Classificare l'antichità: i grandi Corpora
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Olio e vino<br />
Consumatori e bevitori nel mondo romano
(Marcone, pp. 90-93).<br />
L’olio<br />
Diverse qualità<br />
I. Olio di prima spremitura<br />
Ia. Oleum acerbum o aestivum. Fatto con olive verdi (Plin. N.h. 12, 130; Col., r.r.<br />
11,2,83 e 12,52,1), è un olio usato per scopi medicinali o come unguento.<br />
Ib. Oleum viride, fatto con olive che cominciavano a colorarsi (fine ottobre).<br />
Ic. Olei flos, fatto con olive mature (olio vergine), di uso comune, con il quale si<br />
condivano le insalate<br />
II. Oleum cibarium, olio comune (olive troppo mature oppure di seconda o terza<br />
spremitura)<br />
III. Olio di recupero, generalmente non commestibile<br />
IV. Amurca. Morchia dell’olio, usato come lubrificante
L’olio: aspetti geografici e nutrizionali<br />
In Grecia, Magna Grecia e Sicilia:<br />
-epityrum<br />
A Roma:<br />
La villa olearia di Catone<br />
La sampsa di Columella<br />
Le anfore olearie brindisine<br />
Il grande exploit delle province olearie (Betica, Africa Proconsolare)<br />
(Marcone, pp. 90-93).
Il vino in età arcaica<br />
Da vitis silvestris a vitis vinifera<br />
Le fonti letterarie fanno iniziare l’uso del vino con Numa, gli aspetti sacrali e le feste<br />
del vino<br />
La diffusione della vite nel Lazio arcaico è attestata con sicurezza dal VII secolo, il<br />
consumo del vino va legato all’affermarsi delle aristocrazie, per le quali il vino è<br />
essenzialmente keimelion, bene di prestigio. Lo statuto del vino in Roma arcaica ha<br />
uno statuto estremamente complesso ed ha nel calendario un ruolo importante<br />
quanto quello del farro: i Vinalia rustica sono le feste della vendemmia primiziale (19<br />
agosto), eseguita dal flamen dialis. La chiusura della vendemmia era segnata dai<br />
Meditrinalia, feste che esaltavano il valore medicamentoso del vino. La parola vinum<br />
è contigua, etimologicamente, a venenum, vox media che sta indicaretanto la<br />
pozione quanto il veleno. La fine della vinificazione e l’immissione del vino al<br />
consumo erano sancite, sei mesi dopo, dai Vinalia priora (23 aprile). Questa festa è<br />
da alcuni autori accostata a Venere (vinum, venenum), con ciò intendendo<br />
sottolineare il potenziale pericolo del vino come propiziatore di eccessi sessuali.<br />
Altre fonti la accostano a Giove, con ciò tradendo la preoccupazione di riscattare<br />
culturalmente il vino dalla sfera di Venere. Il nesso ravvicinato con la sfera sessuale<br />
spiegherebbe anche la tradizionale proibizione del consumo femminile di vino voluta<br />
da Numa.<br />
Fin qui le fonti.<br />
(G. Pucci, I consumi alimentari, in Storia di Roma, 4, Torino 1989, 369-388; Marcone, pp
Il vino in età arcaica<br />
Fin qui le fonti.<br />
L’archeologia, invece, dice tutt’altra cosa. In molte tombe femminili di Castel di<br />
Decima e della via Laurentina sono state trovate sia anfore vinarie sia vasi da<br />
simposio. Le prime importazioni di vino del Lazio si datano già negli ultimi anni<br />
dell’VIII secolo e coincidono, singolarmente, con la data del regno di Numa (715-<br />
672). L’interdizione non riguardava, evidentemente, tutti i tipi di vino ma solo quello<br />
puro (temetum) che era riservato alle libagioni sacrificali. Poteva invece essere<br />
bevuto il vino di raspi, quello di uva passa, quello corretto con mirra e altri ancora. Il<br />
divieto sul vino puro si spiega con il fatto che questo era destinato a Giove e che le<br />
donne erano escluse dal rapporto diretto con Giove mentre in altri culti (Bona Dea)<br />
potevano farlo tranquillamente.<br />
Doppia valenza del vino:<br />
-puro: riservato agli uomini (sacerdoti, magistrati, paterfamilias) per i sacrifici a<br />
Giove (Vinalia) e come farmaco (Meditrinalia)<br />
-manipolato oppure importato, è un bene di prestigio per il quale non valgono le<br />
interdizioni religiose. Nel simposio il vino si mescola con l’acqua (siamo quindi<br />
all’esatto opposto del sacrificio) e la donna partecipa a pieno titolo in virtù della sua<br />
condizione di componente di una aristocrazia.<br />
(G. Pucci, I consumi alimentari, in Storia di Roma, 4, Torino 1989, 369-388; Marcone, pp. 105-10
Il vino in età arcaica<br />
Skyphos attico a figure nere con scena di vinificazione<br />
Torchio con fiscus contenente le vinacce<br />
da spremere<br />
Anfora<br />
corinzia nella<br />
quale si<br />
raccoglie il<br />
mosto
Il vino in età<br />
classica<br />
Elementi significativi di questa<br />
raffigurazione della metà del V<br />
secolo: la cesta con le uve<br />
vendemmiate, la pigiatura con i<br />
piedi in un apposito contenitore di<br />
vimini, la caduta del mosto nel<br />
bacile sottostante, l’anfora<br />
raffigurata al centro in basso.<br />
Cenni sulla vinificazione:<br />
Marcone, pp. 67-68
Il cibo e il calendario romano<br />
Fornacalia. Torrefazione del farro, metà febbraio<br />
Terminalia. Dio Terminus, metà febbraio<br />
Cerealia. Mietitura, 19 aprile<br />
Vinalia priora, 23 aprile<br />
Robigalia, 25 aprile<br />
Vinalia rustica, 19 agosto<br />
Opiconsivia, 25 agosto<br />
Meditrinalia, 11 ottobre<br />
(G. Pucci,<br />
I consumi alimentari, in Storia di Roma, 4, Torino 1989, 369-388; Marcone, pp. 105-107).
Alcune misure…<br />
Il vino in età romana<br />
Anfora (quadrantale). 26 litri<br />
Emina. 0,274 litri<br />
Sestario. 0,57 litri<br />
Congio. 3,28 litri<br />
Urna. 13,10 litri<br />
Culleo. 20 anfore (520 litri)<br />
(A. Marcone)
Alcune domande…<br />
Il vino in età romana<br />
…gli Italici della tarda Repubblica e del primo Impero bevevano<br />
tutti del vino?<br />
…bevevano tutti lo stesso vino?<br />
In Francia, fino al XVIII secolo…<br />
Invece nei Paesi mediterranei…<br />
Per i Romani della tarda Repubblica e della prima età imperiale il<br />
vino è un elemento fondamentale. Cerere e Libero forniscono i<br />
prodotti necessari alla vita.<br />
Orazio: pane, vino, legumi, ecco il necessario per vivere.<br />
Varro, r.r. 1,1,5<br />
Hor., Sat. 1,1, 74-75<br />
CIL III, 14114, 13: pauperis cena pane, vinu, radic<br />
Isernia, iscrizione CIL IX, 2689=ILS 7478<br />
André Tchernia, Le vin de l’Italie romaine
Cenni sulla vinificazione: Marcone, p. 69<br />
Il torchio catoniano<br />
(II secolo a.C.)
Tipologie di vino<br />
1. Posca<br />
2. Lora.<br />
5. Defrutum<br />
6. Sapa<br />
Il vino in età romana<br />
3. Vinelli fatti aggiungendo all’acqua da un decimo a un terzo del<br />
mosto spremuto<br />
4. Vino fatto pressando la feccia del vino (faecatum).<br />
7. Mulsum<br />
(A. Marcone, pp. 93-95)
Il vino in età romana: la posca<br />
La posca è, più che un vino, una bevanda fatta di acqua e aceto<br />
(Marcone) oppure acqua acidulata con una piccola quantità di<br />
succo d’uva destinato a diventare aceto e non vino (Tchernia).<br />
Corrisponde, più o meno alla piquette dei Francesi. Posca è un<br />
termine usato da satirici e comici latini, come oxos dai Greci,<br />
per indicare il vino cattivo.<br />
La posca non ubriaca (Plaut. Mil. 386)…<br />
Consumo nell’esercito: la crocifissione (Matteo 27,48)<br />
Consumo nelle aziende agrarie: mesi estivi e raccolta delle olive<br />
(Catone)<br />
(A. Marcone, 93-95; Tchernia 1986, 10<br />
ss.)
Il vino in età romana: la lora<br />
Lora. Vinello acido ottenuto facendo passare acqua sulle vinacce<br />
dopo la pigiatura. Catone, nel II secolo a.C., lo dava agli schiavi<br />
nei tre mesi successivi alla vendemmia, Varrone, nel I, ai<br />
lavoranti invernali, per quanto si conservava (Cato de agri c. 25;<br />
Varro, r.r. 1,54,3; Col. 12, 40; Plin. n.h. 14,86). Va classificato<br />
nei vina operaria.<br />
2. Dal IV mese in poi si passava ad altro tipo di vino, altrettanto<br />
modesto ma di laboriosa preparazione.<br />
3. Vinello fatto aggiungendo all’acqua un decimo di mosto spremuto.<br />
4. Vinello fatto aggiungendo all’acqua un terzo del mosto spremuto<br />
5. Vino fatto pressando la feccia del vino (faecatum).<br />
(A. Marcone, pp. 93-95)
Il vino in età romana<br />
Vini liquorosi: rientrano in questa categoria vini ricchi di zuccheri e con un più alto<br />
grado alcolico e vini cotti, ottenuti dalla cottura del mosto, operazione che<br />
serviva, fra l’altro, a migliorare i vini mediocri, poco adatti a conservarsi (Plin.,<br />
n.h. 14, 102-104).<br />
Defrutum. Vino ottenuto facendo bollire il mosto fino a ridurlo della metà<br />
(Plin., n.h. 14, 80)<br />
Sapa. Mosto ridotto di un terzo tramite cottura<br />
Mulsum. Vino con miele (Col., r.r. 12, 41; Palladio, 11, 71). Miscela di<br />
13 litri di vino pregiato e di 3 chili di miele. Adatto ai pasti ma soprattutto<br />
alle gustationes.<br />
(A. Marcone, pp. 93-95)
Il sapore del vino antico
Cronologia del consumo: Diodoro e Plinio<br />
La svolta si ha con il II secolo a.C., come si evince da Diodoro Siculo<br />
(37,3,2,4), che pure scrive in un’età, quella di Augusto, in cui la<br />
generalizzazione del gusto era ormai consolidata.<br />
In Plinio (n.h. 14, 55 e 94-95) la grande trasformazione sembra ormai<br />
compiuta ed anche le titubanze moralistiche di Diodoro sembrano<br />
ormai lontane.<br />
(A. Marcone, 95)
Bevitori in età romana<br />
La domanda: gli Italici della tarda Repubblica e del primo Impero<br />
bevevano tutti del vino?<br />
Il vilicus di Orazio (ep. 1, 14, 21-24) non aveva vino. Una situazione<br />
comune a molte aree interne dell’Italia antica, magari ricche da un<br />
punto di vista agronomico ma inadatte alla vitivinicoltura, oppure<br />
lontane dai mercati e dai porti.<br />
Alcuni termini di confronto:<br />
Italia, 1930. 1 ettolitro in media per persona all’anno (0,27 litri al<br />
giorno).<br />
Palermo, 1580. 83 litri.<br />
Palermo, 1650. 137 litri.<br />
Roma, 1630-1812. 280-200 litri.<br />
Firenze, XIV secolo. 248-293 litri.<br />
Siena, XIV secolo. 419 litri.<br />
Genova, XIV secolo. 286 litri.<br />
(A. Tchernia)
Contemporanea<br />
Età moderna<br />
Medioevo<br />
Periodo romano<br />
0 100 200 300 400 500<br />
Bevitori nel tempo<br />
I talia 1930<br />
Roma XI X<br />
Roma XVI I<br />
Palermo 1650<br />
Palermo 1580<br />
Siena XI V<br />
Genova XI V<br />
Firenze XI V<br />
(A. Tchernia)
Il vino in età romana<br />
Per il periodo romano i conti sono, ovviamente, più difficili, ma<br />
possiamo provarci.<br />
Orazio beveva un sestario di vino al giorno (=0,54 litri). Per<br />
l’austero Augusto questa era la misura limite. Nell’iscrizione di<br />
Aesernia (CIL VI, 10234=ILS 7213) si dice:<br />
Habes vini (sextarium) unum, panem…il tutto al costo di un asse.<br />
All’altro capo della questione è Marziale, che si ubriacava con 10<br />
quincunces (2,27 litri !).<br />
Gli schiavi di Catone, dopo i primi tre mesi, finita la lora,<br />
ricevevano una quantità crescente di vino:<br />
-1 emina (0,27 litri) al giorno per un mese.<br />
-2 eminae (0,54) per i 4 mesi successivi.<br />
-3 (0,81) nei quattro mesi precedenti la vendemmia.<br />
L’aumento segue quello delle razioni di grano e il progressivo<br />
dispendio di energie.<br />
Alla fine, mediamente, lo schiavo di Catone (A. Tchernia beve 260 1986, litri per 21-22)<br />
annum, ovvero 0,71 litri al giorno
Il vino in età romana<br />
In età imperiale.<br />
Iscrizione del collegio di Esculapio (CIL VI, 10295), relativa alla<br />
cena.<br />
Quinquennal et Pater Collegii: 9 sestarii (4,86 litri)<br />
Curatores: 6 sestarii (3,24)<br />
Membri: 3 sestarii (1,62)<br />
In età imperiale bere un solo sestario è segno di sobrietà e la<br />
razione di vino dell’individuo adulto medio era sensibilmente<br />
superiore:<br />
-un sestario e mezzo (0,80)<br />
-due sestarii (1,08).<br />
(A. Tchernia 1986, 24-25)
Il vino in età romana<br />
Una proiezione sul consumo.<br />
Composizione demografica di Roma:<br />
35% uomini - 30% donne, che dovrebbero bere la metà - 35%<br />
ragazzi, che non dovrebbero bere vino<br />
Si ricava, in questo modo, un consumo minimo prevedibile di 146<br />
litri per annum per abitante di condizione libera (0,80 per die), un<br />
consumo massimo di 182 litri (1,08). Queste cifre appaiono<br />
nettamente inferiori a quelle fatte registrare dal Medioevo<br />
toscano.<br />
Popolazione di Roma:<br />
Calcolo basso: 700.000 abitanti = 1.000.000/1.250.000 ettolitri di<br />
consumo minimo<br />
Calcolo elevato: 1.000.000 abitanti = 1.450.000/1.800.000 ettolitri<br />
Parigi, fine XVIII: 600.000 abitanti = 730.000 ettolitri di vino +<br />
54000 di birra<br />
Roma aveva effettivamente un consumo favoloso, come diceva<br />
Finley.<br />
(A. Tchernia 1986, 26)
1800000<br />
1600000<br />
1400000<br />
1200000<br />
1000000<br />
Consumo min.<br />
Consumo max.<br />
800000<br />
600000<br />
400000<br />
200000<br />
0<br />
Il vino in età romana<br />
Roma min. Roma max. Parigi vino Parigi birra<br />
Consumo min.<br />
Consumo max.<br />
(A. Tchernia 1986, 26)
Italia 1930<br />
Roma XIX<br />
Roma XVII<br />
Palermo 1650<br />
Palermo 1580<br />
Siena XIV<br />
Genova XIV<br />
Firenze XIV<br />
Roma I d.C.<br />
Roma I a.C.<br />
0 50 100 150 200 250 300 350 400 450<br />
Bevitori nel tempo<br />
Periodo romano<br />
Medioevo<br />
Età moderna<br />
Contemporanea<br />
(A. Tchernia)
L’approvvigionamento del vino in età<br />
romana<br />
Annona urbana o commercio libero?<br />
Il Prefetto dell’Annona fu responsabile dell’approvvigionamento<br />
granario da sempre, di quello oleario a partire dal II secolo d.C., di<br />
quello vinario soltanto a partire dal III. L’approvvigionamento vinario<br />
fu dunque libero per lungo tempo<br />
(A. Tchernia 1986, 27)
Il vino in età romana<br />
Domanda: bevevano tutti lo stesso vino?<br />
Vi erano grand crus e altri vini, diversi per qualità e rango sociale.<br />
Per il giurista Ulpiano era da considerarsi vecchio il vino dell’anno<br />
precedente, se era riuscito a superare i bollori dell’estate successiva<br />
alla vendemmia. Fino all’introduzione della pastorizzazione<br />
mancherebbero dunque buoni vini invecchiati e quei pochi avevano<br />
prezzi favolosi.<br />
Ateneo: l’età ottimale va da 5 a 25 anni di invecchiamento in anfore,<br />
che, talvolta, possono aggiungersi ai 5 anni di invecchiamento<br />
pregresso in dolia.<br />
Alcune anfore centenarie potrebbero essere state aperte in <strong>grandi</strong><br />
occasioni: Marziale 8, 45; Giovenale 5, 36-37.<br />
Columella (r.r. 3,21, 6-10, spiega che i vini di seconda qualità si può<br />
tentare di farli invecchiare almeno un anno per venderli ad un prezzo<br />
più alto.<br />
Al contrario, nel Medioevo e in età moderna il vino vecchio varrà<br />
molto meno di quello giovane.<br />
(A. Tchernia 1986, 28-30)
Esistevano le annate?
Il vino in età romana<br />
Domanda: bevevano tutti lo stesso vino?<br />
Per invecchiare ed impreziosire un vino si potevano sterilizzare dolia<br />
ed anfore con un intonaco di pece bollente. Nelle anfore si poteva<br />
apporre un operculum di terracotta oppure un sughero ricoperto di<br />
pozzolana, che eprmetteva gli scambi gassosi lenti necessari<br />
all’invecchiamento. Va considerato che conservazione e<br />
fabbricazione di vini vecchi ricominceranno solo nel XVIII secolo. Bere<br />
grand crus era al tempo stesso un piacere e un modo di mantenere il<br />
proprio rango.<br />
Personaggi famosi venivano esaltati o insolentiti, a seconda del caso,<br />
attraverso la descrizione della qualità del vino che bevevano e che<br />
offrivano ai loro ospiti.<br />
E’ un caso di eleganza alimentare. I <strong>grandi</strong> avevano cantine capienti<br />
di cui gli eredi approfittavano volentieri. Hortensius, al tempo in cui i<br />
vini greci passavano ancora per i migliori, lasciò 10.000 cadi di vino<br />
di Chio.<br />
(A. Tchernia 1986, 31)
Il vino in età romana<br />
Domanda: bevevano tutti lo stesso vino?<br />
Il Cecubum era il migliore al tempo di Orazio, tanto che Mecenate lo<br />
riservava ai giorni di festa (Plin. n.h. 14,61; Hor. Epodes 9, 1-4).<br />
Quasi alla pari era il Falernum.<br />
Orazio offre Albanum a Phyllis, Massicum a Messala, Calenum a<br />
Virgilio. A fronte della morigeratezza del princeps, che prediligeva il<br />
Rheticum di Verona, destinato, tuttavia, a breve fama, nei circoli<br />
letterari si bevevano vini molto pregiati, con estrema ricercatezza e<br />
sofisticatezza dei gusti.<br />
(A. Tchernia 1986, 34)
Il vino in età romana<br />
Domanda: bevevano tutti lo stesso vino?<br />
I prezzi dei vini vecchi aumentavano (Plin. n.h. 14,57) fino ai 20 anni.<br />
Anfore eccezionali potevano avere prezzi da favola. Particolarmente<br />
forte era lo scarto fra grand crus e vini ordinari. Nella taberna di<br />
Hedoneus a Pompei (CIL IV, 1679) i prezzi sono:<br />
-1 asse per il vino ordinario<br />
-2 assi per il migliore<br />
-4 assi per il Falerno<br />
La stessa proporzione ritroviamo nell’editto dioclezianeo (de pretiis II,<br />
1-10).<br />
Nel mondo moderno avviene la stessa cosa. In Francia, fino alla<br />
nascita dei castelli (fine XVIII), i migliori valevano 4-5 volte il vino<br />
ordinario. Poi 20-25 volte.<br />
(A. Tchernia 1986, 36)
Il vino in età romana<br />
Domanda: bevevano tutti lo stesso vino?<br />
Possiamo identificare tre tipi di vigneto.<br />
1. Locale. Buono o cattivo che sia, è destinato agli abitanti della<br />
regione: contadini e abitanti dei municipia. Lascia poche tracce e<br />
si rivela soltanto incidentalmente.<br />
2. Grand crus. Vigneto locale di elevata qualità e vini capaci di<br />
invecchiare, destinati ad una clientela ricca e raffinata, ad una<br />
civiltà del lusso: corte imperiale, senatori, cavalieri. Sono i vini di<br />
cui parlano poeti e naturalisti. Sono, in casi fortunati, ricordati dai<br />
tituli picti riportati sul corpo delle anfore.<br />
3. Vini di massa, ordinari, per l’approvvigionamento di masse<br />
popolari anche al di fuori della regione di produzione. Costi di<br />
trasporto ridotti, circolazione marittima a distanza. Le anfore ne<br />
sono testimonianza notevole.<br />
(A. Tchernia 1986, 37)
I vini dei<br />
Romani<br />
al tempo di<br />
Varrone<br />
I a.C.
I grandcrus<br />
dell’Italia<br />
romana<br />
(Prina Ricotti,<br />
pp. 75-80)
I vini dei<br />
Romani al<br />
tempo di Plinio<br />
(I secolo d.C.)
I vini dei<br />
Romani<br />
nel II secolo<br />
d.C.
I vini dei Romani:<br />
Etruria e Umbria<br />
Luna<br />
Pisae<br />
Florentia<br />
Mutina<br />
Graviscanum<br />
Arretium<br />
Clusium<br />
Statoniense<br />
Caere<br />
Carsulae<br />
Maevania<br />
Veientanum<br />
Spoletium<br />
Tifernum<br />
Tuder
Sabinum<br />
Aricia<br />
Albanum<br />
Carsulae<br />
Nomentanum<br />
Marsum<br />
Gabianum<br />
Tiburtinum<br />
Vaticanum<br />
Praenestinum<br />
Ardea Labicanum<br />
Latiniense<br />
SetinumSigninu<br />
m<br />
Privernas<br />
Fregellae<br />
Veliternum<br />
Allifae<br />
Fundanum<br />
I vini dei Romani: Latium<br />
Caecubum<br />
Formianum
I vini dei Romani<br />
Campania<br />
Liternum<br />
Massicum<br />
Capua<br />
FalernumCalenum<br />
Statanum<br />
Cumae<br />
Caulinum<br />
Trebellicum<br />
Trebulanum<br />
Caucinum<br />
Trifolinum<br />
Baiae<br />
Vesuvinum<br />
Gauranum Pompeianum<br />
Surrentinum<br />
Salernum
Novaria<br />
Genua<br />
Alba Pompeia<br />
Mediolanum<br />
I vini dei Romani<br />
Pucinum<br />
Raeticum<br />
Patavium<br />
Hadrianum<br />
Mutina Ravenna<br />
Faventia<br />
Maecenatianum<br />
Cesena<br />
Ariminum<br />
Ancona<br />
Aquileia<br />
ager Gallicus<br />
Picenum<br />
Istricum<br />
Palmense
La fortuna del vino<br />
La vita è breve, la speranza<br />
fragile, venite amici, finché<br />
le lucerne sono accese,<br />
beviamo<br />
(ILS 8607)
Una cantina a Pompei (Casa dei Casti Amanti)
Servire a<br />
tavola
Servire il vino (alla neve)
Servire a tavola: una<br />
bottiglia da<br />
Populonia
La tomba di un bottaio
Le anfore<br />
… ma prima di parlare delle botti, e ne parleremo<br />
quasi per niente, dovremo fare un lungo discorso<br />
sulle anfore, ovvero su quei contenitori da cantina e<br />
da trasporto del mondo antico che tanto sostegno<br />
danno alle ricostruzioni dei macrosistemi economici,<br />
mercantili e anche sociali…