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<strong>Riserva</strong> naturale speciale<br />

<strong>Sacro</strong> <strong>Monte</strong><br />

SS. Trinità di Ghiffa<br />

ATTI DELLA GIORNATA SEMINARIALE<br />

DOMENICA<br />

14 NOVEMBRE 2010<br />

Viganare,<br />

stramare,<br />

buscagliare<br />

Il bosco, bene comune,<br />

il suo uso, la sua gestione<br />

ieri e oggi


Viganare, stramare,<br />

buscagliare<br />

Il bosco, bene comune,<br />

il suo uso, la sua gestione<br />

ieri e oggi<br />

Atti <strong>del</strong>la giornata seminariale<br />

D O M E N I CA 1 4 N O V E M B R E 2 0 1 0<br />

<strong>Riserva</strong> naturale speciale<br />

<strong>Sacro</strong> <strong>Monte</strong><br />

SS. Trinità di Ghiffa


<strong>Riserva</strong> <strong>Naturale</strong> <strong>Speciale</strong><br />

<strong>del</strong> <strong>Sacro</strong> <strong>Monte</strong> <strong>del</strong>la SS. Trinità di Ghiffa<br />

Elia Ferrari<br />

Presidente<br />

Claudio Silvestri<br />

Direttore<br />

Direzione e coordinamento organizzativo:<br />

Claudio Silvestri<br />

Direttore <strong>del</strong>la R.N.S. <strong>del</strong> <strong>Sacro</strong> <strong>Monte</strong> di Ghiffa<br />

Segreteria organizzativa e cura redazionale:<br />

Elena Poletti Ecclesia<br />

con la collaborazione di Eleonora Romanini<br />

Grafica e impaginazione:<br />

Aligraphis, progetti di grafica e comunicazione<br />

Testi di:<br />

Fapio Copiatti, Renato Locarni, Franco Mondolfo,<br />

Elena Poletti Ecclesia, Claudio Silvestri, Edoardo Villa<br />

©2011 Ente di Gestione <strong>del</strong>la <strong>Riserva</strong> <strong>Naturale</strong><br />

<strong>Speciale</strong> <strong>del</strong> <strong>Sacro</strong> <strong>Monte</strong> <strong>del</strong>la SS. Trinità di Ghiffa<br />

Via SS. Trinità, 48 - 28823 Ghiffa (VB)


INDICE<br />

PRESENTazIoNE<br />

INTRoDUzIoNE<br />

(Claudio Silvestri)<br />

«Che niuna persona ardisca tagliare vintene o lengistre». Governo e<br />

sfruttamento <strong>del</strong> bosco in statuti e regole <strong>del</strong> Verbano medioevale e<br />

moderno.<br />

(Fabio Copiatti)<br />

I boschi <strong>del</strong>la Degagna di San Maurizio: usi, contese e accordi in<br />

cinquecento anni di documenti d’archivio.<br />

(Franco Mondolfo - Elena Poletti Ecclesia)<br />

Gli usi civici: i beni collettivi nella legislazione vigente,<br />

tra passato e futuro.<br />

(Renato Locarni)<br />

La gestione attuale dei boschi <strong>del</strong>la Trinità.<br />

(Edoardo Villa)<br />

3<br />

5<br />

7<br />

9<br />

21<br />

37<br />

45


PRESENTazIoNE<br />

L’<br />

argomento <strong>del</strong>la giornata seminariale 2010, “il bosco <strong>del</strong>la Trinità”, è stato<br />

sviluppato secondo aspetti storici e di cultura generale e interessanti risvolti normativi.<br />

Nei diversi secoli il bosco sopra Ronco è stato vissuto dapprima come selva<br />

ancestrale intrisa di significati simbolici tipici <strong>del</strong>la tradizione precristiana prima e<br />

come luogo di sacralità successivamente, per giungere in secoli più recenti alla<br />

forma di governo con terrazzamenti e pastorizia, ma anche di cacciagione e di<br />

sfruttamento <strong>del</strong> legname.<br />

Infine più recentemente, dopo l’abbandono di decenni, si è giunti alla regolamentazione<br />

conseguente all’istituzione <strong>del</strong>l’area in <strong>Riserva</strong> <strong>Naturale</strong> <strong>Speciale</strong>.<br />

Lasciamo quindi spazio ai relatori, che vogliamo particolarmente ringraziare per<br />

aver accettato disinteressatamente di portare il notevole contributo <strong>del</strong>le loro<br />

competenze e <strong>del</strong>la loro passione per il nostro territorio.<br />

In apertura il Direttore <strong>del</strong>l’Ente Claudio Silvestri propone un testo essenziale che<br />

ripercorre il lavoro prezioso svolto per la salvaguardia <strong>del</strong> nostro ambiente,<br />

seguono poi gli interventi degli specialisti che toccano il tema <strong>del</strong>la gestione <strong>del</strong><br />

bosco dalle epoche più antiche fino ai giorni nostri.<br />

Questi contributi vengono ora proposti sotto forma di pubblicazione digitale, che<br />

ci si augura possa in seguito, allorché vi sarà maggiore disponibilità di risorse,<br />

essere data alle stampe arricchendo così la collana <strong>del</strong>l’Ente relativa agli atti <strong>del</strong>le<br />

Giornate Seminariali, di cui costituirà il volume n° 7.<br />

Il Presidente<br />

Elia Ferrari<br />

5<br />

Il Vicepresidente<br />

Donatella Gamba


INTRoDUzIoNE<br />

Claudio Silvestri, direttore <strong>del</strong> <strong>Sacro</strong> <strong>Monte</strong> di Ghiffa<br />

L<br />

a collana di raccolta <strong>del</strong>le dispense di interesse ambientale prosegue con<br />

l’incontro 2010 nell’ambito <strong>del</strong>le tradizionali “giornate seminariali” autunnali di<br />

approfondimento su temi oggetto di studio nel corso <strong>del</strong>l’anno.<br />

Nel 2010, proclamato anno internazionale <strong>del</strong>la “biodiversità”, si è ritenuto interessante<br />

proporre una giornata di riflessione sul rapporto tra uomo e territorio e<br />

indagare nella fattispecie il legame con il bosco, andando a ritroso nella storia per<br />

ripercorrere il profondo rapporto tra gli abitanti di questo territorio e il governo <strong>del</strong><br />

bosco.<br />

Durante le manifestazioni fieristiche <strong>del</strong>l’estate sono state presentate iniziative<br />

alla scoperta degli “ambienti naturali”, l’acqua, il bosco, la montagna, l’uomo e il<br />

suo ambiente; prendendo spunto in particolare dalla proposta presentata nel<br />

settembre scorso “l’uomo e il territorio” è nata l’idea di sviluppare in modo più<br />

approfondito l’argomento <strong>del</strong>la gestione <strong>del</strong> bosco che contiene sfaccettature<br />

davvero ricche di suggestione ma anche di interesse per meglio comprendere<br />

nel corso <strong>del</strong>la storia le consuetudini e i regolamenti tramandati sino dalla notte<br />

dei tempi.<br />

Per la verità l’idea di indagare un argomento come quello <strong>del</strong> rapporto tra l’uomo<br />

e il suo contesto territoriale soprattutto in chiave storica, era stata concepita<br />

fin dal 2007 quando, parlandone con Franco Mondolfo, esperto locale di tradizioni<br />

antiche, si era supposto di trovare uno spazio seminariale per approfondire<br />

argomenti legati ai diritti sulle terre <strong>del</strong>la vecchia Degagna di San Maurizio di<br />

Ghiffa.<br />

altri impegni e programmi avevano di fatto impedito di affrontare l’argomento a<br />

quell’epoca, ma l’occasione si è presentata quest’anno in coincidenza con la<br />

proposta <strong>del</strong>la Direzione <strong>del</strong>l’Ente <strong>Riserva</strong> di affrontare il tema <strong>del</strong>la scoperta degli<br />

ambienti naturali.<br />

In un primo momento si sono disposti un po’ alla rinfusa spezzoni di argomenti<br />

7


che potevano risultare di interesse ripresi dall’archivio comunale di San Maurizio:<br />

le liti per esercitare le attività di “brugare”, “viganare” e transitare con le bestie nei<br />

terreni indivisi tra il XVI e il XIX secolo, aspetti questi che riguardavano i territori di<br />

Ghiffa, Cargiago, Esio, Premeno e oggebbio.<br />

La voce «terreni» richiamava le liti per le terre, poi la Degagna con i propri diritti,<br />

infine i Comuni costituiti; con questi argomenti si intrecciavano facilmente altri<br />

aspetti legati alla funzione <strong>del</strong>le carbonere, ai diritti in particolare <strong>del</strong> “buscagliare”<br />

(il raccogliere nel bosco la legna fine, da fascina), <strong>del</strong>lo “stramare” (la raccolta<br />

<strong>del</strong>le foglie <strong>del</strong> sottobosco), il termine poco conosciuto <strong>del</strong>la “Trinità di<br />

Ramasco” (forse derivato dal deposito di rami) e altro ancora.<br />

Più tardi, quando si è deciso il salto di qualità trasferendo l’argomento in convegno,<br />

sono stati evidenziati maggiormente alcuni altri aspetti come ad esempio la<br />

gestione dei boschi nel Verbano nel corso <strong>del</strong> medioevo per arrivare a tempi più<br />

recenti, non dimenticando un motivo importante che presenta riflessi normativi di<br />

rispetto ancora oggi vigenti, quale quello dei fondi gravati da uso civico.<br />

Infine, sembrava corretto porre l’attenzione sull’uso attuale <strong>del</strong> bosco <strong>del</strong>la Trinità<br />

visto nella direzione <strong>del</strong>la conservazione dei diritti antichi ma anche nell’ottica<br />

<strong>del</strong>la moderna gestione in presenza <strong>del</strong> Piano di assestamento forestale per i territori<br />

vincolati.<br />

Il lavoro conseguente è stato di riordinare i vari pezzi <strong>del</strong> mosaico per fornire<br />

una immagine <strong>del</strong> programma <strong>del</strong>la giornata che avesse una logica sequenza<br />

con quanto documentato in sede di preparazione grazie ai molti spunti di discussione.<br />

La giornata seminariale, grazie all’importanza <strong>del</strong>la materia in esame, che prevede<br />

da un lato le regole e dall’altro lo sfruttamento <strong>del</strong> bosco, è stata anche l’occasione<br />

per fornire le corrette informazioni sulla gestione attuale <strong>del</strong> bosco nello<br />

specifico quello <strong>del</strong>la Trinità e ha fornito pretesto per una ampia partecipazione<br />

alla discussione finale.<br />

In ultimo, poiché il 2011 è l’anno internazionale dedicato alle “foreste”, la giornata<br />

seminariale <strong>del</strong>lo scorso novembre ha rappresentato in un certo senso il viatico<br />

per affrontare in maniera puntuale, e in ogni caso a riflettori accesi, il tema<br />

<strong>del</strong>la forestazione.<br />

8


«ChE NIuNA PERSONA ARDISCA<br />

tAGLIARE VINtENE O LENGIStRE».<br />

GoVERNo E SFRUTTaMENTo DEL BoSCo<br />

IN STaTUTI E REGoLE DEL VERBaNo<br />

MEDIoEVaLE E MoDERNo<br />

Fabio Copiatti, Magazzeno Storico Verbanese<br />

I<br />

nizio da una nota personale: allorché sono stato invitato a questa giornata<br />

seminariale i miei ricordi sono andati a circa 30 anni fa, alla fine degli anni ‘70,<br />

quando nacque il mio interesse per la storia locale. Tra i miei primi acquisti ci fu<br />

un opuscoletto, Statuti ed ordinamenti <strong>del</strong>le comunità di Intra – Pallanza –<br />

Valleintrasca, memoria di una conferenza tenuta da don Claudio Mariani nell’ottobre<br />

19661 . Fu questa lettura ad avvicinarmi all’argomento statuti e a portarmi<br />

negli anni successivi ad acquistare Verbania premesse medievali di don Mariani<br />

e Pier Giacomo Pisoni2 , e tante altre pubblicazioni dedicate agli statuti <strong>del</strong> nostro<br />

lago e <strong>del</strong>le valli verbanesi.<br />

Grazie alla passione e all’opera instancabile di studiosi come anderloni e Sella3 ,<br />

dei mai dimenticati don Mariani e Pier Giacomo Pisoni, e al lavoro passato e<br />

recente di Mario Bariatti e Pierangelo Frigerio, possiamo disporre di statuti, statutelli<br />

e ordini di quasi tutte i principali borghi e località <strong>del</strong> lago Maggiore ma<br />

anche di piccoli villaggi montani e <strong>del</strong>l’entroterra verbanese: Brissago, Cannero,<br />

Cannobio, Caprezzo, Cossogno, Intragna, Miazzina, Traffiume tanto per citarne<br />

alcuni a noi vicini4 .<br />

ogni corpus statutario, «indipendentemente dalla attribuzione cronologica <strong>del</strong>la<br />

sua redazione conclusiva a noi pervenuta, si presenta come il risultato di regole<br />

consuetudinarie tramandate e sedimentate con il passare <strong>del</strong> tempo, spesso<br />

1. Statuti ed ordinamenti <strong>del</strong>le comunità di Intra-Pallanza-Valleintrasca (Giangaleazzo Visconti – 1393),<br />

conferenza tenuta al meeting 12 ottobre 1966 dal can. Don Claudio Mariani, Lions Club Verbania,<br />

Verbania 1968.<br />

2. Verbania. Premesse medievali. Gli Statuti <strong>del</strong> 1393 secondo un’antica stampa e nell’interpretazione italiana<br />

di Pier Giacomo Pisoni con un saggio introduttivo di Claudio Mariani, alberti libraio editore, Intra 1987.<br />

3. E. aNDERLoNI - P. SELLa, Statuti <strong>del</strong> Lago Maggiore e <strong>del</strong>la Val d’Ossola <strong>del</strong> sec. XIV, Loescher, Roma 1914.<br />

4. Per una esauriente bibliografia sugli studi dedicati agli statuti verbanesi si rimanda a Gli Statuti <strong>del</strong><br />

Verbano, Atti <strong>del</strong>la giornata di studio - Centro Culturale Elisarion, a cura di Fila<strong>del</strong>fo Ferri, Minusio, 8<br />

novembre 2003, Insubria University Press, Varese 2006.<br />

9


modificate da integrazioni, revisioni, abrogazioni, non sempre datate o databili<br />

con precisione» 5 . I primi statuti, anche se rarissimi e non di area verbanese, risalgono<br />

agli inizi <strong>del</strong> XII secolo e sono per lo più di grandi città come Pistoia,<br />

Genova, Pisa e alessandria.<br />

Per le terre <strong>del</strong> Lago Maggiore «il nucleo di norme più antico, fondatamente individuabile<br />

all’interno di testo più recente, riguarda – per gli anni precedenti il 1289<br />

– Brissago, oggi nel Canton Ticino ma all’epoca appartenente alla pieve milanese<br />

di Cannobio» 6 . Per gli statuti di Cannobio, il cui proemio rimanda la loro origine<br />

al 1211, si tende a preferire la datazione <strong>del</strong> 1311 proposta da Pierangelo<br />

Frigerio e Pier Giacomo Pisoni 7 . a seguire verranno approvati tutti gli altri, compresi<br />

quelli maggiormente utilizzati per questa relazione: Cannero (ante 1336),<br />

Traffiume (1343) e Piaggio oltreponte (1377) 8 .<br />

Gli statuti medioevali rappresentano un’importante fonte scritta per lo studio <strong>del</strong><br />

paesaggio agro-forestale; essi danno un’immediata percezione <strong>del</strong>l’importanza<br />

dei boschi nell’economia e nella vita quotidiana alla fine <strong>del</strong> Medioevo.<br />

L’attenzione riservata ai boschi fu sempre notevole, almeno fino al XIX secolo.<br />

Una serie di disposizioni, infatti, ne regolamentavano lo sfruttamento, limitando<br />

ma anche pianificando i tradizionali diritti d’uso, sovente tramandati oralmente da<br />

generazione a generazione: erano esse le cosiddette consuetudini.<br />

Nonostante la prevalente natura boscosa <strong>del</strong>le nostre montagne, le comunità<br />

erano attente a evitare tagli eccessivi, al fine di permettere una veloce ricrescita<br />

degli alberi pronti a essere nuovamente tagliati. Il bosco forniva molti prodotti:<br />

legna da ardere, legname d’opera, frutti, foglie, base per lo strame, brugo, «rappresentava<br />

una certezza <strong>del</strong>la vita economica di un villaggio, e ne era complesso<br />

e strutturato fondamento» 9 . Per tale motivo tutti gli statuti verbanesi prevedevano<br />

pene percuniarie per i tagli abusivi o per danneggiamenti di piante, per furti<br />

di legna, ramaglie, foglie e strame.<br />

Molti boschi, inoltre, venivano “banditi”, ossia protetti, sottoposti a particolari vincoli<br />

temporanei o permanenti, «non solo per la resa produttiva in legnami o a fini<br />

5. I. NaSo, una fonte scritta per la storia forestale nel Medioevo: gli statuti <strong>del</strong>le comunità piemontesi e<br />

la salvaguardia dei boschi, in Il bosco nel Medioevo, a cura di BRUNo aNDREoLI e MaSSIMo MoNTaNaRI,<br />

Clueb, Bologna 1995, p. 120.<br />

6. P. FRIGERIo, Gli statuti comunali <strong>del</strong> basso e medio Verbano, in Gli Statuti <strong>del</strong> Verbano…, cit., p. 119.<br />

7. P. FRIGERIo, P.G. PISoNI, traffiume. Gli Statuti <strong>del</strong> 1343, alberti libraio editore, Intra 1990, p. 25-28; pare<br />

comunque, sulla base di riscontri documentali, che ne esistettero altri risalenti all’inizio <strong>del</strong> XIII secolo.<br />

8. P. FRIGERIo, P.G. PISoNI, E Cannero si diede le sue leggi, alberti libraio editore, Intra 1985; P. FRIGERIo,<br />

P.G. PISoNI, traffiume..., cit.; P. FRIGERIo, R. aRENa, Statuti <strong>del</strong> Piaggio di Cannobio, alberti libraio editore,<br />

Verbania Intra 1996.<br />

9. Ringrazio per gli spunti offerti l’amico Carlo alessandro Pisoni, che già aveva trattato l’argomento in<br />

una relazione tenutasi in occasione <strong>del</strong>la seconda edizione <strong>del</strong>la rassegna Editoria&Giardini, cfr C.a.<br />

PISoNI, Il giardino <strong>del</strong> signor sindico. Acque, boschi, pascoli negli statuti verbanesi, in C.a. PISoNI, L.<br />

PaRaChINI (a cura di), Storia e Storie di Giardini, atti <strong>del</strong> convegno, Verbania Pallanza, Sabato 31 agosto<br />

2002, Magazzeno Storico Verbanese - alberti libraio editore, Verbania 2003, pp. 131-151.<br />

10


Fig. 1. La raccolta di legno, foglie e strame nei boschi <strong>del</strong>la Valle Intrasca<br />

alimentari; non di rado essi infatti costituivano la più efficace protezione contro<br />

smottamenti e frane, e dunque il taglio doveva essere condotto (…) secondo<br />

regole tempi e modi stabiliti dalla comunità» 10 .<br />

Troviamo esempio di ciò in quanto ora andiamo ad esaminare in maggior dettaglio,<br />

andando a spigolare tra statuti e ordini verbanesi alla ricerca di curiosità e cose<br />

notevoli sui nostri boschi.<br />

Le essenze più diffuse variavano a seconda <strong>del</strong>l’altitudine: alberi da frutta come<br />

olivi, ciliegi, meli, peri, fichi, peschi, noci, noccioli e altri; e alberi per legname da<br />

fuoco o da opera come faggi, abeti bianchi e rossi, querce, betulle ecc.<br />

L’albero protagonista dei boschi verbanesi era senza dubbio il castagno, che forniva<br />

un alimento fondamentale – le castagne, pane dei poveri – e buon legname da<br />

opera. al castagno, l’arbul, albero per eccellenza, sono dedicati molti articoli degli<br />

statuti verbanesi, ed a questi rivolgeremo la nostra attenzione per meglio capire la<br />

complessità e la precisione <strong>del</strong>le regole adottate dalle comunità medioevali.<br />

Il gaggio di Cossogno: la protezione <strong>del</strong> bosco comune<br />

Come abbiamo anticipato, ogni paese aveva porzioni di bosco comunitarie riservate<br />

o poste sotto protezione. Per alcuni di essi veniva stabilito dal comune il<br />

momento <strong>del</strong> taglio, secondo razionali cicli che permettessero un regolare svilup-<br />

10. P.G. PISoNI, Il giardino <strong>del</strong> signor sindico…, cit., pp. 142-143.<br />

11


po degli alberi. alcuni di questi vigani (così erano denominate le proprietà comuni)<br />

erano indicati con il termine “gaggio”, «grandemente diffuso in area subalpina<br />

(con derivazione dal germanico gahage) ad indicare il bosco protetto» 11 .<br />

Tra i molti esempi di boschi o prati comuni protetti da statuti od ordini mi viene<br />

facile portare quello di Cossogno, paese che ha dato i natali ai miei avi e nel quale<br />

oggi risiedo. Gli ordini di Cossogno con Ungiasca, seppure non siano di rilevante<br />

antichità, «sono utili per intendere l’evoluzione <strong>del</strong>le autonomie locali in varie<br />

epoche» 12 .<br />

Il 12 agosto 1464, forse ad integrazione di statuti più antichi, la Comunità di<br />

Cossogno con Ungiasca si radunava davanti alla chiesa parrocchiale di San<br />

Brizio per approvare nuove regole a difesa i propri pascoli e boschi 13 :<br />

«…ordinarono, statuirono e incaricarono Beltrame <strong>del</strong> fu Giovanni Botti di<br />

Cossogno […] di <strong>del</strong>imitare e custodire ad ogni buon fine i prati ossia il gaggio e<br />

similmente tutti i beni dei vicini […]. E ancora ordinarono e statuirono: nessun vicino,<br />

nei predetti territorio e beni, tagli o faccia tagliare fieno e similmente rami o<br />

fogliame <strong>del</strong>le viti e di qualsiasi albero, sia coltivato sia selvatico, né faccia strame,<br />

se non sopra i suoi beni e terreni […]. E ancora: il sorvegliante <strong>del</strong>la bandita potrà<br />

mettere o far mettere in stato d’accusa chiunque tagli o faccia tagliare albero coltivato<br />

[o forse: castagno innestato] dovunque si trovi o quando sia possibile individuarlo<br />

come albero di proprietà comunale, tanto in monte quanto in piano».<br />

Ritroviamo il termine “gaggio” in successivi ordini approvati il 9 agosto 1564 e<br />

riconfermati il 26 maggio 1620 14 :<br />

«Niuno habbi ardire tagliare né far tagliare né bigare alcuna pianta d’arbore verda<br />

di qualsivoglia sorte, nel loco <strong>del</strong>la Soliva et <strong>del</strong> Gazio, sotto pena d’uno scuto<br />

d’oro per ogni pianta: et il medemo s’intenda de quelli che tagliono cerchij et<br />

maniggie nelli predetti lochi et nelli altri lochi d’alcuno vicino; et se sarà di notte la<br />

pena sij duplicata oltra il restante danno».<br />

Come suggerito da Frigerio e Margarini, nel gaggio cossognese erano presenti<br />

castagni da frutto.<br />

Con il passare dei secoli tali norme restarono quasi <strong>del</strong> tutto inalterate: nei bandi<br />

11. P. FRIGERIo, P.G. PISoNI, E Cannero si diede…, cit., p. 34.<br />

12. P. FRIGERIo, G. MaRGaRINI, «Ordini» di Vallintrasca (sec. XV-XVIII), in Verbanus 15 (1994), p. 359. È importante<br />

ricordare che gli abitanti di Cossogno e Ungiasca sottostavano agli statuti Intra-Pallanza-Vallintrasca,<br />

statuti burgensi <strong>del</strong>la comunità di valle. a loro e ad altri paesi <strong>del</strong>la Valle Intrasca era comunque riconosciuta<br />

l’autonomia di avere una propria normativa. altri livelli di ordini erano quello riguardante una degagna, cioè<br />

un raggruppamento di comuni (si veda ad esempio un “ordo” sulla protezione di un bosco <strong>del</strong>la degagna<br />

di S. Maurizio, valido per le vicinie di antoliva, Carpiano, Frino e Bozzela, Ghiffa, oggebbio, Premeno, Ronco,<br />

Susello, in P. FRIGERIo, G. MaRGaRINI, «Ordini» di Vallintrasca…, cit., p. 375) o quello di vicinie interne ad un<br />

comune (troviamo infatti ordini distinti per Cossogno in taluni casi e per Ungiasca in altri).<br />

13. Il testo in latino di questo “statutello” è stato liberamente tradotto da Pierangelo Frigerio e Giorgio<br />

Margarini, cfr P. FRIGERIo, G. MaRGaRINI, «Ordini» di Vallintrasca…, cit., pp. 364-365.<br />

14. P. FRIGERIo, G. MaRGaRINI, «Ordini» di Vallintrasca…, cit., pp. 368-372.<br />

12


campestri <strong>del</strong> Comune di Cossogno con Ungiasca approvati il 29 aprile 1838 15 ,<br />

le selve fruttifere comunali continuavano ad essere oggetto di protezione:<br />

«Che non sia pure permesso ad alcuna, o qualsivoglia persona d’introdurre bestie<br />

di qualsiasi sorta per custodirle o pascolarle nelle selve castanili fruttifere comunali,<br />

e dei particolari entro tutto il mese di ottobre di cadun anno».<br />

Esse non sono più identificate come “gaggio” ma ciò non significa che tale termine<br />

non fosse più in uso. Infatti lo ritroviamo in alcuni atti consolari <strong>del</strong>la prima<br />

metà <strong>del</strong>l’ottocento 16 :<br />

«Che sarebbe pure maggiormente utile a questa comunità che s’affittasse anche<br />

per un novennio il raccolto dei frutti castanili nella selva di Gaggio, mentre la consuetudine<br />

sin qui in vigore di vendere annualmente i medesimi in epoca prossima<br />

al raccolto produce qualche inconveniente quale per esempio quello di non poter<br />

conoscere la comunità i di lei redditi precisi preventivamente. […] Il <strong>del</strong>iberatario<br />

<strong>del</strong>la selva di Gaggio in particolare dovrà annualmente piantare n. 10 allievi di diametro<br />

di oncie una e mezzo ed innestarne altrettanti, non che le ronche selvatiche,<br />

e sostituirne nell’anno successivo tutti quelli allievi che venissero a deperire, ne<br />

potrà appropriarsi o tagliare alcuna quantità di legna, tranne quella che nell’abbacchiare<br />

le castagne venisse fortuitamente a staccarsi dagli alberi».<br />

Qualche decennio dopo, nel 1885, verrà approvato un Regolamento di Polizia<br />

Rurale 17 che seguita a riproporre molte <strong>del</strong>le consuetudini in essere dal XVI secolo.<br />

all’articolo 2 troviamo, anche per Cossogno, quello che è il titolo <strong>del</strong>la nostra<br />

giornata seminariale:<br />

«Sarà lecito ai terrieri tutti residenti in questo comune di stramare, buscagliare, e<br />

viganare nelle selve e gerbidi Comunali colla condizione però che lo strame non<br />

venga trasportato fuori <strong>del</strong> territorio, e serva il medesimo per uso dei loro fondi esistenti<br />

nel territorio stesso, e non si faccia <strong>del</strong> medesimo mercatura».<br />

altri articoli ci aiutano a seguire l’evoluzione nei secoli <strong>del</strong>le norme inerenti la<br />

gestione dei boschi.<br />

«È assolutamente proibito di raccogliere strame, foglie, erica o bruco sui beni<br />

Comunali non affittati per trasportarlo fuori <strong>del</strong> territorio di questo Comune […]. Il<br />

buscagliare è permesso in tutta l’estensione appartenente a questo Comune, ma<br />

resta assolutamente proibito il tagliare o svettare rami anche secchi dalle piante di<br />

privata spettanza sebbene inalberati nelli fondi Comunali […]. È vietato di introdursi<br />

nelle altrui proprietà sebbene non chiuse da muro o siepe, per cercare o racco-<br />

15. archivio Parrocchiale di Trobaso, Comune di Cossogno con ungiasca, Ordinato portante lo stabilimento<br />

dei Bandi campestri, 1838.<br />

16. archivio Comune di Cossogno, Atto consolare 3 ottobre 1847, Affittamento di diverse proprietà<br />

comunali.<br />

17. archivio Comune di Cossogno, Delibere Consiliari, 6 aprile 1885, Regolamento di Polizia Rurale,<br />

pubblicato in http://www.verbanensia.org/loca, voce “Cossogno”.<br />

13


gliere noci, castagne, grappoli d’uva, o qualunque altro genere se non dopo il<br />

primo novembre. […] I frutti caduti nelle strade o nei fondi Comunali non possono<br />

raccogliersi che dai proprietari degli alberi da cui derivano».<br />

Del gaggio cossognese si perse poi la memoria. addirittura, la cappella detta “<strong>del</strong><br />

Gasc”, posta lungo la mulattiera tra Cossogno e Cicogna, da alcuni anziani abitanti<br />

viene erroneamente collegata alla presenza nei dintorni di molte “gazze”<br />

(così localmente sono chiamate le ghiandaie, specie da non confondersi con la<br />

vera gazza, uccello che frequenta gli ambienti agricoli di pianura e le zone mediterranee).<br />

«Se taluno abbia preso castagne dall’altrui mucchio o aricciata»<br />

Come sino ad ora si è letto, oltre al taglio <strong>del</strong> legname, alla raccolta <strong>del</strong>lo strame<br />

e ad altri lavori di silvicolura, la coltivazione di piante da frutto era di grande importanza<br />

per le comunità verbanesi.<br />

a Cannero, ad esempio, gli statuti prevedevano che «tutti gli alberi – salvo fichi,<br />

peschi, viti, salici, olivi e ciliegi usati come altino [cioè come tutore in materiale<br />

autoctono deperibile: un bell’esempio di ecosostenibilità, n.d.a.] – siti dalla via dei<br />

Grussi (per cui si va a Donego), da Roncaccio e dalla via di Roncario in giù sino<br />

al lago, nonché dal valleggio dei Grussi in qui verso il luogo di Toliano e sino alla<br />

motta di Toliano e dai termini in dentro, devono essere tagliati, strappati e bruciati<br />

e comunque tolti di mezzo […]» 18 . Una parte <strong>del</strong> territorio comunale era pertan-<br />

Fig. 2. Vigneto e frutteto sulla collina verbanese<br />

18. P. FRIGERIo, P.G. PISoNI, E Cannero si diede…, cit., p. 105.<br />

14


Fig. 3. Bosco di castagni<br />

to destinata a frutteto e ogni albero che non fosse tra quelli elencati o utile per<br />

sostenere i tralci <strong>del</strong>le viti andava eliminato.<br />

altra essenza fruttifera di grande importanza, come già abbiamo visto a<br />

Cossogno, era il castagno. Tutti gli statuti verbanesi contemplano norme che ne<br />

regolano la coltivazione, la raccolta di castagne e ricci. Per esso sono ancora<br />

Cannero e i suoi statuti a fornire spunti interessanti. In quelle norme erano infatti<br />

previste pene per chi scrollava castagni altrui 19 :<br />

«Fu ancora statuito e ordinato: se taluno abbia fatto cadere castagne scrollando<br />

piante altrui, paghi ogni volta e per ciascuno 6 sol.ter. d’ammenda al comune e sia<br />

costretto a risarcire in doppio il danno a chi lo abbia patito, salvo che faccia fede<br />

d’aver commesso il fatto per errore; in tal caso rifonderà soltanto il danno»;<br />

o per chi raccoglieva castagne altrui:<br />

«Fu ancora statuito e ordinato: se taluno abbia raccolto castagne altrui paghi ogni<br />

volta e per ciascuno 4 sol.ter. d’ammenda al comune e risarcisca in doppio il danneggiato».<br />

Troviamo poi un articolo che prevede pene anche per chi prendeva castagne<br />

altrui togliendole dalla “riscià”, ossia i ricci che venivano ammucchiati nel bosco<br />

19. P. FRIGERIo, P.G. PISoNI, E Cannero si diede…, cit., p. 89.<br />

15


Fig. 4. Il mercato di Intra in una foto d’epoca, la vendita di gerli e civeroni<br />

in un particolare processo di fermentazione che favoriva la loro maturazione e<br />

conservazione: «Fu ancora statuito e ordinato: se taluno abbia preso castagne<br />

dall’altrui mucchio o aricciata, paghi ogni volta e per ciascuno 10 sol.ter.; altrettanto<br />

paghi chi abbia tolto i legni e la copertura <strong>del</strong>l’aricciata o mucchio. Sia risarcito<br />

in doppio il danneggiato».<br />

Il castagno era inoltre importante anche per il legname; nel caso specifico, per le<br />

cosiddette “vintene”, ossia «stecche e strisce flessibili in legno per intrecciare<br />

gerle» 20 . Già abbiamo visto per Cossogno che negli ordini <strong>del</strong> 1564, nei luoghi <strong>del</strong><br />

Gaggio e <strong>del</strong>la Soliva, non si potevano tagliare alberi verdi neppure per far «cerchij<br />

et maniggie», sempre da intendersi come virgulti e rami flessibili utilizzati per<br />

fare le gerle.<br />

Tale pratica artigianale era particolarmente viva in altre località <strong>del</strong>la Valle Intrasca,<br />

tanto che ad Intragna nel 1615 furono approvati ordini 21 che riguardavano proprio i<br />

danni apportati ai castagneti da residenti e forestieri produttori di gerli e civeroni, ossia<br />

le grandi gerle a stecche rade usate principalmente per il trasporto di fieno:<br />

«Che niuna persona di qual si voglia stato o conditione habbia né ardisca di fare né<br />

far fare gerli né civeroni, quali habbino dentro legname di castano, né tagliar vintene<br />

di castano in detti boschi; salvo però se alcuna persona vorà fare o far fare gerli<br />

ovvero civeroni di castano, ne possa tagliare nelli suoi beni tanto et non nelli detti<br />

boschi d’esso comune; qual legname che vorranno tagliare o far tagliare nelli suoi<br />

20. M. BaRIaTTI, “Ordini” inediti <strong>del</strong>la Pieve di Intra, in Gli Statuti <strong>del</strong> Verbano, cit., p. 147.<br />

21. M. BaRIaTTI, “Ordini” inediti…, cit., p. 146.<br />

16


eni, s’habbi da tagliare alla presenza d’uno <strong>del</strong>li campari che saranno eletti per guardia<br />

<strong>del</strong>li boschi et a notificare li contrafacienti; sotto la pena di lire tre imp. per ciascuna<br />

volta et persona per ciascheduna gerla ovvero civerone d’essere applicata come<br />

a basso […]. Che niuna persona come sopra habbia né ardisca tagliare vintene o lengistre<br />

in altri boschi per far fare gerli o civeroni, salvo come sopra che prima non siano<br />

visti e revisti detti legnami da doi homini campari a questo eletti, sotto pena de scudi<br />

cinque per ciascuna persona et volta che contrafarà, d’essere applicata come a<br />

basso [...]. hanno ordinato che s’abbi da elligere ogn’anno otto persone per camparo<br />

– qual habbino a vedere il legname et lengistre et […] quali saranno tagliati, et anco<br />

ligarli, et civeroni che si condurranno a Intra o altrove alli mercati – per detti homini <strong>del</strong><br />

detto comune in haver cura <strong>del</strong>li detti boschi».<br />

Come detto all’inizio, statuti e ordini ci aiutano a meglio comprendere il paesaggio<br />

e la vita comunitaria dei secoli passati. Troviamo altri esempi di alberi protetti<br />

perché legati ad attività artigianali: a Caprezzo, paese i cui abitanti sovente emigravano<br />

a Milano per esercitare l’attività di bottai, gli ordini approvati nel 1613<br />

con aggiunte nel 1701 22 prevedevano norme che regolamentavano il taglio <strong>del</strong>le<br />

betulle, usate da «quei di Caprezzo» per fare i cerchi <strong>del</strong>le botti:<br />

«hanno ordinato et ordinano che niuna persona possa tagliare piante di bolia poste<br />

nel solo viganale comune di detto luogo di Caprezzo […], eccetto però che facendo<br />

bisogno a qualche d’uno di detto luogo di Caprezzo qualche di dette boglie per<br />

Fig. 5. tetto in paglia di un fienile di Caprezzo<br />

22. M. BaRIaTTI, “Ordini” inediti…, cit., p. 150.<br />

17


suo uso solamente per fare cerchi di vassello o tina o altri simili utensili in tal caso<br />

quello il quale sarà in tal caso o bisogno dovrà prima […] aspettare il parere di<br />

detto popolo prima di tagliar tal boglie».<br />

I virgulti <strong>del</strong>le betulle, inoltre, erano usati anche per legare i fasci di paglia messi<br />

a copertura di stalle, fienili e abitazioni:<br />

«hanno ordinato et ordinano che ogn’uno possa servirsi e tagliare <strong>del</strong>le suddette<br />

boglie per suo uso solamente per fare et aggiustare li suoi proprii alberghi o siino<br />

tetti in paglia senza emenda alcuna intendendosi però solamente di boglie piccole<br />

per fare ligami […]».<br />

Nel nome <strong>del</strong>la Santissima Trinità<br />

Fig. 6. Statuti di Viggiona, 1581<br />

18<br />

Da poco riscoperti per<br />

merito di Carlo alessandro<br />

Pisoni 23 , gli statuti cinquecenteschi<br />

di Viggiona (fig.<br />

6) offrono molte notizie<br />

importanti sulla gestione<br />

<strong>del</strong> territorio e dei beni<br />

comuni. In attesa <strong>del</strong>la loro<br />

pubblicazione, ci piace in<br />

questa sede offrire qualche<br />

anticipazione in virtù <strong>del</strong><br />

fatto che il proemio si apre<br />

«In nomine Sanctissime et<br />

Individuae Trinitatis Patris<br />

Filij et Spiritus Sancti»,<br />

invocazione che piace<br />

ricondurre alla nascente<br />

devozione <strong>del</strong> vicino santuario<br />

<strong>del</strong>la SS. Trinità di<br />

Ghiffa 24 .<br />

Gli statuti di Viggiona furono<br />

approvati dai due terzi <strong>del</strong>la<br />

comunità riunitisi il 18 giugno<br />

1581 nella piazza <strong>del</strong><br />

23. archivio Borromeo Isola Bella, Comuni, Viggiona, Statuti e ordini di Viggiona, 1581.<br />

24. Sulla devozione alla SS. Trinità di Ghiffa si leggano F. MoNDoLFo, La devozione popolare attorno all’altare<br />

<strong>del</strong>la SS. trinità di Ghiffa, in Imitazione e bellezza, Ghiffa 2004, pp. 40-44 e i successivi atti <strong>del</strong> convegno<br />

L’iconografia <strong>del</strong>la SS. trinità nel <strong>Sacro</strong> <strong>Monte</strong> di Ghiffa. Contesto e confronti, Ghiffa 2008.


Fig. 7. Ex voto <strong>del</strong> 1796 conservato in una chiesa <strong>del</strong>la Valle Intrasca<br />

campanile detta anche «ad pasquarium», presenti il console Paolo de<br />

Caronensis <strong>del</strong> fu Giulio, il canepario Domenico de Zoppis e i pubblici campari.<br />

Per quanto riguarda le norme a protezione <strong>del</strong> bosco, leggendo le 108 pagine<br />

<strong>del</strong> codice viggionese troviamo molti degli articoli già incontrati negli altri statuti<br />

verbanesi: divieto di tagliare o asportare nei gaggi alberi di castagno, betulla,<br />

quercia, nocciolo o altri generi; divieto di raccogliere foglie, strame o tagliare<br />

brugo e felci; e se ciò avveniva di notte la pena era ancora maggiore.<br />

anche se esula dall’argomento trattato, segnaliamo a titolo di curiosità un dato<br />

importante circa il timore provocato dalle incursioni <strong>del</strong>le bestie feroci nei greggi<br />

e nei villaggi montani durante il Medioevo, e il primo periodo moderno. In particolare,<br />

erano temuti i lupi, tanto da richiedere che ogni famiglia mettesse a disposizione<br />

un proprio componente maschile nel caso di caccia a qualche bestia<br />

che avesse fatto razzia o si fosse aggirata troppo vicina al paese. altrettanto<br />

severamente era punito il falso allarme: chiunque avesse gridato “al lupo al lupo”<br />

senza motivo, provocando l’accorrere <strong>del</strong>la comunità e l’inizio di una inutile caccia,<br />

sarebbe incorso in severe multe e sanzioni.<br />

25. P. FRIGERIo, R. aRENa, Statuti <strong>del</strong> Piaggio…, cit., pp. 110-111.<br />

19


a conclusione di questa forzatamente incompleta panoramica consegno al lettore<br />

una norma che ritrovo negli Statuti di oltreponte <strong>del</strong> Piaggio <strong>del</strong>l’anno<br />

1377 25 :<br />

«Fu ancora statuito: se taluno si arrampica su una pianta di castagno o di noce, o<br />

ne fa cadere i frutti con bastoni, con sassate o in altro modo, paghi ogni volta ciascuno<br />

5 sol. ter. d’ammenda al comune e rifonda il danno a chi l’ha subito».<br />

a distanza di secoli (siamo nel 1796), in una chiesa <strong>del</strong>la Valle Intrasca, un ex<br />

voto testimonia la grazia ricevuta nel settembre di quell’anno da due contadini<br />

accidentalmente caduti da un albero. Essi sono raffigurati nell’ingenua ed efficace<br />

tavoletta devozionale nell’atto di “crodare” con bastoni quelli che sembrano,<br />

a tutta evidenza, noci (fig. 7).<br />

In tante occasioni a uomini e donne <strong>del</strong>le nostre terre mancò questa grazia,<br />

magari invocata nella coscienza di sapersi nel momento supremo e ultimo <strong>del</strong>la<br />

propria esistenza terrena, che essi vissero nei boschi e sui pascoli <strong>del</strong> nostro<br />

Verbano; a loro vada il mio, il nostro pensiero commosso per come, nella durezza<br />

dei luoghi e nella semplicità dei gesti e <strong>del</strong> lavoro quotidiano, hanno saputo<br />

mantenere – grazie a sagge e antiche consuetudini e statuti oggi sempre meno<br />

conosciuti, compresi e praticati-, preservare il nostro patrimonio silvicolo.<br />

20


I BOSCHI DELLA DEGANA DI SAN MAURIZIO:<br />

USI, CONTESE E ACCORDI IN CINQUECENTO<br />

ANNI DI DOCUMENTI D’ARCHIVIO<br />

Franco Mondolfo, storico locale<br />

Elena Poletti Ecclesia, Rete museale Alto Verbano<br />

Premessa (di Franco Mondolfo)<br />

D<br />

a più di vent’anni mi diletto ad approfondire i fatti di storia locale approfittando<br />

<strong>del</strong> fatto di aver letto una prima volta quasi tutto l’archivio storico comunale<br />

di S. Maurizio, Cargiago e Ghiffa durante la sua sistemazione, perfezionata<br />

poi dalla dott.ssa angela Viotti e dal dott. Moro.<br />

Lo scorso anno, dopo la promettente e ottima riuscita dei temi annuali scelti con<br />

buon intuito da parte <strong>del</strong>la Direzione <strong>del</strong> Parco nelle diverse giornate di convegni<br />

seminariali, ho proposto un tema interessante e documentato non ancora trattato<br />

negli anni trascorsi.<br />

Sono le liti e cause che per anni ed anni si sono avvicendate per la comproprietà<br />

dei Beni indivisi <strong>del</strong>la Degagna di S. Maurizio, in particolare per l’uso dei<br />

boschi di confine. I documenti partono dalla trascrizione di un atto <strong>del</strong>la Corte di<br />

appello di Torino <strong>del</strong>l’anno 1540 sino all’archiviazione <strong>del</strong>le pratiche nel comune<br />

di Ghiffa con un decreto trasmesso il 17/4/1940 con la chiusura <strong>del</strong>le operazioni<br />

emesso dal commissariato per la liquidazione degli usi civici con sede in<br />

Torino.<br />

Le operazioni contestate durante gli anni di promiscuità dei diversi diritti continuavano<br />

a ripetersi nel pretendere i diritti avuti dalle diverse comunità negli anni<br />

addietro a stramare, brugherare, buscagliare e viganare.<br />

Si trattava di ottenere diritti di transito con i propri animali (non capre) su terre<br />

comuni, appunto terre vigane, con pecore e bovini.<br />

Nel 1748 viene compilato a Cargiago il prezioso <strong>libro</strong> degli estimi, risultato di<br />

riunioni pubbliche e testimonianze <strong>del</strong>le diverse comunità.<br />

Malgrado ciò l’800 è tutto un susseguirsi di cause e liti per questi diritti civici<br />

dibattuti con sentenze per comproprietà fra Comune, comunità ed i diversi terrieri<br />

che alle volte venivano autorizzati a percorrere determinati sentieri all’interno<br />

21


dei pochi boschi pianeggianti ma speditamente, per non brucare eccessiva erba.<br />

Le problematiche sfociate per molti anni in liti e cause per diritti contestati nel<br />

transito con bestiame in determinati terreni da pascolare hanno origine dai limitati<br />

territori, sovente scoscesi, di possesso non chiaramente definito, sovente in<br />

comproprietà e di confini non certi.<br />

Sono in discussione terreni indivisi dopo essere appartenuti alla degagna di S.<br />

Maurizio e S. Martino ove i vaccari transitavano con le loro bestie sentendosi in<br />

diritto di pascolare, stramare, buscagliare e viganare.<br />

È significativo riportare quanto scriveva nel 1881 riguardo le statistiche di Ghiffa<br />

il sindaco Minocci agostino (Atti <strong>del</strong> convegno sui terrazzamenti e l’agricoltura<br />

tradizionale): «la nutrizione più in uso nella popolazione è il pesce di lago, legumi,<br />

riso, formaggio, pane di segale e qualche altro prodotto <strong>del</strong>la poca terra e la<br />

carne che comprano viene acquistata a oggebbio oppure approfittando <strong>del</strong>le<br />

bestie che a cause accidentali si accoppano cadendo dal <strong>Monte</strong>». È chiaro quindi<br />

che le risorse erano davvero scarse, pertanto forte era l’esigenza di trovare<br />

pascoli adatti e non troppo difficili da raggiungere.<br />

Analisi dei documenti (di Elena Poletti Ecclesia)<br />

I più antichi documenti: 1489 e 1540.<br />

Terminologia utile per la definizione <strong>del</strong>la questione<br />

Il più antico documento utile a comprendere l’evolversi <strong>del</strong>le vicende in merito<br />

alla condizione giuridica e all’uso dei boschi nell’area <strong>del</strong> monte Cargiago è un<br />

atto notarile rogato in lingua latina presente in originale presso l’archivio <strong>del</strong><br />

comune di aurano di cui si dispone traduzione <strong>del</strong> 1901, datato 17 settembre<br />

1489 1 , che ha ad oggetto la definizione dei confini tra la Degagna di S. Martino<br />

e il territorio di oggebbio.<br />

«atto redatto nello studio <strong>del</strong> signor ottaviano Viani di Pallanza (Contea di angera)<br />

alla presenza <strong>del</strong> signor Pietro de Castellione dove comparvero: antonio detto<br />

Burella di Bee, Nicolino detto Bazzono di Roncaccio, Empolo Bolino di arizzano,<br />

il sarto Martino di arizzano e Giovanni detto Biuseta di Esio tutti <strong>del</strong>la Degagna di<br />

S. Martino».<br />

In esso viene ricordato che «piantarono i termini» con <strong>del</strong>le croci, dei segni e <strong>del</strong>le<br />

pietre «definendo tutto il territorio <strong>del</strong>la comunità di oggebbio dal territorio <strong>del</strong>la<br />

degagna di S. Martino». La definizione dei confini ha inizio nel “prato rondo presso<br />

la vallegia”; il termine undicesimo è individuato al Porale. Il territorio è infine<br />

<strong>del</strong>imitato dal termine tredicesimo presso il piano Ranzano.<br />

1. La traduzione di questo documento e i documenti che seguono sono conservati nell’archivio<br />

Comunale di Ghiffa (aCG).<br />

22


Il documento definisce anche i diritti d’uso dei boschi: «a quelli di oggebbio» è<br />

permesso di mantenere la consuetudine di stramare, pascolare e viganare assieme<br />

a «quelli <strong>del</strong>la degagna di S. Martino» «dal fo <strong>del</strong>la Ghazia fino al riale Bisconia<br />

e non fino alla fontana Sighellete».<br />

Segue, cronologicamente, una sentenza <strong>del</strong> 22 settembre 15402 «di lite fra le<br />

comunità di Cargiago e Premeno in causa con Ghiffa per il diritto di pascolo in<br />

zone di confine» (fig. 1).<br />

La sentenza sancisce i diritti di pascolare, fare erba, viganare e transitare nelle<br />

terre di confine in cima al monte di albagno. Vengono designati otto termini dove<br />

poter pascolare senza molestia nelle terre contestate, luoghi già spettanti alla<br />

Degagna di San Maurizio.<br />

La sentenza è emessa in località Ronco «de Gana di San Martino» nella casa di<br />

abitazione di Domenico Ugolini di Ronco, podestà <strong>del</strong>le Degane dei santi Martino<br />

e Maurizio «con la squadra di Ugebio, il signor Francesco Viano di Pallanza, ed<br />

ivi il Magnifico Signor Giò<br />

Moriggia figlio <strong>del</strong> fu Magnifico<br />

uomo Signor Francesco<br />

Signore <strong>del</strong>le Degane con la<br />

squadra di Ugebio».<br />

Quelli di Esio possono pascolare,<br />

far erba, viganare e transitare<br />

liberamente e speditamente<br />

senza molestia sopra il monte<br />

di albagno, cioè dalla cima <strong>del</strong><br />

monte fino al viale <strong>del</strong>l’Erba per<br />

tutto onego al di dietro di detto<br />

<strong>Monte</strong> d’albagno verso il<br />

<strong>Monte</strong> sino al fondo. Il signor<br />

Giò Moriggia Signore di quelle<br />

parti ha la podestà e l’autorità<br />

di piantare qualunque termine<br />

nei detti luoghi.<br />

Vengono poi fissati dei termini,<br />

dei sassi con <strong>del</strong>le croci, a divisione<br />

dei territori per sedare le<br />

questioni tra le parti. Un termine,<br />

«in cima alla Tezia», un<br />

secondo termine dopo il colmo<br />

di Premeno, un terzo termine<br />

Fig. 1. Sentenza 22 settembre 1540<br />

2. aCG Faldone 224/ cartella 36.<br />

23


«al moto di Minsineno», un quarto a «Bollaggio«, un quinto sulla «cima di<br />

Fornello», un sesto «in fondo al Piano d’ovio”, un settimo «sulla cima dopo il<br />

monte d’ovio» e infine l’ultimo termine “dietro al monte d’ovio sino alla valle<br />

Servia». all’interno di questi termini quelli di Esio possono pascolare, erbare,<br />

viganare e transitare liberamente.<br />

abbiamo citato questi primi documenti per analizzare alcuni termini che vi compaiono<br />

e che ci permettono di comprendere l’organizzazione <strong>del</strong> territorio e la<br />

gestione <strong>del</strong>le terre comuni. Un primo termine che troviamo in questi primi documenti<br />

è “viganare” a descrivere un’attività che è possibile praticare sui territori<br />

comuni. Senza per ora entrare nel merito di quale pratica sia designata con questo<br />

termine, mi pare importante sottolinearne l’origine etimologica da vicus/ vicanus<br />

(= abitante <strong>del</strong> vicus) – nella terminologia degli statuti medievali anche detto<br />

vicino. Questi termini designano le famiglie che da tempo immemorabile risiedono<br />

in un vicus, un villaggio secondo la denominazione che viene data dall’età<br />

romana agli agglomerati abitativi preesistenti la romanizzazione stessa.<br />

L’organizzazione <strong>del</strong> territorio in vici, ciascuno fornito di proprie terre “comuni”<br />

trova una ricchissima serie di riscontri nella toponomastica. Una prima rapida<br />

ricognizione permette di individuare una serie di toponimi tratti da “vicus/vicano”,<br />

che si concentrano nei territori tra Piemonte orientale, Lombardia occidentale e<br />

Canton Ticino, sia nelle zone alpine che pianeggianti. Mi pare significativa la concentrazione<br />

in quella che anticamente era la Regione XI Transpadana, già territorio<br />

celtico, ad indicare una continuità nelle modalità insediative e di sfruttamento<br />

e gestione <strong>del</strong> territorio che affonda le radici nella protostoria.<br />

Camorino (Ch)<br />

Coquio Trevisago (Va)<br />

Dernice (aL)<br />

Dumenza (Va)<br />

Gaggiano (MI)<br />

Gattico (No)<br />

Gazzada (Va)<br />

Giubiasco (Ch)<br />

Massalengo (Lo)<br />

Melano (Ch)<br />

Mendrisio (Ch)<br />

<strong>Monte</strong> Ceneri (Ch)<br />

<strong>Monte</strong>crestese (VB)<br />

Somma Lombardo (Va)<br />

Taino (Va)<br />

Vergiate (Va)<br />

Viganò (LC)<br />

Vigano San Martino (BG)<br />

Contrade Vigana di Sopra, Vigana di Sotto<br />

Contrada Vigana<br />

Località Vigana<br />

Località Vigana<br />

Monastero certosino di Vigano<br />

Frazione cascina Viganale<br />

Località Vigano (attestata fin dal 1331)<br />

Località Vigana<br />

Motta Vigana<br />

Vicolo Viganale<br />

<strong>Monte</strong> Generoso, valletta denominata “Viganale”<br />

Località Vigana<br />

Toponimo Viganale<br />

Località Vigano<br />

Via Vigana<br />

<strong>Monte</strong> Vigano<br />

Comune in provincia di Lecco<br />

Comune in provincia di Bergamo<br />

24


Dunque da tempo immemorabile sono esistiti, accanto a terreni di proprietà (privata,<br />

pubblica o, in seguito, ecclesiastica) anche territori “comuni”, il cui utilizzo e<br />

godimento era proprio di tutto un villaggio o una comunità umana altrimenti definita<br />

(ad es. le Degagne). È da notare sovente la coincidenza dei toponimi “vigani”<br />

con luoghi sacri cristiani e addirittura precristiani (ad esempio, tra i luoghi citati la<br />

località Viganale di <strong>Monte</strong>crestese con oratorio mariano e cromlech preistorici; o la<br />

località Vigano a Somma Lombardo, ove pure si trovano cromlech <strong>del</strong>l’età <strong>del</strong><br />

Ferro). Queste terre comuni evidentemente considerate importanti, prima ancora<br />

che esistessero forme di regolamentazione giuridica, venivano tutelate considerandole<br />

sacre. E questo possiamo arguirlo anche per il nostro <strong>Monte</strong> Cargiago, luogo<br />

sacro preistorico con i massi coppellati e in seguito Santuario e <strong>Sacro</strong> <strong>Monte</strong>.<br />

L’epoca romana è la fase più antica in cui si sentì l’esigenza di definire e “normare”<br />

la questione dei beni di proprietà comunitaria.<br />

Il diritto latino prevedeva infatti diverse forme di gestione <strong>del</strong>le proprietà pubbliche<br />

(ager publicus), quali l’ager scripturarius (terreno concesso a pascolo contro<br />

il pagamento <strong>del</strong>la scriptura, un canone fisso per ciascun animale che avrebbe<br />

dovuto pascolare in quel territorio), l’ager vectigalis (terreno concesso contro il<br />

pagamento <strong>del</strong> vectigal, un canone periodico), o ancora gli agri redditi (terreni<br />

demaniali sottratti ai paesi conquistati, che venivano restituito ai vinti dietro il<br />

pagamento di un tributo).<br />

La forma che anticipa quelli che noi troviamo definiti come beni comuni (communia)<br />

nel Medioevo - di cui qui oggi si sta parlando - è il cosiddetto ager compascuus,<br />

che veniva assegnato a comunità od a soggetti plurimi (spesso proprietari<br />

di fondi confinanti), forse anche senza obbligo di corrispondere un canone,<br />

e utilizzato col mandarvi i propri animali a pascolare. Per ager compascuus letteralmente<br />

si può dunque intendere un territorio lasciato ai vicini per il pascolo<br />

comune degli animali.<br />

Nei primi documenti citati per quanto riguarda il godimento dei beni comuni nel<br />

territorio <strong>del</strong>l’alto Verbano troviamo menzionata la Degagna. Di cosa si tratta? Il<br />

riferimento ai Santi ci fa comprendere che si trattò in origine di un’unità ecclesiale-territoriale,<br />

presente nei territori verbanesi (ma anche in altre vallate alpine, ad<br />

es. la val Leventina), che si trasformò nel tempo in suddivisione a carattere economico,<br />

i suoi membri godono in comune di alcuni diritti sul territorio posseduto,<br />

in particolare alpeggi, pascoli e boschi 3 .<br />

altre “istituzioni” medievali che possiamo accostare alle nostre degagne sono: le<br />

Vicinie nella Lombardia orientale, Trentino, Veneto; le Partecipanze in Emilia-<br />

Romagna, Veneto, Piemonte occidentale…; il Patriziato/alleanza patriziale in<br />

Svizzera.<br />

3. Per un quadro generale sui communia e la loro gestione in Italia settentrionale si veda da ultimo: GUIDo<br />

aLFaNI, RICCaRDo Rao, (a cura di), La gestione <strong>del</strong>le risorse collettive. Italia settentrionale, secoli XII-XVIII,<br />

atti <strong>del</strong> Convegno, Milano, 2011.<br />

25


Tipologia dei terreni comuni <strong>del</strong>la Degagna di San Maurizio<br />

attraverso i documenti è possibile individuare quali tipologie di terreni, nel territorio<br />

in esame, ricadessero sotto le forme di godimento pubblico.<br />

Particolarmente illuminanti sono a questo scopo i catasti e i libri d’estimo 4 (figg.<br />

2 e 3), da cui si possono trarre dati di grande interesse riportati in tabelle e qui<br />

riproposti sotto forma di grafico.<br />

Grafico 1. Rapporto proprietà privata / terreni comuni<br />

Grafico 2. Ripartizione dei terreni comuni nella comunità di San Maurizio<br />

Grafico 3. Ripartizione dei terreni privati nella comunità di San Maurizio<br />

4. L’archivio Comunale di Ghiffa conserva i libri d’estimo e i relativi sommarioni <strong>del</strong> 1722, <strong>del</strong> 1748 e <strong>del</strong><br />

1821. Per i dati che seguono si è utilizzato come base il catasto <strong>del</strong> 1722, esaminato dal dott. Mario<br />

Bariatti, da cui si traggono i dati espressi in pertiche milanesi (pari a mq 654,518). Si ringrazia il dott.<br />

Bariatti per aver concesso il prezioso lavoro di trascrizione dei dati.<br />

26


Fig. 2. Libro d’estimo <strong>del</strong> 1748, frontespizio ed interno<br />

Fig. 3. Catasto di San Maurizio <strong>del</strong> 1821<br />

27


Nel grafico 1 si osserva come nella maggior parte <strong>del</strong>le comunità i terreni comuni<br />

siano percentualmente più rilevanti di quelli privati e, mentre nell’utilizzo dei terreni<br />

privati la parte più cospicua sia quella dei vigneti (grafico 3), per i terreni<br />

comuni si tratta in gran parte di selve, gerbidi, brughiere, tutti territori utili per il<br />

pascolo, in piccolissima parte sono di proprietà comune anche selve castanili<br />

fruttifere (grafico 2).<br />

Comunità di Cargiago con Caronio e Susello<br />

PRoPRIETà PRIVaTa<br />

Terreni a vite<br />

Terreni a prato<br />

Terreni a pascolo<br />

Selve fruttifere a castagni<br />

Selve e gerbidi incolti<br />

orti di casa<br />

Siti di casa<br />

PRoPRIETà CoMUNE<br />

Pascolo boscato<br />

Pascolo<br />

Selva fruttifera a castagni<br />

Selva e gerbidi incolti (?)<br />

ToTaLE<br />

Comunità di San Maurizio (Ghiffa)<br />

PRoPRIETà PRIVaTa<br />

Terreni a vite<br />

Terreni a prato<br />

Terreni a pascolo<br />

Terreni a coltivo<br />

Selve fruttifere a castagni<br />

Selve e gerbidi incolti<br />

orti di casa<br />

Siti di casa<br />

Siti di cascine<br />

Siti di stalle<br />

Giardini<br />

PRoPRIETà CoMUNE<br />

Comune di Decio - sassi nudi<br />

Comune di Decio - gerbido<br />

Comune di Decio - selva e pascolo<br />

Comune di Ronco - gerbido<br />

Comunità di Ronco - pascolo<br />

Comunità di Ghiffa - gerbido e brughiera<br />

28<br />

1630<br />

1011<br />

107<br />

351<br />

114<br />

639<br />

22<br />

25<br />

1138<br />

250<br />

220<br />

23<br />

645<br />

3407<br />

3328<br />

1059<br />

112<br />

294<br />

127<br />

706<br />

939<br />

20<br />

59<br />

1<br />

9<br />

2<br />

6327<br />

2840<br />

1893<br />

948<br />

248<br />

116<br />

260


Comunità di Frino<br />

Comunità di San Maurizio<br />

ToTaLE<br />

Squadra di oggebbio<br />

PRoPRIETà PRIVaTa<br />

Terreni a vite<br />

Terreni a prato<br />

Terreni a pascolo<br />

Terreni a coltivo<br />

Selve fruttifere a castagni<br />

Selve e gerbidi incolti<br />

orti di casa<br />

Siti di casa<br />

Terreni a pascolo con muri (rustici)<br />

PRoPRIETà CoMUNE<br />

Comunità di oggeggio - pascolo<br />

Comunità di oggebbio - brughiera<br />

Comunità di oggebbio - selva di castagni<br />

Comunità di oggebbio - selve e gerbidi<br />

Comunità di Camogno e Novaglio<br />

ToTaLE<br />

Gli utilizzi che vengono regolamentati<br />

Rileggendo la cospicua mole dei documenti notarili relativi alle controversie, troviamo<br />

anche menzione di tutti gli usi che erano previsti (e possibili) per i terreni<br />

indivisi.<br />

I documenti qui presi in considerazione, conservati nell’archivio di Ghiffa, sono<br />

conservati in 16 cartelle che accorpano più documenti relativi alle medesime<br />

questioni (controversie e <strong>del</strong>ibere/regolamenti in relazione all’utilizzo dei boschi e<br />

gerbidi comuni) 5 .<br />

Gli utilizzi contesi e regolamentati ci descrivono una parte <strong>del</strong> quadro <strong>del</strong>l’economia<br />

rurale di questi territori in epoca preindustriale e ci mostrano come le risorse<br />

comuni, costituite dai boschi e dai gerbidi (per inciso gerbido da “acerbo” ad<br />

indicare i terreni non dissodati) erano essenzialmente finalizzati ad attività legate<br />

all’allevamento.<br />

Un primo, importante utilizzo, era costituito dal PaSCoLo (il diritto di esercitare<br />

il pascolo è nei documenti più recenti definito PaSCoLaTICo): se osserviamo la<br />

composizione <strong>del</strong>le proprietà private ci rendiamo conto che queste erano princi-<br />

29<br />

10<br />

12<br />

9655<br />

3829<br />

1612<br />

298<br />

382<br />

182<br />

678<br />

543<br />

10<br />

67<br />

57<br />

12860<br />

3541<br />

4069<br />

65<br />

5076<br />

109<br />

16689<br />

5. Le cartelle di interesse consultate per la compilazione <strong>del</strong> presente capitolo e <strong>del</strong> successivo si conservano<br />

particolarmente nel faldone 224 (aCG).


palmente destinate alle coltivazioni (si ricordi a San Maurizio il 32% destinato a<br />

ronchi vitati!), quindi i pascoli erano esigenza primaria che doveva trovare soddisfazione<br />

nelle terre comuni. Come si vedrà poi parlando <strong>del</strong>le regole - e come si<br />

è già visto nel contributo di Fabio Copiatti - il bestiame ammesso al pascolo era<br />

quello bovino ed ovino, mentre erano escluse le capre, in quanto eccessivamente<br />

dannose per la vegetazione.<br />

altri due utilizzi erano designati con i termini di STRaMaRE e BUSCaGLIaRE<br />

(tale diritto collettivo è definito anche STRaMaTICo): si tratta in entrambi i casi di<br />

attività di raccolta di differenti tipologie di strame, ovvero materiale vegetale destinato<br />

a fare da lettiera agli animali allevati, quali erbe e foglie secche oppure brugo<br />

(Calluna vulgaris).<br />

L’ultimo importante utilizzo viene indicato negli antichi documenti con il verbo<br />

VIGaNaRE (il diritto di compiere questa attività si potrebbe identificare con il termine<br />

giuridico di LEGNaTICo, oppure il verbo potrebbe indicare genericamente<br />

tutti i diritti di godimento dei beni comuni spettanti ai “vicani” di un certo territorio):<br />

in questo caso si tratta <strong>del</strong> far legna, non tanto attraverso il taglio (che troviamo<br />

nell’ottocento regolamentato e gestito dai Comuni stessi sui terreni collettivi<br />

mediante concessioni ai privati dietro pagamento), quanto <strong>del</strong>la raccolta di<br />

legna caduta. L’utilizzo <strong>del</strong> termine “viganare” indica l’originaria esclusione da<br />

tale diritto di chiunque non fosse un VICaNo, ovvero non appartenesse a famiglia<br />

originaria <strong>del</strong> luogo e ivi residente. Quanto all’importanza <strong>del</strong> legname quale<br />

risorsa fondamentale per la sopravvivenza non occorre spendere troppe parole:<br />

è facilmente immaginabile che l’unico combustibile non potesse mai mancare sia<br />

per la vita quotidiana (riscaldamento, cucina…), sia per le attività produttive.<br />

Le regole<br />

L’esame di alcuni regolamenti comunali, nonché di verbali relativi a contestazioni<br />

fatte a privati sull’uso dei beni comuni 6 , permette di conoscere alcune regole<br />

che venivano applicate nella gestione dei “communia”.<br />

Un regolamento <strong>del</strong> Comune di Cargiago <strong>del</strong> 1781 7 (fig. 4) definisce i criteri per<br />

l’esercizio <strong>del</strong> pascolativo: è consentito il solo pascolo di bovini e ovini, è consentito<br />

ai soli residenti, è <strong>del</strong> tutto vietato il pascolo <strong>del</strong>le capre, si raccomanda il<br />

transito “spedito” sui terreni (comuni o privati) non adibiti a pascolo. Vengono<br />

inoltre definiti tempi e permessi <strong>del</strong> pascolo in relazione alle attività di taglio (e<br />

ricrescita) <strong>del</strong> bosco; vengono infine precisati i percorsi da compiere per raggiungere<br />

i luoghi di pascolo.<br />

6. Si sono in particolare esaminati: il Regolamento di polizia rurale <strong>del</strong> Comune di Cargiago <strong>del</strong> 1781, il<br />

Regolamento di polizia rurale <strong>del</strong> Comune di Ghiffa e successivi aggiornamenti, alcuni verbali relativi a<br />

contestazioni fatte a privati <strong>del</strong> 1877, avvisi e divieti <strong>del</strong> 1887-1888.<br />

7. aCG, Faldone 218, cartella 3 Atti consolari di Cargiago.<br />

30


ancora per Cargiago un Verbale <strong>del</strong>l’amministrazione<br />

forestale – dipartimento<br />

di Novara – distretto di Pallanza<br />

<strong>del</strong> 1876 contiene dati utili relativi alla<br />

concessione <strong>del</strong> pascolo nei boschi<br />

comuni.<br />

Si accorda ai terrieri locali la libertà di<br />

pascolo per il loro bestiame alle<br />

seguenti condizioni:<br />

• pascolo libero solo nei boschi<br />

Bolanchetto e Motta de’ Santi,<br />

Piangajò e Porcia;<br />

• è escluso il pascolo <strong>del</strong>le capre;<br />

• nel caso di incendi o di tagli la concessione<br />

non è più valida;<br />

• lle strade per cui gli animali accedono<br />

ai boschi sono quelle indicate;<br />

• durante il pascolo le bestie devono<br />

essere custodite da “abili vaccari, i quali<br />

dovranno impedire che siano danneggiate<br />

le piante legnose”<br />

Sempre in merito al pascolo il regolamento<br />

di polizia rurale di Ghiffa stilato<br />

nel 1863 (fig. 5) stabilisce che:<br />

art. 1. È vietato introdurre qualsiasi<br />

bestia sui suoli altrui.<br />

art. 2. È vietato il pascolo <strong>del</strong>le bestie<br />

sia sulle vie pubbliche, sia sulle vie private<br />

gravate da pubblica servitù, come<br />

anche nelle piazze pubbliche situate<br />

intorno al santuario <strong>del</strong>la San.ma Trinità<br />

di Ghiffa.<br />

art. 3. Le bestie bovine, le pecore e i<br />

montoni dovranno essere condotte a<br />

mano con una corda per le vie comunali<br />

e per quelle private gravate da pubblica<br />

servitù e non potranno fermarsi lungo le<br />

vie per qualsiasi motivo, pena il cadere<br />

in contravvenzione. Gli asini dovranno<br />

essere muniti di musoliera.<br />

art. 4. Nel caso di fondi non separati da<br />

31<br />

Fig. 4. Regolamento <strong>del</strong> 1781<br />

Fig. 5. Regolamento di polizia rurale <strong>del</strong> 1863


siepi o muri, le bestie che si trovano ad una distanza inferiore ai 20 m. dal confine<br />

dovranno essere tenute con una corda.<br />

art. 5. Le persone mandate in custodia <strong>del</strong> bestiame al pascolo devono essere<br />

capaci di svolgere questo compito.<br />

art. 6. Nel caso di passaggio forzato su un fondo altrui le bestie dovranno essere<br />

condotte a mano con una corda.<br />

art. 14. È vietato il pascolo <strong>del</strong>le capre in qualsiasi tenimento boschivo <strong>del</strong> comune.<br />

Il medesimo regolamento stabilisce inoltre all’art. 13 che:<br />

«Il pascolo, il godimento <strong>del</strong>le piante castanili fruttifere e l’esercizio degli altri diritti<br />

di stramare, buscagliare e <strong>del</strong>la raccolta dei ginepri e simili sono permessi sotto<br />

l’osservanza <strong>del</strong>le prescrizioni portate dal relativo regolamento approvato dalla<br />

deputazione provinciale».<br />

In merito alle attività di prelievo di strame, brugo e legna si trovano prescrizioni<br />

agli articoli 6 e 7 <strong>del</strong> Regolamento di polizia rurale <strong>del</strong> Comune di Ghiffa <strong>del</strong> 1871:<br />

art. 6. È severamente vietato tagliare legna nei terreni comunali, ed il recarsi a raccogliere<br />

brugo ed erbe di qualunque sorta, nei terreni ove non è permesso il<br />

pascolo; ed ove questo è concesso si potrà raccogliere il brugo e le erbe, ma è<br />

proibito l’adoperare la zappa e la falce fienaiola (volgarmente detto il mevolone) per<br />

tagliarle.<br />

art. 7. È vietato tagliare brugo ed erbe di qualunque genere nei terreni comunali<br />

colla falce (volgarmente detta ranza).<br />

a proposito <strong>del</strong>la raccolta di brugo e strame un avviso <strong>del</strong> Comune di Cargiago <strong>del</strong><br />

1888 precisa inoltre il «Divieto di commercio di brugo e strame fuori dal territorio<br />

comunale».<br />

Per quanto riguarda poi nel dettaglio il tema <strong>del</strong> taglio <strong>del</strong>la legna, che come si è<br />

visto dai regolamenti, non era incluso tra i diritti esercitati liberamente degli abitanti<br />

sulle terre comuni, ma veniva “venduto”, è disponibile una grande mole di<br />

documentazione nell’archivio Comunale di Ghiffa 8 datata tra il 1832 e il 1910 e<br />

relativa alla vendita <strong>del</strong> taglio <strong>del</strong>la legna nei boschi comunali (SS. Trinità, al<br />

Bagno, Porale, Uscieno, Scupelli, Rogolè, Burga…).<br />

Il taglio veniva venduto all’incanto. I lotti di bosco erano sottoposti al taglio<br />

secondo una rotazione ben precisa, in modo da permettere la ricrescita <strong>del</strong>le<br />

piante. I documenti offrono inoltre un’interessante rassegna di microtoponomastica<br />

utilizzata per la definizione <strong>del</strong>le porzioni di bosco, tema su quale qui non ci<br />

soffermeremo, ma che potrà essere oggetto di futuri approfondimenti.<br />

8. aCG, Faldone 27<br />

32


Controversie e risoluzioni<br />

Lo spoglio dei documenti d’archivio permette, in sintesi, di osservare l’evolversi<br />

<strong>del</strong>le controversie e <strong>del</strong>le vicende processuali, da un lato tra gli enti comunali,<br />

dall’altro tra i medesimi e singoli privati per l’uso dei “beni comuni”.<br />

Controversie tra comuni<br />

Fin dal 1540 la documentazione attesta la questione di definizione dei confini e<br />

dei diritti d’uso sui boschi comuni posti al confine <strong>del</strong>le degagne di San Maurizio<br />

e San Martino e <strong>del</strong>la “Squadra d’oggebbio” (figg. 6 e 7).<br />

In seguito, con l’istituzione dei comuni di San Maurizio (nel 1775) e di Cargiago<br />

(nel 1776), ciascuno dei due nuovi enti si trova a regolamentare “in proprio” gli<br />

utilizzi <strong>del</strong>le medesime terre. In particolare poi, a partire dal 1834 il vicino comune<br />

di Premeno, cui si aggiunge anche quello di Cargiago, avviano una lunga serie<br />

di cause nei confronti <strong>del</strong> comune di San Maurizio, che si arrogava in toto i diritti<br />

di uso sugli antichi terreni comuni appartenuti alla Degagna di San Maurizio,<br />

che però alle origini includeva anche<br />

gli abitanti di questi due paesi e <strong>del</strong>le<br />

loro frazioni. Le vicende giudiziarie<br />

che vedono schierati da un lato<br />

Premeno e Cargiago e dall’altro San<br />

Fig. 6. Mappa di Pollino e <strong>del</strong>le aree interessate dalle controversie tra Ghiffa e Premeno, 1931<br />

Fig. 7. Carta degli Stati Sardi, 1852: sono individuati i territori comunali di Cargiago e Ghiffa a lungo in<br />

disaccordo sui diritti d’uso relativi alle terre comuni <strong>del</strong>la Degagna di San Maurizio.<br />

33


Maurizio si sviluppano in una lunga serie di processi che giungono fino al 1872<br />

con una sentenza a favore di Premeno e Cargiago, che ripristina per i loro residenti<br />

i diritti d’uso sui boschi e i terreni comuni.<br />

Con il Novecento si ha una svolta nella gestione dei beni comuni, determinata<br />

dal Regio Decreto <strong>del</strong> 1924, convertito nella legge 1776 <strong>del</strong> 1927 che fornisce i<br />

criteri e gli indirizzi per la liquidazione degli usi civici, specie ove promiscui tra più<br />

comuni.<br />

Ma la litigiosità dei contendenti non muta… e sarà lunga e controversa anche la<br />

ripartizione dei boschi tra Premeno e Ghiffa, che nel frattempo ha accorpato<br />

sotto un unico ente comunale anche il comune di Cargiago.<br />

Riguardo alla questione ci fu disaccordo per il passaggio di proprietà dei boschi<br />

compresi nella zona aggregata al comune di Premeno. Una nota <strong>del</strong> comune di<br />

Ghiffa <strong>del</strong> 1927 (fig. 8) precisa che di tutti i boschi, solo la parte proporzionale al<br />

numero di abitanti <strong>del</strong>la frazione Pollino passerà in proprietà al comune di<br />

Premeno.<br />

Il comune di Ghiffa contesta anche la perizia <strong>del</strong> geometra Della Vecchia, secondo<br />

cui i boschi a monte <strong>del</strong>l’abitato di Premeno sono meno produttivi e meno<br />

redditizi di quelli a valle. Ghiffa obietta che il bosco Faido, per l’assenza <strong>del</strong><br />

soprasuolo, per la presenza di molte piante da fusto e per la facilità di sfruttamento<br />

è uno dei migliori boschi di tutto il territorio, mentre quelli che si trovano<br />

sotto il ciglione <strong>del</strong> Belvedere, verso<br />

Ghiffa, sono scoscesi, con roccia<br />

affiorante, con ceppaie rade e quasi<br />

completamente di essenza castanile.<br />

Secondo il comune di Ghiffa vi è<br />

quindi una duplice ragione per ridurre<br />

sensibilmente la zona che il geometra<br />

Della Vecchia assegna al<br />

comune di Premeno. Infine aggiunge<br />

che nel computo <strong>del</strong>la popolazione<br />

di Ghiffa si deve tener conto<br />

anche di quella <strong>del</strong>l’aggregato ex<br />

comune di Cargiago.<br />

Le complesse controversie tra<br />

Ghiffa e Premeno vengono chiuse<br />

con un atto di scioglimento <strong>del</strong>la<br />

promiscuità degli usi civici per servitù<br />

reciproca di pascolo e di legnatico<br />

tra i Comuni di Ghiffa e Premeno<br />

Fig. 8. Progetto di scioglimento <strong>del</strong>la promiscuità <strong>del</strong>le<br />

terre comuni a Ghiffa e Premeno<br />

34<br />

<strong>del</strong> 17 aprile 1940 emanato dal<br />

commissariato per la liquidazione


degli usi civici (fig. 9).<br />

Sono tuttavia rimasti terreni con usi civici<br />

nei singoli territori comunali (argomento<br />

di cui ci parlerà il prossimo relatore<br />

Renato Locarni).<br />

Controversie tra comuni e privati<br />

La lettura dei documenti processuali9 riguardanti in particolare le trasgressioni<br />

di alcuni privati ci mostra come le terre<br />

maggiormente contese siano quelle <strong>del</strong>l’area<br />

di al Bagno e Pollino.<br />

Le carte passate in rassegna offrono poi<br />

due interessanti spunti di approfondimento.<br />

1) Il ruolo <strong>del</strong>le donne nell’economia<br />

rurale appare di notevole importanza<br />

esaminando la serie <strong>del</strong>le sentenze<br />

<strong>del</strong> 1864, che sono dirette, una contro<br />

Fig. 9 Decreto <strong>del</strong> 1940<br />

Canetta Marianna; una contro Torelanzi<br />

Marianna, zucchi Rosa, Masciocchi angela e Burgotti Rosa; un’ultima contro<br />

Morisetti Innocenta, Botta Carolina, Gagliardi Fiorenza. Tutte le persone cui vengono<br />

contestate trasgressioni ai regolamenti sono donne! a significare che,<br />

almeno nell’ottocento, erano queste ultime a praticare le attività di allevamento<br />

e governo <strong>del</strong> bestiame. Mi pare interessante sottolineare anche il rapporto <strong>del</strong>le<br />

donne non solo con i boschi ma anche con il santuario <strong>del</strong>la SS. Trinità, cui erano<br />

principalmente le donne a recarsi per impetrare il perdono da peccati particolarmente<br />

gravi, secondo quanto ci riporta la tradizione.<br />

2) La dislocazione dei terreni “di uso comune” (o “uso civico”, secondo<br />

la terminologia più recente) è un argomento che trova qualche luce nei documenti<br />

lunga controversia tra privati e comuni per terreni, divenuti di proprietà privata<br />

nel Novecento, ma forse prima ecclesiastica o nobiliare, siti in località Piano<br />

Grande e Isolino a Pallanza, sui cui gli abitanti di Ghiffa e Cargiago (antica degagna<br />

di San Maurizio) avevano diritti d’uso civico. L’uso civico era quindi un diritto<br />

non sempre esercitato solo su terreni posti sul territorio e nelle immediate vicinanze<br />

dei centri comunali, ma poteva riferirsi anche ad aree poste a distanza e<br />

prive di continuità territoriale con l’ente/comunità che ne era titolare.<br />

9. Sono stati in particolare esaminati gli atti di vendita di terreni comuni a privati “usurpatori” (1860), la<br />

documentazione di una serie di atti processuali contro privati per la raccolta di brugo (1864) e la serie<br />

<strong>del</strong>le cause intentate dai comuni di Ghiffa e Cargiago contro privati che utilizzano terreni gravati da usi<br />

civici in località Piano Grande (Pallanza).<br />

35


In sintesi<br />

La ricca serie documentale conservata nell’archivio storico <strong>del</strong> Comune di Ghiffa<br />

ci offre in sintesi un quadro <strong>del</strong>le vicende legate all’uso dei boschi e dei terreni<br />

comuni che riassumiamo di seguito:<br />

• Terreni boschi e gerbidi <strong>del</strong>le antiche comunità locali (vicani), presenti fin dall’età<br />

preromana e romana, sono spesso considerati sacri per la loro importanza e<br />

con finalità di tutela.<br />

• Nel Medioevo la gestione <strong>del</strong>le risorse comuni nel territorio in esame avviene<br />

per mezzo <strong>del</strong>le Degagne (comunità caratterizzate da legami religiosi/ territoriali/<br />

economici).<br />

• In seguito (1770 circa) le proprietà comuni passano ai diversi enti comunali,<br />

dando luogo a controversie, poiché gli antichi membri <strong>del</strong>la Degagna si trovano<br />

divisi nei vari territori comunali, ma per antica consuetudine ritengono di continuare<br />

a far valere i diritti di pascolatico, stramatico e legnatico sulle terre comuni<br />

di un tempo.<br />

• Da età napoleonica si avvia un processo di superamento <strong>del</strong> complesso ed<br />

intricato sistema di gestione <strong>del</strong>le proprietà comuni in favore <strong>del</strong>la piena proprietà<br />

privata (sono testimoni nel territorio in esame i diversi atti processuali<br />

<strong>del</strong>l’ottocento).<br />

• Tale processo giunge al suo compimento nei nostri territori con il Regio Decreto<br />

<strong>del</strong> 1924, convertito nella legge 1776 <strong>del</strong> 1927 che fornisce i criteri e gli indirizzi<br />

per la liquidazione degli usi civici, specie ove promiscui.<br />

• Gli indirizzi <strong>del</strong>la legge <strong>del</strong> 1927 vengono recepiti nel territorio <strong>del</strong>l’antica<br />

Degagna di San Maurizio nel 1931 in un primo progetto di scioglimento <strong>del</strong>la<br />

promiscuità dei territori dei comuni di Premeno e Ghiffa, proposto dal comune di<br />

Premeno.<br />

• Nel 1940 lo scioglimento <strong>del</strong>la promiscuità, come visto, diviene operativo,<br />

mentre continuano ad essere presenti sino al giorno d’oggi terreni “d’uso civico”<br />

sui territori comunali che condividono la vasta area boscata <strong>del</strong> monte Cargiago.<br />

36


GLI USI CIVICI: I BENI COLLETTIVI NELLA<br />

LEGISLAZIONE VIGENTE, TRA PASSATO E<br />

FUTURO<br />

Renato Locarni, geometra<br />

Premesse<br />

G<br />

li usi civici, con i sinonimi di proprietà collettive, demanio civico o meglio beni<br />

comuni, sono un istituto giuridico poco conosciuto ma incredibilmente<br />

impattante nella vita amministrativa e patrimoniale di tutto l’arco alpino e sono stati,<br />

negli ultimi quattrocento anni, il pilastro fondante <strong>del</strong>le nostre comunità locali.<br />

Con l’accezione di beni comuni si indica un patrimonio, costituito da beni e risorse,<br />

che una comunità di individui condivide e sfrutta insieme, acquisendone titolo<br />

semplicemente abitando un circoscritto e ben definito territorio.<br />

L’argomento affascina anche fosse solo per la modernità <strong>del</strong> concetto, a prescindere<br />

dalla tematica professionale: la ridefinizione dei mo<strong>del</strong>li di sviluppo<br />

economico, basati sulla globalizzazione e sullo scompenso tra lo sfruttamento<br />

<strong>del</strong>le risorse e le comunità locali che territorialmente ne sono titolari, passa<br />

per forza di cose dai beni comuni riscoprendo il locale come elemento di traino<br />

<strong>del</strong>lo sviluppo.<br />

Le criticità <strong>del</strong> nostro vivere – qualità <strong>del</strong>la vita, energia, salute, clima, alimentazione,<br />

rapporto città/territorio – trovano soluzione attraverso la conoscenza e la<br />

valorizzazione <strong>del</strong>le caratteristiche proprie di ogni luogo.<br />

Per comprendere l’importanza <strong>del</strong> riconoscimento patrimoniale <strong>del</strong>l’uso civico<br />

basti pensare che, per la provincia <strong>del</strong> Verbano-Cusio-ossola, oltre il 60% <strong>del</strong> territorio<br />

è terra civica, principalmente estesa sopra la quota di 500 m slm, con<br />

caratteristiche fisico-morfologiche tipiche <strong>del</strong>le alpi. Si pensi all’aspetto energetico<br />

legato all’acclività <strong>del</strong>le terre alpine: la produzione idroelettrica, che copre circa<br />

il 15% <strong>del</strong> fabbisogno energetico lordo nazionale, è garantita principalmente da<br />

impianti realizzati grazie alla concessione di diritti reali di godimento di terre civiche.<br />

È ipotizzabile che <strong>del</strong>le 922 centrali idroelettriche piemontesi, con una produzione<br />

totale di 2.258 Gwh/anno, circa l’80% hanno un rapporto patrimoniale<br />

con le terre civiche.<br />

37


L’uso civico<br />

Riporto la seguente definizione:<br />

«L’uso civico è una proprietà privata comune caratterizzata da particolari vincoli<br />

di destinazione e di indisponibilità, i cui comproprietari sono soggetti privati, la cui<br />

rappresentanza è affidata ex lege al Comune».<br />

Il miglior esempio per descrivere l’uso civico proviene dalla vicina Svizzera:<br />

Il “PaTRIzIaTo” (omologo giuridico <strong>del</strong> concetto italiano di “PRoPRIETà CoL-<br />

LETTIVa o USo CIVICo”) ha avuto origine dalle Vicinìe, prima forma di organizzazione<br />

<strong>del</strong>le comunità rurali, nate nel Medioevo e rimaste intatte fino alla nascita<br />

<strong>del</strong> Cantone ticino (nel 1803 – per l’Italia è il 1815 con la Restaurazione e la<br />

creazione <strong>del</strong> CoMUNE PoLITICo aMMINISTRaTIVo così come lo intendiamo<br />

oggi con SINDaCo, GIUNTa CoMUNaLE, CoNSIGLIo CoMUNaLE e SEGRE-<br />

TaRIo CoMUNaLE.<br />

Vennero così istituiti i Comuni, ai quali furono affidati essenzialmente compiti di<br />

natura amministrativa. Dagli antichi organismi per la gestione <strong>del</strong>le proprietà<br />

comunitarie (boschi, alpeggi, cave...) derivarono invece i Patriziati.<br />

La principale differenza rispetto al Comune è nella composizione <strong>del</strong>la "cittadinanza":<br />

mentre nel Comune hanno diritto di voto e di eleggibilità tutti cittadini svizzeri<br />

domiciliati nel suo comprensorio (rapporto di incolato), nel Patriziato tali diritti<br />

appartengono, di regola, solo ai discendenti <strong>del</strong>le famiglie patrizie, anche se<br />

domiciliati altrove (rapporto di agnatizio) (da www.alleanzapatriziale.ch).<br />

In definitiva in Svizzera si è giuridicamente costituito il CoMUNE PaTRIzIo (corrispondente<br />

al nostro concetto di USo CIVICo) e il CoMUNE PoLITICo o aMMI-<br />

NISTRaTIVo.<br />

La legislazione vigente<br />

In Italia il tentativo di regolamentare definitivamente l’argomento USI CIVICI è<br />

avvenuto con la Legge 16 giugno 1927, n.1766 (Conversione in legge <strong>del</strong> R.D.<br />

22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno,<br />

<strong>del</strong> R.D. 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l’articolo 26 <strong>del</strong> R.D. 22 maggio<br />

1924, n. 751, e <strong>del</strong> R.D. 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati<br />

dall’articolo 2 <strong>del</strong> R.D.L. 22 maggio 1924, n. 751) e il successivo regolamento<br />

R.D. 26 febbraio 1928, n.332 (Approvazione <strong>del</strong> regolamento per la esecuzione<br />

<strong>del</strong>la Legge 16 giugno 1927, n.1766, sul riordinamento degli usi civici <strong>del</strong> Regno).<br />

Per il Piemonte è stata pubblicata la Legge Regionale 2 dicembre 2009, n. 29<br />

"Attribuzioni di funzioni amministrative e disciplina in materia di usi civici" che<br />

attende, per la sua completa attuazione, un regolamento, all’oggi (aprile 2011) in<br />

discussione nella Commissione Consiliare competente.<br />

38


La Legge 16 giugno 1927, n.1766 prevedeva che si aCCERTaSSE quali terre,<br />

anche se intestate al CoMUNE aMMINISTRaTIVo, fossero TERRE CIVIChE<br />

(<strong>del</strong>la comunità o collettività civica) e se su queste terre fossero avvenute <strong>del</strong>le<br />

oCCUPazIoNI ILLEGITTIME. Queste ultime dovevano essere LEGITTIMaTE<br />

(attraverso la liquidazione <strong>del</strong>l’uso civico tramite il pagamento di un canone o di<br />

una somma) o REINTEGRaTE nella proprietà civica. Concluse le legittimazioni le<br />

restanti terre venivano DECRETaTE appartenenti al demanio civico inalienabile<br />

<strong>del</strong>la comunità locale, rappresentata dal comune amministrativo. La Legge prevedeva<br />

anche la possibile costituzione di organismi giuridici simili al “comune<br />

patrizio svizzero” denominati aMMINISTRazIoNI SEPaRaTE DEI BENI DI USo<br />

CIVICo (aSBUC).<br />

Il bene collettivo è, per sua natura giuridica, IMPRESCRITTIBILE (la proprietà collettiva<br />

non si prescrive con il mancato uso), INaLIENaBILE (la stessa non è vendibile<br />

se non attraverso le forme previste dalle Leggi speciali in materia) e INUSU-<br />

CaPIBILE (come avviene per le proprietà demaniali non è invocabile l’istituto <strong>del</strong>l’usucapione:<br />

l’acquisto <strong>del</strong>la proprietà attraverso l’uso ultraventennale).<br />

In definitiva: «i beni di uso civico non sono demaniali in senso tecnico, ma ad essi<br />

si applica, in forza <strong>del</strong>la legge particolare che li concerne, il regime giuridico dei<br />

beni demaniali, tra cui, appunto, la inalienabilità, la imprescrittibilità, la inusucapibilità»<br />

Cassazione 19 ottobre 1967 n. 2553.<br />

L’eventuale atto di alienazione di terra civica, con atto carente <strong>del</strong>la c.d. “autorizzazione<br />

sovrana”, è NULLo PER INDISPoNIBILITà DEL BENE.<br />

L’autorizzazione sovrana è costituita, per gli atti antecedenti alla Legge 1766 <strong>del</strong><br />

1927 e per il Piemonte (per il territorio <strong>del</strong> passato Regno di Sardegna poi parte <strong>del</strong><br />

Regno d’Italia) dall’approvazione prevista dalla Regia Patente <strong>del</strong> 1° marzo 1832.<br />

Per gli atti successivi alla Legge 1766 <strong>del</strong> 1927, l’autorizzazione prevista da quest’ultima<br />

Legge è costituita dall’autorizzazione <strong>del</strong> Ministero agricoltura e Foreste<br />

per alienazioni sino al 1977 e dall’autorizzazione <strong>del</strong>la Regione Piemonte per gli<br />

atti dopo il 1977.<br />

a seguito <strong>del</strong>la caratteristica “frazionale” <strong>del</strong>l’intestazione, ossia la sottintesa e<br />

mai giuridicamente espressa co-intestazione <strong>del</strong>le terre civiche tra tutti i residenti<br />

in una data località, le terre civiche resistono anche davanti ai “rimescolamenti”<br />

amministrativi: il caso di frazioni che si uniscono per formare un nuovo comune<br />

ha creato sistematicamente l’ambiguità che anche i beni civici <strong>del</strong>le frazioni di<br />

origine dovessero confluire nel patrimonio disponibile <strong>del</strong> Comune. Da questo<br />

fraintendimento, con la conseguenza che il Comune amministrativo si ritiene<br />

“amministratore” <strong>del</strong> bene anziché semplice “gestore”, hanno avuto origine gran<br />

parte dei problemi relativi alle terre civiche: terre vendute o modificate nella destinazione<br />

dai Comuni che in pratica non potevano essere né vendute e né modificate,<br />

con la pesante conseguenza che tutti gli atti relativi, quello originario e tutti<br />

i seguenti, sono da considerarsi nulli, sanabili esclusivamente con l’istituto <strong>del</strong>la<br />

legittimazione o, all’oggi, <strong>del</strong>la conciliazione.<br />

39


L’uso civico nelle alpi<br />

La terra civica, in alcuni zone <strong>del</strong>l’arco alpino, è considerata retaggio medioevale,<br />

una inutile complicazione, un ostacolo alla libera disponibilità dei beni ed alla<br />

iniziativa <strong>del</strong>le amministrazioni.<br />

In realtà, parere per fortuna sempre più diffuso anche a livello mondiale tanto che<br />

il premio Nobel Economia 2009 è stato assegnato a Elinor ostrom – U.S.a - «for<br />

her analysis of economic governance, especially the commons»- che «ha dimostrato<br />

come le comproprietà possono essere gestite in maniera efficace dalle<br />

associazioni di utenti», la terra civica, oltre alla valenza culturale e storica, si è<br />

riscoperta quale moderno sistema di governo <strong>del</strong> territorio, questo caratterizzato<br />

da importanti risorse materiali e immateriali (legname, risorse idriche le prime e<br />

paesaggio, ambiente e territorio le seconde).<br />

Le aree alpine che considerano positivamente e valorizzano le terre civiche sono<br />

tra quelle che spiccano per il “buon governo” e il successo turistico: il Trentinoalto<br />

adige-Sud Tirolo con, tra l’altro, la Magnifica Comunità <strong>del</strong>la Valle di Fiemme<br />

e le Regole di Cortina d’ampezzo e <strong>del</strong> Cadore, la Confederazione Elvetica con<br />

il Patriziato nel Canton Ticino e negli altri Cantoni, dal Bosco <strong>del</strong>le Sorti <strong>del</strong>la<br />

Partecipanza di Trino Vercellese alla Val Camonica, la Val Brembana e altri.<br />

Il caso “Trentino” è significativo: in questa provincia la superficie di terra civica è<br />

pari a circa il 54% <strong>del</strong> territorio provinciale (essenzialmente boschi e prati pascoli<br />

– si noti la perfetta eguaglianza con i dati areali relativi alla provincia <strong>del</strong> Verbano-<br />

Cusio-ossola citati in premessa) pari a 336.000 ettari; di questi circa 75.000 ettari<br />

sono oggi amministrati da 99 aSBUC presenti in 42 comuni, mentre la parte<br />

restante, più consistente, rimane in gestione fiduciaria ai consigli comunali.<br />

Trascrivo l’art. 1 <strong>del</strong>la Legge Provinciale <strong>del</strong> Trentino <strong>del</strong> 13 marzo 2002 n.5:<br />

«Tutelare e valorizzare i beni di uso civico quali elementi fondamentali per la vita<br />

e per lo sviluppo <strong>del</strong>le popolazioni rurali e quali strumenti primari per la salvaguardia<br />

ambientale e culturale <strong>del</strong> patrimonio e <strong>del</strong> paesaggio agro-silvo-pastorale<br />

trentino».<br />

Per quanto riguarda il territorio <strong>del</strong>la Regione Piemonte, ed in particolare la sponda<br />

occidentale <strong>del</strong> Lago Maggiore, il percorso catastale-censuario-giuridico<br />

seguito dalle proprietà collettive nel corso degli ultimi trecento anni può essere<br />

sinteticamente riepilogato con il seguente schema:<br />

40


anni 1722-1724 - catasto di Maria Teresa d’austria “c.d. Catasto Teresiano”<br />

LE TERRE CoLLETTIVE SoNo INTESTaTE aLLE “CoMUNITa’”<br />

anno 1815 - il Comune da ente rappresentante la popolazione, cioè che non si<br />

sostituiva a questa ed era quindi tenuto ad amministrare i beni "nemine discrepante"<br />

(senza che nessuno se ne avesse a lamentare), si trasforma in Ente<br />

esponenziale con figura giuridica propria che si sostituisce alla popolazione e<br />

governa nell’interesse di questa, rappresentata soltanto da membri eletti, non<br />

più necessariamente residenti nell’area comunale.<br />

anni 1864-1865 - catasto <strong>del</strong> Regno di Sardegna e <strong>del</strong>le Provincie di<br />

Terraferma “c.d. Catasto Rabbini” - LE TERRE CoLLETTIVE SoNo INTESTaTE<br />

aI CoMUNI aMMINISTRaTIVI<br />

anni 1952-1956 - Nuovo Catasto Terreni - LE TERRE CoLLETTIVE SoNo<br />

RICoNFERMaTE CoN INTESTazIoNE CoMUNaLE<br />

Fig. 1 (sopra e nella pagina seguente). Frontespizio <strong>del</strong>la legge per l’unificazione <strong>del</strong> Regno d’Italia e<br />

articoli riguardanti i beni comuni, divenuti comunali.<br />

41


La variazione <strong>del</strong>l’intestazione da Comunità a Comune amministrativo-politico<br />

non ha riguardato la sola intestazione catastale (come noto non probatoria) ma<br />

bensì la forma più completa ed espansa <strong>del</strong>la piena disponibilità, il diritto reale di<br />

proprietà.<br />

Il Comune amministrativo-politico ha potuto quindi disporre <strong>del</strong> bene in modo<br />

pieno ed esclusivo, operando in totale autonomia.<br />

In sostanza le comunità locali, riprendendo il titolo di un convegno tenutosi nel<br />

2003 presso l’università di trento – Centro studi e documentazione sui demani<br />

civici e le proprietà collettive, “avevano tutto e nulla possedevano”.<br />

Per concludere e per il futuro <strong>del</strong>l’uso civico, e indirettamente <strong>del</strong>la cultura <strong>del</strong>le<br />

nostre comunità alpine, ripropongo il primo articolo <strong>del</strong>la Legge Trentina:<br />

"tutelare e valorizzare i beni di uso civico quali elementi fondamentali per la vita e<br />

per lo sviluppo <strong>del</strong>le popolazioni rurali e quali strumenti primari per la salvaguardia<br />

ambientale e culturale <strong>del</strong> patrimonio e <strong>del</strong> paesaggio agro-silvo-pastorale<br />

trentino".<br />

Fig. 2 (sopra e nella pagina seguente). Documenti relativi ad una controversia storica riguardante gli<br />

usi civici nel nostro territorio: quella tra la Veneranda Fabbrica <strong>del</strong> Duomo e il Comune di San<br />

Bernardino Verbano<br />

43


La GESTIoNE aTTUaLE DEI BoSChI<br />

DELLa TRINITà<br />

Dott. Edoardo Villa, ufficio tecnico Convenzionato<br />

L<br />

a <strong>Riserva</strong> <strong>Naturale</strong> <strong>Speciale</strong> <strong>del</strong> <strong>Sacro</strong> <strong>Monte</strong> <strong>del</strong>la SS. Trinità di Ghiffa è stata<br />

istituita con la L.R. 7 settembre 1987 n. 51. ha una superficie totale di 198,3 ha<br />

di cui 195 ha sono di proprietà pubblica (Comunale gravata da Uso Civico) ed i<br />

restanti 3,3 ha sono di proprietà privata. La superficie forestale complessiva<br />

ammonta a 196,3 ha pari al 99% <strong>del</strong>la superficie totale.<br />

In quest’area protetta vigono due piani di gestione:<br />

- il Piano d’Intervento approvato con D.G.R. n. 9-2960 <strong>del</strong> 13 novembre 1995<br />

e modificato con quattro varianti, di cui l’ultima è <strong>del</strong> 2007;<br />

Fig. 1. Carta <strong>del</strong>la vegetazione nella <strong>Riserva</strong> di Ghiffa<br />

45


Figg. 2-3. Due vedute dei castagneti <strong>del</strong>la <strong>Riserva</strong>.<br />

46<br />

- il Piano di assestamento<br />

Forestale approvato con D.G.R. n.<br />

14-5302 <strong>del</strong> 19 febbraio 2007 con<br />

periodo di validità 2006-2015.<br />

Dalla Carta <strong>del</strong>la vegetazione <strong>del</strong><br />

Piano di assestamento Forestale<br />

(fig. 1) si può desumere che i querco<br />

castagneti coprono oltre l’80%<br />

<strong>del</strong>la superficie forestale.<br />

Il castagneto acidofilo è la tipologia<br />

di vegetazione forestale nettamente<br />

prevalente (figg. 2-3). È un bosco<br />

puro o misto per la presenza di<br />

quercia farnia (Quercus robur fig. 4),<br />

quercia rossa (Quercus rubra), pino<br />

strobo (Pinus strobus), pino silvestre<br />

(Pinus sylvestris), Frassino<br />

(Fraxinus excelsior) e betulla (Betula<br />

pendula) distribuite in modo differente<br />

a seconda <strong>del</strong>le condizioni<br />

ambientali locali.<br />

all’interno <strong>del</strong> castagneto sono presenti<br />

nuclei di quercia farnia come<br />

quello visibile nella fig. 4. Essi testimoniano<br />

l’assetto naturale originario<br />

più diffuso <strong>del</strong> bosco che corrispondeva<br />

ad un querceto. Un’altra<br />

realtà forestale localizzata ma caratteristica<br />

<strong>del</strong>la riserva sono le pinete<br />

di pino strobo e pino silvestre.<br />

L’area protetta ospita inoltre specie<br />

forestali pregevoli come il raro e<br />

grazioso cisto femmina (Cistus salvifolius)<br />

(fig. 5).<br />

La Carta assestamentale <strong>del</strong> Piano di assestamento Forestale (fig. 6) indica le<br />

unità di gestione <strong>del</strong> patrimonio forestale tutelato: 14 particelle forestali e 6 differenti<br />

comprese.<br />

La gestione forestale che viene attuata nella riserva si ispira alla Selvicoltura<br />

Naturalistica o Selvicoltura vicina alla Natura i cui principi fondamentali prevedono<br />

di portare e mantenere il bosco nelle condizioni in cui sono espresse al più elevato<br />

livello possibile le sue caratteristiche di multifunzionalità, stabilità, naturalità


Fig. 4. Querce farnie all’interno <strong>del</strong> castagneto Fig. 5. Cistus salvifolius in fioritura<br />

Fig. 6. Carta assestamentale.<br />

e biodiversità. Tale tipo di selvicoltura garantisce una forma di gestione sostenibile<br />

<strong>del</strong> bene foresta.<br />

L’obiettivo colturale attuale e prevalente nel Piano di assestamento Forestale è la<br />

costituzione di una fustaia pura o mista di castagno il più possibile naturaliforme.<br />

Le principali tipologie di interventi realizzati dall’Ente nei boschi <strong>del</strong>la Trinità sono:<br />

- Il taglio di avvio a fustaia <strong>del</strong> castagneto ceduo;<br />

- Il diradamento <strong>del</strong>la pineta di pino strobo;<br />

47


- Il taglio di sgombero degli alberi morti in seguito ad incendio boschivo e successivo<br />

rimboschimento;<br />

- L’abbattimento di alberi morti o deperienti potenzialmente pericolosi per la fruizione<br />

pubblica;<br />

- Il taglio per finalità di sicurezza idraulica di alberi sradicati o in precarie condizioni<br />

di stabilità posti lungo il corso dei rii;<br />

- Il taglio di ripulitura nei pressi di strade e sentieri finalizzato anche al mantenimento<br />

di punti panoramici e brughiere termofile;<br />

- Interventi di carattere sperimentale volti a contenere attacchi parassitari.<br />

Gli interventi sono stati effettuati da personale <strong>del</strong>l’Ente, da Ditte specializzate e<br />

da personale <strong>del</strong> Servizio Regionale “Economia Montana e Foreste”.<br />

L’estensione complessiva degli interventi sino ad ora attuati è di 52 ha, pari al<br />

26% <strong>del</strong>la superficie forestale complessiva, distribuiti in prevalenza nei pressi <strong>del</strong><br />

<strong>Sacro</strong> <strong>Monte</strong>, come si può vedere nella fig. 7.<br />

Fig. 7. Carta <strong>del</strong>le aree di intervento.<br />

Le due principali forme di governo o rinnovazione <strong>del</strong> bosco sono il ceduo e la<br />

fustaia (figg. 8-9). Nel ceduo il bosco è sottoposto ad un taglio periodico dopo il<br />

quale si rigenera per via agamica ovvero si rinnova attraverso la nascita di una<br />

nuova generazione di alberi costituiti dai polloni che si generano dalle ceppaie<br />

degli alberi tagliati. Nella fustaia invece la rinnovazione <strong>del</strong> bosco avviene per via<br />

gamica, ossia attraverso la nascita di nuovi alberi originati dalla germinazione dei<br />

semi provenienti dalle piante adulte porta seme.<br />

I boschi <strong>del</strong>la Trinità in passato erano gestiti prevalentemente a ceduo, dopo l’istituzione<br />

<strong>del</strong>la riserva sono invece gestiti con la finalità di convertirli e mantenerli<br />

a fustaia.<br />

48


Figg. 8-9. una differenza fondamentale: ceduo e fustaia<br />

L’applicazione <strong>del</strong>la Selvicoltura<br />

Naturalistica ha pertanto comportato il<br />

mutamento <strong>del</strong>la forma di governo tradizionale<br />

dei boschi ed inoltre ha introdotto<br />

una serie di pratiche innovative.<br />

Una di esse è il rilascio di alberi morti in<br />

piedi a tempo indefinito, come accade<br />

nelle foreste vergini. Questa scelta è<br />

operata per varie ragioni tra cui: l’incremento<br />

<strong>del</strong>la fertilità <strong>del</strong> suolo e la tutela<br />

<strong>del</strong>la biodiversità e <strong>del</strong>la naturalità <strong>del</strong>l’ecosistema<br />

bosco.<br />

Con queste finalità l’Ente gestore <strong>del</strong>la<br />

riserva ha realizzato in questi ultimi anni<br />

alcuni interventi di conversione <strong>del</strong><br />

castagneto ceduo in fustaia, usufruendo<br />

di appositi finanziamenti <strong>del</strong> Piano di<br />

Sviluppo Rurale (P.S.R.) <strong>del</strong>la Regione<br />

Piemonte. Nella fig. 10 è visibile un<br />

taglio di avvio a fustaia <strong>del</strong> castagneto.<br />

Si riferisce ad un intervento eseguito tra<br />

il 2008 ed il 2009 nell’ambito <strong>del</strong>l’applicazione<br />

<strong>del</strong>la Misura I 7 <strong>del</strong> P.S.R.<br />

2000-2006 <strong>del</strong>la Regione Piemonte.<br />

49<br />

Fig. 10. Castagni rilasciati con anello di vernice<br />

bianca sul tronco<br />

Fig. 11. Parte <strong>del</strong> legname derivante da un taglio<br />

di avvio a fustaia <strong>del</strong> castagneto ceduo


Ecco alcuni dati relativi a questo intervento, effettuato con appalto a ditta specializzata:<br />

- provvigione media <strong>del</strong> castagneto di 230 mc/ha<br />

- prelievo legnoso medio di 64 mc/ha pari al 27,8% <strong>del</strong>la provvigione.<br />

Dal 2004 al 2009 utilizzando prevalentemente appositi finanziamenti <strong>del</strong> P.S.R.<br />

<strong>del</strong>la Regione Piemonte, per una somma complessiva di circa 73.000 euro, sono<br />

stati realizzati interventi di miglioramento forestale su una superficie boscata di<br />

20,5 ha.<br />

Dai diversi interventi effettuati sono stati ricavati quantitativi di legname di entità<br />

non trascurabili. a titolo di esempio con l’ultimo intervento concluso nel 2009<br />

sono stati esboscati 2.695 q.li di legname allestito in gran parte come legna da<br />

ardere ed in parte come paleria.<br />

Questa legna è destinata ad uso focatico degli aventi diritto sulla base dei diritti<br />

di Uso Civico oppure è venduta dal Comune a terzi, previa apposita procedura<br />

di Sgravio temporaneo dei diritti d’Uso Civico, destinando la somma ricavata a<br />

beneficio <strong>del</strong>la collettività.<br />

La gestione dei boschi <strong>del</strong>la riserva ha comportato anche l’applicazione di misure<br />

sperimentali di monitoraggio e contenimento di alcuni insetti parassiti forestali,<br />

condotte direttamente dal personale <strong>del</strong>l’Ente.<br />

In particolare tra il 1993 ed il 2004 e tra il 2006 ed il 2008 sono state condotte<br />

azioni di monitoraggio e controllo <strong>del</strong>la processionaria <strong>del</strong> pino (thaumetopoea<br />

pityocampa) tramite la posa di specifiche trappole sessuali (figg. 12-13).<br />

Quest’azione era finalizzata alla tutela <strong>del</strong>le pinete di silvestre e pino strobo.<br />

Fig. 12. Nido di processionaria<br />

50<br />

Fig. 13. Posa di una trappola sessuale


Inoltre nel 2005 sono stati attuati interventi di contenimento di coleotteri scolitidi<br />

parassiti <strong>del</strong>le conifere: il bostrico tipografo (Ips typographus) ed il bostrico calcografo<br />

(Pityogenes chalcographus) che minacciavano le pinete <strong>del</strong>la riserva indebolite<br />

dall’eccezionale siccità <strong>del</strong> 2003. Questi interventi hanno comportato l’abbattimento<br />

degli alberi parassitari, la cippatura ed in parte l’abbruciamento <strong>del</strong><br />

materiale legnoso di risulta in cui si trovavano gran parte degli insetti e la posa di<br />

apposite trappole a feromoni.<br />

Purtroppo in tema di parassiti anche nella riserva a partire da quest’anno si è<br />

osservata la presenza di un nuovo temibile insetto patogeno: il cinipide galligeno<br />

(Dryocosmus kuriphilus), originario <strong>del</strong>la Cina e comparso per la prima volta in<br />

Europa nei castagneti <strong>del</strong> Cuneese nel 2002. Da allora si è progressivamente diffuso<br />

andando ben oltre i confini <strong>del</strong> Piemonte. al momento risulta che il parassita<br />

debilita più o meno intensamente i castagni colpiti per effetto <strong>del</strong>le galle fogliari<br />

che produce ma non conduce a morte le piante ospiti. La Regione Piemonte a<br />

partire dal 2005 ha avviato un’azione di contenimento <strong>del</strong> parassita tramite un<br />

forma di lotta biologica che consiste nella diffusione di un parassitoide <strong>del</strong> cinipide:<br />

l’imenottero torymus sinensis. Tale azione è già stata operata in Giappone<br />

negli anni ‘70 con buoni risultati.<br />

In definitiva la gestione dei boschi <strong>del</strong>la Trinità non è esente da problemi ed ombre<br />

ma è senz’altro anche fonte di soddisfazioni e luci.<br />

51


Edizione digitale<br />

Maggio 2011


<strong>Riserva</strong> naturale speciale<br />

<strong>Sacro</strong> <strong>Monte</strong><br />

SS. Trinità di Ghiffa<br />

28883 Ghiffa (VB) - Via SS. Trinità, 48<br />

tel. 0323 59870 - fax 0323 590800<br />

sacromonte_ghiffa@libero.it - www.sacromonteghiffa.it

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