />

rischio: la copertura dovrebbe prevedere uno scoperto percentuale a carico dell’assicurato,<br />

fermo restando un importo minimo fisso in valore assoluto. Si stabiliranno, nei confronti<br />

di privati cittadini e imprese i cui beni siano privi di copertura assicurativa per<br />

rischi derivanti dalle calamità naturali, delle riduzioni degli indennizzi previsti dallo Stato<br />

(con eccezioni per particolari stati di indigenza).<br />

17


Dovranno essere attuati interventi volti all’ampliamento della capacità finanziaria degli<br />

assicuratori, ad esempio prevedendo particolari regimi fiscali ai quali assoggettare le<br />

riserve costituite per coperture contro le calamità naturali.<br />

Cruciale in questo ambito è la ripartizione del rischio tra Compagnie assicurative con i<br />

meccanismi della coassicurazione (compensazione tra aree, operatori e tipo di rischio)<br />

e della riassicurazione, che potrà avvenire tramite uno o più Consorzi creati appositamente.<br />

Potranno essere definite forme di incentivazione a favore delle zone più a rischio ed<br />

agevolazioni fiscali: queste ultime dovrebbero favorire l’incremento della penetrazione<br />

assicurativa nel Paese.<br />

Infine, si renderà necessario il monitoraggio dell’andamento delle riserve costituite dalle<br />

imprese assicuratrici negli anni.<br />

2.3.2. Soggetti interessati e ipotesi di tipologie di coperture assicurative<br />

Sulla base di un’ipotesi di semi-obbligatorietà della copertura, la Commissione ANIA<br />

sulle calamità naturali ha analizzato i tre possibili criteri di tariffazione:<br />

1. copertura con un sovrappremio pari ad una percentuale del premio Incendio della<br />

polizza di riferimento<br />

2. tasso unico (per la copertura di tutti i rischi catastrofali)<br />

3. premi collegati alla ubicazione del fabbricato, che tengono conto della sua esposizione<br />

al complesso dei rischi coperti dalla polizza<br />

La prima soluzione (contestata dall’ANIA) è quella di più semplice applicazione ma è<br />

priva di fondamento tecnico: non esiste correlazione tra la probabilità di accadimento<br />

del rischio incendio e quella di altri rischi naturali e non può quindi esistere legame tra i<br />

due premi. Inoltre, nel caso il sovrappremio sia troppo basso, c’è il pericolo di non raccogliere<br />

premi a sufficienza per la copertura del rischio per calamità naturale.<br />

In Francia, dove questa tipologia di copertura è adottata, è stato necessario aumentare<br />

nel tempo la percentuale di sovrappremio (passata dall’iniziale 6% all’attuale 12%). Si<br />

sottolinea però che una soluzione di questo tipo presuppone un contesto normativo<br />

come quello francese: è lo Stato a garantire in ultima istanza il rimborso degli indennizzi<br />

nel caso la CCR non riesca a farvi fronte. Infine si deve anche considerare che l’esposizione<br />

ai rischi catastrofali è diversa in Italia rispetto alla Francia: è simile per il<br />

rischio alluvione ma diversa per il rischio terremoto (molto più alta nel nostro Paese).<br />

Gli stessi pregi e difetti, ma accentuati, li ritroviamo nella seconda soluzione: non esiste<br />

legame tra le probabilità di accadimento dei diversi rischi e quindi i premi non possono<br />

essere di certo uguali. Inoltre, una copertura di questo tipo, nella quale non viene<br />

considerato il livello di esposizione ai diversi tipi di rischio catastrofale, non stimolereb-<br />

18


e i contraenti situati nelle zone più esposte ad aumentare le misure di prevenzione,<br />

dato che non otterrebbero vantaggi sul premio da pagare.<br />

La soluzione migliore è la terza, nonostante anch’essa presenti tra i principali inconvenienti<br />

la mancanza di una mappatura del territorio per i rischi catastrofali (in particolare<br />

per il rischio inondazione) e la gestione di tariffe multi-perils con tassi diversi da Compagnia<br />

a Compagnia. Entrambi i problemi sono però risolvibili se gli operatori mostrano<br />

la necessaria determinazione ad accordarsi per definire una mappatura comune del territorio<br />

per i diversi gradi di rischio e ad identificare un “range” di variazione all’interno<br />

del quale possono muoversi i premi applicati dalle diverse Compagnie.<br />

19


3. Una metodologia efficace per gestire il rischio alluvione<br />

Le Assicurazioni si trovano ad affrontare una situazione assolutamente critica sotto tre<br />

aspetti: da un lato, l’aumento della frequenza dei fenomeni alluvionali, dall’altro l’incremento<br />

dei capitali assicurati e un ulteriore probabile aggravio del contesto normativo.<br />

Infatti, l’introduzione di una copertura semi-obbligatoria od obbligatoria, se da una parte<br />

consentirebbe di aumentare la penetrazione e allargare il mercato, dall’altra parte rischierebbe<br />

di aggravare ulteriormente il rischio di antiselezione. Nel caso di premi troppo elevati<br />

infatti, i soggetti meno esposti al rischio alluvione (o ad altri eventi naturali) potrebbero<br />

disdire anche la copertura incendio invece di effettuare l’estensione obbligatoria a<br />

copertura dei rischi da eventi naturali. Di fatto, la maggior raccolta di premi continuerebbe<br />

ad essere “squilibrata”: i premi pagati per la copertura dei capitali soggetti ad alto<br />

rischio non sarebbero comunque commisurati all’entità del rischio stesso. Un ulteriore<br />

motivo per definire adeguatamente le coperture viene dal fronte delle riassicurazioni: l’attuale<br />

squilibrio nel calcolo dei premi, infatti, impone ai riassicuratori di prevedere dei “cap”<br />

sui contratti nuovi e di diminuire i limiti superiori di rimborso su quelli esistenti. Una correzione<br />

sostanziale dell’attuale situazione comporta da parte delle assicurazioni una<br />

gestione del rischio più sofisticata ed efficiente. In tal senso, un corretto approccio al riskmanagement<br />

deve prevedere le seguenti attività:<br />

1. la mappatura dettagliata di tutto il territorio nazionale, in termini di probabilità (frequenza<br />

di accadimento e tempi di ritorno) e magnitudo, in modo da poter valutare a<br />

priori l’esposizione al rischio<br />

2. la valutazione della vulnerabilità dei valori assicurati, in relazione alla loro localizzazione<br />

e alle caratteristiche intrinseche dei beni, da effettuare in situ al momento della<br />

stipula della polizza<br />

3. il calcolo dei cumuli alluvionali, derivante dalla ripartizione del territorio in aree di<br />

cumulo omogenee per probabilità di rischio.<br />

Solo avendo a disposizione le informazioni relative all’effettiva esposizione al rischio e alla<br />

vulnerabilità, è possibile calcolare il Danno Massimo Probabile (MPL) su ogni polizza e<br />

sfruttare queste informazioni per una corretta gestione dell’esposizione. Solo così è infatti<br />

possibile effettuare aggiustamenti dei premi o delle franchigie, in modo che riflettano il<br />

livello di rischio assicurato. Inoltre, avendo a disposizione una suddivisione del territorio<br />

per aree di cumulo, è possibile effettuare il calcolo dell’esposizione massima totale per<br />

scenari di cumulo e gestire così in modo migliore il trasferimento dei rischi: la cessione in<br />

coassicurazione o la riassicurazione.<br />

3.1. La realizzazione di una mappa dettagliata di classificazione del<br />

territorio italiano<br />

Una mappatura del territorio italiano in grado di tenere conto delle effettive probabilità di<br />

accadimento del fenomeno alluvionale, deve esser basata su:<br />

1. ricerche storiche accurate e aggiornate sugli eventi alluvionali<br />

2. modelli previsionali basati sul rilevamento morfologico del territorio, effettuato in situ,<br />

con fotografia aerea o via satellite<br />

21


Attualmente, nonostante esistano mappe, per altro aggiornabili, che classificano il territorio<br />

italiano secondo diversi gradi di esposizione al rischio alluvione, nessuna di esse è in grado di<br />

stimare i tempi di ritorno degli eventi. In tal senso, l’introduzione a breve delle nuove tecnologie<br />

di rilevamento satellitare presto disponibili permetterà un miglioramento sostanziale dei<br />

programmi di modellizzazione. Nel frattempo, entrambi gli operatori del settore assicurativo,<br />

Compagnie di assicurazione e riassicurazione, in attesa di poter sfruttare le nuove tecnologie<br />

per definire congiuntamente un progetto completo e aggiornato di mappatura del territorio,<br />

potrebbero concordare l’utilizzo di una delle classificazioni esistenti, riportate di seguito.<br />

ISAPRE (1996)<br />

Lo studio è stato condotto dalle Sezioni Tecniche Incendio e Riassicurazione dell’ANIA in<br />

collaborazione con l’Istituto Assicurativo per la Prevenzione (ISAPRE), con l’obiettivo di<br />

fornire il livello di esposizione al rischio dei comuni italiani. Il limite maggiore deriva dall’incapacità<br />

di prevedere la probabilità di accadimento del fenomeno, dato che lo studio è<br />

basato su dati storici confrontati con cartografia idrografica e geomorfologica da riaggiornare.<br />

Per altro, il vantaggio del suo utilizzo in campo assicurativo deriva dalla presenza di<br />

una suddivisione del territorio in aree di cumulo.<br />

A.F.R.A.I.D. (1997)<br />

Il progetto AFRAID (A Flood Risk Analysis for Insurance Damages) ha mappato le probabilità<br />

di accadimento dell’evento inondazione, per tutto il territorio nazionale, su scala provinciale.<br />

Il modello previsionale, realizzato da Telespazio ed elaborato tramite un DEM<br />

(Digital Elevation Model) con risoluzione 250x250 metri, potrebbe essere ulteriormente<br />

migliorato in termini di risoluzione tecnica. Il vincolo è però dato dalla mappa delle probabilità<br />

derivata da osservazioni storiche. È infatti stato elaborato un solo indice per provincia<br />

che tenesse conto della storia degli eventi alluvionali passati: la disponibilità di informazioni<br />

è disomogenea sul territorio italiano e quindi mentre per alcune zone, ad esempio<br />

il bacino del Po, si sarebbe potuto ottenere un livello di dettaglio superiore, per altre<br />

zone le informazioni non sono disponibili.<br />

Studio del Ministero dell’ambiente (1999)<br />

Successivamente alla tragedia del maggio 1998 a Sarno in Campania, il Ministero dell’Ambiente,<br />

in collaborazione con il Dipartimento dei Servizi tecnici Nazionali, il Dipartimento<br />

della Protezione Civile e l’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente<br />

(ANPA), ha predisposto un’analisi preliminare delle condizioni di dissesto idrogeologico del<br />

territorio nazionale.<br />

Lo studio ha consentito di elaborare una classificazione dei Comuni sulla base di un indice<br />

qualitativo chiamato “livello di attenzione per il rischio idrogeologico”. Per la determinazione<br />

dell’indice a livello comunale sono state utilizzate sia le informazioni sui dissesti verificatisi<br />

nel passato, sia valutazioni sulla propensione al dissesto idrogeologico del territorio. I<br />

“livelli di attenzione” identificati sono 4: Molto Elevato, Elevato, Medio, Basso o Non Classificabile.<br />

La banca dati costruita, funzionale a uno studio preliminare del territorio, non è<br />

ancora completamente attendibile, ed è in fase di aggiornamento.<br />

L’aggiornamento di queste tre classificazioni del territorio (ISAPRE, AFRAID, Ministero<br />

Ambiente) potrebbe essere fatto con dati provenienti da rilevazioni aeree del territorio.<br />

Esistono già sul mercato mappature di questo tipo (monitoraggi della dinamica costiera,<br />

22


carte del vincolo idrogeologico, monitoraggio aree alluvionate), purtroppo non sufficienti ad<br />

assicurare la copertura di tutto il territorio nazionale. Una mappa di tutta la nazione richiederebbe<br />

almeno un anno di progetto, a meno di limitare lo studio ad alcuni bacini idrografici<br />

particolarmente esposti al rischio, perdendo però, rispetto alle classificazioni già esistenti,<br />

l’uniformità su tutto il territorio nazionale. In qualsiasi direzione si decida di muoversi, è<br />

importante che le Società di assicurazione concordino quale sia la strada da percorrere in<br />

modo da utilizzare metodologie e classificazioni comuni a tutto il mondo assicurativo.<br />

3.1.1. Le nuove tecnologie a supporto dell’analisi del rischio idrologico<br />

In una mappa del territorio, che deve essere utilizzata a fini assicurativi per la copertura<br />

del rischio alluvione, devono confluire molte informazioni, provenienti da diverse fonti,<br />

che devono essere elaborate utilizzando più tecnologie.<br />

Innanzitutto, per avere una rappresentazione in tre dimensioni del terreno, tramite DTM<br />

(Digital Terrain Model) e DEM (Digital Elevation Model), è necessario avere a disposizione<br />

informazioni provenienti da rilevazioni aeree del territorio.<br />

Fino ad ora era prevalentemente usata la tecnologia ottica, con immagazzinamento digitale<br />

delle informazioni. Il rilevamento però è disturbato dalla presenza di corpi nuvolosi e<br />

la risoluzione è vincolata dall’obiettivo usato e dall’altezza da terra della rilevazione. Ora<br />

sono disponibili altre tecniche utilizzabili su satelliti:<br />

• SAR (Synthetic Aperture Radar) : utilizza un sensore radar attivo, non disturbato dalla<br />

presenza di corpi nuvolosi. La tecnica SAR si rivela un ottimo supporto per la prevenzione<br />

a breve termine dato che permette di identificare quale è il contenuto di umidità<br />

di un terreno e capire così quanto è vicino alla saturazione.<br />

• InSAR (Interferometric Synthetic Aperture Radar): tecnica in evoluzione che permette<br />

di rilevare piccoli movimenti del territorio (2-2,5 cm); utilissima quindi per l’analisi degli<br />

spostamenti delle strutture di grandi opere edili (es. dighe).<br />

Le diverse tecnologie sopra descritte verranno operativamente utilizzate nel progetto<br />

“Cosmo Skymed”, nato per il monitoraggio del bacino del Mediterraneo da una collaborazione<br />

italo-francese fra l’Agenzia Spaziale Italiana (ISA) e CNES. Questo progetto (le<br />

prime elaborazioni non saranno pronte prima del 2004) fornirà tutti i dati per ottenere<br />

mappe con risoluzione inferiore al metro e con frequenza di rilevazione pari a 6h.<br />

Le mappe tridimensionali prodotte con i modelli visti sopra, devono essere elaborate,<br />

unitamente a curve pluviometriche e a informazioni meteorologiche, da programmi chiamati<br />

River Modelling System (RMS) per ottenere simulazioni di scenari di piena. Il<br />

passo successivo è l’utilizzo di GIS (Geographical Information System), insieme complesso<br />

di componenti hardware e software utilizzati per acquisire, analizzare, elaborare,<br />

immagazzinare e restituire, in forma grafica e digitale, dati riferiti ad un territorio. Con tali<br />

strumenti è possibile sovrapporre ed elaborare congiuntamente gli scenari elaborati dagli<br />

RMS con mappe topografiche e altre informazioni aggiuntive provenienti da osservazioni<br />

in situ (per rilevare dettagli non altrimenti osservabili).<br />

23


Molte delle funzionalità dei GIS<br />

sono conosciute in quanto<br />

impiegate in diversi settori; la<br />

più tipica è l’overlay topografico.<br />

L’esempio seguente mostra<br />

come sia possibile costruire<br />

una mappa che definisce il<br />

rischio catastrofale in una certa<br />

zona, sovrapponendo layers<br />

con informazioni riguardanti la<br />

topografia, la rete fluviale, la<br />

densità demografica, la localizzazione<br />

(CAP) dei valori assicurati<br />

e le loro esposizioni relative<br />

ad inondazioni. Rappresentando<br />

ciascuna variabile con una<br />

scala di colori, dove il valore<br />

viene associato con l’intensità<br />

di colorazione e sovrapponendo<br />

i vari layers, si ottiene una<br />

immediata visualizzazione delle<br />

zone con maggiore intensità di<br />

rischio.<br />

Solo utilizzando tutti questi<br />

strumenti è possibile ottenere<br />

scenari alluvionali previsionali<br />

attendibili, che rispecchino<br />

effettivamente l’esposizione al<br />

rischio.<br />

Da segnalare infine che fino ad oggi i dati provenienti da costellazioni satellitari erano utilizzabili<br />

solo in fase di previsione/prevenzione, perché le frequenze di acquisizione e le<br />

risoluzioni disponibili non erano compatibili con un utilizzo operativo: infatti, i rilevamenti<br />

o avevano frequenza di acquisizione bassa (8-10 giorni) e risoluzione abbastanza alta (decina<br />

di metri), oppure frequenza di acquisizione alta (1/2 ora) e risoluzione bassa (alcune<br />

decine di metri).<br />

Ora, invece, le nuove tecnologie permettono di ottenere dati con frequenza di acquisizione<br />

di 12-24 ore e risoluzione inferiore al metro. Ciò permette di utilizzarli sia durante l’emergenza<br />

(possibilità di monitorare il fenomeno nel suo divenire, grazie alle alte frequenze di<br />

rilevazione e quindi possibilità di guidare gli interventi a terra) sia in fase di valutazione expost<br />

dei danni. Infatti, con un livello di risoluzione inferiore al metro è possibile facilitare e<br />

rendere più rapida la definizione delle zone colpite e la stima dei danni economici. Ovviamente,<br />

essendo un’osservazione in pianta, è utilizzabile per la definizione delle zone colpite<br />

ma deve essere affiancata da una valutazione in situ per una miglior accuratezza.<br />

24


Il processo di mappatura per l’esposizione al rischio e per il<br />

controllo cumuli alluvionali<br />

3.2. La valutazione della vulnerabilità dei valori assicurati<br />

La suddivisione del territorio italiano in aree con diversa probabilità di accadimento del<br />

fenomeno alluvionale permette di valutare l’esposizione al rischio del capitale assicurato.<br />

Per calcolare meglio il Danno Massimo Probabile nell’area di un CAP è però necessario<br />

integrare tali dati con informazioni che permettano di quantificare la vulnerabilità al rischio.<br />

Infatti, per edifici situati nella stessa zona e a parità di capitale assicurato, l’entità del<br />

danno è funzione di caratteristiche intrinseche degli edifici stessi e del terreno sul quale<br />

25


sorgono. La mappatura del territorio, per quanto raffinata sia nella risoluzione, non può<br />

tener conto di elementi che possono essere rilevati solo in situ come, ad esempio, la tipologia<br />

del terreno o l’altitudine dell’edificio rispetto al livello medio dell’acqua dei fiumi o<br />

laghi vicini. È importante anche sapere se l’edificio ha piani interrati e conoscere il loro<br />

numero, oppure se l’edificio è completamente rialzato rispetto al terreno. Altri dati rilevanti<br />

sono ad esempio la struttura dell’edificio (materiale da costruzione utilizzato, eventuali<br />

impermeabilizzazioni, tipologia dei rivestimenti), il suo livello di manutenzione o la<br />

presenza di sistemi di protezioni (barriere contro l’allagamento, ecc.). Se è assicurato<br />

anche il contenuto, è fondamentale sia conoscere la sua dislocazione all’interno dell’edificio<br />

(seminterrato, piano terra o locali rialzati), sia la sua resistenza all’acqua. La scheda<br />

informativa seguente (tavola 3), riporta alcuni dati rilevanti da far compilare a chi assume<br />

il rischio per la Compagnia (agenti, brokers, ecc.).<br />

Tavola 3<br />

Sarebbe utile al riguardo che si elaborasse una suddivisione in classi di vulnerabilità, sia per<br />

gli edifici che per il loro contenuto, quale quella di seguito riportata, a titolo esemplificativo:<br />

26


• Edifici<br />

– Classe A: edifici con piani interrati<br />

– Classe B: edifici a piano terra (senza piani interrati)<br />

– Classe C: edifici rialzati rispetto al livello del terreno<br />

• Contenuto<br />

– Classe A: merci che temono l’acqua situate in piani interrati o al piano terra<br />

– Classe B: merci che non temono l’acqua situate in piani interrati o al piano terra<br />

– Classe C: merci che non temono l’acqua o che temono l’acqua ma situate al di sopra<br />

del piano terra<br />

3.3. Il controllo dei cumuli alluvionali<br />

Una volta che si hanno a disposizione tutti i dati relativi a esposizione e vulnerabilità, il<br />

passo successivo è il calcolo dei cumuli, derivante dall’aggregazione dei capitali assicurati<br />

per aree esposte allo stesso scenario alluvionale. La classificazione ISAPRE del 1996<br />

riporta una suddivisione del territorio italiano in 5 macro-aree, a loro volta suddivise in 29<br />

sotto-aree, rispondenti alle “prime” esigenze assicurative e riassicurative di controllo dei<br />

cumuli, sulla base dei seguenti criteri:<br />

• provincia come area minima<br />

• cluster di province con caratteristiche omogenee (soggette a stesso evento oppure non<br />

esposte a eventi rilevanti)<br />

• evidenziazione dei territori a elevata concentrazione di insediamenti industriali<br />

• numero ragionevole di aree considerate<br />

Un limite di questa classificazione è quello di tenere in considerazione la distribuzione sul<br />

territorio dei capitali assicurati (considerando la concentrazione degli insediamenti industriali)<br />

mentre l’identificazione delle aree di cumulo dovrebbe essere fatta solo sulla base<br />

di scenari alluvionali. Questo perché sia utilizzabile da ogni Compagnia assicurativa, indistintamente<br />

dalla distribuzione territoriale del proprio portafoglio clienti. Tale suddivisione<br />

potrà essere certo migliorata e ridiscussa (ad es. su base CAP) ma attualmente è l’unica<br />

disponibile studiata per le esigenze del mondo assicurativo.<br />

Scelta una ripartizione del territorio in aree di cumulo, è necessario calcolare, per ogni<br />

area, il totale delle somme assicurate a copertura di edifici, contenuto e interruzione di<br />

attività, suddividendole per livello di esposizione e di vulnerabilità.<br />

Il livello di esposizione del contenuto di un edificio e dell’attività che vi si svolge corrisponderà<br />

al livello di esposizione dell’edificio stesso. Al contrario, i livelli di vulnerabilità possono<br />

essere diversi. Ad esempio, un edificio costituito da piano interrato e piano terra, e quindi<br />

molto vulnerabile, potrebbe contenere merci resistenti all’acqua e per lo più in posizione protetta<br />

e quindi con un livello di vulnerabilità inferiore. Si deve cioè costruire una tabella (tavola<br />

4) per ogni area di cumulo. In questo caso sono stati considerati tre livelli per l’esposizione<br />

e tre livelli di vulnerabilità (introdotti come esempio nel paragrafo precedente). In ogni<br />

casella della tabella vanno riportati i totali delle somme assicurate nell’area, distinti per livello<br />

di esposizione e per livello di vulnerabilità.<br />

27


Tavola 4<br />

28<br />

Solo avendo a disposizione tutti<br />

questi dati, le Società di assicurazione<br />

saranno in grado di calcolare<br />

qual è il rischio effettivo<br />

cumulato al quale sono esposte<br />

per l’evento alluvione.<br />

In questo modo sarà possibile<br />

tenere sotto controllo le garanzie<br />

lorde e nette, cioè prima e<br />

dopo la cessione in riassicurazione.<br />

È cioè possibile monitorare<br />

l’ammontare del Danno<br />

Massimo Probabile al quale<br />

l’assicurazione è esposta in<br />

ogni area, scegliendo così le<br />

politiche di assicurazione e<br />

riassicurazione che ritiene più<br />

adatte. Per avere una situazione<br />

aggiornata sarebbe necessario<br />

aggiornare le tabelle di<br />

calcolo dei cumuli almeno due<br />

volte l’anno, al 30 giugno e al<br />

31 dicembre.<br />

Il riassicuratore ha bisogno regolarmente, per definire i propri obiettivi aziendali e per calcolare<br />

la sua esposizione, d’informazioni sui cumuli da parte delle cedenti. I dati raccolti<br />

infatti rappresentano da una parte la base per la quotazione dei premi di riassicurazione e<br />

dall’altra parte gli elementi necessari per il calcolo del MPL cumulato al quale è esposto,<br />

dato il suo portafoglio clienti. È in questa fase che si rende necessario avere una classificazione<br />

del territorio in aree di cumulo condivisa da tutti gli operatori del settore, in modo<br />

che le tabelle, come quella sopra riportata, facciano riferimento alle stesse aree per tutte<br />

le Società di assicurazione.<br />

3.4. Modello “Alluvione”<br />

Per raggiungere l’obiettivo finale,<br />

cioè la valutazione del MPL, vengono<br />

usati diversi componenti ed applicati<br />

vari scenari con diversi periodi di<br />

ritorno (ad es. da 10 fino a 200 anni)<br />

per le zone di cumulo definite. Il<br />

modello si sviluppa come segue:<br />

Idrologia -> Idraulica -> Analisi spaziale del territorio + Sinistralità -> Analisi del portafoglio<br />

(su base dati forniti dall’assicurazione) -> Analisi di cumulo


Il grafico seguente mostra l’esempio del risultato del controllo cumulo ed evidenzia il MPL<br />

per otto zone di cumulo e per cinque scenari.<br />

29


Conclusioni<br />

Il rischio alluvioni in Italia è sistematicamente aumentato negli ultimi anni, sia per la frequenza<br />

e l’intensità degli eventi naturali, sia per la maggior incidenza del valore dei beni<br />

assicurati. La situazione potrebbe essere ulteriormente aggravata dall’incertezza sulla<br />

futura legislazione che regolerà la copertura assicurativa.<br />

È indispensabile che il contraente assicurativo, l’assicuratore diretto e il riassicuratore collaborino<br />

con lo Stato nello sviluppo della copertura del rischio alluvione. Lo Stato deve fornire<br />

le condizioni quadro, non tassando le riserve per rischi catastrofali derivanti da calamità<br />

naturali e può adoperarsi anche per la prevenzione e limitazione dei danni, varando<br />

norme edilizie, imponendo limiti allo sfruttamento del territorio esposto al rischio inondazioni<br />

e controllando che vengano rispettati. Compito dell’assicuratore è in primo luogo<br />

quello di creare i presupposti tecnici, calcolando e concordando premi commisurati all’esposizione<br />

e quindi di badare, per via dell’aspetto cumulo, alla trasparenza delle garanzie.<br />

Il riassicuratore non può offrire garanzie illimitate; è indispensabile concordare nei trattati<br />

di riassicurazione limiti d’indenizzo, oltre a periodici avvisi di cumuli.<br />

Un corretto sistema univoco ed analitico di gestione del rischio e di controllo dei cumuli,<br />

in grado di soddisfare entrambi gli interlocutori assicurativi, deve basarsi su una mappatura<br />

del territorio nazionale che tenga conto della diversa probabilità del verificarsi di fenomeni<br />

alluvionali e che, di conseguenza, permetta di classificare il capitale assicurato in<br />

diversi livelli di esposizione al rischio. In aggiunta, occorre integrare i dati sull’esposizione<br />

al rischio, zona per zona, con informazioni relative alla vulnerabilità dei capitali assicurati,<br />

permettendo di calcolare meglio il Danno Massimo Probabile come da modello suggerito<br />

nel capitolo precedente.<br />

Da parte loro, i riassicuratori, avendo a disposizione informazioni aggiornate sui cumuli da<br />

parte delle cedenti, potranno calcolare i premi più adatti alla copertura, non solo migliorando<br />

così le condizioni contrattuali, ma soprattutto continuando a garantire al sistema<br />

assicurativo nazionale un’adeguata copertura.<br />

Occorre quindi che assicuratori e riassicuratori, compresa l’importanza del monitoraggio<br />

in una gestione efficace del rischio, collaborino quanto prima a definire in modo congiunto<br />

e univoco gli strumenti più idonei a valutare la reale esposizione al rischio alluvione su<br />

tutto il territorio nazionale.<br />

31


1999 Letture 1– L’assicurazione sul Lavoro in Italia: situazione attuale e prospettive future<br />

2000 Letture 2– 29 settembre 1 ottobre 1999 Simposio sulla riassicurazione per il mercato italiano<br />

2000 Letture 3– L’assicurazione Vita I rischi altamente selezionati<br />

2000 Letture 4– Il mercato assicurativo nel ramo auto rischi diversi Considerazioni sui sistemi antifurto<br />

2001 Letture 5– I possibili interventi per contenere il costo dei ricambi auto per le assicurazioni<br />

2001 Letture 6– Agricoltura Gestione del rischio<br />

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