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Ecco come puoi aiutarci:<br />
Associazione <strong>Gruppi</strong> <strong>di</strong> <strong>Preghiera</strong><br />
<strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> Fidanza<br />
c.c. postale n. 1006338337<br />
c.c. bancario Deutsche Bank<br />
IBAN IT32Y0310439841000000821753<br />
F<br />
ra mile idanza<br />
U F<br />
Organo <strong>Ufficiale</strong> <strong>dei</strong> <strong>Gruppi</strong> <strong>di</strong> <strong>Preghiera</strong> Anno <strong>2013</strong> - n. 1<br />
In futuro vorrò servire <strong>di</strong> tutto cuore,<br />
con una vita de<strong>di</strong>cata alla preghiera,<br />
la Santa Chiesa <strong>di</strong> Dio.
Anno <strong>2013</strong> - n. 1<br />
<strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> Fidanza<br />
ORGANO UFFICIALE<br />
DEI GRUPPI DI PREGHIERA<br />
RICONOSCIUTI IL 14 NOVEMBRE 2011<br />
DA S. E. MONS. VALENTINO DI CERBO<br />
VESCOVO DI ALIFE-CAIAZZO<br />
SEDE LEGALE, DIREZIONE,<br />
REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE<br />
Corso Umberto I, 870<br />
81033 Casal <strong>di</strong> Principe (CE)<br />
Tel. e fax 081.0600540<br />
Tel. 393.5733547<br />
Email: rivista.fraumile@libero.it<br />
Email: fraumile.fidanza@libero.it<br />
Associazione <strong>dei</strong> <strong>Gruppi</strong><br />
<strong>di</strong> <strong>Preghiera</strong> <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> Fidanza<br />
La rivista intende far conoscere<br />
il Carisma e la Spiritualità<br />
del <strong>Fra</strong>te Minore Oblato<br />
FRA UMILE FIDANZA<br />
(14 giugno 1910 - 3 marzo 1990).<br />
In piena fedeltà al Magistero del Papa,<br />
della Chiesa e in comunione<br />
con lo Spirito <strong>Fra</strong>ncescano.<br />
DIRETTORE GENERALE<br />
Don Michele Barone<br />
SEGRETERIA REDAZIONE<br />
Federica Zoppi<br />
REDAZIONE<br />
Carmen Iovine, Cinzia Diana,<br />
Eva Fontana, Flavia Ianniello,<br />
<strong>Fra</strong>ncesca Russo, Giusy Reccia,<br />
Giusy Russo, Luigi Salviati,<br />
Maria Borrata, Maria Flavia Lo Regio,<br />
Mariarosaria Ucciero, Pasquale Casoria.<br />
HANNO COLLABORATO<br />
Don Giuseppe Milazzo,<br />
Nunzia Della Ragione, Pina Raucci.<br />
PROGETTO E REALIZZAZIONE GRAFICA<br />
Don Michele Barone<br />
STAMPA<br />
Printing House - Casoria (NA)<br />
REGISTRAZIONE PRESSO IL TRIBUNALE DI<br />
S. MARIA C. V. N. 797 DEL 10/05/2012<br />
La collaborazione avviene a titolo gratuito.<br />
La Redazione si riserva il <strong>di</strong>ritto<br />
<strong>di</strong> tagliare o mo<strong>di</strong>ficare il materiale fornito.<br />
Apertura<br />
3 Il pensiero del Vescovo per<br />
Papa Benedetto XVI<br />
4 Saluto del Direttore<br />
Primo piano<br />
5 <strong>Fra</strong>mmenti <strong>di</strong> Vita<br />
Sommario<br />
9 La Santità profezia vivente della Pasqua del Signore<br />
10 Tu sei Pietro e su questa pietra e<strong>di</strong>ficherò la mia Chiesa<br />
Secondo piano<br />
14 Quaresima Tempo <strong>di</strong> rinnovamento<br />
16 San Giuseppe patrono universale della Chiesa<br />
18 In cammino verso la GMG <strong>2013</strong><br />
20 Il Valore della sofferenza<br />
21 La donna... Perla <strong>di</strong> Dio<br />
22 Cascate <strong>di</strong> Grazie<br />
Il pensiero del Vescovo per<br />
PAPA BENEDETTO XVI<br />
La notizia delle <strong>di</strong>missioni del Papa Benedetto XVI, ci ha stupito. L’abbiamo accolta<br />
increduli e con un poò<strong>di</strong> tristezza, perché una persona cara, il Capo visibile della Barca <strong>di</strong> Pietro,<br />
che ha guidato le nostre anime nel mare della storia contemporanea e ci ha confermato nella fede,<br />
con grande umiltà si fa da parte, riconoscendo che la sua fragilità lo rende impari a continuare il<br />
compito che il Signore gli aveva affidato circa otto anni fa. Personalmente, lo avevo incontrato<br />
il 31 gennaio scorso, in occasione della Visita ad Limina, che come Vescovo della Diocesi <strong>di</strong><br />
Alife-Caiazzo, gli avevo reso in segno <strong>di</strong> comunione. Lo avevo trovato, come sempre, lucido,<br />
timido e gentile, ma molto affaticato. Congedandomi da Lui, con un moto <strong>di</strong> tenerezza, mi era<br />
venuto spontaneo <strong>di</strong>rgli: “Grazie Padre Santo per quanto fa per la Chiesa!”. Era un modo per<br />
esprimergli la vicinanza spirituale mia e della Diocesi che mi aveva affidato circa tre anni fa, <strong>di</strong><br />
fronte a quelle sue spalle curve sotto il peso delle “supreme chiavi” e a quel suo sguardo sereno,<br />
ma pensoso, che esprimeva insieme amore per la Chiesa e consapevolezza della gravità della<br />
propria altissima missione.<br />
Con il passar delle ore, il gesto <strong>di</strong> Papa Benedetto mi appare sempre più nella sua<br />
grandezza. In un mondo assetato <strong>di</strong> potere, Lui si è fatto da parte per <strong>di</strong>rci con i fatti che si è<br />
sempre sentito un “umile servo della Vigna del Signore”, che il Regno <strong>di</strong> Dio viene prima <strong>di</strong> tutto<br />
e che non bisogna aver dubbi a “passare la mano”, quando sospettiamo che la nostra persona può<br />
<strong>di</strong>ventare <strong>di</strong> ostacolo al bene della Chiesa.<br />
Nei prossimi giorni, commentatori <strong>di</strong> ben altro spessore ci faranno meglio comprendere<br />
quanto è avvenuto oggi in Vaticano, ma sommessamente mi permetto <strong>di</strong> affermare che in questo<br />
11 febbraio <strong>2013</strong> siamo stati spettatori <strong>di</strong> una cosa semplice e grande: una pagina evangelica.<br />
G r a z i e , P a p a<br />
Benedetto XVI, per averci<br />
testimoniato ancora una<br />
volta la bellezza <strong>di</strong> sentirsi<br />
“servi inutili” e <strong>di</strong> mettere<br />
Cristo e il bene delle anime<br />
al primo posto!<br />
† Valentino<br />
Vescovo<br />
3
4<br />
Saluto del Direttore<br />
“Carissimi <strong>Fra</strong>telli, vi ho convocati [..] per comunicarvi una decisione <strong>di</strong> grande<br />
importanza per la vita della Chiesa. Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti<br />
Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l'età avanzata, non sono più adatte per<br />
esercitare in modo adeguato il ministero petrino. Sono ben consapevole che questo ministero, per la<br />
sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno<br />
soffrendo e pregando. Tuttavia, nel mondo <strong>di</strong> oggi, soggetto a rapi<strong>di</strong> mutamenti e agitato da<br />
questioni <strong>di</strong> grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca <strong>di</strong> san Pietro e annunciare<br />
il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell'animo, vigore che, negli ultimi mesi, in<br />
me è <strong>di</strong>minuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità <strong>di</strong> amministrare bene il ministero<br />
a me affidato”. Con queste parole il giorno 11 febbraio <strong>2013</strong>, Festa della Madonna <strong>di</strong> Lourdes, il<br />
nostro Sommo Pontefice Papa Benedetto XVI ha annunciato alla Chiesa e al mondo, <strong>di</strong> aver “deciso<br />
<strong>di</strong> rinunciare al ministero [...] in piena libertà per il bene della Chiesa, dopo aver pregato a lungo ed<br />
aver esaminato davanti a Dio la mia coscienza, ben consapevole della gravità <strong>di</strong> tale atto” (U<strong>di</strong>enza<br />
Generale13 febbraio <strong>2013</strong>).<br />
Quando il Papa ha pronunciato queste parole, mi trovavo a Lourdes nella terra <strong>di</strong> Maria, e subito ho<br />
compreso che tale decisione era stata presa in quel giorno, proprio per chiedere alla Vergine<br />
Immacolata, la forza e il sostegno per sostenere questo grande gesto <strong>di</strong> umiltà, fedeltà e amore per la<br />
Chiesa. Questa decisione non voleva significare, come molti hanno interpretato in maniera errata,<br />
“un voltare le spalle a Cristo”, ma riconoscersi veramente “un umile servo della vigna del Signore” ,<br />
che è “consapevole <strong>di</strong> non essere più in grado <strong>di</strong> svolgere il ministero petrino con quella forza che<br />
esso richiede” . <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> ha sempre amato il Sommo Pontefice, perché vedeva in lui la roccia e il<br />
fondamento della Chiesa. Oggi sono sicuro che anche Lui dal cielo, ha ascoltato<br />
l’implorato appello del Papa: “Ringrazio tutti per l'amore e per la preghiera con<br />
cui mi avete accompagnato. [...] Continuate a pregare per me”.<br />
Per questo motivo anche la nostra rivista in questo numero, ha assunto una<br />
profonda spiritualità petrina, perché ci sentiamo particolarmente vicini al Santo<br />
Padre, il quale ci ha ringraziati personalmente con una lettera, dopo gli auguri<br />
natalizi: “Ringrazio per il cortese atto <strong>di</strong> devozione [...] e <strong>di</strong> cuore imparto a lei e<br />
a quanti si sono uniti nel deferente gesto l’implorata Bene<strong>di</strong>zione<br />
Apostolica” (1 Febbraio <strong>2013</strong>).<br />
Si, Santo Padre! Tutti i gruppi <strong>di</strong> preghiera continueranno a<br />
pregare per Lei e per il Suo successore, affinché la barca<br />
della Chiesa, possa continuare a navigare con coraggio e<br />
con amore nel mare tempestoso del mondo. Grazie Santità<br />
3<br />
<strong>Fra</strong>mmenti <strong>di</strong> Vita<br />
Il “Telegrafo <strong>di</strong> Dio” così veniva chiamato <strong>Fra</strong><br />
<strong>Umile</strong> dai suoi fedeli, perché ogni cosa gli veniva<br />
chiesto egli subito cercava <strong>di</strong> mettersi con la<br />
preghiera in contatto con il Signore. Vi sono tanti<br />
episo<strong>di</strong> che raccontano come la sua preghiera venisse<br />
esau<strong>di</strong>ta da Dio per intercessione <strong>di</strong> San Pasquale<br />
Baylon, suo speciale patrono. Bisogna però asserire<br />
che tutti gli avvenimenti che man mano vi<br />
racconteremo, come la vaga apprensione relativa alla<br />
sorte <strong>di</strong> una persona, l'intuizione <strong>di</strong> un avvenimento che<br />
si sta svolgendo a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> molti chilometri, il sentire<br />
qualcosa che doveva ancora accadere, sono fenomeni<br />
molto <strong>di</strong>fficili da spiegare con la semplice razionalità<br />
umana. Per questo ci affi<strong>di</strong>amo liberamente alla vostra<br />
personale e libera considerazione. Tutti gli episo<strong>di</strong> che<br />
saranno raccontati, sono stati riportati da testimoni<br />
oculari.<br />
Queste sue facoltà telepatiche e la innata<br />
franchezza, lo portarono nel periodo della guerra a<br />
rivelare in un bar del centro del paese, e anche nel corso<br />
<strong>di</strong> un pranzo tra parenti, la infecon<strong>di</strong>tà <strong>dei</strong> nostri sforzi<br />
bellici, e la tragica fine <strong>di</strong> Mussolini. Fu per questo<br />
perseguitato molto. Tuttavia in quel medesimo periodo<br />
torbido e doloroso, egli fu molto utile a parecchie<br />
famiglie, che si salvarono dalle incursioni aeree per<br />
merito <strong>dei</strong> suoi avvertimenti.<br />
Un inqualificabile caso <strong>di</strong> sfiducia portò un parroco<br />
alla morte trascinandosi nell'infausto destino, oltre<br />
cinquanta fedeli. Si tratta del curato <strong>di</strong> Sipicciano, un<br />
paesello alifano nella provincia <strong>di</strong> Caserta. Questo<br />
prete si era rintanato con i suoi parrocchiani sotto le<br />
navate della chiesa durante la violentissima incursione<br />
nemica sul Volturno dell'agosto 1943. <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> che<br />
aveva attraversato a pie<strong>di</strong> i Monti Letini, per portarsi da<br />
Airola alla sua abitazione <strong>di</strong> Calvisi, trovandosi<br />
proprio in quel giorno nei pressi della chiesa <strong>di</strong><br />
Sipicciano, avvertì i fedeli <strong>di</strong> uscire subito all'aperto,<br />
altrimenti l'e<strong>di</strong>ficio sarebbe stato <strong>di</strong>strutto dalle bombe.<br />
L'ignaro parroco non volle prestare debita attenzione<br />
all'esortazione <strong>di</strong> <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>, e <strong>di</strong> lì a poco, la bella<br />
chiesa venne <strong>di</strong>strutta dai bombardamenti, e sotto le<br />
macerie morirono i fedeli.<br />
Suo fratello Liberato, spesso s'intratteneva al<br />
Convento, ed egli stesso volle raccontare qualche<br />
episo<strong>di</strong>o. In una delle sue permanenze a Portici, un<br />
mattino doveva radersi, dunque scese in cucina per<br />
prendere un po' d'acqua, e si accorse che non ve n'era. Si<br />
affacciò allora nel chioschetto, e chiamò il fratello<br />
<strong>Umile</strong> che aveva la celletta situata al primo piano, e gli<br />
<strong>di</strong>sse che mancando l'acqua non poteva sbarbarsi. A<br />
questo punto <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>, rientrò dentro la cella, riempì<br />
un bicchiere d'acqua, e tra la costernazione <strong>di</strong> Liberato<br />
gli lanciò il recipiente <strong>di</strong> vetro dalla finestra. Il<br />
bicchiere col suo contenuto intatto, andò a posarsi<br />
dolcemente ai pie<strong>di</strong> del fratello che non poté credere ai<br />
propri occhi. Quando Liberato raccontava<br />
quest'episo<strong>di</strong>o, si emozionava sempre. Tutti sapevano<br />
che <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>, amava molto i suoi fratelli, e ogni tanto<br />
si recava da sua sorella Elisa per trascorrere <strong>dei</strong> bei<br />
momenti <strong>di</strong> vita familiare. Sappiamo che proprio in<br />
questa abitazione a Calvisi, egli terminò la sua vita<br />
terrena il 3 marzo 1990.<br />
Durante la sua vita, <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> ha guadagnato tante<br />
anime al Signore guidandole e istruendole nella fede.<br />
Egli ha saputo guidare la nave della fede attraverso le<br />
tempeste della terra, col suo prisma abbagliante ha<br />
trovato sempre nuove luminose sfumature ad ogni<br />
mutar <strong>di</strong> raggio, intonando i suoi riflessi a tutti i<br />
problemi della carità cristiana. Ha giocato<br />
simultaneamente cento partite sulla scacchiera<br />
5
formidabile della vita in un clima <strong>di</strong> collettività<br />
spirituale, dettando continuamente la sua alta<br />
inequivocabile dottrina. La sua carezza paterna<br />
ridonava la speranza e il coraggio per il superamento<br />
degli imprescin<strong>di</strong>bili termini della vita. I delusi, i vinti,<br />
gli esausti accostandosi a lui respiravano le fresche<br />
aure del conforto. Questo beneficio della sua pietà era<br />
così ardente ed esuberante, che ognuno sentiva infranto<br />
il ricordo del remoto malinconico, le lacrime piante<br />
nella fralezza del dolore e tutte le ferite dell'anima.<br />
Tutte le vanità, i desideri, le passioni andavano ad<br />
accantonarsi sotto il serafico manto <strong>di</strong> questo frate,<br />
presso i palpiti virili <strong>di</strong> questo gran cuore francescano,<br />
tra le dolcezze bollenti della preghiera, soggiogati<br />
dallo slancio ristoratore <strong>di</strong> una parola <strong>di</strong> e<strong>di</strong>ficazione e<br />
<strong>di</strong> perdono. Era sempre vigile, pronto a traghettare<br />
colui che si smarriva per toglierlo dai tremen<strong>di</strong> abissi<br />
del peccato.<br />
Nel 1946, dopo l'ultima. guerra, approssimandosi la<br />
“stagione <strong>di</strong> S. Martino”, <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> riprese la sua<br />
abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> andare per le campagne questuando il<br />
vino. trovandosi sulla strada <strong>di</strong> S. Vito, si recò nel<br />
fondo detto “Genovese”, chiedendo al fattore un pò <strong>di</strong><br />
vino per il convento <strong>di</strong> S. Pasquale. L'uomo aveva già<br />
visto venire il carretto montato dal frate ed aveva detto<br />
<strong>di</strong> non dare niente, tanto che la moglie dopo avere<br />
insistito al posto <strong>dei</strong> soliti <strong>di</strong>eci litri gli desse almeno la<br />
metà, si era andata a rinchiudere nelle stanze superiori,<br />
in segno <strong>di</strong> <strong>di</strong>sapprovazione. Il fattore alla richiesta <strong>di</strong><br />
<strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> esclamò: “Zi mo, è fatto tar<strong>di</strong>... Vino nun ne<br />
tengo” (Zio monaco, è fatto tar<strong>di</strong>, e non ho vino). E lui<br />
riprese: “E le <strong>di</strong>eci mezze botti che tieni in cantina <strong>di</strong><br />
chi sono?”. Rispose il conta<strong>di</strong>no: “Gesù! Quelle sono<br />
piene d'aceto!”. <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> risalendo sul carretto ripeté:<br />
“Aceto? Aceto?”. E il conta<strong>di</strong>no imperterrito: “Si,<br />
si...”. “E aceto sia!” ammonì il <strong>Fra</strong>te. Dunque si<br />
rincamminò per il suo percorso e andò via.<br />
La moglie del colono, dopo che <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> si<br />
allontanò, si precipitò <strong>di</strong> corsa al piano inferiore,<br />
apostrofando violentemente il marito: “Sei un cane!<br />
Hai rifiutato il vino a San Pasquale. I miei genitori<br />
hanno sempre compiuto questo atto <strong>di</strong> devozione. E poi<br />
rifiutarlo a <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>?”. Passarono otto giorni, e per lo<br />
stesso viale arrivò una lussuosa macchina. Il colono<br />
subito si precipitò ad aprire lo sportello e togliendosi la<br />
berretta su<strong>di</strong>cia, salutò: “Buongiorno Eccellenza!”.<br />
“Sono venuto a prelevare i sei barili <strong>di</strong> vino che mi<br />
spettano” <strong>di</strong>sse il padrone. “Accomodatevi in cantina.<br />
Vi sceglierete quello che più vi gusta”. E ripetendosi in<br />
inchini, sollecitò la moglie a preparare per il<br />
proprietario del fondo, un bicchiere per la prova e un<br />
tovagliolo pulito per fare asciugare la bocca. Il padrone<br />
provò la prima botte, e mandò fuori una frase <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sgusto: “Ma questo è aceto!”. Chiamò il suo autista<br />
per meglio sincerarsi e gli fece bere un sorsetto:<br />
“Signò, chisto é ghiut'acito!” (Signore questo è<br />
<strong>di</strong>ventato aceto). Passarono ad un'altra botte, identica<br />
6<br />
delusione. Passarono all'altra, aceto pure questa. In<br />
breve furono provate tutte e <strong>di</strong>eci le botti, e tutte quante<br />
erano piene d'aceto. Il proprietario <strong>di</strong>menò le braccia al<br />
cielo urlando sul viso del fattore: “Che ne hai fatto del<br />
mio fondo? Dalle viti ci cacci l'aceto? Qui vi è un danno<br />
morale gravissimo. Ti potrei cacciare legalmente su<br />
due pie<strong>di</strong>. Adesso io mi comperò il vino e tu me lo<br />
pagherai, hai capito?”. A questo punto intervenne la<br />
moglie in <strong>di</strong>fesa dello scoraggiato conta<strong>di</strong>no, che non<br />
sapeva proferir sillaba, e raccontò della visita del frate<br />
e del <strong>di</strong>niego del marito che aveva finto <strong>di</strong> avere<br />
dell'aceto nelle botti al posto del vino. Ed infine la<br />
risposta del monaco che l'aveva salutato con questa<br />
frase: “Ah? <strong>di</strong>ci che è aceto? E aceto sia!”. Il<br />
proprietario rimase un pò perplesso e domandò: “E tu<br />
conosci questo monaco?” “Signor si - rispose il<br />
conta<strong>di</strong>no - sta al Convento <strong>di</strong> San Pasquale a Portici.”.<br />
“Allora vieni con me” <strong>di</strong>sse il padrone. Se lo caricò<br />
nella macchina, e si <strong>di</strong>ressero al Convento del<br />
Granatello. Appena giunti incontrarono <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>, il<br />
proprietario senza preamboli gli <strong>di</strong>sse: “Voi, <strong>Fra</strong><br />
<strong>Umile</strong>, farete da giu<strong>di</strong>ce; io sono la parte lesa e San<br />
Pasquale deve rispondere del danno arrecatomi. Il mio<br />
colono ha negato il vino con il pretesto che era aceto, e<br />
le bugie vanno scontate, fin qui sta bene. Ma io vi<br />
domando; ho mai personalmente rifiutato qualcosa a<br />
San Pasquale?”. <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> rispose: “No!”. “E allora -<br />
riprese il proprietario - in virtù <strong>di</strong> quale sentenza, io<br />
Uno <strong>dei</strong> rari scritti<br />
<strong>di</strong> <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> con la firma.<br />
devo bere l'aceto senza avere commesso niente?”. Al<br />
che <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> guardando la statua <strong>di</strong> San Pasquale, con<br />
tono imperativo <strong>di</strong>sse: “Fatti portare a casa l'aceto e<br />
<strong>di</strong>mmi dove abiti. Io verrò a casa tua e San Pasquale<br />
provvederà, perché tu non hai nessuna colpa”.<br />
Il colono, che era stato fino ad allora appartato,<br />
prorompendo in lacrime, si<br />
gettò ai pie<strong>di</strong> del frate ed<br />
implorò: “E perché non<br />
venite anche da me e<br />
sistemate tutto? Io vi chiedo<br />
perdono, sono stato uno<br />
stolto a non ascoltare le<br />
parole <strong>di</strong> mia moglie”. Il<br />
proprietario <strong>di</strong>sse al colono:<br />
“E che gli daresti per<br />
contropartita?”. Rispose<br />
“Mezza botte <strong>di</strong> vino”. “Sta<br />
bene - concluse <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> -<br />
an<strong>di</strong>amo a San Vito”. Giunti<br />
sul posto, <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> scese<br />
in cantina, elevò una<br />
preghiera e con il cordone<br />
del suo abito, marcò col<br />
segno della croce tutte le<br />
botti, al termine esclamò:<br />
“Provate ora il vino <strong>di</strong> San<br />
Pasquale!”. Con grande<br />
stupore si trovò che l'aceto<br />
era ritornato vino, ma <strong>di</strong><br />
quello migliore del Vesuvio. Quando parti la mezza<br />
botte, che fu data a <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>, la moglie accostatasi al<br />
colono gli <strong>di</strong>sse: “Cosi finiscono i farabutti come te!<br />
Non volevi dargli cinque litri <strong>di</strong> vino, ed ora ve<strong>di</strong> partire<br />
mezza botte”.<br />
Il signor Angelo De Martino, era residente al Vicolo<br />
Ritiro n. 1, in Portici, era solito recarsi da <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> per<br />
chiedere notizie del suo figliuolo Giuseppe, allora<br />
ventiduenne (era nel 1943) imbarcatosi come aiuto<br />
macchinista su una nave operante nel Me<strong>di</strong>terraneo. Il<br />
De Martino era vento a conoscenza che suo figlio, era<br />
ricoverato in un Ospedale militare, e quasi lo<br />
consideravano al sicuro da sorte peggiore. Un giorno<br />
ebbe comunicazione del reimbarco del figliuolo ormai<br />
<strong>di</strong>messo dal Nosocomio e inviato questa volta alla<br />
scorta <strong>dei</strong> convogli provenienti dall'Africa. Il genitore<br />
tremava per la sorte del figlio, e <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> con la<br />
chiarezza come gli era sempre consona, pre<strong>di</strong>sse che la<br />
bella nave sarebbe presto andata nei fon<strong>di</strong> marini, ma<br />
che al figlio ci avrebbe pensato San Pasquale. La pena<br />
del padre e l'angoscia <strong>di</strong> tutta la famiglia non<br />
conobbero soste in quei giorni, nei quali soltanto una<br />
purissima fiamma <strong>di</strong> speranza profumava <strong>di</strong> serena<br />
attesa i cuori, fiduciosi nella promessa <strong>di</strong> <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>. Un<br />
giorno venne recapitata da uno studente proveniente<br />
dalla Sicilia, una lettera nella quale il figlio, affermava<br />
<strong>di</strong> trovarsi in vita per miracolo ed ospitato da una<br />
famiglia molto generosa che lo trattava con cure<br />
massime al posto <strong>di</strong> tre sventurati figliuoli strappati alla<br />
vita mentre erano imbarcati su una nave, scomparsa nei<br />
flutti del Me<strong>di</strong>terraneo. Per conoscere i particolari della<br />
miracolosa sopravvivenza del giovane si dovette<br />
attendere il ritorno in famiglia. Egli dopo le affusioni e<br />
le lacrime, raccontò una storia che sembrerebbe<br />
fantastica se non fosse il naturale svolgimento <strong>di</strong> un<br />
<strong>di</strong>segno preconizzato dalla Divina Provvidenza. La<br />
nave navigava a 30 miglia dalla costa Jonica. Giuseppe<br />
aveva allora terminato il turno <strong>di</strong> servizio alle<br />
macchine e quasi trattenuto da forza invisibile al posto<br />
<strong>di</strong> scendere in cabina e riposare, venne sospinto in<br />
coperta. Fu in quell'attimo che, scorto un sommergibile<br />
nemico, risuonò la sirena d'allarme. Gli ufficiali non<br />
ebbero neanche il tempo <strong>di</strong> impartire or<strong>di</strong>ni, che un<br />
tremendo boato seguito da una fiammata gigantesca<br />
avvampò la nave: poi s'intese un crepitio infernale e la<br />
“S. Barbara” saltò per aria squarciando la bella nave in<br />
un fianco e facendola affondare rapidamente.<br />
Giuseppe non seppe bene spiegare, come all'atto<br />
dell'esplosione si trovasse portato in aria su <strong>di</strong> un pezzo<br />
<strong>di</strong> lamiera, e poi ricollocato in mare a quasi trecento<br />
metri lontano, al sicuro dai vortici e dai gorghi d'aria.<br />
Dopo essersi reso conto della situazione, non gli fu<br />
<strong>di</strong>fficile aggrapparsi allo stesso or<strong>di</strong>gno <strong>di</strong> salvezza che<br />
galleggiava poco <strong>di</strong>stante dal suo corpo. I suoi occhi<br />
inorri<strong>di</strong>ti assisterono cosi alla rapida scomparsa della<br />
nave ridotta ad una carcassa. Il risucchio si portò nel<br />
fondo, gli ultimi superstiti e feriti, che si <strong>di</strong>battevano tra<br />
le onde. In seguito dopo sette ore, venne tratto in salvo.<br />
Di millecento persone d'equipaggio, soltanto<br />
ventinove si salvarono.<br />
7
Il signor Raffaele Belato abitava a Napoli alla via M.<br />
Briganti 44, raccontò che aveva un cognato Aniello<br />
Brancaccio <strong>di</strong> Torre del Greco la cui moglie, dopo un<br />
intervento chirurgico era moribonda. Pertanto fu<br />
deciso <strong>di</strong> chiedere aiuto a <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> affinché<br />
intercedesse con le sue preghiere, per la pronta<br />
guarigione della donna. Il nostro <strong>Fra</strong>te si recò a trovarla<br />
in ospedale, ma giunse quando le era stato persino<br />
praticato il sacramento dell'estrema unzione. Appena la<br />
vide, <strong>di</strong>sse che doveva ricevere un ulteriore intervento,<br />
perché quello precedente non era andato a buon fine.<br />
Così si rivolse ai chirurgi affinchè si adoperassero<br />
nuovamente, assumendosi pienamente a nome <strong>dei</strong><br />
familiari, la responsabilità. I chirurghi non nascosero il<br />
loro scetticismo, ma si <strong>di</strong>edero da fare. <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong><br />
assistette all'intervento, e raccomandò la paziente <strong>di</strong><br />
non <strong>di</strong>stogliere lo sguardo dai suoi occhi, fu cosi che<br />
sull'orlo dell'abisso mortale alla donna vennero<br />
riaperte le ferite e saturato un punto che la percezione<br />
superiore <strong>di</strong> <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> aveva identificato. In balia <strong>dei</strong><br />
bisturi, esamine ma sveglia, non versò una lacrima, ne<br />
emise lamenti. Il <strong>di</strong>fficile intervento, durato due ore e<br />
mezza, riuscì appieno e la donna sopravvissuta per<br />
l'incrollabile sua fede, due mesi dopo si presentò<br />
sorridente e vispa da <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>, deponendo ai pie<strong>di</strong><br />
della statua del San Pasquale, quelle lacrime contenute<br />
e tramutate, in insaziabile pegno <strong>di</strong> riconoscenza e <strong>di</strong><br />
gioia.<br />
Una volta si recò a casa <strong>di</strong> una famiglia <strong>di</strong> Bellavista<br />
per far visita ad un ammalato, al termine venne pregato<br />
<strong>di</strong> sedere a tavola per consumare un boccone, prima <strong>di</strong><br />
rientrare al Convento. Il frate accettò compiaciuto e<br />
consumò il pasto con buon appetito. Gli ospiti non<br />
cessarono per un istante <strong>di</strong> scusarsi per la modestia del<br />
loro pasto, non degno <strong>di</strong> una cosi straor<strong>di</strong>naria<br />
circostanza, e si dolevano per la mancanza della frutta.<br />
<strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> dalla vetrata si era accorto che nel contiguo<br />
giar<strong>di</strong>no, vi era un grosso albero <strong>di</strong> albicocche, allora<br />
chiese se non fosse il caso <strong>di</strong> mangiarne una.<br />
“Purtroppo, caro frate - rispose il proprietario - quella<br />
pianta è piena <strong>di</strong> vermi, al punto che non ci ho mai<br />
potuto nulla. Produce solo frutta non buona”. E per<br />
provare che <strong>di</strong>ceva la verità, incaricò il figlio maggiore<br />
<strong>di</strong> coglierne un cestello. Vennero aperte le albicocche<br />
l'una dopo l'altra, e tutte apparvero piene <strong>di</strong> vermi. I<br />
proprietari si mortificarono, ma <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> d'un tratto,<br />
posando il tovagliolo, pregò <strong>di</strong> accompagnarlo sotto<br />
l'albero. Arrivati ai pie<strong>di</strong> del tronco, fece <strong>di</strong>sporre i<br />
familiari a forma <strong>di</strong> cerchio, e col cordone francescano<br />
bene<strong>di</strong>sse la pianta: “Nel nome del Padre, del Figlio e<br />
dello Spirito Santo". Poi rivolgendosi al padrone <strong>di</strong><br />
casa <strong>di</strong>sse: “Raccoglietene ora, e se avete fede i frutti<br />
saranno gustosissimi”. Si precipitarono tutti a<br />
raccoglierne, e videro che come per incanto, i vermi<br />
che infestavano la polpa, erano scomparsi. Seconde<br />
molte testimonianze, <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> <strong>di</strong> questi pro<strong>di</strong>gi, ne<br />
compiva quasi ogni giorno, specie nel corso delle<br />
8<br />
questue per San Pasquale. Egli durante la “cerca”,<br />
accettava tutto per San Pasquale.<br />
Una donna <strong>di</strong> Ponticelli, un giorno si scusò <strong>di</strong> non<br />
potergli dare i fagioli, che gli aveva richiesto, perché<br />
erano tutti bucati. “Fammeli vedere” <strong>di</strong>sse <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>.<br />
La donna andò in cucina e ne prese un po', tutti<br />
rosicchiati. “E' una vera rovina - lamentava la donna –<br />
mi avrebbero fatto tanto comodo: ho quattro figli che<br />
molto facilmente avrei potuto sfamare, ma con questi<br />
legumi, come si fa? Sono immangiabili”. <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong><br />
rivolgendosi a lei esclamò: “Hai fede, buona donna?”.<br />
Rispose: “Certamente!”. “Allora dammi questi fagioli<br />
– riprese il frate - in un sacchetto. Il resto tienilo ben<br />
custo<strong>di</strong>to. Domani fanne una zuppa per i tuoi bimbi.<br />
San Pasquale ci <strong>di</strong>ce che essi sono buoni da mangiare”.<br />
Soggiogata dalle frasi misteriose del francescano, la<br />
donna prese un sacchetto, e lo riempì <strong>di</strong> quei fagioli, i<br />
quali erano <strong>di</strong>venuti lisci, senza neppure un foro nero.<br />
Tutti gli animali, quali porcellini, agnelli, polli che<br />
erano affetti da qualche malattia, veniva dati a lui. Solo<br />
che appena venivano portati in convento,<br />
miracolosamente guarivano. questi sono solo alcuni<br />
<strong>dei</strong> segni straor<strong>di</strong>nari che il Signore operava con l’aiuto<br />
<strong>di</strong> San Pasquale.<br />
<strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> Fiamma d’Amore,<br />
interce<strong>di</strong> per noi le grazie dal Signore!<br />
La Santità<br />
profezia vivente<br />
della Pasqua del Signore<br />
La Pasqua <strong>di</strong> morte e risurrezione del Signore<br />
esprime il mistero stesso della nostra<br />
redenzione: il Signore ci riscatta dalla schiavitù<br />
del peccato e dalla morte e ci re<strong>di</strong>me col suo sacrificio<br />
in croce, salvandoci con la potenza della sua<br />
resurrezione. Ogni autentico cristiano è chiamato a<br />
credere e a vivere la Pasqua del suo Signore,<br />
partecipando con una<br />
vita santa alle Sue<br />
sofferenze per entrare,<br />
quale servo fedele,<br />
nella Sua gloria.<br />
''Siate santi, perché<br />
Io, IL Signore vostro<br />
Dio, sono Santo'' (cfr<br />
Lev. 19,2): è il grande<br />
i m p e r a t i v o c h e<br />
a t t r a v e r s a t u t t o<br />
l'Antico Testamento,<br />
l'esigenza più profonda<br />
dell'alleanza tra Jahvé<br />
e il Suo popolo.<br />
''Siate perfetti come<br />
è perfetto il Padre<br />
vostro celeste'' (Mt<br />
5,48): è il superamento<br />
della Torah eseguito da<br />
Gesù che vuol condurci<br />
al compimento della<br />
Carità.<br />
Questo cammino,<br />
dalla Legge all' Amore,<br />
i n u n a c o n t i n u a<br />
testimonianza <strong>di</strong> vita<br />
che tende a incarnare Il<br />
Vangelo e a <strong>di</strong>ventare,<br />
nella fede, trasparenza<br />
del Signore risorto nel<br />
mondo per condurre<br />
con la potenza dello<br />
Spirito la realtà umana<br />
soggetta alla corruzione al progetto della Redenzione,<br />
è la via della santità. L'eterno Verbo del Padre,<br />
facendosi uomo, si è abbassato nella nostra realtà <strong>di</strong><br />
rifiuto, <strong>di</strong> tenebra, <strong>di</strong> morte. Ha salito un calvario, ha<br />
accettato la morte <strong>di</strong> croce, ha aperto la via per quanti<br />
lo vogliono seguire.<br />
Ogni santo è un testimone <strong>di</strong> questa sequela<br />
<strong>di</strong> don Giuseppe Milazzo<br />
tracciata col proprio sangue, per trasportare non la<br />
croce del mondo che si chiude sulla morte, ma la croce<br />
<strong>di</strong> Gesù che si apre alla Vita. La ''famiglia serafica''<br />
possiede una lunghissima scia <strong>di</strong> santi che hanno<br />
amato Gesù e la sua Chiesa aprendo spazi <strong>di</strong> speranza<br />
per tutta l'umanità. <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> appartiene a questa<br />
nobilissima schiera <strong>di</strong> anime elette che hanno seguito<br />
l ' A g n e l l o ,<br />
tracciando strade<br />
m e r a v i g l i o s e :<br />
nell'umiltà, sua<br />
specifica virtù,<br />
sull'esempio <strong>di</strong><br />
Gesù che si umiliò<br />
sino alla morte <strong>di</strong><br />
croce (cfr. Fil.<br />
2,8), ha in<strong>di</strong>cato<br />
che la via della<br />
gioia vera è nella<br />
c r o c e d i o g n i<br />
giorno trasportata<br />
c o n l a f o r z a<br />
dell'Amore che<br />
tutto purifica e<br />
trasforma nella<br />
gloria <strong>di</strong> Dio.<br />
L a Ve r g i n e<br />
S a n t i s s i m a ,<br />
modello <strong>di</strong> ogni<br />
forma <strong>di</strong> santità,<br />
che in<strong>di</strong>chiamo<br />
col titolo <strong>di</strong> ''Mia<br />
Madonna e Mia<br />
Salvezza'' proprio<br />
perché vive tutto il<br />
m i s t e r o d e l l a<br />
salvezza pasquale<br />
da Madre dello<br />
stesso Salvatore,<br />
ci insegni a vivere<br />
ogni giorno la<br />
Pasqua del suo Gesù, a far morire in noi l'uomo<br />
vecchio che ci corrompe seguendo le passioni<br />
ingannevoli e a rinnovarci nello spirito della nostra<br />
mente, e rivestire l'uomo nuovo, nato secondo Dio<br />
nella giustizia e nella vera santità. (cfr Ef. 4, 22-20).<br />
Buona Pasqua! Auguri <strong>di</strong> Santità!<br />
9
Desidero riproporre alcuni<br />
stralci della meravigliosa<br />
omelia, che il Santo Padre<br />
p r o n u n c i ò a l l ’ i n i z i o d e l S u o<br />
pontificato. Riecheggiano ancora<br />
dentro <strong>di</strong> me le Sue parole, ero<br />
presente a questo fausto evento in<br />
piazza San Pietro, insieme a tanti<br />
amici e sacerdoti. In quel periodo<br />
collaboravo già presso il giornale del<br />
Papa: «L’Osservatore Romano»,<br />
dunque in primis conoscevo tutti i suoi<br />
<strong>di</strong>scorsi, ma quello iniziale fu per me<br />
motivo <strong>di</strong> grande gioia, mi fece<br />
assumere il profondo convincimento:<br />
«Tu sei Pietro, e su te e<strong>di</strong>ficherò la mia<br />
Chiesa».<br />
L’anno seguente avrei terminato i<br />
miei stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Licenza in Teologia proprio su <strong>di</strong> lui, su<br />
Pietro, la tesi si intitolava: «Ho pregato per te...<br />
conferma i tuoi fratelli., Il Primato <strong>di</strong> Pietro dall’origini<br />
ai giorni nostri fino al <strong>di</strong>alogo cattolico-ortodosso». Da<br />
sempre sono stato innamorato della figura petrina,<br />
perché in Lui realmente la Roccia, il volto <strong>di</strong> Dio e la<br />
Sua <strong>di</strong>vina volontà. Ora lascio che sia proprio lui a<br />
parlare.<br />
«Chi crede, non è mai solo, non lo è nella vita e<br />
neanche nella morte. [...] Di nuovo, siamo stati<br />
consolati compiendo il solenne ingresso in conclave,<br />
per eleggere colui che il Signore aveva scelto. Come<br />
10<br />
potevamo riconoscere il suo nome? Come potevano<br />
115 Vescovi, provenienti da tutte le culture ed i paesi,<br />
trovare colui al quale il Signore desiderava conferire la<br />
missione <strong>di</strong> legare e sciogliere? Ancora una volta, noi lo<br />
sapevamo: sapevamo che non siamo soli, che siamo<br />
circondati, condotti e guidati dagli amici <strong>di</strong> Dio. Ed ora,<br />
in questo momento, io debole servitore <strong>di</strong> Dio devo<br />
assumere questo compito inau<strong>di</strong>to, che realmente<br />
supera ogni capacità umana. Come posso fare questo?<br />
Come sarò in grado <strong>di</strong> farlo? Voi tutti, cari amici, avete<br />
appena invocato l'intera schiera <strong>dei</strong> santi, rappresentata<br />
da alcuni <strong>dei</strong> gran<strong>di</strong> nomi della storia <strong>di</strong> Dio con gli<br />
uomini. In tal modo, anche in me si ravviva questa<br />
consapevolezza: non sono solo. Non devo portare da<br />
solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La<br />
schiera <strong>dei</strong> santi <strong>di</strong> Dio mi protegge, mi sostiene e mi<br />
porta. E la Vostra preghiera, cari amici, la Vostra<br />
indulgenza, il Vostro amore, la Vostra fede e la Vostra<br />
speranza mi accompagnano. [...]<br />
Sì, la Chiesa è viva! [...] E la Chiesa è giovane. Essa<br />
porta in sé il futuro del mondo e perciò mostra anche a<br />
ciascuno <strong>di</strong> noi la via verso il futuro. La Chiesa è viva e<br />
noi lo ve<strong>di</strong>amo: noi sperimentiamo la gioia che il<br />
Risorto ha promesso ai suoi. La Chiesa è viva - essa è<br />
viva, perché Cristo è vivo, perché egli è veramente<br />
risorto. [...] In tutti questi giorni abbiamo anche potuto,<br />
in un senso profondo, toccare il Risorto. Ci è stato dato<br />
<strong>di</strong> sperimentare la gioia che egli ha promesso, dopo un<br />
breve tempo <strong>di</strong> oscurità, come frutto della sua<br />
resurrezione. [...]<br />
Cari amici! In questo momento non ho bisogno <strong>di</strong><br />
presentare un programma <strong>di</strong> governo. [...] Il mio vero<br />
programma <strong>di</strong> governo è quello <strong>di</strong> non fare la mia<br />
volontà, <strong>di</strong> non perseguire mie idee, ma <strong>di</strong> mettermi in<br />
ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della<br />
volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché<br />
sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della<br />
nostra storia. Invece <strong>di</strong> esporre un programma io vorrei<br />
semplicemente cercare <strong>di</strong> commentare i due segni con<br />
cui viene rappresentata liturgicamente l'assunzione del<br />
Ministero Petrino; entrambi questi segni, del resto,<br />
rispecchiano anche esattamente ciò che viene<br />
proclamato nelle letture <strong>di</strong> oggi. [...]<br />
Il primo segno è il Pallio, tessuto in pura lana, che mi<br />
viene posto sulle spalle. Questo antichissimo segno,<br />
che i Vescovi <strong>di</strong> Roma portano fin dal IV secolo, può<br />
essere considerato come un'immagine del giogo <strong>di</strong><br />
Cristo, che il Vescovo <strong>di</strong> questa città, il Servo <strong>dei</strong> Servi<br />
<strong>di</strong> Dio, prende sulle sue spalle. Il giogo <strong>di</strong> Dio è la<br />
volontà <strong>di</strong> Dio, che noi accogliamo. E questa volontà<br />
non è per noi un peso esteriore, che ci opprime e ci<br />
toglie la libertà. Conoscere ciò che Dio vuole,<br />
conoscere qual è la via della vita – questa era la gioia <strong>di</strong><br />
Israele, era il suo grande privilegio. Questa è anche la<br />
nostra gioia: la volontà <strong>di</strong> Dio non ci aliena, ci purifica –<br />
magari in modo anche doloroso – e così ci conduce a noi<br />
stessi. In tal modo, non serviamo soltanto Lui ma la<br />
salvezza <strong>di</strong> tutto il mondo, <strong>di</strong> tutta la storia. In realtà il<br />
simbolismo del Pallio è ancora più concreto: la lana<br />
d'agnello intende rappresentare la pecorella perduta o<br />
anche quella malata e quella debole, che il pastore mette<br />
sulle sue spalle e conduce alle acque della vita.<br />
La parabola della pecorella smarrita, che il pastore<br />
cerca nel deserto, era per i Padri della Chiesa<br />
un'immagine del mistero <strong>di</strong> Cristo e della Chiesa.<br />
L'umanità – noi tutti - è la pecora smarrita che, nel<br />
deserto, non trova più la strada. Il Figlio <strong>di</strong> Dio non<br />
tollera questo; Egli non può abbandonare l'umanità in<br />
una simile miserevole con<strong>di</strong>zione. Balza in pie<strong>di</strong>,<br />
abbandona la gloria del cielo, per ritrovare la pecorella<br />
e inseguirla, fin sulla croce. La carica sulle sue spalle,<br />
porta la nostra umanità, porta noi stessi – Egli è il buon<br />
pastore, che offre la sua vita per le pecore. Il Pallio <strong>di</strong>ce<br />
innanzi tutto che tutti noi siamo portati da Cristo. Ma<br />
allo stesso tempo ci invita a portarci l'un l'altro. Così il<br />
Pallio <strong>di</strong>venta il simbolo della missione del pastore. [...]<br />
La santa inquietu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Cristo deve animare il pastore:<br />
per lui non è in<strong>di</strong>fferente che tante persone vivano nel<br />
deserto. E vi sono tante forme <strong>di</strong> deserto. Vi è il deserto<br />
della povertà, il deserto della fame e della sete, vi è il<br />
deserto dell'abbandono, della solitu<strong>di</strong>ne, dell'amore<br />
<strong>di</strong>strutto. Vi è il deserto dell'oscurità <strong>di</strong> Dio, dello<br />
svuotamento delle anime senza più coscienza della<br />
<strong>di</strong>gnità e del cammino dell'uomo. I deserti esteriori si<br />
moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono<br />
<strong>di</strong>ventati così ampi. Perciò i tesori della terra non sono<br />
più al servizio dell'e<strong>di</strong>ficazione del giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Dio, nel<br />
quale tutti possano vivere, ma sono asserviti alle<br />
potenze dello sfruttamento e della <strong>di</strong>struzione. La<br />
Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo<br />
devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini<br />
fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso<br />
l'amicizia con il Figlio <strong>di</strong> Dio, verso Colui che ci dona la<br />
vita, la vita in pienezza.<br />
Il simbolo dell'agnello ha ancora un altro aspetto.<br />
Nell'Antico Oriente era usanza che i re designassero se<br />
stessi come pastori del loro popolo. Questa era<br />
un'immagine del loro potere, un'immagine cinica: i<br />
popoli erano per loro come pecore, delle quali il pastore<br />
poteva <strong>di</strong>sporre a suo piacimento. Mentre il pastore <strong>di</strong><br />
tutti gli uomini, il Dio vivente, è <strong>di</strong>venuto lui stesso<br />
agnello, si è messo dalla parte degli agnelli, <strong>di</strong> coloro<br />
che sono calpestati e uccisi. Proprio così Egli si rivela<br />
come il vero pastore: “Io sono il buon pastore… Io offro<br />
la mia vita per le pecore”, <strong>di</strong>ce Gesù <strong>di</strong> se stesso (Gv 10,<br />
14s). Non è il potere che re<strong>di</strong>me, ma l'amore! Questo è il<br />
segno <strong>di</strong> Dio: Egli stesso è amore. Quante volte noi<br />
desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli<br />
colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un<br />
mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si<br />
giustificano così, giustificano la <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> ciò che<br />
si opporrebbe al progresso e alla liberazione<br />
dell'umanità. Noi soffriamo per la pazienza <strong>di</strong> Dio. E<br />
non<strong>di</strong>meno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il<br />
Dio, che è <strong>di</strong>venuto agnello, ci <strong>di</strong>ce che il mondo viene<br />
salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è<br />
redento dalla pazienza <strong>di</strong> Dio e <strong>di</strong>strutto<br />
dall'impazienza degli uomini. Una delle caratteristiche<br />
fondamentali del pastore deve essere quella <strong>di</strong> amare gli<br />
uomini che gli sono stati affidati, così come ama Cristo,<br />
al cui servizio si trova. “Pasci le mie pecore”, <strong>di</strong>ce<br />
Cristo a Pietro, e a me, in questo<br />
momento. Pascere vuol<br />
<strong>di</strong>re amare, e amare<br />
vuol <strong>di</strong>re anche essere<br />
pronti a soffrire.<br />
Amare significa:<br />
dare alle pecore il<br />
v e r o b e n e , i l<br />
nutrimento della<br />
verità <strong>di</strong> Dio, della<br />
parola <strong>di</strong> Dio, il<br />
nutrimento della sua<br />
presenza, che egli ci<br />
dona nel Santissimo<br />
Sacramento. Cari<br />
amici – in questo<br />
momento io<br />
posso <strong>di</strong>re<br />
soltanto:<br />
pregate<br />
p e r<br />
me,<br />
11
perché io impari sempre più ad amare il Signore.<br />
Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il<br />
suo gregge – voi, la Santa Chiesa, ciascuno <strong>di</strong> voi<br />
singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me,<br />
perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi.<br />
Preghiamo gli uni per gli altri, perché il Signore ci porti<br />
e noi impariamo a portarci gli uni gli altri.<br />
Il secondo segno, con cui viene rappresentato nella<br />
liturgia o<strong>di</strong>erna l'inse<strong>di</strong>amento nel Ministero Petrino, è<br />
la consegna dell'anello del pescatore. La chiamata <strong>di</strong><br />
Pietro ad essere pastore, che abbiamo u<strong>di</strong>to nel<br />
Vangelo, fa seguito alla narrazione <strong>di</strong> una pesca<br />
abbondante: dopo una notte, nella quale avevano<br />
gettato le reti senza successo, i <strong>di</strong>scepoli vedono sulla<br />
riva il Signore Risorto. Egli comanda loro <strong>di</strong> tornare a<br />
pescare ancora una volta ed ecco che la rete <strong>di</strong>viene<br />
così piena che essi non riescono a tirarla su; 153 grossi<br />
pesci: “E sebbene fossero così tanti, la rete non si<br />
strappò” (Gv 21, 11). Questo racconto, al termine del<br />
cammino terreno <strong>di</strong> Gesù con i suoi <strong>di</strong>scepoli,<br />
corrisponde ad un racconto dell'inizio: anche allora i<br />
<strong>di</strong>scepoli non avevano pescato nulla durante tutta la<br />
notte; anche allora Gesù aveva invitato Simone ad<br />
andare al largo ancora una volta. E Simone, che ancora<br />
non era chiamato Pietro, <strong>di</strong>ede la mirabile risposta:<br />
Maestro, sulla tua parola getterò le reti! Ed ecco il<br />
conferimento della missione: “Non temere! D'ora in<br />
poi sarai pescatore <strong>di</strong> uomini” (Lc 5, 1–11). Anche oggi<br />
viene detto alla Chiesa e ai successori degli apostoli <strong>di</strong><br />
prendere il largo nel mare della storia e <strong>di</strong> gettare le reti,<br />
per conquistare gli uomini al Vangelo – a Dio, a Cristo,<br />
alla vera vita. I Padri hanno de<strong>di</strong>cato un commento<br />
molto particolare anche a questo singolare compito.<br />
12<br />
Essi <strong>di</strong>cono così: per il pesce, creato per l'acqua, è<br />
mortale essere tirato fuori dal mare. Esso viene<br />
sottratto al suo elemento vitale per servire <strong>di</strong><br />
nutrimento all'uomo. Ma nella missione del pescatore<br />
<strong>di</strong> uomini avviene il contrario. Noi uomini viviamo<br />
alienati, nelle acque salate della sofferenza e della<br />
morte; in un mare <strong>di</strong> oscurità senza luce. La rete del<br />
Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte e ci porta<br />
nello splendore della luce <strong>di</strong> Dio, nella vera vita.<br />
E' proprio così – nella missione <strong>di</strong> pescatore <strong>di</strong><br />
uomini, al seguito <strong>di</strong> Cristo, occorre portare gli uomini<br />
fuori dal mare salato <strong>di</strong> tutte le alienazioni verso la terra<br />
della vita, verso la luce <strong>di</strong> Dio. E' proprio così: noi<br />
esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove<br />
si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando<br />
incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo<br />
che cosa è la vita. [...] Ciascuno <strong>di</strong> noi è il frutto <strong>di</strong> un<br />
pensiero <strong>di</strong> Dio. Ciascuno <strong>di</strong> noi è voluto, ciascuno è<br />
amato, ciascuno è necessario. Non vi è niente <strong>di</strong> più<br />
bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da<br />
Cristo. Non vi è niente <strong>di</strong> più bello che conoscere Lui e<br />
comunicare agli altri l'amicizia con lui. Il compito del<br />
pastore, del pescatore <strong>di</strong> uomini può spesso apparire<br />
faticoso. Ma è bello e grande, perché in definitiva è un<br />
servizio alla gioia, alla gioia <strong>di</strong> Dio che vuol fare il suo<br />
ingresso nel mondo.<br />
Vorrei qui rilevare ancora una cosa: sia<br />
nell'immagine del pastore che in quella del pescatore<br />
emerge in modo molto esplicito la chiamata all'unità.<br />
“Ho ancora altre pecore, che non sono <strong>di</strong> questo ovile;<br />
anch'esse io devo condurre ed ascolteranno la mia voce<br />
e <strong>di</strong>verranno un solo gregge e un solo pastore” (Gv 10,<br />
16), <strong>di</strong>ce Gesù al termine del <strong>di</strong>scorso del buon<br />
pastore. E il racconto <strong>dei</strong> 153 grossi pesci termina con<br />
la gioiosa constatazione: “sebbene fossero così tanti,<br />
la rete non si strappò” (Gv 21, 11). Ahimè, amato<br />
Signore, essa ora si è strappata! vorremmo <strong>di</strong>re<br />
addolorati. Ma no – non dobbiamo essere tristi!<br />
Rallegriamoci per la tua promessa, che non delude, e<br />
facciamo tutto il possibile per percorrere la via verso<br />
l'unità, che tu hai promesso. Facciamo memoria <strong>di</strong><br />
essa nella preghiera al Signore, come men<strong>di</strong>canti: sì,<br />
Signore, ricordati <strong>di</strong> quanto hai promesso. Fa' che<br />
siamo un solo pastore ed un solo gregge! Non<br />
permettere che la tua rete si strappi ed aiutaci ad essere<br />
servitori dell'unità!<br />
In questo momento il mio ricordo ritorna al 22<br />
ottobre 1978, quando Papa Giovanni Paolo II iniziò il<br />
suo ministero qui sulla Piazza <strong>di</strong> San Pietro. Ancora, e<br />
continuamente, mi risuonano nelle orecchie le sue<br />
parole <strong>di</strong> allora: “Non abbiate paura, aprite anzi<br />
spalancate le porte a Cristo!” Il Papa parlava ai forti, ai<br />
potenti del mondo, i quali avevano paura che Cristo<br />
potesse portar via qualcosa del loro potere, se lo<br />
avessero lasciato entrare e concesso la libertà alla<br />
fede. Sì, egli avrebbe certamente portato via loro<br />
qualcosa: il dominio della corruzione, dello<br />
stravolgimento del <strong>di</strong>ritto, dell'arbitrio. Ma non<br />
avrebbe portato via nulla <strong>di</strong> ciò che appartiene alla<br />
libertà dell'uomo, alla sua <strong>di</strong>gnità, all'e<strong>di</strong>ficazione <strong>di</strong><br />
una società giusta. Il Papa parlava inoltre a tutti gli<br />
uomini, soprattutto ai giovani. Non abbiamo forse<br />
tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare<br />
Cristo totalmente dentro <strong>di</strong> noi, se ci apriamo<br />
totalmente a lui – paura che Egli possa portar via<br />
qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura<br />
<strong>di</strong> rinunciare a qualcosa <strong>di</strong> grande, <strong>di</strong> unico, che rende<br />
la vita così bella? Non rischiamo <strong>di</strong> trovarci poi<br />
nell'angustia e privati della libertà? Ed ancora una<br />
volta il Papa voleva <strong>di</strong>re: no! chi fa entrare Cristo, non<br />
perde nulla, nulla – assolutamente nulla <strong>di</strong> ciò che<br />
rende la vita libera, bella e grande. No! solo in<br />
quest'amicizia si spalancano le porte<br />
della vita. Solo in quest'amicizia si<br />
<strong>di</strong>schiudono realmente le gran<strong>di</strong><br />
potenzialità della con<strong>di</strong>zione umana.<br />
S o l o i n q u e s t ' a m i c i z i a n o i<br />
sperimentiamo ciò che è bello e ciò che<br />
libera.<br />
Così, oggi, io vorrei, con grande<br />
forza e grande convinzione, a partire<br />
dall'esperienza <strong>di</strong> una lunga vita<br />
personale, <strong>di</strong>re a voi, cari giovani: non<br />
abbiate paura <strong>di</strong> Cristo! Egli non toglie<br />
nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui,<br />
riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate<br />
le porte a Cristo – e troverete la vera<br />
vita. Amen» (24 aprile 2005).<br />
Caro Papa, avendo avuto ancora una<br />
volta la grazia e la gioia, come già in<br />
precedenza mi era capitato, il 31<br />
gennaio <strong>2013</strong>, <strong>di</strong> incontrarla, non avrei<br />
mai pensato che Lei si sarebbe <strong>di</strong>messo dal Suo<br />
ministero. E’ pur vero che l’avevo vista molto stanca e<br />
affaticata, ma so bene che Lei se ha compiuto questo<br />
grande gesto <strong>di</strong> responsabilità, è come Lei stesso ha<br />
asserito: «Lo faccio per il Bene della Chiesa».<br />
Grazie ancora <strong>di</strong> cuore per il Suo infaticabile e<br />
magistrale ministero petrino. Non la <strong>di</strong>menticheremo<br />
mai, sarà sempre presente nelle nostre preghiere e nei<br />
nostri cuori.<br />
Suo devotissimo figlio<br />
Don Michele Barone<br />
13
La Quaresima (dal latino quadragesima<br />
<strong>di</strong>es, quarantesimo giorno) fu stabilita<br />
dalla Santa Chiesa per la<br />
preparazione <strong>dei</strong> catecumeni <strong>di</strong><br />
un tempo che dovevano<br />
ricevere il battesimo, ma<br />
f u a n c h e e f o r s e<br />
soprattutto stabilita<br />
come un mezzo <strong>di</strong><br />
preparazione <strong>dei</strong><br />
fedeli nell'incontro<br />
partecipativo alla<br />
P a s s i o n e e a l l a<br />
R i s u r r e z i o n e d e l<br />
Signore.<br />
La Quaresima è un<br />
tempo liturgico che va<br />
dal mercoledì delle<br />
Ceneri al giovedì<br />
S a n t o . E s s a<br />
r a p p r e s e n t a<br />
l'opportunità per noi<br />
cristiani, <strong>di</strong> una più viva<br />
con<strong>di</strong>visione del Mistero <strong>di</strong><br />
Cristo, partecipando: "alle sue sofferenze per<br />
partecipare anche alla sua gloria" (Rm 8,17).<br />
La prima Domenica <strong>di</strong> Quaresima ha sempre un<br />
tema fisso: i quaranta giorni <strong>di</strong> Gesù nel deserto: “In<br />
quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto, e<br />
nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da<br />
satana”.(Mc 1,12-13). Il deserto nella Bibbia è il<br />
luogo tipico, il simbolo della tentazione. Noi non<br />
abbiamo un deserto tipico da attraversare, ma questo<br />
non ci consente <strong>di</strong> evitare la tentazione che, nella sua<br />
ra<strong>di</strong>ce più profonda è dubitare dell'amore <strong>di</strong> Dio.<br />
Come per Gesù, il deserto <strong>di</strong>viene tempo <strong>di</strong> sosta per<br />
stare davanti al Padre in adorazione e preghiera, così<br />
anche per noi, la Quaresima deve <strong>di</strong>venire tempo <strong>di</strong><br />
sosta per me<strong>di</strong>tare, riflettere e <strong>di</strong>scernere.<br />
Valorizzare questo tempo significa prendere atto<br />
della continua chiamata per riscoprire insieme, sia la<br />
memoria del proprio battesimo, che la memoria del<br />
mistero della Pasqua <strong>di</strong> Cristo e della nostra Pasqua<br />
uniti a Lui.<br />
14<br />
Quaresima<br />
La Quaresima come tempo <strong>di</strong> penitenza…<br />
Gesù ha istituito il sacramento della Penitenza<br />
<strong>di</strong> Mariarosaria Ucciero<br />
tempo <strong>di</strong> rinnovamento<br />
per donarci la possibilità <strong>di</strong> convertirci. Esistono<br />
varie forme <strong>di</strong> penitenza. La Scrittura e i Padri della<br />
Chiesa insistono soprattutto su tre forme: il <strong>di</strong>giuno,<br />
la preghiera, e l'elemosina. Afferma Papa Benedetto<br />
XVI nel suo Messaggio per la Quaresima <strong>2013</strong>: “La<br />
Quaresima ci invita proprio, con le tra<strong>di</strong>zionali<br />
in<strong>di</strong>cazioni per la vita cristiana, ad alimentare la fede<br />
attraverso un ascolto più attento e prolungato della<br />
Parola <strong>di</strong> Dio e la partecipazione ai Sacramenti, e,<br />
nello stesso tempo, a crescere nella carità,<br />
nell'amore verso Dio e verso il prossimo, anche<br />
attraverso le in<strong>di</strong>cazioni concrete del <strong>di</strong>giuno, della<br />
penitenza e dell'elemosina”. Esse esprimono<br />
rispettivamente la conversione in rapporto a se<br />
stessi, in rapporto a Dio e in rapporto agli altri<br />
(Catechismo, n. 1434).<br />
Il <strong>di</strong>giuno comunica la partecipazione del nostro<br />
corpo al cammino <strong>di</strong> conversione, e propizia<br />
l'astensione dal peccato. La preghiera (in<strong>di</strong>viduale e<br />
comunitaria) deve essere più assidua e intensa in<br />
questo tempo, in modo da lasciare sempre più spazio<br />
a Dio. L'elemosina (o carità) non consiste solo nel<br />
dare denaro o altri beni materiali a chi ne ha bisogno,<br />
ma significa anche con<strong>di</strong>videre il proprio tempo:<br />
assistere i malati, perdonare chi ci ha offeso,<br />
correggere chi ne ha bisogno, consolare chi soffre ed<br />
altre ancora. La carità deve assumere in questo<br />
periodo, un valore ancora più grande, deve<br />
rappresentare la conversione all'amore fraterno,<br />
pertanto la conversione all'amore <strong>di</strong> Dio. Lo scopo<br />
della penitenza ha come finalità, quello <strong>di</strong> ravvivare<br />
in noi l'amore <strong>di</strong> Dio per ricondurci pienamente a<br />
Lui. “Quando noi lasciamo spazio all'amore <strong>di</strong> Dio,<br />
siamo resi simili a Lui, partecipi della sua stessa<br />
carità. Aprirci al suo amore significa lasciare che<br />
Egli viva in noi e ci porti ad amare con Lui, in Lui e<br />
come Lui; solo allora la nostra fede <strong>di</strong>venta<br />
veramente «operosa per mezzo della carità» (Gal<br />
5,6) ed Egli prende <strong>di</strong>mora in noi (cfr 1Gv 4,12)”<br />
(Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima<br />
<strong>2013</strong>).<br />
Il peccatore che intraprende il cammino della<br />
penitenza, mosso dalla grazia <strong>di</strong> Dio misericor<strong>di</strong>oso,<br />
fa ritorno alla Santissima Trinità: al Padre che per<br />
primo ci ha amati, a Cristo che per noi ha dato se<br />
stesso, e allo Spirito Santo che in abbondanza è stato<br />
effuso su <strong>di</strong> noi.<br />
…e come tempo <strong>di</strong> conversione.<br />
La forte chiamata <strong>di</strong> Gesù alla conversione: “Il<br />
tempo è compiuto e il Regno <strong>di</strong> Dio è vicino;<br />
convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1, 15), non è<br />
<strong>di</strong>retta solo a coloro che ancora non lo conoscono,<br />
ma anche ai cristiani che devono impegnarsi <strong>di</strong> più<br />
nel cammino <strong>di</strong> conversione per ravvivare la loro<br />
fede: “Questa seconda conversione è un impegno<br />
continuo per tutta la Chiesa” (Catechismo, n. 1428).<br />
Q u e s t o p e r c h é n e l l a n o s t r a v i t a s i a m o<br />
continuamente esposti alla tentazione, nessuno è<br />
esente da questa lotta. Difatti ogni giorno facciamo<br />
esperienza <strong>di</strong> questo combattimento, pertanto<br />
occorre che tutti noi ravviviamo la nostra fede.<br />
La vera conversione avviene dentro <strong>di</strong> noi. Nella<br />
profon<strong>di</strong>tà delle nostre anime dobbiamo sentire<br />
Dio, come essenza <strong>di</strong> tutto il nostro essere. Non è<br />
vera e profonda, quando ci si limita alle apparenze<br />
esteriori, ma occorre manifestare il pentimento per<br />
il male fatto. Bisogna eliminare il peccato, in<br />
quanto offesa a Dio, tutto questo avviene attraverso<br />
la preghiera, le azioni buone e virtuose, la<br />
confessione e la riconciliazione con Dio. In questo<br />
consiste la virtù della penitenza, e <strong>di</strong> conseguenza<br />
della conversione.<br />
La Chiesa ci insegna che queste opere devono<br />
essere compiute nella consapevolezza del loro<br />
valore, e non fine a sé stesse. La Quaresima è il<br />
tempo <strong>di</strong> rinnovamento spirituale per eccellenza.<br />
Concludo <strong>di</strong>cendo: “Questo<br />
tempo <strong>di</strong> Quaresima, in cui ci<br />
prepariamo a celebrare<br />
l'evento della Croce e della<br />
Risurrezione, nel quale<br />
l'Amore <strong>di</strong> Dio ha redento il<br />
mondo e illuminato la storia,<br />
auguro a tutti voi <strong>di</strong> vivere<br />
questo tempo prezioso<br />
ravvivando la fede in Gesù<br />
Cristo, per entrare nel suo<br />
stesso circuito <strong>di</strong> amore verso<br />
il Padre e verso ogni fratello e<br />
sorella che incontriamo nella<br />
nostra vita“ (Benedetto XVI,<br />
Messaggio per la Quaresima<br />
<strong>2013</strong>).<br />
15
San Giuseppe<br />
Il nome Giuseppe è <strong>di</strong> origine ebraica, significa:<br />
“Dio aggiunga”. San Giuseppe nacque<br />
presumibilmente a Betlemme, il padre si<br />
chiamava Giacobbe (Mt 1,16) e sembra che fosse il<br />
terzo <strong>di</strong> sei fratelli. La tra<strong>di</strong>zione ci tramanda la<br />
figura del giovane Giuseppe come un ragazzo pieno<br />
<strong>di</strong> talenti, ma allo stesso tempo umile, mite e devoto.<br />
Era un falegname che abitava a Nazareth, e all'età <strong>di</strong><br />
circa trent'anni fu convocato<br />
dai sacerdoti al tempio, con<br />
altri “scapoli” della tribù <strong>di</strong><br />
D a v i d e , p e r p r e n d e r e<br />
moglie. Giunti al tempio, i<br />
s a c e r d o t i o f f r i r o n o a<br />
ciascuno <strong>di</strong> loro un ramo,<br />
<strong>di</strong>cendo che colui al quale il<br />
ramno sarebbe germogliato,<br />
avrebbe preso come sua<br />
sposa, la Vergine Maria <strong>di</strong><br />
Nazareth: “Un germoglio<br />
spunterà dal tronco <strong>di</strong> Iesse,<br />
un virgulto germoglierà<br />
dalle sue ra<strong>di</strong>ci" (Is. 11,1). Il<br />
ramo <strong>di</strong> Giuseppe fiorì, e in<br />
tal modo fu riconosciuto<br />
come sposo destinato dal<br />
Signore a Maria Vergine, che<br />
all'età <strong>di</strong> 14 anni, fu data in<br />
sposa a Giuseppe, che<br />
<strong>di</strong>ventò il capo della “Sacra<br />
Famiglia” nella quale<br />
nacque, per opera dello<br />
Spirito Santo, Gesù, il Figlio<br />
<strong>di</strong> Dio.<br />
Sopraggiunta la notizia<br />
inattesa della maternità della sua sposa, combatté<br />
contro l'angoscia del sospetto fin quando non gli<br />
apparve un Angelo in sogno che <strong>di</strong>ssipò i suoi timori:<br />
"Giuseppe, figlio <strong>di</strong> Davide, non temere <strong>di</strong> prendere<br />
con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in<br />
Lei viene dallo Spirito Santo" (Mt 1,20). Giuseppe<br />
<strong>di</strong>ventò così una luce dell'esemplare paternità,<br />
vivendo in umiltà lo straor<strong>di</strong>nario privilegio <strong>di</strong> essere<br />
stato scelto come padre putativo <strong>di</strong> Gesù. Egli come<br />
Maria, <strong>di</strong>scendeva dalla casa <strong>di</strong> Davide, pertanto <strong>di</strong><br />
stirpe regale. Con la sua arte, costruì molti strumenti<br />
<strong>di</strong> lavoro per conta<strong>di</strong>ni e pastori, nonché umili mobili<br />
ed oggetti per le povere abitazioni della Galilea.<br />
16<br />
<strong>di</strong> Luigi Salviati<br />
patrono universale della Chiesa<br />
Mirando la santità <strong>di</strong> Giuseppe, nell'adempimento<br />
<strong>dei</strong> suoi doveri quoti<strong>di</strong>ani, nei riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Maria, egli<br />
fu "testimone della sua verginità e tutore della sua<br />
onestà". Egli fu custode legittimo e naturale<br />
<strong>di</strong>fensore della Santa Famiglia, provvide al<br />
sostentamento <strong>di</strong> Gesù e Maria con il suo lavoro;<br />
allontanò da oro i pericoli, li portò in salvo fuori dalla<br />
patria, così nei <strong>di</strong>sagi <strong>dei</strong> viaggi e nelle <strong>di</strong>fficoltà<br />
dell'esilio fu loro compagno<br />
inseparabile, loro aiuto e<br />
conforto.<br />
La missione <strong>di</strong> San Giuseppe<br />
non si esaurisce con la sua vita<br />
terrena, perché la sua "autorità <strong>di</strong><br />
padre", si estende per volere <strong>di</strong><br />
Dio a tutta la Chiesa. Il<br />
matrimonio <strong>di</strong> Giuseppe con<br />
Maria e la sua paternità nei<br />
riguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> Gesù non sono,<br />
dunque, solo i titoli della sua<br />
grandezza, santità e gloria, ma<br />
sono anche la ragione perché<br />
"ricopra e <strong>di</strong>fenda con il suo<br />
patrocinio celeste la Chiesa <strong>di</strong><br />
Dio". Sono stati i Papi, in età<br />
moderna, a dare il massimo<br />
risalto a Giuseppe, nella teologia<br />
e nel culto. Pio IX, dopo la<br />
breccia <strong>di</strong> Porta Pia e la<br />
drammatica situazione in cui<br />
venne a trovarsi la Sede<br />
Apostolica, l'8 <strong>di</strong>cembre 1870<br />
volle mettere la Chiesa sotto la<br />
protezione <strong>di</strong> San Giuseppe,<br />
tanto da proclamarlo “patrono<br />
della Chiesa universale”, in quanto sposo <strong>di</strong> Maria e<br />
padre putativo <strong>di</strong> Gesù. Anche Leone XIII pose il suo<br />
pontificato sotto "la potentissima protezione <strong>di</strong> San<br />
Giuseppe, celeste patrono della Chiesa", e nella<br />
Lettera apostolica Militans Iesu Christi Ecclesia<br />
affidava a San Giuseppe, l'inizio del Giubileo<br />
straor<strong>di</strong>nario proprio nel giorno della sua festa.<br />
Nell'Enciclica Rerum novarum (1891) san Giuseppe<br />
è presente come colui che qualifica umanamente<br />
Gesù, il quale benché fosse Dio, si è compiaciuto <strong>di</strong><br />
essere considerato figlio <strong>di</strong> operaio (cfr Mc 6,3).<br />
La devozione a san Giuseppe ebbe un notevole<br />
impulso con il pontificato <strong>di</strong> Leone XIII, in quello<br />
periodo infatti furono fondati numerosi istituti<br />
religiosi de<strong>di</strong>cati a lui. Con l'enciclica Quamquam<br />
pluries, Leone XIII è stato il primo Papa a tracciare<br />
le linee <strong>di</strong> una teologia <strong>di</strong> san Giuseppe, definendone<br />
chiaramente i titoli che lo inseriscono nella storia<br />
della salvezza, ossia della redenzione umana, sia a<br />
livello dell'incarnazione, come sposo <strong>di</strong> Maria e<br />
padre <strong>di</strong> Gesù, sia a livello della vita della Chiesa,<br />
della quale è il naturale protettore. Papa Giovanni<br />
XXIII gli affidò ad<strong>di</strong>rittura il Concilio Vaticano II.<br />
“La coppia <strong>di</strong> Maria e Giuseppe costituisce il vertice<br />
– ha detto Giovanni Paolo II – dal quale la santità si<br />
espande su tutta la terra” (Redemptoris Custos, n. 7).<br />
La coniugalità <strong>di</strong> questi santi sposi, in cui è<br />
adombrata la prima “chiesa domestica” della<br />
storia, anticipa per così <strong>di</strong>re la con<strong>di</strong>zione finale<br />
del Regno (cfr. Lc 20, 34-36; Mt 22,30),<br />
<strong>di</strong>venendo in questo modo, già sulla terra,<br />
prefigurazione del Para<strong>di</strong>so. Anche Papa<br />
Benedetto XVI ha detto “ San Giuseppe manifesta<br />
ciò in maniera sorprendente, lui che è padre senza<br />
aver esercitato una paternità carnale, tuttavia egli<br />
esercita una paternità piena e intera” (Primi vespri,<br />
18 marzo 2009). “Qualunque grazia si domanda a<br />
S. Giuseppe – affermava Santa Teresa d'Avila -<br />
verrà certamente concessa, chi vuol credere faccia<br />
la prova affinché si persuada”. Che il culto a San<br />
Giuseppe abbia raggiunto in passato molta<br />
popolarità lo <strong>di</strong>mostrano anche la presenza <strong>di</strong><br />
molte reliquie in varie chiese. Nella chiesa <strong>di</strong><br />
Notre-Dame <strong>di</strong> Parigi ci sarebbero gli anelli <strong>di</strong><br />
fidanzamento <strong>di</strong> Giuseppe e Maria. La Chiesa <strong>di</strong><br />
Perugia possiederebbe il suo anello nuziale. Nella<br />
chiesa parigina <strong>dei</strong> Foglianti si troverebbero i<br />
frammenti <strong>di</strong> una sua cintura. Ad Aquisgrana si<br />
espongono le fasce o calzari che avrebbero<br />
avvolto le sue gambe, e i camaldolesi della<br />
Chiesa <strong>di</strong> S. Maria degli Angeli in Firenze<br />
<strong>di</strong>chiarano <strong>di</strong> essere in possesso del suo bastone.<br />
Egli è oggi anche molto festeggiato in campo<br />
liturgico e sociale il 1° maggio quale patrono<br />
degli artigiani e degli operai, così proclamato da<br />
Papa Pio XII. San Giuseppe è anche celebrato<br />
come il patrono <strong>dei</strong> padri <strong>di</strong> famiglia come<br />
“sublime modello <strong>di</strong> vigilanza e provvidenza”,<br />
con festa solenne il 19 marzo, <strong>di</strong>chiarata festività<br />
<strong>di</strong> precetto da Gregorio XV nel 1621. Vuole<br />
tuttavia la tra<strong>di</strong>zione che egli sia protettore in<br />
maniera specifica <strong>di</strong> falegnami, <strong>di</strong> ebanisti e <strong>di</strong><br />
carpentieri, ma anche <strong>di</strong> pionieri, <strong>dei</strong> senzatetto,<br />
<strong>dei</strong> Monti <strong>di</strong> Pietà e relativi prestiti su pegno.<br />
Di lui non si sanno molte cose sicure, non più <strong>di</strong><br />
quello che canonicamente hanno riferito gli<br />
evangelisti Matteo e Luca. Lasciò probabilmente<br />
Gesù poco prima che “il Figlio dell'uomo”<br />
iniziasse la vita pubblica, spirando serenamente<br />
tra le sue braccia. Non a caso quel padre da secoli<br />
viene venerato anche quale patrono della buona<br />
morte. Gran<strong>di</strong> santi e teologi si sono mostrati<br />
convinti che Giuseppe sia stato assunto in Cielo al<br />
tempo della Risurrezione <strong>di</strong> Cristo. Così <strong>Fra</strong>ncesco<br />
<strong>di</strong> Sales in un suo sermone asseriva: «Non dobbiamo<br />
per nulla dubitare che questo santo glorioso abbia un<br />
enorme cre<strong>di</strong>to nel Cielo, presso Colui che l'ha<br />
favorito a tal punto da elevarlo accanto a Sé in corpo<br />
e anima. Cosa che è confermata dal fatto che non<br />
abbiamo reliquie del suo corpo sulla terra. La figura<br />
e la missione <strong>di</strong> San Giuseppe, senza dubbio, fanno<br />
parte integrante della storia della salvezza, in stretta<br />
unione con il mistero dell'incarnazione e della<br />
redenzione”.<br />
17
18<br />
In cammino<br />
verso la...<br />
Carissimi giovani! Questa sera vi consegnerò<br />
il Vangelo... La parola contenuta in esso. È<br />
la parola <strong>di</strong> Gesù. Se l'ascolterete nel<br />
silenzio, nella preghiera, facendovi aiutare a<br />
comprenderla per la vostra vita …allora incontrerete<br />
Cristo e lo seguirete, impegnando giorno dopo giorno<br />
la vita per Lui! In realtà, è Gesù che cercate quando<br />
sognate la felicità. E' Lui che vi aspetta quando niente<br />
vi sod<strong>di</strong>sfa <strong>di</strong> quello che trovate. E' Lui… la bellezza<br />
che tanto vi attrae. E' Lui che vi provoca con quella<br />
sete <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>calità che non vi permette <strong>di</strong> adattarvi al<br />
compromesso. E' Lui che vi spinge a deporre le<br />
maschere che rendono falsa la vita. E' Lui che vi legge<br />
nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero<br />
soffocare. E' Gesù che suscita in voi il desiderio <strong>di</strong> fare<br />
della vostra vita qualcosa <strong>di</strong> grande, la volontà <strong>di</strong><br />
seguire un ideale, il rifiuto <strong>di</strong> lasciarvi inghiottire dalla<br />
me<strong>di</strong>ocrità, il coraggio <strong>di</strong> impegnarvi con umiltà e<br />
perseveranza per migliorare voi stessi e la società,<br />
rendendola più umana e fraterna.<br />
Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete<br />
soli. Nella lotta contro il peccato non siete soli: tanti<br />
come voi lottano e con la grazia del Signore vincono!<br />
Cari amici, vedo in voi, le sentinelle del Mattino in<br />
quest'alba del terzo millennio. Difenderete la pace,<br />
pagando anche <strong>di</strong> persona se necessario. Voi<br />
<strong>di</strong>fenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo<br />
terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia <strong>di</strong><br />
rendere questa terra sempre più abitabile per tutti. Non<br />
abbiate paura <strong>di</strong> affidarvi a Lui. Egli vi guiderà, vi darà<br />
la forza <strong>di</strong> seguirlo ogni giorno e in ogni situazione.<br />
Con queste parole Giovanni Paolo II, il 19 agosto<br />
del 2000, accolse oltre 2 milioni <strong>di</strong> giovani provenienti<br />
da tutto il mondo per la Giornata Mon<strong>di</strong>ale della<br />
Gioventù che si svolse a Roma, nella zona <strong>di</strong> Tor<br />
Vergata. Il Papa, seppur malato e quasi spossato sulla<br />
sua se<strong>di</strong>a, pregò, cantò e ballò, agitando le sue braccia,<br />
per essere partecipe a questo grande avvenimento con i<br />
suoi giovani. Questa è forse una delle immagini più<br />
forti del papato <strong>di</strong> Karol Wojtyla, che ha sempre avuto<br />
un affetto speciale per i giovani, considerati un'ancora<br />
<strong>di</strong> salvezza per l'umanità: “Se sarete quello che dovete<br />
essere, incen<strong>di</strong>erete il mondo!”. E i giovani hanno<br />
sempre ricambiato questo profondo sentimento per il<br />
Papa polacco. Non si possono <strong>di</strong>menticare per<br />
esempio, i tanti giovani che accorsero, il 2 aprile 2005<br />
in Piazza San Pietro, per lodare, cantare e pregare il<br />
Signore per il dono <strong>di</strong> questo grande Papa.<br />
Proprio per consolidare questo stretto rapporto con<br />
i giovani, il Papa istituì la GMG. Tutto ebbe origine tra<br />
il 1983 e il 1984, quando, all'interno dell'Anno Santo<br />
della Redenzione, fu inserito il Giubileo Mon<strong>di</strong>ale<br />
della Gioventù. In quell'occasione, trecentomila<br />
giovani provenienti da più parti del mondo, giunsero a<br />
Roma e furono ospitati da circa seimila famiglie<br />
romane. Durante la giornata, Giovanni Paolo II<br />
consegnò una croce <strong>di</strong> legno ai giovani per<br />
simboleggiare "l'amore del Signore Gesù per<br />
l'umanità". Questa croce nel corso degli anni, è stata<br />
sempre presente in tutti gli eventi per i giovani, e ha<br />
visitato decine <strong>di</strong> paesi in tutti i<br />
continenti.<br />
La prossima giornata si<br />
celebrerà a Rio de Janeiro in<br />
Brasile dal 23 al 28 luglio. E’<br />
molto bello vedere come i<br />
giovani durante l’evento,<br />
trasudano <strong>di</strong> benessere e gioia<br />
<strong>di</strong> vivere, stupiscono per la<br />
calma, il sorriso, la delicatezza,<br />
la gentilezza, la cooperazione e<br />
l'apertura. Bisogna aver fiducia<br />
nei giovani, i quali preparano<br />
una rivoluzione spirituale<br />
silenziosa, ma molto attiva. Essi<br />
pur avendo i loro problemi e le<br />
loro <strong>di</strong>fficoltà, sono alla ricerca<br />
della speranza per un mondo<br />
più giusto e migliore. Essi aspirano a un ideale <strong>di</strong> vita e<br />
a una spiritualità fondata su qualcuno, cioè su Dio. La<br />
nostra Europa, che è sempre più vecchia, scettica e<br />
senza speranza, rimane colpita da questi giovani che<br />
credono in Dio, ma nello stesso tempo è infantile nei<br />
loro confronti, li lusinga e non li ama, anzi li giu<strong>di</strong>ca<br />
con tanta facilità. Anche se bisogna <strong>di</strong>re, che non tutti i<br />
giovani pregano Dio, ma questo non significa<br />
assolutamente che non lo cerchino. I giovani <strong>di</strong> oggi<br />
sono ancora alla ricerca <strong>di</strong> Dio, solo che non lo<br />
ricercano nei luoghi dove sembrerebbe logico<br />
cercarlo. Non lo cercano in Chiesa, né tanto meno<br />
durante la Santa Messa o nelle celebrazioni, molti <strong>di</strong><br />
loro si domandano: “Dove sei?”. Questo interrogativo<br />
evidenzia la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> doversi rapportare con un Dio<br />
invisibile, apparentemente assente, ma che non manca<br />
<strong>di</strong> darci segni della sua presenza nelle cose che<br />
succedono, nel nostro intimo, nella gioia, nella<br />
sofferenza, tanto che, a volte, a molti sembra<br />
innegabile che ci sia un Qualcosa o un Qualcuno.<br />
Verrebbe dunque da<br />
chiedersi come si fa a<br />
r i c o n o s c e r e l a<br />
p r e s e n z a d i D i o ,<br />
poiché noi giovani<br />
questa domanda ce la<br />
poniamo più spesso <strong>di</strong><br />
quanto non si pensi.<br />
D i r e m o c h e l a<br />
presenza <strong>di</strong> Dio non è<br />
mai esplicita e questo,<br />
probabilmente, per il<br />
Suo preciso volere <strong>di</strong><br />
rispettare il nostro<br />
spazio e <strong>di</strong> non imporsi<br />
come unica, sola ed<br />
<strong>di</strong> Giusy Reccia<br />
irrifiutabile alternativa delle nostre scelte.<br />
Se Dio, infatti si manifestasse in tutta la Sua<br />
gloria anche noi, ci confonderemmo come<br />
Pietro che, sul monte, voleva fare una tenda<br />
al Signore, per non doversi più separare da<br />
quella visione beatifica. Dio invece<br />
preferisce parlarci tra le pieghe della<br />
or<strong>di</strong>narietà, lasciando ampio margine alla<br />
nostra possibilità <strong>di</strong> scegliere il bene o il<br />
male, <strong>di</strong> seguirlo o rifiutarlo. Dio è presente<br />
tutte le volte che sentiamo il morso della<br />
nostra coscienza che si ribella alle<br />
ingiustizie. Dio si fa vivo, in quella nostra<br />
troppo spesso mal celata inquietu<strong>di</strong>ne interiore, che<br />
non ci permette <strong>di</strong> essere mai veramente realizzati, o<br />
definitivamente "arrivati", neppure quando<br />
otteniamo obiettivi che avevamo lungamente<br />
desiderato. Dio comunica con noi, quando un povero<br />
ci tende la mano, facendoci scoprire l'assur<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> un<br />
mondo che non vede le necessità <strong>di</strong> chi soffre. I<br />
giovani d'oggi non sono altro che i figli <strong>di</strong> una società<br />
logora e malsana, cercano i falsi idoli che confondono<br />
i veri valori, ma Giovanni Paolo II, credeva<br />
fermamente in essi e nel futuro, <strong>di</strong>ceva che a ciascuno<br />
<strong>di</strong> noi, Dio ha consegnato un talento, basta solo<br />
scoprirlo e coltivarlo.<br />
In questo momento <strong>di</strong> crisi, soprattutto interiore, i<br />
più gran<strong>di</strong> imparino a tendere la mano, e a giu<strong>di</strong>care<br />
meno coloro che sono il futuro dell'umanità. Sono<br />
certa che nella riscoperta autentica della nostra fede,<br />
grazie anche alla vita <strong>dei</strong> Sacramenti, costruiremo un<br />
mondo migliore.<br />
19
20<br />
Il valore<br />
della sofferenza<br />
Il mondo? Un'unica parola ma con tanti<br />
significati, un unico cosmo ma con mille<br />
sfumature. Dalla morte <strong>di</strong> Gesù Cristo, ebbe<br />
inizio la vera vita dell'uomo, una lunga salita che<br />
ad un certo punto viene intralciata da ostacoli.<br />
Gesù morì per noi con animo coraggioso, invece<br />
oggi l'uomo è debole e al primo ostacolo si<br />
abbandona, e si lascia sprofondare nel tunnel della<br />
sofferenza. ''Ma se, facendo il bene, sopporterete<br />
con pazienza la sofferenza, ciò sarà gra<strong>di</strong>to<br />
davanti a Dio” (1Pt. 2,20).<br />
La sofferenza oggi si è impadronita del mondo,<br />
essa non viene offerta a Dio come pegno <strong>di</strong><br />
riparazione per le mancanze commesse, ma<br />
rimane lì, uccide l'uomo e lo abbandona in uno<br />
stato <strong>di</strong> grande depressione. L'infelicità,<br />
l'insod<strong>di</strong>sfazione, la sofferenza, il dolore,<br />
l'amarezza, la solitu<strong>di</strong>ne sono un fondersi <strong>di</strong><br />
sentimenti e con loro ci avviciniamo a Gesù, l'unico<br />
che conosce la vera sofferenza, perché per noi per<br />
primo ha sofferto, e ha dato la sua vita per la nostra<br />
salvezza: “Poiché la croce <strong>di</strong> Cristo è il segno d'amore<br />
e <strong>di</strong> salvezza, non deve sorprenderci che ogni amore<br />
autentico richiede sacrificio. Non abbiate paura allora<br />
quando l'amore è esigente. Non abbiate paura quando<br />
<strong>di</strong> Federica Zoppi<br />
l'amore richiede sacrificio. Non abbiate paura della<br />
croce <strong>di</strong> Cristo. La croce è l'Albero della Vita. È<br />
sorgente <strong>di</strong> ogni gioia e <strong>di</strong> ogni pace. Era l'unico modo<br />
per Gesù <strong>di</strong> arrivare alla risurrezione e al trionfo. È<br />
l'unico modo per noi <strong>di</strong> partecipare alla sua vita, ora e<br />
sempre” (Giovanni Paolo II, Discorso ai giovani <strong>di</strong><br />
Auckland, 22 novembre 1986).<br />
Il Signore ancora oggi rivolge a ciascuno <strong>di</strong> noi<br />
queste sue parole: “Per questo non abbiate paura <strong>di</strong><br />
impegnare le vostre vite nella pace e nella giustizia<br />
perché voi sapete che il Signore è con voi in tutte le<br />
vostre vie”. Affi<strong>di</strong>amoci a Dio nostro Padre, con lui<br />
progettiamo un futuro migliore per tutta l'umanità.<br />
Alla sofferenza non c'è un motivo, ma uno scopo: la<br />
Felicità. Cristo è morte per noi e a lui dobbiamo la<br />
nostra vita, per lui dobbiamo sopportare il dolore, con<br />
lui cresceremo e insieme vivremo la vita. Anche Papa<br />
Benedetto XVI, ebbe a <strong>di</strong>re durante la visita presso il<br />
carcere femminile <strong>di</strong>: “"La vita senza Dio non<br />
funziona, perché manca la luce, perché manca il senso<br />
<strong>di</strong> cosa significa essere uomo. I comandamenti non<br />
sono un ostacolo alla libertà e alla bella vita, ma<br />
in<strong>di</strong>catori per trovare una vita piena". Anche <strong>Fra</strong><br />
<strong>Umile</strong>, riteneva che Dio solo attraverso la sofferenza si<br />
manifesta agli uomini, per questo motivo non<br />
dobbiamo aver paura perché c'è Cristo che ci sostiene<br />
nei nostri momenti <strong>di</strong>fficili. Tutti coloro che si<br />
rivolgevano a <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>, venivano spronati alla vita <strong>di</strong><br />
preghiera, perchè solo cosi potevano raggiungere la<br />
pace interiore.<br />
La vita è il progetto <strong>di</strong> Dio! <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> viveva il vero<br />
para<strong>di</strong>so nel candore della sua umile celletta, dove<br />
realmente entrava in contatto con il Signore, che gli<br />
faceva comprendere il vero senso della vita.<br />
La donna...<br />
Avoi Donne <strong>di</strong> tutto il mondo, […] un grazie<br />
sentito al Signore per il suo <strong>di</strong>segno sulla<br />
vocazione e la missione della donna nel<br />
mondo, quella donna che nasce come figlia, e porta<br />
con se il dono <strong>di</strong> essere madre. Grazie a te… che ti fai<br />
grembo dell'essere umano nella gioia e nel travaglio<br />
<strong>di</strong> un'esperienza unica, che ti rende sorriso <strong>di</strong> Dio per<br />
il bimbo che viene alla luce, ti fa guida <strong>dei</strong> suoi primi<br />
passi, sostegno della sua crescita, punto <strong>di</strong><br />
riferimento nel successivo cammino della vita”. Con<br />
queste parole il Papa Giovanni Paolo II, si rivolgeva<br />
nell'anno 1995 a tutte le donne del mondo. Il dono<br />
della maternità ha un valore <strong>di</strong>verso a seconda della<br />
cultura e della tra<strong>di</strong>zione, ma è pur sempre vero che<br />
esse manifestano il volto splendente dell'amore,<br />
perché generano alla vita nuove creature.<br />
Nella società o<strong>di</strong>erna, anche se si parla molto <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ritti, <strong>di</strong> emancipazione e <strong>di</strong> equiparazione <strong>dei</strong> sessi,<br />
la donna rimane sempre la parte debole della società.<br />
Infatti se guar<strong>di</strong>amo le statistiche o<strong>di</strong>erne, leggiamo<br />
come ogni giorno le donne subiscono ogni forma <strong>di</strong><br />
violenza. Tale fenomeno oggi è molto esteso su scala<br />
mon<strong>di</strong>ale. Milioni <strong>di</strong> donne purtroppo subiscono quasi<br />
sempre nel corso della propria vita, una forma <strong>di</strong><br />
violenza che può essere fisica, sessuale o psicologica.<br />
Il femminici<strong>di</strong>o, prevaricazione che spinge l'uomo<br />
ad uccidere l'altro sesso, è in continuo aumento. Le<br />
donne talvolta in ambienti familiari e pubblici, come il<br />
posto <strong>di</strong> lavoro, sono costrette a subire varie tipologie<br />
<strong>di</strong> abusi sessuali, che sfociano in ricatti sessuali e a<br />
volte anche in stupro. In molti paesi le giovani ragazze<br />
sono vittime <strong>di</strong> matrimoni coatti o riparatori, nei paesi<br />
poveri vengono ridotte in schiavitù e indotte alla<br />
Perla <strong>di</strong> Dio!<br />
<strong>di</strong> <strong>Fra</strong>ncesca Russo<br />
prostituzione. Esistono in fine violenze relative<br />
all'aborto forzato e alla sterilizzazione. Ogni tre giorni,<br />
secondo i nostri dati, in Italia una donna viene uccisa<br />
da un marito, o da un fidanzato, o da un compagno, a<br />
causa <strong>di</strong> varie forme <strong>di</strong> gelosie o possessione, perché<br />
l'uomo reputa la donna un'oggetto egoistico e<br />
personale. Non possiamo più accettare una cultura,<br />
padrona <strong>dei</strong> corpi e delle menti delle donne. Bisogna<br />
riformare le coscienze e le culture, per questo c'è<br />
bisogno dell'aiuto <strong>di</strong> tutti, ognuno deve assumersi le<br />
proprie responsabilità.<br />
Ogni anno, festeggiamo la festa della donna, che<br />
talvolta consiste nel regalare un mazzo <strong>di</strong> fiori, un<br />
oggetto prezioso oppure una cena romantica. Questi<br />
sono sicuramente <strong>dei</strong> gesti molto belli e significativi,<br />
ma non possiamo ridurre l'amore e il rispetto verso la<br />
donna in queste cose materiali, a volte può essere più<br />
efficace trasmettere un messaggio forte, attraverso il<br />
quale realmente si fa comprendere che noi amiamo la<br />
persona che ci è accanto. Questo è il punto, bisogna<br />
riuscire a creare una forma <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogo, che infonda<br />
rispetto e sicurezza.<br />
L'uomo deve riscoprire che la donna è la perla<br />
preziosa del mondo, grazie a lei Dio ci manifesta la sua<br />
bellezza. Anche <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>, nutriva sempre un grande<br />
affetto e rispetto nei confronti delle donne, perché<br />
sapeva bene che esse riflettevano il volto magnifico<br />
della bellezza della Maria.<br />
Concludo con le parole <strong>di</strong> Giovanni Paolo II:<br />
“ G r a z i e a t e , D o n n a - S p o s a , c h e u n i s c i<br />
irrevocabilmente il tuo destino a quello <strong>di</strong> un uomo, in<br />
un rapporto <strong>di</strong> reciproco dono, a servizio della<br />
comunità e della vita. Grazie <strong>di</strong> esistere DONNA.<br />
21
Mi chiamo Nunzia Della Ragione, sono <strong>di</strong><br />
Cappella <strong>di</strong> Bacoli (NA), anche se ho<br />
sempre nutrito un grande amore a Dio, non<br />
ho avuto la grazia <strong>di</strong> conoscere <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> <strong>di</strong> persona,<br />
ma la sua generosità nell'accontentarmi in tanti favori,<br />
ha fatto si che, in poco tempo egli <strong>di</strong>ventasse per me un<br />
caro e intimo amico. Ricordo che la prima volta che<br />
vi<strong>di</strong> la sua foto, sperimentai una grande emozione,<br />
tanto da non riuscire a <strong>di</strong>staccare i miei occhi dal suo<br />
volto. Attualmente appartengo al gruppo <strong>di</strong> preghiera<br />
<strong>di</strong> Cappella e sono felicissima <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre grazie a<br />
<strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>, questa bellissima esperienza.<br />
Il 2 maggio del 1999, andai insieme al mio gruppo a<br />
Monte Muto, un luogo meraviglioso dove Dio si rivela<br />
nell'incantevole natura, nel silenzio e nelle stazioni<br />
della Via Crucis. Dopo aver ascoltato la Santa Messa ci<br />
recammo a far visita alla tomba <strong>di</strong> <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>. Ero<br />
desiderosa <strong>di</strong> rimanere un po' da sola per poter pregare<br />
in modo più intenso, favorendo il raccoglimento.<br />
Intendevo chiedere aiuto all'amico <strong>Fra</strong>te per un<br />
problema riscontrato nel corpo ancora tenerissimo del<br />
mio piccino Giuseppe, il quale aveva un problema ai<br />
testicoli e pertanto doveva operarsi. Pregai a lungo con<br />
molta fede, e poi andammo via. Il giorno seguente<br />
quando mi recai dal me<strong>di</strong>co per la visita <strong>di</strong> controllo<br />
con mio stupore, egli si accorse che l'anomalia era<br />
letteralmente scomparsa. Nel segreto della mia anima<br />
ringraziai <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> con tutto il cuore per il pro<strong>di</strong>gio<br />
che mi aveva concesso.<br />
<strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> in questi anni mi ha fatto capire tante<br />
cose, nutro verso <strong>di</strong> lui un grande amore, non<br />
riesco a non pensarlo, a volte mi domando come<br />
sarebbe stato bello se l'avessi conosciuto.<br />
Quante volte ho immaginato <strong>di</strong> trovarmi<br />
seduta accanto a lui per parlare del Signore.<br />
Voglio ringraziarlo anche per aver concesso<br />
a mio figlio Giuseppe la grazia per il<br />
risanamento <strong>di</strong> una cicatrice che aveva<br />
sotto il mento. A causa <strong>di</strong> questa ferita<br />
purtroppo non poteva indossare un<br />
apparecchio odontotecnico, perché<br />
esso riapriva ogni volta che lo<br />
metteva la ferita, pertanto decisi<br />
<strong>di</strong> rivolgermi sempre a <strong>Fra</strong><br />
<strong>Umile</strong>, affinchè non mi facesse<br />
mancare il suo soccorso. Grazie<br />
al nostro frate, mio figlio guarì.<br />
Nel novembre 2009, scoprii<br />
anche che il mio bambino aveva<br />
una ciste sul sopracciglio destro,<br />
e questo mi spaventò molto.<br />
Subito mi affidai con le preghiere<br />
a <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> per richiederne il suo<br />
intervento. Intanto portai il mio<br />
22<br />
bambino dal me<strong>di</strong>co per comprendere la gravità della<br />
cosa. Il dottore ci <strong>di</strong>ede <strong>dei</strong> farmaci da assumere per<br />
una settimana, ma questi non portarono a nessun esito,<br />
pertanto ci convinse che bisognava intervenire<br />
chirurgicamente. Mentre in questi giorni aspettavo la<br />
chiamata dall'ospedale, continuavo a chiedere aiuto a<br />
<strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>, fino a quando un giorno decisi <strong>di</strong> toccare<br />
con le mie mani la ciste, per vedere a che punto si<br />
trovava la, ma mi accorsi che non sentivo nulla, così<br />
decidemmo <strong>di</strong> andare dal me<strong>di</strong>co, il quale dopo aver<br />
visitato Giuseppe, asserì che il piccolo era guarito.<br />
Non smetterò mai <strong>di</strong> ringraziare <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> e <strong>di</strong><br />
lodare il Signore per tutte le grazie che mi ha concesso,<br />
spero che lui possa aiutare tutti coloro che lo invocano.<br />
Nunzia Della Ragione<br />
Mi chiamo Pina Raucci, ho conosciuto <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong><br />
nell'anno 1987 quand'era ancora ln vita, tramite la<br />
signora Teresa Paone e due amiche Santina e Speranza.<br />
Incontrai la prima volta <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> a Calvisi, l'incontro<br />
fu un po' particolare. Ricordo che quando giungemmo<br />
in macchina, trovammo <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> che riposava sotto<br />
un pergolato, pertanto mi accostai vicino e mi sedetti,<br />
mentre i miei bambini si misero a giocare con altri con<br />
un bigliar<strong>di</strong>no. Dormiva a sonno pieno, aveva l'abito<br />
succinto, e tra me mormoravo senza aprir bocca. Ad un<br />
certo punto, spalancò improvvisamente gli occhi, tanto<br />
che dalla paura mi allontanai.<br />
In quel tempo ricordo che soffrivo per alcuni calcoli<br />
alla colaciste, che ml provocavano molti dolori<br />
addominali. Dopo alcuni anni da quell'incontro, sognai<br />
<strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong>, che erano venuto a casa mia a farmi visita<br />
insieme a Madre Teresa dl Calcutta. Entrambi mi<br />
chiesero <strong>di</strong> alzare la maglietta e appoggiarono talmente<br />
forti le mani sul lato destro, che mi lasciarono un<br />
livido. Quando mi svegliai al mattino, dalla<br />
paura decisi <strong>di</strong> andarmi a fare una ecografia,<br />
portando con me gli accertamenti<br />
precedenti. Durante l'ecografia, il dottore<br />
tanto che insisteva con l'apparecchio,<br />
iniziai ad avvertire un bruciore pur se<br />
l'apparecchio era freddo. Dopo la visita<br />
rimasi alcuni minuti sul lettino da sola,<br />
dopo <strong>di</strong> che giunsi il dottore con un<br />
altro collega, il quale iniziò lo stesso<br />
a rifarmi l'ecografia. Al<br />
termine entrambi mi <strong>di</strong>ssero<br />
con grande meraviglia, che la<br />
borsetta del calcoli era<br />
completamente vuota.<br />
Ormai sono già <strong>di</strong>versi anni<br />
che effettuo tutti i controlli, e<br />
la borsetta continua a rimanere<br />
sempre vuota. Ringrazio<br />
sempre <strong>Fra</strong> <strong>Umile</strong> per la grazia<br />
che mi ha concesso, e continuo<br />
sempre a pregarlo.<br />
Pina Raucci<br />
Si ringraziano gli amici<br />
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San Marcellino (CE) - Tel. 339.6948068<br />
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