CONSERVARE IL DIGITALE UN CONFRONTO ... - Azienda ULSS 8

CONSERVARE IL DIGITALE
UN CONFRONTO INTERNAZIONALE
LONG TERM DIGITAL PRESERVATION
AN INTERNATIONAL FOCUS
Atti del Convegno Internazionale
Asolo 29 settembre 2006
AZIENDA
UNITÀ LOCALE
SOCIO SANITARIA
N. 8 DI ASOLO

Azienda
UL.SS. n. 8
Asolo
Direttore Generale: Gino Redigolo
Direttore Amministrativo: Mario Po’
Direttore Sanitario: Annamaria Brosolo
Direttore Servizi Sociali: Gian Luigi Bianchin
Via Forestuzzo, 41
31011 Asolo (TV)
Tel. 0423 5261
Fax 0423 526308
www.ulssasolo.ven.it
Ha coordinato il Convegno e la pubblicazione di questo
volume un Gruppo di lavoro costituito da:
Mario Po’, Anna Maria Brosolo, Romeo Furlanetto,
Simone Tasso, Mario Durigon, Elio Soldano, Michele
Lapenna, Vito Lorusso.
Ha collaborato all’organizzazione del Convegno
Alfredo M. Ronchi e
I testi degli interventi pubblicati sono stati oggetto
di rilettura e revisione da parte di Mario Durigon e
traduzione dall’italiano all’inglese da parte di:
Endar snc, Venezia
Studio interpreti traduttori, Treviso
Elena Cimenti.
EC. MEDICI Framework Secretariat
Politecnico di Milano
Piazza Leonardo da Vinci, 32
20133 Milano
Questo volume è stato stampato nel mese di maggio
2007 dalla Tipografia Battagin s.r.l.
di S Zenone degli Ezzelini (TV).

CONSERVARE IL DIGITALE
UN CONFRONTO INTERNAZIONALE
LONG TERM DIGITAL PRESERVATION
AN INTERNATIONAL FOCUS
Atti del Convegno Internazionale,
che si è tenuto ad Asolo, venerdì 29 settembre 2006

Questo volume raccoglie le relazioni presentate al Convegno che si è tenuto ad
Asolo il 29 settembre 2006 su “Conservare il digitale. Un confronto internazionale”, da
parte degli studiosi italiani e stranieri che, di fronte ad un numero di partecipanti di quasi
quattrocento persone, provenienti dal Nord al Sud Italia, da Aziende pubbliche e private,
da Archivi, Biblioteche, Unità Sanitarie Locali, Aziende di Informatica, Università, Istituti
di ricerca, hanno portato il loro interessante contributo. Alcuni di questi relatori sono
esperti di fama mondiale e tutti comunque sono stati scelti per l’originalità e lo spessore
del loro lavoro scientifico.
La struttura del Convegno si è articolata in quattro parti:
- la prima parte dedicata ad argomenti di inquadramento complessivo del tema e ai
profili normativi;
- la seconda parte rivolta ad aspetti specialistici di interesse generale;
- la terza parte riguardante alcune applicazioni e soluzioni digitali in ambienti
avanzati;
- la quarta parte dedicata ad alcune best pratice italiane.
Lo scopo che abbiamo dato al Convegno è stato quello di focalizzare l’attenzione su
un tema di stringente attualità, cioè gli standards e le garanzie per la conservazione nel
lungo periodo del digitale, cercando di cogliere le novità che nel panorama mondiale sono
state definite o sono in via di definizione.
Ciò non soltanto, evidentemente, negli ambienti sanitari ma, in tutti i possibili ambiti
applicativi, dato che questa problematica può essere considerata con soluzioni univoche.
Ma cosa ha mosso la nostra Azienda nell’organizzare questo Convegno?
Siamo partiti dall’esperienza maturata negli ultimi anni, con l’indispensabile
affiancamento della Soprintendenza ai Beni Archivistici del Veneto, nella gestione
documentale e in particolar modo nella costituzione dell’Archivio unico di Caerano San
Marco e del Deposito Digitale Clinico. Questa esperienza ci ha portato responsabilmente
e inevitabilmente a interrogarci sulla validità nel tempo dei documenti digitali.
L’architettura del Convegno è stata suggerita dalla Prof.ssa Guercio che ci ha dato un
aiuto preziosissimo nella impostazione scientifica di questa riunione. Ma abbiamo voluto
condividere anche il nostro lavoro con il Politecnico di Milano e con Global Forum
di Parigi per assicurare all’evento quell’indispensabile respiro internazionale che il tema
deve avere per poter contare sugli apporti scientifici più attuali.
Asolo, 8 maggio 2007
Azienda
UL.SS. n. 8
Asolo
Gino Redigolo
Direttore Generale

Ministero per i Beni e le Attività Culturali
SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA
PER IL VENETO - VENEZIA
La Soprintendenza Archivistica ha la vigilanza anche sugli archivi sanitari. Vigilanza
è un termine un po’ pesante, in quanto si tratta piuttosto di collaborazione e di accordi che
si prendono vicendevolmente.
Per la Soprintendenza spesso è già un grosso risultato riuscire a far conservare gli
archivi, a farli ordinare e inventariare. Accade, purtroppo, che molte volte gli enti produttori
dopo che hanno ordinato gli archivi, tendono a tenerli chiusi, cioè non consentendone
la consultazione. Ma dovrebbero essere percorse anche fasi successive, coltivando non
solo l’informazione, ma anche la corretta valorizzazione dei documenti ed una cosciente
consapevolezza della realtà e della comunicazione.
All’ULSS di Asolo va senza dubbio, per i risultati ottenuti, un giustificato elogio.
La vita dell’archivio di questa ULSS e le procedure adottate per la gestione è
testimoniata negli atti del fascicolo esistente in Soprintendenza. Esso inizia nel 1986 con
una dettagliata relazione scritta a seguito di una visita ispettiva. Esistono poi numerose
richieste di collaborazione, di informazioni, soprattutto per quanto riguarda le riproduzioni,
e numerose richieste di autorizzazione per il trasferimento anche degli archivi periferici
degli ex ospedali che ora si trovano nel nuovo Archivio centrale a Caerano San Marco.
In occasione della presentazione e della inaugurazione del Centro Servizi di questa
ULSS e del nuovo Archivio centrale nel mese di aprile 2006, la dr.ssa Testa, che in
Soprintendenza segue i rapporti con l’ULSS di Asolo, ricordava come altre ULSS abbiano
affrontato la gestione e la conservazione dei loro archivi in autsourcing. L’ULSS di Asolo
ha invece preferito risolvere direttamente il problema, utilizzando proprio personale
per l’ordinamento, conservando in un immobile di proprietà tutto il proprio materiale
archivistico e affidando, quindi, a società esterne solo alcune attività. Essa mantiene in tal
modo il controllo totale sulla gestione documentale.
La conservazione delle cartelle cliniche in particolare è un problema noto e
gravissimo per molte ULSS. Qui ad Asolo c’è stato, un continuo e proficuo contatto e
le soluzioni adottate sono coerenti, anche su questo tema, con quanto prospettato dalla
Soprintendenza e suggerito dai migliori specialisti della materia.
Venezia, 8 maggio 2007
Giustiniana Migliardi O’Riordan
Soprintendente Archivistico per il Veneto

Regione del Veneto
Il tema, che con questo Convegno internazionale l’ULSS 8 ha toccato, è un tema
di grande rilevanza, legato alla diffusione sia nel settore privato, ma ormai molto anche
nel settore pubblico, delle tecnologie digitali che pongono però nuove problematiche:
corretta conservazione dei dati, quindi preservandoli da eventuale distruzione; profili
legati alle questioni di privacy, che rappresentano un complesso di aspetti organizzativi
e normativi.
Come tutte le cose nuove, anche questa problematica deve essere verificata sul campo
e ha necessità di trovare esperienze positive, buone pratiche da diffondere. Per lo sviluppo
dell’e-government regionale, al quale stiamo lavorando ormai in maniera molto importante
da alcuni anni, abbiamo scelto la strada aperta, quella dell’interscambio, non solo delle
esperienze ma anche dei processi. Questo ha consentito di realizzare una forte crescita del
settore digitale nell’ambito della pubblica amministrazione. Abbiamo anche pensato che
questo settore, in realtà potesse diventare, e in effetti è diventato, un motore legato alla
crescita, all’innovazione, allo sviluppo economico di un determinato territorio.
Per questo il mio stesso incarico è rivolto alle nuove esigenze dello sviluppo,
introducendo in questo settore tutti gli aspetti che possono riguardare trasversalmente
il settore dell’economia locale; quindi non solamente le attività produttive, ma anche la
ricerca e l’innovazione, l’e-goverment, l’energia, i fondi strutturali europei.
Per avere un effettivo e completo slancio di queste questioni, è però necessario superare
il nodo dell’accesso alle informazioni, in cui ha una grande importanza la potenzialità
della banda larga. Questo è uno dei settori ove il Veneto ha un gap da colmare e pensiamo
di farlo nei prossimi due anni e mezzo ricordando che la prossima programmazione
europea 2007-2013 prevede come obiettivo finale quello della competitività; è evidente
che quest’aspetto è un fattore di sistema fortemente correlato appunto al raggiungimento
della competitività.
Da tenere in evidenza c’è poi il tema della diffusione di competenze, di cultura
innovativa per tutti coloro che devono trovarsi organizzativamente ad operare con questi
nuovi sistemi. Sotto questo profilo quindi tutte le esperienze interessanti fatte e quelle
prestigiose come quella dell’ULSS 8, potranno essere elemento di confronto e di diffusione
da parte di altre Amministrazioni come situazioni di eccellenza.
Venezia, 8 maggio 2007
Fabio Gava
Assessore Regione del Veneto alle Politiche dell’Economia,
dello Sviluppo, della Ricerca
e dell’Innovazione e Politiche Istituzionali

Scenari di frontiera del digitale
KIM HENRY VELTMAN
(Direttore Scientifico Istituto McLuhan Maastricht e Network Europeo dei Centri di
eccellenza del patrimonio culturale digitale)
Internet sta crescendo: 1 milione di utenti nel 1990, 50 milioni nel 1995, 200 milioni
di utenti nel 2000, dal 2000 al 2005 1 miliardo, 86 milioni di nuovi utenti negli ultimi
nove mesi. La lingua cinese è attualmente la seconda lingua, fra un anno lo spagnolo
sarà la terza lingua. Ci sono più persone che parlano spagnolo adesso che non inglese, il
mondo sta cambiando. Questa settimana è stata storica: è stata la prima volta nella storia
che un film digitale, ad alta risoluzione, è stato inviato in formato digitale in America. Nel
1993 il più grande computer nel mondo aveva 131 gigaflops, cioè miliardi di operazioni al
secondo. Fra tre anni sarà 1 milione 600 mila trilioni di operazioni al secondo. Non è che
le cose vanno semplicemente avanti, vanno avanti con una rapidità allucinante. C’erano
fino a ieri tre reti distinte: il telefono, internet e la televisione. Fra dieci o quindici anni
tutto questo sarà insieme in una rete. Questo per spiegare come tutta la sicurezza che
vorremmo avere in tutti questi settori non c’è ancora.
In questo momento ci sono quattro grandi linee di ricerca per i prossimi vent’anni:
elettronico, biochimico, meccanico e quantum. Dieci anni fa tutto questo era teoria, ma
le cose stanno andando avanti; un annuncio della BBC nel 2000 diceva che un “grammo”
di DNA può tenere l’informazione di un trilione di Cd-Rom. Già adesso abbiamo questo
“sticks”, questo è solamente un gigabyte; ma sarà possibile contenere in questo più di un
trilione di Cd-Rom.
Il primo disco fisso in senso filosofico è il cielo. Se pensate alle stelle, esse sono
lì e con tutte le loro storie sono il primo disco fisso della storia, perché tutta la nostra
mitologia, tutto quello a cui pensiamo è lì sul cielo. Voglio per questo concentrarmi su due
giorni: il 21 marzo e il 21 settembre, dunque l’equinozio di primavera e d’autunno.
Il 21 marzo è collegato con i Pesci e i Pesci hanno un nodo; questo nodo si chiama
in arabo “Alrisha”. Questo nodo è precisamente all’incrocio di un ciclo, perché c’è anche
un ciclo di 25.590 anni, che fa sì che siamo sempre in un altro segno zodiacale. Questo è
il simbolo dell’inizio della primavera e anche il nodo cruciale in ogni senso. Se pensiamo
alle connessioni abbiamo il “nodo mistico”, che diventa poi la base di questo nodo del

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KIM HENRY VELTMAN
pesce, il contenitore dell’acquario diventa questo contenitore dell’acqua sacra e del “soma”
dell’immortalità. Quei segni astronomici del disco fisso del cielo sono gli otto simboli
del buddismo e diventano, di fatto, la base di tutto (la religione è anche astronomia); ma
questo dunque è un modo per esprimere questo nodo.
Un’altra maniera di esprimere queste cose è attraverso i serpenti, il drago che
va attraverso Polaris. Ecco l’esempio del Turkmenistan, la stessa cosa di “mandra”, di
Benzikent, di Ancona, di San Ciriaco, ove si vedono i due serpenti, che nono sono però
incrociati.
Pensiamo al 21 settembre; possiamo pensare alla libra in latino o alla bilancia e con
omega; dunque alfa e omega sono collegate con questo nodo.
Abbiamo varie versioni. Noi sappiamo tutto di questo segno, ma è una cosa recente, è
stato introdotto da Giulio Cesare nel 42 a.C. E’ il solo segno zodiacale che è un oggetto e non
una persona, un animale. E’ collegato anche con il ritmo solare e il “drago del cielo”. Ci sono
altre versioni dove la bilancia diventa “Irminzul”, nel Nord; la Chiesa l’ha assunta nella sua
simbologia e ci sono i due serpenti nell’iconografia del vescovo. Abbiamo vari modi di far vedere
la bilancia tra i serpenti celesti; c’è una versione medievale della Chiesa, una degli arabi, una
dell’auramasda. C’è poi un’altra maniera di farlo, siamo in Egitto, con una fontana. Questi sono
i segni zodiacali: Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione e Sagittario.
Questa bilancia diventa poi un simbolo per la Chiesa, abbiamo Adamo e Eva che fanno la
bilancia; ma, tornando un po’ indietro al cielo, c’era un signore che si chiamava Serpentarius in
latino, che si chiamava “Ofiukus” in greco, e che era Asclulapius che sta facendo una bilancia
tra questi due grandi serpenti. In “Aratus” dell’XI secolo, lui sta lì e sta precisamente al punto
dell’equinozio e ha le due parti del serpente.
Oltre 2 mila anni prima era lì; dunque era al 21 settembre e faceva la bilancia.
Questo diventa interessante perché non c’è solamente la bilancia tra giorno e notte, ci
sono anche due nodi; questi due serpenti sono anche i due nodi di “Rahu” e “Ketu” (un
serpentus caput), sono anche la causa dell’eclisse.
Questa idea di litigare con due serpenti per avere la bilancia diventa una cosa
fondamentale nell’arte, lo vediamo a Pavia, a San Giovanni in Borgo, a San Giovanni
Laterano, dove tutto il giardino è pieno di questi simboli di bilancia tra varie forme.
Possiamo pensare che sia una cosa cristiana, ma ecco “Cernunno”, dunque il Dio celtico
precristiano che fa la stessa cosa. Prima degli uomini è sempre così, le donne c’erano,

Scenari di frontiera del digitale
e loro facevano la bilancia tra due serpenti. … Questo risale a 5.000 prima di Cristo, a
Summeria la donna fa il lavoro, e si potrebbe pensare che è un’idea dell’ovest; ma ecco
Talisman a Baghdad.
Se andiamo in India, abbiamo “Namascah”, abbiamo un signore che si chiama
“Edumban”, che ha un “cavadi” che è una cosa per portare le cose. Lui ha portato le
due grandi montagne “Shivaghirie” e “Sativiri” dal nord al sud con un suo amico che
si chiamava “Agastia”, che era il padre dell’Ayurveda, la medicina. Questa non è una
cosa effettiva perché stiamo andando dal disco fisso virtuale alla realtà, ecco Palani. Io
voglio proporre che questa è la vera radice del concetto di libra, che fa la connessione tra
la ayurveda dell’est, che è una cosa che risale a 5.000 prima di Cristo, e un altro sacro
monte che si chiama “Potala”. E’ stata l’ispirazione del Potala a Lasha. Da qui parte il
Dalai Lama e altre tendenze.
Dunque, la cosa affascinante, forse eretica, avendo una storia ricchissima, per noi
nell’Occidente è pensare che Esculapio ha avuto inizio in Grecia. Nell’Est pensano che
tutto sia è lì, le radici sono lì. Ma la questione della preservazione a lungo termine non è
solamente quella di occuparsi dei nostri fondi locali, che è una cosa fondamentale, ma di
far vedere queste connessioni tra le grandi culture mondiali. Questo è il mio messaggio
molto semplice, gli esperti vi dicono come funziona, ecc.; io aiuto a far pensare e non
solamente per avere qualcosa per la prossima generazione, ma come possiamo mantenere
una memoria che combini i diecimila anni della nostra storia scritta e prodotta.
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Introduzione al Convegno
PAOLA CARUCCI
(Direttore dell’Archivio storico della Presidenza della Repubblica - Roma)
Questo Convegno, per l’interesse del tema, mette insieme relatori importanti per
studi, esperienze, riflessioni teoriche. Si tratta indubbiamente di un tema cruciale per
la società contemporanea, quello della conservazione non soltanto a lungo termine, ma
anche a medio termine della documentazione digitale che coinvolge i documenti digitali,
ma anche quelli che, nati cartacei, vengono poi trasferiti su supporti digitali.
E’ un tema che si lega ad alcune trasformazioni radicali rispetto al documento
cartaceo, alle quali nonostante gli studi e molti passi in avanti che sono stati fatti, non
siamo ancora riusciti a dare delle risposte totalmente soddisfacenti. Penso alla separazione
nel documento elettronico dalla forma dal contenuto, con la forma che dipende da
apparecchiature e applicazioni tecnologiche, da nuclei di informazioni di diversa natura
logicamente connesse.
Penso alla problematicità del concetto di selezione e scarto con decisioni che a volte
vengono prese a monte quando si elabora il software, ma che credo nel tempo dovranno
essere riproposte quando si dovrà decidere se migrare o meno nuclei di documentazione
conservata.
La conservazione non più degli originali, ma una conservazione fondata sulla
migrazione dei dati attraverso tecnologie in rapida e costante trasformazione, si basa sulla
creazione di nuovi documenti che si avvicinano al concetto di copia, ma forse non sono
esattamente la stessa cosa di una copia autentica, anche se questo è il concetto che forse
meglio rappresenta questa conservazione di copie di copie.
Vi è anche una progressiva trasformazione di documenti amministrativi tradizionali
a semplice informazione o dato, o complesso di informazioni di dati per gran parte
della documentazione interlocutoria, che è la parte che più interessa lo studioso nella
ricerca; dall’altro c’è una necessità di concentrare l’attenzione sui caratteri formali e
sostanziali dei documenti elettronici che rappresentano gli atti decisionali della Pubblica
Amministrazione. La conservazione implica il mantenimento del valore giuridico,
dell’avere forza di prova o capacità di attestazione di un fatto e anche la possibilità di

interrogazione e navigazione in un sistema documentario che dovrebbe essere fedele alla
configurazione originaria dei documenti a distanza di tempo per ragioni amministrative,
poi anche per ragioni di ricerca.
Vi sono implicazioni giuridiche nuove legate alla sicurezza dei dati e spesso al
rapporto con soggetti istituzionali esterni alla Pubblica Amministrazione, che produce
i documenti in conseguenza della specificità professionale di chi deve intervenire nella
formazione e gestione dei documenti elettronici. Questo a mio avviso è un problema
delicatissimo, la Pubblica Amministrazione è sempre stata unica conservatrice della
propria documentazione, oggi si deve rincorrere a strutture esterne non legate dallo stesso
giuramento di fedeltà allo Stato, anche se certamente ci sono dei vincoli.
Ci sono implicazioni ovviamente connesse alla evoluzione delle tecnologie dei
sistemi di comunicazione, implicazioni archivistiche anche in rapporto alla normativa di
tutela. La normativa italiana è ricchissima anche se spesso non di facile interpretazione,
vi sono contraddizioni, è direi troppo alluvionale, ma certamente mette a fuoco piuttosto
bene in molti casi i problemi degli archivi correnti e della costruzione di reti.
Forse vi è un po’ di distanza tra i problemi trattati dalla normativa e la cultura
informatica diffusa nelle Pubbliche Amministrazioni, soprattutto in quella centrale. Ma
questo può essere uno stimolo e, quindi, può non essere un dato negativo, in ogni caso
molto si è fatto per l’aggiornamento professionale. Il codice del documento elettronico
parla di banche dati nazionali con possibilità di interrogazione da parte di altri soggetti
e questo è in perfetta antitesi con le raccomandazioni del garante della tutela della
privacy, che invece è contrario alla forte concentrazione di dati preferendo banche dati più
impermeabili e più mirate.
La normativa sul documento elettronico è un po’ vaga per quanto attiene alla
conservazione, a volte si parla di possibilità di conservare in maniera cartacea i documenti
che abbiano particolare rilevanza storica e archivistica, il che è giusto; poi al tempo stesso,
però, si prevede la conservazione elettronica per i documenti che devono essere conservati
per legge o per regolamento; in questo caso non siamo più nell’ambito della ricerca storica,
forse si pensa a documenti di natura fiscale, a documenti contabili, a documenti che
servono per l’azione pratica e per questi si consente una documentazione cartacea ma
semplicemente gestionale.
PAOLA CARUCCI

In altro articolo si parla di recupero su supporto informatico di atti cartacei di cui sia
obbligatoria o opportuna la conservazione. Sono tutte espressioni che lasciano intendere
una non chiara consapevolezza dell’esigenza della conservazione dei documenti digitali.
La conservazione non interessa anche la amministrazione attiva come dimostra proprio
l’iniziativa della ULSS che ha organizzato questo convegno, pensiamo alle cartelle
cliniche, fascicoli personali, i fascicoli permanenti, in sostanza, la cui durata nel tempo
richiederà sicuramente migrazioni di dati o comunque interventi per la conservazione
elettronica. Poi, naturalmente, c’è la conservazione per fini storici.
C’è il problema se sia preferibile concentrare queste fonti in sedi, con i tradizionali
archivi storici, o mantenerli presso il soggetto produttore, anche se sembra prevalente
che sia comunque un soggetto o una organizzazione terza rispetto all’ente produttore,
anche quando si tratti di archivio storico di una Regione o di un ente pubblico, non
necessariamente con la concentrazione in un altro archivio, ma l’affidamento a persone
che hanno interessi diversi dall’amministrazione attiva. Credo che questa sia la migliore
garanzia per la conservazione nel tempo.
Introduzione al Convegno
Si tratta di problemi che sono vivissimi, importanti; essi sono una sfida che
indubbiamente riguarda gli amministratori, gli archivisti e i ricercatori.

La certezza documentaria e le memorie digitali
MARIA GUERCIO
(Università di Urbino)
Non si può parlare di conservazione delle memorie digitali senza fare riferimento
innanzitutto (se non soprattutto) a un’esigenza di certezza: è questa del resto la
peculiarità dei documenti d’archivio. Come gli archivisti hanno da tempo ricordato la
produzione documentaria è parte integrante di un sistema di certezze giuridiche, a sua
volta caratterizzato da equilibri variabili: il bisogno di certezza nei rapporti sociali è
legato alle esigenze di integrità e affidabilità della memoria e costituisce il primo
impulso alla formalizzazione delle procedure e delle attività “giuridicamente rilevanti”
che si traducono nella produzione di documenti e, soprattutto, di strumenti di controllo
per la loro formazione e tenuta. Il rapporto stretto che ha sempre legato la creazione di
documenti ai bisogni primari di stabilità delle comunità organizzate ha conseguenze sui
modi concreti in cui i documenti (soprattutto quelli pubblici) si formano, si gestiscono, si
rendono accessibili, si conservano, al punto da determinare – in tutto il mondo e da secoli
– l’esistenza di una rete di istituzioni dedicate, affidate allo Stato o almeno al controllo
statale (in Italia la rete degli archivi di Stato, delle soprintendenze e degli archivi storici di
tutte le amministrazioni pubbliche oggi obbligate a creare specifici servizi per la gestione
degli archivi correnti). I processi di digitalizzazione in atto non solo non possono/non
devono indebolire questa struttura, ma devono – e in parte è avvenuto, sia pure con qualche
evidente contraddizione e in modo insufficiente – rafforzarne funzioni e autorevolezza.
Parlare di certezza giuridica e memorie digitali vuol dire quindi affrontare in primo luogo
il problema complessivo delle responsabilità e delle competenze nazionali e interne ai
singoli soggetti per la formazione dei documenti e delle condizioni che ne assicurano la
stabilità nel loro ciclo di vita. E’ questo il compito di questo intervento che non potrà che
limitarsi naturalmente all’analisi di quegli aspetti critici che – dopo dieci anni dall’avvio
in Italia di specifici provvedimenti normativi – ancora rimangono in attesa di soluzione, e
talvolta persino di adeguata riflessione.
Alcune considerazioni meritano di essere fatte proprio nel momento in cui si chiude
un decennio di interventi del legislatore tecnico nazionale (l’Aipa creò il primo gruppo di

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lavoro sul cosiddetto protocollo informatico proprio alla fine del 1996) e di una fase ormai
lunga (anche se non sempre felice) di sperimentazione. Per chi ha partecipato attivamente
– ed è il caso di chi scrive 1 - a questa stagione di “riforme” del sistema documentario,
fare il consuntivo non è un’operazione indolore perché si tratta di confrontarsi con una
stagione di iniziative di diversa natura purtroppo non sempre coerenti con le esigenze
di sviluppo del settore documentario. La mancanza di una linea coerente e organica di
interventi normativi e di progettazione (ad esempio nel campo dell’e-government) ha spesso
ostacolato il necessario processo di approfondimento tecnico-scientifico e ha costretto
le istituzioni archivistiche a dedicare molte energie e tanto tempo per impedire che si
commettessero errori gravi e fraintendimenti clamorosi. Tempo ed energie che avrebbero
potuto essere più proficuamente impiegati per pensare e guidare l’innovazione.
Nonostante il faticoso e incessante impegno degli archivisti nell’attività di
sensibilizzazione orientata sia verso l’alta amministrazione pubblica che nel campo – più
frustrante – di contenere gli errori e le “sviste” del legislatore tecnico nella definizione
di regole per la produzione di strumenti informatici, ancora oggi molta strada rimane da
percorrere anche solo per ampliare la consapevolezza dei portatori di interesse (produttori
di documenti, sviluppatori di software, responsabili dei sistemi informativi). Alcuni
requisiti essenziali possiamo darli ormai per acquisiti, ma i ritardi sono ancora molti e
gli interrogativi sembrano addirittura crescere, anche alla luce di scenari tecnologici e
organizzativi in continua evoluzione.
MARIA GUERCIO
E’ possibile ad esempio segnare nel nostro difficile percorso qualche successo sulla
strada di una maggiore e più diffusa consapevolezza della complessità della questione
che ancora oggi qualcuno sottovaluta. Innanzi tutto è ormai largamente (sempre con
riferimento a una cerchia ristretta di addetti al lavoro) accettato il fatto che i bisogni
informativi e documentari (nuovi e vecchi) trovano soluzione e risposte solo se gli schemi
organizzativi, le responsabilità e gli strumenti di gestione e conservazione sono definiti
non separatamente ma nel riconoscimento e rispetto delle interrelazioni reciproche: i
sistemi informativi in generale e quelli documentari in particolare insieme ai modelli
organizzativi che è opportuno adottare costituiscono infatti aspetti strettamente collegati
e non separabili come dimostra il sostanziale fallimento di molti progetti nazionali e
1 In qualità di rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali ho partecipato dal 1996 al 1998 alla
stesura del regolamento sulla gestione informatica dei documenti che fu approvato con dpr 428/1998 poi oggetto
di armonizzazione in occasione della stesura del testo unico sul documento amministrativo (dpr 445/2000).

internazionali dovuto principalmente proprio al non aver saputo (e in parte voluto) vedere
la forza positiva di questi collegamenti e alla incapacità di una visione strategica e insieme
realistica dei problemi che l’informatica forse è in grado di risolvere, ma solo a patto
che non si accettino sconti rispetto alla complessità e ricchezza del mondo reale che si
vorrebbe “virtualizzare”.
Il nodo di maggiore criticità al cui scioglimento gli archivisti hanno in questi anni
dedicato impegno e attenzione notevoli riguarda tuttavia proprio il difficile (e troppo
spesso trascurato o addirittura negato) rapporto tra processi di informatizzazione e
garanzie di certezza documentaria: aver sottovalutato le esigenze di stabilità delle
memorie rilevanti a fini giuridici ma anche informativi, aver cercato troppe scorciatoie
normative per eliminare o ignorare i nodi organizzativi e tecnici della conservazione
documentaria, considerata, erroneamente e infelicemente, mero impedimento al pieno
dispiegarsi delle forza innovativa e liberatoria delle tecnologie – e comunque un peso da
lasciare sulle spalle dei responsabili della custodia - hanno avuto effetti negativi rilevanti e
hanno, questo sì e più di qualunque altro impedimento, contrastato e rallentato seriamente
processi innovativi duraturi e di sostanza. Basta guardare ai modesti risultati dei progetti
nazionali di e-government nel settore documentario (non è un caso che Docarea, ovvero
l’unico progetto che si era realmente occupato degli aspetti organizzativi della funzione
documentaria, costituisce una delle poche eccezioni nel panorama piuttosto demoralizzante
dei progetti in questione, che nella migliore delle ipotesi si sono limitati a introdurre
sistemi di registrazione informatica dei documenti negli enti senza neppure migliorare
sensibilmente quelli esistenti).
La certezza documentaria e le memorie digitali
Certamente si è creata una maggiore sensibilità nelle organizzazioni più attente,
ma in alcuni casi scelte di esternalizzazione non guidate (nell’ambito di un fenomeno
sempre più diffuso e imposto da esigenze di risparmio) hanno finito per determinare una
rinuncia a qualunque forma di reale innovazione nella gestione della cosa pubblica in
questo campo. L’innovazione infatti richiede una profonda conoscenza delle routine,
un coinvolgimento diretto nei processi che si vogliono cambiare. Non a caso ho fatto
riferimento alla funzione documentaria e non semplicemente a quella conservativa.
In questa direzione (nel senso cioè di una comunanza di principi, di processi formativi
di base e di condivisione di responsabilità), si muovono del resto da tempo ormai gli
organismi internazionali di normalizzazione e i gruppi di ricerca più avvertiti: la funzione
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conservativa (anche intesa in modo tradizionale e limitativo) è in realtà una funzione
di confine (di apertura più che di limite) che la dimensione digitale costringe ormai a
superare in molte direzioni. La conservazione di documenti digitali delle pubbliche
amministrazioni è difficilmente esternalizzabile senza produrre danni perché la funzione
amministrativa di gestione e tenuta del patrimonio archivistico non è separabile dalla
loro produzione originaria adeguata e consapevole, come conferma da tempo la ricca
elaborazione di standard internazionali di settore 2 : i documenti in quanto strumenti di
certezza potranno essere mantenuti nel tempo assicurando che la loro funzione originaria
sia rispettata solo se chi li produce avrà operato correttamente e precocemente:
– utilizzando formati durevoli,
– organizzando i documenti razionalmente e coerentemente con le proprie attività
quotidiane (ad esempio classificando e fascicolando la documentazione prodotta),
– documentando in modo completo e accurato tutte le procedure di gestione per tutto il
ciclo di vita del documento e dell’archivio, come ci insegna il progetto InterPARES,
ecc.
MARIA GUERCIO
Chi è oggi in grado di svolgere questo compito nelle forme adeguate? Come si
aiutano le organizzazioni a operare correttamente? Per rispondere a questi nodi dobbiamo
ricordarci che di criticità con cui fare i conti ne abbiamo ancora molte a cominciare:
- dall’assenza di una individuazione chiara ed efficace di responsabilità all’interno
delle strutture, nonostante – per quanto riguarda la pubblica amministrazione italiana
- una normativa specifica e dettagliata, il dpr 445/2000, che riconosce alla figura
del responsabile del servizio per la gestione documentaria competenze tecnico-
archivistiche specifiche e compiti rilevanti: le amministrazioni hanno tuttavia, nella
stragrande maggioranza, ignorato tale esigenza, delegando spesso agli operatori di
protocollo le funzioni di ri-organizzazione informatizzata della memoria documentaria
intesa come digitalizzazione dei documenti; non solo: il codice dell’amministrazione
digitale ha introdotto la figura del responsabile per la conservazione senza aver
chiarito il legame tra le due figure con il rischio tutt’altro che remoto che gli stessi enti
le ignorino entrambi e si limitino ad affidare ai responsabili dei sistemi informativi
che poco sanno di questi problemi i nuovi compiti, di fatto l’acquisizione di software
2 Si veda in particolare il lavoro del TC 46 SC 11 (Record Management) dell’International standard organization.
Per una sintesi si veda G. Michetti, Uno standard per la gestione documentale: il modello ISO 15489, in
“Archivi & Computer”, 2005, 1, pp..

e la gestione di procedure di sicurezza;
- dal mancato riconoscimento (in questo caso per decenni) talvolta anche da parte degli
archivisti, ma soprattutto da parte dei soggetti produttori (anche nel caso del settore
pubblico) della rilevanza delle attività di gestione corrente delle memorie documentarie
e, quindi della necessità di competenze specifiche, di strumenti adeguati (i piani di
classificazione e fascicolazione, i sistemi di recupero dell’informazione), di procedure
efficaci;
La certezza documentaria e le memorie digitali
- dall’insufficienza dei percorsi formativi di base e avanzati dedicati alla definizione
e allo sviluppo degli strumenti per la formazione dei documenti nella fase attiva.
Anche l’alta formazione non ha finora conosciuto iniziative rilevanti se non alcuni
master universitari (tra cui quello dell’Università di Urbino in gestione dei sistemi
documentari avanzati) che peraltro sono frequentati solo da archivisti e da qualche
funzionario di amministrazioni locali; le scuole di formazione di livello regionale e
nazionale si limitano in genere a qualche decina di ore di aggiornamento dedicate ai
funzionari e agli operatori di protocollo o propongono iniziative slegate dalle reali
necessità delle organizzazioni; manca poi qualunque forma di aggiornamento in
questo ambito per chi sviluppa i sistemi informatici. Il corso di perfezionamento che,
sotto la direzione di Elena Aga Rossi e con il contributo di chi scrive, la SSPA ha
progettato in questo ambito (tre settimane sui sistemi documentari avanzati), tuttora
attivo presso molte sedi della Scuola, sta riscotendo un incredibile successo proprio
perché si tratta di un’esperienza, per ora unica dopo l’importante progetto formativo
voluto dall’Aipa nel 2000-2001, di impegno formativo finalizzato a formare più che a
informare operatori di alto profilo e responsabili dei sistemi informativi documentari
con l’obiettivo ambizioso di trasferire competenze tecniche e organizzative allo stesso
tempo e di fornire ai partecipanti strumenti di progettazione e valutazione altamente
innovativa anche rispetto alle modeste (e senz’altro insufficienti) offerte di prodotti
di mercato. L’alto numero di richieste ci sembra un buon segno almeno in relazione
al fatto che le amministrazioni sanno di non sapere e intendono colmare in parte
questo vuoto investendo in risorse umane e processi formativi, ritenuti non a torto
indispensabili per una crescita di competenza e qualità.
Una riflessione specifica merita proprio il modo in cui le responsabilità tecniche e
organizzative potranno essere operative nei futuri sistemi di conservazione digitale.
23

2
Non c’è dubbio che l’attuale modello di gestione delle responsabilità che ha distinto
troppo nettamente i ruoli tra chi conserva la memoria storica e chi opera nella fase attiva
(peraltro in Italia meno che altrove e comunque con correttivi crescenti in tutte le tradizioni)
non potrà ottenere risultati tangibili in una situazione organizzativa caratterizzata dalla
completa separazione dei compiti e delle risorse. Anche nel campo della conservazione
fisica di archivi digitali, considerati i costi e la complessità delle attività connesse, si
devono oggi promuovere soluzioni nuove, ad esempio soluzioni consortili, che includano
la creazione di archivi intermedi affidati ad autorità terze e fidate (di cui l’amministrazione
archivistica dovrebbe sempre far parte) sin dalla prima fase semi-corrente degli archivi
digitali, sia pure in forme e modi che richiedono ulteriore riflessione e analisi.
La predisposizione di depositi pubblici multi-funzionali nel caso di reti di istituzioni
oppure lo sviluppo di consorzi/federazioni di istituzioni (anch’essi pubblici come pubblica
è sempre stata la conservazione delle memorie della comunità) per la conservazione e
la valorizzazione delle fonti, collegati a centri di ricerca, possono offrire architetture e
modalità di conservazione possibili, per le quali tuttavia ancora non si intravedono almeno
in Italia modelli di facile implementazione se non in riferimento al settore delle camere
di commercio – è il caso del registro delle imprese - o nei casi, alquanto discutibili, di
vero e proprio outsourcing di servizi documentari a pagamento presso imprese orientate
esclusivamente alla logica di profitto. In questo ambito le esperienze in corso non sono
affatto incoraggianti anche perché si traducono nella sostanziale delega ai fornitori di gran
parte delle funzioni documentarie, spesso anche progressivamente allargate agli archivi
correnti che dovrebbero restare invece appannaggio esclusivo dei soggetti produttori.
Numerose sono invece le conseguenze negative (anche di natura economica) di
questo processo di privatizzazione della funzione primaria della memoria documentaria:
in particolare si determina da un lato la crescita progressiva e rilevante dei costi per
i soggetti produttori, mentre dall’altro si impoveriscono ulteriormente e, talvolta,
definitivamente – o almeno per un lungo periodo fino al momento di crisi del processo
stesso – le competenze archivistiche di chi dovrebbe dirigere e guidare i processi, del
cosiddetto management interno in una fase in cui la sperimentazione diffusa costituisce
o dovrebbe costituire la base imprescindibile per acquisire e sviluppare conoscenza,
metodo ed esperienza all’interno della singola struttura ma anche per l’intera comunità
professionale di riferimento.
MARIA GUERCIO

Qualche buona pratica per quanto riguarda la creazione di infrastrutture conservative
e gestionali in ambiente pubblico (penso ad esempio alle prospettive di sviluppo di
Docarea grazie all’impegno della Regione Emilia Romagna e alla Provincia di Bologna,
ma anche al modello conservativo degli archivi camerali per quanto riguarda il registro
delle imprese, o ancora il progetto di digitalizzazione degli archivi di stato civile da parte
del Ministero dell’interno) è per ora – con l’eccezione del sistema camerale che ha ormai
accumulato e maturato (o fatto maturare alla società consortile che gestisce il servizio)
un’esperienza almeno biennale in materia – solo in fase di progettazione ed è su questi
modelli che dovrà concentrarsi l’analisi e l’attività di monitoraggio al fine di valutare
concretamente la natura delle nuove funzioni e la rinnovata distribuzione di compiti che
simili concentrazioni richiedono, nonché le garanzie sul piano giuridico e tecnologico
anche al fine di procedere con la dovuta cautela in settori che rivestono (si pensi alla
funzione giuridico-documentaria dello stato civile) una grande rilevanza per la vita dei
cittadini.
La certezza documentaria e le memorie digitali
Chi sta concretamente sperimentando risposte organizzative alle nuove sfide e può
ormai avviare e condividere riflessioni concrete sui vincoli e sulle criticità delle soluzioni
adottate è destinato quindi a svolgere un ruolo significativo di apripista non solo per
l’individuazione di metodi e soluzioni operative, ma più in generale con riferimento
all’evoluzione e alle opportunità dei nuovi ambienti di lavoro e di documentazione. E’
quindi indispensabile che si crei un sistema (o almeno una rete) di cooperazione e di
scambio che consenta e promuova la condivisione intelligente delle esperienze. Non
è produttivo lasciare al caso (ai “buoni convegni” o a qualche occasione formativa di
particolare qualità) il successo di un indispensabile e non più rinviabile modello cooperativo
e di condivisione delle conoscenze. E’ più che matura la possibilità di creare strumenti
efficaci per condividere e sostenere l’adozione di standard, regole, modelli, percorrendo
anche in Italia una strada che altri Paesi europei hanno intrapreso da tempo attraverso
la creazione di reti/sistemi di collaborazione per la ricerca, lo sviluppo e il confronto in
questo ambito. Sarebbe anche opportuno ripensare con un po’ di coraggio l’attuale sistema
delle competenze ministeriali del settore riflettendo sia sul ruolo e sulla collocazione
attuale dell’amministrazione archivistica che su quello del Cnipa, come altri Paesi hanno
cominciato a fare. Penso da un lato all’esempio delle reti di collaborazione sviluppate
in Gran Bretagna (dove operano una struttura di collegamento, la Digital Preservation
2

2
Coalition, e una di ricerca, il Digital Curation Center, ma anche alla Germania che ha
messo in piedi un sistema di condivisione delle esperienze in questo campo mediante la
rete Nestor), ma mi riferisco anche, in particolare, alla coraggiosa decisione del governo
britannico che ha deciso di affidare ai National Archives (presumibilmente grazie al
notevole livello di dinamicità e alla promettente capacità di innovazione che l’istituzione
archivistica ha dimostrato in questi ultimi anni) nel giugno di quest’anno la gestione delle
attività di innovazione in materia di informatica pubblica, che in precedenza facevano capo
ad un’apposita struttura molto simile al nostro Cnipa. Si ricorda qui questa riforma più a
titolo esemplificativo che per la concreta speranza di un intervento del legislatore in questa
direzione, considerata l’incapacità storica del nostro paese da un lato a razionalizzare
coraggiosamente le strutture esistenti, dall’altro a dare forza alle istituzioni archivistiche
nazionali che da anni conoscono solo riduzione di risorse finanziarie e di personale e una
collocazione all’interno di una compagine statale ipertrofica che ha tolto visibilità e peso
politico agli apparati tecnici.
MARIA GUERCIO
Il principale nodo critico da sciogliere nel contesto dato riguarda comunque la
capacità di ottenere l’effettivo coinvolgimento dei produttori e l’efficace applicazione
in fase attiva dei comportamenti e delle procedure che la conservazione richiede, nella
consapevolezza che non sono sufficienti (in un Paese che vive – o muore – sotto il peso di
200.000 provvedimenti dispositivi e una giustizia sull’orlo della paralisi) gli obblighi di
legge per ottenere che le buone pratiche di alcuni diventino buone pratiche comuni. Alcuni
fattori (di rischio e/o di successo) fanno tuttavia ben sperare. In particolare può produrre
cambiamenti nel comportamento passivo delle organizzazioni il fatto che:
– l’obsolescenza tecnologica e i rischi di manipolazione e perdita minaccino non solo le
memorie storiche ma anche le risorse documentarie di breve e medio periodo;
– gli investimenti finalizzati alla normalizzazione dei contenuti, delle strutture, dei
metadati siano necessari oltre che alla trasmissione nel tempo lungo della memoria
anche alla trasmissione delle risorse nello spazio e alla loro interoperabilità;
– gli interventi finalizzati a garantire la persistenza di documenti, pur costosi e
impegnativi, introducono coerenza e qualità anche nelle procedure di routine: i costi
accresciuti del sistema documentario in ambiente digitale potrebbero paradossalmente
implicare il riconoscimento del suo valore e della necessità di garantirne la permanenza
nel tempo (proprio in nome degli investimenti che quel sistema ha richiesto).

In conclusione la necessità di occuparsi della permanenza delle memorie digitali
sin dalla nascita dei prodotti (per la semplice ragione che senza questo sforzo integrato e
lungimirante per il futuro si perdono anche le memorie persistenti e affidabili del presente)
implica nuove forme di collaborazione presumibilmente (oltre che sperabilmente) destinate
alla creazione più consapevole e qualificata dei documenti medesimi.
I custodi archivistici in questo processo possono costituire il punto forte o l’elemento
debole del cambiamento a seconda se siano in grado di interpretare attivamente un ruolo
di definitori di standard e requisiti, pianificatori e certificatori di sistemi. Le esperienze in
corso, peraltro, fanno bene sperare: quasi tutti i gruppi di lavoro internazionali e nazionali
che stabiliscono standard, norme, procedure vedono sempre più spesso la presenza di
figure archivistiche in ruoli rilevanti e comunque non concorrenti rispetto ad altri profili,
inclusi coloro che hanno la responsabilità per la gestione degli archivi correnti. Questi
ultimi peraltro in molte tradizioni – come quella italiana – sono, con crescente frequenza,
professionisti che vengono da una medesima “militanza archivistica” con ulteriori e
specifiche esperienze gestionali. Comincia infine a profilarsi un effettivo ambiente di
cooperazione multidisciplinare. Ne costituiscono un esempio i progetti europei finanziati
quest’anno nel campo della conservazione delle risorse digitali che vedono la forte
partecipazione (speriamo anche in termini di reale ricerca) di grandi imprese quali IBM,
la stessa Microsoft, la società Engineering e la società Metaware del gruppo Infocamere
per l’Italia).
La certezza documentaria e le memorie digitali
Emerge in questo ambito l’esigenza prioritaria (non ancora adeguatamente
riconosciuta e tantomeno sostenuta neppure nella comunità archivistica) di una leadership
intellettuale adeguata alle responsabilità nelle comunità tecnico-scientifiche di riferimento,
basata sulla credibilità e autorevolezza dei suoi rappresentanti e sulla capacità di proporre
soluzioni integrate e innovative convincenti sia all’interno che all’esterno delle professioni
di riferimento. L’esistenza di capacità e competenze di questa natura e di elevata qualità è
tutt’altro che scontata anche se il successo di alcune esperienze internazionali e nazionali
sembra derivare proprio dalla presenza di tali condizioni che includono a mio avviso:
– la padronanza di principi teorici coerenti e di metodi rigorosi;
– una diffusa competenza tecnica sia in ambito archivistico che tecnologico e
organizzativo (ottenuta mediante la costante cooperazione di specialisti dei diversi
settori nell’ambito di progetti qualificanti);
2

2
– livelli adeguati di formazione diffusa (di massa, si potrebbe dire) che includano
sistemi formativi aperti e capaci di continuo aggiornamento, di gusto della ricerca e
della sperimentazione, ripensando innanzitutto seriamente il modello esistente sia per
quanto riguarda le Scuole d’archivio, sia con riferimento ai contenuti, alla qualità e alle
modalità dell’educazione di livello universitario in sé e in relazione ai problemi della
formazione continua che in questo ambito costituisce una condizione imprescindibile
per la coerenza e l’adeguatezza dell’esercizio quotidiano dei propri compiti;
– istituzioni nazionali sorrette da azioni di direzione illuminate perché guidate dalla
comprensione tecnica e politica delle sfide in corso e della loro complessità;
– amministrazioni pubbliche e imprese seriamente impegnate nell’esercizio del proprio
mandato e consapevoli del peso che la memoria documentaria (digitale e non) è in
grado di avere per un efficace ed efficiente svolgimento del mandato medesimo (come
la ULSS di Asolo sembra essere).
MARIA GUERCIO
La criticità di questo processo è quindi strettamente collegata proprio alla definizione
di percorsi formativi altamente qualificati, unitari nell’impostazione di base e specialistici
nelle componenti interne, oltre che alla piena comprensione da parte di tutti gli attori
dei nuovi processi del fatto che la rivoluzione tecnologica nei sistemi documentari non
consiste né nel trasporre passivamente i comportamenti tradizionali in nuovi ambienti, né
nel disegnare sistemi digitali astratti che non sappiano ad esempio offrire soluzioni ibride
realistiche ed efficaci (come è ad esempio il caso positivo dell’Agenzia delle entrate che ha
coraggiosamente scelto una logica di insourcing, ha assunto quattro archivisti, ha deciso
una politica di digitalizzazione innovativa, prudente e impegnativa insieme, anche rispetto
al pregresso, senza cercare di impugnare la bandiera di una innovazione tecnologica a tutti
i costi – che nel caso specifico sarebbero sicuramente pagati dai contribuenti onesti) - o
che ignori la rilevanza dei problemi organizzativi. Soprattutto è indispensabile – dopo
tanti, troppi anni passati a definire norme – avviare con umiltà e concretezza una fase
di sperimentazione e verifica con obiettivi onesti e credibili: ovvero utilizzare tutte le
potenzialità dell’innovazione tecnologica senza tuttavia perdere di vista l’esigenza di
costituire e mantenere una memoria stabile e qualificata per il futuro.

La conservazione del digitale:
una panoramica sulla ricerca internazionale
LUCIANA DURANTI
(School Of Library, Archival and Information Studies dell’Università della British
Columbia – Vancouver)
Presentare un panorama sulla ricerca della conservazione del digitale è un’impresa
piuttosto ardua. Il problema è così generalizzato e diffuso che ogni organizzazione ed
ogni individuo ne sono coinvolti ed ogni giorno nel mondo si promuovono sempre nuove
ricerche. Pertanto lo scopo di questo intervento non è quello di identificare e di discutere
i tentativi di ricerca passati, presenti o programmati, ma di presentare gli schemi generali
perseguiti dalla ricerca nella conservazione del digitale nel passato e nel presente e di
indicare le direttive future, oltre a limitare l’ambito delle mie panoramiche ai progetti
focalizzati sui documenti digitali come specifici oggetti di conservazione.
Lo scopo dei primi progetti di ricerca era quello di definire il problema e la struttura
concettuale circostante. Un recente articolo di David Bearman descrive in breve tale
scopo ovvero quello di discutere in dettaglio le iniziative che si sono sviluppate agli
inizio degli anni ’90, come ad esempio i progetti Pittsburgh e UBC-MAS 3 . Sebbene non
sia completamente concorde con alcune opinioni espresse da Bearman in merito alle
conclusioni raggiunte da questi progetti, non vi è dubbio che i loro principali obiettivi
sono stati quelli di definire l’entità da conservare (cioè: il documento) e i concetti connessi
alla conservazione (per es.: ciclo vita, i metadati, conservazione dei documenti) 4 . Le
caratteristiche della ricerca che, verso fine secolo, si è sviluppata ed è sorta dalla definizione
iniziale di questioni, teorie e metodi erano: 1) la collaborazione internazionale, 2) l’inter-,
la multi- e la trans-disciplinarietà, 3) la globalità e la generalità dei problemi sollevati, e
4) la tendenza a suddividere ogni problema in componenti che potessero essere risolte in
modo autonomo e separato.
3 Bearman, David. “Moments of Risk: Identifying Threats to Electronic Records,” [Momenti di Rischio:
identificare le minacce dei documenti elettronici] Archivaria 62 (autunno 2006): 15-46.
4 V. Duff, Wendy. “Ensuring the Preservation of Reliable Evidence: A Research Project Funded by the NHPRC.”
[Garantire la Conservazione di Prove Affidabili: Un Progetto di Ricerca a cura di NHPRC] Archivaria 42
(autunno 1996): 28-45; Duranti, Luciana and Heather MacNeil. “The Protection of the Integrity of Electronic
Records: An Overview of the UBC-MAS Research Project.” [La conservazione dell’integrità dei documenti
elettronici: panoramica sul Progetto di Ricerca UBC-MAS] Archivaria 42 (Autunno 1996): 46-67. Duranti,
Luciana, Terry Eastwood and Heather MacNeil, The Protection of the Integrity of Electronic Records.
Dordrecht: Kluwer Academic Publishing, 2002. [la Conservazione dell’Integrità dei Documenti Elettronici]
2

30
La discussione per ognuna di queste caratteristiche è assicurata. L’interesse nel
costituire un’associazione internazionale derivava da un sentimento generale sul fatto
che la soluzione della conservazione digitale potrebbe non avere legami diretti con i
contesti culturali, sociali, politici o legali, ma necessitava di essere divisa in vari contesti,
pur rimanendo valida in ognuno di essi e che la necessità della comunità di ricerca di
conseguire un impatto sull’industria tecnologica dell’informazione richiedeva lo sviluppo
di standard internazionali, possibile solo con un accordo di una rete di ricercatori a livello
internazionale 5 .
Al contempo, era chiaro che la soluzione dei problemi presentati dalla conservazione
digitale non poteva essere trovato in un contesto di un approccio strettamente disciplinare,
ma necessitava il supporto di una serie di discipline il cui focus di conoscenza verteva
su singoli aspetti di tali problemi, come quelli diplomatici (per es.: per le caratteristiche
ed i caratteri qualitativi delle entità da conservare), legali (es.: per i diritti di proprietà
intellettuale coinvolti nella migrazione), chimici (es. per i componenti dei mezzi
di conservazioni), problematiche relative alla scienza elettronica ed ingegneristica
(per il progetto dei prototipi), ecc. Questa visione necessitava di un approccio di tipo
interdisciplinare, ovvero, di un modo di conduzione della ricerca che integrasse diverse
metodologie, concetti, principi e tecniche da una varietà di campi a seconda delle
necessità. L’integrazione di diversi gruppi di conoscenza e la successiva elaborazione e
sviluppo dei suoi risultati avrebbe certamente prodotto nuova conoscenza, concordante
con quella di ogni campo separato. Il processo di interdisciplinarietà è molto diverso da
quello multidisciplinario che tende ad esaminare lo stesso problema nel contesto di ogni
disciplina separata e di risolverlo entro tale disciplina, senza un’integrazione di teoria e
metodi. I risultati vengono confrontati e viene adottata la soluzione migliore.
Rispetto all’interdisciplinarietà ed alla multidisciplinarietà, la transdisciplinarietà
è multireferenziale e multidimensionale. Laddove l’interdisciplinarietà comporta
il trasferimento di uno o più metodi o idee da una disciplina ad un’altra, e la
multidisciplinarietà comporta l’analisi dello stesso oggetto da parte di diverse discipline,
la transdisciplinarietà –come viene indicato dallo stesso prefisso “trans”- comporta il
5 V. per esempio il Progetto InterPARES: Luciana Duranti, ed. The Long-Term Preservation of Authentic
Electronic Records: The Findings of the InterPARES Project [La Conservazione a lungo termine dei Documenti
elettronici autentici: Le scoperte del Progetto InterPARES] (San Miniato: Archilab, 2005), anche online
http://www.interpares.org/book/index.cfm.
LUCIANA DURANTI

La conservazione del digitale: una panoramica sulla ricerca internazionale
pensare contemporaneamente all’interno, attraverso e al di fuori di ogni disciplina e al
di là di tutte le discipline. Il suo scopo è quello di giungere ad una comprensione della
realtà presente, di cui un imperativo consiste nell’unità della conoscenza; “il rigore,
l’apertura e la tolleranza” sono caratteristiche fondamentali per un’attitudine ed una
visione transdisciplinare.
Il rigore nella tesi, prendendo in considerazione tutti i dati esistenti, rappresenta la
migliore difesa contro possibili distorsioni. L’apertura mentale comporta l’accettazione
di quanto sconosciuto, inatteso ed imprevedibile. La tolleranza comporta la conoscenza
del diritto ad idee e verità opposte alle proprie” 6 . Invece la transdisciplinarietà è la più
creativa di tutte le prospettive di ricerca perché, pur non negando la disciplinarietà, apre
l’opzione di rifiutare tutte le discipline e pertanto rappresenta l’approccio più utile nel
momento in cui ci si confronta con questioni che sembrano essere completamente nuove,
ma che non sono ancora state provate 7 .
Le altre due caratteristiche dei progetti di ricerca di fine secolo consistevano nella
loro generalità nel tentativo di indirizzare l’intero problema della conservazione digitale in
un’unica volta come applicata ad ogni tipo di entità, e la loro globalità in cui non avevano
le loro radici nei problemi riscontrati da una specifica organizzazione ma nell’idea di quali
fossero i problemi, nella mente degli esperti mondiali, che ogni organizzazione stava già
affrontato o che avrebbe eventualmente incontrato; e la loro tendenza a suddividere tali
problemi in parti gestibili separatamente in modo che le conclusioni relative ad ogni parte
non potessero essere invalidate da una possibile mancanza di validità delle conclusioni
correlate ad altre parti e le soluzioni potessero essere testate ed implementate come moduli
di un più ampio complesso che poteva variare da un luogo all’altro. Così per esempio, il
problema dei metadati dovrebbe essere trattato disgiuntamente dalla sicurezza o dalla
conversione.
Oltre alla condivisione delle caratteristiche sopra discusse, tali progetti di ricerca
trovano un ampio consenso in una serie di affermazioni che costituiscono un fondamento
6 V. Charter of Transdisciplinarity online http://nicol.club.fr/ciret/english/harten.htm (accesso nel 01/02/2007).
Ogni progetto transdisciplianre è per definizione anche disciplinare, interdisciplinare e multidisciplinare.
7 Un progetto tipico che impiega questo approccio è Transnet, online http://www.sfu.ca/transnet/. Il progetto di
ricerca sulla conservazione del digitale che ha di fatto impiegato il maggior numero di transdisciplinarietà è
InterPARES 2, nei suoi sforzi di coinvolgere nella ricerca le discipline di individui e di organizzazioni che
creano archivi in attività artistiche, scientifiche, business e di e-government V. progetto online http://www.
interpares.org/ip2/ip2_index.cfm. Un tipico progetto interdisciplinare è ERPANET, online http://www.erpanet.
org/. La maggior parte delle collaborazioni internazionali sono state del tipo multidisciplinare.
3

32
su cui ogni progetto in corso si basa. I punti di consenso sono i seguenti: 1) la tecnologia
non può determinare la soluzione del problema della conservazione del digitale: sono i
bisogni delle organizzazioni che definiscono il problema e sono i principi archivistici che
devono stabilire la correttezza e l’adeguatezza di ciascuna soluzione tecnica prospettata;
2) la conservazione digitale è un continuo processo che inizia con la creazione del
documento; 3) non è possibile conservare fisicamente un documento digitale; è possibile
unicamente mantenere la capacità di riprodurlo; 4) la sola maniera per conservare un
documento che non è più attivo è di fare una copia autentica dell’ultima manifestazione
usata dal suo produttore nel corso dell’attività; 5) lo scopo della conservazione digitale è
quello di trasmettere nello spazio e nel tempo dei documenti che rimangano accessibili e
che sia possibile provare come autentici ed accurati; 6) i documenti dinamici ed interattivi
costituiscono una seria sfida alla nostra abilità nel conservarli, poiché necessitano di essere
fissati o ricostituiti; e 7) la conservazione a lungo termine oltre il limite dell’obsolescenza
(decenni e secoli) richiede una custodia legittimata ininterrotta e riporta la questione della
figura più discussa del “custode fidato” 8 .
LUCIANA DURANTI
Sebbene i punti di consenso sopra indicati siano di fondamentale importanza,
l’affermazione condivisa che avrà le maggiori conseguenze sulle direttive future della
ricerca sulla conservazione digitale è che non c’è un’unica soluzione per la conservazione del
digitale. Le soluzioni sono situazioni specifiche e devono essere concepite dai conservatori
alla luce di: a) il contesto culturale, legale, amministrativo e funzionale in cui operano; b)
la natura e le caratteristiche dell’individuo o dell’organizzazione che produce il materiale
digitale; c) la tipologia del materiale prodotto e le sue caratteristiche documentarie e
tecnologiche; d) le limitazioni imposte dalle risorse finanziarie ed umane a disposizione;
e) la cultura organizzativa del produttore del materiale e del conservatore; e g) il loro
accesso ai programmi professionali o didattici. Un corollario di questa posizione consiste
nel fatto che, mentre la teoria e i metodi sviluppati dai progetti a vasta rete possono essere
velocemente applicabili alla struttura strategica e procedurale di grandi archivi ricchi
in risorse, non possono essere direttamente applicati ad organizzazioni archivistiche o a
programmi di piccole-medie dimensioni (unità all’interno di archivi creanti organizzazioni)
senza 1) il sostegno dello loro entità di regolazione, di controllo e di revisione, 2) maggiori
8 Il concetto di custode fidato è stato teorizzato e descritto nel contesto di InterPARES 2 ed ha un ruolo
fondamentale nella struttura di InterPARES 2 per le politiche, le lineeguida per creare e mantenere i documenti
e le linee guida per la conservazione dei documenti

La conservazione del digitale: una panoramica sulla ricerca internazionale
adattamenti ai metodi e alle strategie consigliate, 3) la loro conversione in concreti piani di
azione per ogni entità data di documenti o dati, e 4) lo sviluppo di competenze ed abilità
adeguate da parte di professionisti responsabili. Questa à la ragione per cui i maggiori
progetti di ricerca hanno favorito la suddivisione del problema nelle sue componenti: questa
suddivisione ha consentito a progetti internazionali di sviluppare soluzione adattabili a
circostanze nazionale senza comprometterne l’insieme. Tuttavia, quanto finora fatto è
ancora molto distante da quanto è necessario fare ancora. I progetti di ricerca attuali sono
tentativi sempre più vasti che non nascono da movimenti di base, continuano a coinvolgere
grandi e ricche istituzioni e le migliori menti accademiche piuttosto distanti dalla realtà
quotidiana della conservazione del digitale, hanno principalmente la funzione di clearing
house e di disseminazione di altri progetti di ricerca o di migliore prassi ed hanno la
tendenza a limitare la mobilitazione della conoscenza per offrire workshop e seminari 9
Le conclusioni di uno studio sull’efficacia di seminari e workshop esistenti volti
ad aumentare le abilità degli archivisti nella conservazione digitale e la loro capacità a
migliorarli nelle loro conoscenze, hanno dimostrato tuttavia che pochissimi partecipanti
erano in grado di incrementare le abilità una volta tornati ai loro ambienti di lavoro 10 .
Perciò, vi è una duplice questione nella ricerca di soluzioni concrete a problemi
esistenti in situazioni reali e per consentire a quelli in atto di implementare tali soluzioni.
Vi è un’evidente assenza di progetti di ricerca adeguati indirizzati in tal senso. Per
completare le iniziative diffuse a livello internazionale, abbiamo bisogno di altri tipi di
progetti di ricerca.
A mio parere, i progetti di ricerca futuri dovranno indirizzare questa duplice
questione attaccandola contemporaneamente dai due diversi fronti: dall’alto al basso
(sensibilizzando chi ha il potere di creare un ambiente di supporto per la conservazione
digitale) e dal basso all’alto (sviluppando delle soluzioni pratiche per reali circostanze
imperfette).
Tra gli obiettivi dei futuri progetti di ricerca, intravedo quanto segue:
- la promozione di condizioni di sostegno della conservazione digitale dimostrando
9 Per es.: v. Digital Preservation Europe digitalpreservationeurope.eu/about/. Se il suo scopo di promuovere la
collaborazione e la sinergia tra i progetti è importante e lodevole, dove sono gli altri progetti, quelli che hanno
radici nelle comunità ma che sono sostenuti ad altri livelli internazionali?
10 Duff, Wendy M., Amy Marshall, Carrie Limkilde, and Marlene van Ballegooie. “Digital Preservation Education:
Educating or Networking?” [“Conservazione digitale: Educazione o Networking?”]The American Archivist 69,
1 2006): 188-212.
33

3
agli enti di controllo e di revisione e ai responsabili delle decisioni che è essenziale
integrare i requisiti di conservazione in qualunque attività da essi regolamentate,
riveste o controllate;
- la collaborazione con organizzazioni archivistiche di piccole e medie dimensioni
e con programmi volti allo sviluppo di politiche, strategie, procedure e/o piani di
azioni graduali che possono mettere in atto la conservazione di materiali digitali che
prevedono di acquisire o che hanno già acquisito, impiegando tutte le raccomandazioni
ed i prodotti di progetti di ricerca guida all’avanguardia;
- la valutazione dell’applicabilità delle raccomandazioni dei progetti di ricerca
internazionale in merito alla creazione e alla conservazione fidata di documenti a
situazioni di organizzazioni o programmi specifici di piccole o medie dimensioni e, in
particolare, la validità delle affermazioni sui rapporti tra i conservatori e i produttori
di documenti;
- la valutazione sull’applicabilità delle soluzioni di conservazione dei progetti di ricerca
internazionali su casi concreti identificati da organizzazioni o programmi specifici
che necessitino di attenzione immediata, sia quando i documenti in questione siano
già in loro custodia sia che si trovino ancora nella mani del loro produttore;
- il miglioramento e la successiva elaborazione delle teorie e dei metodi, dei concetti
e dei principi sviluppati dai progetti di ricerca internazionale sulla base dei risultati
delle attività sopra descritte;
- stabilire quando tali teorie e metodi, concetti e principi siano applicabili nelle
giurisdizioni, indipendentemente dall’ambiente legale/amministrativo, sociale e
culturale e, qualora non siano applicabili, identificarne il motivo e determinare le
misure necessarie per garantire la conservazione dei documenti digitali;
- assistere le organizzazioni o i programmi di piccole o medie dimensioni nell’affrontare
le questioni legali che sono state identificate dai pertinenti progetti di ricerca che creano
degli ostacoli alla conservazione digitale a lungo termine e quelli che potrebbero
essere specifici per la loro situazione;
- formulare dei modelli per ciascuna scelta relativa ai metodi di conservazione e agli
oggetti digitali che devono essere conservati, che identifichino le conseguenze etiche
per gli individui e la società;
LUCIANA DURANTI
- creare modelli di valutazione in grado di misurare il successo delle soluzioni di

La conservazione del digitale: una panoramica sulla ricerca internazionale
conservazione proposte ed attuate;
- sviluppare dei modelli sui costi della conservazione per i vari tipi di documenti ed
archivi;
- sviluppare la consapevolezza e materiali didattici che possano 1) consentire al
personale di organizzazioni o programmi di piccole dimensioni di progettare e
condurre la conservazione digitale, b) assistere le associazioni professionali nella
promozione dello sviluppo di carriera dei loro membri, e c) fornire ai programmi
universitari argomenti e strutture per i corsi universitari sulla conservazione digitale;
ed identificare i metodi di effettiva distribuzione;
- garantire il trasferimento della conoscenza generata da questa azione di ricerca –
inclusi gli esempi effettivi e le storie di successo- ai partecipanti competenti a livello
locale, nazionale ed internazionale; e
- stabilire una rete di ricerca e didattica forte sulla conservazione digitale che abbia
profonde radici nelle varie comunità servite da ciascun progetto di ricerca e che si
integri nel lavoro accademico con l’azione sociale e comunitaria.
I prodotti di tali progetti di ricerca potrebbero essere:
- politiche, strategie e procedure per organizzazioni o programmi archivistici di piccole
e medie dimensioni e linee guida per i produttori di quei documenti che rientrano
nelle loro responsabilità;
- piani di azione per studi di casi specifici condotti nel corso della ricerca;
- analisi della validità, dell’applicabilità e dell’adattabilità dei piani di azione sviluppati
nei casi specifici studiati per organizzazioni, contesti o paesi differenti;
- confronto tra i piani di azione sviluppati per la conservazione di documenti a diversi
livelli nel loro ciclo di vita (creazione, uso, mantenimento, modifica, conservazione);
- criteri per determinare i materiali più a rischio, come la data di creazione, l’ultima
data di accesso, il vettore, il sistema operativo, il software impiegato, l’ attrezzatura
richiesta e la sua disponibilità., ecc.
- linee guida per i requisiti della conservazione che si applicano solo a specifiche
tipologie di documenti digitali e che possono essere impiegate nel contesto di ambienti
a basse risorse;
- valutazione di modelli per la determinazione del grado di successo dell’azione di
conservazione scelta;
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LUCIANA DURANTI
- modelli costi-benefici per i vari tipi di archivi o programmi, documenti e/o sistemi;
- modelli etici che identificano ed esplicitano le conseguenze per gli individui e per la
società di vari tipi di misure di conservazione o della loro mancanza;
- moduli didattici e di addestramento per le organizzazioni o i programmi archivistici,
le associazioni professionali ed i programmi universitari; moduli didattici e di
sensibilizzazione per i non archivisti, come i professionisti dell’informatica, i venditori
e i fornitori di servizi; le risorse umane e gli amministratori finanziari; le comunità di
pratica, i membri del pubblico generale, ecc. ed una strategia per la loro consegna; e
- “white papers” volti a regolare, controllare, revisionare e a creare istituzioni politiche,
a sostenere il bisogno vitale di integrare la conservazione digitale programmata nei
requisiti originati dalle attività che regolano, controllano o revisionano.
Questo tipo di progetto di ricerca richiede una ricerca -azione 11 . La Ricerca-azione
è una raccolta di metodi partecipativi ed interattivi che segue l’azione (in questo caso, la
conservazione dei documenti digitali) e la ricerca al contempo. Automaticamente, questo
metodo di ricerca crea delle collaborazioni tra i membri della comunità ed i ricercatori
in un programma di azione di riflessione verso un cambiamento positivo 12 . La ricerca-
azione amplia l’uso della metodologia dello studio del caso, della comunicazione diretta e
dell’interazione con i soggetti della ricerca che, al contempo, partecipano e contribuiscono
all’attività della ricerca. I partecipanti ed i ricercatori dell’azione creano una conoscenza
che è concretamente utile. Nel processo, essi definiscono congiuntamente gli obiettivi
della ricerca e gli obiettivi politici, co-formulano le questioni della ricerca, un pool di
conoscenza, preparano le conoscenze di ricerca condivise e sviluppano delle interpretazioni
e dei test di performance che attuano specifiche strategie per un cambiamento sociale. Si
dice che la ricerca-azione, come forma di indagine, reconcettualizzi la scienza come un
progetto collaborativo, comunicativo, comunitario e focalizzato sul contesto.
Nel caso della ricerca sulla conservazione del digitale, si possono includere nel
campo della ricerca-azione due distinte metodologie di ricerca: il metodo della ricerca sullo
sviluppo del prototipo e l’etnografia. Lo sviluppo del prototipo è un approccio incentrato
11 McNiff, Jean, and Jack Whitehead. All You Need to Know About Action Research. [Tutto quello che è necessario
sapere sulla Ricerca-Azione] London: SAGE Publications Ltd., 2006.
12 Greenwood, David J. and Morten Levin. “Reconstructing the Relationships between Universities and Society
through Action Research,” [Ricostruire i rapporti tra le Università e la Società con la Ricerca-Azione] in
Norman K. Denzin and Yvonna S. Lincoln, ed. The Landscape of Qualitative Research: Theories and Issues,
[Lo scenario della ricerca qualitative e delle teorie e discussioni] 2 nd . Thousand Oaks: SAGE Publications,
2003, 131-166.

La conservazione del digitale: una panoramica sulla ricerca internazionale
sull’utente che permette di esplorare l’interazione tra la teoria e la pratica, favorendo la
pratica ed offrendo anche nuove idee sui concetti teorici. Lo sviluppo di un sistema in un
contesto di ricerca può servire come prova dimostrativa della teoria sottostante, mentre
produce qualcosa che può costituire la base della ricerca allargata e in corso 13 .
L’etnografia, invece, è una forma di indagine caratterizzata dalla posizione
dei ricercatori nei confronti dei fenomeni oggetto di studio: si collocano all’interno
di un ambiente archivistico (inclusi i produttori di documenti, gli archivisti e gli
utenti, che insieme costituiscono una comunità di pratica all’interno della quale
l’interazione sociale definisce i valori e crea dei significati) per raggiungere la
prospettiva culturale di responsabili dei documenti. Il processo della ricerca
etnografica include un’attenta osservazione dell’ambiente che risulta in descrizioni
dettagliate, in numerosi colloqui ai membri della comunità, e nell’analisi dei
documenti prodotti o accumulati nelle prime due attività 14 .
Come faranno i ricercatori e i partecipanti a stabilire il grado di successo o di
insuccesso di questi attenti processi di ricerca che tendono a portare una conoscenza di
alto livello internazionale a chi necessita di applicarla e di portare l’esperienza di tali
realizzazioni sulla scienza internazionale per poter raffinare ed elaborare la teoria e i
metodi e procedere a livelli successivi nello sviluppo della conoscenza? Gli indicatori di
performance per questo tipo di ricerca devono necessariamente rapportarsi all’efficacia
ed alla produttività della collaborazione. Infatti, se le politiche, le strategie o i piani di
azione sviluppati per ogni soggetto e partecipante alla ricerca sono in grado di produrre
come risultato la conservazione permanete dei materiali in oggetto, è impossibile sapere
nel breve periodo l’arco di tempo di ciascun progetto di ricerca. Pertanto, qualunque
collaborazione di ricerca valuterà la motivazione e la risolutezza dei partecipanti nel
contribuire ai risultati previsti; la qualità, la continuità e gli effetti dei loro contributi;
l’efficacia dei prodotti nello stabilire adeguati rapporti tra i partecipanti all’interno
di ogni ambito archivistico, nell’affrontare le questioni di conservazione più urgenti e
nell’informare e nel guidare sia lo staff che ciascuna organizzazione partecipante e gli
13 Questo metodo è stato impiegato in InterPARES 2. V. Evans, Joanne e Nadav Rouche. “Utilizing Systems
Development Methods in Archival Systems Research: Building a Metadata Schema Registry,” [Utilizzare I
metodi per lo sviluppo di sistemi nella Ricerca dei sistemi archivistici: Costruire un Registro con gli schema
dei metadati] Archival Science 4, 3-4 (Settembre 2004): 315-334.
14 Gracy, Karen F. “Documenting Communities of Practice: Making the Case for Archival Ethnography,”
[Documentare le Comunità di Pratica: il caso dell’etnografica archivistica] Archival Science 4, 3-4 (Settembre
2004): 335-365.
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enti preposti al loro controllo e revisione. L’ultimo indicatore del successo di ciascun
progetto di ricerca sarà rappresentato dal livello di soddisfazione dei propri partecipanti,
sia della comunità (basata sulla loro percezione dell’abilità acquisita nel programmare e
condurre una conservazione del digitale) sia del mondo accademico (basata sull’insieme
della conoscenza prodotta nel processo di ricerca). Infine, la valutazione finale spetterà
alle prossime generazioni.
Questo articolo ha presentato una breve panoramica sul punto in cui si trovava e si
trova ora la ricerca sulla conservazione a lungo termine dei documenti digitali e riporta un
mio personale punto di vista sulla direzione che la ricerca deve intraprendere. Ritengo che
molto sia stato raggiunto nel decennio passato. Certamente è stata creata una comunità
di ricerca laddove ancora non esisteva e sono stati posti dei pilastri fondamentali nella
conoscenza. Ora spetta a noi consentire agli individui e alle organizzazioni di implementare
tale conoscenza e, di sviluppare strade per adattarla alle sempre mutevoli circostanze.
Infine, questa rappresenta la più grande sfida per la ricerca sulla conservazione del
digitale: l’instabilità delle sue soluzioni. Non è impossibile confrontarsi con l’instabilità
se ci focalizziamo sullo sviluppo di metodi azioni veloci ed efficaci e ne stabiliamo le
strutture sul campo, laddove sia necessario.
LUCIANA DURANTI

Il quadro normativo italiano
MICAELA PROCACCIA
(Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione generale per gli Archivi, Roma)
Negli ultimi quindici anni l’Italia ha accumulato una normativa sul tema della
informatizzazione dei documenti e dunque degli archivi delle pubbliche amministrazioni,
in complesso molto avanzata, della quale il codice dell’Amministrazione digitale è uno
degli ultimi esiti. Questa elaborazione si è articolata all’interno di due sistemi normativi,
sviluppatisi in modo parallelo ma con reciproca interazione: quello che tratta i temi
della trasparenza, riservatezza, documentazione amministrativa, informatizzazione del
protocollo, firma digitale e, da ultimo, il codice dell’amministrazione digitale e quello in
tema di beni culturali.
Possiamo scegliere come momento iniziale di questa rapidissima rassegna la legge
15 marzo 1997, n.59, che all’art.15, comma 2 stabiliva che “gli atti, dati e documenti
formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o
telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e
trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge”,
delegando al Governo l’emanazione di specifici regolamenti in materia.
Il d.p.r. 10 novembre 1997, n.513, e il successivo d.p.c.m. 8 febbraio 1999 furono
emanati in esecuzione di quella delega. Con queste disposizioni, dunque, si ponevano
le premesse per l’avvio di significativi progetti e anche di concrete esperienze di
“dematerializzazione”, che riguardano archivi anche di straordinario impatto sul
sistema sociale e sullo status dei cittadini, non occupandosi, tuttavia, direttamente della
conservazione della documentazione digitalizzata. Su questo punto è intervenuto il dPR
20 ottobre 1998 n. 428, che agli articoli dal 12 al 20 detta norme sull’organizzazione
dei servizi d’archivio e sancisce, tra l’altro, l’obbligo di implementazione degli archivi di
deposito e storici delle pubbliche amministrazioni.
Tutta questa legislazione è poi confluita nel dPR 28 Dicembre 2000, n.445 Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa. In particolare, le disposizioni in materia di protocollo e archivio, contenute
negli articoli dal 51 al 69 del DPR 445/2000, rimaste in vigore dopo l’emanazione del
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codice dell’Amministrazione digitale, ed i provvedimenti attuativi richiamano l’obbligo
delle pubbliche amministrazioni di dotarsi dei quadri di classificazione, dei massimari
di scarto o piani di conservazione e del Manuale di gestione come presupposto per la
corretta formazione degli archivi.
Queste disposizioni sembrano riferirsi all’archivio cartaceo, dal momento che
nel testo normativo sono state espunte le disposizioni relative al materiale prodotto su
supporto informatico destinate ad essere oggetto di un successivo intervento; esse vanno
tuttavia ricordate quando si passa ad esaminare il Codice dell’amministrazione digitale.
Nelle disposizioni del Codice, benché il documento informatico sia trattato di
massima come un oggetto privo del suo contesto, è possibile rintracciare riferimenti
ad una struttura archivistica sostanzialmente corretta, e disposizioni che chiamano in
causa la competenza dell’Amministrazione archivistica statale, attraverso le quali questa
normativa si salda con quella recata dal codice dei beni culturali e del paesaggio.
Ciò a partire dalla definizione della gestione informatica dei documenti (art.1,
lettera u) che, ai fini del codice, è “l’insieme delle attività finalizzate alla registrazione
e segnatura di protocollo, nonché alla classificazione, organizzazione, assegnazione,
reperimento e conservazione dei documenti amministrativi formati o acquisiti dalle
amministrazioni, nell’ambito del sistema di classificazione d’archivio adottato, effettuate
mediante sistemi informatici”.
Benché il linguaggio sia, dal punto di vista di una corretta descrizione tecnica delle
procedure di gestione dei documenti, più impreciso di quello utilizzato nel DPR 445/2000,
i principi enunciati in quella normativa vengono comunque richiamati anche a proposito
della formazione di un archivio, su supporto non convenzionale.
Giustamente, Maria Grazia Pastura ha osservato che questa formulazione
consente di superare una cesura “più apparente che reale” che poteva sembrare
essersi verificata fra le disposizioni del DPR 445/2000 – riferite all’archivio
cartaceo – e il Codice 15 .
MICAELA PROCACCIA
Il richiamo alla competenza del Ministero per i beni culturali inserito nel comma
4 dell’art. 22 :“le regole tecniche in materia di formazione e conservazione di documenti
informatici delle pubbliche amministrazioni sono definite ai sensi dell’articolo 71, di
concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, nonché d’intesa con la Conferenza
15 M.G. Pastura, Codice dell’amministrazione digitale: problemi e prospettive archivistiche, in “ I Quaderni del
Cnipa” n. 25 (maggio 2006), pp. 21-30, p.22.

unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e sentito il
Garante per la protezione dei dati personali”, suona come ulteriore garanzia della corretta
conservazione dei documenti digitali.
Il quadro normativo italiano
Il capo III contiene le disposizioni sulla formazione, gestione e conservazione dei
documenti . L’art.43, relativo alla riproduzione e conservazione dei documenti, anche di
quelli nati su supporto cartaceo, al comma 1, che ripete in parte le disposizioni dell’art.6
comma 1, del dPR 445/2000 stabilisce che “i documenti degli archivi, le scritture contabili,
la corrispondenza ed ogni atto, dato o documento di cui e’ prescritta la conservazione per
legge o regolamento, ove riprodotti su supporti informatici sono validi e rilevanti a tutti
gli effetti di legge, se la riproduzione sia effettuata in modo da garantire la conformità
dei documenti agli originali e la loro conservazione nel tempo, nel rispetto delle regole
tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71”. Rispetto all’analoga disposizione del dPR
445/2000, che autorizzava la distruzione degli originali se conformi alle regole tecniche
stabilite unilateralmente dall’AIPA (che in effetti le emanò, prima con delibera n. 42 del
2001 rielaborata e ripubblicata 2004, n.11 ) la nuova disciplina introduce un elemento
di garanzia, e cioè la conformità al regolamento da emanare sentite le amministrazioni
di interessate. Inoltre il comma 4 ribadisce che “sono fatti salvi i poteri di controllo del
Ministero per i beni e le attività culturali sugli archivi delle pubbliche amministrazioni
e sugli archivi privati dichiarati di notevole interesse storico”. Quest’ultima disposizione,
come quelle già ricordate dal DPR 445/2000, costituiscono una sorta di ponte normativo
che unisce questo sistema alla codificazione in materia di beni culturali.
In merito alla riproduzione digitale la Direzione Generale per gli Archivi ha emanato
la lettera circolare n. 8 dell’11 febbraio 2004, contenente le indicazioni che seguono:
“Poiché non sembra sia stata affrontata e risolta la delicata questione della
conservazione permanente dei documenti elettronici (…) le SS.LL., e in particolare le
Soprintendenze archivistiche per i documenti conservati da Amministrazioni non statali,
non autorizzeranno la distruzione degli originali cartacei destinati alla conservazione
permanente”, anche quando le riproduzioni siano state eseguite secondo le modalità
stabilite dalla direttiva 42/2001 dell’AIPA. A riprova dell’incertezza che ancora sussiste a
proposito di tali modalità, la circolare menziona la decisione pressa dall’allora Ministro
Stanca di attivare un tavolo tecnico congiunto per l’individuazione e sperimentazione di
regole e metodologie standard per la conservazione permanente di documenti elettronici.

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A questo proposito, purtroppo, occorre rammentare che il tavolo tecnico non ha ancora,
al momento in cui si scrive, ultimato il suo lavoro, ed è stato riconfermato dal nuovo
Ministro competente. Ci si augura che vengano presto emanate le indicazioni necessarie.
Il codice e il regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività
culturali (DPR 173/04) conferiscono perciò all’Amministrazione archivistica poteri di
vigilanza e controllo sugli archivi pubblici, e allo stesso tempo funzioni di sostegno alle
pubbliche amministrazioni nel progettare e creare il proprio sistema archivistico, allo
scopo di assicurarne la conservazione nel tempo.
La Direzione generale per gli archivi ha da tempo avviato questo secondo aspetto
della sua attività, talvolta anche prima dell’emanazione della normativa sopra richiamata,
attraverso iniziative diverse ( anche in collaborazione con altri Enti), tutte nel segno della
elaborazione di Titolari, Massimari di scarto, Regolamenti e Manuali di gestione, per la
documentazione (come per Camere di Commercio, Università, le stesse ASL, Regioni,
Province e Comuni). Si tratta di iniziative che hanno avuto una accelerazione in vista
dello spirare del termine (gennaio 2004) posto dal decreto legislativo 445 per l’adozione
di procedure informatizzate nella gestione del servizio di protocollo e archivio. Si tratta
di predisporre gli strumenti e le condizioni indispensabili per costituire archivi organici
anche in ambiente digitale, fruibili nell’immediato agli utenti interni (gli archivisti ed
amministratori) ed esterni (i cittadini) e di garantendo al contempo le necessarie basi per
una loro conservazione permanente.
MICAELA PROCACCIA
Si tratta di un punto cruciale, più volte ricordato, e cioè del fatto che anche la fase
di creazione dell’archivio digitale, non diversamente da quella di creazione dell’archivio
cartaceo, per poter assicurare una qualche garanzia di durata nel tempo, va pensata in
vista di questa conservazione.. Il sistema va immaginato tenendo conto della possibilità di
conservalo. Di questo si è occupato moltissimo il dibattito in seno al mondo degli archivisti:
la guida elaborata dal comitato sugli archivi elettronici del Consiglio internazionale
degli archivi, stabilisce che il requisito fondamentale per lo svolgimento della funzione
conservativa è il mantenimento dell’autenticità della leggibilità e accessibilità nel tempo
della produzione documentaria digitale. E il codice dell’amministrazione digitale,
richiamando il punto, parla di integrità, leggibilità e reperibilità.

Come abbiamo visto il problema è anche quello di rapporto, da pensare tutto
in termini nuovi, fra originali e copia. Nel campo della riproduzione del documento
digitale, ciò implica che oltre a essere garantita l’integrità e l’identificazione univoca del
documento, va garantito il mantenimento delle relazioni tra i documenti, devono, cioè,
essere conservati i dati che esprimono l’appartenenza del singolo documento al complesso
archivistico nel quale esso è organicamente e gerarchicamente inserito.
Com’è stato già ricordato, dobbiamo mirare alla certezza e garanzia del futuro della
documentazione una volta che è uscita dall’uso corrente, certezza della conservazione,
della struttura dei dati, riferiti anche alla struttura in cui il documento è stato correttamente
inserito.
Il quadro normativo italiano
Quindi, progettazione alla nascita di un sistema di flusso della documentazione, di
conservazione della documentazione e del suo transito in un processo che sia segnato
da momenti di garanzia della conservazione di tutti questi elementi. Un problema
estremamente complesso che tra l’altro soprattutto in ambito sanitario in questo momento
è allo studio, con particolare riferimento, per esempio, ai processi di certificazione
dei referti di medicina di laboratorio e dei referti di radiologia o, più generalmente, di
diagnostica per immagini, ma un problema la cui soluzione è ineludibile.
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Documenti in pericolo:
imparare dagli eventi avversi. Le regole della
Banca Mondiale per istituzioni e utenti
APRIL MILLER
(Banca Mondiale - Washington)
Le calamità possono essere di svariati tipi, sia naturali che originate dall’uomo,
e possono assumere qualsiasi dimensione: da quelle più piccole, come un’interruzione
temporanea dell’erogazione di corrente o una perdita dell’impianto idraulico; fino a quelle
di ampia portata, quale un vasto incendio di origine chimica, un conflitto bellico tra nazioni
o uno tsunami che devasta vari paesi su due continenti. Si registra un aumento dei reati
quali sabotaggio, frode, furto e molti altri. Se i furti e la manomissione dei documenti sono
di facile rilevazione nei formati cartacei, è molto difficile notarli in ambiente elettronico.
In ogni caso, che il disastro sia di piccola o di grande portata, causato dall’uomo
o dalla natura, l’integrità dei documenti risulta compromessa. In che modo il web e
l’accesso on-line ai documenti elettronici possono aiutare le organizzazioni in caso di
evento avverso? Quale lezione possiamo trarre da disastri quali il World Trade Centre,
l’uragano Katrina e lo tsunami nell’Oceano Indiano?
La copertura dei mass-media e la letteratura sui disastri di questo genere ci fanno
capire quanto la società resti sorpresa dagli effetti degli eventi avversi sulle informazioni
archiviate, sebbene per archivisti, responsabili della documentazione e altri custodi di
informazioni archiviate e materiale culturale, l’esito di disastri quali il World Trade Centre
e l’uragano Katrina non costituisca sorpresa.
La prima lezione, e la più importante, da imparare è quella della duplicazione e della
dispersione. Per i documenti cartacei e su altri formati a stampa il requisito minimo è
copiare i documenti e conservarli in un sito lontano dalla sede principale.
Per i documenti elettronici, duplicare significa fare copie di backup dei dati contenuti
nel computer e degli altri documenti elettronici.
In entrambi i casi sia la sicurezza che l’ubicazione del deposito decentrato sono di
primaria importanza. Il rischio di essere colpiti dallo stesso evento avverso sia nella sede
principale che in quella decentrata è maggiore se la sede decentrata è vicina all’ufficio

che ospita le attività principali. Se invece il deposito è molto lontano dall’ufficio vero
e proprio, il rischio di essere colpiti dallo stesso evento avverso in entrambe le sedi è
inferiore, anche se a volte il reperimento dei documenti può risultare più costoso.
Alcuni studi consigliano di realizzare il deposito decentrato su un altro continente
rispetto a quello che ospita la sede principale o, per lo meno, sul lato opposto dello stesso
continente.
La duplicazione e la dispersione rimandano ad un’altra lezione molto importante e
correlata alla prima: la necessità di identificare i documenti vitali delle organizzazioni in
maniera chiara e coerente. La Banca Mondiale definisce nel modo seguente i documenti
vitali: “Documenti necessari dopo un evento avverso per ripristinare l’attività delle
istituzioni o di altre unità critiche; per ricostruire la posizione giuridica e finanziaria di
tali istituzioni e/o tutelare i diritti delle istituzioni, del rispettivo personale, degli azionisti
e terzi interessati.”
Molte organizzazioni provvedono a copiare i documenti in formato elettronico per
assolvere a vari processi, consentirne l’accesso e a volte garantire la continuità della loro
attività. Queste organizzazioni spendono cifre elevate ogni mese secondo il numero di
documenti da digitalizzare. Oltre alla copia elettronica dei documenti, queste aziende
spendono anche nel backup dei dati elettronici e nei servizi di conservazione file, ma non
tutte stanziano fondi per la conservazione di questi documenti o delle immagini digitali,
né per accertarsi che questi siano conservati nel lungo periodo come copie autentiche di
documenti vitali. In effetti bisogna riconoscere che la conservazione nel lungo periodo è
molto costosa.
APRIL MILLER
I programmi di gestione dei documenti sono molto importanti per le organizzazioni.
Essi abbracciano l’intero ciclo di vita dei documenti, dalla creazione alla collocazione
finale. In tali programmi sono particolarmente importanti la registrazione dei documenti
elettronici e le schede di conservazione per la collocazione.
Gli eventi avversi ci ricordano anche l’importanza di formare il personale sulla
gestione dei documenti e su altri sistemi informatici, come pure sulle procedure
necessarie a continuare l’attività qualora dovesse verificarsi un evento avverso.
Uno studio condotto dalla Association of Records Managers nel 2004 ha fatto emergere
dati statistici interessanti sullo stato dei programmi di gestione della documentazione nel
mondo industrializzato: il 46% delle aziende non gestisce i propri documenti elettronici

Documenti in pericolo: imparare dagli eventi avversi.
Le regole della Banca Mondiale per istituzioni e utenti
per l’intero arco di vita, mentre il 59% delle aziende non dispone di una politica per la
registrazione o la conservazione dei documenti elettronici.
Alla Banca Mondiale la funzione di gestione dei documenti è completamente
decentralizzata: ciò significa che tutto il personale – 18.000 persone in 130 paesi del mondo
– è responsabile della gestione dei documenti, creati secondo le regole e gli standard della
Banca Mondiale. La definizione della politica che regolamenta questo programma rientra
tra le responsabilità demandate agli archivi e abbraccia procedure, standard, politica,
portata, formazione e anche funzionamento dei centri di documentazione.
Ma come avviene nella maggior parte delle operazioni decentralizzate, è difficile
accertarsi se tutto il personale applica le regole, soprattutto per quanto riguarda la cattura dei
documenti elettronici nel nostro sistema di archiviazione elettronica finanziato dall’Istituto.
Per gli archivi della Banca Mondiale, questa è una fonte di forte preoccupazione in merito
alla continuità dell’attività. Se i documenti elettronici e i documenti su carta scansionati
non vengono registrati nel nostro sistema istituzionale di archiviazione, la discussione
sull’accesso dopo gli eventi avversi non ha senso di essere. Infatti che senso avrebbe
consentire alla gente di accedere ai documenti via web o con altri strumenti attivati dopo
un disastro, se non c’è alcun contenuto da offrire?
Un’altra lezione importante riguarda la realizzazione, lo stanziamento di fondi e il
controllo periodico di un Piano Aziendale di Continuità. Gli eventi avversi che interessano
il mondo industrializzato, come il World Trade Center e l’uragano Katrina, hanno portato
i responsabili delle organizzazioni a realizzare dei piani aziendali di continuità. Anche la
Banca Mondiale ne possiede uno rigoroso, che si appoggia a numerose strutture decentrate
per conservare documenti cartacei ed elettronici.
Per comprendere l’importanza della gestione dei documenti nei paesi in via di sviluppo
è utile rileggere le conclusioni del Summit Mondiale sulla Società dell’Informazione (WSIS)
tenutosi nel dicembre 2003. Questo summit produsse un piano d’azione a promozione
dello sviluppo mondiale delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione (ICT),
contenente 10 obiettivi nel campo delle ICT. Questi obiettivi dovranno essere perseguiti
da tutti i paesi – inclusi quelli in via di sviluppo e i paesi del terzo mondo – e giungere
a compimento entro il 2015. Si tratta dei primi obiettivi concordati universalmente da
inserire nei programmi di sviluppo.
Tra questi, citerei in questa occasione gli obiettivi D, F e I.

L’obiettivo “D” riguarda la creazione di collegamenti tra biblioteche pubbliche e
archivi. L’obiettivo “F” si prefigge la creazione di collegamenti tra governo centrale e
governi locali; per realizzarlo, il governo deve essere presente in rete e deve offrire on-
line i servizi pubblici basilari. Se questo obiettivo sarà raggiunto, i governi si troveranno
a creare sempre più documenti elettronici e potranno fornire accesso a un numero sempre
maggiore di documenti e di informazioni on-line: ad esempio sarà possibile richiedere atti
di proprietà o certificati di nascita via web. A quel punto l’urgenza di stendere un piano
contro gli eventi avversi interesserà non solo i documenti su carta e su supporto a stampa,
ma anche i documenti e i contenuti in formato elettronico.
L’obiettivo “I” incoraggia lo sviluppo di un contenuto locale ad uso delle popolazioni
rurali, perché questo sembra avere maggiore rilevanza rispetto a contenuti nazionali o
internazionali.
APRIL MILLER
Gli obiettivi del WSIS potrebbero costituire quella infrastruttura su cui basare i
programmi di ripristino dell’attività e di ripresa post-disastro nei paesi in via di sviluppo.
Le organizzazioni del mondo industrializzato devono capire che non è sufficiente disporre
delle adeguate tecnologie dell’informazione e della comunicazione. I documenti e i dati
elettronici restano a rischio se la pianificazione della continuità aziendale non viene
portata a compimento, se non riceve fondi adeguati e non è attuata e neppure se mancano,
o non funzionano a dovere, dei validi programmi di gestione documenti.
La Banca Mondiale è un’istituzione multilaterale costituita nel 1946, che conta 184
paesi membri. La sua visione è quella di un mondo libero dalla povertà, visione che cerca
di perseguire favorendo lo sviluppo economico dei paesi più poveri del mondo. Quando un
evento avverso colpisce dei paesi in via di sviluppo, la Banca Mondiale interviene creando
e attivando dei progetti di sviluppo che facilitino gli sforzi di ripresa dei paesi colpiti.
Tra questi figurano lo sviluppo delle infrastrutture, il rafforzamento delle istituzioni di
governo, servizi sanitari e di istruzione per i profughi. A volte tra gli obiettivi da perseguire
figurano anche progetti per la conservazione dei documenti.
Al momento la Banca Mondiale ha in essere 69 progetti in cui uno dei componenti
da fornire concerne la conservazione dei documenti, gli archivi o la documentazione dello
Stato. Gli obiettivi di questi progetti si possono riunire in 3 gruppi:
1. sviluppo rurale e promozione dell’industria mediante un maggiore accesso ai servizi
dello Stato e alle informazioni di mercato;

2. favorire l’efficienza, la trasparenza e la responsabilità delle azioni di governo;
3. contromisure per gli eventi avversi.
Il disastro che colpì l’Indonesia il 26 dicembre 2004 devastò paesi in Asia, l’India
e perfino in Africa orientale. Ad Aceh, in Indonesia, lo tsunami cancellò cose e persone
lungo una fascia costiera di 800 km, pari al tratto di costa da Venezia a Bari. Circa
130.000 persone morirono, 90.000 risultano ancora disperse e i profughi furono 700.000.
La Banca ha varato numerosi progetti che cercano di contribuire alla ricostruzione
e alla ripresa dell’Indonesia; tra questi figura il Progetto della Banca Mondiale per la
ricostruzione del sistema di amministrazione catastale di Aceh (Reconstruction of the
Aceh Land Administration System Project).
Quando lo tsunami colpì l’Indonesia, tra le varie distruzioni provocò anche quella
dei registri terrieri, delle mappe catastali e degli atti di proprietà degli immobili. L’ufficio
del catasto perse 41 persone del suo staff; anche la morte dei cittadini locali contribuì a
distruggere ogni conoscenza implicita sulle aree di proprietà o sulle attività nell’area.
I danni interessarono 300.000 lotti di terreno, anche se di questi solo 60.000 erano
stati registrati presso il Catasto; il 27% di tutti i documenti pubblici fu distrutto. I registri
fondiari si ridussero del 10%, mentre il restante 90% è in gravi condizioni. L’80% degli
altri registri fondiari e delle mappe catastali fu completamente distrutto.
L’obiettivo del progetto è migliorare la sicurezza del possesso fondiario ad Aceh
dopo la devastazione e dopo la distruzione dei documenti comprovanti la proprietà.
Questo progetto viene realizzato attraverso varie azioni tra cui figurano: la ricostruzione e
la conservazione dei registri catastali ufficiali, la ricostruzione dell’ufficio catastale vero e
proprio, la digitalizzazione dei documenti cartacei e il successivo backup di queste copie
digitali.
Documenti in pericolo: imparare dagli eventi avversi.
Le regole della Banca Mondiale per istituzioni e utenti
Il prestito ammonta, complessivamente, a 28,5 milioni di dollari.
Il recupero dei registri catastali è importante per i successivi lavori di ricostruzione,
per uno sviluppo economico durevole e per instaurare la giustizia sociale, senza
dimenticare la tutela dei diritti dei gruppi vulnerabili quali gli orfani e le donne aventi
diritto ad una eredità. Si creeranno dei servizi e si confronteranno le mappe di nuova
stesura con i documenti sopravvissuti allo tsunami per determinare la proprietà dei terreni
e, in particolare, si ricorrerà alle mappe satellitari.
Naturalmente non esistevano copie dei documenti; i documenti danneggiati sono stati

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consegnati a chi ne curerà la conservazione. Una volta conservati, i documenti saranno
duplicati mediante creazione di immagine digitale.
Al momento è in via di sviluppo un sistema informatico per la gestione dei
documenti catastali finalizzato alla conservazione dei documenti copiati mediante
creazione d’immagine, mentre per le copie digitalizzate sarà creato un sistema di backup
decentrato.
APRIL MILLER
I progetti di questo genere sono fonte di preoccupazione per molti soggetti coinvolti,
soprattutto per gli archivisti. In questo caso, ad esempio, i finanziamenti del progetto
termineranno nel 2008, senza ulteriori stanziamenti per la gestione continua e la
conservazione delle copie digitali. Inoltre non è stata definita l’ubicazione precisa del
deposito di backup decentrato e i responsabili del progetto ritengono che le copie digitali
siano meno sensibili agli eventi avversi rispetto agli originali cartacei.
Chiaramente questo progetto non trasferisce le lezioni che la Banca Mondiale ha
imparato sulla ripresa dopo un evento avverso in merito alla conservazione dei documenti.
Innanzitutto questo progetto non definisce con chiarezza cosa siano la duplicazione e la
dispersione: questo prestito non include la creazione di una capacità dello stato-cliente nel
settore della gestione dei documenti. In secondo luogo, la pianificazione in caso di evento
avverso si limita solo agli oggetti su supporto stampato e non alle loro copie digitali.
La comunità dello sviluppo concentra la propria ricerca economica e di settore
primariamente sull’accesso alle informazioni via web e su altre Tecnologie della
Comunicazione e dell’Informazione. Chi si occupa dei documenti e della loro conservazione
sa bene che il nocciolo del problema non è l’accesso per tutti, ma l’accesso a dei contenuti.
Pensate solamente che in Indonesia è stato distrutto il 27% dei documenti pubblici e anche
negli altri paesi colpiti sono stati registrati danni alla documentazione. Prima di tutto
è necessario catturare e gestire i documenti elettronici ed altri contenuti: anche questa
operazione è soggetta a programmazioni preventive degli eventi avversi e a strategie di
conservazione nel lungo periodo. Dopo di che è necessario separare i documenti cartacei
dalle copie digitali mediante un deposito decentrato che permetta di proseguire l’attività,
da una parte, e di conservare nel lungo periodo i documenti elettronici dall’altra. Motivi,
metodi e risultati differiscono da un caso all’altro.
Secondo un’indagine completata quest’anno dal Gruppo Internazionale Valutazioni
della Banca Mondiale, nel 1975 si registrarono meno di 100 disastri naturali, mentre nel

2005 furono 400. Le perdite materiali a seguito dei disastri naturali sono 15 volte maggiori
rispetto a 50 anni fa, senza contare la perdita di materiali inestimabili quali i documenti.
Disastri come lo tsunami portano alla nostra attenzione l’importanza dell’accesso
a documenti vitali e alle loro copie, della programmazione della conservazione, delle
efficienze che si possono trarre se si assicura l’accesso on-line a documenti elettronici
autentici e affidabili.
Documenti in pericolo: imparare dagli eventi avversi.
Le regole della Banca Mondiale per istituzioni e utenti
Per concludere, se desideriamo usare il web per accedere ai documenti dopo un
evento avverso, i documenti necessari per proseguire le attività devono essere catturati in
un sistema istituzionale ben definito per la gestione dei documenti e questa cattura deve
essere regolamentata da procedure istituzionali.
E’ importante verificare se le nostre prestazioni portano l’impronta delle lezioni
impartiteci dagli eventi avversi di grande portata, ma è anche importante trasferire queste
lezioni ai nostri paesi clienti mediante i progetti di sviluppo da noi posti in essere.

Problematiche e prospettive
della digitalizzazione dei manoscritti.
L’esperienza della Biblioteca Apostolica Vaticana
IRMGARD SCHULER
(Biblioteca Apostolica Vaticana - Città del Vaticano)
La presente relazione vuole brevemente illustrare le esperienze acquisite e le
problematiche emerse durante i progetti di riproduzione fotografica, sia analogica, sia
digitale, del materiale, soprattutto librario, della Biblioteca Apostolica Vaticana.
Innanzi tutto un piccolo excursus sui fondi della Biblioteca Vaticana: in essa sono
conservate molte centinaia di migliaia di volumi stampati negli ultimi secoli, decine di
migliaia di antiche incisioni e di disegni, ed uno dei maggiori medaglieri al mondo, con
oltre 400.000 fra monete e medaglie. Pur in così grande ricchezza di opere d’arte e testimoni
di cultura, è il patrimonio manoscritto e le raccolte di stampati antichi che spiccano per
valore, pregio e rarità, e che costituiscono il principale campo d’indagine degli studiosi
e dei ricercatori che frequentano la Vaticana. I manoscritti ammontano a circa 150 mila,
la metà dei quali di natura archivistica (provenienti per lo più da alcune grandi famiglie
importanti per la storia della Chiesa e della città di Roma, come i Barberini, i Chigi ed
altre ancora); l’altra metà è costituita da manoscritti librari, fra cui circa 60.000 latini (cioè
scritti in alfabeto latino), 9.000 orientali, 5.000 greci, 801 ebraici. Con ciò la Biblioteca
continua la lunga ed ininterrotta tradizione di servizio “pro communi commodo doctorum
virorum”, cioè di quella comune utilità degli uomini dotti, statuita fin dall’inizio, con
provvida e generosa sollecitudine, dai suoi fondatori moderni, i papi Nicolò V e poi Sisto
IV.
I preziosi cimeli custoditi nei nostri fondi, tuttavia, devono essere non solo accessibili
e consultabili, ma anche adeguatamente conservati, unitamente al loro contenuto. I libri
sono fragili: scritture evanescenti, inchiostri che corrodono la carta, pigmenti che si
staccano; insieme agli opportuni interventi di restauro, dunque, è necessario provvedere
alla riproduzione, affinché la possibilità di consultare e studiare il manoscritto non sia
necessariamente legata alla sua dimensione fisica e ai problemi di conservazioni ad essa
inscindibilmente connessi.
3

Permettetemi, dunque, di illustrare brevemente gli sforzi intrapresi dalla Vaticana
in tale senso, dove la coscienza di necessità di intervento in questa direzione – e non
potrebbe essere altrimenti - è da sempre viva e presente:
Fin dagli anni Quaranta è iniziata la pratica, mantenuta costante nel tempo, di
riprodurre su microfilms il patrimonio manoscritto: la dimensione “materica” propria
del microfilm consente, in effetti, di lavorare in modi diversi la pellicola impressionata,
ottenendo prodotti finali assai diversificati (possono da loro essere ottenute stampe su
carta, i proiettori e lettori di microfilm si adattano senza difficoltà a pellicole realizzate
cinquanta anni fa e viceversa, e si possono anche convertire in digitale, ottenendo così
uno strumento maneggevole e pratico per lo studio al computer). Nella peggiore delle
ipotesi, infine, una buona lente di ingrandimento può comunque costituire l’extrema ratio
per la consultazione e per lo studio dei manoscritti riprodotti con i sistemi tradizionali.
Nel nostro caso, quasi l’80 % dei manoscritti, ad esclusione di quelli relativi alla Sezione
Archivio, è già stato riprodotto in microfilm negativo, e si spera che si potrà iniziare
prossimamente con il materiale archivistico. Esistono, inoltre, due grandi collezioni di
antiche opere a stampa, gli Stampati Palatini ed il fondo Cicognara, le quali sono state
integralmente riprodotte in microfiches.
IRMGARD SCHULER
Un progetto particolare di microfilmatura si è intrapreso dopo l’ultima guerra: le
distruzioni materiali, conseguenza delle operazioni militari, e la consapevolezza della
possibilità che nuovi eventi bellici potessero perdere quanto scampato alle precedenti
devastazioni, indussero il pontefice Pio XII alla creazione di un deposito di sicurezza
oltreoceano dei microfilms dei manoscritti vaticani. Così, negli anni Cinquanta, durante
una campagna di microfilmatura durata quasi 10 anni, è stato riprodotto circa il 70 %
di tutti i manoscritti vaticani. La Biblioteca ha reso disponibile la consultazione di tali
microfilm presso la Pius XII Memorial Library (detta anche Vatican Film Library),
appositamente creata nella Saint Louis University (U.S.A). Altri depositi di microfilms,
ingenti ma tuttavia minori, creati prevalentemente, però, a scopo di studio, si trovano
presso l’IRHT di Parigi, e l’Università ebraica di Gerusalemme. Del progetto realizzato
da Pio XII, sono rimasti alla BAV i microfilms positivi, che, tuttavia, si prestano solo ad
uso assai limitato, e con il tempo tendono a deteriorarsi, rendendo necessaria una nuova
microfilmatura dei codici. Possiamo considerare questi inconvenienti come una sorta di
ammonimento sulla necessità di ben programmare interventi di tale natura, per evitare il

Problematiche e prospettive della digitalizzazione dei manoscritti.
L’esperienza della Biblioteca Apostolica Vaticana
pericolo di dover reiterare la campagna di riproduzione.
Nel Laboratorio Fotografico analogico vengono, inoltre, eseguiti anche altri tipi di
riproduzione; in particolare la produzione di ektachrome non è stata abbandonata, sia
perchè esse costituiscono un buon supporto per future digitalizzazioni, sia perché possono,
grazie alla loro altissima definizione (tuttora difficilmente superabile dalla riproduzione
digitale), essere utilizzati per la stampa di libri d’arte o di facsimili e, sebbene il loro costo
in fase di produzione sia piuttosto elevato, sono di facile ed economica conservazione (in
pratica, la sola climatizzazione dell’ambiente). Per quanto concerne la loro “materialità”,
rimane valido ciò che è stato detto riguardo ai microfilms.
Il primo approccio della Biblioteca con la riproduzione digitale ci fu nel 1994, quando,
con la collaborazione dell’IBM e della Pontificia Università di Rio de Janeiro, si diede
inizio alla fase sperimentale di un progetto di ripresa, mediante scanner (due TDI-Scanner,
in grado di produrre immagini alla risoluzione di 3000 per 2500 pixel, in quel momento
un valore elevato, e in formato TIFF), di manoscritti interi, all’unico fine di poterle poi
consultare sullo schermo. Una particolare attenzione fu posta nella protezione dei preziosi
originali, assicurata dalla climatizzazione degli ambienti di lavoro, illuminazione con
lampade alogene al quarzo a luce continua munite di un dispositivo di filtraggio per i
raggi ultravioletti, e da un supporto per i codici: una sorta di leggìo ad assetto variabile e
con chiusura a lastra di cristallo, appositamente realizzato e, in quel momento, piuttosto
innovativo. Dopo il periodo di prova si entrò nella fase di produzione: nel corso di quattro
anni sono state acquisite complessivamente circa 55.000 immagini, corrispondenti a 150
manoscritti interi. Le immagini, corredate dei relativi dati catalografici, ed inizialmente
consultabili su server interno, per l’archiviazione a lungo termine erano state memorizzate
su supporti magnetici.
Il successivo tentativo di riconversione da nastro a disco rigido ha evidenziato
una corruzione del 5 % dei nastri: una perdita di dati considerevole, vista la quantità di
immagini acquisite. Durante la conversione, inoltre, si sono talvolta verificati errori di
trasmissione lungo la rete, che si traducono in errori nella lettura dei colori, a tratti alterati
e virati. Un’ulteriore problema è costituito dall’assenza di profili di colore durante la fase
di acquisizione, che determina ora, con monitor rinnovati, una resa cromatica imperfetta.
Tutti questi aspetti, unitamente al criterio allora stabilito, per ovvi motivi di spazio, di
non acquisire tutto il materiale, ma solamente i fogli con presenza di miniature, fregi

o decorazioni a colori, mentre le pagine di testo venivano scansionate in bianco e nero,
hanno reso questo patrimonio solo parzialmente utilizzabile, con dei limiti che includono
la stampa di elevata qualità (che, per la verità, non era tra le finalità del progetto), e l’analisi
scientifica dei colori.
Successivamente a questo progetto, la Vaticana si è progressivamente attrezzata ed
ha istituito un proprio Laboratorio digitale, nel quale vengono acquisite immagini digitali,
a scopo di studio e pubblicazione, attraverso vari procedimenti, scelti in base alla natura
del materiale da riprendere:
• con fotocamere digitali per riprese dagli originali;
• con scanner per i traslucidi già presenti nel nostro Archivio fotografico, e
• con uno scanner planetario, per gli antichi cataloghi ed inventari manoscritti,
liberamente consultabili dagli studiosi e tuttavia preziosi quanto i codici che
elencano e descrivono, e come e più di questi minacciati dal trascorrere del tempo
e – soprattutto - dal frequente uso. Per ovviare a questo problema si sono allestiti,
dalle immagini ricavate, in bianco e nero, dei files in PDF, agevoli per la consultazione,
che progressivamente sostituiranno gli originali nella sala di consultazione:
l’assenza di colore e la rapidità dell’acquisizione fanno questo progetto agevole e
facilmente gestibile.
La risoluzione non elevatissima di tutti questi sistemi di ripresa, comunque,
ci ha indotto ad orientarci, per progetti particolari o di lungo respiro, verso sistemi di
acquisizione che assicurassero una qualità superiore.
A tali criteri s’ispira un recente progetto di digitalizzazione, mediante l’utilizzo di un
dorso digitale della Leaf da 33 Megapixel, che ha permesso di acquisire ad alta risoluzione
le immagini di quattro preziosi codici ebraici, nonché uno dei più venerandi cimeli della
Vaticana, il Vat. lat. 1209 (noto come anche Codice B), uno dei più antichi manoscritti
esistenti della Bibbia, scritto nel IV secolo.
IRMGARD SCHULER
Nel frattempo le innovazioni tecnologiche in questo settore (partendo dalle
“Kinderschule”, come si dice in tedesco), hanno fatto passi da gigante: il valore del
patrimonio digitale prodotto è stato accresciuto dalla risoluzione molto alta (5.000 x 7.000
pixel), che ci permetterà di destinare le immagini generate a molteplici usi, e dalla buona
resa dell’oro, assicurata dall’utilizzo di un’illuminazione più flessibile rispetto al quella
che può fornire uno scanner. Per questo progetto, dunque, i formati di archiviazione scelti

Problematiche e prospettive della digitalizzazione dei manoscritti.
L’esperienza della Biblioteca Apostolica Vaticana
sono – per ora – addirittura triplici: i file generati sono memorizzati sia nel loro negativo
digitale DNG, sia nel formato fotografico TIFF, sia infine in compressione JPEG (sui
formati di archiviazione tornerò in seguito).
La decisione, presa in seguito al lavoro di digitalizzazione, di produrre un facsimile
da uno dei quattro codici ebraici, ci ha indotto tuttavia a ripensare le procedure di
acquisizione delle immagini: in un primo tempo i codici, uniformandosi ad una
prassi largamente condivisa e talvolta espressamente richiesta nonché esteticamente
accettata, erano stati ripresi senza accorgimenti particolari per lo spianamento dei fogli
e per l’omogeneità dell’inquadratura. La realizzazione del facsimile rende necessario
applicare tali accorgimenti in una nuova campagna di digitalizzazione, condotta sul
codice preventivamente sfascicolato. Le immagini di uno dei codici ebraici, invece, sono
successivamente state preparate, con un apposito programma, anche in una versione
“sfogliabile”; in essa viene simulato il libro manoscritto nella sua dimensione fisica, ivi
inclusa la possibilità di emulare elettronicamente l’atto di sfogliarlo, cosa di gradevole
impatto visivo ed assai apprezzata dal pubblico, poco utile però per gli studiosi, che hanno
bisogno di lavorare sui singoli file ad alta risoluzione.
Un altro recente progetto di ripresa elettronica intrapreso in Biblioteca riguarda i
manoscritti che, per pregio, preziosità, antichità o stato di conservazione sono custoditi,
con particolari precauzioni, nella Riserva del nostro Deposito dei manoscritti. Considerata
la particolare natura di tale materiale si è stabilito che le riproduzioni siano ad altissima
risoluzione e con una resa cromatica molto fedele, per ricavare delle immagini che possano
rispondere a qualsiasi possibile futura necessità di utilizzo (facsimili, stampe d’arte,
riproduzioni per gli studiosi, file multipagina in PDF, immagini da rendere disponibili
in Internet, ed altro ancora), e che possano progressivamente sostituire gli originali nello
studio e nelle indagini scientifiche.
L’apparecchiatura scelta, uno scanner planetario, non a contatto, quindi, con
l’originale, può acquisire a 400 ed a 600 dpi nativi per originali della misura massima
di 50 x 70 cm, generando un’immagine ad una risoluzione di ca. 12.000 per 8.000 pixel,
ed un peso di ca. 300 Mb; l’illuminazione è a “lama di luce” (priva di IR/UV), senza,
quindi, ombre; la resa dell’oro, per via dell’illuminazione verticale, è buona; l’originale,
infine, è esposto alla luce solo al momento del passaggio del sensore. La salvaguardia
del materiale è ulteriormente assicurata da un piano basculante elettronico che consente

IRMGARD SCHULER
una regolazione molto fine della pressione. Molto importante è l’opzione che permette
di lavorare senza cristallo, mantenendo inalterata la risoluzione, la messa a fuoco ed il
corretto rapporto di ingrandimento, e così potendo riprendere anche materiale che non può
essere esposto ad alcuna pressione. In alternativa al piano basculante esiste un accessorio,
appositamente realizzato su nostra indicazione, che consente di riprendere libri che hanno
un angolo di apertura limitato: anch’esso consente di scegliere se usare il cristallo o meno.
L’acquisizione avviene a 12 bit (i livelli di colore che possono essere riprodotti per ogni
canale del RGB in un pixel), la memorizzazione a 8 bit.
Si è appurato nel corso di questo progetto che una risoluzione elevata a 600 dpi è, ai
nostri fini, superflua; essa accresce di quattro volte lo spazio necessario per l’archiviazione
rispetto alla risoluzione a 400 dpi, richiede una potenza luminosa quadrupla che è più
difficile da impostare e da gestire, abbassa la profondità di campo in fase di ripresa e
contemporaneamente aumenta il tempo d’acquisizione, e le informazioni supplementari
che tale risoluzione procura sarebbero concretamente visibili solo con il microscopio. In
un rapporto di ingrandimento 1 : 1 (per esempio quando si realizzano facsimili), anzi, il
600 dpi è così fitto che quasi “impasta” l’immagine. Particolari tipi di materiali (stampe
al bulino o disegni con tratti fitti e finissimi), o particolari scopi d’applicazione (la stampa
di gigantografie, per esempio) potrebbero, invece, giovarsi di questa risoluzione spinta.
Nel complesso questo sistema di riproduzione è un ottimo compromesso tra qualità e
risoluzione molto alti, protezione degli originali, e velocità e praticità di ripresa (anche
grazie a degli automatismi nel ritaglio, e delle macro per la denominazione dei file). Gli spazi
d’archiviazione da destinare ai risultati di questo progetto sono, comprensibilmente, molto
ingenti e richiedono dunque un’analisi approfondita, della quale vi parlerò in seguito.
Negli ultimi anni molti sforzi sono stati intrapresi dalla comunità scientifica
internazionale per poter nuovamente avere accesso alle scritture palinseste, alle scritture,
cioè, raschiate o lavate via dai fogli di pergamena, utilizzati poi come supporto per nuovi
testi. Un ulteriore progetto su tale ambito, attualmente in corso, è iniziato nel 2005,
con la collaborazione di una società di stampa giapponese. L’iniziativa della BAV nello
studio di questi palinsesti con strumenti elettronici ha visto, dopo una fase di studio e di
lavori preparatori, l’installazione prima di uno, e, successivamente, anche di un secondo
scanner, i quali generano, ad altissima risoluzione (1.200 dpi), due files identici dello
stesso foglio manoscritto, uno illuminato a luce naturale, l’altro a luce ultravioletta. Anche

in questo caso, ovviamente, sono state prese tutte le precauzioni necessarie per la tutela
del materiale, per esempio con la costruzione di un leggìo inclinabile flessibilmente da 90°
a 180°, che preserva l’integrità della legatura e permette di acquisire codici con angolo di
apertura limitato. Dopo la ripresa, un software scritto ad hoc permette di sovrapporre le
due immagini, elaborandole e integrandole reciprocamente, al fine di isolare ed estrapolare
i diversi strati di scrittura (superiore, inferiore, e – qualora ce ne fosse – anche mediana).
Questo software – come anche le apparecchiature - è in continua evoluzione, cercando di
adattare le sue potenzialità e possibilità alle necessità ed alle richieste espresse dai nostri
specialisti.
Problematiche e prospettive della digitalizzazione dei manoscritti.
L’esperienza della Biblioteca Apostolica Vaticana
Si tratta tuttora di una fase sperimentale di un progetto di ricerca e di collaborazione,
i cui risultati sono a diretto utilizzo dei nostri “scriptores”, i veri destinatari del progetto,
in grado ad usare con efficacia il software di analisi, in quanto profondi conoscitori delle
discipline paleografiche e filologiche. L’estrema lentezza della ripresa a luce ultravioletta
(che può variare da 10 minuti per un passaggio a 400 dpi, fino ad 1 ora e ¼ alla risoluzione
di 1.200 dpi), insieme alla comprensibile pesantezza di un’immagine massima (1,5 GB), ha
da un lato molto rallentato l’acquisizione, dall’altro ha reso necessaria la predisposizione
di spazi di archiviazione assai estesi e quindi costosi.
Un altro limite nell’utilizzo del sistema è costituito dalla frequenza non modificabile
della luce ultravioletta durante la ripresa, escludendo così la possibilità di avvalersi delle
molteplici opportunità offerte dalla tecnica multispettrale. L’estrema lentezza, anche con
lo stesso software di analisi dei palinsesti, dei processi di elaborazione di un’immagine
che occupa molta memoria, ha fatto preferire una ripresa a 24 bit piuttosto che a 48 bit,
dimezzando così lo spazio necessario di archiviazione, senza, tuttavia, rinunciare alla
risoluzione a 1.200 dpi, indispensabile per ottenere ingrandimenti molto spinti delle
immagini, ingrandimenti necessari agli specialisti che lavorano sulla forma, il ductus ed
il tratteggio delle singole lettere, e opportuna per poter utilmente fruire le immagini in
prospettiva futura, atteso il costante e rapido progresso tecnologico in questo campo.
Si tratta, quindi, di un progetto di lunga lena, dove l’adozione dei migliori standard
tecnici attualmente disponibili è indispensabile. Le immagini generate vengono, infatti, a
mano a mano archiviate, sebbene l’analisi delle scritture potrà, in qualche caso, avvenire
forse anche solo fra molti anni; ciò nondimeno si rende opportuno, ed in alcuni casi
indispensabile, completare con la massima sollecitudine le acquisizioni delle immagini:

0
il trattamento dei fogli palinsesti con acido gallico, comunemente applicato nel corso del
secolo XIX per rendere visibile la scrittura inferiore, li sta rendendo sempre più illeggibili,
per l’irreversibile progredire dei processi di ossidazione, causati dall’acido gallico stesso.
Secondo una stima le pagine palinseste nei manoscritti vaticani dovrebbero ammontare
a circa 25.000.
Avviando a conclusione questa nota, vorrei fissare alcuni punti che mi paiono
significativi nella definizione di strategie di raccolta, di gestione e di conservazione dei
dati digitali:
• Il formato da adottare per l’archiviazione delle immagini è costantemente argomento
di confronto e discussione: conviene veramente scegliere il formato TIFF per la
conservazione a lungo termine, come attualmente fanno tutte le maggiori biblioteche
d’Europa, o bisogna interrogarsi se non si tratti piuttosto di una scelta determinata
da consuetudine e probabilmente influenzata da strategie commerciali? Il JPEG –
benché si tratti di un formato libero – come formato d’archiviazione è sconsigliabile,
poiché potrebbe presentare parametri diversi ogni qual volta lo si apre, ma il PNG o
anche il Bitmap potrebbero essere una possibile alternativa? C’è da interrogarsi se
essi non forniscano meno informazioni utili, bensì solo meno informazioni superflue
(quali, per esempio, canali avanzati di regolazione e metadati tecnici e commerciali)?
A favore del TIFF depone, in ogni caso, che esso permette di rappresentare immagini
con diversi spazi di colore, ed inoltre, è l’unico formato con la possibilità di salvare
le immagini a 16 bit di profondità di colore, necessari per assicurare una maggiore
precisione negli arrotondamenti dei valori di calcolo durante le elaborazioni.
• Nel caso di fotocamere digitali sembra invece comunemente accettata la prassi di
archiviare le immagini nel formato di output dell’apparecchio stesso, ma è lecito
chiedersi se conviene farlo senza archiviazione anche del rispettivo TIFF o altro
formato.
IRMGARD SCHULER
• Occorrono veramente sempre l’alta o l’altissima risoluzione? Molto spesso non c’è
un’effettiva necessità di risoluzioni così spinte, tutto dipende, in realtà, dall’uso che
si vuole fare dell’immagine e da ciò che si vuole ottenere (ad esempio una serie di
immagini da inserire in Internet possono certamente essere anche di minore qualità,
ma per un manoscritto da riprodurre a fini di conservazione e di studio essa deve
essere la più alta possibile!). Naturalmente la sola risoluzione non è l’unico parametro

per la valutazione di un sistema di ripresa: è piuttosto la sinergia tra sensore, ottica e
illuminazione a determinare la qualità finale dell’immagine.
• Possiamo fidarci di doppie copie e delle continue procedure di back-up dei dati sugli
hard disk, o piuttosto bisogna pensare di creare sistematicamente delle ulteriori copie
di salvataggio di tutto il materiale su unità nastro o/e supporto ottico (non ostante la
provata inaffidabilità sia dell’una, che dell’altro)?
Ci si interroga frequentemente sulla relazione tra costi e benefici di un’archiviazione
in TIFF, che ha, ovviamente, particolari esigenze di spazio: nella Vaticana è stata elaborata
l’ipotesi della creazione di un servizio globale di storage da 50 terabyte di tutti i dati
digitali, protetto da firewall e che garantirebbe le copie dei dati e le procedure di disaster
recovery, nonché la fruibilità di questi dati archiviati attraverso una rete LAN in 10 gigabit
XGLO (un’evoluzione di Ethernet) quale veicolo di spostamento dei dati all’intero dei vari
uffici, mentre al Laboratorio fotografico digitale resterebbero le competenze e le modalità
di archiviazione e la gestione di tutti i server connessi. Ma i costi elevati (circa 300.000
Euro) hanno fatto optare, per ora, per un progetto alternativo, più piccolo, di archiviazione
nei server Oxiria e su dei singoli hard disk esterni collocati in dei storage tower (comunque
in rete), sistemazione pratica anche per il trasporto dei dati.
Nonostante la tecnologia digitale sia oramai molto diffusa ed applicata, le domande
e talvolta le incertezze sono ancora molte, per cui ogni decisione al riguardo deve essere
presa con grande cautela e con lungimiranza: guardare al futuro, confrontarsi e aggiornarsi
continuamente in un settore in rapida evoluzione è d’obbligo, tenendo, tuttavia, sempre
ben presente criteri di praticità ed economia. C’è la necessità di standard approvati per noi
che dobbiamo proteggere l’integrità dei nostri contenuti digitali, un patrimonio che non
potrà mai sostituire completamente gli originali, ma che sarà assai utile per preservarli
e comprenderli meglio, contribuendo così a perpetuare nel tempo lo spirito che li ha
prodotti.
Problematiche e prospettive della digitalizzazione dei manoscritti.
L’esperienza della Biblioteca Apostolica Vaticana

CHEN BITAN
(Cyber-Ark Software - Tel Aviv)
Gestione e protezione
dei contenuti medici digitali
Gli ultimi anni hanno visto l’ingigantirsi della presenza dei media digitali nel
mondo. Il patrimonio digitale cresce e, di pari passo, anche le nostre culture e le nostre
società diventano più digitali sotto tutti gli aspetti. Quasi ogni giorno vengono realizzati
dei prodotti sia in formato fisico che analogico, basti pensare ai giornali; inoltre alcuni
prodotti sono frutto unicamente del metodo digitale, così da poter essere condivisi con
un enorme numero di persone. Addirittura ci sono informazioni che nascono digitali,
complicando ulteriormente la situazione: infatti non disponiamo di un mezzo fisico che le
contenga, perché queste informazioni sono state create solamente con metodo digitale.
Recentemente è cresciuta la consapevolezza della necessità di conservare le
informazioni e di come farlo, al fine di salvaguardare la nostra cultura e anche la nostra
storia. Il rischio principale è una gestione errata della sicurezza delle informazioni, evento
che potrebbe rivelarsi molto serio causando anche dei disastri a partire da una semplice
perdita di informazioni critiche. Spesso i nostri archivi conservano molte informazioni
sensibili e critiche: in qualche caso qualcuno potrebbe nutrire un interesse verso la
modifica o la cancellazione di queste informazioni sensibili. Una cattiva gestione della
sicurezza nell’accesso alle informazioni potrebbe causare la cancellazione accidentale o
intenzionale di queste informazioni, ovvero la modifica illegale. Questa attività potrebbe
risultare in una sorta di riscrittura della storia da parte di soggetti in grado di modificare
i documenti storici che conserviamo per le generazioni future.
Naturalmente le informazioni sensibili sono ancora più di attualità: in molti casi
sono il risultato di ricerche cui potrebbero accedere persone non autorizzate.
Pensate agli enormi danni che persone non autorizzate potrebbero arrecare accedendo
alle informazioni raccolte da un team di scienziati impegnato in una specifica ricerca.
In passato l’archiviazione avveniva principalmente con metodi fisici, vale a dire il
materiale fisico era conservato negli archivi ed era quindi relativamente semplice elaborare
una politica di sicurezza sull’accesso fisico agli archivi e al materiale. Si potevano definire
3

aree specifiche cui non era autorizzato l’accesso alle persone prive di permesso, oppure era
possibile conservare il materiale molto sensibile in una cassaforte fisica, quale una banca
o un archivio fisico ben controllato, ottenendo in questo modo un controllo eccellente
sulle persone cui era autorizzato l’accesso al materiale conservato in quello specifico
ambiente.
Nel passare all’ambiente digitale l’intera questione diventa da un lato molto più
complicata, perché le informazioni conservate sono esposte a nuovi rischi e nuovi
potenziali attacchi; ma d’altro canto dobbiamo ricordare che il passaggio all’ambiente
digitale ci porta molti benefici, perché la tecnologia associata a questo ambiente ci dà un
livello maggiore di sicurezza.
Quando si analizza la sicurezza delle informazioni conservate negli archivi
è necessario rispettare dei requisiti specifici di tutela. Tra questi: la sicurezza dei dati
indipendentemente dal livello di sicurezza della rete; disponibilità nel lungo termine;
granular access control; separazione dei compiti; controllo delle versioni, e altro.
Prima di tutto viene la sicurezza, indipendentemente dal livello generale di sicurezza
nella rete. Di solito quando conserviamo delle informazioni negli archivi desideriamo
condividerle con tutti: il modo migliore per farlo è attraverso Internet, che è una rete
pubblica esposta a molte forme di attacco. Ma se, d’altra parte, queste informazioni sono
molto critiche e sensibili, dobbiamo garantire ad esse il miglior livello di sicurezza,
che deve essere il più elevato, indipendentemente dal livello offerto da Internet. Questo
significa che dobbiamo isolare l’archivio nella rete e portarlo al massimo standard di
garanzia: è questa la grande sfida della sicurezza delle informazioni.
Ovviamente il requisito successivo è la disponibilità nel lungo termine. Potrebbe
sembrare ovvio ma dobbiamo accertarci che le applicazioni ed i sistemi da noi impiegati
includano – entro l’applicazione stessa – un meccanismo che preservi tali informazioni nel
lungo termine, in maniera tale che nessuno riesca a cancellarle fino a quando non scada
il periodo stabilito per conservare tali informazioni. Questo meccanismo deve rientrare
nell’applicazione e nel sistema che dobbiamo costruire se vogliamo proteggere i nostri
dati.
CHEN BITAN
La terza voce è il granular access control. Quando si decide di archiviare delle
informazioni, parte di esse è costituita da informazioni pubbliche da condividere con
gli altri, mentre il resto ha carattere privato. Se e quando queste informazioni private

diventano sensibili per le attività pubbliche. Potremmo aver bisogno di condividerle con
un pubblico più ampio e, nel contempo, limitarne l’accesso in base alle regole di controllo
dell’accesso che vogliamo applicare. Per questo il sistema deve fornire un meccanismo
integrato di controllo e di autenticazione del contenuto. Nel mondo fisico l’autenticità del
contenuto è rappresentata dalla firma dell’autore sul documento o sul lavoro di ricerca; nel
mondo digitale è molto difficile assegnare un’identità al contenuto delle informazioni.
I sistemi di archiviazione possono trarre beneficio da nuovi miglioramenti
tecnologici: ad esempio ci sono molti metodi per apporre una firma digitale sui documenti
conservati negli archivi. La firma digitale significa che possiamo associare la persona
che ha depositato un’informazione con quella specifica informazione; inoltre questa
persona firma il contenuto in maniera tale che se il contenuto fosse cambiato, la firma non
sarebbe più valida per quello stesso documento. Questo passo è necessario per garantire
l’autenticità del contenuto.
Il problema della separazione dei compiti riguarda gli amministratori di sistema.
Nell’ambiente digitale alcuni utenti privilegiati hanno l’incarico di gestire il sistema e
anche di caricare e cambiare le informazioni, se necessario. Anche gli archivi che
conservano informazioni molto critiche necessitano di amministratori tecnici del sistema
che provvedano alla sua gestione e manutenzione, ma senza la possibilità di accedere e
di toccare le informazioni e, in alcuni casi, perfino senza la possibilità di venire a sapere
che quell’archivio contiene quelle specifiche informazioni. Non dimentichiamo che alcuni
soggetti potrebbero nutrire un qualche interesse nel cambiare alcune informazioni: la
grande sfida consiste nel provvedere alla manutenzione del sistema e, nel contempo,
impedirne l’accesso da parte di amministratori illegali o di utenti con privilegi.
Essendo le informazioni dinamiche, il deposito a lungo termine richiede un
controllo rigoroso delle versioni; è infatti possibile creare molte nuove versioni della
stessa informazione, quindi uno dei requisiti che vorremmo raggiungere è un controllo
integrato delle versioni con il quale ogni volta viene memorizzata una nuova informazione
nell’archivio, il sistema crea una nuova versione invece di distruggere quella vecchia.
In questo modo il nostro archivio conterrà una raccolta completa dell’informazione in
questione.
Gestione e protezione dei contenuti medici digitali
La possibilità di tenere traccia completa e di verificarla è un’altra caratteristica
importante che permette di sapere chi ha avuto accesso alle informazioni e di tracciare

tutte le attività di log-in. Questa funzione può compilare un rapporto storico in cui si
indica chi ha avuto accesso ad una specifica informazione, cosa ne ha fatto, se l’azione era
legale o no, per fini statistici o, nella maggior parte dei casi, per motivi di sicurezza.
Negli ultimi anni noi della Cyber-Ark abbiamo lavorato su un metodo per creare un
deposito sicuro degli archivi digitali che chiamiamo Cyber-Ark Digital Vault. In sostanza
si tratta di prendere il concetto di deposito dedicato e protetto di tipo fisico e portarlo
nell’ambiente digitale, creando un deposito dedicato e protetto digitale che è molto simile
a quello fisico che conosciamo tutti dalla realtà quotidiana. Il deposito dedicato e sicuro
per l’archiviazione digitale si basa su una tecnologia brevettata da Cyber-Ark, grazie alla
quale siamo riusciti a creare un ambiente molto sicuro indipendentemente dalla sicurezza
generale della rete. Può essere posizionato in Internet, che è veramente privo di sicurezza,
o nella rete propria di un’organizzazione, che potrebbe offrire una maggiore sicurezza, ma
la sicurezza di quest’area non cambierà indipendentemente dalla rete che ospita il deposito
sicuro.
Ma che cos’è Digital Vault esattamente?
Innanzitutto è un server dedicato, costruito appositamente per funzionare come
deposito dedicato e protetto dei dati archiviati. In questo server non girano applicativi e
software, ad eccezione dell’applicativo della versione digitale. Ogni accesso ai dati deve
passare attraverso l’applicativo della versione digitale, quindi quest’ultima ha il controllo
totale sugli accessi ai dati; nessuno può by-passare la sicurezza del deposito dedicato e
protetto digitale, perché in questo server non c’è alcun altro software che possa fornire
accesso ai dati.
Questa applicazione è realizzata in livelli multipli di sicurezza, che forniscono
tutti i requisiti di sicurezza sopra discussi; ad esempio l’accesso alla versione digitale
viene cifrato e firmato nella rete. Questo significa che se mi trovo a Washington e voglio
accedere via internet ad un server di archivio a Londra, posso accedere a questo archivio
con sicurezza perché tutte le informazioni scambiate tra la mia sede e quella dell’archivio
saranno codificate e firmate: nessuno sarà in grado di vedere o di cambiare le informazioni
che scambio attraverso il meccanismo di archiviazione. Un firewall interno protegge il
server da qualsiasi forma di comunicazione proveniente dall’esterno del deposito dedicato
e protetto.
CHEN BITAN

Grazie al sistema di sicurezza della versione digitale, posso vedere immediatamente
chi ha avuto accesso ai file contenenti le informazioni e cosa ne ha fatto. E’ un modo
per tenere sotto controllo le informazioni. Se vogliamo che gli utenti si fidino del nostro
meccanismo di archiviazione, dobbiamo fornire loro la capacità di vedere esattamente cosa
succede alle informazioni che essi conservano nel nostro archivio e vedere esattamente se
le loro informazioni sono usate nel rispetto delle loro intenzioni. Si tratta della funzione
di verifica che citavo prima; è possibile procedere alla verifica di numerosi documenti,
per produrre uno storico delle attività di scansione e per creare dei rapporti statistici che
indicano chi ha chiesto determinate informazioni o per quale scopo. Da questa attività
possiamo imparare molto e possiamo migliorare l’archiviazione secondo questo sistema
di verifica del log-in.
Come detto in precedenza, quando si trattano informazioni sensibili è obbligatorio
procedere alla separazione dei compiti. Per fare un esempio, in un ambiente standard di
tipo file-server o di database di solito l’amministratore di sistema ha la facoltà di gestire e
di provvedere alla manutenzione di questo ambiente, oltre ad avere l’autorità per vedere e
leggere le informazioni se non addirittura di cambiarle. Abbiamo creato una separazione
netta dei compiti tra amministratore – cioè la persona che gestisce il sistema – e il
proprietario del sistema che può accedere alle informazioni. Gli amministratori possono
accedere a questo spazio, ad esempio per aumentare lo spazio di memoria se viene chiesto
loro, ma non saranno in grado di vedere cosa è contenuto negli archivi.
Il metodo è molto utile per proteggere le informazioni e condividerle. Esso offre la
possibilità di comunicare con il deposito dedicato e protetto mediante la rete pubblica,
internet, ma in maniera sicura senza bisogno di ricostruire regole e meccanismi di
sicurezza, perché il deposito dedicato e protetto include tutti i meccanismi di sicurezza
presenti nel sistema.
Gestione e protezione dei contenuti medici digitali
Per riassumere, la realizzazione digitale è un deposito dedicato e protetto dove potete
immagazzinare e condividere qualsiasi documento critico o informazione di cui disponete.
E’ altamente protetto dai rischi di alterazione e di esposizione, indipendentemente dalla
sicurezza generale della rete. Fornisce capacità di verifica completa e controllo totale su
ogni singolo dato e documento presenti nella volta; inoltre fornisce una capacità molto
avanzata di backup contro gli eventi avversi.

Il ruolo delle reti
SEAMUS ROSS
(Humanities Computing and Information Management - Università di Glasgow)
Il mio intervento verterà su alcuni progetti nati dai programmi di interdisciplinarietà
e di collaborazione dell’Università di Glasgow.
Uno dei primi progetti in questo senso è stato ERPANET, il Digital Curation Centre
e Digital Preservation Europe, un progetto formativo per alcuni di noi che cercavano di
capire come far crescere la consapevolezza e reperire dei programmi educativi in Europa;
ma, cosa più importante, ci aiutò a comprendere gli obiettivi delle aziende e in quale modo
stessero reagendo alla sfida della conservazione digitale. Abbiamo organizzato seminari
e workshop, riesaminato la letteratura, realizzato web, e cosa più importante, abbiamo
realizzato dei casi-studio su numerose aziende europee appartenenti a svariati settori. E’
interessante sapere che abbiamo scoperto che le aziende, sia pubbliche che commerciali,
si aspettano che siano società esterne a fornire loro le soluzioni tecniche: la maggior parte
delle organizzazioni è preparata in maniera molto inadeguata alla conservazione digitale.
Abbiamo anche scoperto che mancavano la comprensione, l’apprezzamento e le politiche
aziendali a sostegno della conservazione: riuscire a prendere coscienza del problema resta
una priorità.
Settori come quello radio-televisivo sono caratterizzati da molta collaborazione,
quindi i loro progetti di collaborazione registrano risultati molto più efficaci; hanno
prodotto delle tecnologie reali, vere ed utilizzabili per migliorare lo scenario della
conservazione. In settori come quello farmaceutico, dove la collaborazione non è agli
stessi livelli, ma c’è una presa di coscienza dell’enorme importanza della conservazione
nella garanzia della continuità e della produttività aziendale, le organizzazioni investono
continuamente enormi somme di denaro per mantenere i propri materiali digitali nel
tempo. Il settore radio-televisivo registra risultati di gran lunga migliori grazie allo spirito
di collaborazione.
ERPANET ha dimostrato che, se si riesce a mettere insieme un gruppo di persone,
queste possono materializzare il potere della collaborazione.
Un altro progetto, Delos (relativo alle biblioteche digitali) ha dimostrato che se
un gruppo di persone lavora assieme sui problemi della ricerca e si concentra su realtà

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piccole, è possibile convertire i risultati conseguiti in una forma di sostegno allargata
per progetti di maggiori dimensioni. Nel quadro di Delos, noi del gruppo assegnato alla
conservazione digitale, abbiamo costruito il nostro progetto intorno alle necessità della
ricerca nel campo della conservazione. Ci siamo concentrati su di un piccolo gruppo
di scenari della conservazione, uno dei quali ha dato origine ad un progetto chiamato
Planets, ovvero un banco di prova e un insieme di matrici utili per valutare i metodi di
conservazione. Questo è molto importante perché spesso il lavoro sulla conservazione è
teorico, una parte troppo piccola viene validata in qualche modo o basata sui banchi di
prova. Con Planets attingevamo al lavoro fatto in Delos per creare un ambiente di prova
che permettesse di saggiare gli esperimenti sulla conservazione teorica.
Delos ha influito su tre progetti: CASPAR, che è un progetto scientifico e di dati
che ha visto impegnati la prof.ssa Guercio ed io ed è guidato dal CCIRC nel Regno
Unito; Digital Preservation Europe, in cui siamo stati coinvolti Maurizio Longhi ed io; e
Planets, anche questo con sede a Pisa. La cosa interessante in tutti questi progetti è il forte
coinvolgimento italiano nella collaborazione. L’Italia ha una leadership enorme nel campo
della conservazione digitale.
Nel Regno Unito, il Digital Curation Centre adotta un approccio molto diverso per
il concetto di “conservazione digitale” secondo il quale bisogna riunire quattro attività
chiave: giungere alla gente e dir loro cos’è la conservazione; unire la collaborazione delle
reti di associati in queste attività di divulgazione; creare servizi, vale a dire spiegare cos’è un
ufficio del registro, come ottenere informazioni in formato elettronico, la rappresentazione,
i registri di informazioni. Dobbiamo sviluppare nuovi strumenti e dobbiamo svolgere una
ricerca mirata a creare i servizi richiesti dalla gente.
I successi della ricerca sono estremamente importanti; vorrei presentare alcune
ricerche al momento in corso sull’origine dei materiali digitali. La provenienza è un
argomento estremamente importante per i materiali digitali e di particolare rilevanza in
campo scientifico, dove gli scienziati si basano su blocchi di dati più vecchi per trarre
conclusioni. Quando esaminiamo la longevità, vogliamo essere sicuri della provenienza e
dell’autenticità del materiale nei secoli, se non nei millenni.
Infine il mio gruppo di Glasgow sta lavorando alla certificazione e all’estrazione
automatica dei metadati.
SEAMUS ROSS
L’estrazione automatica di metadati è necessaria perché il volume del materiale che

dobbiamo trattare nello scenario della conservazione digitale ci obbliga ad automatizzare
quanti più processi possibile. L’automazione dei processi può essere realizzata solamente
da gruppi diversi che lavorano su diversi aspetti del problema, mettendo assieme i pezzi in
una sorta di “condotto della conservazione”.
Al momento abbiamo in corso un nuovo progetto, Digital Preservation Europe, che si
basa su ERPANET ed è stato pensato per sfruttare i ruoli collaborativi già in essere e creare
sinergie tra i diversi gruppi di ricerca, al fine di raggiungere un comune intendimento su
quanto sta accadendo nell’area di ricerca europea. Il progetto durerà 36 mesi e, cosa molto
importante, svilupperà un elenco delle ricerche da fare. Produrrà documenti informativi e
relazioni, organizzerà workshop per stimolare la presa di coscienza del problema.
Se la collaborazione è importante, anche la competizione lo è. Abbiamo bisogno di
catalizzare l’interesse delle risorse più giovani, soprattutto dall’ingegneria e dalle scienze
informatiche, verso la conservazione digitale. Speriamo che la sfida della conservazione
digitale dia loro un’indicazione chiara del lavoro da svolgere e un metro preciso per
misurare i progressi registrati, senza dimenticare un premio per chi registrerà successi
degni di nota. Spero che questi incentivi possano catalizzare l’interesse dei giovani verso
la conservazione digitale. Quindi è importante collaborare, perché bisogna lavorare in
gruppo, ma anche la competizione conta perché bisogna competere con gli altri gruppi
per portare avanti la sfida.
Il ruolo delle reti
Passando ai depositi, pensiamo che Digital Preservation Europe si impegnerà a
riunirli in federazione, in modo che quando visualizziamo un deposito digitale e abbiamo
bisogno di un certo grado di ridondanza o dispersione, possiamo collaborare con un altro
deposito in qualche altra parte del mondo e condividere le risorse, al fine di avere una
copia in più in caso di evento avverso. Questo risolverebbe alcuni problemi relativi alla
sicurezza della conservazione nel lungo periodo.
Revisione e certificazione costituiscono un’altra area importante su cui lavoreremo.
C’è la convinzione generale che biblioteche e archivi, essendo per tradizione ottimi luoghi
per la cura del materiale stampato, siano una soluzione ottimale anche per i materiali
digitali. Questa argomentazione non è fondata, quindi se queste strutture vogliono
competere efficacemente devono dimostrare di aver attuato delle buone procedure e
politiche. Negli USA alcune entità stanno lavorando intensamente per creare dei piani
di certificazione che costruiscano la fiducia del pubblico nei confronti dell’autenticità del

2
materiale digitale conservato nei depositi.
Altra finalità importante che stiamo perseguendo è una roadmap della ricerca
condotta dalla comunità. Basandoci sulla relazione “Invest to Save” (investire per
risparmiare, N.d.T.) stiamo cercando di sviluppare una mappa della ricerca che si concentri
sui temi basilari della ricerca; dovrebbe essere pubblicata entro sei settimane circa. Stiamo
cercando di pubblicarla in tempi brevi perché quando uscirà il primo bando per i fondi
FP7, questa ricerca illustrerà in quale modo i valutatori di solito rispondono alla causa
fornendo quindi alla comunità degli utenti – biblioteche e archivi – risultati di ricerca in
grado di erogare i prodotti e i servizi di cui gli utenti hanno realmente bisogno.
Ma allora perché dovremmo collaborare? Perché la ricerca costa e vogliamo evitare
una ripetizione degli sforzi. Vogliamo distribuire il lavoro in tutta la comunità, così
sempre più ricercatori saranno informati del lavoro svolto dai colleghi e potranno trarne
beneficio. Dobbiamo creare delle comunità di pratica, non possiamo più pensare di lavorare
come singole entità. Dobbiamo condividere competenze e sforzi, e possiamo farlo solo
lavorando in team. Ma per poter collaborare creando dei team, dobbiamo migliorare la
consapevolezza pubblica del problema; inoltre dobbiamo far crescere la presa di coscienza
nella nostra stessa prospettiva di formazione, non solo nella comunità degli archivi e della
gestione documenti, ma anche tra gli scienziati addetti ai dati e i ricercatori della comunità
scientifica.
SEAMUS ROSS
La collaborazione e le reti come Digital Preservation Europe, InterPARES ed
ERPANET sono di fondamentale importanza per permetterci di erogare conservazione,
tecnologie e capacità di conservazione nel futuro. Spero che dopo la vostra partecipazione
a questo evento tornerete alla vostra sede di lavoro intenzionati a creare rapporti di
amicizia con le persone che collaborano con voi, desiderosi di lavorare assieme contro il
rischio della conservazione e per affrontare la sfida della conservazione.

Dal codice di Hammurabi alla Stele di Rosetta
digitale. Conservazione a lungo termine dei
contenuti digitali
ALfREDO M. RONCHI
(Politecnico di Milano / MEDICI Framework)
“Graffiti” dall’era digitale
Nel corso degli ultimi decenni abbiamo assistito a due processi correlati, il crescente
ruolo assegnato ai dispositivi elettronici nella vita quotidiana e la “corsa al formato digitale”.
Istituzioni, organizzazioni ed aziende private hanno lanciato programmi a medio termine
finalizzati a convertire i loro archivi in formato digitale. Anche i privati cittadini hanno
iniziato una campagna personale di conversione verso il formato digitale: documenti,
musica, film, disegni e fotografie hanno lasciato il loro formato e supporto originario
assumendo la forma di “sequenze di bit” archiviati su media digitali. Del resto era opinione
comune che il formato digitale fosse il “formato definitivo” in grado di “congelare” le
informazioni “per sempre”. L’idea di perpetuare testi, immagini, qualsivoglia opera una
volta che questi siano convertiti in “digitale” é stata largamente condivisa e promossa per
lungo tempo.
Abbiamo così ottenuto che gran parte del nostro patrimonio, la nostra eredità per le
future generazioni si fondasse sulle tecnologie digitali. A questo punto nasce logicamente
una preoccupazione: sono le tecnologie digitali idonee ad essere conservate per lungo
tempo? Le apparecchiature elettroniche, attualmente piattaforma operativa per il digitale,
sono sufficientemente durevoli al fine di garantire l’accesso alle nostre informazioni anche
alle generazioni a venire? E se così non fosse come possiamo affrontare realisticamente
il problema?
I rapidi cambiamenti tecnologici rendono la conservazione del digitale una vera e
propria sfida. Prendendo in considerazione la grande quantità di dati da archiviare, la
quantità di tempo necessaria per compiere quest’opera e più ancora il periodo di tempo
che richiede l’archiviazione di questa mole di dati dobbiamo considerare opportunamente
un problema che fino ad ora é stato largamente sottovalutato: la conservazione a lungo
termine delle informazioni in formato digitale.
3

Questo argomento ci porta a considerare due aspetti, il primo é l’obsolescenza
tecnologica mentre il secondo riguarda la natura “temporanea” dei cosiddetti “supporti
permanenti”. L’orologio biologico del ICT batte intervalli di tempo più brevi se paragonato
a quelli che caratterizzano in tutto il mondo il campo dei beni culturali. I formati digitali
diventano improvvisamente obsoleti e scompaiono. Una soluzione straordinariamente
longeva quale il collaudato binomio PC/DOS, di grande successo per più di vent’anni,
rappresenta una fugace apparizione se paragonata alla permanenza media dei documenti
presenti negli archivi di stato.
I nostri computer invecchiano, i supporti nei quali sono archiviati i nostri dati vanno
disintegrandosi; i dischetti magnetici sopravvivono egregiamente senza problemi per
migliaia di ore d’uso ma non abbastanza per poter essere considerati “permanenti” ai
nostri fini.
Quali sono le implicazioni a lungo termine se noi facciamo affidamento unicamente
sulla attuale tecnologia digitale per preservare la nostra memoria storica ?
La conservazione a lungo termine degli archivi digitali non é solamente una necessità
legata al patrimonio culturale ma vale anche per la pubblica amministrazione, la sanità, i
servizi sociali e molto altro.
I dispositivi elettronici stanno scomparendo perché alcuni componenti base non sono
più disponibili sul mercato e di conseguenza l’unica possibilità é aggiornare il dispositivo
o dare un’occhiata al mercato dell’usato “d’epoca” se disponibile.
Nel mese di maggio del 2004, in occasione della World Wide Web Conference, si é
svolta a New York una tavola rotonda 16 dedicata alla conservazione a lungo termine dei
contenuti 17 digitali.
ALfREDO RONCHI
In seguito, nel mese di settembre 2006, in occasione di un evento organizzato ad
Asolo, é stato pubblicato un pacchetto di raccomandazioni sul tema. La presente sezione
fornisce gli elementi base circa i bisogni critici e le preoccupazioni sollevate dalla
conservazione a lungo termine delle informazioni digitali.
16 Fare riferimento all’indirizzo www.medicif.org per una copia elettronica del report finale oppure reperire la
versione stampata del medesimo.
17 Il termine “contenuto” viene utilizzato per significare il dato, la parte a valore aggiunto del sistema
informativo anche se, a volte, può generare la sensazione che si tratti di qualche cosa che ha quale unica
funzione il riempimento di un “contenitore”.

Ciò che abbiamo già perduto ..... e quello che stiamo per pardere.
Un “buco nero” digitale potrebbe catturare la maggior parte del nostro passato
recente; oggi noi possiamo solamente immaginare quello che doveva essere la “Battaglia
di Anghiari” affrescata da Leonardo da Vinci, la biblioteca di Alessandria, alcuni lavori
perduti di Eschilo oppure il contenuto originario dei palinsesti e dei papiri Egizi.
Potranno mai le generazioni future, ed anche non troppo lontane nel futuro, essere
capaci di ascoltare la nostra musica elettronica, godere della computer art, navigare tra i
nostri siti web ed anche giocare con i nostri arcaici video giochi?
Rolls Royce ha appena celebrato il suo primo secolo di vita organizzando una
grande parata di auto storiche dei primi del secolo scorso, potranno le generazioni future
festeggiare il secondo centenario di vita dell’azienda con una parata simile a questa?
Se ciò accadrà vedremo probabilmente le stesse vetture dei primi del novecento
perché se esiste ancora qualcheduno capace di costruire un carburatore degli anni venti
non troviamo altrettanto facilmente soggetti in grado di riparare o ricostruire un transistor
PNP o uno dei primi circuiti integrati.
Cosa ne sarà della mia Leica R4 elettronica nel prossimo futuro se la semplice
eliminazione dal mercato delle batterie PX 625 ha creato significativi problemi alla
“meccanicissima” Leicaflex SL”?
Pre amplificatori stereo come il glorioso Mc Intosh C28 sopravvivranno all’estinzione
delle valvole termoioniche?
Le “fragili” tecnologie dell’informazione sono profondamente fuse con la nostra vita
quotidiana ma noi non ci preoccupiamo troppo di questo fintantoché malfunzionamenti,
virus, black out o “millennium bugs” non ci forzano a considerare il “lato oscuro” della
tecnologia.
Dal codice di Hammurabi alla Stele di Rosetta digitale.
Conservazione a lungo termine dei contenuti digitali
Avranno le generazioni future l’opportunità di godere quanto attualmente in mostra
presso l’Ars Electronica di Linz? O alcuni prodotti degni di nota del Medialab dell’MIT?
I manufatti che si basano sul “digitale” pare che abbiamo stampata una data di
scadenza. Tutto questo ha ovviamente un chiaro riflesso sulla percezione del valore degli
oggetti e sul loro uso quotidiano.
Naturalmente non possiamo pensare di conservare ogni cosa, vi sono prodotti e
contenuti che non devono necessariamente essere tramandati alle generazioni future,
alcune volte tutto questo si riflette banalmente sul valore economico dell’oggetto, un

orologio da polso elettronico usato vale solitamente meno di un suo simile meccanico.
Forse dovremmo dedicare del tempo per stabilire chiaramente cosa distruggere, come
appare chiaro a chi abituato a scattare 36 fotografie di cui almeno 30 accettabili ne scatta
oggi 360 in formato digitale di cui forse 10 accettabili, cosa ne facciamo delle altre 350?
In ogni caso vi sono alcuni “oggetti” che siamo tenuti a trasferire in modo sicuro alle
generazioni future, non possiamo lasciare come eredità un “buco nero”.
Pensiamo all’album di fotografie di famiglia. Abbiamo foto dell’ottocento ma
rischiamo di non tramandare immagini dei primi anni del ventunesimo secolo, un album
con una serie di pagine bianche.
La capacità di sopravvivere nei secoli di una cultura dipende in grande misura dalla
ricchezza ed acuità del senso della storia posseduto dai suoi membri.
La Società, naturalmente, ha un interesse vitale nel preservare il materiale che
documenta i bisogni, le preoccupazioni, le idee, la creatività, l’arte, i discorsi e gli eventi
che ha generato.
ALfREDO RONCHI
Anche se noi semplicemente ci concentriamo, al momento, su contenuti digitali di
base quale sono i testi, l’accesso indefinito continuo per il futuro ai dati archiviati in
formato digitale non può essere garantito entro limiti accettabili in nessun caso. Come
già sottolineato, anche se la perdita di dati dovuta al deterioramento dei sistemi di
archiviazione é un importante elemento di discussione, l’aspetto più importante é legato
alla rapida obsolescenza del software e dell’hardware.
Computer e microchip continuano ad invecchiare molto velocemente anche perché
questo é il cuore del modello di mercato su cui si basa l’ICT. Le Aziende non possono
affrontare lunghi cicli di vita, i clienti devono fornire un adeguato supporto finanziario
aggiornando frequentemente i sistemi anche perché, come ebbe a dire una volta Nathan
Myhrvold: il software é come un gas che si espande in modo tale da occupare tutto il
volume disponibile (nel caso specifico le risorse di calcolo). Alcuni progressi tecnologici
sono così rilevanti che la compatibilità con il passato non é più possibile.
Alcuni decenni orsono “l’hardware” rappresentava un tale valore che i maggiori
sforzi erano indirizzati al riuso delle apparecchiature di generazione in generazione, in tal
modo macchine perforatrici, stampanti, unità nastro ed altro venivano adattati per quanto
possibile ai nuovi “mainframe”. I “drivers” software per il nuovo utilizzo venivano scritti
ad hoc e le stesse applicazioni venivano ri-progettate ed adattate allo scopo.

Oggigiorno noi affrontiamo esattamente il problema opposto, “l’hardware” seguendo
la legge di Moore é destinato a costare sempre meno mentre le applicazioni unitamente ai
contenuti rappresentano il vero patrimonio da tutelare.
I supporti di archiviazione sono soggetti a degrado fisico, non sono infatti progettati
per garantire la loro funzionalità per un lungo periodo di tempo se noi prediamo come
riferimento le unità di tempo considerate da archivi e beni culturali.
La tecnologia basata su supporti magnetici non garantisce un accesso a lungo termine
alle informazioni archiviate, nastri e dischi perdono costantemente le loro proprietà e sono
inoltre sensibili alle condizioni ambientali quali il caldo, l’umidità, i campi magnetici,
l’elettricità statica, la polvere, il fuoco, etc.
In aggiunta divengono obsoleti assieme ai dispositivi in grado di leggerli, come
possiamo noi leggere oggi un nastro magnetico da 9600 bpi, un floppy disk da 8” o
semplicemente un floppy da 5” ¼ ? Come possiamo oggi connettere ed utilizzare un
vecchio disco rigido dotato di interfaccia RLL o IDE? Ragionevolmente i vecchi formati
e standard sono destinati a farsi da parte a favore dei nuovi.
Tutto ciò vale anche per gli standard applicabili al software, il metodo per codificare
le informazioni e la qualità delle informazioni archiviate migliorano costantemente. Tale
situazione vale sia per archivi generati attraverso una conversione dal formato analogico
al digitale (documenti cartacei, film, video, suoni, etc) sia per archivi direttamente creati
in formati digitale (born digital). Il contenuto digitale derivato da formati analogici,
se ancora possibile, dovrebbe essere nuovamente digitalizzato in modo tale da poter
pienamente usufruire dei nuovi standard qualitativi e formati, mentre il contenuto a suo
tempo direttamente generato in digitale deve essere conservato partendo delle registrazioni
originali.
Dal codice di Hammurabi alla Stele di Rosetta digitale.
Conservazione a lungo termine dei contenuti digitali
Fino a tempi recenti, i documenti erano solitamente conservati in formato cartaceo
o sotto forma di microfilm. La tecnologia dei microfilm é stata lungamente apprezzata
grazie alla sua efficienza, facilità d’uso, robustezza e, potremmo aggiungere ora, perché é
quasi indipendente dall’hardware.
Alcuni decenni orsono gli addetti ai lavori iniziarono a convertire i loro archivi
microfilm in archivi in formato digitale, una simile conversione assorbì una certa quantità
di risorse poiché si trattava non solo di digitalizzare i testi ma alcune volte convertirli in
documenti modificabili e ben impaginati, lo stesso accadeva per i disegni tecnici e gli

schizzi da archiviare in formato vettoriale.
Circa venti anni fa scanner dotati di convertitore raster/vector rappresentavano
i prodotti più venduti nel settore della grafica tecnica, gli uffici tecnici delle aziende
iniziarono la conversione dei loro archivi cartacei o microfilm in archivi digitali.
Questa corsa al digitale fu guidata da significativi incentivi: la possibilità di creare
copie perfettamente identiche all’originale, pubblicarle attraverso un ampio spettro di
media inclusa la significativa accelerazione data da Internet che consentiva, tra l’altro, la
distribuzione e la disseminazione sulla rete.
La pubblicazione in rete permette agli utenti di ri-formattare e convertire i contenuti
in forme alternative, localizzarli, eseguire ricerche, ritrovarli, elaborarli attraverso l’uso di
strumenti automatici o semi automatici.
In tempi più recenti iniziò un processo inverso cercando sul mercato macchine da
microfilm in grado di leggere i dati digitali e ri-convertirli in microfilm.
In ogni caso i metodi di archiviazione dati attuali includono l’archiviazione digitale ed
un numero sempre maggiore di aziende ha deciso di archiviare i propri dati in digitale.
Sorprendentemente poca attenzione é posta alla preservazione delle informazioni
digitali per lunghi periodi di tempo.
Background storico delle iniziative
Nel dicembre del 1994 negli Stati Uniti la “Commissione per la conservazione e
l’accesso” unitamente al “Gruppo di ricerca delle biblioteche” costituirono la “Task force
on digital archiving”. Scopo della “task force” era trovare gli strumenti per assicurare
“accesso continuativo a tempo indeterminato ai futuri archivi conservati in formato
digitale”. La task force era composta da soggetti presi dal mondo dell’industria, dai musei,
archivi e biblioteche, editori, associazioni scolastiche e governative.
La task force fu in particolare incaricata di:
1. inquadrare le problematiche più significative (organizzative, tecnologiche, legali 18 ,
economiche, etc) che dovevano essere risolte per un aggiornamento tecnologico e per
essere considerate un approccio accettabile al fine di assicurare accesso continuo a
tempo indeterminato ai dati futuri,
2. Definire gli aspetti critici che impediscono la soluzione ad ogni problema chiaramente
identificato,
ALfREDO RONCHI
18 Autenticità del documento, integrità del contenuto, certificazione fonte ed aspetti cronologici.

3. Indicare per ciascun aspetto, le azioni raccomandate al fine di rimuovere quel aspetto
dalla lista,
4. Prendere in considerazione possibili alternative all’aggiornamento tecnologico,
5. Fare altre raccomandazioni generiche se il caso.
La task force rilasciò una bozza di rapporto nel mese di agosto 1995. Segui un lungo
periodo di tempo per esprimere commenti, nel corso di questo periodo un gran numero di
interessati residenti sia negli Stati Uniti sia nel resto del mondo fornirono numerosi utili
aiuti e meditati suggerimenti per migliorare la bozza del rapporto, un gran numero di
questi suggerimenti fu incorporato nella versione finale del rapporto datata maggio 1996.
In occasione della conferenza internazionale su ICT per i beni culturali denominata
CULTH, tenuta in Vienna nel 1999 fu assegnata una sessione specifica all’invecchiamento
dei media ed alla conservazione dell’informazione. Una serie di pannelli decorati con
fotografie di nastri magnetici sfaldati, computer ricoperti di polvere, e floppy disk fusi dal
calore richiamò l’attenzione dei presenti quantomeno sul lato fisico del problema.
Vari studi e ricerche vennero svolti negli anni seguenti, nel 2002 in occasione della
conferenza internazionale sulle biblioteche digitali sponsorizzata dalla ACM ebbe luogo
una tavola rotonda sulla conservazione digitale.
Reagan Moore del Centro di supercomputing si San Diego (CA) introdusse i livelli
di astrazione che sono necessari per creare una rappresentazione dei dati, informazioni
e conoscenza, indipendentemente dall’infrastruttura che li gestisce, in aggiunta venne
presentato anche un prototipo di archivio digitale persistente.
L’infrastruttura dell’archivio digitale persistente é stata nel seguito sviluppata
per l’uso da parte del National Archives and Records Administration ed altre agenzie
Federali.
Dal codice di Hammurabi alla Stele di Rosetta digitale.
Conservazione a lungo termine dei contenuti digitali
La visione di NARA relativamente agli archivi digitali recita: “gli archivi di
informazioni elettronici conserveranno e garantiranno l’accesso ad ogni genere
d’informazione archiviata elettronicamente, indipendentemente da qualunque dispositivo
hardware o software abilitando NARA a svolgere la sua missione nel futuro”
William Underwood fece riferimento ad una serie di lezioni imparate nel conservare
le registrazioni digitali create su personal computer e più specificatamente quelle create su
personal computer durante l’amministrazione del Presidente George Bush (1988-1992).

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Fragilità del digitale: problematiche e aspetti caratteristici
La problematica generale può essere strutturata ed analizzata a partire da una
tassonomia teorica noi possiamo distinguere due approcci:
a) l’invecchiamento e la scomparsa di hardware / firmware e software; questi problemi
sono principalmente, ma non solo, in relazione alla conservazione dei dispositivi e
delle funzioni connesse ai computer. Questo si riferisce, ad esempio, ai componenti
presenti a bordo delle autovetture, ai dispositivi elettronici quali video camere,
macchine fotografiche, impianti stereo, la maggior parte delle installazioni artistiche
ed anche ai dispositivi progettati per una lunga vita (ad esempio quelli che una volta
erano controllati dalla logica a relais ed oggi incorporano micro chips).
Una significativa panoramica su queste problematiche é stata fornita nel 1995
all’interno del rapporto del American National Research Council quando recita: “Il fatto
che la vita attesa per la maggior parte dei dispositivi hardware sia di 10 massimo 20 anni
a creato problemi molto seri per la conservazione a lungo termine (più di 20 anni) degli
archivi. Anche se i sistemi operativi ed i problemi di documentazione in qualche modo
hanno affrontato il problema cosa deve fare l’archivista quando il fabbricante dell’hardware
dichiara che l’apparecchiatura é obsoleta o semplicemente non é più sul mercato ?
Ci saranno ancora una IBM o una Sony nel 2200? Se esisteranno ancora manterranno
ancora in funzione una apparecchiatura d’antiquariato del 1980 o del 1990? In aggiunta,
occorre rendersi conto che nessuna organizzazione di archiviazione può sperare
realisticamente di mantenere una simile apparecchiatura da sola. I circuiti integrati, le
sottili testine di lettura, i diodi laser non possono più essere riparati oggi, ne possono
essere nuovamente fabbricati se non in una fabbrica del costo di centinaia di milioni di
dollari.”
ALfREDO RONCHI
b) Ora lasciando da parte la conservazione dell’hardware possiamo focalizzare il nostro
interesse sull’altro lato della medaglia, la sola conservazione del contenuto.
Un sempre più nutrito numero di Istituzioni, organizzazioni ed aziende archivia un
sempre crescente numero di informazioni e contenuti digitalmente. In aggiunta, secondo
la legge di Moore la tecnologia informatica rende disponibili generazioni di sistemi
sempre più performanti, più potenti e più economiche, così queste sono rapidamente
adottate perdendo solitamente una parte della compatibilità con i prodotti di generazione
precedente. Non appena le vecchie tecnologie sono sostituite dalle nuove generazioni

di prodotti hardware e software, nuovi formati dati PICT, GIF, TIFF, BMP, JPG sono
disponibili. Con il trascorrere del tempo stiamo perdendo la conoscenza riguardo a come
le precedenti generazioni di sistemi archiviavano ed accedevano ai documenti, basti
considerare i formati per la grafica vettoriale utilizzati negli ultimi vent’anni: IGES, DXF,
DWG, Open Inventor, VRML, etc
All’interno di numerose organizzazioni oggi, in tutto il mondo, i documenti
considerati come dati ufficiali devono essere classificati e gestiti secondo procedure ben
codificate con scadenze approvate che possono differire da nazione a nazione da tipologia
di documento a tipologia di documento ma di base si é tenuti a conservare i dati per un
periodo minimo di tempo definito per legge.
Tali registrazioni devono essere conservate ed accessibili per tutto il corso del loro
ciclo di vita in sintonia con le medesime leggi e standard che hanno governato e governano
i dati su carta.
Questo significa mediamente più di 90 anni per i dati clinici, dieci anni per dati
tecnici e contabili comuni, 75 anni per i diritti d’autore e potenzialmente un periodo di
tempo illimitato per i dati di interesse storico artistico e gli archivi di stato.
Negli Stati Uniti, ad esempio, in caso di documenti governativi la legge sancisce
che qualunque documento governativo ufficiale deve essere classificato nell’ambito di uno
dei 26 periodi di conservazione definiti dagli Archivisti degli Stati Uniti. Tali periodi
di conservazione variano da un minimo di trenta giorni ad un massimo teoricamente
illimitato, prevedendo periodi intermedi di trenta, cinquanta e settantacinque anni. In
aggiunta esistono speciali requisiti quali ad esempio gli archivi di informazioni protette da
diritto d’autore creati al fine di preservare il contenuto fino allo scadere del copyright e la
conseguente fruizione in pubblico dominio, ciò significa in Europa almeno settantacinque
anni.
Dal codice di Hammurabi alla Stele di Rosetta digitale.
Conservazione a lungo termine dei contenuti digitali
Facciamo una pausa e prendiamo in considerazione un altro punto di vista, come
nel caso dell’ottimista che vede il bicchiere mezzo pieno, il pessimista che lo vede mezzo
vuoto o l’ingegnere che lo considera semplicemente un contenitore sovradimensionato.
Archiviando contenuti in formato digitale noi non andiamo incontro solamente
a potenziali problemi e pericoli, uno degli aspetti positivi degli “oggetti” digitali é la
possibilità di clonare che risolve l’eterno dilemma tra conservazione ed uso. Giusto per
aggiungere alcuni aspetti positivi, la tecnologia Internet grazie all’uso di standard de facto

2
ed alla quasi indipendenza dalla piattaforma operativa ha concretamente migliorato le
prospettive di vita dei contenuti da essa gestiti.
Al fine di iniziare a discutere di conservazione a lungo termine del semplice
“contenuto” possiamo elencare i differenti livelli di complessità e le funzionalità che si
devono preservare.
I contenuti e le funzionalità che devono essere preservati possono spaziare nel
seguente ambito:
1. puro testo (per lungo tempo l’essenza dell’interoperabilità e formato ideale nel lungo
termine);
2. testo formattato ed eventuali funzioni associate (ad esempio pagine pronte per la
stampa, fogli elettronici, formati di esportazione/ importazione per basi dati, etc);
3. contenuti multimediali (immagini, filmati, suoni in differenti formati, links,
riferimenti, etc);
4. Disegni tecnici, modelli numerici tri-dimensionali (grafica vettoriale, scenari
interattivi, etc);
5. Contenuti profondamente fusi con applicazioni specifiche (archivi, basi dati, video
games, applicazioni personalizzate, etc);
6. Installazioni interattive, applicazioni di realtà virtuale arricchita, etc;
7. applicazioni future basate sull’interazione tra gli utenti e l’accesso a basi dati distribuite
in rete.
Ovviamente ciascuno dei livelli di complessità del contenuto appena citati richiede
differenti sforzi e risorse al fine di poter essere preservato o restaurato.
E’ evidente che il puro testo é più semplice da conservare, mentre al contrario i
video giochi richiedono solitamente l’utilizzo di una piattaforma di emulazione o la
conservazione dei dispositivi originari. In questi casi emulare vuol anche dire riduzione
delle performance del sistema in modo tale da poter replicare la prestazioni originarie del
gioco.
Il razionale che sottende le strategie di preservazione ed i principali approcci
previsti
ALfREDO RONCHI
La conservazione del patrimonio digitale ed elettronico copre un ampio spettro di
interessi dalle informazioni di valore strategico e critico per l’azienda agli oggetti di tutti
i giorni. Una simile attività di alto profilo coinvolge sia personale altamente qualificato,

organizzazioni ad hoc ed anche i semplici cittadini, i primi sono solitamente legati ai
comparto militare ed alla pubblica amministrazione i secondi vogliono conservare le loro
foto, la musica ed i documenti personali.
L’idea che una volta effettuato il duro lavoro di digitalizzazione si sia raggiunto un
“porto sicuro” non riflette la realtà delle cose, una volta che abbiamo ottenuto il nostro set
di dati in formato digitale, “bit stream”, a quel punto inizia lo studio e la definizione delle
migliori strategie per la sua conservazione.
Una delle prime cose da prendere in considerazione é che il contenuto ha un suo
ciclo di vita, anche se il “paperless office” ha creato più carta che mai e le tecnologie
di archiviazione a basso costo hanno generato gigabytes di “spazzatura digitale” noi
dobbiamo essere in grado di discernere ciò che é importante da ciò che non lo é, non
solamente perché la conservazione dei dati costa in termini di risorse ma anche perché
dati privi di importanza creeranno semplicemente “entropia” nel sistema.
Un altro aspetto di rilevo nell’ambito della conservazione delle informazioni é
riconducibile all’intervallo di tempo tra un aggiornamento dei dati e l’altro per poter
distinguere tra informazioni statiche ed informazioni dinamiche.
Una volta definito il ciclo di vita dei nostri dati questo influenzerà anche la loro
creazione 19 e potrà generare un sistema di contabilizzazione per le risorse che devono
essere allocate per la conservazione.
Prevenire é meglio che curare, se definiamo le strategie di conservazione siamo a
metà strada verso la soluzione. In accordo con la natura del problema e le relative strategie
potenziali alcuni interventi possono essere:
• Riscrittura (refreshing) – serve ad evitare il decadimento fisico del dato archiviato sul
supporto magnetico, l’informazione é semplicemente riscritta in una posizione fisica
differente del supporto ogni volta che un determinato intervallo di tempo é trascorso.
Vi sono particolari applicazioni software in grado di gestire autonomamente questo
processo. Se il dispositivo di archiviazione é a sola scrittura trascorso un lasso di
tempo prestabilito il sistema provvede a copiare tutte le informazioni su un nuovo
supporto.
Dal codice di Hammurabi alla Stele di Rosetta digitale.
Conservazione a lungo termine dei contenuti digitali
• Stampa e Microfilmatura – alcune volte rappresenta la soluzione estrema, conserva
i dati al sicuro tra una generazione tecnologica e la successiva. Sfortunatamente non
19 In termini di qualità, quantità, tecnologia e formato
3

tutto il materiale nato in formato digitale può essere facilmente convertito in stampe
e microfilm. In questo la tecnologia non ci aiuta perché sforna ogni giorno un nuovo
“oggetto” digitale sempre meno simile a quelli tradizionali. Come possiamo oggi
riconvertire in formato cartaceo un documento con firma digitale o un documento
prodotto collegialmente in tempo reale ? Come archiviare wikies e blogs ? Cosa fare
per le installazioni interattive dell’arte elettronica?
• Copie multiple – questo può essere considerato come un approccio umano, filogenetico.
Al fine di aumentare le speranze di sopravvivenza si eseguono numerose copie delle
informazioni (fare riferimento a Meme’eye Web 20 ).
Ora inizia la parte più complessa, noi non dobbiamo unicamente prendere in considerazione
il puro testo o semplici documenti, i tre approcci descritti nel seguito sono spesso da
considerarsi come alternativi. La scelta tra questi deve essere opportunamente presa in
considerazione sia al momento che nel lungo termine.
• Conservazione dei sistemi – questa é la strada più dura per conservare in vita i vecchi
sistemi e le tecnologie obsolete come ad esempio il FORTRAN II o il Digital PDP 11.
Garantire l’accesso e la piena funzionalità di un computer obsoleto é molto costoso
e difficile. In alcuni casi questo approccio suggerisce di comprare per tempo sistemi
usati da poter in seguito “cannibalizzare” in caso di bisogno.
• Emulazione – questo approccio appare come uno dei più attraenti anche a causa della
vecchia chimera dell’emulatore universale in grado di consentire ad applicazioni
molto datate il funzionamento su computer di nuova generazione senza bisogno di
alcun adattamento e senza la necessità di conservare nel tempo il sistema originario.
Se prendiamo in considerazione applicazioni molto comuni ed emulazione di singoli
sistemi di elaborazione, i video giochi come PAC MAN e similari sono usualmente
preservati utilizzando questa soluzione. Chiaramente gli emulatori possono essere
condivisi tra più applicazioni create per la medesima piattaforma emulata. I problemi
sorgono quando l’applicazione ha bisogno di interagire con dispositivi hardware
particolari o con specifiche configurazioni di sistema (per esempio Sega Goggles o
Nintendo Power Glove).
ALfREDO RONCHI
20 The Meme’s Eye Web”. Susan J. Blackmore sostiene che il meme ha forgiato la natura umana guidando
l’evoluzione delle macchine che sono in grado di copiarli i meme hanno creato un enorme cervello umano con
una specifica capacità per il linguaggio.

Dal codice di Hammurabi alla Stele di Rosetta digitale.
Conservazione a lungo termine dei contenuti digitali
• Migrazione – può rappresentare una valida alternativa sia alla conservazione dei
sistemi sia alla emulazione dei sistemi del passato., l’idea base é far migrare i dati e
le applicazioni con continuità da una piattaforma a quella di generazione successiva.
La tecnica della migrazione é molto utile e largamente utilizzata nell’industria del
software al fine di spostare applicazioni e sistemi di gestione dati da una generazione
all’altra dei sistemi di elaborazione. Uno dei punti chiave in questo processo é quello
di iniziare la migrazione prima che il bagaglio di conoscenza relativa alla applicazione
sia perduto, dimenticato. Cimentandosi con le informazioni personali gestite da
applicazioni desktop, i formati interni dei dati e le funzionalità dell’applicativo
non sono solitamente note all’utente cosicché questi é costretto ad affidarsi a terze
parti per la migrazione non avendo prova diretta di quanto velocemente si perdano
le competenze. In tali casi può risultare d’aiuto avere ulteriori copie del contenuto
codificate in differenti standard (ad esempio quelli dovuti ad internet). L’uso di software
“open source” parimenti può aiutare grazie alla disponibilità del formato sorgente, ma
questo é ovviamente significativo ed utile solo per utenti molto ferrati in termini di
ingegneria del software mentre é quasi privo di significato per la maggior parte dei
produttori di contenuto. La migrazione di oggetti digitali verso una nuova generazione
é onerosa in termini di tempo e danaro, inoltre dobbiamo prendere in considerazione
una delle regole filosofiche alla base della conservazione 21 , minimizzare il danno, la
migrazione invece massimizza il danno. Il processo di migrazione implica modifiche
dei dati, tali modifiche portano al degrado del contenuto se il nuovo formato non può
ricevere tutte le caratteristiche presenti nel formato originario. Da alcune prove che
sono state eseguite nel passato, ad esempio, facendo passaggi multipli in circolo in
modo tale da ritornare al formato originario al termine della prova, alcune volte é
emerso che i due set di dati presentassero differenze apprezzabili.
• Standardizzazione – significa passare dal formato originale proprietario ad un formato
standard (ad esempio un formato standard Internet). Se siamo interessati a creare
contenuti digitali di lunga durata dobbiamo iniziare dalla definizione degli standard
che dovranno essere utilizzati, quanto gli standard scelti sono stabili e permettono la
migrazione verso standard successivi. L’idea di spostarsi da standard proprietari verso
standard di fatto significa che la conoscenza dei formati dati potrà essere sempre
21 Conservazione come processo continuo di prendersi cura delle cose

ALfREDO RONCHI
disponibile anche se lo standard che scegliamo non sarà più supportato. Il processo
di standardizzazione soddisfa due delle sfide citate parlando di migrazione; perdita di
informazione dovuta a perdita di conoscenza riguardo alla sua codifica, degradazione
del contenuto dovuta a migrazioni multiple non perfettamente equivalenti in termini
di contenuto. Il problema a questo punto é come scegliere opportunamente lo standard
al fine di supportare l’informazione necessaria per l’organizzazione logica della
conservazione e come potrà un utente futuro determinare quale standard é stato usato
oggi per preservare l’informazione. Una possibile e ragionevole soluzione ad un simile
problema può venire dall’uso di metadati, linguaggi come XML che permette una
ricca descrizione dello standard utilizzato dai proprietari originali del dato. Questo
processo é solitamente chiamato “encapsulation”.
• Encapsulation – questa risorsa punta a garantire l’uso nel futuro del dato “avvolgendo”
l’oggetto digitale da preservare ed utilizzare in futuro all’interno di una “pelle” leggibile
dagli umani. L’involucro può contenere informazioni in puro testo a supporto della
organizzazione logica della conservazione e documentare l’oggetto conservato al fine
di permettere agli utenti futuri di decodificare ed accedere alle informazioni. Poiché
non esiste un’unica ed ottimale soluzione vi sono due principali aspetti di rilievo:
• Il primo in considerazione delle applicazioni attuali é la necessità di generare
l’involucro dell’oggetto direttamente all’interno dell’applicazione. Poiché le attuali
applicazioni non sono in grado di produrre autonomamente simili informazioni un
post processore o plug-in deve essere realizzato ad hoc ed aggiunto alla catena di
produzione dei dati presente nelle applicazioni attuali;
• Il secondo riguarda il surplus di dati da archiviare per consentire questa tecnica
di archiviazione; ciascun dato dovrebbe essere arricchito con informazioni di tipo
descrittivo. Come effetto positivo nel mescolare insieme più metodi di conservazione
se ci riferiamo all’uso di standard ed “encapsulation” possiamo risparmiare una
considerevole quantità di spazio di archiviazione ma, per quanto tempo le specifiche
tecniche degli standard attuali saranno disponibili al pubblico ?
Migrazione ed “encapsulation” sono in un certo senso relazionati e duali, ma se
la migrazione cerca di risolvere il problema in anticipo quando sia le informazioni
dettagliate riguardo i dati ed i sistemi sono disponibili, l’”encapsulation” rappresenta
potenzialmente pacchetti di dati che noi consegniamo alle future generazioni sperando
di aver incluso sufficienti informazioni in modo tale da consentire loro la possibilità di

gestire e interpretare gli “oggetti” digitali che hanno ricevuto attraverso il tempo.
Cercando di trarre le conclusioni riguardo a questi argomenti: non esiste una unica
ottimale soluzione per le problematiche relative alla conservazione, l’approccio base é fare
riferimento ad esperti e consulenti al fine di identificare la strategia più opportuna e la
relativa implementazione fisica; come ironicamente detto da Jeff Rothenberg in “Avoiding
technological quicksand”, “i documenti digitali durano per sempre o per cinque anni
quello dei due che viene prima”
Economia ed Infrastruttura
Dal codice di Hammurabi alla Stele di Rosetta digitale.
Conservazione a lungo termine dei contenuti digitali
La gestione dell’intera problematica presenta numerosi differenti aspetti in aggiunta
ai puri problemi tecnologici, vi sono problemi di tipo amministrativo, procedurale,
organizzativo, legale, di diritti d’autore nonché politici attorno alla conservazione a
lungo termine dei contenuti digitali. Questo incremento di complessità é in parte dovuto
alla differente natura del documento digitale paragonato a quello tradizionale. Come
minimo un aspetto deve essere evidenziato prima di trarre le conclusioni: i costi di
conservazione. Questo significa prendere in considerazione fin dal principio, in fase di
progetto dell’archivio di informazioni da conservare per lungo tempo, la miglior soluzione
per assicurare accesso nel futuro alle informazioni in esso contenute. Questo approccio
potrebbe influenzare la scelta delle tecnologie da utilizzare, degli standard da scegliere
a non ultimo il modo di strutturare le informazioni. Una volta che il set di dati é stato
creato i costi operativi, in aggiunta ai costi di infrastruttura, possono includere spazio
di archiviazione addizionale in modo tale da poter archiviare copie multiple dei dati o
metadati a supporto degli archivi, applicazioni destinate a gestire il refreshing dei dati,
costi legati al trasferimento dei dati o alla emulazione dei sistemi.
Alcune considerazioni per concludere
La conservazione a lungo termine dei contenuti digitali rappresenta una grande sfida
per nell’era della Società dell’Informazione, l’informazione digitale in qualunque formato
sia é sottoposta al rischio di essere persa per sempre. Le tecnologie sulle quali poggiano
i contenuti digitali diventano obsoleti mentre le differenti versioni delle applicazioni ed i
formati cambiano continuamente rendendo rapidamente inaccessibili i dati archiviati.

Anche se il contenuto é codificato nel modo più semplice possibile, ad esempio
il formato ASCII, il processo di degrado ed obsolescenza può farlo scomparire. Le
informazioni on line come ad esempio le pagine Web ed i database sono vulnerabili tanto
più quanto la loro struttura web diviene complessa a causa dei link ipermediali e dei
riferimenti incrociati.
ALfREDO RONCHI
Un gran numero di studi e progetti sono attualmente in fase di sviluppo in tutto il
mondo a partire ad esempio dal rilevante lavoro svolto dalla Task force on Archiving of
Digital Information (94-96) su mandato della commissione “Preservation and Access &
The Research Libraries Group Inc”. OASIS Open Archival Information System project,
CAMiLEON emulation, VERS Victorian Electronic Record Strategy insieme a ERA
progetto sviluppato da NARA con Intepares I, II, III sono alcuni di più noti.
In aggiunta a tutto questo una panoramica esaustiva relativa agli standard di
archiviazione digitale e la gestione di tali archivi é stata realizzata dal Dipartimento della
difesa degli Stati Uniti, ed é contenuta nel rapporto intitolato “Design criteria standard
for electronic records management software applications” (dod 5015.2 STD) 22 . E’ molto
importante che studi e ricerche su questo tema siano condotte da gruppi fortemente
interdisciplinari per garantire un approccio efficace ad una problematica che riguarda le
basi dell’”era digitale”. Forse l’unica possibilità di evitare le “sabbie mobili digitali 23 ” é
trovare nel deserto digitale una Stele di Rosetta 24 “digitale”.
22 Disponibile on line alla url: http://jitc.fhu.disa.mil/recmgt/standards.html
23 Technological Quicksand - Jeff Rothemberg, Avoiding Technological Quicksand.
24 Alan R. Heminger, Steven B. Robertson, “The digital rosetta stone: a model for maintaining - long-term access
to static digital documents”, Communications of the Association for Information Systems, volume 3 articolo 2
gennaio 2000.

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Dal codice di Hammurabi alla Stele di Rosetta digitale.
Conservazione a lungo termine dei contenuti digitali
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ALfREDO RONCHI
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shttp://jitc.fhu.disa.mil/recmgt/ (Standard 5015.2 “Design Criteria Standard For Electronic
Records Management SoftwareApplications” US Department of Defense)
shttp://ccsds.org/RP9905/RP9905.html (OAIS standard)
shttp://sdsc.edu/NARA (National Archives and Record Administration)
http://www.archives.gov/electronic_records_archives/ (18th Annual Preservation
Conference Preservation Reformatting: Digital Technology vs. Analog Technology)
http://www.npaci.edu.DICE/Pubs (National Archives Washington & S.Diego
Supercomputer Center)
ALfREDO RONCHI

Attività e processi nella salvaguardia
dei contenuti digitali nel lungo termine
MATHIAS JEHN
(Biblioteca nazionale tedesca – Francoforte sul Meno)
Illustrando le varie strategie per la salvaguardia dei contenuti digitali in Germania
è necessario distinguere i singoli tipi e compiti delle diverse biblioteche. Il compito della
Biblioteca Nazionale Tedesca è molto specifico: secondo la legge essa raccoglie l’intera
“produzione” scientifica e culturale del paese, sempre più spesso anche in forma digitale.
Perciò la Biblioteca Nazionale Tedesca deve far fronte al problema d’archiviare non
soltanto le informazioni cartacee, ma anche gli oggetti audiovisivi, le pagine web e i
rispettivi programmi.
L’interpretazione attuale della legge sulla Biblioteca Nazionale Tedesca del 22 giugno
2006 prevede soprattutto un allargamento della tradizionale forma di raccolta con le opere
incorporee, in altre parole con le pubblicazioni di Internet come la posta elettronica, le
newsletter, le riviste digitali, i Webloks, i libri elettronici, le banche dati o più in generale
pagine di Internet. Secondo il diritto d’autore tedesco è vietato riprodurre i materiali
protetti degli autori. Di conseguenza, gli utenti devono usare le opere solo nella sala di
studio interna della Biblioteca. Invece, gli oggetti liberi, o quelli resi tali con il permesso
dell’autore, vengono usati anche su Internet o altrove. Nello spirito della nuova legge la
Biblioteca deve mettere a disposizione una tale fruizione anche fra 5, 10, 20 o più anni.
Per questo la Biblioteca Nazionale Tedesca lavora intensamente ad uno sviluppo
della concreta salvaguardia della conservazione dei contenuti digitali nel lungo termine, e
questo sul piano tecnico e strategico.
Queste procedure devono includere anche i supporti che in passato sono giunti nella
Biblioteca con la vecchia legge, e le cui informazioni sono ora per la maggior parte ormai
difficili da usare sul piano tecnico a causa delle tecnologie invecchiate e dell’obsolescenza
dei supporti dei dati. Pensiamo ad esempio alle pubblicazioni elettroniche su dischetto, su
CD, su cassetta o sul nastro cinematografico. Nel prossimo futuro la generica formulazione
della norma della Biblioteca Nazionale Tedesca sull’obbligo di raccogliere tutte le opere
incorporee verrà discussa per allargare e precisare il regolamento più specifico nell’
ambito della nuova legge.
3

Sul piano normativo si devono regolare le consegne obbligatorie degli oggetti
(“Pflichtablieferungsverordnung”) e le direttive di raccolta. Sul piano operativo si devono
implementare nuovi procedimenti nella Biblioteca Nazionale Tedesca per ricevere ed
elaborare gli oggetti a domicilio degli utenti. Sul piano strategico si cercherà di trovare
nuovi soci ed anche accordi nazionali per la digitalizzazione dei vecchi supporti, che
attualmente si trovano in una pessima condizione. Nuovi soci sono importanti anche per
risolvere i problemi nell’ambito dell’audio, ma anche sotto l’aspetto del migliore uso della
pubblicazione dei testi scritti. Sul piano tecnico si lavora concretamente allo sviluppo di
un archivio dei contenuti digitali nel lungo termine.
Come ho richiamato sopra, sono interessate numerose istituzioni che devono
fronteggiare la sfida di trovare nuove soluzioni per i dati digitali e la loro distribuzione.
Con l’appoggio del ministero della formazione e ricerca di Berlino la Biblioteca Nazionale
Tedesca ha dato impulso a tre grandi progetti che vorrei presentare brevemente:
1. nestor: Network of Expertise in Long-Term Storage and Availability of Digital
Resources in Germany, dal 2003 al 2006. Dal 1 settembre il progetto Nestor II è
prolungato per altri tre anni.
2. kopal: una costruzione cooperativa di un archivio di salvaguardia delle informazioni
digitali dal 2004 al 2007.
3. epicur: Enhancement of persistent identifier services – comprehensive method for
unequivocal resource identification dal 2002 al 2005.
Sul primo punto, cioè il progetto di nestor, si può osservare che non soltanto la
Biblioteca Nazionale Tedesca ma anche tanti altri istituzioni nazionali ed internazionali
cercano le soluzioni per un accostamento duraturo alle risorse elettroniche attraverso un
archivio affidabile. Per focalizzare e far conoscere le varie attività, la Biblioteca Nazionale
Tedesca ha creato il progetto nestor. Lo scopo del progetto è la costruzione di una rete di
competenza per la salvaguardia e la disposizione dei contenuti digitali nel lungo termine
per la Germania.
MATHIAS JEHN
Ormai il progetto è stato prorogato fino al 2009 e, sotto la direzione della Biblioteca
Nazionale Tedesca, riunisce sei soci a livello nazionale: la Biblioteca di Stato di Monaco
di Baviera, l’Archivio di Stato centrale di Coblenza, il servizio di computer e dei supporti
digitali della Biblioteca dell’Università “Humbold” di Berlino, l’Università di Hagen,
l’Istituto della Facoltà dei Musei a Berlino e la Biblioteca d’Università e dello Stato nella

Attività e processi nella salvaguardia dei contenuti digitali nel lungo termine
provincia di Niedersachsen a Gottinga.
La necessaria competenza speciale per il compito di “salvaguardia dei contenuti
digitali nel lungo termine” si distribuisce su un largo spettro di persone nelle varie istituzioni,
organizzazioni e aziende economiche. Nestor vuole essere una piattaforma d’informazione
e comunicazione per unificare le attività di salvaguardia dei contenuti digitali nel lungo
termine, che sono già cominciate, introducendo inoltre nuovi provvedimenti. Il progetto
crea così una costante infrastruttura cooperativa, in cui le varie competenze speciali si
integrano a vicenda. Per la centralizzazione delle competenze speciali e per incarichi
circa la redazione dei consigli pratici e delle certificazioni, il progetto di nestor offre
una concreta assistenza a tutte le domande relative al problema della salvaguardia dei
contenuti digitali nel lungo termine, dell’ organizzazione delle istruzioni nell’ambito di
questo problema e, infine, della mediazione di esperti speciali.
Di più, nestor lavora ad un ulteriore concetto generale di cooperazione effettiva tra
tutte le istituzioni e organizzazioni. Lo scopo è quello di dare concretamente consigli per
la salvaguardia dei contenuti digitali nel lungo termine. All’interno del progetto esistono
già i seguenti risultati:
1. un portale di informazione, basato sulla rete Web, in lingua tedesca e inglese con
varie offerte e proposte per la salvaguardia e la condivisione delle risorse digitali
nel lungo termine in Germania; si cerca inoltre di raccogliere le attività internazionali.
Sulla pagina www.langzeitarchivierung.de si trovano i materiali su temi specifici
della salvaguardia, la documentazione dei convegni, la banca dati con le informazioni
e le prove delle pubblicazioni nazionali ed internazionali ed infine i programmi e i
dati delle fiere o dei congressi.
2. i criteri per un archivio digitale affidabile e i consigli per un provvedimento di
certificazione degli archivi digitali.
3. i principi di salvaguardia dei contenuti digitali nel lungo termine, nel quale sono
contenuti anche i consigli per le direttive di raccolta e i criteri di scelta di un archivio
digitale.
4. la formazione pubblica per una comune consapevolezza del bisogno di conservare le
fonti digitali nel campo dei musei e negli archivi, grandi e piccoli.
5. un progetto per una forma di organizzazione duratura della rete di competenza dopo
la fine della fase di progetto nel 2009.

Lo scopo del secondo progetto kopal è lo sviluppo, la prova e l’implementazione di un
sistema archivistico cooperativo, che permetta la duratura connessione alle informazioni
digitali. La base del sistema è il “Digital information Archiving System”, in sigla DIAS.
DIAS è costruito con la cooperazione della Biblioteca reale d’Olanda e della ditta IBM
in Germania. Nell’ambito di kopal il progetto sviluppa attualmente i lavori precedenti
secondo le loro necessità. A causa del veloce progresso tecnico nelle pubblicazioni digitali
si applicano sempre di più nuovi formati di dati.
Ogni formato di dati deve corrispondere ai programmi speciali per la
presentazione e, da parte sua, è legato a certi tipi di computer e ai gestori di
sistema. Per lo sviluppo di kopal è necessario costruire un’ampia strategia per la
salvaguardia dei contenuti digitali nel lungo termine, che è adatto per usare i dati
contenuti nel futuro. Nello stesso momento anche il flusso digitale di dati deve
essere conservato, perché è in pericolo a causa della durata limitata dei supporti
dei dati e per la relativa tecnologia nell’ambito della conservazione dei dati nel
computer.
Gli altri compiti sono in primo luogo la definizione dei metadati tecnici e dei contenuti
per la preservazione della capacità di salvaguardia dei contenuti digitali; in secondo luogo
la standardizzazione delle strutture degli oggetti e i percorsi di trasferimento dei dati
all’interno del sistema. Il progetto prevede e mette alla prova le applicazioni standardizzate
fra i produttori delle risorse digitali, i sistemi di deposito in un secondo momento e i
server dei documenti per il servizio all’utenza finale.
Il collegamento attraverso uscite semplici ed effettive dal sistema rende possibile che i
sistemi possano essere concentrati sui loro compiti centrali nel processo della pubblicazione
e dell’informazione secondo l’ordine di successione. Il progetto vuole perseguire così
apertamente lo sviluppo del sistema che, alla fine, ha per scopo l’allargamento dell’uso
cooperativo alle altre biblioteche, musei e archivi, e più in generale al circolo del
cosiddetto “memory institutions” con i suoi archivi scientifici delle banche dati. Dall’
inizio di quest’anno il progetto ha presentato un primo prototipo accompagnato con le
prove intensive. Dalla metà di quest’anno il progetto di kopal ha iniziato l’inserimento dei
“veri” dati dentro il sistema.
MATHIAS JEHN
Al centro del terzo progetto epicur è lo sviluppo dei cosiddetti Persistent Identifiers
con la sigla URN. Tali Persistent Identificers designano indirizzi determinati e indipendenti

Attività e processi nella salvaguardia dei contenuti digitali nel lungo termine
dal luogo per gli oggetti digitali. Allo stesso tempo il sistema garantisce un’applicazione
duratura circa le risorse digitali. Il metodo permette una citazione duratura e affidabile
delle pubblicazioni della rete in forma di links stabili che sono ancorati al posto della
Uniform Resource Locator (URLs) nei documenti o nei cataloghi come uno strumento
di prova. La ricerca della pubblicazione elettronica diventa più efficace, perché in questo
modo esiste un riferimento unico e universale per le pubblicazione elettroniche. Come
funziona questo sistema? Un URN è un numero standardizzato, simile all’ISBN dei libri.
Per esempio, la Biblioteca Nazionale Tedesca distribuisce i numeri per le pubblicazioni di
rete e per le digitalizzazioni e li amministra su un server centrale.
Quando si cerca su Internet un URN, si deve indirizzare questo numero nell’aerea
d’accesso del browser. Il browser traduce l’URN nel relativo URL (particolarmente
nell’URL originale e archivistico) e rimanda al documento previsto. I membri del
progetto controllano regolarmente la disposizione di tutti gli URL. Appena si considera
il cambiamento di uno dei numerosi URL, l’ epicur prevede un cambiamento. L’URN,
invece, come il numero di riferimento, rimane sempre stabile. Soprattutto i ricercatori
scientifici possono sfruttare i vantaggi di questo progetto. Il progetto permette una
pubblicazione veloce ed economica su Internet. I ricercatori scientifici hanno un riferimento
affidabile e duraturo per i testi scritti nelle pubblicazioni online. Questi tre progetti qui
segnalati dimostrano che nella Biblioteca Nazionale Tedesca non soltanto la conoscenza
dell’importanza e delle possibilità delle risorse elettronica è cresciuta chiaramente negli
ultimi anni, ma allo stesso tempo è cresciuto anche il loro concreto uso secondo le esigenze
del futuro.
Per noi il cambiamento internazionale delle esperienze è un aspetto fondamentale,
evidenziando soprattutto il bisogno universale di conservare l’eredità culturale.

Progressi nella conservazione digitale:
un’esperienza australiana
NITYA KARMAKAR
(Università di Sidney)
Illustrerò svariati argomenti: il paradigm shift, un nuovo concetto legato alla
conservazione digitale; la sfida della conservazione e la risposta dell’Australia a questa
sfida; la Australasian Digital Recordkeeping Initiative (ADRI) che vede la partecipazione
di Australia e Nuova Zelanda; l’Uniform Australian Approach, necessario nel nostro Paese
perché l’amministrazione australiana è divisa in vari stati e alcuni territori, ciascuno con le
proprie priorità. Scopo dell’Uniform Australian Approach è portare un po’ di uniformità
in questo quadro. Seguirà poi una descrizione dell’Ufficio del Pubblico Registro dello
Stato del Victoria, un ufficio molto avanzato che apre la strada alla conservazione digitale,
per poi finire con alcune osservazioni conclusive.
Il primo argomento è il cambio di modello. La rivoluzione informatica ha cambiato in
maniera radicale i concetti alla base del nostro lavoro e della conservazione dei documenti
nel lungo termine. Adesso le informazioni aziendali sono scambiate via e-mail, siti web,
cartelle condivise e database relazionali; i documenti sono salvati in formato digitale
su numerosi supporti; la conservazione del supporto cartaceo è stata sostituita dalla
conservazione digitale. E’ qui che si materializza la sfida della conservazione. Sappiamo
tutti che dobbiamo conservare anche i documenti cartacei, ma dove li metteremo? Le
agenzie statali non hanno intenzione di stanziare fondi per conservare informazioni su
carta. La sfida della conservazione, quindi, significa essere in grado di creare e mantenere
dei documenti affidabili ed autentici, accessibili per molti decenni, rispettando nel
contempo i requisiti su competitività globale, efficienza, rispetto dei tempi, sistemi e
formati elettronici, soluzioni digitali stabili. Queste caratteristiche dovrebbero dimostrarsi
in grado di risolvere il problema della rapida obsolescenza dei formati di dati, dei media
digitali, di hardware, software, sistemi operativi ed applicazioni, per non dimenticare il
problema dell’instabilità fisica dei supporti digitali.
Nella conservazione digitale l’Australia registra ottimi progressi perché l’uso di
internet è molto diffuso in questo paese; le comunità di biblioteche ricorrono ampiamente

00
alle risorse web NLA e PADI e anche la conservazione dei documenti catastali è molto
diffusa. L’intera comunità dell’archiviazione è ben sviluppata in Australia.
Un’alternativa agli archivi potrebbe essere rappresentata dalla migrazione di dati,
che però implica un deterioramento e l’obsolescenza dei supporti, software inadeguato od
obsoleto e carenza di personale qualificato.
Naturalmente è impossibile conservare tutti i documenti. In Australia la conservazione
avviene in formato XML, che consente di ottenere standardizzazione internazionale,
estensibilità e adattabilità, e di creare una piattaforma neutra.
Da questo scenario emerge con forte rilevanza ADRI, l’iniziativa dell’Australasia
per la conservazione digitale dei documenti. Questa iniziativa viene sviluppata da
svariate strutture statali per l’archiviazione e, più precisamente, dagli Archivi Nazionali
dell’Australia, gestiti dal Governo centrale; dagli Archivi della Nuova Zelanda; dall’Ufficio
del Pubblico Registro di Victoria; dall’ufficio dei Registri di Stato del New South Wales;
da ACT Territory Records; dall’Ufficio Archivi della Tasmania; dal Northern Territory
Archives Service; dal Queensland State Archives; dallo State Records South Australia
e dallo State Records Office Western Australia. Questo per dare un’idea dell’enorme
impegno finanziario profuso dall’Australia nella gestione e nella conservazione dei
documenti, sia a livello di Governo centrale che nei singoli Stati.
ADRI si occupa della creazione e della gestione di documenti digitali; della
conservazione dei documenti digitali (sia nelle agenzie che negli archivi); del trasferimento
dei documenti digitali negli archivi e dell’uso dei documenti digitali. Per quanto riguarda le
agenzie, queste possono essere sia pubbliche (ad esempio istituite dal governo) che private.
L’attività di creazione e gestione di documenti digitali consiste nel fornire linee
guida e strumenti per creare documenti accurati e affidabili; classificare e controllare i
metadati per la documentazione; risolvere problemi squisitamente tecnologici riguardanti
i documenti (e-mail, codifica, risorse su web); rispettare i requisiti funzionali per i sistemi
di archiviazione e le specifiche sul reperimento dei modelli; eseguire la valutazione della
conformità e/o l’auto-diagnosi, oltre a creare degli schemi per tipologia di documenti.
Esistono degli standard sulla conservazione dei metadati e sulla progettazione e
implementazione dei sistemi di conservazione documenti. Si tratta di azioni standard, che
non mi dilungherò ad illustrare.
NITYA KARMAKAR

Quando un documento viene conservato, usato ed inserito in un archivio, è necessario
avere delle linee guida sul trasferimento dei documenti alla gestione d’archivio. Ad esempio,
è necessario sapere quali sono i formati di dati preferiti e i metodi per il trasferimento
dei documenti; oppure come trasferire automaticamente i metadati per l’archiviazione, o
ancora come tutelare origine e autenticità. Anche in questo campo sono state elaborate
delle norme sul trasferimento tra le agenzie statali e da queste alla custodia in archivio, sui
requisiti minimi per l’autenticità e sui supporti per il trasferimento.
Per quanto riguarda l’uso dei documenti digitali, i database sono conservati dall’Autorità
incaricata che fornisce un sito web ad hoc, più diversi set di metadati (AGLS, AGIFT).
In Australasia l’approccio uniforme è rappresentato dalla norma pubblica ISO
14721, che probabilmente è applicata anche in Europa; altre norme pubbliche sono ISO
15489 e XML. L’approccio di Australia e Nuova Zelanda è data-centrico (vale a dire che
i documenti costituiscono i dati), ha una copertura completa dell’intero ciclo di vita e
diversi approcci di attuazione.
Parlando di implementazione, questo approccio adotta diverse misure: XML
package wrapping; piattaforme merceologiche; formati aperti e documentati; riduce al
minimo i requisiti sulla migrazione; applica meccanismi di origine e autenticità (somme
di controllo).
Ciononostante i diversi stati non usano lo stesso ambiente: gli stati australiani sono
autonomi e a volte non collaborano al processo nazionale di implementazione. Bisogna
quindi attingere abbondantemente alla tecnologia per assicurare l’autenticità, ad esempio
con le firme digitali, i certificati digitali e password resistenti; i regimi di accesso e le
procedure dettagliate di implementazione sono definiti a livello statale. Ne consegue
che i problemi da risolvere sono i meccanismi di autenticità e le tipologie di supporto
di memoria (lo standard RAID), migrazioni tecnologiche, pianificazione delle capacità,
gestione dei depositi, la scalabilità.
Una volta digitalizzati i documenti e conservati negli archivi, questi devono essere
conservati per un certo periodo. Le leggi Privacy Act del 1988, Freedom of Information
Act del 1982 e Archives Act del 1983 hanno creato la responsabilità legale, per le agenzie
del Governo australiano, di assicurare la manutenzione e l’accessibilità ai rispettivi
documenti.
Progressi nella conservazione digitale: un’esperienza australiana
0

02
L’accessibilità ai documenti è regolamentata per legge e dipende dal valore dei documenti
stessi.
Alcuni documenti hanno un valore temporaneo, vale a dire che possono essere
eliminati nel momento stabilito e possono essere conservati per periodi molto brevi, ad
esempio un anno, fino a periodi ben più lunghi a seconda della loro importanza.
Un altro gruppo viene chiamato “documentazione a conservazione permanente in
agenzia”. Si tratta di documenti il cui utilizzo per l’attività dell’agenzia è previsto nel lungo
termine, sebbene non abbiano valore dal punto di vista archivistico; ciononostante non
possono essere distrutti.
Per quanto riguarda i documenti con valore archivistico, questi non possono mai
essere eliminati ma saranno conservati nel deposito degli Archivi Nazionali per un
periodo indefinito. Al momento della creazione di un’autorità responsabile della gestione
della documentazione, le agenzie indicano i gruppi di documenti. Gli Archivi Nazionali
decidono quali documenti rispondono ai requisiti di valore archiviale; in questo modo se
dei privati non sono in grado di conservare determinati documenti, gli Archivi Nazionali
si assumono questa responsabilità e identificano i documenti da conservare. Come custode
dei Documenti del Commonwealth, gli Archivi Nazionali svolgono un ruolo significativo
nell’assicurare la conservazione e l’accessibilità ai documenti digitali ben oltre la loro
creazione. E’ un impegno preso dal Governo.
Il processo di conservazione digitale si sviluppa attraverso tre processi distinti:
- quarantena, vale a dire si controlla se il documento contiene virus e se è completo
rispetto all’elenco fornito dalle agenzie statali;
- conservazione, cioè i documenti vengono conservati (normalizzati, o convertiti in
formati aperti) mediante un’applicazione sviluppata internamente e chiamata Xena
(XML Electronic Normalizing Archives), basata su XML;
- deposito, vale a dire i documenti vengono depositati per una conservazione a lungo
termine in un archivio digitale.
NITYA KARMAKAR
Nella fase della conservazione digitale è necessario tenere presenti numerosi obiettivi
al momento dell’analisi e più precisamente: non adottare soluzioni di conservazione che
precludano opzioni future; non pensare alla conservazione come un fine, perché altro non
è che uno strumento per ottenere l’accesso in futuro. Non ha alcun senso conservare i
documenti e non consentirne l’accesso a nessuno. Un altro obiettivo è quello di calcolare

e comunicare il costo della conservazione, perché la conservazione ha un prezzo ed è
necessario avere influenza su coloro che sono preposti a decidere usando le loro stesse
argomentazioni.
In Australia la situazione relativa alla conservazione dei documenti è migliore che
negli altri Paesi per svariati motivi. Innanzitutto l’opinione pubblica mostra di capire
l’importanza di questo argomento. Anche il Governo gli attribuisce rilevanza; sono già
stati creati gli strumenti concettuali e le risposte inter-governative sono state sviluppate.
L’Australia capisce che le iniziative di e-government sono un’opportunità da non mancare;
queste iniziative sono già state sviluppate sotto forma di commercio elettronico, servizi
elettronici ed altro.
Nonostante questo panorama positivo, ci sono motivi di preoccupazione. Il problema
della gestione internazionale dei documenti non ha ancora acquisito una dimensione
planetaria, perché non è possibile applicare ovunque una soluzione valida per tutti: è quindi
necessario tenere d’occhio gli sviluppi dei vari Paesi. La “conservazione artigianale” non
può funzionare, abbiamo bisogno di una formazione specifica su questo argomento e, nel
contempo, subiamo gli effetti della carenza di personale. Il prof. Ross ha parlato di corsi
universitari sulla conservazione digitale: noi non abbiamo nulla del genere in Australia.
Un altro problema è che gli archivi imparano lentamente come gestire i progetti e lavorare
con gli altri.
Progressi nella conservazione digitale: un’esperienza australiana
Alcune soluzioni a questi problemi potrebbero derivare dallo sviluppo di una strategia
congiunta e di nuove capacità, degli strumenti concettuali necessari, di finanziamenti
innovativi e di una risposta efficace al dibattito sulla custodia.
L’ambiente digitale offre alcune opportunità, quali ad esempio un accesso più facile ai
documenti presenti on-line o la creazione di copie multiple di documenti per il loro backup
e il recupero in caso di disastro. Passando poi alle minacce di distruzione, i documenti
digitali sono più vulnerabili rispetto ai documenti creati in maniera più tradizionale.
Questo ci porta al problema della sicurezza: questo settore potrà trarre beneficio dalla
tecnologia disponibile in quantità, ma la tecnologia da sola non può risolvere i problemi
di sicurezza. Dobbiamo realizzare politiche, procedure e anche formazione. Se andiamo
ad analizzare i problemi della sicurezza, vediamo che circa il 70% delle minacce proviene
dall’interno, perché sono proprio i dipendenti delle aziende a violarne la sicurezza. Questo
evidenzia l’impossibilità di applicare una politica di salvaguardia e la contraddittorietà
03

0
della legge cibernetica: è infatti molto difficile applicare degli impianti legali ad internet
perché i dati fluiscono da un Paese all’altro.
Passiamo adesso ad esaminare brevemente la VERS (Victorian Electronic Record
Strategy), la strategia per la documentazione elettronica sviluppata dallo Stato del
Victoria. La VERS è stata sviluppata dall’Ufficio del Pubblico Registro del Victoria,
un’organizzazione governativa, con la missione di “promuovere la comprensione e
l’effettiva adozione della VERS in tutto lo stato del Victoria ed oltre” – fornendo quindi
anche consulenza – “e pervenire a documenti accurati, affidabili e autentici, sostenere un
governo aperto e responsabile e tutelare il patrimonio digitale.” La VERS è una soluzione
all’avanguardia per il problema della registrazione, della gestione e della conservazione
dei documenti elettronici. Lo sviluppo del programma VERS prevede lo stanziamento di
4,2 milioni di dollari australiani, vale a dire circa 3 milioni di euro, nel periodo 2004-
2009. L’impegno complessivo del Governo, dalla ricerca fino alla totale adozione, sarà di
18 milioni di dollari australiani.
Il formato della VERS è stato studiato per durare nel tempo, per fornire capacità di
incapsulamento, auto-documentazione e firma digitale.
Il progetto VERS ha anche il proprio centro di eccellenza in cui gli esperti sono
impegnati a studiare gli sviluppi del mercato da parte di nuovi standard, venditori,
entità nazionali ed internazionali; a costruire un archivio digitale; a fornire il supporto
dell’agenzia in merito all’implementazione, mediante formazione e consulenza; a offrire
collaborazione e informazioni raccolte dal Governo, dall’Ufficio del Chief Information
Officer, da aziende, dal settore accademico e quello della ricerca.
Dalla metà del 2005 la VERS eroga nuove soluzioni e servizi ai clienti del Governo:
ad esempio un processo di trasferimento più snello e veloce, un deposito sicuro e
inviolabile per i documenti elettronici permanenti, il reperimento veloce e facile della
documentazione.
Nel trarre alcune conclusioni sull’esperienza acquisita dallo Stato del Victoria in
Australia, possiamo imparare dalla sua visione, dalla strategia, dalla pianificazione ed
erogazione di programmi, e dal finanziamento continuo. Questo programma rientra in un
progetto di riforma a lungo termine, che vede come futuri obiettivi una mappa pratica,
maggior supporto ai venditori, identificazione di determinati trasferimenti digitali,
sostegno alla ADRI.
NITYA KARMAKAR

Progressi nella conservazione digitale: un’esperienza australiana
Per concludere, mi permetto la libertà di suggerire che dovremmo tutti conservare
i documenti digitali nel lungo termine e registrarli prima possibile rispetto alla data di
creazione. Dovremmo usare tutti un unico formato durevole nel tempo, sviluppare un
mercato sostenibile per prodotti e servizi, perché la gente deve sapere che esistono questi
servizi, e sviluppare degli standard su cui improntare tali servizi. I documenti digitali che
necessitano di una manutenzione a lungo termine devono essere gestiti in maniera attiva
attraverso un approccio pianificato, sistematico e documentato. I documenti digitali di
particolare importanza dovrebbero essere gestiti e conservati prima che possano essere
cancellati per incuria o superficialità.
Chiudo con una nota positiva che riguarda il desiderio di collaborare che caratterizza
i Governi dell’Australia e della Nuova Zelanda.
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I depositi digitali: requisiti e prospettive
STEfANO PIGLIAPOCO
(Università di Macerata)
La digitalizzazione delle comunicazioni, dei documenti, dei servizi, dei processi
è ormai un fenomeno che interessa ogni settore dell’attività umana, quindi il problema
della conservazione digitale è un problema fortemente sentito. Se questo è vero in
assoluto, è ancora più vero per la Pubblica Amministrazione italiana che si trova nella
condizione di dover dare attuazione ad un complesso di norme, tra cui ricordo il codice
dell’amministrazione digitale, il decreto che attiva il servizio di posta elettronica certificata,
cioè il servizio di posta elettronica che dà garanzia del recapito, sicurezza e riservatezza
nelle trasmissioni, ecc.
Questo complesso di norme disegna uno scenario in cui i cittadini, le imprese,
le Pubbliche amministrazioni devono interagire inviando documenti con le tecnologie
informatiche; le imprese hanno il diritto di inviare dei documenti per via telematica alla
Pubblica Amministrazione, gli enti pubblici si trovano nella necessità di attrezzarsi per
permettere l’esercizio di questo diritto e quindi attrezzarsi anche poi per garantire la
conservazione di questi documenti, prima di tutto la formazione degli archivi digitali e
poi la loro conservazione nel tempo.
Quindi, per la Pubblica Amministrazione italiana ci troviamo nella condizione di
una certa difficoltà, perché la società utilizza sempre di più questi strumenti; ci sono le
norme che abilitano certe operazioni, si stanno ancora cercando con impegno le soluzioni
poi per la conservazione di tutti questi documenti che nascono e circolano in formato
elettronico.
Abbiamo visto che la complessità delle procedure, i requisiti giuridici da soddisfare,
le competenze professionali che sono necessarie per la conservazione a lungo termine
dei documenti informatici non sono alla portata della maggiore parte degli enti pubblici,
richiedono costi, risorse economiche, richiedono personale qualificato, richiedono
conoscenze che, se oggi ci muoviamo nella maggioranza degli enti problemi, purtroppo
non troviamo. Quindi come fare? Perché nel frattempo aumenta in modo veramente
esponenziale la quantità di documenti che vengono prodotti in formato elettronico ed oggi
si cerca di risolvere la cosa stampando tutto.
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Allora il tentativo che è stato fatto come continuazione del progetto “DocArea” di
Bologna sta dando vita ad uno studio presso la Regione Emilia Romagna di costituzione
di un centro di conservazione digitale, che possa erogare servizi di conservazione digitale
per tutti gli enti del territorio.
Quindi, l’idea di costituire queste strutture che sono dedicate alla conservazione
della memoria digitale di più enti produttori per ovvi motivi di natura economica, di
professionalità ed anche poi di uso di tecnologie adeguate, perché il problema tecnologico
è assolutamente rilevante.
STEfANO PIGLIAPOCO
Il modello a cui si può fare riferimento, quindi, per la certificazione di qualità è
un modello che è lo standard ISO per un sistema informativo per l’archiviazione e la
conservazione delle risorse digitali, il modello “OAIS” (Open Archival Information
System). Questo modello prevede l’attivazione di una struttura molto organizzata, cioè
con tecnologie adeguate, ma anche con professionalità, con un’organizzazione, con un
insieme di procedure, ovviamente, diciamo descritte, formalizzate, che permette di erogare
servizi di conservazione ad un insieme di enti produttori. Questo modello si rivolge ad una
comunità designata, cioè ad un insieme di enti che hanno esigenze compatibili.
Quindi più enti produttori possono interagire con questa struttura che chiamiamo
“deposito digitale”, a questo deposito digitale possono poi rivolgersi i consumatori, gli
utenti per fare ovviamente operazioni di accesso e fruizione. Noi cerchiamo adesso di
disegnare quali sono i requisiti e quali sono le prospettive per queste strutture, che abbiamo
chiamato depositi digitali. Non si può garantire la conservazione di archivi che non si
formano correttamente, non possiamo garantire la conservazione di documenti informatici
se non adottiamo determinate precauzioni nel momento in cui questi vengono prodotti.
Perciò questa struttura, che noi chiamiamo “deposito digitale”, deve erogare servizi ad un
insieme di enti produttori, deve agire nella fase di produzione dei documenti e, quindi,
tra i soggetti produttori e il deposito digitale. Deve essere stipulata una convenzione,
un contratto, formalizzando le modalità con cui i soggetti operano e garantiscono la
formazione prima e la conservazione dopo degli archivi digitali.
Al minimo è necessario definire e stabilire quali formati elettronici sono abilitati, i
problemi sui formati elettronici che sono ormai noti; sappiamo che non possiamo produrre
dei documenti informatici, cioè la normativa vigente stabilisce che il formato non deve
poter contenere delle macroistruzioni, sappiamo che il formato deve essere indipendente

dalla piattaforma tecnologica, perché se io scrivo un documento utilizzando dei caratteri
molto particolari, oggi se trasmetto questo documento ad un mio collega, il quale non ha
sul computer quel determinato “font”, windows lo sostituisce automaticamente con il suo
“font” di default.
Noi dobbiamo avere, quindi, nell’uso di formati un’attenzione particolare in modo
tale che tutto quello che l’autore, di fatto, trasferisce nel documento deve essere riprodotto
nella stessa forma e con lo stesso contenuto. Questi formati devono essere, quindi, stabiliti
prima e devono essere concordati prima in modo che il deposito digitale, il centro di
conservazione possa poi garantire la conservazione su queste determinate soluzioni
piattaforme tecnologiche.
Devono essere individuati i metadati di tutte le entità; qui quando parliamo di entità
dobbiamo tener conto che l’entità, le unità documentarie, le unità archivistiche, i fascicoli,
ma abbiamo anche i metadati relativi al soggetto produttore, relativi al contesto storico–
istituzionale in cui quel soggetto produttore opera, cioè tutto un insieme di metadati che
ci permettono di gestire il documento non solo come entità singola, ma come entità che
è collegata ad un soggetto produttore il quale è chiamato a svolgere delle attività in un
determinato contesto, questo insieme di metadati è quello che poi deve essere trasferito
insieme ai documenti nel senso più stretto del termine.
Devono essere stabiliti i tempi e le modalità di trasferimento quando questi documenti,
che vengono prodotti dal soggetto che opera, quindi l’ente, che ovviamente interagisce
con la sua utenza, dunque acquisisce i documenti e li protocolla, li classifica, forma le
unità archivistiche, poi ad un certo punto si deve stabilire quando questi documenti con i
dati ovviamente relativi devono essere trasferiti nel deposito digitale, quando e come.
Devono essere evidenziate le responsabilità e definite, poi, le modalità di accesso
perché, chiaramente, una volta trasferito il materiale informativo e documentario presso
il deposito digitale noi dobbiamo sapere chi può accedere a quelle risorse e a quali altri
soggetti invece deve essere inibito l’accesso. Tutto questo non può essere lasciato al caso,
deve essere stabilito a monte, deve essere concordato tra la struttura che realizza il deposito
digitale e il soggetto produttore.
I depositi digitali: requisiti e prospettive
Il processo, quindi, riguarda sia i documenti, ma riguarda anche le relazioni tra
i documenti, riguarda le unità archivistiche che contengono i documenti, riguarda la
relazione tra le unità archivistiche, le connessioni tra i documenti e le attività del soggetto
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produttore, quello che noi dobbiamo sottoporre al processo di conservazione digitale non
sono solo file che contengono la rappresentazione digitale del documento, ma dobbiamo
sottoporre al processo di conservazione digitale il documento più l’insieme dei dati che ne
determinano e ne specificano il contesto di produzione.
Ovviamente, ci devono essere degli accorgimenti tecnici, quindi ogni volta che
avviene un trasferimento di dati e documenti devo essere sicuro che quello che trasmette
esattamente è quello che ricevo; devo a questo punto, prima di immettere i documenti nel
mio sistema di conservazione, devo verificare che tutte quelle regole già concordate con
il soggetto “fornitore”, sono “di proprietà”; quindi diciamo che prima del trasferimento
al deposito digitale c’è una responsabilità del soggetto produttore, il deposito digitale
acquisisce questo patrimonio informativo documentario, lo verifica e, a quel punto, lo
prende in carico per espletare quelle che sono le funzioni della conservazione nel tempo,
con tutte le problematiche della conservazione che noi abbiamo ascoltato nelle altre
relazioni.
Diciamo che questa struttura, quindi, di deposito digitale deve monitorare l’evoluzione
delle tecnologie dei formati, non è una struttura che esegue solo il processo di migrazione
dei documenti quando è necessario, deve monitorare costantemente l’evoluzione delle
tecnologie per fornire indicazioni ai soggetti produttori in modo che i soggetti produttori
siano, diciamo, portati ad un uso sempre corretto ed adeguato di questi strumenti. Devono
essere eseguite le procedure di migrazione nel caso in cui la tecnologia sia superata,
devono essere, però, monitorate tutte le registrazioni di sistema, cioè noi dobbiamo avere
un sistema, quello della conservazione, che permette di auto-documentarsi, cioè dobbiamo
avere delle registrazioni attraverso le quali un soggetto interno come il responsabile della
conservazione, ed esterno, non dimentichiamoci che le Soprintendenze archivistiche
svolgono la funzione di vigilanza; quindi come è possibile esercitare la funzione di
vigilanza in un sistema che, per definizione, non è così semplice? Devono esserci delle
registrazioni e deve esserci la capacità di valutare oggettivamente, anche da parte di un
soggetto terzo, se quel sistema sta funzionando correttamente e se tutte le procedure sono
state eseguite nei tempi e nei modi previsti.
STEfANO PIGLIAPOCO
Una volta inserita la base informativa e documentaria nel deposito, dobbiamo tener
conto che sarà necessario provvedere alle operazioni di scarto. Abbiamo parlato di costi,
i costi sicuramente della conservazione digitale sono alti, ma mi viene da pensare che

sarebbero incredibili se noi conservassimo nel tempo, in un tempo molto lungo, tutta una
serie di oggetti digitali, di risorse, di documenti che potrebbero essere scartati ai sensi della
normativa vigente; quindi quello che è stato sempre proposto, indicato, suggerito dalle
Soprintendenze archivistiche, dal Ministero per i Beni archivistici, cioè di predisporre
dei massimari per la selezione e lo scarto dei documenti, cioè di assegnare ai documenti
un tempo di conservazione obbligatorio, ma dopo, trascorso il quale, valutare se quel
documento può essere o meno sottoposto a scarto oppure conservato per altro tempo.
Queste operazioni devono entrare nell’operatività del deposito digitale proprio per
ridurre i costi che, in prospettiva, dovranno essere sostenuti; questo impegna i soggetti
produttori, perché, chiaramente, devono predisporre questo che è, diciamo, il massimario
di selezione o scarto predisporlo prima come strumento archivistico fondamentale. Bisogna
tener conto che alcune funzioni di un soggetto produttore possono essere trasferite ad un
altro, ad un’altra istituzione, in quel caso può essere necessario trasferire dei documenti,
dei fascicoli, una parte dell’archivio può essere trasferita ad altra istituzione che magari
si avvale di un’altra struttura di deposito digitale, o di centro di conservazione; quindi noi
dobbiamo prevedere che questi depositi utilizzino dei metodi per interoperare, cioè che
sia possibile trasferire dei dati e dei documenti da un centro ad un altro. Sono sicuramente
delle sfide.
Su questa strada, appunto, si è incamminato il progetto DocArea prima e la Regione
Emilia Romagna oggi, stanno valutando proprio concretamente la fattibilità di queste
soluzioni, cercando di analizzare l’aspetto anche economico che viene in qualche maniera
connesso a questa realizzazione.
L’impianto tecnologico deve essere assolutamente affidabile, parliamo di
sicurezza informatica dell’impianto, parliamo delle procedure per il “disaster
recovery”, cioè di un impianto tecnologico che deve essere posto in sicurezza per
non rischiare di perdere nulla.
Nella scelta della natura giuridica di questo deposito digitale si deve tener conto che
questa struttura deve essere affidabile sotto ogni profilo per fornire certezze giuridiche,
e deve garantire anche il rispetto, però, delle norme vigenti in materia di archivi, quello
che dicevo prima.
I depositi digitali: requisiti e prospettive
Un esempio? Le Soprintendenze archivistiche devono esercitare la loro funzione di
vigilanza, non c’è un modello che possa in qualche maniera far prefigurare strutture di

2
questo genere, né nel codice dell’amministrazione digitale, né nel codice dei beni culturali.
In questo momento ci troviamo in una situazione in cui, per dare delle risposte concrete
al problema della conservazione a lungo termine stiamo pensando a delle strutture che,
in qualche maniera, riescano ad erogare questi servizi ad un insieme di enti, questo per
ovvi motivi, perché altrimenti ogni ente non sarebbe in grado di fare questo in modo
autonomo.
Non abbiamo, però, un equivalente, non abbiamo nessuna parte sulla base normativa
che ci porta a disegnare, ad inquadrare questa struttura in quella che oggi è l’operatività
nella gestione, formazione e conservazione degli archivi.
Infine, emerge l’esigenza di valutare i processi formativi. Come abbiamo detto, in
questa struttura ci sono operazioni da compiere quotidianamente che sono operazioni
di natura archivistica, operazioni di natura informatica, dobbiamo gestire dei complessi
tecnologici che hanno la loro difficoltà di gestione e poi aspetti di natura giuridica.
Abbiamo bisogno di figure professionali qualificate, abbiamo bisogno di mettere in
campo dei percorsi formativi che mirino a preparare queste figure. Si sta già riflettendo
su questi temi a livello universitario, allo stato attuale abbiamo lanciato alcune iniziative,
di cui una vi presento oggi, che è quella di un master interateneo che, di fatto, è stato
predisposto in collaborazione tra l’Università degli Studi di Padova e l’Università degli
studi di Macerata, master interateneo per la formazione, gestione e conservazione di
archivi digitali in ambito pubblico e privato.
Abbiamo bisogno di figure professionali che riescano a coniugare gli aspetti
tecnologici con quelli archivistici, le problematiche della conservazione con la difficoltà
di organizzare certe attività nelle pubbliche amministrazioni. Sicuramente quella del
cambiamento dei modelli organizzativi è la parte diciamo complessa a livello paragonabile
alla conservazione digitale; conservazione digitale sicuramente ha una sua complessità, ma
presuppone che si agisca su archivi formati. Se all’interno delle singole amministrazioni
ci limitiamo ad effettuare la registrazione di protocollo come semplice registrazione ai
fini giuridici di attestazione che quel documento è stato ricevuto, o è stato trasmesso e
non si esegue la classificazione, non si esegue la formazione delle pratiche e dei fascicoli,
sicuramente quando vado a fare la conservazione digitale, potrò conservare solo una parte
della memoria.
STEfANO PIGLIAPOCO

Il Deposito Digitale Clinico
dell’ULSS di Asolo
MARIO PO’,
ANNAMARIA BROSOLO
(rispettivamente: Direttore Amministrativo e Direttore Sanitario - Azienda ULSS n. 8 di
Asolo)
Negli ultimi tre anni la ULSS n. 8 – Asolo ha posto solide basi per un utilizzo
intenso della tecnologia digitale in diversi settori di attività, sia in ambito amministrativo
che clinico, con l’obiettivo di mettere in rete alcuni servizi (referti clinici, e-learning,
PACS radiologico territoriale, prenotazioni on-line, estratti conto dei fornitori, flussi dei
farmaci, ecc.) nella prospettiva di operare sempre di più “senza carta”.
In questo contesto si colloca la realizzazione del nuovo sistema documentale, derivante
da un progetto che ha avuto inizio nel 2004, con pochi e controllati step attuativi.
Il primo passo, avvenuto nella primavera 2005, è stato la realizzazione di un nuovo
Archivio unico centralizzato, costruito all’esterno degli ospedali e delle altre sedi sanitarie
e pensato secondo criteri, standard, obiettivi suggeriti da una complessa progettualità di
logistica, in quanto l’Archivio è inserito nel contesto strutturale – organizzativo del nuovo
Centro Servizi Logistici dell’ULSS. Ciò consente di massimizzare i vantaggi derivanti da
diverse sinergie operative con altre attività.
L’immobile dell’Archivio misura metri lineari 45,8 x 21 e ha una superficie
complessiva di mq. 1110.
Nell’archivio unico viene inserita tutta la documentazione sanitaria ed amministrativa,
sia la parte storica, sia la parte corrente derivante dalla normale attività aziendale. La
documentazione da trasferire nell’Archivio centralizzato, depositata in 27 vecchi archivi
(di cui è stata disposta la chiusura), aveva una consistenza pari a circa 11 km, con quasi sei
milioni di cartelle cliniche dal 1905 ad oggi.
3

Lo stato preesistente degli Archivi
Numero di sedi Consistenza in metri lineari
Documentazione amministrativa 14 3.345
Documentazione sanitaria 2 1.695
Cartelle cliniche (dal 1905) 11 5.771
27 10.811
Il trasferimento dei documenti nell’Archivio unico è stato preceduto da una serie
di operazioni miranti alla salvaguardia del materiale: tutti i contenitori (faldoni) sono
stati catalogati ed etichettati e le informazioni di ciascuno (tipo documentazione, anno,
uffico/reparto, numero cartella/fascicolo, oggetto, etc..) trasferite in apposito programma
software che ha permesso la generazione di etichette individuali a lettura ottica; ciascun
contenitore è stato poi cellofanato per garantire integrità durante il trasporto e migliore
conservazione contro deposito di polvere in archivio, ecc..
Nel nuovo Archivio è stata registrata la posizione assegnata ad ogni contenitore
trasferito, utilizzando dei computer palmari e la radiofrequenza per la lettura dei
codici a barre dell’etichetta e per l’aggiornamento della banca dati dell’Archivio.
Tutti i documenti conferiti nell’archivio centralizzato, grazie all’introduzione di
procedure di catalogazione ICT, possono essere in ogni momento facilmente reperite per
qualsiasi esigenza di consultazione. Per facilitare le operazioni di reperimento sono state
sviluppate specifiche funzioni di ricerca nella banca dati delle singole sezioni di archivio:
sezione cartelle cliniche, sezione documenti sanitari, sezione documenti amministrativi,
sezione storica d’archivio, sezione di deposito dei documenti in attesa delle operazioni
di scarto. La procedura permette anche di gestire il “processo produttivo” dell’Archivio
cartaceo dando conto in ogni momento dello stato e delle modalità di utilizzo degli spazi
di deposito.
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO

1 0 %
2 100 %
3 100 %
4 100 %
5 100 %
6 100 %
7 100 %
8 0 %
9 0 %
10 100 %
11 100 %
12 100 %
13 100 %
14 71,2 %
15 40 %
16 60 %
17 100 %
La figura, visibile sulla pagina WEB, rappresenta graficamente la percentuale di spazio fisico
del primo piano del modulo A (cartelle cliniche) dell’Archivio, che è stato occupato da documenti
sino ad ora trasferiti. Dei 17 blocchi d’archivio del modulo A risultano non occupati i blocchi 1,
9, 10 e 17.
Il Deposito Digitale Clinico dell’ULSS di Asolo
Statistiche
Capacità totale: 1833 m.
Spazio utilizzato: 1288,5 m.
Spazio inutilizzato: 544,5 m.
Percentuale utilizzo: 70,29 %
Unità allocate: 7046
La struttura del nuovo Archivio è costituita da locali distinti: un locale d’ingresso è
destinato alla ricezione ed alla spedizione della documentazione, un locale al primo piano
è destinato alle attività di digitalizzazione delle cartelle cliniche e due spazi a se stanti
(con una superficie complessiva di 650 mq., attrezzata in 3 piani, 17 blocchi e 19 ripiani)
sono utilizzati per la conservazione materiale dei documenti cartacei (Modulo A: cartelle
cliniche; Modulo B: altri documenti sanitari e documenti amministrativi).

Sezione d’archivio allestita con armadi
compattabili per la raccolta e la
conservazione dei documenti storici
Con scaffalature tipo Modulblock
sono allestiti tutti i rimanenti spazi che
compongono i due moduli A e B (19 ripiani
su 3 piani)
I locali adibiti ad archivio sono attrezzati con scaffalature per archivi di grandi
capacità e sviluppano una disponibilità di archiviazione complessiva di circa 15.000 metri
lineari; una sezione distinta, attrezzata con armadi compattabili, è destinata a raccogliere
i documenti storici più significativi.
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO

L’Archivio è dotato di impianto antincendio con rivelatori ottici di fumo connessi
alla centrale elettronica del sistema automatico di spegnimento a gas inerte. Per l’intero
stabilimento è stato allestito un impianto di videosorveglianza per vigilare sugli ingressi
e sull’intero perimetro esterno; la presenza di personale estraneo durante i periodi di
mancato servizio attiva il sistema d’allarme collegato con un istituto di vigilanza. Anche
l’ingresso del personale allo stabilimento è monitorato da un sistema di controllo degli
accessi; il personale è dotato di un badge ed è abilitato al passaggio nelle sole aree di
competenza, in quanto l’accesso all’area di conservazione dei documenti è consentito
soltanto agli archivisti autorizzati.
La gestione dell’Archivio centralizzato è stata affidata ad una società privata (il R.T.I.
costituito da Ascotlc S.p.A., Argentea S.p.A., Cooperativa N.O.I. s.c.ar.l. e Intema S.r.l
che ha nella sua compagine societaria SMARTEST, un’azienda di archiviazione ottica),
in possesso di specifico know-how e le attività sono state puntualmente disciplinate da
appositi regolamenti:
• Progetto per la realizzazione dell’archivio centralizzato delle cartelle cliniche e
della documentazione amministrativa e sanitaria;
• Regolamento per la gestione dell’archivio centralizzato;
• Protocollo per la sicurezza.
L’ULSS non ha esternalizzato però la funzione vera e propria di archivio, che resta nelle
attribuzioni dell’ente.
Il Deposito Digitale Clinico dell’ULSS di Asolo
Le principali attività svolte dall’Archivio sono:
• la gestione dell’archivio fisico: riguarda la documentazione amministrativa
e sanitaria (classificazione, ritiro, allocazione e custodia); sono comprese anche le
eventuali richieste di documenti in originale.
• l’archiviazione digitale: riguarda le cartelle cliniche. La digitalizzazione avviene
in modo sistematico per le cartelle cliniche correnti a far data dal 2002 e, on-
demand, per le cartelle cliniche relative al periodo antecedente al 2002;
• la gestione del sistema per la consultazione on-line: le cartelle cliniche
digitalizzate sono disponibili per la consultazione(tramite la rete intranet aziendale)
da parte di tutti i reparti ospedalieri;

• la gestione web-cam: per le consultazione e la riproduzione dei documenti
amministrativi.
• la conversione e la sostituzione nel digitale dei documenti clinici in microfilm:
questa funzione viene assolta per le cartelle cliniche microfilmate nel biennio
1984 / 1985.
Ospedale
Richiesta cartella
clinica cartacea
Cartella
Clinica
La gestione delle cartelle cliniche
Cartella
Clinica
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO
Prestito cartella
clinica cartacea
La cartella clinica viene prelevata dall’ospedale e trasferita all’archivio ove è sottoposta a
digitalizzazione ma anche una archiviazione cartacea. Immediatamente l’immagine digitale
è disponibile on-line per la consultazione clinica. In caso di particolare necessità può essere
richiesta la copia originale della cartella clinica.
Digitalizzazione
Archivio
cartelle
cliniche
Cartelle
cliniche
(immagini)
Dai presidi ospedalieri vengono prelevate periodicamente le cartelle cliniche
da prendere in carico; successivamente le stesse vengono sottoposte al processo di
digitalizzazione ed infine vengono archiviate. Le immagini digitali, dopo la validazione,

vengono registrate su un data base server e rese disponibili per la consultazione on-
line da parte del personale sanitario (medici e capisala) dell’ospedale. E’ prevista anche
analogo trattamento per le cartelle cliniche del periodo dal 1919 (l’anno più vecchio di
conservazione) al 2002 che, a qualsiasi titolo, sono oggetto di richiesta di consultazione o
di riproduzione.
Ciò evidenzia che, tranne per l’ipotesi di disponibilità dell’originale richiesto
dall’Autorità giudiziaria ed altri casi del genere, la cartella clinica nel suo “originale
cartaceo” non conoscerà più movimentazioni / utilizzi esterni alla struttura archivistica.
Per soddisfare richieste urgenti è prevista l’attivazione di un servizio di pronta
disponibilità nell’Archivio, con copertura del servizio da parte di personale sulle 24 ore
e per tutti i giorni dell’anno, per rendere fruibili in linea cartelle cliniche ancora non
digitalizzate.
Il deposito digitale delle cartelle cliniche
La cartella clinica, strumento di lavoro sanitario con origine antica, da semplice
insieme di annotazioni ha assunto negli anni sempre di più un ruolo di fondamentale
importanza giuridico-documentale ed è considerata oggi un supporto di valutazione
dell’assistenza sanitaria.
Il Deposito Digitale Clinico dell’ULSS di Asolo
La Direzione medica è individuata dalla legge quale responsabile della tutela della
integrità della cartella clinica, della regolamentazione dell’accesso agli aventi diritto e
della sua conservazione illimitata nel tempo. La carenza di spazi da destinarsi ad archivio
all’interno degli ospedali ha portato negli anni ad un proliferare di luoghi destinati alla
conservazione della documentazione sanitaria (11 archivi) e la necessità del mantenimento
delle cartelle cliniche di molti anni all’interno delle Unità Operative.
Allo scopo di conservare e gestire in un unico luogo tecnicamente adeguato tutta
la documentazione secondo standard di sicurezza e modalità di legge, è stato costituito
nel 2004 l’Archivio unico centralizzato in cui sono state trasferite tutte le cartelle
cliniche. E’ stato inoltre realizzato un sistema di digitalizzazione, garantendo la facilità
e la velocità nel reperimento della documentazione, realizzando una soluzione che,
indipendentemente dalla possibilità della sostituzione del documento e la sua distruzione,
eviti la necessità di spostamenti fisici esterni alla struttura, operando comunque secondo

20
criteri dell’archiviazione sostitutiva. E’ stata una importante occasione in quanto sono
state ridefinite, da parte della Direzione Medica, tutte le procedure, effettuando una
revisione dei processi relativi alle varie fasi, dalla consegna da parte delle UU.OO. alla
conservazione nell’Archivio centrale, dalla consultazione al rilascio agli aventi diritto
della riproduzione del documento.
La digitalizzazione delle cartelle cliniche consente al personale sanitario abilitato
la loro rapida consultazione, mediante connessione telematica ad una rete intranet; la
consultazione on-line può avvenire da una delle 70 postazioni remote dotate di monitor
ad alta risoluzione in modo controllato e sicuro mediante nome utente e password e con
l’utilizzo di smart card. Ulteriori vantaggi si sono ottenuti in termini di garanzia e sicurezza
e privacy, essendo stati eliminati gli archivi nei reparti, e di una maggiore tempestività nel
rilascio della documentazione sanitaria.
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO
I moduli principali di questa applicazione sono:
1) gestione dell’archivio: comprende le funzionalità per la gestione dell’archivio nelle
diverse fasi operative: censimento, classificazione e registrazione della documentazione,
stampa etichette identificative, allocazione dei documenti in archivio, ricerche e
prestiti;
2) creazione banca dati immagini: dematerializzazione della cartella clinica e creazione
di un file con le relative immagini in formato PDF, verifica di conformità rispetto al
documento originale e firma digitale, popolamento della banca dati delle immagini;
3) consultazione on-line: ricerca di documenti e visualizzazione delle relative immagini
da parte del personale autorizzato.
I primi due moduli sono utilizzati prevalentemente dal personale del Centro Servizi per
la costituzione e la gestione dell’archivio fisico e digitale; le funzionalità del terzo modulo
sono fruibili direttamente dal personale medico autorizzato per la consultazione on-line
delle cartelle cliniche
L’architettura logica dell’applicativo è web-based a tre livelli (interfaccia utente,
applicazione, dati) come mostrato in figura:

Architettura per l’interoperabilità applicativa Web-based a tre livelli
In essa è possibile riconoscere le seguenti componenti:
Browser Web :
L’utente vede le informazioni e fruisce dei servizi attraverso un browser internet.
Server Web :
Workstation
Scanner
Il server Web fornisce una visione interattiva delle informazioni e supporta le transazioni
avviate dall’utente.
Application Server:
Il server applicativo gestisce i servizi e le informazioni, li rende disponibili per la
visualizzazione e porta a termine le transazioni.
Consultazione on-line
Questa funzione è organizzata in alcune fasi:
Amministrazione
Il Deposito Digitale Clinico dell’ULSS di Asolo
Scanner
Computer
Scanner
Acquisizione Documenti
Internet/Intranet Server Web
Portatile
Computer
Scanner
Firewall
Internet
information services
Server applicativo
Server MS-SQL
+ Storage
Questa funzionalità permette di effettuare tutte le operazioni di amministrazione
necessarie alla gestione ed all’utilizzo dell’applicazione (definizione di utenti e di gruppi,
configurazione di profili, gestione di password di accesso e di certificati).
Database
Archivio
Documenti
Gli utenti, per utilizzare l’applicazione, devono essere configurati mediante definizione
di un account name (univoco per ciascun utente). L’amministratore attribuisce a ciascun
2

22
utente un profilo, in termini di privilegi e di funzionalità utilizzabili dall’utente.
Il sistema permette di definire anche dei gruppi di utenti, caratterizzati anch’essi da un
profilo. L’associazione di un utente a un gruppo fa sì che l’utente ne acquisisca i privilegi
automaticamente.
Autenticazione
L’accesso al sistema da parte degli utenti avviene con un normale browser internet tramite
una connessione sicura SSL. Il login al sistema è garantito mediante l’inserimento di
userid e password e di una smart-card. Una volta avuto accesso al sistema l’utente potrà
effettuare tutte le operazioni per le quali è autorizzato.
Ricerca documenti
Ogni cartella clinica è caratterizzata da una serie di attributi che ne permettono la ricerca.
E’ possibile effettuare ricerche per nome e cognome, per numero cartella clinica o per
qualsiasi altro attributo o combinazione di attributi.
Il risultato della ricerca è un elenco di cartelle cliniche che soddisfano i parametri di
ricerca:
Visualizza
documento
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO
Formato del file Possibile
consultazione on line
Visualizza dettagli
documento

Per ogni cartella clinica vengono riportati i principali attributi che rendono agevole
l’individuazione del documento ricercato:
• L’icona croce rossa rappresenta la tipologia del documento cartella clinica; è
possibile selezionare tale elemento con il mouse accedendo automaticamente alla
visualizzazione degli ulteriori elementi di dettaglio del documento;
• L’icona PDF indica il formato del file immagine associato alla cartella clinica;
• L’icona con il segno di spunta verde indica che il documento è consultabile on-
line; è possibile selezionare tale elemento con il mouse accedendo automaticamente
alla visualizzazione delle immagini della cartella clinica.
• Visualizzazione dei documenti
Il Deposito Digitale Clinico dell’ULSS di Asolo
Eesemplifichiamo i dettagli del documento:
23

2
L’area a sinistra mostra gli attributi della cartella clinica raggruppati logicamente in:
• Proprietà documento: sono gli attributi più importanti della cartella clinica che sono
sempre visibili quando si apre questa pagina.
• Avanzate: sono attributi della cartella clinica meno importanti che possono essere
visualizzati ciccando sulla doppia freccia a destra della omonima barra.
• Dettagli archiviazione: sono attributi che riguardano l’archiviazione del documento
nel sistema (es. data scansione, data immissione nel sistema, utente che ha inserito il
documento ecc.)
Nella parte destra è presente l’immagine del documento, tipicamente in formato PDF, che
può essere sfogliato utilizzando le funzionalità proprie dell’Acrobat Reader.
Tutte le cartelle cliniche prima di essere digitalizzate sono trattate secondo una procedura
di “cartellinatura” e firmate con dispositivo di firma digitale da un operatore addetto
alla verifica di conformità, per garantire l’integrità del documento e l’autenticità delle
informazioni ivi contenute rispetto all’originale. Con l’attivazione di tale processo viene
garantita la conformità del “nuovo originale” di cartella digitale al “vecchio originale”
cartaceo conservato in archivio.
Tutti gli operatori autorizzati possono accedere anche da postazioni a distanza
all’archivio digitale ed estrarre copia da una cartella clinica digitale con la certezza di
ottenere, da una eventuale stampa, una copia corrispondente all’originale digitale.
Gli standard applicativi introdotti sono conformi a quelli previsti dalla Deliberazione
C.N.I.P.A. 19 febbraio 2004 n. 11 (regole tecniche per la riproduzione e conservazione
di documenti su supporto ottico idoneo a garantire la conformità dei documenti agli
originali) per l’archiviazione sostitutiva. Tuttavia l’Azienda ULSS ritiene, per il momento,
di non procedere alla distruzione dei documenti cartacei archiviati, pur declassandoli dal
precedente rango di “originali”.
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO
Nello stesso tempo viene assicurata una lettura eccellente del documento (dati e
immagini) archiviato, in quanto la consultazione on-line può avvenire da circa 70 postazioni
remote (dall’ufficio della Direzione Sanitaria dell’Ospedale al Pronto Soccorso, alla Sala
Operatoria, al Reparto, ecc.) attraverso monitor ad alta risoluzione.
Molte informazioni, contenute nelle cartelle cliniche soggette a digitalizzazione,
vengono riportate nella banca dati digitale che le archivia. Oltre alle informazioni

iguardanti i dati del paziente e del ricovero è prevista l’annotazione sulla stessa banca
dati di altre informazioni relative alla diagnosi ed al tipo di intervento o trattamento. E’
prevista l’implementazione di ulteriori campi per informazioni di carattere clinico.
La banca dati digitale, implementata nel modo sopra indicato, contenente cioè le
informazioni anche di carattere clinico dei singoli pazienti, è destinata ad incrementarsi
nel tempo di nuove preziose informazioni cliniche. Un importante archivio clinico,
disponibile sempre a portata di mouse, conserverà la storia di una determinata popolazione,
sotto il profilo sanitario, evidenziando l’insorgenza delle patologie, il loro sviluppo, il
quadro clinico evolutivo e il trattamento medico che, nel corso degli anni, si è andato
sviluppando. Anche ciò potrà rappresentare un valido punto di partenza per effettuare
studi epidemiologici, ricerche sanitarie interne ed esterne all’Azienda.
Sistemi di sicurezza
La struttura e l’attività del nuovo Archivio sono protette da alcuni sistemi di sicurezza con
soluzioni di tipo organizzativo e tecnologico:
q soluzioni organizzative
• Ingresso locali d’archivio: l’accesso viene autorizzato da personale dell’archivio che
opera presso la portineria e controlla le telecamere di sorveglianza esterne e soprintende
ai dispositivi di controllo ai locali d’archivio. Il visitatore ammesso all’archivio, viene
identificato, dotato di pass temporaneo e accompagnato a destinazione. Il personale
che opera all’interno dell’archivio può accedere solo ai locali d’ingresso e ai locali del
primo piano nei quali presta la propria attività lavorativa, con esclusione di accesso ai
locali nei quali sono conservati i documenti.
• Accesso ai documenti: solo alcuni operatori possono accedere ai locali (modulo A e
modulo B) nei quali sono conservati i documenti: essi dispongono di apposito badge
che viene letto da dispositivo collocato sulla porta d’ingresso e ne autorizza l’ingresso.
Qualsiasi altro tentativo d’ingresso da parte di persona non autorizzata attiva l’impianto
d’allarme.
Il Deposito Digitale Clinico dell’ULSS di Asolo
• Dispositivi antincendio: i locali sono dotati di rilevatori ottici di fumo connessi a
centrale elettronica di spegnimento a gas inerte.
• Video sorveglianza aree esterne: con la cessazione dell’attività giornaliera nei locali
2

2
d’archivio vengono automaticamente attivati i dispositivi di allarme, collegati mediante
linea telefonica con la sede dell’Istituto di Sorveglianza. Con l’attivazione degli allarmi
viene attivato anche il dispositivo di registrazione da parte delle telecamere, collocate
all’esterno dei locali, che rilevano l’eventuale presenza di persone.
q soluzioni tecnologiche
• backup dei dati: per garantire la salvaguardia dei dati aggiornati, vengono eseguiti
dei backup giornalieri dei data-base su unità nastro (DAT); le immagini delle cartelle
cliniche vengono archiviate su supporto ottico in duplice copia e conservate in armadi
ignifughi in locali diversi e distanti tra loro.
• Sistema di Firewall: dispositivo di protezione del sistema informatico da tentativi di
intrusione non autorizzati.
• Rete Wireless: la rete wireless, installata all’interno dell’archivio utilizzata per la
comunicazione con i sistemi di elaborazione palmari, è protetta e cifrata.
• Sistema Antivirus: è previsto un sistema antivirus installato su ogni postazione del
back-office che viene regolarmente aggiornato.
Per ciò che riguarda la sicurezza informatica nella gestione delle cartelle cliniche, sono
state definite soluzioni sia per gli aspetti relativi alla integrità dei dati che alla loro
riservatezza:
• Identificazione degli utenti: l’accesso al sistema avviene con un normale browser
internet, il login al sistema è garantito mediante l’inserimento di userid, password e di
una smartcard.
• Log degli accessi: tutte le attività effettuate dagli utenti all’interno del software
vengono registrate ed archiviate in un data-base. E’ possibile interrogare il sistema per
visualizzazione il file di log e verificare gli accessi effettuati nel sistema, le operazioni
effettuate ed i documenti visualizzati.
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO
• Cifratura delle trasmissioni: l’accesso al sistema di gestione delle cartelle cliniche
avviene esclusivamente tramite browser su connessione protetta SSL. Tutti i dati
scambiati tra il browser e il server web sono cifrati. L’utente che si connette può
assicurarsi dell’autenticità del sito web visionando il certificato digitale del server.

• Cifratura dei dati su disco: i dati relativi alle immagini delle cartelle cliniche
sono cifrati su disco e sono inaccessibili anche al personale addetto alla gestione del
sistema.
• Sistemi Informativi Ridondanti: per aumentare le prestazioni del sistema ma
soprattutto la tolleranza ai guasti, sono predisposti due Server Web gemelli, sia nella
configurazione hardware che software, che costituiscono un Cluster di bilanciamento
di rete. Il Middle-End, che ha il compito di servire le richieste effettuate al Database
e memorizzare i documenti, inoltre implementa un’architettura di tolleranza ai guasti
che consiste in un Cluster di Server composto da 2 nodi con memoria condivisa.
Tutte le attività effettuate dagli utenti all’interno del sistema vengono registrate ed
archiviate in un data base. Gli utenti autorizzati alla visualizzazione possono interrogare
il sistema per conoscere la storia di un documento, di un utente, di una sessione di
utilizzo della procedura o semplicemente per controllare chi ha avuto accesso al sistema
o al documento in un determinato giorno. Il sistema mantiene traccia scritta di tutte le
operazioni di visualizzazione e stampa che ogni operatore effettua quando consulta una
cartella clinica.
Il sistema di archiviazione digitale delle cartelle cliniche interagisce con gli altri
sistemi aziendali a costituire il data repository: esso permette l’accesso da arte del
personale clinico autorizzato ai documenti che costituiscono la storia clinica del cittadino
in qualunque parte dell’azienda siano stati generati.
La costituzione del fascicolo sanitario elettronico a regime permetterà ai cittadini di
poter disporre di un più elevato e nello stesso tempo facile accesso a rilevanti informazioni.
I professionisti potranno disporrei informazioni sempre più accurate ed integrate senza
le quali appare ingestibile la complessità aziendale fatta sempre di più di molteplici
inter-relazioni tra le varie componenti dell’ospedale, tra queste e il territorio, con le altre
aziende sanitarie della provincia con u tempestivo e facile reperimento al fine di migliorare
l’efficacia diagnostica e terapeutica.
Il Deposito Digitale Clinico dell’ULSS di Asolo
2

ROSSELLA BONORA
(Provincia di Bologna)
Progetto DocArea
Ci tengo molto a dire, a sottolineare che il Progetto “DocArea” è terminato; è da
questa primavera che non faccio altro che ripetere questo, uno perché non voglio morire
con “DocArea” sulla testa come etichetta, perché è un po’ come gli attori che una volta
che interpretano un ruolo devono continuare a fare quello per tutta la vita, ma l’altro
perché - questa è una battuta, ovviamente - la cosa più importante è che sarebbe stato
assolutamente inutile fare tutte l’esperienza che abbiamo fatto se non si entrasse e non
si fosse già entrati, come per il resto è, in una dimensione di quotidianità e quindi si
rimanesse sempre sotto l’etichetta del progetto, progetto applicativo piuttosto che progetto
di ricerca, piuttosto che progetto, progetto, ma progetto è sempre in antitesi con il lavoro
quotidiano a cui noi siamo tutti chiamati.
Volevo richiamare due/tre concetti principali. Un tema è quello del rapporto tra la
conservazione e tutte le problematiche connesse alla conservazione ad una produzione
corretta. Cioè se non si produce correttamente e se non si gestisce quindi correttamente
questo è il requisito base per poter procedere ad una conservazione corretta. Dunque
accedere al tema della conservazione, porsi il problema e cercare di risolverlo.
Condizione necessaria non sufficiente, però, perché l’altro tema importante, quindi
che deve essere risolto, è appunto come si affronta poi il processo di conservazione. In
questo secondo ambito l’altra affermazione che è stata fatta – adesso la dico con parole
mie, io non sono un archivista, sono un matematico che è andato verso l’informatica,
quindi non ha senso parlare di conservazione del documento o conservare l’oggetto, ma
dobbiamo preoccuparci di conservare come questo si trasforma e continua ad essere un
patrimonio accedibile in sicurezza con la garanzia che, quello che vado ad accedere oggi,
è la stessa cosa in qualche modo che avevo prodotto a suo tempo, all’inizio di tutta la mia
storia digitale in quanto, come è stato detto, nel momento in cui lavoro nativamente in
digitale la prima volta che io tocco quell’oggetto non è più quello che avevo fatto anche
un minuto prima.
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30
Quindi, praticamente, come i due sistemi della gestione e della conservazione stanno
tra loro in maniera indissolubile anche se sono due momenti, diciamo che da un certo
punto di vista possono essere visti come separati, ma indissolubilmente legati, e come
conservazione oggi sia parlare di una conservazione di processo, cioè avere l’occhio sul
processo oltre che sul contenuto. Però il processo di trasferimento, di migrazione, di
cambiamento, di riversamento, chiamatelo come vi pare, è fondamentale. Questo evoca
l’altro secondo concetto importante ed è quello della tecnologia che si evolve con una
velocità incredibile, il fatto che tutti quelli che hanno vissuto l’era digitale sono qui, in
questo ventennio sono ancora vivi e quindi è questa accelerazione fortissima del processo
che mi fa dire nel caso concreto, allora noi non è che possiamo porci il problema se
gestiamo o non gestiamo il digitale, se costa molto, se costa poco, se qua o se là, il problema
è che noi dobbiamo affrontare la nostra società che pone questo tipo di problematica, la
gestione digitale, tutto è digitale e, quindi noi dobbiamo, in un modo o nell’altro trovare
una soluzione. Una soluzione che magari non è quella perfetta, che potrebbe essere
perfettibile perché sempre si può fare di meglio, ma io continuo sempre a pensare che
il meglio è nemico del bene, e quindi che bisogna accettare i limiti, che si può arrivare
forse solo fino ad un certo punto, che domani sarà diverso da oggi, ma non ho la sfera di
cristallo, e quindi non so immaginare che cosa succederà.
Dunque, mi devo porre nell’obiettivo di poter continuare, poter ragionevolmente
gestire il processo futuro, ma non deve essere questo uno stop alla mia attività presente.
Insomma, devo, secondo me, proprio da tutte le cose che sono state dette oggi dire: “Bene,
a questo punto devo fare perché più lascio passare il tempo e meno faccio per affrontare
l’era digitale e la gestione della conoscenza, quindi nel mondo digitale, e più perderò
terreno e più perderò rispetto a quello che devo fare oggi e a quello che potrò scoprire di
me oggi, domani e lasciare ai miei figli”.
ROSSELLA BONORA
A questi concetti aggiungo il terzo, che ho appena accennato, e cioè il concetto
del patrimonio informativo pubblico. Per me la risorsa dell’informazione è una risorsa
oggi ancora più fondamentale, credo che nel passato, e tutto il nostro vivere si fonda
sulla conoscenza e si può avere maggiore efficacia nel nostro agire, maggiore efficienza,
e quindi costi anche minori se incominciano a gestire un po’ meglio questa conoscenza
che abbiamo, però nel momento in cui la dobbiamo gestire la dobbiamo gestire in una
proiezione, non tanto o non solo perché i nostri figli dovranno sapere che cosa abbiamo

fatto oggi, ma perché c’è subito il posdomani potrebbe essere che quello che ho gestito
oggi con le tecnologie attuali non riesco più a leggerlo, gestirlo, dominarlo e quindi mi
allargo rispetto al concetto della conservazione dei documenti amministrativi proprio per
un processo di gestione a tutto tondo del patrimonio informativo pubblico e della nostra
conoscenza. E questo si sposa, ed era l’ultima domanda che aveva fatto la signora, cioè
tutto ciò si chiude con i temi dell’accesso, accesso, quindi fruizione che però contrastano
parecchio con quelle che sono attualmente le normative sulla privacy, e quindi come fare
tutto ciò in maniera da coniugare due diciamo obiettivi opposti nel rispetto della sicurezza
di tutto ciò che sto facendo.
Non so, forse inconsapevolmente, perché quando si parte magari non si hanno a
fuoco tutti questi problemi, e noi siamo partiti tre anni fa, però quello che è certo è che
“DocArea” nel suo percorso di sviluppo ha sempre cercato di tenere presente tutti questi
elementi e questi punti chiave che ho detto fino a questo momento. Quindi siamo partiti
dalla gestione corrente, dalla produzione, dalla fase attiva delle pratiche.
Questo progetto – ci tengo a dire – è un progetto che è stato compartecipato e molto
democratico, creato all’interno delle Amministrazioni, fatto dalle Amministrazioni,
12 Province, circa 200 Comuni, la Regione Emilia Romagna, cioè una platea di gente
numerosa accomunata da un problema, e cioè il problema, già tre anni fa si poneva – quello
che ho detto prima – e cioè ogni minuto che passa perdo terreno, perdo opportunità e
dopo non recupero più. Queste Amministrazioni erano accomunate dal fatto che volevano
cambiare il loro modo di lavorare ed andare verso una gestione digitale dell’attività
amministrativa, in moltissime di queste era una volontà che andava al di là di quello
che erano gli adempimenti di legge che allora erano usciti con tanta forza, cioè entro il
2005 si doveva andare a norma con la gestione del protocollo, dell’archivio, ecc. ecc., cioè
tutte cose che do per scontato che siano note. Quindi ci siamo occupati della gestione
corrente.
Rispetto alla gestione corrente, quindi, che cosa abbiamo fatto? Partiamo dalla cosa
che è più vicina, cioè la parte informatica; è vero, Mariella Guercio diceva che i prodotti
software erano assolutamente poveri all’inizio di questo percorso, lei l’ha usato un pochino
di più al presente questa frase, cioè il fatto che siano poveri tuttora, dal nostro punto di
vista quello che abbiamo potuto vedere è che c’è stata comunque una crescita da parte dei
fornitori.
Progetto DocArea
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ROSSELLA BONORA
Il nostro giudizio è che oggi quanto meno tutte le aziende, già presenti all’interno
dei Comuni e delle Province, che hanno aderito al nostro progetto con questa forma
degli accreditamenti, hanno avuto l’opportunità di evolvere e di adeguare i loro prodotti
software, secondo standard specifici che erano stati costruiti all’interno dei gruppo di
progetto di “DocArea”, e sono stati dati a tutti i fornitori.
Da qui, diciamo questo percorso è stato completato da 18 aziende che hanno
certificato 19 prodotti, questi prodotti attraverso una Commissione che vedeva la nostra
Sovrintendenza archivistica e questo mi dà il destro per dire rispetto all’ultimo discorso
che è stato fatto, una caratteristica di “DocArea” è stata quella di mettere sempre in
comunione, tenere sempre insieme gli archivisti, gli amministrativi, cioè chi si occupava di
tutto l’aspetto normativo, regolamentare che si traduce nelle regole del gioco a cui gli enti
si devono poi.., quindi le regole di organizzazione interna, il regolamento su procedimento
amministrativo piuttosto che altro e gli informatici.
Queste tre figure sono sempre andati di pari passo all’interno del nostro progetto,
quindi le soluzioni che sono venute fuori sono soluzioni che tengono conto sia della
fattibilità tecnica informatica, di quello che ci chiede l’archivistica, e quindi quello che ci
chiedono le norme, le prassi che presidino questa disciplina e l’impatto organizzativo e
regolamentare che doveva essere portato all’interno degli enti.
Su tutta questa area hanno lavorato dei gruppi interdisciplinari con la Sovrintendenza
archivistica dell’Emilia Romagna che è sempre stata insieme a noi in tutto il percorso e
sono stati prodotti tutta una serie di linee guida oltre che manuali di gestione di riferimento
piuttosto che direttive tipo, piuttosto che il titolario delle Province che è nato nell’ambito
del contesto “DocArea”, perché indifferentemente dalle aziende sanitarie piuttosto che
dai Comuni, che delle Regioni c’erano già gruppi diciamo attivi su questi filoni, quello
delle Province è nato all’interno di “DocArea” ed è arrivato a compimento quindi con
un titolario standard. Il progetto si è preoccupato anche di portare tutti gli strumenti a
corredo di una gestione diciamo documentale, seria e coerente con tutti questi principi
che ho detto. Ovviamente, in termini di linea guida e di documento tipo di riferimento
perché ben sappiamo che tutti questi strumenti, per essere effettivamente poi efficaci
devono essere adeguati, devono essere propri dell’ente che li usa e li adotta. Quindi il
nostro obiettivo era di cercare di essere il più possibile vicini, avere quindi un margine di
personalizzazione il più ridotto possibile. Ci siamo occupati di tutti i problemi dell’accesso,

quindi le piattaforme tecnologiche che sono state messe in piedi prevedono un sistema
tecnologicamente sicuro secondo quelle che sono norme minime di sicurezza dettate dalla
privacy, che sono sostanzialmente poi quelle più restrittive che ci sono attualmente in
giro, quindi allargando a tutto il sistema documentario corrente, le norme che valgono per
i dati personali, sostanzialmente, e tutto ciò è stato fatto dai vari soggetti produttori che
oggi, a tre anni dalla partenza del progetto, dunque alla sua conclusione come progetto
diciamo di “e-government” hanno installato in senso lato, quindi non sto parlando solo di
installazione informatica, anche se uso un termine informatico, cioè hanno portato dentro
le proprie amministrazioni. Il tutto accompagnato evidentemente da formazione a go-go
ed assistenza all’avvio nei vari contesti.
Poi è chiaro che con tante amministrazioni c’è chi è più avanti, c’è chi è più indietro,
però la linea, il percorso è stato questo comune per tutti e bene o male tutti sono già
piuttosto avanti in questa via.
Progetto DocArea
Oggi dove siamo? Oggi ci sono due filoni di ragionamento: uno è quello di dire
se un progetto è finito e quindi una piattaforma tecnico–organizzativa e strumentale a
360 gradi è stata data, non possiamo pensare di essere arrivati in fondo, forse le nostre
amministrazioni non saranno tra quelle commissariate che si diceva stamattina, ma tra
qui e dire che la gestione documentale fatta al bacio all’interno di tutti noi, che tutte le
strutture di line siano consapevoli di cosa dovrebbero fare in ogni momento, credo che
siamo tuttora ancora lontani anche se facciamo una gestione documentale a livello di
archivio, protocollo, servizi archivistici fatti ecc. sicuramente adeguata a quello che la
norma ci prescriveva, e probabilmente abbiamo anche qualcosa di più. Quello che dico
c’è ancora una frattura tra l’unione che si è realizzata nelle nostre organizzazioni tra
l’informatica, l’archivio e la parte amministrativa, segreteria generale diciamo, e il resto
delle strutture operative che pian piano arrivano sul pezzo.
Quindi il primo filone quello di lavorare nel quotidiano, su quella che è la penetrazione
nell’attività quotidiana, dunque portare tutta la nostra attività amministrativa a diventare
un’attività che si fonda sulla gestione documentale digitale, quindi la Provincia di Bologna
in questo momento sta lavorando su questo con una task-force sempre mista con tutti questi
“schil” che vi ho detto prima, in più è salita a bordo l’organizzazione, che va presso tutti
i settori secondo una metodologia che ci siamo studiati in casa, e abbiamo progettato in
casa per portare tutti i settori e i servizi dell’ente a spostare la propria attività non usando
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più la carta, ma usando il digitale, quindi andando sui processi che questi hanno, siano
essi strutturati piuttosto che non, e vi assicuro che sono molto più quelli non strutturati
di quelli strutturati, rendendo praticamente fruibile, facendo vedere e toccare con mano
sulle loro cose come tutta la strumentazione che è stata predisposta, può essere utilizzata
da domani mattina. E si sta accompagnando in questo processo.
L’altro filone è quello, appunto, del polo di conservazione regionale. Noi non abbiamo
spinto l’acceleratore sulla digitalizzazione dei documenti analogici assolutamente, per noi
deve venire un momento zero e da quel momento zero si parte sul digitale, si parte digitale
e si va avanti digitale, nella consapevolezza che ci sarà un lungo periodo di archivi misti,
senza nessuna pretesa di andare a correre dietro rispetto a quello che è successo invece nel
passato, quindi sui fascicoli chiusi.
Non abbiamo spinto l’acceleratore perché per noi doveva essere risolto il problema
della conservazione prima, altrimenti tutto quello che facevamo spostandolo sul digitale
rischiava di essere roba buttata al vento, e quindi memoria perduta, ma soprattutto non
possibilità poi di testimoniare realmente che l’azione amministrativa era stata un’azione
corretta.
Sotto il profilo dei contenuti il problema lo crediamo risolto con quelle precisazioni
che ho detto prima, perché dire da me risolto con tutti i problemi aperti che ho sentito
stamattina sembra quasi sfoggio di strafottenza, invece non è questo. Nella consapevolezza
che tutto non si risolve che bisogna accettare dei vincoli che ci sono e che ci sono dei
limiti. Noi un sistema di gestione della conservazione l’abbiamo delineato, in termini
software abbiamo costruito le applicazioni di gestione di questo sistema, stiamo definendo
l’organizzazione e questa organizzazione sarà evidentemente a scala regionale perché
questa è la scala che noi riteniamo valida e sostenibile sotto il profilo dei costi – benefici
da un lato, ma anche da perseguire nell’ottica di una gestione di un patrimonio informativo
pubblico che deve vedere più attori possibile a far convogliare informazioni in un deposito
digitale comune.
ROSSELLA BONORA

Il Registro delle imprese
della Camera di Commercio di Pesaro - Urbino
LORENO ZANDRI
(Camera di Commercio di Pesaro - Urbino)
Poiché le Camere di Commercio sono organizzate in un sistema a rete e sono
collegate da una rete telematica completamente proprietaria e gestita da Infocamere,
la società di informatica delle Camere di Commercio, quello che dirò vale per tutte le
camere di commercio. Nel sistema camerale le procedure seguite sono omogenee con
conseguente omogeneità di risultati (da Cuneo a Caltanisetta), con analoghe modalità di
accesso, con omogeneità nelle tecniche di conservazione, perché questa è effettuata con
modalità centralizzate (in ASP).
Ronchi dice “siamo in mezzo al guado, non possiamo più tornare indietro, non
possiamo pensare di digitalizzare, di stampare il digitale”; la professoressa Duranti
sottolinea l’affidabilità dei documenti, la stabilità e anche l’affidabilità del contenuto dei
documenti. Il registro delle imprese, proprio per la sua natura giuridica e per la funzione di
pubblicità legale d’impresa che svolge, deve assicurare i requisiti citati dalla professoressa
Duranti.
Il Registro delle Imprese è l’anagrafe dei quasi sei milioni di imprese italiane, di cui
oltre due milioni e mezzo sono imprese societarie ed ha la caratteristica di dover perseguire
l’obiettivo della trasparenza del mercato, e quindi viene costantemente osservato, valutato.
L’accesso alle informazioni del Registro (dati e atti) è quotidiano; le informazioni contenute
nei documenti digitalmente gestiti sono informazioni che, per loro caratteristica, hanno
un contenuto affidabile, in quanto sono atti redatti da pubblici ufficiali; pensiamo ad una
fusione, ad una scissione societaria, ad un atto costitutivo stilato da un notaio, a un verbale
di assemblea che nomina gli amministratori di una società di capitali.
A questi temi (digitalizzazione dei documenti) il sistema camerale ha dato una
risposta, sulla base dell’assetto normativo e tecnico vigente al momento in cui è stato
costruito il registro delle imprese, il 19 febbraio 1996, quando tutti i libri dei registri
societari che erano tenuti dal Tribunale, sono stati consegnati alle Camere di Commercio
ed è iniziata l’opera di digitalizzazione.
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Altre risposte che cerco di dare sono quelle sui costi, quelle sul concetto di soggetto
produttore, perché il soggetto produttore mi sembra individuato come l’ente che produce
la documentazione, ma il nostro caso è un po’ diverso in quanto il soggetto produttore è lo
stesso utente, cioè i milioni di imprese che producono documenti dentro le loro aziende, o
presso gli studi dei professionisti che li assistono, in formato digitale sin dall’origine, e poi
li trasmettono con modalità telematica, attraverso sistemi di trasmissione sicura.
Si è dovuto quindi affrontare il problema della formazione dell’utenza e non vi dico
quanto questo sia stato difficile specialmente quando l’utenza che a volte fa resistenza ad
adeguarsi ritenendo, e spesso a ragion veduta, che la digitalizzazione possa comportare
delle complicazioni.
Poi per quanto riguarda l’accesso alle informazione e agli atti del registro, abbiamo
detto che la pubblicità d’impresa è fondamentale per le esigenze di trasparenza del
mercato, ed è efficace solo nel momento in cui è “portabile”, cioè arriva immediatamente
a destinazione. La pubblicità legale d’impresa non deve essere una pubblicità soltanto
teorica, formale, ma deve essere, per sortire tutti i suoi effetti, una pubblicità concreta, che
deve andare dentro la casa dell’imprenditore, e soprattutto deve essere “ready”, cioè pronta,
in tempo reale. Per ottenere questo risultato tutte le pratiche che vanno a modificare gli
assetti delle imprese vengono trasmesse telematicamente, vengono trattate in tempo reale
e il tempo, che la norma mette a disposizione del funzionario camerale per protocollare,
trattare ed evadere la pratica, archiviarla otticamente, e renderla disponibile sul Web (fino
a casa dell’ultimo utente che vuole collegarsi e andare a controllare), è fissato in 5 giorni. Il
rispetto della tempistica citata è oggetto di controlli anche ispettivi da parte del Ministero
dello Sviluppo Economico (nel mese di maggio scorso anche il mio ufficio è stato oggetto
di una ispezione finalizzata a verificare i tempi di evasione).
Come funziona il Registro delle Imprese? Cercherò di dirlo con poche slide, cercando
di spiegare le difficoltà affrontate e la gradualità seguita per il passaggio dalla carta alla
telematica.
Nel ’90 eravamo ancora ad una gestione diciamo informatica della banca dati
(all’epoca si trattava del registro ditte) che alimentavamo a seguito della ricezione di
istanze cartacee.
LORENO ZANDRI
Nel 2000 si è iniziata la sperimentazione, istanze parzialmente cartacee con dei floppy
disk che contenevano informazioni strutturate in tracciati record che le procedure interne,

ealizzate da Infocamere, importavano consentendoci di non ridigitare le informazioni
medesime ed alimentare automaticamente le basi di dati.
Dal 1° novembre 2003 gli atti societari sono iniziati a giungere con modalità
telematiche e in formato informatico in quanto il legislatore ha imposto la trasmissione di
atti telematici, sottoscritti con la firma digitale. A seguito di ciò il sistema delle Camere di
Commercio ha distribuito oltre due milioni e mezzo di dispositivi di firma digitale. Una
provincia piccola come quella di Pesaro, con 45.000 sedi di impresa, ha distribuito oltre
20.000 dispositivi di firma digitale.
Dalla fine del 2004 in avanti c’è stato l’aumento esponenziale delle pratiche digitali.
Infatti nel 2003 abbiamo avuto circa 22.000 pratiche completamente digitali, mentre nel
2004 siamo passati a diverse centinaia di migliaia, fino al 2005 anno in cui il sistema ha
ricevuto quasi 2 milioni e mezzo di pratiche digitali. Nel 2005 abbiamo avuto 2.493.000
pratiche digitali. E’ vero che qui dobbiamo parlare di conservazione digitale che però
abbiamo anche detto che bisogna pensare alla conservazione in digitale già dal momento
in cui si crea l’archivio, già dal momento in cui si tratta la pratica, già dal momento in cui
si creano i metadati, non solo per l’identificazione della pratica, ma anche i metadati che
consentono di descrivere il trattamento che ha avuto questa pratica, chi l’ha trattata, come
l’ha trattata, quali decisioni sono state prese, e come è stata archiviata.
Questa è l’infrastruttura e l’interfaccia che ogni dipendente usa per la trattazione
delle pratiche digitali. La mattina il dipendente vede le pratiche che arrivano, con una
serie di informazioni preliminari, una sorta di elenco di protocollo, e da qui poi apre la
pratica.
Questa è la scheda della pratica con tutti i metadati che rimangono nel tempo, questa
solo è la scheda, poi questo è l’elenco degli allegati, questa, per esempio, è l’immediata
risposta del sistema centrale della “Certification Authority” (Infocamere), che mi dice
che quei file, per esempio la distinta, (convenzionalmente denominata distinta “Fedra”)
rappresenta il modello di domanda, gli altri file sono gli atti allegati alla domanda
medesima.
Una pratica è composta da un modello di domanda sufficientemente articolato,
complesso e lungo, e da una serie di atti che sono gli atti che vengono redatto presso
l’impresa, (ad esempio: il verbale d’assemblea, la relazione dei Sindaci, il bilancio e
quant’altro).
Il Registro delle imprese della Camera di Commercio di Pesaro - Urbino
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3
LORENO ZANDRI
Anche le attività di trattazione del procedimento sono informatizzate (flussi,
assegnazioni, controllo, scadenziari ecc..) Dopo la trattazione la pratica viene archiviata
in un archivio impropriamente denominato storico, ma che in realtà viene alimentato a
partire dal sesto giorno successivo a quello di arrivo della pratica. In certo casi anche
al secondo e al terzo giorno, perché tutte le pratiche d’iscrizione che hanno effetto
costitutivo, (è noto che una società non nasce quando i soci sottoscrivono il contratto
sociale davanti al Notaio, ma nasce nel momento esatto in cui noi la “carichiamo” cioé
effettuiamo l’inserimento delle informazioni nella memoria informatica del sistema.
Quindi il momento dell’evasione della pratica è il momento costitutivo a tutti gli effetti
giuridici, sia civili che fiscali. A quel punto quindi normalmente le pratiche a carattere
costitutivo vengono trattate nella stessa giornata della loro ricezione. Queste pratiche,
infatti, viene istradate attraverso un canale preferenziale attraverso una procedura di
flusso, che chiamiamo “smistatore”.
Questo è un elenco con il numero di pratica e con alcuni metadati; Bisogna tener
presente che questi metadati ce li ritroveremo poi nel sistema di conservazione a lungo
termine, che per noi inizia dal quinto giorno in avanti fino a più infinito. Poi se questo
“più infinito” sarà nel , come dice la professoressa Guercio, benissimo. E anche
per quanto riguarda l’accesso nella “slide” vediamo i registri del Tribunale e i vecchi
certificati cartacei, poi dal 2000 in avanti abbiamo cominciato a cercare di perseguire
l’obiettivo della completa democrazia dell’accesso, adesso (ai tempi di oggi) qualunque
cittadino può, sottoscrivendo un contratto gratuito, accedere e “tirare giù” visure, elenchi,
certificati, “tirare giù” gli atti. SI sappia che molti scoop giornalistici sono dovuti al fatto
che i giornalisti ormai l’hanno capito, consultano gli atti del registro imprese, e vedono
che cosa ha deciso un Consiglio di Amministrazione di Telecom piuttosto che di Pirelli.
La consistenza del registro nel 2005 è di 6 milioni di imprese iscritte, e i documenti
estratti sono di diverse tipologie, si possono leggere dalla slide, ma soprattutto la quantità di
documenti estratti dall’utenza esterna, che se ne serve per sapere per esempio se colui che
gli ha proposto l’acquisto di 500.000 euro di legname è veramente il legale rappresentante
della società che dice di essere, e con il quale può sottoscrivere un contratto. Abbiamo
avuto dal 1997 al 2005 un incremento del 204% con 26 milioni di documenti estratti.
Diciamo che la strutturazione delle informazioni ne consente un’estrazione
parcellizzataciò consente di scegliere quale parte di informazione mi interessa.

Il Registro delle imprese della Camera di Commercio di Pesaro - Urbino
L’informazione deve essere attuale, deve essere interessante, io non devo estrarre un
documento lunghissimo per andare a cercare poi con difficoltà l’informazione che mi
interessa. Se seleziono tutti i blocchi informativi che riguardano la posizione di un’impresa
ho il fascicolo intero della società che non è il fascicolo degli atti, ma la somma dei
metadati descrittivi degli atti contenuti in quel fascicolo, perché in una visura c’è la storia
della società, comprese tutte le variazioni. Come si può vedere la prima parte del fascicolo
contiene l’indice degli atti contenuti all’interno. Quel fascicolo, che noi lo chiamiamo così,
non è un fascicolo, ma è una scheda. Noi guardiamo questa scheda, in cima c’è protocollo,
numero di protocollo 9344/2005, con quel numero di protocollo noi andiamo a cercare
tutti gli atti che riguardano quella pratica così protocollata; e così che cosa facciamo?
Inseriamo il numero di protocollo, l’anno nella maschera di ricerca, vediamo gli atti che
riguardano quella pratica a quel punto selezioniamo gli atti che ci interessano, li chiediamo,
e l’erogazione dell’atto è in tempo quasi reale (mentre viene spiegata la sequenza delle
operazioni vengono mostrate delle immagini che rappresentano le varie videate della
procedura utilizzata). Poi a quel punto quando abbiamo l’erogazione effettuata possiamo
generare un PDF unico degli atti selezionati, oppure possiamo generare un PDF che il
dipendente camerale può rilasciare all’utente come copia conforme. L’utente comunque
può accedere a questi atti sia recandosi allo sportello camerale, sia via internet accedendo
all’infrastruttura “Telemaco”.
Le Camere di commercio hanno sempre rispettato la normativa tecnica vigente nel
periodo in cui venivano approntati gli archivi ottici.
Ogni anno normalmente vengono ricevuti 850.000 bilanci di società di capitali, e,
come è noto, i bilanci di società di capitali sono atti complessi, che hanno una serie di
firme digitali che vanno controllate in tempo reale dal nostro sistema.
Il deposito digitale delle Camere di Commercio è la società Infocamere, che è una
società completamente partecipata dalle Camere di Commercio. Attualmente noi abbiamo
100 milioni di documenti digitali, (non di pagine ma di documenti che possono avere
anche 20 – 30 – 40 – 50 o più pagine in formato A4), o generati da file PDF o generati con
altri sistemi come la scansione.
Infocamere svolge il ruolo di responsabile della conservazione. Viene mostrata una
immagine di una nota dell’AIPA datata 1995 la quale afferma che il sistema di archiviazione
digitale di infocamere dei documenti all’epoca cartacei, era a norma con la delibera del
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0
’94. man mano che la normazione tecnica mutava il sistema si adeguava.
Ora il sistema di archiviazione del registro delle imprese si è evoluto in un nuovo
sistema che si chiama Legal Doc, questo sistema ha la caratteristica, intanto di non essere
solo dedicato al registro di imprese, ma di essere fruibile per ogni esigenza di archiviazione
tanto da essere messo a disposizione di tutte le Pubbliche Amministrazioni.
La settimana scorsa mi si è presentato il caso di un utente che voleva una copia
cartacea, dichiarata conforma all’originale informatico, non è una cosa semplice da fare,
perché il quadro normativo non è chiaro, in quanto l’art. 23 comma 2 bis del Codice
dell’amministrazione digitale, dice >. E qui chiedo agli esperti: quali sono queste componenti? Il
tracciato record, il formato dei file, la distanza tra un bit e l’altro, il programma utilizzato
per la visualizzazione? E ancora dubbi sulla individuazione del
LORENO ZANDRI
Tornando al problema della dematerializzazione nel 2006 abbiamo iniziato
seriamente a riflettere su che fine far fare a quei 55 milioni di documenti cartacei già
digitalizzati. Forse la Sovrintendenza archivistica potrebbe non essere d’accordo, ma
la digitalizzazione da noi effettuata è rispettosa delle norme e quindi la Camera mia e
la Camera di un mio collega stanno iniziando un percorso sperimentale che dovrebbe
portare verso la distruzione della carta oramai digitalizzata.
E’ nostra intenzione collaborare al massimo con le Autorità preposte alla materia
ma al contempo siamo qui a chiedere un tempestivo completamento del quadro normativo
(qualora non lo fosse già), anche perché quando la Corte dei Conti ci verrà a cercare e
ci dirà “perché spendete tanti soldi per tenere l’archivio cartaceo quando la norma vi
consente di digitalizzare distruggendo la carta?”.
La tecnologia non ne parliamo; i formati sono importanti, lo dico al volo, text, xml,
xbrl, prima avete visto a volo un articolo del “Sole 24 Ore” di ieri, nel 2007 tutte le società
di capitali d’Europa adotteranno il citato standard XBRL che noi abbiamo adottato per
primi, Lo standard XBRL di trasmissione dei bilanci, consente alle società dei capitali di
trasmette il bilancio alla Camera di Commercio e poi quest’ultima potrà scorporare alcune
delle informazioni ivi contenute per inoltrarle agli uffici finanziari competenti sollevando

Il Registro delle imprese della Camera di Commercio di Pesaro - Urbino
così l’impresa da alcune incombenze fiscali.
Per quanto riguarda il processo di riversamento quinquennale delle pratiche digitali
possiamo dire che è a norma ISO, e per il momento è stato effettuato con successo senza
la perdita di alcun dato o informazione. Tenendo presente che le prime pratiche digitali
sono del 2002, i tecnici di Infocamere hanno fatto, senza perdere nemmeno un bit, la
conversione di 22.000 pratiche, e quindi abbiamo applicato quella parte, (non credo
che ci sia nessun altro che l’abbia ancora fatto), della delibera dell’Aipa che prevede la
conversione e il trasferimento dei file dopo 5 anni.

ELETTRA CAPPADOZZI
(C.N.I.P.A. - Roma)
Gli Archivi di Stato Civile
Il CNIPA è stato chiamato in causa diverse volte nel corso del convegno sul più
generale tema della dematerializzazione della documentazione amministrativa, ma nel
mio intervento parlerò del progetto di automazione dello Stato civile.
Presuppongo che la problematica dello stato civile sia abbastanza nota, pertanto
mi limiterò ad evidenziare solo alcune questioni indispensabili per capire la complessità
dell’automazione di questo tipo di registri.
Lo stato civile è gestito in tutti i Comuni, inoltre, in tutto il mondo ci sono i consolati
italiani che operano come delegazione di stato civile.
Gli atti di stato civile di ciascun anno sono registrati in quattro registri cartacei,
in base all’evento cui si riferiscono (nascita, cittadinanza, matrimonio e morte). La
documentazione correlata agli atti registrati è raccolta per formare dei fascicoli, organizzati
in modo cronologico. E’ infine redatto un indice annuale con gli estremi degli atti trattati
nell’anno in questione. I registri sono tenuti in doppio originale, uno in Comune e un altro
in Prefettura.
La gestione degli archivi di stato civili ha un’importante finalità giuridica che
riguarda i diritti fondamentali del cittadino, poiché attesta lo stato giuridico della persona,
e nel tempo si è consolidato un modo di organizzare, gestire e conservare i registri che
privilegia questa loro caratteristica fondamentale.
Tutti gli atti sono sottoscritti dall’ufficiale di stato civile, alcuni atti sono sottoscritti
anche dalle parti, cioè da cittadini che partecipano all’atto. Le annotazioni, le rettifiche,
gli annullamenti, sono riportati sempre in aggiunta: in altri termini rimane evidenza di
ogni modificazione apportata al contenuto originario. Se osserviamo un registro di stato
civile troviamo una sequenza cronologica di atti e per ciascun atto si possono trovare una
serie di altre annotazioni e rettifiche aggiunte, sempre in stretto ordine cronologico, a
margine dell’atto cui si riferiscono. Il registro di stato civile è quindi un’entità complessa.
Non basta considerare il singolo atto che viene riportato in un registro, il quale a sua
volta viene congelato a fine anno ed in seguito viene conservato, ma bisogna pensare al
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egistro di stato civile come una entità costituita da un complesso di registrazioni che
sono aggiunte nel tempo, in posizioni specifiche, legate dalla cronologia degli eventi che
rappresentano.
Ogni singola registrazione (sia essa un atto, una annotazione o una rettifica) viene
scritta nel registro e non viene mai aggiornata, ma vi sono sempre e solo “pezzi” che si
aggiungono. Il registro di stato civile come entità documentale complessiva è invece un
oggetto che viene aggiornato nel tempo e per un tempo molto lungo(dalla nascita alla
morte vanno considerati almeno 100 aggiornamenti).
Evidenzio inoltre l’importanza dello Stato civile in quanto costituisce la fonte
primaria da cui deriva l’aggiornamento di diversi altri archivi. Molti dati sono infatti
riportati nei registri di anagrafe e gli eventi di stato civile causano modifiche negli archivi
dell’INPS, dell’Anagrafe tributaria ed in moltissimi altri.
Un altro fattore di complessità è lo scambio sistematico di comunicazioni tra gli
ufficio di stato civile, tra gli uffici di stato civile e l’anagrafe di un Comune o di un altro
Comune e anche verso il Centro Nazionale di Raccolta presso il Ministero dell’interno
(come previsto dal DPR 369/2000). Ci sono anche scambi informativi con le strutture
ospedaliere, con gli uffici parrocchiali, con gli uffici giudiziari, con i consolati stranieri
in Italia, e come abbiamo detto con i consolati italiani all’estero. La gestione dello stato
civile, come vedete, è un sistema estremamente complesso.
L’art. 10 del DPR 369/2000 stabiliva l’automazione degli archivi di stato civile, con
la previsione di poter definire entro un anno, con un successivo atto normativo, le regole
tecniche per l’automazione, con la finalità di arrivare in breve tempo alla gestione dei soli
archivi digitali, eliminando gli archivi cartacei. In tale visione sono state sottovalutate
le problematiche inerenti la garanzia dell’inalterabilità e della conservazione di lunga
durata dei contenuti digitali, problemi che ci hanno portato a ridimensionare gli obiettivi
di automazione.
ELETTRA CAPPADOZZI
Cerco di focalizzare gli obiettivi generali che l’automazione dello stato civile deve
garantire. In considerazione dell’importanza delle informazioni trattate, l’automazione,
in primo luogo, deve assicurare la certezza, l’autenticità e la storicità del contenuto degli
archivi con la coerenza, la persistenza, nonché la riservatezza delle informazioni registrate.
La riservatezza è un fattore da non trascurare poiché nello stato civile ci sono molti dati
sensibili che non sono liberamente accessibili e devono essere tutelati.

L’automazione ha anche lo scopo di gestire, o perlomeno di supportare, il complesso
sistema di comunicazioni, per eliminare errori e per velocizzare i processi. Anche il
sistema attuale, basato su registri cartacei, non è un sistema perfetto e diversi problemi
sono evidenti. Tra questi i più comuni riguardano gli errori materiali di trascrizione,
l’incoerenza delle annotazioni o comunicazioni che si “perdono”. Un altro problema
non trascurabile, nella gestione tradizionale, è costituito dai tempi di lavorazione delle
pratiche all’interno degli uffici e dalla ricerca degli atti. Qui si apre tutta la tematica della
fruizione, compresa l’emanazione dei certificati. Se è evidente che abbiamo dei problemi
nella conservazione di lungo periodo dei registri digitali è bene non nascondersi che ci
sono problemi anche nella gestione del cartaceo così com’è.
Rispetto a quanto si pensava nel 2000 abbiamo un po’ ridimensionato l’automazione.
Oggi, in modo realistico, alla domanda se ridurre o eliminare il cartaceo possiamo
rispondere pensando ad una riduzione.
Gli Archivi di Stato Civile
Su iniziativa dell’Università di Roma - Tor Vergata è stato costituito un gruppo di lavoro
tecnico scientifico con lo scopo di studiare le problematiche relative alla conservazione.
Nell’approfondire queste tematiche ci siamo convinti che per poter conservare un registro
digitale bisognava prima pensare di formare correttamente gli atti in modalità digitale. Il
problema affrontato non riguarda tanto l’acquisizione del pregresso, cioè la digitalizzazione
di atti analogici, quanto quello della formazione di nuovi atti di stato civile in modalità
digitale e della loro gestione nel tempo all’interno di un registro digitale.
Il gruppo tecnico-scientifico ha operato con un metodo di lavoro multidisciplinare
e si è confrontato con gli altri tavoli tecnici che, contemporaneamente, stavano lavorando
sul problema più generale della dematerializzazione, come è stato anche ricordato dal prof.
Ridolfi del C.N.I.P.A. E’ stata portata avanti una approfondita analisi della problematica
specifica dello stato civile come automazione di processo, quindi sono stati affrontati gli
aspetti tecnici correlati. E’ stata posta attenzione all’intero ciclo di vita dei registri di stato
civile - dalla formazione dell’atto alla formazione della gestione del registro, alla gestione
delle annotazioni e delle rettifiche fino alla conservazione finale presso gli archivi di Stato
- con lo scopo di individuare una soluzione complessiva praticabile e sostenibile, tenuto
conto degli aspetti economici connessi alla gestione (che come abbiamo sentito in altri
interventi sono tutt’altro che trascurabili), degli aspetti organizzativi e delle competenze
che si richiedono alla platea così distribuita e variegata degli 8100 Comuni italiani, oltre

ai Consolati, che sono tenuti ad alimentare questo sistema.
Vi riporto ora, brevemente, le criticità che abbiamo trovato. La principale riguarda
il modo di assicurare nel tempo l’autenticità, l’inalterabilità e la coerenza dei registri e i
requisiti di conservazione, considerando il fatto che i registri sono movimentati durante
tutto il periodo di vita dei cittadini e, successivamente, sono conservati negli archivi di
stato civile.
ELETTRA CAPPADOZZI
La discussione dentro il gruppo di lavoro, tra archivisti, esperti informatici ed altri
esperti, è stata molto ampia. Alla fine si è consolidata la convinzione che la firma digitale,
in luogo della firma autografa, ben si presti ad attestare l’autenticità dei “pezzi” che
costituiscono il registro, cioè del singolo atto piuttosto che della singola annotazione, o
della singola rettifica. La firma digitale non è, però, uno strumento adatto a coprire tutti i
requisiti di conservazione né le altre problematiche che ho prima illustrato.
A scanso di equivoci, devo evidenziare come ma gli approfondimenti del gruppo di
lavoro non sono stati finalizzati a procrastinare o a complicare l’automazione dello stato civile,
ma, al contrario, sono stati mossi dalla volontà di trovare una soluzione realmente praticabile
e complessivamente utile. Per questo abbiamo considerato anche le esigenze di operatività,
di coerenza complessiva del sistema, nonché delle funzioni di vigilanza, tutti aspetti che
possono essere facilitati con un sistema informatizzato di gestione dello stato civile.
Il gruppo di lavoro -premesso che stiamo ancora lavorando- in conclusione, ritiene
comunque utile e necessario intraprendere un processo di automazione che, debba
necessariamente essere graduale, tenuto conto delle problematiche ancora aperte.
La soluzione che abbiamo configurato al momento, come proposta del gruppo tecnico-
scientifico, è quella di una automazione ibrida, dove è bene mantenere una parte cartacea
fintanto che non sia possibile “collaudare” sia l’esperienza di effettive “migrazioni” con
cambiamenti sostanziali di tecnologie, sia la capacità della presa in carico degli archivi
digitali da parte degli archivi di Stato, dove alla fin fine confluiscono i registri.
Si propone quindi di mantenere un archivio cartaceo tradizionale, che costituisce
l’originale, formato e tenuto presso il Comune, in quanto è l’unica forma che ad oggi è in
grado di assicurare di conservazione di lungo termine. L’archivio informatizzato nasce
ed è tenuto presso il Comune, ma confluisce presso il Centro Nazionale di Raccolta del
Ministero dell’Interno. La copia degli archivi informatizzati conservata presso il Centro
Nazionale di Raccolta è disponibile alla Prefettura, per le funzioni di competenza, e funge

anche da copia di sicurezza e di supporto per i Comuni, secondo quanto previsto dall’art.10
del citato DPR del 2000.
La presa in carico dei registri di stato civile da parte degli archivi di Stato avviene
dopo molti anni dalla formazione del registro (circa 120 anni dall’anno di formazione
del registro di nascita) e si ha l’esigenza di gestirne la conservazione per un periodo di
latenza non trascurabile (circa 40 anni) dall’ultima movimentazione. Faccio riferimento
all’intervento dell’ing. Pigliapoco sulla gestione di un deposito digitale, per evidenziare
come l’onere della conservazione del deposito digitale non possa essere lasciata al singolo
Comune; ritengo anche che non sia sufficiente stabilire delle regole a livello nazionale, ma
occorra un supporto operativo sistematico. Per questo è raccomandabile che gli archivi
digitali comunali siano raccolti e gestiti come deposito digitale in modo unitario presso il
Centro Nazionale di Raccolta del Ministero.
Una gestione ibrida comporta il problema di mantenere allineato il contenuto
dell’archivio cartaceo e di quello digitale, rispetto al quale possiamo trovare delle valide
soluzioni tecniche, dei “marchingegni”, che supportino l’operazione; resta in ogni caso
fondamentale la responsabilità dell’ufficiale di stato civile nella verifica del ciclo di
processo all’interno dell’ufficio.
E’ bene non ignorare che anche oggi ci sono problemi di allineamento, tra gli archivi
presso il Comune e quelli presso la Prefettura, nonché quelli relativi alla coerenza delle
annotazioni in un registro con gli atti presenti in altri registri (per esempio tra quello di
nascita e tutti gli altri registri).
Gli Archivi di Stato Civile
L’automazione che si sta configurando consente in ogni caso delle semplificazioni,
poiché permette di eliminare il secondo originale presso le Prefetture e di semplificare i
processi di gestione documentale. Ad esempio l’automazione può consentire di eliminare
la trascrizione, prevista dalla normativa in vigore, degli atti di stato civile presso il
Comune di residenza. L’introduzione di questa prescrizione era motivata dalla volontà
di facilitare il cittadino nell’avere certificati. Bene, l’automazione consente di ottenere
con facilità questo obiettivo senza che sia più necessario prevedere la trascrizione degli
atti nel comune di residenza. Inoltre, come abbiamo detto, il fatto di prevedere anche
l’automazione delle comunicazioni tra i diversi uffici consente una maggiore coerenza
dell’intero sistema di gestione dello stato civile.
Lo studio ha evidenziato anche come alcuni interventi non di carattere tecnologico,

possano razionalizzare l’uso delle risorse disponibili, come ad esempio la razionalizzazione
e la standardizzazione del contenuto dei fascicoli, che raccolgono un gran volume di
carta. Oggi è diffuso il comportamento dell’amministrativo comunale, magari non
sufficientemente preparato su tematiche anche molto complesse, che, nel dubbio, ha
la tendenza a conservare tutto. Anziché porci il problema dello “scarto” alla fine del
processo di gestione del fascicolo -ovvero quando l’archivio diventa storico e di interesse
degli archivi di Stato- sarebbe utile stabilire un piano di conservazione standardizzato a
livello nazionale e predisporre il contenuto del fascicolo in modo coerente.
Il Centro Nazionale di Raccolta, presso il Ministero dell’Interno, si configura come
il deposito digitale che raccoglie l’insieme degli archivi digitali comunali, nel senso e con
le problematiche ampiamente discusse negli interventi precedenti, in particolare dell’ing.
Pigliapoco.
La normativa attuale prevede che i registri di stato civile confluiscano negli archivi
di Stato. L’automazione completa, con l’eliminazione del cartaceo, potrà avvenire solo
quando gli archivi di Stato saranno organizzati e pronti a recepire i contenuti digitali.
Ad esempio, per 100-120 anni il registro di nascita dovrà essere conservato dal Centro
Nazionale di Raccolta del Ministero dell’Interno, dopo tale periodo si dovrà prevedere
che sia preso in carico da qualche altro centro o si dovrà incaricare il Ministero anche
della successiva conservazione: i contenuti digitali, a differenza del cartaceo, se non sono
mantenuti attivamente, come abbiamo ampiamente visto questa mattina, si perdono e, nel
caso dello stato civile, perderemmo un patrimonio di informazione fondamentale.
Rispetto alla soluzione tecnica fornisco solo alcuni spunti. Abbiamo approfondito la
strutturazione del singolo atto, come contenuto e come metadati, nonché del registro come
entità complessa.
L’architettura proposta è basata su:
• modelli XSD dei dati, per la definizione delle strutture dei documenti e dei registri,
• metadati per la descrizione delle informazioni di identificative, di contenuto e di
contesto,
• XML per la rappresentazione dei dati,
ELETTRA CAPPADOZZI
• XML-Enabled DBMS in una fase iniziale per la memorizzazione, aggiornamento e
interrogazione dei dati prevedendo la sperimentazione di XML-Native DBMS per
verificare la loro affidabilità nel trattare grossi quantitativi di informazioni.

Abbiamo analizzato la possibilità di una strutturazione degli atti completamente
XML, con metadati integrati nella struttura, oppure l’atto acquisito con formati tradizionali
(es. tipo JPEG, PDF/A o TIFF) ed i metadati esterni.
E’ stata anche effettuata una approfondita un’analisi dei possibili tipi di contesto,
normativi, tecnologici e organizzativi, da considerare e alle modalità per gestirli.
Identificativi dell’atto
Segnatura / Chiave dell’atto
Parti
Identificativi delle parti
- comune,
- luogo,
- anno, mese, giorno e ora dove e quando è formato l’atto
- Anno
- Parte
- Serie
- Numero
Persone citate nell’atto in qualità di:
- Soggetti cui l’atto si riferisce
- dichiaranti;
- testimoni.
- nome,
- cognome,
- luogo e data di nascita,
- residenza,
- cittadinanza
Chiave delle parti Codice fiscale
Fonti Documenti presentati dalle parti
Oggetto Natura dell’atto/tipo di atto /evento
Sottoscrizione
Gli Archivi di Stato Civile
- Ufficiale Civile che fa formato l’atto
- tipo di firma digitale
- firma digitale
-Tav. 1- Contenuto degli atti

0
L’Atto e le annotazioni/rettifiche sono
strutturate in XML con integrati i metadati.
ELETTRA CAPPADOZZI
-Tav. 2 – Struttura degli atti
L’atto e le annotazioni/rettifiche sono
oggetti rappresentati come in stampa
(formati possibili: JPEG, PDF/A, TIFF). I
metadati sono gestiti a parte

Tipo di contesto Contenuto Modalità possibili di gestione
Contesto
documentario e
archivistico del
singolo atto
Contesti
amministrativi
del deposito
comunale
responsabilità
archivistica
Contesti
tecnologici
del deposito
comunale
Segnatura
Identificativi (Parti+Documenti)
Contenuto
Comune
Data di passaggio dalla procura
alla prefettura
Data di automazione
Periodo di riferimento
- Prefettura di competenza
- Responsabili (certificati digitali
degli stessi)
Comune
Periodo di riferimento:
- Algoritmi e modalità di firma
- Data base
- Ambiente software
- Applicativi
- Sicurezza
- ….
Contesto giuridico Ministero Interno x periodo
Normative,
Procedure
Formulari … (XSD)
Contesti
amministrativi
del deposito
Nazionale
responsabilità
archivistica
Contesti
tecnologici
del deposito
Nazionale
Gli Archivi di Stato Civile
Raccolta dei contesti amministrativi
dei comuni
+
Contesto amministrativo del CNSD
Periodo di riferimento
- Procedure organizzative
- Responsabili (certificati digitali
degli stessi)
CNSD
Periodo di riferimento:
- Algoritmi e modalità di firma
- Data base
- Ambiente software
- Applicativi
- Sicurezza
- ….
-Tav. 3 - Contesti
Formato contestualmente
all’atto dal singolo comune;
parte integrante dell’atto stesso
Gestito dal singolo comune,
secondo modalità
standardizzate a livello
nazionale
Gestito dal singolo comune,
secondo le linee guida
standardizzate a livello
nazionale
Definito e gestito dal Ministero
dell’interno
Ministero dell’interno
Sorveglianza archivi
di Stato e Privacy
Ministero dell’interno/
terza parte fidata
Sorveglianza archivi
di Stato e Privacy

L’archiviazione digitale tra storia
e conservazione: il Tabularium Urbis
GIANGIULIO RADIVO
(Delegato Vicariato di Roma presso Radio Vaticana, Roma)
Uno stato civile del 1500, questo è l’archivio storico del Vicariato di Roma, il
Tabularium Urbis semplicemente, o Tabularium Vicariatus Urbis; è vero che la costituzione
dell’archivio è del 1824, con decisione di Papa Leone XII, ma i primi documenti risalgono
a metà del ‘500, proprio con le decisioni del concilio di Trento.
Dopo il Concilio di Trento, nel 1563, nasce l’obbligo definitivo di tenere i registri
parrocchiali, che erano anche registri di stato civile. Nel 1566 San Pio V avvia la riforma
del clero di Roma e adotta un documento sotto il suo pontificato, “dei libri da tenersi per
li curati”, quindi in italiano in modo che anche i curati potessero capirlo meglio. Nel 1584
con il rituale “Sacramentorum Romanum” si prescrive come deve essere tenuto il libro
di registrazione dell’avvenuta amministrazione per esempio del battesimo, che quindi era
anche l’atto di nascita; dei matrimoni; dei morti. Quindi fungeva da anagrafe di stato
civile, ma - e questa è la grande ovità - che non c’è nemmeno oggi negli archivi dello
Stato italiano - nel Comune oggi non esiste lo “stato delle anime”. Cioè si sa, dall’ultimo
decennio del 1500, a Roma chi abitava effettivamente in ogni singola casa, qual era il
suo stato civile, qual era la sua condizione religiosa, oltre che l’età e il resto. Quindi una
vera situazione completa della città di Roma. Questo non ce l’ha nessuno al mondo, ecco
perché è così importante.
Poi dall’ultimo decennio del ‘500, oltre a questi quattro registri stabiliti dal Concilio
di Trento, inizia la statistica con l’archivio della città di Roma, perché si fanno le liste
“Animarum almae urbis Romae”, che dall’ultimo decennio del ‘500 fino al 1870 tengono
conto dei dati numerici presi da tutti i registri parrocchiali, anno per anno, fatto da Pasqua
a Pasqua, anno per anno è interamente indicato: tutto il numero degli abitanti, tutti i nati,
tutti i morti.
Attualmente l’archivio storico del Vicariato di Roma è costituito da 150 fondi, il fondo
dei registri parrocchiali è solo uno di questi fondi, ed è costituito da circa diecimila registri;
ogni registro contiene dai 150 ai 250 fogli recto e verso, quindi pagine doppie. L’Archivio
3

ha deciso di effettuare la digitalizzazione di questo fondo ispirandosi all’archivio storico
della Compagnia di Gesù, che ha adottato una digitalizzazione che non ha danneggiato i
documenti, perché ovviamente questi fondi cartacei si conservano.
Sino ad ora sono stati trattati quattromila registri, e sono stati riprodotti digitalmente
sia in bianco e nero che a colori, con un’attrezzatura di tipo fotografico in modo da non
danneggiare il documento, con modalità che consentano la pulizia del fondo del foglio,
l’esaltazione del tratto della scrittura, il bilanciamento dell’espansione del colore e poi la
possibilità evidentemente anche di ingrandire o ridurre l’immagine.
Da questo archivio digitale sono emersi, tra gli altri, l’atto di battesimo di Gioacchino
Belli nel libro della parrocchia di Sant’Eustacchio del 10 maggio 1756, l’atto di matrimonio
di Gian Lorenzo Bernini, l’atto di morte di Francesco Borromini del 3 agosto 1667, ecc.
La preoccupazione oggi è quella della perdita della memoria; il rischio che se il
documento è solo digitale, si possa perdere il documento originale, ci possa essere un
pericolo di manipolazione. Se vogliamo dare però un valore aggiunto a tutti i nostri
archivi, ciò accadrà quando si potranno incrociare tutti i dati disponibili e trarne elemento
di conoscenza nuova, che abbia una ricaduta economica, ma soprattutto una ricaduta
culturale ed educativa.
GIANGIULIO RADIVO

MARIELLA GUERCIO
(Università di Urbino)
Conclusioni
Mi pare che tutti abbiamo le idee chiare:siamo tutti alle prese con un problema
molto complesso. La complessità è forse l’elemento che è emerso da tutti gli interventi che
abbiamo sentito, anche dagli interventi della tavola rotonda.
Il tempo a disposizione era poco, se avessimo dato a tutti i relatori il tempo per
affrontare i nodi che ci sono, che hanno affrontato, avremmo potuto vedere quanto
impegnativi siano tutti i processi avviati finora, e anche quanto alcuni siano costosi.
Certo, costi che a lungo termine potranno restituire risparmi significativi per le
amministrazioni, sia in termini di qualità e di efficienza, ma anche in termini di risorse
finanziarie. Oggi sono richiesti grandi investimenti, sia di ordine economico, sia di
persone, sia di organizzazione.
Ho preso oggi dei brevi appunti, degli input di riflessione che, rapidamente e senza
troppi approfondimenti, vi metto a disposizione per il prossimo convegno naturalmente.
Innanzi tutto, gli interrogativi. A me sembra che dobbiamo partire dagli interrogativi
che si è posto “Interpares 1” e “Interpares 2”, interrogativi riferiti soprattutto agli archivi
dinamici, agli archivi più complessi e, vorrei aggiungere, agli archivi del futuro: saranno
solo o quasi solo archivi dinamici.
Se vogliamo pensare ad un’innovazione e all’uso delle tecnologie come strumento di
semplificazione, di miglioramento e di servizio dobbiamo andare nella direzione non di
una fotocopia dello scambio di documenti del cartaceo, dobbiamo andare nella direzione
di pensare che si lavora con i portali, che si lavora con database, si lavora con sistemi
archivistici condivisi e, allora, il futuro digitale ci presenta molte più complessità di quelle
che oggi dobbiamo trattare quando pensiamo semplicemente alla posta elettronica, al
documento di videoscrittura e, quindi, complessità destinate a crescere.
Alcuni punti fermi: sicuramente al centro del processo di conservazione va posto
non solo l’oggetto, ma le condizioni e i requisiti in cui l’oggetto viene prodotto, quindi i
contesti, l’oggetto documentale non è mai un oggetto isolato. Gli interrogativi aperti sono
interrogativi che riguardano questioni tecniche, formati; si è parlato poco, ma un nodo

molto grosso è quello dei formati.
Le risoluzioni - se ne è parlato anche qui -, le “polis” che le amministrazioni, gli
enti e le strutture devono adottare. Se saremo bravi e investiremo correttamente forse
potremmo conservare le memorie digitali delle amministrazioni o comunque delle
organizzazioni che hanno un governo della memoria. Sicuramente non sapremo, non
potremo conservare in futuro il digitale prodotto negli ambiti della ricerca scientifica,
negli ambiti delle relazioni interpersonali, gli archivi dei privati perché sono sicuramente
archivi, almeno per ora, prodotti in digitale, ma senza nessuna forma di controllo.
La ricerca. Si è parlato molto di ricerca: è chiaro che è una ricerca continua, che deve
accompagnare le realizzazioni concrete, che si deve sposare con le realizzazioni concrete.
Ciò sino ad ora non è avvenuto, quasi da nessuna parte. Vedo pochissimi casi in cui la
ricerca si è accompagnata con un reale lavoro di implementazione. Luciana Duranti ha
citato alcuni casi, sicuramente gli archivi nazionali di Washington hanno mandato i loro
migliori archivisti a seguire “Interpares 1” e “Interpares 2” con forze consistenti e hanno
applicato in casa un progetto che aveva ben 11 anni di vita prevista, quindi con grandi
investimenti per rendere possibile il fatto che i risultati della ricerca diventassero risultati
operativi.
Un’altra preoccupazione riguarda la ricerca in Italia. Qualcuno ha detto oggi che
le italiane e gli italiani hanno un ruolo nella ricerca archivistica internazionale. Certo,
ma abbiamo tutti 50 anni e più. Luciana Duranti, per esempio, ha appena avuto un
premio importante in Canada. E’ la prima donna che riceve questo premio ed è la prima
ricercatrice, o ricercatore, nel settore umanistico ad avere questo riconoscimento per
l’innovazione nella ricerca. Sicuramente, come lei diceva, il fatto di essere italiana ha
giocato un ruolo importante nella sua capacità poi di portare innovazioni e riflessioni. I
nostri giovani in Italia oggi non sono in condizioni di fare ricerca, perché non hanno le
condizioni per operare, per operare liberamente. Questo è un nodo di cui ci dobbiamo
sicuramente preoccupare.
MARIELLA GUERCIO
Un modo per affrontare questo problema è sicuramente quello di creare delle
reti, dei sistemi ancora più che reti, di cooperazione e di condivisione. Io ho lavorato
insieme a Seamus Ross nel progetto di “Herpanet” dell’Unione Europea. La Commissione
finanzia anche generosamente, per due - tre anni, progetti di ricerca. E dopo? Qui le reti si
sviluppano, si fanno grandi sforzi e poi si fermano e muoiono. Allora credo che, almeno a

livello nazionale, noi dobbiamo provare a costruire delle reti permanenti di cooperazione,
di condivisione, di ricerca e di assistenza ad alto livello e di alta formazione. Questo è un
mio sogno e, dato che sono determinata, prima o poi mi ci dedico. Non dico che i sogni
si realizzano, ma ci metto proprio l’anima per ottenere che, chi può mettere insieme le
risorse, le volontà politiche e amministrative, si metta su questa strada. Senza un sistema
di cooperazione noi non andremo da nessuna parte come sistema paese, in questo come
in altre situazioni. Ma questa è una situazione centrale, come, per altro, ci diceva anche
l’Assessore della Regione Veneto.
Il nodo della cooperazione è un nodo che in passato forse poteva essere risolto
diversamente, l’Amministrazione archivistica era il luogo dove si cooperava, dove si davano
regole, dove si concentrava il cuore della riflessione. Oggi l’Amministrazione archivistica
è in grande difficoltà, pochissimi funzionari, tutti ultracinquantenni con difficoltà a
formarsi, ad aggiornarsi, a continuare a riflettere in questo settore. Sta crescendo, da tanto
tempo ormai, un mondo diverso di archivisti che stanno fuori dell’Amministrazione,
di Amministrazioni, di cui abbiamo sentito anche le esperienze in questa giornata, che
investono con qualità e con costanza nella riflessione in questo settore. Comunque oggi
l’Amministrazione archivistica non potrebbe che essere uno dei partner fondamentali, ma
non l’unico.
Credo che un altro messaggio, che emerge un po’ da tutti gli interventi di oggi, dice
che è necessario investire in una ricerca multi disciplinare. Ma la multidisciplinarietà
costa, costa in termini di tempo, in termini di energie anche se la consideriamo vitale per
affrontare questi nodi. Costa di meno se ci mettiamo insieme come patrimonio comune ciò
che ognuno a casa propria o nei propri ambienti di lavoro ha approfondito, ha sviluppato
e ha prodotto.
La conservazione digitale è chiaramente un elemento vitale: dobbiamo sentirci tutti
responsabili in questo lungo percorso nella continuità delle iniziative, degli sforzi e delle
riflessioni.
Conclusioni

Azienda
UL.SS. n. 8
Asolo
CONVEGNO INTERNAZIONALE
“CONSERVARE IL DIGITALE.
UN CONfRONTO INTERNAZIONALE”
(Asolo – 29 settembre 2006)
MEMORANDUM
(Diffuso e condiviso on-line)
I contenuti emersi nella giornata di studio “Conservare il digitale”, tenutasi ad
Asolo il 29 settembre 2006, impongono un’ulteriore riflessione. Il sito web dell’Ulss 8
da oggi apre un forum e invita tutti i partecipanti al Convengo e quanti sono interessati
alla questione a intervenire. I risultati di questo approfondimento verranno integrati nel
documento finale e sottoposti all’attenzione della “Commissione europea per lo sviluppo
della società dell’informazione” presieduta da Viviane Reding.
Quanto prima il mondo politico, sociale e della cultura dovranno dare risposte agli
interrogativi che la conservazione digitale apre. Ecco un elenco dei più pressanti.
1. I documenti che nascono in digitale come si possono conservare identici a quando
sono stati creati?
2. I manoscritti più antichi conservano conoscenze resistendo per centinaia di anni, la
nostra conoscenza affidata ai bit quanta speranza ha di sopravvivere se non viene
continuamente “riaperta e risalvata”?
3. Quale rapporto potrà esistere tra sistemi e software di conservazione proprietari e
quelli aperti affinché sia garantita nel futuro la loro continua implementazione?
4. Quali sono i luoghi fisici ottimali per la conservazione digitale?
5. Come conservare e gestire i “metadati” (creazione, modifiche, accessi, privacy) e quale
dovranno essere i parametri etici del “custode digitale”. Dal confronto internazionale
di Asolo emergono pure alcuni punti fermi da cui partire per la riflessione. Anche di
questi diamo un elenco.
Politecnico
di Milano
Rilievo ed attualità del tema: il tema trattato della conservazione nel lungo periodo

0
del digitale ha oggi un rilievo di primo piano sotto un profilo scientifico, giuridico,
tecnologico, gestionale.
Informazione: ciascun operatore può utilmente sostenere il tema con un’azione
di informazione verso il proprio ambiente accademico, di studio, di amministrazione,
professionale e verso gli organismi preposti agli interventi normativi.
Multisettorialità: tale tema riguarda direttamente numerosi settori: cultura, storia,
cittadinanza, pubblica amministrazione, giustizia, arte, economia, produzione, ricerca,
privacy, sicurezza, etc. E’ una problematica globale e generalizzata strettamente legata
ad una vasta serie di aspetti: diritto d’autore, certificazione del contenuto, certificazione
dell’originale, certificazione dell’autore, concetto di originale, reperibilità nel tempo,
accessibilità nel formato originario, creazione e conservazione di annotazioni, meta-dati
a corredo, “tracciabilità” storica degli accessi e degli utilizzi, etc.
Approccio al tema: E’ richiesto un approccio a livello sistemico guidato dalle
specifiche necessità e bisogni dell’utenza non solo attuale ma anche, per quanto possibile,
futura. La problematica deve essere affrontata fin dall’inizio del ciclo vitale dell’oggetto
digitale. Non devono essere trascurate le varie implicazioni economiche sia legate alle
risorse necessarie alla conservazione sia alla diversa percezione del valore di determinati
beni.
Soluzioni prospettate: La problematica non ammette una soluzione unica bensì una
vasta gamma di azioni, scalabili, tra l’altro, in funzione della tipologia del dato e del
contesto, del periodo di tempo d’archiviazione e delle risorse disponibili.
Diffusione di buona pratica: a supporto delle possibili soluzioni devono essere diffuse
buone pratiche su base internazionale con conseguente ricerca e studio degli interventi
già realizzati in vari settori degli enti governativi, regionali e locali, delle imprese, delle
banche, delle università, delle aziende sanitarie, degli enti culturali, ecc.
Iniziative future: risulta giustificata la costituzione di una rete di collaborazione
internazionale aperta a tutti; appare utile la ricerca di potenziali sinergie con altri soggetti
interessati a vario titolo a questa problematica; risulta possibile organizzazione di gruppi
di lavoro dedicati a temi specifici (es. economia della conservazione); si può proporre di
dare cadenza annuale all’organizzazione di un incontro come quello odierno.
Asolo, 29 settembre 2006

Sottoscrittori:
CHEN BITAN
(Cyber-Ark Software – Tel Aviv – Israel)
ROSSELLA BONORA
(DocArea Project – Province of Bologna
– Italy)
GIORGETTA BONfIGLIO DOSIO
(University of Padua - Italy)
ELETTRA CAPPADOZZI
(C.N.I.P.A. – Italy)
PAOLA CARUCCI
(Manager of Historical Archives of the
President of the Republic – Rome - Italy)
LUCIANA DURANTI
(School of Library, Archival and
Information Studies of The University of
British Columbia - Canada)
GIUSTINIANA MIGLIARDI O’RIORDAN
(Archives curator of Veneto - Italy)
Mariella Guercio (University of Urbino -
Italy)
NITYA KARMAKAR
(University of Western Sydney, Sydney,
Australia)
GUENTHER KOLAR
(Ludwig Boltzmann Institute Media.Art.
Research & Ars Electronica Futurelab
– Linz, Austria)
MATHIAS JEHN
(German National Library – Frankfurt on
Main - Germany)
APRIL MILLER
(The World Bank – Washington DC - US)
STEfANO PIGLIAPOCO
(University of Macerata – Italy)
MARIO Pò
(Management ULSS 8 Asolo – Italy)
ANNAMARIA BROSOLO
(Management ULSS 8 Asolo – Italy)
MICAELA PROCACCIA
(Ministry for the cultural assets and
archives – Directors General’s Office for
Archives - Italy)
GIANGIULIO RADIVO
(Delegated Diocese of Rome c/o Vatican
Radio – Vatican State)
ALfREDO M. RONCHI
(MEDICI Framework – Politecnico di
Milano - Italy)
SEAMUS ROSS
(Humanities Advanced Technology and
Information Institute (HATII) - University
of Glasgow - UK)
IRMGARD SCHULER (Vatican Library –
Vatican State)
KIM HENRY VELTMAN
(Scientific Manager of Maastricht
McLuhan Institute – The Netherlands)
LORENO ZANDRI
(City of Pesaro – Urbino – Italy)

LONG TERM DIGITAL PRESERVATION
AN INTERNATIONAL FOCUS
Proceedings of the International Conference,
held in Asolo, on friday 29 th September 2006

Azienda
UL.SS. n. 8
Asolo
This volume brings includes all of the reports presented at the Convention held in Asolo
on 29th September 2006 on “Preserving digital. An international comparison”, by Italian
and foreign experts who, faced with almost four hundred participants, from Northern and
Southern Italy, from public and private Companies, from Archives, Libraries, Local Health
Authorities, Computer companies, Universities and Research authorities all provided their
own interesting contribution. Some of these expert speakers are famous throughout the
world and were chosen thanks to their originality and the importance of their scientific
work.
The structure of the Convention was divided up into four parts:
- The first part was dedicated to subjects related to general classification of the topic
and the profiles of norms;
- The second part aimed at the specialised aspects of general interest;
- The third part referred to some digital applications and solutions in advanced
environments;
- The fourth part was dedicated to some of the best Italian practices.
The objective that we have given to the Convention is to focus attention on an extremely
current topic, standards and the guarantees for long term preservation of digital, in an
attempt to snatch up the novelties that have been defined or are currently being defined
throughout the world.
This is obviously not only in health environments but in all possible applicative environments,
considering that this problem can only be considered with unique solutions.
But what has moved our Company to organise this Convention?
We started with the experience matured during the last few years, with the vital support
of the Office of Archived Goods of the Veneto Region in terms of document management
and in particular in the creation of the sole Archives of Caerano San Marco and the
Clinical Digital Deposit. This experience has led us responsibly and inevitably to ask
ourselves about the validity in time of digital documents.
The architecture of the Convention has been suggested by Professor Guercio who provided
her extremely precious contribution in the scientific layout of this meeting. But we wanted
to share our work with the Polytechnic of Milan and the Global Forum of Paris in order to
guarantee the event the vital international touch that this topic must have in order to count
on current scientific contributions.
Asolo, 8 th May 2007
Gino Redigolo
General Manager

Ministero per i Beni e le Attività Culturali
SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER IL VENETO - VENEZIA
The Archives Department also supervises sanitary archives. Supervision is a rather
serious word as it refers to collaboration and agreements that are mutually undertaken.
As far as the Department is concerned it is often a very good result if they succeed
in maintaining the archives, keeping them tidy and keeping up a stock list. However, what
often happens is that once the manufacturing authorities have organised the archives they
tend to close them, therefore not allowing any further consultation. But subsequent stages
should also be covered, not only cultivating information but also the correct development
of documents and an awareness of reality and communication.
Justified praise goes, without a doubt, to the Local Health Authority of Asolo for the
results achieved.
The life of the archives of this Local Health Authority and the procedures adopted for
management are documented in the acts of the file that currently exists in the Department.
It began in 1986 with a detailed written report following an inspection visit. Numerous
requests for collaboration and information exist, especially with regards to reproduction
and numerous authorisation requests exist for the transfer of the peripheral archives of the
ex hospitals that are now located in the new central Archives in Caerano San Marco.
During the presentation and opening of the Service Centre of this Local Health
Authority and the new central Archives in April 2006, Doctor Testa, in charge of relations
with the Local Health Authority of Asolo in the Department, remembers how other Local
Health Authorities faced the management and preservation of their archives in outsourcing.
The Local Health Authority of Asolo has, however, preferred to solve the problem directly,
using its own personnel for filing, keeping all filing material in a building of its own and
therefore only entrusting some activities to external companies. In this way it maintains
total control of documentation management.
Storage of the clinical files in particular is a well known and extremely serious
problem for many Local Health Authorities. Here in Asolo there has been constant
and mutual contact and the solutions adopted have been coherent on this topic, with the
statements made by the Superintendence and suggested by experts on this topic.
Venice, 8 th May 2007
Giustiniana Migliardi O’Riordan
Archive Superintendent for Veneto Region

Regione Veneto
The topic, discussed by the Local Health Authority n. 8 with this international
Convention, is a topic of extreme importance related to diffusion in the private market but
also in the public market of digital technologies that are now faced with new problems: the
correct preservation of data, therefore preserving them from possible destruction; profiles
related to the subject of privacy, representing a range of aspects related to organisation
and norms.
As in all new things, this problem should also be checked on site and must come
up with positive experience and good practices to be diffused. In order to develop the
regional e-government, that we have been working towards for many years now, we have
chosen the open road, the road of interchanges not only in terms of experience but also
processes. This has allowed us to develop the digital field in public administration. We
also believe that this field can, in reality, become and has become a motor related to
growth, innovation and the economic development of a specific territory.
This is why my duties are aimed at the new demands of development, introducing
all of the aspects into this field that may transversally refer to the field of local economy;
therefore, not only production activities but also research and innovation, e-government,
energy and European structural funds.
In order to create an effective and complete pictures of these topics, the knot of
access to information, in which the potentials of the broad band are very important, must
be overcome. This is one of the fields in which the Veneto Region has a gap that needs
filling and we intend to do so in the next two and a half years, bearing in mind that the next
European programming of 2007-2013 includes competitiveness as its final objective: this
aspect is clearly strongly connected with the achievement of competitiveness.
Another subject to be kept in mind is the topic related to the diffusion of skills, modern
culture for all of those that find themselves working in organisational terms with these
new systems. Therefore all of the interesting experience and the prestigious experience
matured, as in the case of the Local Health Authority n. 8, may be considered an element
for comparison and diffusion by other Administrations as situations of excellence.
Venice, 8 th May 2007
Fabio Gava
Councillor from the Veneto Region
For Economic Policies, Development,
Research and Innovation and Institutional Policies

Astronomy, Aesculapius and long term
preservation
KIM HENRY VELTMAN
(Scientific Manager of McLuhan Maastricht Institute and European Network of the
cultural digital heritage high centres)
In a world where technologies are evolving and changing rapidly, preservation even
across a few generations of so-called standard is more than a trivial issue. In this context
long-term preservation is often in terms of a decade or a century. This paper focuses on
Aesculapius and astronomy to introduce a larger time framework. In addition to obvious
distinctions between preservation of tangible and non-tangible, our maps of the skies raise
important questions of long term preservation that have serious consequences for our
collective memory of culture.
Introduction
My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye mighty, and despair!
Nothing beside remains: round the decay
Of that colossal weck, boundless and bare,
The lone and level sands strech far away, 1
The words of Shelly’s Ozymandias are one reminder that the challenge of preservation
is as old as the problem is enduring. Horaces’s Ode 3.30 reminds us that the challenge
of creating something enduring was a conscious goal in Roman times. 2 The enormous
technical problems posed by this quest are concern of organizations such as the European
Commission on Preservation and Access (ECPA), 3 the UK Digital Curation Centre of
American organizations such as the Northeast Document Conservation Center (NEDCC). 4
This paper offers no miraculous solution to these enormous challenges. Rather it focuses on
problems of long-term preservation related to astronomy, which deserve closer attention.
Astronomy is one area where long-term preservation does not seem to matter.
Granted, there are problems of the death of stars and solar systems but these are in scales
1 Ozymandias, Wikipedia: http://en.wikipedia,org/wiki/Ozymandias
2 Horace Ode 3.30: http:””www.kiskern.com/Robin/classics/horace/03.30.html Wxegi monumentum aere
perennius reglalique situ pyramidum altius…”
3 ECPA: http//www.knaw.nl/ecpa/
4 NEDCC: http://nedcc.org/
3

KIM HENRY VELTMAN
of multiple and often millions of light years. We are told that one day the sun will no longer
exist. Estimates vary between 250 million and a few thousand million years. When that
happen, the concerns of preservation facing this conference will be of little use. Hence,
this paper will concentrate on more immediate problems. 5
From the view point culture, astronomy plays an integral in cosmology and in
mythology, This entails a large range of imagery. Around 130 AD, Ptolemy’s Almagest 6
provided a catalogue of stars and 48 major constellation, which are still used today. The
list included 21 Northern constellations, 12 Zodiacal constellations and 15 Southern
Constellations. Reading though this list is like reading n index of Greco-Roman mythology.
For instance, we encounter Andromeda, Argo Navis (of the Argonauts), Cassiopea, Orion,
Pegasus, Perseus, Ursa Maior and Ursa Minor, the Big and the Little Dipper and, of course
the signs of the zodiac.
If we read the stories attached to those names in the sequence of the zodiac signs,
they become more than outdated tales of centaurs and mythical creatures. They become
allegories of cosmic order and of evolution of mankind: first from half.fish to half-animal
(Cetus); then from half-animal to half-man (Centaurus) and finally as full scale human
beings.
Some names such as Capricorn are very familiar but their origins are frequently
forgotten. In Egypt the sign for Capricorn and for the Ankh are related, but the half-fish
/ half-animal form originates in India where it is called a Makar(a) and is linked with the
first avatar (incarnation) of Vishnu. This example introduces the problem that concerns
us. We should be eternally grateful to Ptolemy for codifying the maps of the heavens. At
the same time his codification obscured earlier traditions. Indeed it became so famous that
most of us need reminding that Prtolemy’s constellations are but one of the interpretations
of what the constellations might represent. Ptolemy helped to preserve a picture of sky.
Larger challenges lies in preserving the further links implied in that picture, and especially
in relating this to skies in other major cultures. For the purpose of this paper we shall
focus on two days of the year and on two constellations to illustrate the problems.
5 Within the framework of our lifetime, some long.term preservation problems in astronomy re being addressed.
There is so much material that arrives daily from radio telescopes and observatories daily that there is as yet
no means to send it efficiently form remote observatories to centres where the materials can be studied. Nor
are there proper means to store these enormous quantities. As a result, come scientists claim that as little as one
percent of the potential data that initially exists is actually available for study. Fortunately, this problem has been
recognized and addressed by groups such as SERENATE: http://www.swerenate.org/
6 Megale Syntaxas tes Astronomias.

Spring Equinox (21 March)
We are familiar with the first day of spring which occurs at the time of the equinox
on 21 March. In terms of astronomy this is the day when the sun on its oblique path
northwards along the ecliptic encounters the line of the equator as it moves towards the
tropic of Cancer which it reaches at the summer solstice (21 June) before returning back
south to the tropic of Capricorn (21 December) and then return North again to complete its
annual cycle. This annual path of the ecliptic between the tropics Of Cancer and Capricorn
is effectively a Saint Andrew’s Cross. If we focus only on the area around the Equator the
path resembles an X, which helps to explain why the sun is symbolically often shown as
an X. Three such lines together create a form of triple-cross (figure 1). If we reduce this
path to a single line and draw it horizontally we arrive at a single line ______ . Three of
these together produce the familiar trigram of the Chinese I Ching .
Figure 1. Three intersecting oblique lines.
If we now join the lines of the three intersecting oblique lines we arrive at a mystic
knot. This is not a co-incidence. Today the first day of spring is in Aquarius (whence the
age of Aquarius). Due to procession of the equinoxes the zodiac sign for the first day of
spring changes approximately every 2160 years. Previously it was in Pisces. If we look to
the constellation of Pisces we find that the two fish are bound together at their tails with a
string that ends in a knot. This point of convergence is the star, Al Risha, an Arabic word
that means, the knot.
This knot has multiple meanings. In Buddhism, it is one of the eight auspicious signs.
Another is the sign of two fish: Pisces. Another is a vase with the waters of immortality
(Khumb), which is also the Sanskrit word for the zodiac sign Aquarius. Hence, aside
from their obvious religious symbolism the auspicious signs of Buddhism have a deeper
astronomical significance. They reflect key moments in the annual cycle, in which the
moment of the Vernal Equinox plays literally a central role, such that, so to speak, triple
X marks the spot.
Astronomy, Aesculapius and long term preservation

KIM HENRY VELTMAN
The knot was but one of the symbols for the equinox. In the Indian tradition the
sun was typically seen as a serpent. Hence, the annual path of the sun was effectively the
shape of a snake in the form of a figure eight (ourobouros). In the Indian tradition also,
one og the mansions of the moon associated with this period was Satabisha (nakshatra 24),
which was symbolized as an empty circle and linked also with Delphinus (as in Delphic
oracle and dolphin). Accordingly one of the images of the equinox became a ring-like
circle through which two intertwined serpents or dragons ascended. Arcangela Santoro
has drawn attention to examples in Gandhara Qal’eh- I Yazdigird and Pendzikent 7 . We
find such interwined dragons on the façade of San Ciriaco (Ancona) and in the courtyard
of Filarete’s Ospedale Maggiore, now the Università Statale, Milan. These intertwined
beast have relatives on the Palette of Narmer and Sumerian cylinder seals.
This leads us to two preliminary conclusions. First, preservation entails not only
physical artefacts, but also stories and symbolism. Second, as the above example show, it
is not just the symbols that need to be preserved but also their history. The connections
between objects and the cultures they represent are often as meaningful as the objects
themselves. In the West, we have created a cultural history that focuses on the Greco-
Roman tradition and very frequently forgets sources or at parallels in the East.
Autumn Equinox (21 September)
The first day of spring and the first day of autumn are directly related as equinoxes
when there is a balance between the an equal length of the day and night. In astronomical
terms, the autumnal equinox is linked with Libra, laterally, the balance. The sign of Libra
is linked with Omega (Ω), while the sign of Aries is linked with Alpha and also with
Omega sign inverted.
Today the scales are closely associated with Libra that we often forget that they were
officially declared as parta of the zodiac by Julius Caesar (c. 42 B.C.). It clearly has more
ancient roots. The handles of the scales are clearly linked with the form of Irminssul, a
Teutonic version of the world tree. They are also linked with the shape of a bishop’s mitre,
witch typically shows two serpents in equilibrium. Such balanced astronomical snakes, in
7 Arcangela Santori, “On the two Interwined Dragons from Pendzikent…” Webfestschrift Marshak, 2003: http://
www.transoxiana.org/Eran/Articles/santori.html

turn are frequently found in Christian, and Arabic motifs and go back to ancient Persia.
In Egypt, we find examples where the annual equinox is shown as a fountain with
equal spouts of water. Such imaginary becomes linked with the notion of a crouching lion
for the winter time, such that we find in the Arabic tradition (e.g. Granada), fountains with
crouching lions, a theme that becomes a commonplace especially in Italy and Germany
(Loewenbrunnen). Such automatic or mechanical examples represent a late phase of the
symbolism.
An older tradition links the keeping of balance with human intervention, Some
Christian examples, for instance, show Adam and Eve maintaining or creating this
balance. Older traditions link this with Aesculapius, the father of Greek medicine. Among
the constellations of Ptolemy, Aesculapius is present but under an assumed name. In some
versions he appears as Ophiucus, the snake bearer. In other versions, the Latin translation,
Serpentarius is used.
In the map of the sky as shown by Ptolemy, Aesculapius (Ophiucus) is associated with
Scorpio (i.e. 21 October). Again, it is important to recall the precision of the equinoxes
whereby signs of the zodiac were previously in earlier months. One month earlier (i.e.
2160 years in astronomical terms). Aesculapius would have been connected with the
Autumnal equinox. An 11 th century astronomical manuscript, the Phaenomena by Aratus
shouws us this situation. Here we see Aesculpius standing directly over the point where
the ecliptic intersects the line of equator, his feet on a container which is presumably
the vase with the elixir of immortality with witch he saved Orion’s life. Symbolically,
therefore, Aesculapius is keeping in balance the forces of light and darkness.
But there is more to this story. The snakes he bears are actually two parts of a single
snake. In Latin their names are Serpentes caput (head of the serpent) and Serpentes cauda
(tail of the serpent). They are the North and south lunar nodes that determine eclipses. In
India, these nodes are called Rahu and Ketu and are considered so important that they
are given the status of planets. Hence, while the classical West traditionally has 7 planets,
India has 9 planets (Navagraha). We noted earlier that the Omega sign and its inverted
form are symbols of Libra and Aries. They also the symbols for Rahu and Ketu, the North
and South lunar nodes.
Astronomy, Aesculapius and long term preservation
In this context, the struggles of Aesculapius with two parts of a snake are about
much more than a simple battle, so to speak, for daylight saving time. To be sure this

KIM HENRY VELTMAN
annual struggle has its significance. But there is a more perilous battle of saving mankind
from threats of eclipses of the sun and moon, determined by a 56 year cycle linked with
the planet Saturn.
Once we are familiar with this symbolism we look afresh at mediaeval art from San
Giovanni in Borgo, Pavia (musei civici, 12 th c.) shows a Christian version of Aesculapius
struggling to keep his snakes in balance. Freud would note that here the cosmic struggles
have also acquired a human dimension. Struggles with astronomical serpents are now
intertwined with conquering the snakes inside. In the cloisters of the Basilica of San
Giovanni in Laterano we find a related figure. But he appears in a series where various
animals and planets are all entwined a mainly. Looking at such figures we might easily be
swayed to think that this was a mainly Christian interpretation. But is hardly the case. We
discover that Cernunnos in the Celtic tradition was engaged in similar activities as part of
a pagan tradition that existed long before Christianity.
Aesculapius as serpent bearer or Ophiucus is clearly an important figure. But the idea
of snake wrestler is not an uniquely male activity. If we go futher back, before the time of
the historical Hippocrates, who is supposedly the human version on the island of Kos of the
divine Aesculapius, we find women in the role of serpent goddess on the island of Crete, as
Tanit in North Africa, and other snakes goddesses that go back to at least 6,000 B.C.
Such snake goddesses are found also in ancient Sumer. On the Talisman gate in
Bagdad we find Eastern equivalent of Aesculapius, keeping two dragon-like serpents in
balance by holding their tongues. If we go further East again to India, we find Edumban
(Idumban) charring the two hills Sivagri and Saktigiri on a kavadi on behalf of the sage
Agyasta the founder of Ayurveda and friend of Murugan. These two hills, called Palani
Hill and Edumban Hill respectively in Tamil Nadu in South India.
According to legend, Agastya carried the wisdom of Ayurvedic medicine from the
North to the South of India, while his friend Edumban carried the actual hills where the
temples of Palani now stand. Edumban achieved this using a kavadi, a weigh scale like
beam support. The kavadi as a balancing instrument is almost certainly much older than
the weigh scales introduced as Libra by Julius Caesar. Edumban’s friend, Agastya, was
one of the seven wise men (Sapta Rishi) symbolized by the stars of what we call Ursa
Maior in the West. He is said to have had the power of restoring the life those who had
died, a fest attributed also to Aesculapius.

In some version there are direct between Agastya and Dhanvantari (Lord of
Immortality), another legendary figure who is the Indian equivalent of Aesculapius who,
at the same time, is said to have present at the time of creation where he appeared holding a
vase with the elixir of immortality. So the stories connected with the equinox and balance
which take us to the Greek god of medicine, who had access to the elixir of immortality,
take us a much older set of stories via Edumban, to Agaysta and Dhanvantari, the god
who carried the original vase with the divine nectar of immortality (amrita) at the time of
creation itself. The vase of Dhanvantari, known in Sanskrit as a Khumb, is symbolically
related with the Indian zodiac sign Khumb, which corresponds to Aquarius in the West.
This is the same Khumb which we encountered earlier as one of the eight auspicious
symbols of Buddism.
In the West, Aquarius is a water bearer, associated with Ganymede, the wine bearer
of Zeus. In the East, the corresponding Khumb is not the bearer of the vase, but the
vase itself, the source of immortality, long term preservation at its best. It is linked with
Dhanvantari who is accompanied by the Goddess of wine, Madira, who is responsible for
bout wine and soma.
As these stories went West, wine and soma also become linked with the nectar of
immortality. As the original vase moved West it became a beaker, a cup and a chalice, and
went on to inspire legends of the Holy Grail and many other wonderful stories in religion
and mythology. In the Da Vinci Code, Dan Brown thought the secret of his quest lay in the
basement of the Louvre. Its source lay many miles eastwards.
Previous Skies
Astronomy, Aesculapius and long term preservation
This all too quick treatment of some of the central themes of world literature
departing from the two equinoxes, is deliberately almost frivolous and ultimately serves
also al an anecdotal entry into a vast subject for future research.
The skies we see have familiar constellations for the culture in which we happen to
live. In the West, we are all familiar to some extent with Orion. The earliest extant star
chart of Orion is said to be 32,500 years old. The star that forms Orion’s left shoulder is
Betelgeuse, which comes from the Arabic for “The Armpit of Central One”. At an earlier
stage in history, this constellations was linked with the twuins of Gemini who, in the
Indian tradition go back to the two gods, Mitra and Varuna. In India, the constellation we
call Orion is linked with Prajapati the creator, a god who has been related to Cernunnos

0
KIM HENRY VELTMAN
on the Gundestrup Cauldron in the Celtic tradition. Aspects of this rich history are still
preserved in the stories of individual stars, and isolated objects, but the context of these
stories has been largely forgotten.
Every codification that establishes a coherent view also tends to hide, obscure,
confuse, conflate, forget or even distort earlier views. Every history tends to reflect the
interests of the ruling party, those who commissioned the story. Long term preservation
needs to be about more than maintaining the artefacts of material culture. It needs to
include intangible culture, whereby the stories of the sky of earlier peoples will come
alive once more. Here the present day rhetoric of long term in terms of decades or even
centuries is much too little. Long term needs to expand to the whole of recorded history
even if, compared with the thousands of millions of light years of the universe this may
still only be short term in a deeper sense.

Introduction to the Convention
PAOLA CARUCCI
(Manager of the Historical Archives of the Presidency of the Republic - Rome)
This convention, due to the interest of the topic, brings together important speakers
in terms of studies, experience and theoretical considerations. It is undoubtedly a crucial
topic for the contemporary society, not only long term preservation but also medium term
preservation of digital documentation that not only involves digital documents but also
documents that are generated in a printed form and subsequently transferred onto digital
supports.
It is a topic that is combined with some radical transformations compared with
printed documents that, despite many studies and a lot of progress made, we still have
not succeeded in coming up with total satisfactory answers. I am thinking of separation
in the electronic document from its contents, into a form that depends on equipment and
technological applications, from groups of information of different kinds that are logically
connected.
I am thinking of the problems of the concept of selection and rejection with decisions
that are often made at the beginning when the software is elaborated, but I believe that
in time they should be re-proposed when the decision should be made whether or not to
migrate the groups of documentation preserved.
Preservation no longer of originals, but preservation based on the migration of data
through technologies in rapid and constant transformation and therefore the creation of
new documents, preservation based on the creation of new documents that are much more
similar to the concept of a copy, but perhaps they are not exactly the same thing as an
authenticated copy, this is also the concept that best represents the preservation of copies
of copies.
There is also the progressive transformation of traditional administrative documents
into simple information or data or a range of information of data, the majority of
interlocutory documentation which is the most interesting part for experts involved in
research: there is also a need to focus attention on the formal and substantial characters of
electronic documents that represent the decision making acts of the Public Administration.

2
Preservation implies maintaining the legal value, having power for proof or the ability to
acknowledge a fact. It also represents the possibility of interrogating and navigating within
a documentary system that should remain loyal to the original configuration of documents
after a long period of time for administrative reasons and also for research reasons.
There are also new legal implications related to the safety of data and often related to
relations with institutions outside of the Public Administration that produces documents
following the professional skills of those that need to intervene in training and management
of electronic documents. As far as I am concerned, this is an extremely delicate problem.
The Public Administration has always been the sole preserver of its own documentation
and now it uses the services of external structures that are not bound by the same oath of
loyalty to the State, even if bonds do exist.
There are also implications related to the development of technologies of
communication systems, archive related implications also in terms of protection norms.
The Italian norms are extremely rich even if they are not easy to interpret, they contain
plenty of contradictions, they are too alluvial, but in many cases they definitely highlight
current archive problems and problems related to the construction of networks.
Perhaps there is some distance between the problems dealt with by the norm
and the computer culture diffused in Public Administrations, especially in the central
Administration. But this may be a stimulation and, therefore, it may not be negative, in
any case a lot of work has been done for professional updating. The code of the electronic
document speaks of national databanks with the possibility of interrogation by other
individuals and this is in perfect antithesis with recommendations made by the guarantor
of the protection of privacy, contrary to the strong concentration of data with a preference
for much more specific and impervious databanks.
The norm on electronic documents is a little vague in terms of preservation.
Sometimes it indicates the possibility of preserving printed documents with any form
of historical and filing importance, which is only right: but at the same time it indicates
electronic preservation of documents that should be preserved, by law or according to
regulations: in this case we are no longer in the field of historical research, perhaps if
we think of documents of a fiscal nature, bookkeeping documents, documents that are
required for practical action and printed documents are accepted but for management
only.
PAOLA CARUCCI

Introduction to the Convention
An article speaks of the recovery of printed documents on computer supports for
which preservation is obligatory or opportune. They are all expressions that lead us to
believe in an unclear awareness of the demands of preservation of digital documents.
Preservation does not also include active administration as can be seen by the activities
performed by the Local Health Authority that organised this convention, we should think
of the clinical files, personal files, permanent files, basically whose duration in time will
definitely require the migration of data or intervention for electronic preservation. Then,
naturally, there is also preservation for historical purposes.
The problem exists of whether or not it is best to concentrate these sources in
specific locations, with traditional historical archives, or keep them on the premises of
the manufacturer, even though it is important that it is performed through a third party
organisation compared with the manufacturing authority, even in the case of the historical
archives of a Region or a public authority, not necessarily with concentration in one single
location but by entrusting them to people with interests apart from active administration.
I believe that this is the best guarantee for long term preservation.
These problems are very much alive and important: they represent a challenge that,
without a doubt, refers to administrators, archivists and researchers.
3

Documentary certainty and digital memories
MARIA GUERCIO
(University of Urbino)
We cannot speak of the preservation of digital memories without referring first of
all (and most of all) to a demand of certainty: this is the peculiarity of archive documents.
As archivists have been reminding us for a very long time that documentary production
is an integral part of a system of legal certainties, in turn characterised by variable
balances: the need for certainty in social relations is connected with demands related
to integrity and reliability of the memory and represents the first impulse towards the
formalisation of procedures and “legally relevant” activities that can be translated into
the production of documents and, most importantly, of control instruments for their
training and maintenance. The close relationship that has always connected the creation
of documents with the main needs for stability of the organised communities has very
concrete results on how the documents (especially public ones) are formed, are handled
and are accessible, are filed so as to establish (throughout the world for centuries) the
existence of a network of specific institutions, entrusted to the government or at least to
government control (in Italy the network of government archives, offices and historical
archives of all public administrations currently obliged to create specific services to
handle current archives). The digitalisation processes underway not only cannot/should
not weaken this structure, but they should (and in some way this has already occurred by
means of some clear contradictions and in an insufficient manner) strengthen functions
and authority. Speaking of a legal certainty and digital memories therefore means facing
the general problem of responsibilities before anything else together with the national
and internal competences performed by individuals in order to create the documents and
conditions that can guarantee stability during their life cycle.
This is the role of this intervention that will never be limited to a simple analysis of
the critical aspects that, ten months after the launch of specific measures in Italy, are still
awaiting solutions and even adequate reflection.
Some considerations are worth being made exactly when a decade of intervention
on the national technical legislator comes to an end (Aipa created the first work group on

the so-called computer protocol at the end of 1996) and at the end of a long period (even
though this period has not always been positive) of experimentation. For those that have
had active participation – and this is the case of the writer 8 - in this season of “reforms”
of the documentary system, taking stock of the situation is not a painless operation as it
is all about comparing a season of initiatives of various kinds, unfortunately not always
coherent with the development demands of the documentary field. The absence of a
coherent and organic line of intervention and development (for example in the field of e-
government) has often obstructed the necessary technical-scientific investigation process
and has forced archive institutions to dedicate a lot of energy and plenty of time to prevent
them from committing serious mistakes and misunderstandings. Time and energy that
could have been used in a much more profitably manner in order to develop and guide
innovation.
MARIA GUERCIO
Despite the tiring and incessant commitment of archivists in sensitisation activities
aimed at public administration and aimed at limiting mistakes and “oversights” performed
by the technical legislator in the definition of rules for the production of computer
instruments, there is still a lot of work to be done in order to expand the awareness of
those providing interest (creators of documents, software developers, computer system
managers). We can now consider some essential requirements as acquired, but there are
still plenty of delays and the doubts appear to increase, even in light of technological and
organisational settings that are undergoing constant development.
For example, it is possible to imagine some success on our difficult journey
towards greater and much more diffused awareness of the complexity of the question
that some people still underestimate. First of all the fact that information technology and
documentary needs (old and new) only have solutions and answers if the organisational
layouts, the responsibilities and the management and preservation instruments are not
defined separately but in true recognition and respect of mutual interrelations is widely
(once again with reference to a limited circle of work) has been broadly accepted: the
information technology systems in general and the documentary ones in particular
together with the organisational models that should be adopted, represent aspects that
are strictly related and cannot be separated, as proved by the substantial failure of many
8 As representative of the Ministry for Cultural Activities and Heritage, between 1996 and 1998 I took part in
the preparation of the norm on computer management of documents that was approved by the Public Regional
Decree 428/1998, subsequently involved in harmonisation during preparation of the sole text on administrative
documents (Public Regional Decree 445/2000).

national and international projects mainly due to not having known how to (and wanted
to) see the positive power of these connections and the incapacity of a strategic vision and
realistic picture of the problems that information technology can resolve, but only at the
condition that discounts are not accepted compared with the complexity and richness of
the real world to be “virtualised”.
Documentary certainty and digital memories
The most critical knot on which archivists have focused attention and commitment
throughout the years refer to the difficult (and often neglected or even denied) relationship
between information technology processes and guarantees of documentary certainty:
having underestimated the demands of stability of important memories for legal reasons
but also for information technology purposes, having searched for too many shortcuts
in norms in order to eliminate or ignore the organisational and technical knots of
documentary preservation considered, incorrectly and unhappily, as a pure impediment
to total development of the innovative and relieving power of technologies, and in any case
a burden to be left behind for those in charge of protection, have had important negative
effects and have had discreet results on the national e-government projects in the field of
documentation (it is not by chance that Docarea, that is to say the sole project that really
dealt with the organisational aspects of the documentary function, represents one of the
sole exceptions in the rather demoralising panorama of the projects in question that, in the
very best hypothesis, have been limited to introducing information technology registration
systems of documents with authorities without even improving the existing ones).
Greater sensitivity has definitely been created in much more attentive organisations
but in some cases choices of unguided externalisation (in the field of a phenomenon
that is becoming more and more diffused and imposed by saving requirements) have
resulted in a renunciation to any form of true innovation in public management in this
field. Innovation does require an in-depth knowledge of routines, direct involvement
in the processes to be changed. It is not by chance that I referred to the documentary
function and not simply to the conservative one. International normalisation authorities
and research groups have been moving in this direction (therefore in the case of the
community of principles, of basic training processes and the sharing of responsibilities) for
a long time: the preservative function (also understood in its traditional and limited form)
is in reality a boundary function (an opening rather than a limit) that the digital dimension
now forces us to exceed in many direction. The preservation of digital documents of public

MARIA GUERCIO
administrations is difficult to externalise without causing damages as the administration
management function and the up-keeping of the archivist heritage cannot be separated
from their original, adequate and aware production, as confirmed by the rich elaboration
of international standards in this field9: the documents, as instruments of certainty, may
be maintained in time, guaranteeing that the original function is respected only if those
producing them have operated correctly and prematurely:
– Using long-term formats,
– Organising documents rationally and in coherence with personal everyday activities
(for example by classifying and filing the documentation produced),
– Documenting, in a complete and accurate manner, all management procedures for the
entire life cycle of the document and archive, as the InterPARES etc. projects have
taught us.
Who is able to carry out this role in the adequate forms? How can organisations help
each other to operate correctly? In order to answer these questions we must remember
that there is still a lot to be done in terms of criticality:
- The absence of clear and efficient identification of responsibilities within the structures,
despite (with regards to the Italian public administration), a specific and detailed
norm, the Public Regional Decree 445/2000, that assigns specific technical-archive
skills and important duties to documentary management: in the majority of cases,
administrations have ignored this need and have often delegated protocol operators
with the information technology re-organisation functions of documentary memory,
understood as document digitalisation: not only, the digital administration code has
introduced the figure of a preservation manager without having clarified the bond
between the two figures with the far from remote risk that the same authorities ignore
them both and limit their activities to attributing information technology systems to
the managers with very little experience in this field, that is to say the acquisition of
software and management of safety procedures;
- Non recognition (in this case for decades) even by archivists, but most importantly
by manufacturers (even in the case of the public field) of the importance of current
9 In particular reference is made to the work of the TC 46 SC 11 (Record Management) of the International
standard organization. For a summary refer to G. Michetti, A standard for documentary management: the ISO
15489 model, in “Archives & Computer”, 2005, 1, pages....

management activities of the documentary memories and, therefore, the need for
specific skills, adequate instruments (classification and filing plans, information
recovery systems) of efficient procedures;
- Insufficiency of the basic and advanced training systems dedicated to the definition
and development of training systems of documents during the active phase. High
level training has not yet become familiar with important initiatives, but only
some university masters (including the University of Urbino managed by advanced
documentary systems) that only the archivists take part in together with some local
administration officials: the training schools on a regional and national level are
generally limited to several hours of updates dedicated to officials and protocol
operators or they propose initiatives related to the real needs of the organisations; a
form of updating is missing in this field for those that develop information technology
systems. The completion course that, led by Elena Aga Rossi and with the contribution
of the writer, SSPA has developed in this field (three weeks on advanced documentary
systems), still underway in many branches of the School, is extremely successful as
it deals with a unique experience after the important training project set up by AIPA
in 2000-2001, training commitment aimed at training more than informing high
profile operators and managers of the documentary informative systems with the very
ambitious objective of transferring technical and organisational skills at the same
time and providing participants with extremely modern development and assessment
instruments compared with the modest (and without a doubt insufficient) market
product offers. The high number of requests appears to be a good sign with regards
to the fact that administrations know that they do not know and plan to fill this gap by
investing in human resources and training processes, considered vital for growth in
terms of competence and quality.
Documentary certainty and digital memories
The way in which technical and organisational responsibilities can be operative in
future systems of digital preservation is worth a specific mention.
There is no doubt that the current management method of responsibilities that has
clearly identified the roles among those that preserve historical memories and those
working in the active phase (in Italy less than elsewhere and in any case with growing
corrective action in all traditions) will not succeed in achieving tangible results in an

0
organisational situation characterised by the complete separation of roles and resources.
Also in the field of physical preservation of digital archives, considering the costs and
complexities of the connected activities, new solutions must be promoted, for example
consortium solutions that include the creation of intermediate archives entrusted to third
party authorities and handled (with the archive administration always involved) right from
the very first semi-current stage of digital archives, in forms and methods that require
further reflection and analysis.
The predisposition of multi-purpose public deposits in the case of networks
of institutions or the development of consortiums/federations of institutions (public as
well as private have always include the preservation of memories for the community)
for the preservation and valorisation of sources, connected to research centres, can offer
architecture and methods of preservation possible for which easy to implement models
are only available in Italy with reference to the field of chambers of commerce (in the
case of company registration) or in disputable cases of real outsourcing of chargeable
documentary services with companies aimed exclusively at profit logics. In this field, the
experience underway has not been encouraging because it is translated into the substantial
delegation to suppliers of the majority of documentary functions, often progressively
expended to current archives that should however remain an exclusive prerogative of the
manufacturers.
However there are many negative consequences (including those of an economic
nature) of this privatisation process of the primary function of documentary memories: in
particular, on the one hand the progressive and important growth of costs for manufacturers
is developed, while on the other hand the archival skills of those that should guide the
processes of so-called management through a phase in which diffused experimentation
represents or should represent the vital grounds to acquire and develop knowledge,
methods and experience within the single structure by also for the entire professional
community become poorer and poorer (at least for a long period of time until the process
crisis itself).
MARIA GUERCIO
Some good practices with regards to the creation of conservative and management
infrastructures in a public environment (for example the development prospects of Docarea
thanks to the commitment provided by the Emilia Romagna Region and the Province of
Bologna, but also the conservative model of the archives of chambers with regards to the

Documentary certainty and digital memories
registration of companies, or the digitalisation process of civil state archives by the Home
Office) are for now (with the exception of the system of chambers that have accumulated
and matured, or have matured the consortium company that handles the service) at least
two years experience on this subject, during the development phase and analyses and
control activities should concentrate on these models in order to provide a concrete
assessment of the nature of the new functions and the renewed distribution of duties that
similar concentrations require, as well as guarantees on a legal and technological level
with the objective of proceeding with due care in fields that are extremely important for
the life of citizens (for example the legal-documentary function of the civil state).
Those that are concretely experimenting on organisational solutions to new
challenges and can now share concrete reflections on the bonds and critical aspects of
the solutions adopted are destined to play a very important role as a forerunner, not only
for the identification of operative methods and solutions but in general with reference
to the development and opportunities of new working and documentation environments.
Therefore it is extremely important to create a system (or at least a network) of cooperation
and exchange that can allow and promote intelligent sharing of experience. It is not
productive to leave the success of a vital cooperative method and sharing of knowledge to
chance (the “good conventions or any training event of high quality). The possibility of
creating efficient instruments in order to share and sustain the adoption of standards, rules
and models by following a direction in Italy that other European countries undertook a long
time ago through the creation of collaboration networks/systems for research, development
and confrontation in this field is now more than mature. It would also be best to review the
current system of ministerial skills with a little more courage with regards to the role and
current position of the archive administration as well as the Cnipa, just like other countries
have started to do. On the one hand I refer to the network of collaborations developed
in Great Britain (where a connection structure, the Digital Preservation Coalition exists,
together with a research structure, the Digital Curation Centre, but also a system of sharing
of experience in this field has also been created in Germany through the Nestor network),
but in particular I also refer to the courageous decision made by the British government
to entrust management of innovation activities related to public information technology,
previously run by a specific structure very similar to our Cnipa, to the National Archives
in June of this year (presumably thanks to the high level of dynamism and the promising

2
innovation skills that the archives institution has proved to have throughout the years). As
an example rather than due to the concrete hope of intervention by the legislator in this
direction, due to the historical incapacity of our country on the one hand in courageously
rationalising the existing structures, on the other hand giving strength to the national
archive institutions that have always recognised a reduction of financial and personal
resources and a position within an overblown state organisation that has taken visibility
and political weight from the technical apparatus.
The main critical knot that must be eliminated in this field refers to the ability to
acquire total involvement of the manufacturers and efficient application during the active
phase of behaviour and of the procedures that preservation requires, aware of the fact
that legal obligations are not sufficient (in a country that lives, or dies, under the weight
of 200,000 measures and justice that is on the brink of paralysis) in order to achieve the
good practices of some that become good common practices. Some factors (of risk and/or
success) are optimistic. In particular, changes can be generated in the passive behaviour
of:
– Technological obsolescence and the risks of manipulation and loss not only threaten
the historical memories but also the short and long term documentary resources;
– Investments aimed at the normalisation of contents, structures, metadata are not
only necessary for long term transmission of the data but also for the transmission of
resources in space and in their inter-operativeness;
– Intervention aimed at guaranteeing the persistence of costly and binding documents,
including coherence and quality in routing procedures also: the increasing costs of the
documentary system in a digital environment may paradoxically imply the recognition
of their value and the need to guarantee duration (in the name of the investments that
the system has requested).
MARIA GUERCIO
Finally, the need to deal with the permanence of digital memories right from the
birth of the products (for the simple reason that without this integrated and far-sighted
effort for the future, persistent and reliable methods of the present are lost) implies new
forms of collaboration that are presumably (as well as hopefully) destined for the aware
and qualified creation of the documents themselves.
The archive guardians in this process may represent the strong point or the weak

element of change according to whether or not they can actively play the role of definers of
standards and requirements, planners and certifiers of systems. The experience underway
does give us some hope: almost all of the international and national work groups that
define standards, norms and procedures include the growing presence of archive figures
in important roles and roles that do not compete with other profiles, including those
in charge of handling current archives. In many traditions the latter (as in the case of
Italy) are very often professionals from the same “archive militancy” background with
further specific management experience. Finally, an effective environment of multi-
disciplinary cooperation starts to appear. The European projects funded this year in the
field of preservation of digital resources that include the strong participation (let’s hope
also in real research terms) of companies such as IBM, Microsoft itself, the company
Engineering and the company Metaware from the Infocamere group for Italy, represent
an example.
In this field the main requirement (not yet adequately recognised and not yet
sustained in the archive community) of an intellectual leadership suitable for responsibilities
in the technical-scientific community, based on the credibility and authority of its
representatives and its ability to propose convincing integrated and modern solutions
inside and outside of the reference professions. The existence of skills and competence of
this kind and of a very high quality is without a doubt taken for granted even if the success
of some international and national experience appears to derive from the presence of these
conditions that, in my opinion, include:
– Control of the coherent theoretical principles and the rigorous methods;
– Diffused technical skills in the field of archives and technology and organisation
(achieved through the constant cooperation of specialists from various fields of
qualifying projects);
– Adequate levels of diffused training (mass training) that include open training
systems capable of providing constant updates, research and experimentation, initially
redesigning the existing model with regards to the archive Schools and with reference
to the contents, the quality and the methods of education on a university level and
with regards to the problems of ongoing training that, in this field, represents a vital
condition for the coherency and adequacy of everyday management of personal
duties;
Documentary certainty and digital memories
3

– National institutions supported by illuminated management activities as they are
guided by technical and political understanding of the challenges underway and their
complexity;
– Public administrations and companies seriously involved in the execution of their
mandates and aware of the weight of the documentary memory (digital and not) can
have for the efficient and effective involvement of the mandate itself (as the Local
Health Authority of Asolo seems to be).
The critical nature of this process is therefore strictly connected with the definition
of highly qualified training courses, unique in their basic definition and specialised in terms
of their internal components, as well as full understanding by all of the actors involved in
the new processes of the fact that the technological revolution of the documentary systems
does not consist in passive transposition of traditional behaviour in new environments,
nor in the creation of abstract digital systems that are not capable of offering realistic
and efficient hybrid solutions (for example as in the positive case of the Inland Revenue
that has courageously chosen an in-sourcing solution, it has employed four archivists, it
has decided on a modern, cautious and binding digitalisation policy, compared with the
previous one, without trying to impugn the flag of technological innovation at all costs,
which in this specific case would definitely be paid by honest tax payers) or that ignores
the importance of organisational problems. Most importantly it is vital, after too many
years spent defining norms, to launch a phase of experimentation and control with honest
and credible objectives: that is to say to use the potentials of technological innovation
without loosing sight of the need to form and maintain stable and qualified memories for
the future.
MARIA GUERCIO

The long-term preservation of digital records:
a view of international research
LUCIANA DURANTI
(School Of Library, Archival and Information Studies of the University of British
Columbia – Vancouver)
To present a panorama of research on digital preservation is a daunting task,
because the problem that it is meant to address is so generalized and pervasive that every
organization and individual is touched by it and new research projects are initiated almost
every day in some part of the globe. Thus, the purpose of this article is not to identify and
discuss past, present and planned research endeavors, but to present the general pattern
followed by research in digital preservation in past and present times and to indicate
future directions, further limiting the scope of my views to the projects whose focus is
digital records as specific preservation objects.
The goal of the first research projects was to define the problem and the
conceptual framework surrounding it. A recent article by David Bearman briefly outlines
that purpose by discussing in detail the initiatives that developed in the early 1990s, such
as the Pittsburgh and the UBC-MAS projects. 10 Although I might disagree with some of
the opinions expressed by Bearman on the conclusions reached by those projects, there is
no doubt that their primary objectives were to define the entity to be preserved (i.e., the
record) and the concepts linked to preservation (e.g., life-cycle, metadata, recordkeeping). 11
The characteristics of the research that, towards the end of the century, developed from
and built on the initial definition of issues, theory and methods, were: 1) international
collaboration, 2) inter-, multi-, trans-disciplinarity, 3) the globality and generality of the
problems addressed, and 4) the tendency to subdivide such problems into components that
could be separately and autonomously solved.
Some discussion of each of these characteristics is warranted. The interest in
building international partnerships derived from a general sense that the solution to digital
10 Bearman, David. “Moments of Risk: Identifying Threats to Electronic Records,” Archivaria 62 (Fall 2006): 15-46.
11 See Duff, Wendy. “Ensuring the Preservation of Reliable Evidence: A Research Project Funded by the
NHPRC.” Archivaria 42 (Fall 1996): 28-45; Duranti, Luciana and Heather MacNeil. “The Protection
of the Integrity of Electronic Records: An Overview of the UBC-MAS Research Project.” Archivaria
42 (Fall 1996): 46-67. Duranti, Luciana, Terry Eastwood and Heather MacNeil, The Protection of the
Integrity of Electronic Records. Dordrecht: Kluwer Academic Publishing, 2002.

preservation could not be directly linked to cultural, social, political or legal contexts, but
needed to be shared across many contexts while being valid in each, and that the need for
the research community to have an impact on the information technology industry required
the development of international standards that could only derive from the agreement of
wide international networks of researchers. 12 At the same time, it was clear that the solution
to the problems presented by digital preservation could not be found in the context of a
strictly disciplinary approach, but needed the support of a variety of disciplines whose
body of knowledge focused on individual aspects of those problems, such as diplomatics
(e.g. for the characteristics and attributes of the entities to be preserved), law (e.g., for the
intellectual rights issues involved in migration), chemistry (e.g., for the components of
preservation media), computer science and engineering (e.g., for the design of prototypes),
etc. This understanding required an interdisciplinary approach, that is, a way of conducting
research that would integrate several methodologies, concepts, principles, and techniques
from a variety of fields as needed. The integration of different bodies of knowledge
and the subsequent elaboration and development of its result would indeed produce new
knowledge, consistent with that of each separate field. The interdisciplinary process is
very different from the multidisciplinary one, which is tends to examine the same problem
in the context of each separate discipline and to solve it within such discipline, without any
integration of theory or methods. Then the results are compared and the best solutions
adopted.
LUCIANA DURANTI
In comparison with interdisciplinarity and multidisciplinarity, transdisciplinarity
is multireferential and multidimensional. Whereas interdisciplinarity involves the transfer
of one or more methods or ideas from a discipline to another, and multidisciplinarity
involves the analysis of the same object by many disciplines, transdisciplinarity, as the
prefix “trans” indicates, involves thinking at the same time within, across and outside
each discipline, and beyond all disciplines. Its purpose is to gain an understanding of
present reality, one imperative of which is the unity of knowledge. “Rigor, openness,
and tolerance are the fundamental characteristics of the transdisciplinary attitude and
vision. Rigor in argument, taking into account all existing data, is the best defense against
possible distortions. Openness involves an acceptance of the unknown, the unexpected
12 See for example the InterPARES Project: Luciana Duranti, ed. The Long-Term Preservation of Authentic
Electronic Records: The Findings of the InterPARES Project (San Miniato: Archilab, 2005), also online at
http://www.interpares.org/book/index.cfm.

The long-term preservation of digital records: a view of international research
and the unforeseeable. Tolerance implies acknowledging the right to ideas and truths
opposed to our own.” 13 Indeed, transdisciplinarity is the most creative of all research
perspectives, because it does not deny disciplinarity while opening the option of rejecting
all disciplines, and therefore the most useful approach when one is confronted with issues
that appear, but have yet to be proven, to be entirely new. 14
The other two characteristics of the fin-du-siecle research projects were their
generality, as they attempted to address the entire issue of digital preservation at one time
as it applied to any kind of entity; their globality, in that they did not have their roots in
the problems encountered by a specific organization but in the idea of what, in the mind
of world experts, were the issues that every organization was already struggling with or
would eventually encounter; and their tendency to break down those issues in separate
manageable parts, so that the findings related to each part would not be invalidated by the
possible lack of validity of those related to another part, and solutions could be tested and
implemented as modules of a larger complex which could vary from a place to another.
Thus, for example, the issue of metadata would be dealt separately from that of security,
or of conversion.
In addition to sharing the characteristics discussed above, those research
projects found a strong consensus on a series of statements the have since become the
foundation of all current research projects. These points of agreement are the following:
1) technology cannot determine the solution to the problem of digital preservation: the
needs of the organization must define the problem and archival principles must establish
the correctness and the adequacy of each prospected technical solution; 2) digital
preservation is a continuing process that begins with the creation of the record; 3) it is
not possible to physically preserve a digital record; it is only possible to maintain the
capacity of reproducing it; 4) the only way of preserving a record that is no longer active
is to make an authentic copy of the last manifestation used by the creator in the course of
activity; 5) the purpose of digital preservation is to transmit across space and through time
13 See Charter of Transdisciplinarity online at http://nicol.club.fr/ciret/english/charten.htm (accessed on
01/02/2007). Every transdisciplinary project is by definition also disciplinary, interdisciplinary, and
multidisciplinary.
14 A typical project using this approach is Transnet, online at http://www.sfu.ca/transnet/. The research project
on digital preservation that has de facto made the largest use of transdisciplinarity is InterPARES 2, in its effort
to involve in the research the disciplines of individuals and organizations that create records in the course of
artistic, scientific, business and e-government activities. See the project online at http://www.interpares.org/ip2/
ip2_index.cfm. A typical interdisciplinary project is ERPANET, online at http://www.erpanet.org/. Most of the
other international collaborations have been multidisciplinary.

LUCIANA DURANTI
records that remain accessible and can be proven authentic and accurate; 6) dynamic and
interactive records constitute a serious challenge to our ability to preserve them, as they
require to be either fixed or re-performed; and 7) long-term preservation beyond the limit
of obsolescence (i.e. for decades and centuries) requires unbroken legitimate custody and
brings forward the much debated persona of the trusted custodian. 15
Although the points of agreement listed above are of fundamental importance, the
shared statement that is going to have the most consequences for the future directions of
research on digital preservation is that there is not one solution to digital preservation.
Solutions are situation specific and must be devised by preservers in light of: a) the
cultural, legal, administrative, and functional context in which they operate; b) the nature
and characteristics of the organization or person producing the digital material; c) the
typology of the material produced and its documentary and technological features; d) the
limitations imposed by the available financial and human resources; e) the organizational
culture of both the producer of the material and the preserver itself; and g) their access to
educated professionals or educational programs. A corollary of this position is that, while
the theory and methods developed by large networked projects may be readily applicable
to the strategic and procedural structure of large archives rich in resources, they cannot be
directly applied to small or medium sized archival organizations or programs (units within
records creating organizations) without 1) the support of their regulating, controlling, and
auditing bodies, 2) major adaptations of the recommended methods and strategies, 3) their
translation into concrete action plans for each given body of records or data, and 4) the
development of appropriate competences and skills in the responsible professionals. This
is the reason why major research projects have tended to break down the problem in its
components: this subdivision allowed international projects to develop solutions adaptable
to national circumstances without compromising the whole. However, what has been
done is still a far cry away from what needs to be done. Current research projects are
increasingly larger endeavors which do not originate from grassroots movements, continue
to involve large and wealthy institutions and the best academic minds quite detached
from the daily reality of digital preservation, have mostly functions of clearinghouses and
dissemination of other research projects or best practices, and have the tendency to limit
15 The concept of trusted custodian has been theorized and described in the context of InterPARES 2 and has a
prevalent role in the InterPARES 2 framework for policies, guidelines for making and maintaining records, and
guidelines for preserving records.

The long-term preservation of digital records: a view of international research
mobilization of knowledge to offering workshops and seminars. 16 The findings of a study
of the effectiveness of existing workshops and seminars aimed at increasing archivists’
skills in digital preservation and their ability to implement them in their repositories
has shown, however, that very few participants were able to implement the skills once
they returned to their work environments. 17 Thus, there is the twofold issue of finding
concrete solutions to existing problems in real situations and to enable those in charge of
implementing such solutions to do so. And there is a noticeable absence of adequately
funded research projects that address such issue. To complement existing international
networked initiatives, we need another type of research projects.
In my view, future research projects must address this twofold issue by attacking it at
the same time from two opposite directions: from the top down (i.e. sensitizing those who
have the power to create a supportive environment for digital preservation) and from the
bottom up (i.e. developing practical solutions for real imperfect circumstances. Among
the objectives of future research projects, I see the following:
• promoting an environment supportive of digital preservation by demonstrating to
regulatory and auditing bodies, and policy makers that it is essential to integrate
preservation requirements in any activity that they regulate, audit or control;
• collaborating with small and medium sized archival organizations and programs
in the development of scalable policies, strategies, procedures, and/or action plans
that they can implement in order to preserve the digital materials that they expect to
acquire or have already acquired, using the recommendations and products of leading
edge research projects;
• assessing the applicability of the recommendations of international research projects
about trusted record-making and recordkeeping to the situations of specific small and
medium sized archival organizations or programs, and in particular the validity of
statements about the relationship between preservers and the records creators;
• assessing the applicability of international research projects’ preservation solutions to
16 For example, see Digital Preservation Europe digitalpreservationeurope.eu/about/. While its
purpose of promoting collaboration and synergy among projects is important and laudable,
where are the other projects, the ones that have roots in the communities but are supported
at high international levels?
17 Duff, Wendy M., Amy Marshall, Carrie Limkilde, and Marlene van Ballegooie. “Digital Preservation Education:
Educating or Networking?” The American Archivist 69, 1 2006): 188-212.

200
concrete cases identified by specific organizations or programs as needing immediate
attention, both when the records in question are already in their custody and when
they still reside with their creator;
• refining and further elaborating the theory and methods, concepts and principles
developed by international research projects on the basis of the results of the above
activities;
• establishing when such theory and methods, concepts and principles apply across
jurisdictions, regardless of legal/administrative, social and cultural environment; and,
in the situation where they do not apply, to identify why, and determine the measures
that are required to ensure the preservation of digital records;
• assisting small and medium sized archival organizations or programs in addressing
the legal issues that have been identified by the relevant research projects as providing
obstacles to long term digital preservation, and those that could be specific to their
situation;
• formulating models that, for each choice of preservation methods and of digital objects
to be preserved, identify the ethical consequences for individuals and society;
• creating evaluation models capable of measuring the success of the preservation
solutions that have been proposed and implemented;
• developing models of preservation costs for various types of records and archives;
• developing awareness and educational materials that can a) enable the staff of small
archival organizations and programs to plan for and carry out digital preservation, b)
assist professional associations in promoting career development of their members,
and c) provide university programs with content and structure for university courses
on digital preservation; and identifying effective delivery methods;
• ensuring transfer of the knowledge generated by this action research—including
actual examples and success stories—to appropriate local, national and international
stakeholders; and
LUCIANA DURANTI
• establishing a strong network of research and education on digital preservation that
is deeply rooted in the various communities served by each research project, and that
integrates academic work with social and community action.

The long-term preservation of digital records: a view of international research
The envisioned products of these research projects would be:
• policies, strategies and procedures for small and medium sized archival organizations
or programs, and guidelines for the records creators whose records fall under their
responsibility;
• action plans for the specific case studies carried out in the course of the research;
• analyses of the validity, applicability or adaptability of action plans developed in the
specific cases studied to different organizations, contexts or countries;
• comparisons among the action plans developed for the preservation of records at
different stages in their lifecycle (i.e. creation, use, maintenance, modification,
preservation);
• criteria to determine “most-at-risk” materials, such as date created, date last accessed,
carrier, operating system, software used, equipment required and its availability, etc.;
• guidelines for addressing preservation requirements that apply to specific types of
digital records, but not to others, and may be used in the context of low resources
environments;
• evaluation models for assessing the degree of success of the chosen preservation
action;
• cost-benefit models for various types of archives or programs, records, and/or
systems;
• ethical models that identify and make explicit the consequences for individuals and
society of various types of preservation measures or lack thereof;
• training and education modules for archival organizations or programs, professional
associations, and university programs; and awareness and education modules for non
archivists, such as IT professionals, vendors, and service providers; human resources
and financial managers; communities of practice; members of the general public, etc.;
and a strategy for delivering them; and
• “white papers” directed to key regulating, controlling, auditing and policy making
bodies, advocating the vital need of integrating planned digital preservation in the
requirements they issue for the activities they regulate, control or audit.
20

202
LUCIANA DURANTI
This type of research project calls for action research. 18 Action research is a
collection of participative and iterative methods, which pursue action (in this case, the
preservation of digital records) and research at the same time. As a matter of course, this
method of research forges collaborations between community members and researchers
in a program of action and reflection toward positive change. 19 Action research makes
extensive use of case study methodology and of direct communication and interaction
with the subjects of the research, which are at the same time participants and contributors
in the research activity. Stakeholders and action researchers create knowledge that is
pragmatically useful. In the process, they jointly define research objectives and political
goals, co-construct research questions, pool knowledge, hone shared research skills, and
develop interpretations and performance tests that implement specific strategies for social
change. Action research as a form of inquiry is said to re-conceptualize science as a
collaborative, communicative, communitarian, context-centered, and moral project.
In the case of research on digital preservation, one can include under the umbrella of
action research two distinct methods of research: prototype development research method
and ethnography. Prototype development is a user-centered approach that allows for
exploration of the interplay between theory and practice, advancing the practice, while
also offering new insights into theoretical concepts. Developing a system in a research
context can serve as proof-by-demonstration of the underlying theory, while producing
something that can form the basis of ongoing and expanded research. 20 Ethnography,
instead, is a form of inquiry characterized by the position of the researchers vis-à-vis
the phenomena being studied: they place themselves within an archival environment
(including records creators, archivists, and users, who together constitute a community of
practice within which social interaction defines values and creates meanings) to gain the
cultural perspective of those responsible for records. The process of ethnographic research
includes a careful observation of the environment that results in detailed descriptions, the
extensive interviewing of the community members, and the analysis of the documents
produced or accumulated in the first two activities. 21
18 McNiff, Jean, and Jack Whitehead. All You Need to Know About Action Research. London: SAGE Publications
Ltd., 2006.
19 Greenwood, David J. and Morten Levin. “Reconstructing the Relationships between Universities and Society
through Action Research,” in Norman K. Denzin and Yvonna S. Lincoln, ed. The Landscape of Qualitative
Research: Theories and Issues, 2 nd . Thousand Oaks: SAGE Publications, 2003, 131-166.
20 This method was used in InterPARES 2. See Evans, Joanne and Nadav Rouche. “Utilizing Systems Development
Methods in Archival Systems Research: Building a Metadata Schema Registry,” Archival Science 4, 3-4
(September 2004): 315-334.
21 Gracy, Karen F. “Documenting Communities of Practice: Making the Case for Archival Ethnography,” Archival
Science 4, 3-4 (September 2004): 335-365.

The long-term preservation of digital records: a view of international research
How will the researchers and the stakeholders assess the degree of success or
failure of these careful research processes, which aim to bring international high level
knowledge to those who need to apply it and the experience of such implementations to the
international scene in order to refine and elaborate theory and methods and proceed to the
next stage of knowledge development? Performance indicators for this type of research
must necessarily relate to the effectiveness and productiveness of the collaboration. In
fact, whether the policies, strategies or action plans developed for each research subject
and participant are capable of resulting in the permanent preservation of the materials
that are their object is impossible to know within the short duration span of any research
project. Thus, any research alliance will have assess the participants’ motivation and
purposefulness in contributing to the projected outcomes; the quality, continuity, and
effects of their contributions; and the products’ effectiveness in establishing appropriate
relationships among stakeholders within each archival environment, in addressing the
most urgent preservation issues, and in informing and guiding both the staff of each
participating organization and the bodies that control and audit them. The ultimate
indicator of the success of each research project would indeed be the satisfaction level of
its stakeholders, both from the community (based on their perception of the ability they
have acquired to plan and carry out digital preservation) and academia (based on the body
of knowledge produced in the research process). In the end, the final assessment will rest
with the next generations.
This article has presented a brief bird-eye view of where research on the long-term
preservation of digital records has been and where it is now, and my personal view of
the direction towards which such research needs to move. I believe that much has been
achieved in the past decade. Indeed, a research community has been created where none
existed, and some strong pillars of fundamental knowledge have been built. Now, it is our
responsibility to enable individuals and organizations to implement such knowledge and, in
the process, to develop ways of adapting it to and through always changing circumstances.
Ultimately, this is the greatest challenge that research on digital preservation will have to
deal with: the volatility of its solutions. It is not impossible to confront it if we focus on
developing methods of and establish frameworks for fast and effective action in the field,
where it is needed.
203

The Italian picture of norms
MICAELA PROCACCIA
(Ministry for cultural heritage and activities – General Archives Management, Rome)
In the last fifteen years Italy has accumulated norms on the topic of document
computerisation and therefore on the archives of public administration, generally very
advanced, of which the code of digital Administration is one of the latest results. This
elaboration is articulated within two systems of norms, developed in parallel but with
mutual interaction: the one that deals with subjects of transparency, confidentiality,
administrative documentation, computerisation of protocols, digital signatures and the
code of digital administration and the topic of cultural heritage.
We can choose the law n. 59 of 15 th March 1997 as the initial period of this extremely
rapid review that, in article 15, paragraph 2, stated that “the acts, data and documents
created by the public administration and private individuals with computerised instruments,
the contracts stipulated in the same forms, as well as their archiving and transmission by
means of computerised instruments are valid and important according to all legal effects”,
delegating the approval of specific regulations to the Government.
The Public Regional Decree n. 513 dated 10 th November 1997 and the subsequent
decree dated 8 th February 1999 were approved in execution of this delegation. Therefore
these measures created the foundations for the launch of important projects and concrete
experience related to “dematerialisation” related to archives of an extraordinarily important
impact on the social system and on the status of citizens, however, not dealing directly
with the preservation of digitalised documents. The Public Regional Decree n. 428 dated
20 th October 1998 intervened on this point, with articles from 12 to 20 dictating the norms
on the organisation of archive services and, among other things, sanctioning the need to
implement deposit and historical archives of public administrations.
This legislation then converged into the Public Regional Decree n. 445 dated
28 th December 2000, the sole text on legislative and regulation measures related
to administrative documentation. In particular, the measures related to protocols
and archives, contained in articles 51 to 69 of the Public Regional Decree
445/2000, still valid following approval of the digital administration code and
20

20
the implementation measures indicate the obligation of public administrations to
be equipped with classification tables or preservation plans and the management
manual as a presupposition for the correct creation of archives.
These measures seem to refer to the printed archives, as the text of the norm
has highlighted the measures related to the material produced on a computer
support destined to be used in subsequent intervention: they must be remembered
when the code of digital administration is examined.
In the measures of the Code, even if the computer document is generally
treated as an context free objective, it is possible to outline references to a
substantially correct archive structure and measures that involve the skills of the
government archive administration, through which this norm is connected with
the one indicated by the code of cultural heritage and landscape.
All of the above starting with the definition of computerised management of
documents (article 1 letter u) that, for purposes related to the code represents “the
activities aimed at registration and marking of a protocol as well as classification,
organisation, allocation, sourcing and preservation of administrative documents
created or acquired by administrations in the field of the archive classification
system adopted, performed by computerised systems”.
Even though the language, with regards to the correct technical description
of the management procedures of documents, is less accurate than the one used in
the Public Regional Decree 445/2000, the principles indicated in the norm are also
included in the creation of an archive on a non conventional support.
Maria Grazia Pastura has rightly pointed out that this formulate exceeds
a “much more apparent than real” caesura that may have occurred among the
measures of the Public Regional Decree 445/2000, related to printed files, and the
Code 22 .
MICAELA PROCACCIA
Reference to the competence of the Ministry for cultural heritage included in
paragraph 4 of article 22: “the technical rules related to training and the preservation
of computerised documents of public administrations are defined in accordance with
article 71, in agreement with the Ministry for cultural heritage and activities, and also in
agreement with the unified Conference as per article 8 of the Legislative Decree n. 281
22 M.G. Pastura, Code of digital administration: archive problems and perspectives, in “ The Cnipa books” n. 25
(May 2006), pages 21-30, page22.

The Italian picture of norms
dated 28 th August 1997 and having listened to the Guarantor for the protection of personal
details”, is further proof of the correct preservation of digital documents.
Article III contains the measures related to the formation, management and
preservation of documents. Article 43, related to the reproduction and preservation of
documents, including those originally created on paper, in paragraph 1, that partially
repeats the measures of article 1, paragraph 1, of the Public Regional Decree 445/2000
states that “archive documents, bookkeeping entries, correspondence and every act,
data or document for which preservation is required according to laws or regulations, if
reproduced on computer supports, are valid and important according to all legal effects,
if reproduction has been performed in such a way as to guarantee the compliancy of
documents with originals and their preservation in time, in accordance with the technical
rules defined according to article 71”. Compared with the similar measure of the Public
Regional Decree 445/2000, authorising the destruction of original documents if compliant
with the technical rules defined by AIPA (that issued the laws initially through the
deliberation n. 42 of 2001 and subsequently re-elaborated and republished it in 2004 n.
11) the new discipline introduces an element of guarantee, therefore compliancy with the
regulation to be issued having heard the administrations involved. Furthermore, paragraph
4 states that “the control powers of the Ministry for cultural heritage and activities of
public administration and private archives declared of important historical interest are
safe”. This measure, just like the ones indicated in the Public Regional Decree 445/2000
represent some kind of bridge that joins this system with coding of cultural heritage.
With reference to digital reproduction, General Management for Archives issued a
circular letter n. 8 dated 11 th February 2004, containing the following indications:
“As the delicate question of permanent preservation of electronic documents (…)
has not yet been discussed and resolved, the Authorities, and in particular the archive
Departments in charge of the documents preserved by non governmental administrations,
will not authorise the destruction of original printed documents destined for permanent
preservation”, even when reproductions have been performed according to the methods
defined by the directive 42/2001 of AIPA. As further proof of the uncertainty that still
exists with regards to such methods, the circular letter mentions the decision made by
Minister Stanca to set up a combined technical table in order to identify and experiment
on the standard rules and methods for permanent preservation of electronic documents.
20

20
In this regard, unfortunately, it is important to point out that the technical table has not
to date completed its work and it has been reconfirmed by the new competent Minister.
Hopefully the necessary indications will soon be issued.
The organisation code and regulations of the Ministry for cultural heritage and
activities (Public Regional Decree) therefore provide the archive Administration with
surveillance and control powers on public archives and at the same time support functions
to public administrations in the development and creation of their own archive system,
with the objective of guaranteeing preservation in time.
Some time ago the general Management launched this second aspect of its
activities, even before the emission of the aforementioned norm, through various forms
of initiatives (in collaboration with other Authorities), all in sign of the elaboration of
Holders, Regulations and management Manuals for documentation (as well as for
Chambers of Commerce, Universities, Local Health Authorities, Regions, Provinces and
Municipalities). They are initiatives that have accelerated due to the forthcoming expiry
date (January 2004) defined by the legislative decree 445 for the adoption of computerised
procedures in management of the protocol and archive service. The instruments and
conditions required to create organic archives in a digital environment must be created
and ready for use in the immediate future to internal users (archivists and administrators)
and to external users (citizens) and, at the same time, assuring the necessary grounds for
their permanent preservation.
A crucial point, remembered more than once, is the fact that in order to provide some
form of long term guarantee, the creation phase of digital archives, not unlike the creation
phase of printed archives, should be designed in view of this form of preservation. The
system should be imagined by taking into consideration the possibility of preserving it.
The debate held among the archivists was all about this: the guide elaborated by the
committee on electronic archives of the international Board of archives states that the
fundamental requirement for execution of the preservative function is to maintain the
authenticity of legibility and accessibility in time of digital documentary production. And
the code of digital administration, with regards to this point, speaks of integrity, legibility
and traceability.
MICAELA PROCACCIA
As we have seen the problem is also about relations, all to be considered in new
terms between originals and copies. In the field of reproduction of digital documents,

this implies that apart from guaranteeing the integrity and unique identification of the
document, the upkeep of relations between documents must be guaranteed, therefore the
data that expresses belonging of a single document to an archive in which it has been
organically and hierarchically inserted.
As previously mentioned, we must aim at the certainty and guarantee of the future of
documentation once it has left behind its current use, the certainty of preservation, of the
structure of data, also referred to the structure in which the document has been correctly
inserted.
The Italian picture of norms
Therefore, development when a documentation flow system has been created,
preservation of documentation and its passage through a process that is marked by periods
of guarantee of preservation in all of these elements. An extremely complex problem that
is currently being examined, with special reference for example to certification processes
of medical reports and radiology reports or, generally speaking, diagnosis by images, but
a problem whose solution cannot be avoided.
20

2 0

Records in danger: learning from disaster recovery.
World Bank Institutional and Client Perspectives
APRIL MILLER
(World Bank - Washington)
There are many types of disasters, both natural and man-made. Disasters can be of
any magnitude: they can be small, like a temporary power shortage or a leaking water
system; but they can also be large, like a large chemical fire or international wars, or a
tsunami that devastates countries across two continents. Sabotage, fraud, theft and other
white-collar crimes are increasing in frequency by employees that may be compromised
or disgruntled. Theft of and tampering with records is easy to detect in hard-copy formats,
but it is very difficult to detect in the electronic environment.
In all cases whether the disasters are large or small, man-made or natural, the integrity
of the records is compromised. How can the web, and on-line access to electronic records,
help organizations when a disaster strikes? What do disasters like the World Trade Centre,
hurricane Katrina and the tsunami in the Indian Ocean teach us?
The literature and media that appeared after many of these disasters show us that
society in general is surprised by the effects that disasters have on recorded information.
And yet to archivists, records managers and other custodians of recorded information and
cultural material, the outcomes of disasters like the World Trade Centre and hurricane
Katrina are of no surprise.
The first and most important lesson to be learnt is that of duplication and dispersal.
For records on paper and other hard-copy formats, the minimum requirement is to copy
the records and store them in an off-site location.
For electronic records, duplication entails backups of computer data and other
electronic records.
In both cases security of the off-site storage facility is important, as is its location.
There is a higher risk of being affected by the same disaster in both the primary and the
off-site locations if the off-site location is near to the primary business office. However
if the location is very far from the business office, there is a lower risk of being affected
by the same disaster in both locations, although sometimes this can prove more costly for
retrieval.
2

2 2
Some studies encourage off-site locations to be on a different continent from the
primary business office or, at least, on the other side of the same continent.
Duplication and dispersal also point to a related, very important lesson: the need for
organizations to clearly and consistently identify vital records. The World Bank defines
vital records as follows: “Records needed following a disaster to restore the operations of
the institutions, or any other critical units; to re-create the institutions’ legal and financial
position and/or to preserve the rights of the institutions, their staff, their shareholders and
their stakeholders”.
A lot of organizations do document imaging for a number of processes, to allow
access and sometimes for business continuity; they will spend quite a lot of money every
month depending on how many documents they want to have imaged. Besides document
imaging, they also spend on backups of electronic data and file storage services, but not
all of them budget the costs of maintaining these documents or images and ensuring that
they are preserved in the long term as authentic copies of vital records. In fact, long-term
preservation is very expensive.
Records management programs are very important to organizations. They embrace
the entire lifecycle of the records, from creation to final disposition. Important items
are the capture of electronic records and the implementation of retention schedules for
disposal.
Disasters also remind us of the importance of training staff on records management
and other IT systems, and also on business continuity procedures, should a disaster occur.
A study done by the Association of Records Managers in 2004 revealed some
interesting statistics about the state of records management programs in the developed
world: 46% of companies are not managing their electronic records throughout their life
cycle, and 59% of companies do not have a policy for capturing or maintaining electronic
records.
At the World Bank the function of records management is completely decentralized.
This means that all staff - 18.000 people in 130 countries worldwide - are responsible
for caring for the records they create according to the rules and standards of the World
Bank. The policy aspect of this program is part of the archives’ mandated responsibilities
and it embraces procedure, standards, policy, outreach, training and also record-center
operations.
APRIL MILLER

However as in most decentralized operations it is difficult to ensure that all staff
are following the rules, especially when it comes to capturing electronic records into
our institutionally funded electronic recordkeeping system. In the archives of the World
Bank this has become a major concern related to business continuity. If electronic records
and paper records that are scanned are not captured into our institutionally supported
recordkeeping system, then the discussion on post-disaster access becomes pointless. It is
nonsense to allow people access records via the web or other facility put into effect after
a disaster, if the content does not exist in the first place.
Another major lesson is that of implementing, budgeting and routinely testing a
Business Continuity Plan. Disasters in the developed world, such as the World Trade
Center and hurricane Katrina disasters, have inspired decision-makers in organizations
to create Business Continuity Plans. The World Bank has developed one as well, that is
rigorous and uses several off-site storage facilities for paper and electronic records.
In order to understand the importance of record management for developing nations,
we need to look at the conclusions of the World Summit on the Information Society in
December 2003. This summit created an action plan to promote the development of
information and communication technology worldwide that contained 10 targets for ICT.
These targets are to be developed in all countries - including developing countries and
third-world countries - and to be completed by 2015. These were the first globally agreed
targets that could be used in development plans.
Among these, three are worth mentioning on this occasion, and they are D, F and I.
D is about connecting public libraries and archives.
Target F is about connecting local and central governments; this target requires that
the government have a web presence and that basic public services are available on line. If
this target is met, governments will be creating more and more electronic records and may
provide access to more and more records and information on line: for example, creating
property deeds or birth certificates on the web. The need for disaster recovery planning
will start to encompass not just paper and other hard-copy records but also electronic
records and content.
Records in danger: learning from disaster recovery.
World Bank Institutional and Client Perspectives
Target I is about encouraging the development of a local content for rural populations,
because it seems to have more value than national or international content.
2 3

2
The WSIS targets can be the infrastructure on which business continuity and disaster
recovery programs can be based in developing nations. Organizations in the developed
world need to realize that having information and communication technologies in place
is simply not enough. Electronic records and data are still at risk if business continuity
planning is not completed, budgeted and implemented, and if solid records management
programs are not extant or functional.
The World Bank is a multilateral institution comprising 184 member countries
and was established in 1946; its vision is one of a world free of poverty, which it tries
to achieve by pursuing economic development in the world’s poorest countries. When
disasters strike developing nations, the World Bank proceeds to create and implement
development projects that will help the recovery efforts of the affected countries. This
includes infrastructure development, strengthening government institutions, and health
and education services for the displaced. Occasionally record keeping projects are included
in the delivery objectives.
Currently at the World Bank we have 69 active projects that involve a record keeping,
archives or government information delivery component. Their objectives primarily fall
into 3 groups:
1. rural development and promotion of industries via increased access to government
services and market information;
2. enabling efficiency, transparency and accountability in government;
3. disaster recovery.
The disaster that struck Indonesia on December 26, 2004 devastated countries in
Asia, India and even East Africa. The tsunami swept clean an 800-km coastal strip at Aceh,
Indonesia, which is the equivalent to the coastline from Venice to Bari. Some 130,000
people were killed, 90,000 remain missing and 700,000 are displaced. Many projects are
being implemented by the Bank, who are trying to aid in reconstruction and recovery in
Indonesia. One of these is the Reconstruction of the Aceh Land Administration System
Project at the World Bank.
When the tsunami hit Indonesia, among other things also the land books, cadastral
maps and land deeds were destroyed. The lands office lost 41 staff and local citizens also
perished, thereby destroying any implicit knowledge of property areas or concerns in the
area.
APRIL MILLER

300,000 parcels of land were affected, but only 60,000 of them were actually
registered at the land office and 27% of all public records were destroyed. 10% of the land
registrars were destroyed and the other 90% are in critical physical condition. 80% of the
other land records and cadastral maps were completely destroyed.
The goal of the project is to improve land tenure security in Aceh after the devastation
and after the destruction of evidence of ownership, which is being achieved through
a number of things. To mention a few: reconstructing and conserving the official land
records, reconstructing the actual land office, digitization of paper records and subsequent
back-up of those digitized copies.
The total amount of the loan is 28.5 million USD.
The recovery of land records is important for further reconstruction work, long-term
economic development and for establishing social justice, as well as ensuring the rights of
vulnerable groups, like orphans and female heirs. Services and maps will be created and
compared with pre-tsunami records to determine land ownership. In particular satellite
mapping will be used.
Of course duplicate copies of the records did not exist; the damaged records were
sent away for conservation. Once conserved, the records will be imaged digitally.
Development of a computerized land records management system to store the imaged
records is actually happening right now, and an off-site backup system will be developed
for the digitized copies.
Projects like this are a source of concern for many players, especially for archivists.
In this case, for example, the funding for the project is expected to end by 2008, with
no further provisions for on-going management and preservation of the digital copies.
Moreover the precise location of the off-site backup site is not defined and the project
leaders believe that the digital copies are not so susceptible to disaster as are the original
paper records.
Clearly this project does not teach the lessons that the World Bank has learnt on
disaster recovery linked to records keeping. First, duplication and dispersal is not clearly
defined in this project: records management capacity building for the client government is
not included in this loan. Secondly, disaster planning is limited only to hard-copy objects
and not to their digital copies.
Records in danger: learning from disaster recovery.
World Bank Institutional and Client Perspectives
2

2
Economic and sector research in the development community is primarily focused
on access to information via the web and other Information Communication Technologies.
Those concerned with records and their preservation realize that the real question is not
access for everybody, but access to content. Just consider that 27% of public records
were destroyed in Indonesia, and there was additional damage to other records in other
countries. Electronic records and other contents first need to be captured and managed,
and also this is subject to disaster plans and long-term preservation strategies. After that it
is necessary to separate imaging paper records and duplication by way of off-site backup
for business continuity on one hand, and long-term preservation of electronic records on
the other.
The motives, methods and outcomes are different in each case.
According to a survey completed this year by the World Bank’s International
Evaluations Group, there were less than 100 natural disasters in 1975; in 2005 there were
400. Material losses from natural disasters are 15 times higher now than they were 50 years
ago, and this does not include the loss of priceless materials such as records. Disasters like
the tsunami bring to our attention the importance of access to vital records and copies, of
retention scheduling, of the efficiencies that can be gained by providing on-line access to
authentic and reliable electronic records.
In the end, if we want to use the web to access records after a disaster, then the
records required to continue business must be captured into a defined institutionally-
supported records management system; that capture has to be regulated as per institutional
procedures.
APRIL MILLER
Monitoring our own performance is important with regards to the lessons of large-
scale disasters, but it is also important to pass along these lessons to our client countries
by way of the development projects that we implement.

Problems and perspectives of digitalisation
of manuscripts.
The experience of the Vatican Apostolic Library
IRMGARD SCHULER
(Vatican Apostolic Library - Vatican City)
The objective of this report is to briefly illustrate the experience matured and the
problems that emerged during the photographic, analogical, digital, material and most
important library reproduction projects carried out by the Vatican Apostolic Library.
First of all a small excursus on the backgrounds of the Vatican Library: it contains
hundreds of thousands of volumes printed during the last centuries, tens of thousands of
ancient incisions and drawings, and one of the most important collection of medals in
the world with more than 400,000 coins and medals. Even with such richness of works
of art and proof of culture, manuscripts and the collection of ancient printed documents
are the most important in terms of value, prestige and rarity and they represent the main
field of survey of experts and researchers that visit the Vatican. There are approximately
150,000 manuscripts, half of which are of an archival nature (the majority from some of
the most important families in the history of the Church and the city of Rome such as
Barberini, Chigi and many more); the other half is represented by library manuscripts,
including 60,000 Latin ones (therefore written using the Latin alphabet), 9,000 oriental,
5,000 Greek and 801 Hebrew. With this the Library continues its long and uninterrupted
service tradition “pro communi commodo doctorum virorum”, therefore common utility
of erudite men, created right from the beginning, with provident and generous rapidity, by
its modern founders, Pope Nicolò V and then Sisto IV.
The precious relics stored, however, should not only be accessible and consultable but
also adequately preserved, together with their contents. The books are fragile: evanescent
writings, inks that corrode paper, pigments that detach: together with due restoration
intervention therefore it is necessary to allow for reproduction so that the possibility of
consulting and studying the manuscript is not necessarily related to its physical dimension
and preservation problems.
2

2
Please allow me to briefly illustrate the efforts made by the Vatican in this regard,
where the awareness for the need for intervention in this direction, and it could not be in
any other way, is always alive and present:
IRMGARD SCHULER
Ever since the Fourties the habit of reproducing the manuscript heritage on
microfilms has always remained: the “material” dimension of the microfilm allows for
the film to be processed in several ways, creating final products that are all extremely
different (printed versions can be created, projects and microfilm readers easily adapt to
films created fifty years ago and vice versa, and they can also be converted into a digital
format, therefore creating an easy to handle and practical instrument for computer study).
At worst, a good magnifying glass can represent the extrema ratio for consultation and
for the study of the manuscripts produced using traditional systems. In our case, almost
80% of the manuscripts, excluding those related to the Archive Section, has already been
reproduced in a negative microfilm, and the hope is to start on archive materials very soon.
Furthermore, two large collections of ancient works already exist, the Palatini printouts
and the Cicognara editorial, integrally reproduced in micro-fiches.
A special micro-film project was undertaken after the last war: the material
destructions, a result of military operations, and the awareness of the possibility that new
war events could lose what was saved from previous attacks, led Pope Pio XII to create
a safety deposit of microfilms of the Vatican manuscripts overseas. Therefore in the
Fifties, during a micro-film campaign that lasted almost 10 years, approximately 70% of
all Vatican manuscripts was reproduced. The Library created the consultation of such
microfilms at the Pius XII Memorial Library (also known as the Vatican Film Library),
created especially in the Saint Louis University (U.S.A). Other deposits of microfilms,
important but smaller, mainly created for study purposes, can be found in the IRHT of
Paris and in the Hebrew University of Jerusalem. The only thing left of Pope Pio XII’s
project are the positive microfilms that are still used on a very limited basis and in time
tend to deteriorate, resulting in the need for a new micro-film of codes. We can consider
these inconveniences as a kind of warning on the need to plan intervention of this kind in
order to avoid the danger of having to repeat the reproduction campaign.
Furthermore, other types of reproduction are performed in the analogical
Photographic Laboratory: in particular the production of ektachromes has never been
abandoned because they can, thanks to their extremely high definition (still difficult to

exceed by digital reproduction) be used to print books of art or copies and, despite the
fact that their cost during the production phase is very high, their preservation is easy and
cheap (basically just the air conditioning of the environment). As far as their “materiality”
is concerned, the information provided on the microfilms also applies in this case.
The first approach of the Library with digital reproduction began in 1994 when,
together with the collaboration of IBM and the Pontifical University of Rio de Janeiro, the
experimental phase of a recovery project began by means of a scanner (two TDI-Scanners,
capable of producing images with a resolution of 3000 per 2500 pixel, an extremely high
value at that time, and in a TIFF format), of entire manuscripts, with the sole objective of
being able to consult them on the screen. Special attention was given to the protection of
precious original documents, guaranteed by air conditioning of the working environments,
lighting with constant quartz halogen lamps fitted with a filter device for ultraviolet rays and
a support for the codes: a kind of variable lectern closed with a glass top, made especially
and rather innovative during that period. After test period, the production phase began:
in just four years approximately 55,000 images were acquired, corresponding to 150
complete manuscripts. The images, with relative catalogue data, and initially consultable
on the internal server, were stored on magnetic supports for long term storage.
The subsequent attempt to perform re-conversion from tape to a hard disk registered
a 5% corruption of the tapes: a huge loss of data, considering the quantity of images
acquired. Furthermore, during conversion transmission errors along the network often
occurred, translated into errors in colour reading, often altered. Another problem is
represented by the absence of colour profiles during the acquisition phase, that now results
in an imperfect chromatic yield with renewed screens. All of these aspects, combined
with the criteria defined at that time, for obvious reasons related to space, of not acquiring
all of the material but just the sheets with the miniatures, decorations or colours, while the
pages of text were scanned in black and white, have made this heritage partially usable
with limits that include high quality printing (which, in truth, was not one of the objectives
of the project) and the scientific analysis of colours.
After this project the Vatican gradually started to equip itself and created its own
digital Laboratory in which digital images are acquired with the objective of study and
publication through various procedures chosen according to the nature of the material to
be reproduced:
Problems and perspectives of digitalisation of manuscripts.
The experience of the Vatican Apostolic Library
2

220
• with digital cameras for shots taken from the originals;
• with scanners for the translucent images already included in our photographic Archives
and
IRMGARD SCHULER
• with a planetary scanner, for ancient catalogues and manuscripts, that can be freely
consulted by experts and are still as precious as the codes that list and describe,
threatened by time and, most importantly, by frequent use. In order to solve this
problem images have been set up in black and white, PDF files for easy consultation,
that will gradually replace the originals in the consultation room: the absence of
colour and rapid acquisition will make this project easy to handle.
The resolution of all of these systems that is not very high, has guided us, for special
projects, towards acquisition systems that guarantee a much higher level of quality.
A recent digitalisation project has been inspired by this criteria, through the use of a
digital Leaf 33 Megapixel back, that has allowed us to acquire high resolution images with
four precious Hebrew codes, as well as one of the most venerable relics of the Vatican,
the Vat. Lat. 1209 (also known as the B Code), one of the most ancient manuscripts that
currently exists in the Bible, written in the IV century.
In the meantime technological innovation in this field (starting with the
“Kinderschule”, as used in German), has made a huge amount of progress: the value of
the digital heritage has increased from the very high resolution (5.000 x 7.000 pixel), that
will allow us to allocate the images generated to several uses and the good performance
of gold, guaranteed by the use of a much more flexible illumination compared with that of
a scanner. Therefore for this project three archive formats have been chosen for now: the
files generated are stored in their DNG digital negative, in their TIFF photographic format
and in a JPEG compression format (I will discuss archive formats at a later stage).
The decision, made following digitalisation work, to produce a copy from one of the
four Hebrew codes, has led us to reconsider all of the acquisition procedures of images:
initially the codes, unified according to a shared procedure and sometimes specifically
requested as well as aesthetically accepted, were used without any special details in terms
of flattening of the sheets and homogeneity of the shot. Creation of the copy requires
the application of such details in a new digitalisation campaign, carried out on the code
removed from its file. The images of one of the Hebrew codes, however, were subsequently
prepared by a specific programme, in a “consultable” version: the manuscript book in its

physical dimension is simulated, including the possibility of electronically emulating the
act of flicking through it, something that is of a pleasant visual impact and very much
appreciated by the public but not very useful for scholars who have to work on single high
resolution files.
Problems and perspectives of digitalisation of manuscripts.
The experience of the Vatican Apostolic Library
Another recent project of electronic recovery undertaken by the Library refers to
manuscripts that, due to their extremely high level of prestige, preciousness and ancient
nature or state of preservation are stored, with special precautions, in the Reserve of our
Deposit of manuscripts. Considering the special nature of this material, it was agreed that
the reproductions are of an extremely high resolution and with a very reliable chromatic
performance, in order to extract the images that can satisfy any possible future need for
use (copies, art prints, reproductions for scholars, multi-page files in a PDF format, images
to be published on the internet and many more) and that can gradually replace the originals
in studies and in scientific research.
The equipment chosen, a planetary scanner, therefore not in contact with the original,
can acquire up to 400 and 600 native dpi ‘s for each original, of a maximum dimension
of 50x70cm, generating an image of a resolution of approximately 12,000 for every 8,000
pixels, and a weight of approximately 30 Mb: lighting is of a “blade light” kind (without
any IR/UV), therefore without any shadows: the performance of gold due to vertical
illumination is good: finally, the original is only exposed to light when the sensor passes
across it. Protection of the material is guaranteed further by an electronic weighing surface
that provides a very accurate regulation of pressure. The option that allows for work to
be carried out without crystals is very important, maintaining resolution, focusing and
the correct enlargement unchanged, therefore being able to photograph the material that
cannot be subject to any pressure. As an alternative to the weighing surface an accessory
exists, designed especially to copy books that a limited opening angle: this also allows us
to choose whether or not to use the glass. Acquisition occurs through 12 bits (the levels of
colour that can be reproduced for each RGB channel in a pixel), 8 bit storage.
During this project we have seen that a resolution increased to 600 dpi is, for our
purposes, excessive: it increases the space required for archives compared with a 400 dpi
resolution four fold and requires a quadruple illumination power that is more difficult to
set and handle, it lowers the field depth during reproduction and at the same time increases
the acquisition time and the supplementary information that this resolution creates would
22

222
IRMGARD SCHULER
be concretely visible only under a microscope. In an enlargement ratio of 1:1 (for example
when copies are made) 600 dpi is so strong that it almost “kneads” the image. Special
types of materials (burin prints or drawings with thick or very thin lines) or specific
fields of application (printing of posters for example) may, however, take advantage of this
resolution. In general this reproduction system is an excellent compromise between quality
and very high resolution, protection of originals and fast and practical reproduction (also
thanks to the automatisms in cuts and of the macros for the naming of files). The archive
spaces to be destined to the results of this project are, understandably, very important and
therefore require an in-depth analysis that we will discuss later.
In the last few years many efforts have been made by the international scientific
community in order to gain access once again to the palimpsest scripts, that is to say
to the scripts scratched or washed away by sheets of parchment, used as a support for
new text. Another project of this kind, currently underway, was started in 2005 with the
collaboration of a Japanese printing company. After a period of study and preliminary
work, the initiative of BAV in the study of these palimpsests with electronic instruments
resulted in the installation of one and subsequently a second scanner that generated two
identical files of the same manuscript, one illuminated by a natural light and the other by an
ultraviolet light, generated at an extremely high resolution (1,200 dpi). In this case also all
necessary precautions have been made to protect the material, for example by constructing
a flexible lectern that can be regulated from90° to 180°, preserving the integrity of the
bookbinding and acquiring codes that a limited corner. After its reproduction, a specific
software programme superimposes the two images, elaborating them and integrating
them with the objective of isolating and extracting the various layers of the script (upper,
lower and, if available, middle). This software, just like the equipment, is undergoing
constant development, in an attempt to adapt its potentials and possibilities to the needs
and requirements expressed by our specialist.
This is still the experimental phase of a research and collaboration project, whose
results are used directly by our “scriptores”, the real beneficiaries of the project, capable of
efficiently using the analysis software, as real experts of the palaeographic and philological
disciplines. The extremely slow recovery of ultraviolet light (that may vary between 10
minutes for a 400 dpi format up to one hour and fifteen minutes for 1,200 dpi), together
with the understandable weight of an image (1.5 GB) has on the one hand slowed down

acquisition and, on the other hand, resulted in the need to predispose archive spaces that
are therefore very expensive.
Another limit in the use of the system is represented by the unchangeable frequency
of ultraviolet light during reproduction, therefore excluding the possibility of using the
numerous possibilities offered by the multi-spectral technique. The extremely slow
process, even with the same analysis software of the palimpsests, the elaboration processes
of an image that take up a huge amount of memory, have promoted a 24 bit reproduction
rather than 48 bit, therefore reducing the archive space necessary by half, without having
to give up the 1,200 dpi resolution, vital to create enlargements of images, enlargements
required by specialists working on the shape, the ductus and the hatching of single letters,
and suitable to use the images in a future perspective, awaiting the constant and rapid
technological progress in this field.
Therefore this is a long term project in which the adoption of the very best technical
standards currently available is extremely important. The images generated are in reality
archived bit by bit, even though an analysis of the scripts may, in some cases, only occur in
many years to come: nevertheless it is important and vital that the acquisition of images is
completed as fast as possible: the treatment of palimpsest sheets with Gallic acid, applied
during the XIX century in order to make the writing underneath visible, is making the
scripts more and more illegible, resulting in the irreversible deterioration of the oxidation
processes caused by the Gallic acid itself. According to an estimate, the palimpsest pages
of Vatican manuscripts should amount to approximately 25,000.
In order to end this note, I would like to point out some elements that I consider
important in the definition of collection, management and preservation strategies of digital
data:
Problems and perspectives of digitalisation of manuscripts.
The experience of the Vatican Apostolic Library
• The format to be adopted in order to archive images is constantly discussed: is it really
worth choosing the TIFF format for long term preservation as the most important
libraries in Europe are currently doing or should we ask ourselves if this is perhaps a
choice determined by habits and probably influenced by commercial strategies? The
JPEG format, even though it is a free format, is not recommended as an archive format
as it may present different parameters every time it is opened, but can PNG or Bitmap
be considered a possible alternative? We must ask ourselves if they provide less useful
information or less excessive information (such as, for example, advanced regulation
223

22
channels and technical and commercial metadata)? In favour of TIFF it is important
to state that it represents images with various spaces of colour and, furthermore, it
is the only format with the possibility of saving images with 16 bit of colour depth,
required to guarantee greater precision in rounding off of calculation values during
elaboration.
IRMGARD SCHULER
• In the case of digital cameras the procedure of filing images in the output format of
the equipment itself is commonly accepted, but it is legitimate to ask ourselves if it is
worth doing so without filing of the respective TIFF or other format.
• Is a high or extremely high resolution really necessary? Often there is no real need for
such high resolutions, in reality it all depends on the use of the image and what is to be
achieved (for example a whole range of images to be inserted in the internet can be of
a lower quality, but a manuscript to be reproduced for preservation and study reasons
must be as high as possible!). Naturally resolution is not the only parameter used to
assess a reproduction system: it is the synergy between sensor, optics and illumination
that determines the final quality of the image.
• Can we trust copies and constant back-up procedures of data on hard disks or should
we think of systematically creating further copies of all of the material on a tape and/
or optic support (despite proven unreliability of both of them)?
We often ask ourselves about the relation between costs and benefits of an archive in
TIFF, that obviously has special demands in terms of space: the hypothesis of the creation
of a global storage space of 50 terabytes of all digital data, protected by a firewall and
that can guarantee the copies of data and the disaster recovery processes as well as use
of this data through a LAN network in 10 gigabit XGLO (a development of the Ethernet)
as a transfer vehicle of data within the various offices has been elaborated in the Vatican,
while the digital photographic Laboratory would be left in charge of the skills and archive
methods and management of all related servers. But the very high costs (approximately
300,000 Euro) have resulted in the selection of a smaller alternative project, at least for the
moment, of archives in the Oxiria server and on single external hard disks positioned in
storage towards (in the network), a practical solution for the transportation of data.
Despite the fact that digital technology is now very much diffused and applied,
there are still many questions and uncertainties, therefore every decision must be made
with extreme caution and far-sightedness: looking towards to the future, comparing and

Problems and perspectives of digitalisation of manuscripts.
The experience of the Vatican Apostolic Library
updating constantly in a field that is undergoing rapid development is obligatory, always
bearing in mind the criteria of practicality and economy. We need approved standards in
order to protect the integrity of our digital contents, a heritage that will never replace the
originals completely but that will be very useful to preserve them and understand them
better, therefore contributing to maintaining the spirit of the person that created them.
22

CHEN BITAN
(Cyber-Ark Software – Tel Aviv)
Management and protection
of medical digital data
In the recent years we have experienced an ever-growing presence of digital media
in the world. The digital heritage is increasing; our cultures and societies are becoming
more and more digital in all aspects. Almost every day some materials, as newspapers, are
available in both physical and analogue methods; in addition they are produced through
a digital method in order to be shared by a huge number of people. Some information is
even “born digital”, which makes the situation even worse because we do not have this
information on a physical medium since data are originated with a digital method only.
Recently the awareness has grown on the need to preserve information and on how
to preserve it, in order to safeguard our culture and our history, too. The primary risk
is that of mismanaging information security: this might be very critical and even cause
disasters starting from a simple critical information loss. We often keep a lot of sensitive
and critical information in our archives: in some cases some people might have an interest
in altering or deleting such sensitive information. Mismanagement of the security access
to information might lead to destroy this information either accidentally, or intentionally,
or to alter it illegally. The result of this activity could lead to a kind of history re-writing
by someone changing the records of the history that we keep for the next generations.
Sensitive information is even more topical, of course. In many cases it consists in
research that might be accessed by people who are not allowed to. Much damage can
be done to the group of people who work on a specific research work by unauthorised
individuals who find a way to this information.
In the past archiving was mainly physical, i.e. physical material was stored in the
archives. It was relatively simple, then, to find a security policy on the physical access to
the archives and to the material. We could define specific areas which people would not
be allowed to access unless permitted to. Or still, we could put very sensitive material
in a physical safe, either in banks or in a well-controlled physical archive, thus gaining
excellent control of the people who were allowed to access the materials stored in that
specific environment.
22

22
When moving to a digital environment the whole matter becomes much more
complicated on the one hand, because the stored information is exposed to new risks
and new potential attacks. But on the other hand we must remember that moving to a
digital environment brings us a lot of benefits, since the technology associated to this
environment gives us a much better security level.
When talking about information security in archiving, there are some specific
requirements on how to protect this information. To mention just a few: data security
regardless of the network security level; long-term availability; granular access control;
separation of duties; version control, and others.
First, high level security regardless of overall network security. In most cases when
we keep information in archives, we want to share this information worldwide and the best
way to do it is through the Internet, which is a public network exposed to many forms of
attacks. But if, on the other hand, this information is really critical and sensitive, we must
provide it with the best security level. Such a security level shall be the highest regardless
of the security level of the Internet. This means we have to isolate the archive within
the network and bring it to the highest level of security. This is a great challenge when
studying information security.
The next requirement is, of course, long-term availability. It may sound obvious
but we must make sure that the applications and the systems we use include – within the
application – a mechanism to keep this information in the long term, in such a way that
nobody will be able to delete it unless the period of time set to keep the information has
expired. This mechanism must be part of the application and of the system that we need
to build if we are to protect our data.
CHEN BITAN
Thirdly, granular access control. When it comes to archiving information, part of this
information is public information to be shared among all the people, while part is private
information. If and when such private information becomes sensitive for public work, we
may need to share it with a wider audience while restricting access according to the access
control rules we want to provide. Therefore the system must provide a built-in access
control mechanism and content authenticity. In the physical world content authenticity is
represented by the signature of the author on a document or research; in the digital world
it is very difficult to assign an identity to the content of information.
Archiving systems can benefit from additional technological improvements; for

example there are many methods to apply a digital signature on the documents stored in
archives. A digital signature means that we can associate the person who stored a piece
of information to that specific information; moreover, the person signs the content in such
a way that if the content is changed the signature will not be valid for that document any
longer. This is a necessary step to guarantee content authenticity.
The issue of separation of duties concerns system administrators. In the digital
environment some privileged users have the task to manage the system, and also to upload
and change information if need be. Also with the archives that store extremely critical
information we need technical system administrators to manage and maintain the system,
but without the ability to access and to touch the information and, in some cases, even
to be aware that specific information exists in that archive. Let us not forget that some
subjects may have an interest in changing some pieces of information. There is a great
challenge in maintaining the system and, at the same time, preventing access by illegal
administrators or powerful users.
Long-term repository requires strict version control, because information is
dynamic. Many new versions of the same piece of information can be created, so one
of the requirements we would like to achieve is a built-in version control whereby every
time new information is stored in the archive the system creates a new version instead
of destroying the old one. This way we can have a full record of the information in our
archive.
Management and protection of medical digital data
Full audit trail is another important feature that allows to know who accessed
information and to track all log activities. This feature can create a historical report
stating who accessed this information, what they did with it, was it legal or not. This may
be either for statistical reports or, in most cases, for security reasons.
In the last few years we at Cyber-Ark have been working on a method for the secure
repository of a digital archive. We call it Cyber-Ark Digital Vault. Basically, it consists
in taking the concept of the physical vault and bringing it to the digital environment,
creating a digital vault that is very similar to the physical vault we know from our day-
to-day environment. The security depositor of digital archiving is based on Cyber-Ark
patented technology; based on it, we succeeded in creating an environment that is highly
secure regardless of the overall network security. It can be located on the Internet, which
is really insecure, or it can be located in an organization’s own network, which might be
22

230
more secure, but the security of this area will not change no matter which network the
security depository is placed.
What is the Digital Vault exactly?
First, it is a dedicated server that was built specifically to serve as a secure depository
for archived data. No application and no software run on this server except for the digital
vault application. Any access to data must go through the digital vault application, so the
latter has full control over access to data; no one can bypass the security of the digital
vault because there is no other software, in this server, that can provide access to the data
in the vault.
This application is built by multiple layers of security that provide all the security
requirements discussed above. For example, any access to the digital vault will be encrypted
and signed in the network. It means that if I am located in Washington and I want to access
some archive server located in London through the Internet, I can securely access this
archive because all the information between my location and the archive location will
be encrypted and signed: nobody will be able to see or change the information that I
am exchanging through the archiving mechanism. An internal firewall protects the vault
server from any communication coming from outside the vault.
Thanks to the digital vault security system, I can see immediately which person
accessed every file containing information and what exactly they did with it. It is a way
to keep control over information. If we want people to trust our archiving mechanism, we
need to provide them with the capability to see exactly what happens with the information
they store in our archive and to see exactly if their information is used in the way their
owner intended to. This is the auditing function I mentioned earlier; audit can be provided
on a lot of records in order to produce the historical view of scanning activities and to
create some statistical reports stating who asked for specific information, or for what
purpose. We can learn a lot from this activity and we can improve archiving according to
this log-audit system.
CHEN BITAN
As I said earlier, separation of duties when dealing with sensitive information is
mandatory. Just to give an example, in a standard file-server environment and in a database
environment the system administrator usually has the ability to manage and maintain it,
and also has full authority to see and read information and even change it. Within the vault
environment we do not want this to happen, so we have created a full separation of duties

etween the administrator – i.e. the person who manages the system - and the owner of
the system who can access information. Therefore administrators can access this space
to increase storage space for example, if I request them to, but they will not be able to see
what there is in the archives.
Management and protection of medical digital data
The method is very useful to protect information and to share it all around the
vault. It provides the ability to communicate with the vault using the public network, the
Internet, but securely without the need to rebuild security rules and mechanisms. The
vault includes all the security mechanisms within the system.
To summarise, the vault is a secure repository where you can store any critical
document or information that you have, and also share it. It is highly secure from the
risks of alteration and of exposure, regardless of overall network security. It provides full
auditing and full control over every single data and document within the vault. And it also
provides a very advanced disaster-recovery back-up capability.
23

232

The role of networks
SEAMUS ROSS
(Humanities Computing and Information Management – University of Glasgow)
My speech will describe some projects that are involved in trans-disciplinarity and
collaboration run by the University of Glasgow.
When I thought about networks, which is the topic I was asked to talk about, I was
not sure whether they wanted me to talk about technical networks, like lots of copies to
keep stuff safe, a distributed mechanism for preservation, great storage or federations of
repositories. I decided that perhaps they wanted me to talk about collaboration between
groups in terms of research and of shared activity. More specifically, the projects
ERPANET, the Digital Curation Centre, and Digital Preservation Europe.
One of the first projects in the field was ERPANET. It was a formative project for a
number of us in terms of trying to understand how we could raise awareness, how we could
find educational programs in Europe and, most importantly, it helped us to understand the
objectives of companies and how they were reacting to the digital preservation challenge.
We ran seminars and workshops, we reviewed literature, we produced websites and we
engaged people. And, most importantly, we did some case studies in a wide range of
European companies, across a number of sectors. Interestingly they showed that the
companies – both public-sector and commercial organizations – are waiting for external
companies to provide them with technical solutions. Most organizations are extremely
poorly prepared for digital preservation. Consistently we found that there was a lack of
understanding, of appreciation, and of policies within organizations to support preservation:
raising awareness remains a major issue.
Sectors such as broadcasting are marked by a lot of collaboration, therefore they record
far more effective results from collaborative projects. They have produced real, genuine,
usable technologies to improve the preservation arena. In areas like pharmaceuticals,
where there is not that same level of collaboration but there is a realization of the
tremendous importance of preservation in terms of business continuity and of business
productivity, the organizations continually invest huge sums of money to maintain their
digital materials over time. The broadcast sector is being much more effective because
they are collaborating.
233

23
ERPANET showed that if you can bring a team of people together, they could
demonstrate the power of collaboration.
Another project, Delos - a digital libraries’ project - has shown that if a group of
people work together on research problems and they focus on the small way, it is possible
to convert those results into larger support for bigger projects. In the digital preservation
cluster within Delos we built our project to look what the research needs in preservation
were. We focused on a small number of preservation arenas, one of which resulted in
a project called Planets, which is the development of a test-bed and sets a matrix for
evaluating preservation methodologies. This is very important because often a lot of
preservation work is theoretical, not enough of it is being validated in any way or based
on test-beds. In Planets we were building on the work done in Delos to deliver a test-bed
environment that would allow assay the design preservation experiments.
Delos has had impact on three projects: CASPAR, which is a data-science project
in which professor Guercio and I were involved and is led by the CCIRC in the UK;
Digital Preservation Europe which Maurizio Longhi and I were involved in; and Planets,
which also has chair in Pisa. The interesting thing about all of these projects is that they
have a very heavy Italian involvement in collaboration. Italy has a tremendous amount of
leadership in the digital preservation arena.
The Digital Curation Centre in the United Kingdom takes a very different approach
to the concept of digital preservation. It says that we have to bring together four core
activities: outreach, i.e. we have to reach out and tell people what preservation is; we have
to bring together collaborations of networks of associates in those outreach activities;
we have to have services, i.e. what is a registry, how do you get information on a file
format, representation, information registries. We have to develop new tools and we have
to conduct research that is aimed at shaping the services people say they need.
Research achievements are extremely important and I would single out certain
research we are doing in the area of the origin of digital materials. Provenance is an
extremely important topic in terms of digital materials and especially important in the
scientific area, where scientists build on older datasets to draw their conclusions. When
we look at longevity, we want to be sure that we know the provenance as well as the
authenticity of the material over hundreds, if not thousands of years.
Finally, my own group in Glasgow is doing a work on certification and automated
metadata extraction.
SEAMUS ROSS

Automated metadata extraction is necessary because the sheer volume of material
that we are going to deal with in the digital preservation arena compels us to automate as
many processes as possible. Automation of the processes can only be done by different
groups working on different aspects of the problem and putting the pieces together into a
preservation pipeline.
We have a new project called Digital Preservation Europe, which builds on ERPANET
and is designed to take the collaboration roles and to create synergies between different
research groups to ensure that there is an understanding of what is happening within the
European research area. The project runs for 36 months and, very importantly, it is going
to develop a research agenda. It will provide briefing papers and fact sheets, awareness-
raising workshops.
If collaboration is important, competition is important, too. We need to catalyse more
young resources, especially in engineering and computing science, to take an interest in
digital preservation. We hope that the digital preservation challenge will give them a clear
activity to perform and a clear measurement of that activity performance; and for those
who are really successful, a prize. I hope these can catalyse the interest of young people
in digitalization preservation. So collaboration is important, because they have to work in
teams, but competition too, because they compete with other teams to take it forward.
Moving to repositories, we feel that Digital Preservation Europe is going to do some
work to federate them, trying to ensure that when we view a digital repository and need to
have some kind of redundancy, or dispersal, then we are able to collaborate with another
repository somewhere and share resources, and thus have a redundant copy in case of a
disaster. This meets some of the issues related to security in long-term preservation.
Audit and certification is another big area we will be doing work in. There is some
general assumption that libraries and archives, being traditionally very good in caring for
print materials, are a great place to care for digital materials. That argument is unproven
and if they are going to compete effectively they have to demonstrate that they have good
procedures and policies in place. In the US, some entities are working hard to create
certification schemes that will allow the public have faith in the authenticity of the digital
materials that repositories are holding.
The role of networks
Another big thing we are trying to deliver is a community-driven research roadmap.
Building on the “Invest to Save” Report, we are trying to develop a research roadmap -
that will be going out in the next six weeks or so - which will focus on core research issues.
23

23
SEAMUS ROSS
We are trying to deliver it in a timely fashion, so that when the first call for FP7 funding
goes out this research will inform how evaluators typically respond to the cause, which
ensures that the user community – libraries and archives – are getting research results that
actually deliver the products and services that they really need.
Why in the end should we collaborate? Because research is expensive, and we want
to eliminate duplication of effort. We want to distribute the work across the community
as a whole, so that more and more of us are aware of and benefit from the work done by
others. We need to build communities of practice, we can no longer assume that we can
operate as individual entities. We have to share expertise, we have to share efforts, and we
can only do that if we work in teams. But in order to be able to collaborate by building up
teams, we have to improve public awareness of the problem.
And we also need to raise awareness within our educational perspective, not just
in the archival and records-management community, but also among data scientists and
researchers in the science community. Collaboration and networks like Digital Preservation
Europe, InterPARES and ERPANET are absolutely fundamental to our ability to deliver
preservation, technologies, preservation capability into the future. I hope that by attending
here today you are going back to your workplace and you are going to make new friends
with whom you collaborate, feeling the desire to work together against the preservation
risk and to address the preservation challenge.

From Hammurabi codex to digital Rosetta Stone.
Long term preservation of digital content
ALfREDO M. RONCHI
(Politecnico di Milano / MEDICI Framework)
Graffiti from the digital era
In the last decades we faced two related processes, the increasing role of electronic
devices in our every day life and the “rush to digital formats”. Institutions, organisations
and private companies launched a mid term programme converting their own archives in
digital format. Even people at home started a “personal data” conversion toward digital
format: documents, music, movies, drawings and photos left their original format and
medium reshaped in “bitstreams” on digital media. It was a common understanding that
digital format was the “ultimate format” in order to “freeze” information “forever”. The
idea to perpetuate texts, images, artefacts once converted in “digital” has been widely
shared and supported / sponsored. As a result large part of our future heritage, our legacy
to future generation relies on digital technology. Here comes the major concern: is digital
technology suitable for long term preservation? Is electronic machinery, actually the
implementation base of digital technology, enough durable in order to guarantee future
access to information? If not how can we face this problem?
Rapid changes in technology make preservation of digital content a challenge. Taking
into account the huge amount of data to be filed, the amount of time to accomplish with
this task and more over the period of time we need to store such information, we have to
value objectively a problem up to now widely underestimated and that is the conservation
for long periods of time of digital information. This subject takes us to consider two
aspects, the first is technological obsolescence and the second the ‘temporary instinct’ of
the so-called ‘permanent supports’. The biological clock of ICT beats smaller time slices
compared to those considered worldwide in the field of cultural heritage. Digital formats
becomes suddenly obsolete and disappear. An extraordinarily long-lived solution, such as
the PC/DOS in great favour for over twenty years, represents a short-lived apparition if
compared to the time spent in state owned archives. Computer systems are aging, media on
which information is stored are disintegrating; the magnetic technology diskette survives
23

23
without problems for thousands of hours but not enough to be considered ‘permanent’ for
those aims. Which are the long-term implications if we rely on current digital technology
to preserve our cultural memory? Long term preservation of digital archives is an issue not
only for cultural content but even for e-government and social services. Electronic devices
are disappearing because some key components are no more available on the shelf so the
only chance is update the devices if possible or have a look at vintage market, if any.
On May 2004 a panel on long term preservation of digital content was held in New
York on the occasion of the World Wide Web Conference 23 . Later on, on September 2006
on the occasion of an event held in Asolo a set of recommendations was issued. The
present section provides the basics about critical issues and concerns related to long term
preservation of digital content.
Already lost and ..... to be lost
A Digital Black Hole should capture major part of our recent heritage; today we
can only imagine the “Battaglia di Anghiari” fresco by Leonardo da Vinci, Alexandria
Library, some lost plays of Aeschylus or the original content of Palimpsests and Egyptians
Papyri.
Will future generations, even not very far in the future, be able to access the content
we produced? Do they will be able to play our electronic music, experience computer art,
browse our multimedia archives or play our archaic video games?
Rolls Royce recently celebrate its first century of history enjoying a huge parade of
vintage cars from the early years of last century, do future generation enjoy the second
century of life of the company thanks to a similar parade? If this will happen they will
probably see the same cars from the early XX century because if there is still someone
able to build a carburettor from the twenties we do not meet anyone able to refurbish
or rebuild a PNP transistor or early ICs. What will happen to my electronic Leica R4
in the near future if simply the disappearing of PX625 cells created big troubles to the
mechanical Leicaflex SL2? Pre amplifier such as the glorious Mc Intosh C28 will survive
to the extinction of thermo ionic valves?
ALfREDO M. RONCHI
ICT and its “fragility” is deeply merged with our every day life, we do not care too
much about this until malfunctions, viruses, black outs or “millennium bugs” take us to
consider the dark side of technology. Does future generation have the opportunity to enjoy
23 Please refer to the url www.medicif.org or the printed report on Long term preservation of digital content.

today exhibits of Ars Electronica? Or some impressive products from MIT MediaLab?
Similar considerations might have a clear feedback on the perception of objects’
value and their everyday use.
Of course we cannot preserve every thing, there are products and contents that does
not necessary reach future generation, sometimes this will simply affect the economic
value of the object, “pre-owned” electronic wristwatches are usually less expensive
then the mechanical ones. Perhaps we might devote some time to choose what must be
destroyed. This appears clearly to whom were used to shoot 36 pictures saving 30 of
them as acceptable, today we shoot 360 digital pictures finding later on only 10 of them
acceptable. What should we do for the 350 left?
Anyway there are some “objects” we need to safely transfer to future generation; we
cannot leave as our legacy a “black hole”. Let us think to the family photo album. We still
have pictures from the last part of the XIX century but we risk to do not trasfer to future
generations early years of the XXI century. We risk to transfer a photo album with many
blank pages...
The ability of a culture to survive into the future depends on the richness and acuity
of its members’ sense of history.
Society, of course, has a vital interest in preserving materials that document issues,
concerns, ideas, creativity, art, discourse and events. Even if we simply focus, at the
moment, on basic digital content such as text, continued access indefinitely into the
future of records stored in digital electronic form cannot under present circumstances
be guaranteed within acceptable limits. As already outlined, although loss of data
associated with deterioration of storage media is an important consideration, the main
issue is that software and hardware technology becomes rapidly obsolescent. Computers
and microchips are aging very quickly even because this is the core of the market model
for ICT based products. Companies cannot afford long life cycles; customers must provide
them financial support by updating their equipment periodically even because as Nathan
Myhrvold said software is like a gas expanding in order to fill all the room (computer
resources). Sometimes technology advances are so relevant that backward compatibility
is no more possible.
From Hammurabi codex to digital Rosetta Stone.
Long term preservation of digital content
Some decades ago hardware was so valuable that major efforts where addressed
to the reuse of devices from generation to generation, thus punching machines, printers,
23

2 0
tape units where adapted to new mainframes. Software drivers where written ad hoc and
applications where re-designed or adapted to the scope.
Nowadays we face the opposite problem, hardware following Moore’s Law is going
to cost less and software together with content is to real asset to be preserved.
Storage Media are subject to degradation, they are not designed in order to survive
for a long period of time if we consider units of time taken from archives and cultural
heritage. Magnetic technology does not guarantee long term access to stored information,
tapes and disks are loosing they property and are sensitive to environmental conditions
such as: heat, humidity, magnetic fields, static electricity, dust, fire etc..
In addition they becomes obsolete as do devices capable of reading such media, how
can we read today a 9600 bpi magnetic tape, a 8” floppy disk or even a 5” ¼ one. How can
I use a RLL or IDE early hard disk? Reasonably old formats and standards give way to
newer formats and standards.
This happens even in software standards, the way to code information and the quality
of information filed are getting better. This situation holds both for electronic records
derived through conversion from some analog form (paper, film, video, sound etc.), and
for records that originated in electronic form (born digital). Digital content derived from
analog form, if till possible, could be digitised again in order to enjoy new standards and
formats, content originated in digital format has to be preserved starting from the original
record.
ALfREDO M. RONCHI
Until recently, documents were generally paper or microfilm based. Microfilm
technology was largely appreciated because of efficiency, usability, robustness and we
may say now because is almost “hardware” independent. Some decades ago people started
to convert microfilm archives into digital archives, such a conversion took some resources
in order either to digitise documents and sometimes convert them in formatted text either
to do the same on drawings and sketches trying to store a vector version.
Almost twenty years ago scanners with raster vector conversion where a best seller
and companies started to turn their huge archives from paper and microfilm to digital.
This rush to digitise was driven by powerful incentives, including the ability to
make perfect copies of the so called digital originals, to publish them on a wide range
of media, including a significant acceleration due to the Internet enabling distribution
and dissemination over networks. Publication of contents on the Internet allow people to

eformat and convert them into alternate forms, to locate them, search their contents, and
retrieve them, and to process them with automated and semi-automated tools.
More recently they started the opposite process even asking for microfilm machines
processing digital data in order to obtain microfiches. However, today’s data storage
methods include digital storage and more and more organizations store more and more
of their organizational information digitally. Surprisingly little attention is given to the
preservation of digital information over long periods.
Historical Background on Initiatives
From Hammurabi codex to digital Rosetta Stone.
Long term preservation of digital content
In December 1994, in the United States the Commission on Preservation and Access
and The Research Libraries Group created the Task Force on Digital Archiving. The
purpose of the Task Force was to investigate the means of ensuring “continued access
indefinitely into the future of records stored in digital electronic form.” Composed of
individuals drawn from industry, museums, archives and libraries, publishers, scholarly
societies and government, the Task Force was charged specifically to:
1. “Frame the key problems (organizational, technological, legal24 , economic etc.)
that need to be resolved for technology refreshing to be considered an acceptable
approach to ensuring continuing access to electronic digital record s indefinitely into
the future”;
2. “Define the critical issues that inhibit resolution of each identified problem”;
3. “For each issue, recommend actions to remove the issue from the list”;
4. “Consider alternatives to technology refreshing”;
5. “Make other generic recommendations as appropriate”.
The Task Force issued a draft report in August, 1995. An extended comment period
followed, during which a wide variety of interested parties located both in the United
States and abroad contributed numerous helpful and thoughtful suggestions for improving
the draft report, many of them were incorporated in the final report issued on May 1996.
On the occasion of the International Conference on ICT for cultural heritage called
CULT-H held in Vienna on 1999 a specific session and exhibit was devoted to aging
of media and information preservation. Panels with disintegrated magnetic-tapes, dusty
computers and “melted” floppy disks recalled merely the physical side of the problem.
24 Autenticity of the document, integrity of the content, certification of the source and time related information.
2

2 2
Studies and research were carried out in the following period of time; in 2002 on the
occasion of the International Conference on Digital Libraries sponsored by the Association
for Computing Machinery a “Panel on digital preservation” was held.
Reagan Moore from San Diego Supercomputer Centre introduced the levels of
abstraction that are needed to create infrastructure independent representations for
data, information, and knowledge; in addition a prototype persistent digital archive was
presented. The persistent archive infrastructure has been developed for use by the National
Archives and Records Administration and other Federal agencies.
NARA’s Vision for the Electronic Records Archives states: “The Electronic Records
Archives will authentically preserve and provide access to any kind of electronic record,
free from dependency on any specific hardware or software, enabling NARA to carry out
its mission into the future.”
William Underwood reported on lessons learnt in preserving digital records created
on personal computers and more specifically the digital records created on personal
computers during the administration of President George Bush (1988-1992).
Digital fragility: problems and issues
ALfREDO M. RONCHI
The general problem can be structured and analysed. On the top of a theoretical
taxonomy we may identify two main branches:
a) Hardware / firmware and software aging and disappearing; such problems are mainly
but not only related with preservation of devices and computer controlled functions.
This refers to car components, electronic devices such as cameras, video, Hi Fi Stereo,
major part of artistic installations and even machinery usually designed for long lasting
life (i.e. the ones controlled by relays in the past now incorporating micro chips).
A significant overview on such a problem was provided by a 1995 report from the
American National Research Council in the following statement: “The fact that most
electronic hardware is expected to function for no more than 10 to 20 years raises very
serious problems for long-term (more than 20 years) archival preservation. Even if the
operating systems and documentation problems somehow are dealt with, what is the
archivist to do when the machine manufacturer declares the hardware obsolete or simply
goes out of business? There will be an IBM or Sony in the year 2200? If they still exist,
will they maintain a 1980-1990 vintage machine? Moreover, it must be realized that no
archival organization can hope realistically to maintain such hardware itself. Integrated

circuits, thin film heads, and laser diodes cannot be repaired today, nor can they be readily
fabricated, except in multimillion-dollar factories.”
b) Now leaving hardware preservation apart we can focus on the other side of the
coin, “simply” content preservation. An even increasing number of Institutions,
organizations and companies store more and more of their organizational information
and content digitally. Furthermore, according with Moore’s law computer technology
makes available new generations of systems, which are more powerful and more cost
effective, and thus, are quickly adopted usually loosing some backward compatibility.
As soon as old technologies are replaced by new generations of hardware and software,
new data formats PICT, GIF, TIFF, BMP, JPG are introduced. Over time, we are
losing our knowledge of how the previous generations of systems stored and accessed
documents, simply consider vector graphics file formats over the last two decades:
IGESs, DXFs, DWGs, Open Inventor, VRML, etc.
Within many organizations today, world-wide, digital documents that are official
records must be categorized and managed in accordance with approved records schedules
that should differ from country to country but basically they force to retain, by law, data
for at least a minimum period of time. These records must be retained and accessible
throughout their life cycle in accordance with the same laws and standards that govern
paper records.
This means usually more then 90 years for medical records, ten years for basic
technical documentation and accounting, 75 years for copyrights a “potentially unlimited”
amount of time for historical records and state archives.
In the United States, for instance, in the case of government documents the law
dictates that an official Government record must be classified into one of 26 retention
periods set forth by the Archivist of the United States. These retention periods range from
30 days to Permanent storage and include time periods of 30 years, 50 years, and 75 years.
In addition there are special requirements such as archives of copyrighted information
created in order to preserve content till the expiration of copyrights and public domain
fruition, this means in Europe more then 75 years storage.
Let’s take a break and consider another point of view like in the story of optimist
looking at the half full glass, the pessimist looking at the half empty glass and the engineer
looking at the oversized container.
From Hammurabi codex to digital Rosetta Stone.
Long term preservation of digital content
2 3

2
Storing content in digital format we do not only face problems and potential danger,
one of the positive aspects of digital object is “cloning”, this solves the eternal conflict
between preservation and access. In order to add some more positive aspects, Internet
technology thanks to de facto standards and almost platform independency has improved
the potential life span of its own content.
ALfREDO M. RONCHI
In order to approach long term preservation of pure content we can list the different
levels of complexity and function to be preserved. Content and functionalities to be
preserved could range from:
1. Plain text (for a long time the essence of interoperability and long term format);
2. Text with specific formats and functions (such as camera ready pages, spreadsheets,
database import/export formats)
3. Multi/hypermedia content (images, movies, sounds in different formats, links, refs);
4. Technical Sketches, 3D models (vector graphics, interactive scenarios);
5. Content deeply merged with specific applications (archives, data base, , video games,
custom applications);
6. Interactive installations, enhanced virtual reality applications, etc
7. Future applications involving a higher interaction with users and heterogeneous
distributed data structure.
Of course each of such different levels of content complexity requires different
efforts in order to be preserved or restored. Is evident that plain text is easy to maintain
whilst videogames requires usually emulation or preservation of original platforms,
where emulation means even speed reduction of emulators in order to provide the original
performance to the game.
The rationale of preservation strategies and main approaches
Preservation of digital and electronic assets covers a wide range of interests: from
high level and mission critical information and applications to every day life “objects”.
Such a relevant task will involve both high skilled ad hoc organisations and citizens, the
first ones saving military or census records the second ones saving their photos, music,
documents.
The idea that once you have done the hard work to convert your original in digital
format your reached the “safe” side of the river does not reflect reality, once you have

your digital data, bit streams, you simply start to consider a different strategy for
conservation.
One of the first things to consider is that content has its own life cycle, even if
“paperless” office has created much more paper than ever and low cost storage technology
has created terabytes of digital garbage we must take into account what is relevant and what
is not, not only because preservation of data will cost some resources but even because
un-useful data will simply increase “entropy”. Another relevant aspect in preservation of
information is related to data refresh rate to understand fixed information and dynamic
information.
Once defined the life cycle of our data this will influence even their own creation 25
and will generate an accounting record for resources to be invested in preservation.
Prevent is better then care if we define preservation strategies we are half way to the
solution. Accordingly with the nature of the problem and related potential strategies some
interventions are:
From Hammurabi codex to digital Rosetta Stone.
Long term preservation of digital content
• Refreshing – in order to avoid physical decay of data on magnetic storage media,
information is simple refreshed every time a predefined time span is elapsed. There
are specific software applications in order to look after such a process. If the storage
media is write only or a significant portion of the life time of magnetic media has
elapsed the system will move data on “fresh” storage media.
• Printing / microfilming – sometimes the last resource, keep data in safe between one
generation and the next one. Unfortunately there is some digital stuff that does not fit
on paper or microfilm format. Under such a circumstance, technology does not help
because delivers everyday new generations of “digital objects” increasingly different
from traditional ones. How can we revert a digital signature in paper format or a
cooperative document created in on the fly? How can we store permanently wikies or
blogs? How can we manage interactive electronic art installations?
• Multiple Instances (copies) – this should be considered as a human philogenetic
approach. In order to increase the opportunity to survive they simply replicate as
much as possible (refer to the Meme’eye Web 26 ).
25 In terms of quality, quantity, technology, format, etc
26 “The Meme’s Eye Web”. Susan J. Blackmore argues that memes have shaped human nature. By driving the
evolution of the machinery that copies them, memes created the enormous human brain with its specialised
capacity for language.
2

2
Now starts the hard stuff, we are not merely dealing with plain text or simple
documents, the three approaches here under are often to be considered as alternatives. The
choice amongst them is to be carefully considered both at the moment and long term.
• System Preservation – this is the hard way to keep alive vintage technologies such as
FORTRAN II or PDP11. To let old computer machinery work and perform properly
for a reasonably long period of time is either very expensive and difficult. Some times
this approach suggests buying used equipments in order to cannibalize them in case
of need.
ALfREDO M. RONCHI
• Emulation – this approach looks like one of the most attractive even because of the
chimera of the “universal emulator” enabling every vintage application to run on up
to date computers without requiring the original system to be preserved. Referring to
very common applications and single computer system emulation, video games like
PAC MAN are usually preserved in such a way. Of course emulators could be shared
amongst groups of applications originally running on the same platform. Problems
arise if the application needs to interact with some specific software configuration of
hardware device (i.e. Sega Goggles or Nintendo PowerGlove).
• Migration – is an alternative both to preservation and emulation of vintage systems,
the idea is to migrate/move the digital information and/or application to a new system.
Migration technique is very useful and widely used in software industry in order to
move applications and database management systems from one system generation
to the next one. One of the key points in such a process, is to start migration before
knowledge related to the application is lost. Dealing with personal information
managed by desktop applications, internal data formats and functionalities are not
known by the owner of information so he must rely on third parties for migration
having no direct evidence of how fast knowledge is lost. In such a case it could help to
have an additional copy of content coded in different standards (i.e. Internet technology
standards). Open source software should help thanks to availability of the source code
but, this is relevant only for users very skilled in software engineering, for major
part of content producers is not relevant at all. Forward migration of digital objects
to a new system generation is time consuming and costly, in addition if we consider
one of the basic philosophical rule of conservation 27 , minimize harm, migration
27 Conservation as a countinous process of taking care of things.

should instead maximize harm. Migration process involves data modification; such a
modification will degrade the information if the new format will not incorporate some
feature of the original format. Some test were carried out in the past, for instance,
trying multiple migration in circle coming back to the original format, sometimes the
two originals did not coincide.
From Hammurabi codex to digital Rosetta Stone.
Long term preservation of digital content
• Standardisation - means migration from original proprietary formats to standard
formats (i.e. Internet technology formats). If we are going to create long lasting digital
content we must start from definition of the standards we are going to use taking into
account how much they are stable and does support forward migration. The idea to
move from proprietary formats to de facto standards means that knowledge of data
formats should always be available even if the standard we choose will no longer be
supported. Standardisation addresses two of the challenges outlined speaking about
migration: loss of information due to loss of knowledge about it, degradation of the
content due to multiple migrations. The question of course is how to choose the right
standard in order to support the information necessary for organisational preservation
and how will a future user determine what standard was actually used to preserve
the information. A possible and reasonable solution for a similar problem is the use
of metadata; such are XML, enabling the rich description of the standard used by
original owners. This process is usually called encapsulation.
• Encapsulation – this resource points to ensure future use of data wrapping the digital
object to be preserved and accessed later on within a human readable skin. The
wrapper could contain plain information that both supports organisational preservation
and documents the preserved object in order to allow future users to decode and
access it. Because there is not a unique and optimal solution encapsulation has two
main challenges. The first considering actual applications is the need to generate
encapsulated digital data directly from applications. Since current applications are
not able to produce such data, an plug in or post processor must be developed and
added to existing applications. The second challenge is the potential storage overhead
due to the addition of encapsulated information; each record could be enriched with
descriptive data. As a positive effect of mixing together preservation methods if we
refer to data standard with our encapsulated records we can save a significant amount
of storage but how long published standards will be available for?
2

2
Migration and encapsulation are in some sense related and dual, but if migration tries
to solve the problem in advance when both detailed information about data and systems
are available, encapsulation represents potential self-sufficient package of information and
data that we deliver to future generation hoping to have included as much information as
needed in order to let them be able to manage and read digital objects they received across
the time.
Trying to summarize this topic: there is not an unique or optimal solution to
preservation problems, the basic approach is to refer to experts and consultants in order
to identify the proper strategy and related physical implementation; as ironically stated by
Jeff Rothenberg in Avoiding technological quicksand, “Digital documents last forever, or
five years, whichever comes first”.
Economy and Infrastructure
The management of the whole problem involves several different aspects in addition
to bare technological ones, there are administrative, procedural, organisational, legal, IPR
and policy issues surrounding long term preservation of digital content. This increased
complexity is due to the different nature of digital versus physical traditional documents.
At least one aspect could be outlined before drawing the conclusions: the costs of
preservation. This means to take into account from the beginning, on the occasion of the
design phase of a long term data set, the best way to ensure future access to information.
This approach could involve some feedbacks on the way to choose technology and
standards and even the way to shape data sets. Once the data set is created running costs, in
addition to infrastructure costs, could include: additional room on storage devices in order
to archive copies and /or documentation and metadata, software application managing
data refreshing, costs related to porting or emulation.
Some remarks
ALfREDO M. RONCHI
Long term preservation of digital content is a big challenge in Information Society
era, digital information in any form is at risk to be lost forever. Technology on which
digital content relies becomes obsolete and application versions and files formats change,
making data soon inaccessible. Even if content is coded in the simplest format, such as
ASCII code, storage media degradation and obsolescence could make content disappear.

On-line information such as web pages and databases are vulnerable as much as their web
structure become complex thanks to hyperlinks and cross references. There is a number
of studies and projects actually carried out at world wide level starting for instance from
the relevant work carried out care of the Task force on Archiving of Digital Information
(94-96) on mandate of The Commission on Preservation and Access & The Research
Libraries Group Inc.. OASIS Open Archival Information System project, CAMiLEON
emulation and VERS Victorian Electronic Record Strategy together with the ERA activity
launched by NARA, Interpares I,II and III are some of the most known. In addition a
comprehensive vision on electronic record management standard is provided by the US
Department of Defence within the report entitled “Design criteria standard for electronic
records management software applications” (dod 5015.2 STD) 28
Last remark, it is very important that both researches and studies on the present topic
will be carried out by interdisciplinary groups in order to guarantee an effective approach
to a problem that concerns the foundations of the “digital era”.
Perhaps the only chance to avoid Technological Quicksand 29 is to find in the digital
desert the (Digital) Rosetta Stone 30 .
From Hammurabi codex to digital Rosetta Stone.
Long term preservation of digital content
28 Available at url: http://jitc.fhu.disa.mil/recmgt/standards.html
29 Jeff Rothemberg, Avoiding Technological Quicksand.
30 Alan R. Heminger, Steven B. Robertson, “The digital rosetta stone: a model for maintaining - long-term access
to static digital documents”, Communications of the Association for Information Systems, volume 3 article 2 Jan
2000.
2

2 0
ALfREDO M. RONCHI
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24. Bearman, D., Reality and Chimeras in the Preservation of Electronic Records, D-
Lib Magazine, Vol 5 No 4,April 1999, http://www.dlib.org/dlib/april99/bearman/
04bearman.html
From Hammurabi codex to digital Rosetta Stone.
Long term preservation of digital content
25. Reference Model for an Open Archival Information System (OAIS), Consultative
2

2 2
Committee for Space Data Systems, CCSDS 650.0-W-4.0, White Book, September
17, 1998, http://ssdoo.gsfc.nasa.gov/nost/isoas/ref_model.html
26. Waugh, A., Wilkinson, R., Hills, B., & Dell’oro, J., Preserving Digital Information
Forever, CSIRO CMIS Technical Report (forthcoming).
27. Weibel, S., Kunze, J., Lagoze, C., Wolfe, M., Dublin Core Metadata for Resource
Discovery, RFC 2413, September 1998, ftp://ftp.isi.edu/in-notes/rfc2413.txt
28. Duranti, L., Eastwood, K., The preservation of the Integrity of Electronic Records,
http://slais.ubc.ca/users/duranti/into.html
29. Hedstrom, M., Migration Strategies (Draft), Prepared for Experts Committee on
Software Obsolescence and Migration (1996), May 1997, http://www.sis.pitt.edu/
~cerar/ftp-docs/Mig-Stra.doc
30. Keeping Electronic Records (Policy for Electronic Recordkeeping in the
Commonwealth Government), National Archives of Australia, http://www.naa.gov/
govserv/techpub/elecrecd/KeepingER.html
31. Recordkeeping Metadata Standard for Commonwealth Agencies, National Archives
of Australia, Version 1.0, May 1999, http://www.naa.gov.au/govserv/TECHPUB/rkms/
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32. Functional Requirements for Evidence in Recordkeeping, University of Pittsburgh,
School of Information Sciences, http://www.lis.pitt.edu/~nhprc/
33. Keeping Electronic Records Forever, Records Management Vision Development,
prepared by Ernst & Young Public for Record Office Victoria, 1996, http://home.
vicnet.net.au/~provic/vers/kerf.htm
34. Victorian Electronic Record Strategy, Final Report, Public Record Office Victoria,
1998, ISBN 0-7311 5520-3, http://home.vicnet.net.au/~provic/vers/final.htm
35. Management of Electronic Records, Public Record Office Standard (PROS) 99/007,
http://www.prov.vic.gov.au/vers
36. Yergeau F., UTF-8, a transformation format of ISO 10646, RFC 2279, January 1998,
ftp://ftp.isi.edu/innotes/rfc2279.txt
37. Documenting the Future (Policy and Strategies for Electronic Recordkeeping in the
New South Wales Public Sector), State Records New South Wales, 1995, ISBN 07310
5038 X, http://www.records.nsw.gov.au/publicsector/erk/dtf/tofcont.htm
38. Extensible Markup Language (XML) 1.0, W3C, 1998, http://www.w3.org/TR/REC-
xml
ALfREDO M. RONCHI

39. Resource Description Framework (RDF) Model and Syntax Specification, W3C,
1999, http://www.w3.org/TR/REC-rdf-syntax/
40. Levy, D., Heroic Measures: Reflections on the Possibility and Purpose of Digital
Preservation, Proceedings of the third ACM conference on Digital Libraries,
Pittsburgh, 1998, p152-161
41. The Universal Preservation Format: Background and Fundanmentals, Sixth DELOS
Workshop: Preservation of Digital Information, Tomar, 1998, http:/www.ercim.org/
publication/ws.proceedings/DELOS6/upf.pdf
42. Australian Standard on Records Management, AS4390-1996, Standards Australia,
ISBN 0-7337-0306-2
On Line References
http://www.interpares.org (InterPARES project)
shttp://www.ispo.cec.be/ida (Moreq project)
shttp://jitc.fhu.disa.mil/recmgt/ (Standard 5015.2 “Design Criteria Standard For Electronic
Records Management SoftwareApplications” US Department of Defense)
shttp://ccsds.org/RP9905/RP9905.html (OAIS standard)
shttp://sdsc.edu/NARA (National Archives and Record Administration)
http://www.archives.gov/electronic_records_archives/ (18th Annual Preservation
Conference Preservation Reformatting: Digital Technology vs. Analog Technology)
http://www.npaci.edu.DICE/Pubs (National Archives Washington & S.Diego
Supercomputer Center)
From Hammurabi codex to digital Rosetta Stone.
Long term preservation of digital content
2 3

Activities and processes
in the protection of long term digital contents
MATHIAS JEHN
(German national library – Frankfurt on the Maine)
In the search for the various strategies for the protection of digital contents in
Germany, it is necessary to characterise the single types and duties of the various libraries.
The role of the German National Library is very specific: according to law it includes
the entire scientific and cultural “production” of the country, more and more in a digital
form. Therefore the German National Library must face the problem of not only archiving
information according to text but also the audio-visual objects, web pages and respective
programmes.
Current interpretation of the law on the German National Library of 22nd June 2006
includes an extension to the traditional form of collection with bodiless works, in other
words with Internet publications such as e-mails, newsletters, digital magazines, Webloks,
electronic books, data banks or, in general, pages on the Internet. According German
author rights, the reproduction of protected author materials is prohibited. Consequently,
users only need to use the works in the study room inside the Library. However the free
objects, or the objects transformed as such through the author’s permit, are also used on
the Internet or elsewhere. In the spirit of the new law the Library must provide this kind
of use within 5, 10, 20 or more years.
For this reason the German National Library is working towards the development
of concrete protection of the preservation of long term digital contents and this is on a
technical and strategic level.
These procedures should also include the supports that in the past were sent to the
Library with the old law and whose information is now difficult to use on a technical
level due to the aged technologies and the obsolescence of data support. For example, if
we think of the electronic publications on disks, on CD’s, on tapes or on cinema tape. In
the near future the general formulation of the law of the German National Library on the
obligation to collect all bodiless work will be discussed in order to expand and indicate
the most specific regulation in the field of this new law.
2

2
MATHIAS JEHN
As far as norms are concerned, the obligatory deliveries of objects must be regulated
(“Pflichtablieferungsverordnung”) together with the collection measures. From an
operative point of view, new procedures must be implemented in the German National
Library in order to receive and elaborate the objects directly with the users. On a strategic
level, an attempt will be made to find new members and national agreements in order to
digitalise old supports that are currently in extremely bad conditions. New partners are
important to solve problems in the field of audio, but also for better use of the publication
of written texts. From a technical point of view, concrete work is carried out towards the
development of an archive of long term digital contents.
As indicated above, several institutions are involved in facing the challenge of new
solutions for digital data and their relative distribution. With the support of the ministry
of education and training of Berlin, the German National Library has created three large
projects that I would like to introduce very briefly.
1. nestor: Network of Expertise in Long-Term Storage and Availability of Digital
Resources in Germany, from 2003 to 2006. Since 1st September the Nestor II project
has been extended for another three years.
2. kopal: a cooperative construction of archives of protection of digital information from
2004 to 2007.
3. epicur: Enhancement of persistent identifier services – comprehensive method for
unequivocal resource identification from 2002 to 2005.
On the first point, therefore the nestor project, we can see that not only the German
National Library but many other national and international institutions are search for
solutions for the long term contribution of electronic resources through reliable archives.
In order to focus and transmit the various activities, the German National Library has
created the nestor project. The objective of the project is the construction of a network of
skills for the protection and disposal of long term digital contents for Germany.
The project has now been extended until 2009 and guided by the German National
Library it includes six members on a national level: the State Library of Munich, the
Central Governmental Archives of Coblenz, the computer service and digital supports of
the Library of the University “Humbold” of Berlin, the University of Hagen, the Institute
of the Faculty of Museums in Berlin and the Library of the University in the province of
Niedersachsen in Gottinga.

The necessary special skills for the duty of “protecting digital contents on the long
term” is distributed across a wide spectrum of people in various institutions, organisations
and economic companies. nestor wants to become a platform of information and
communication in order to unify activities related to the protection of long term digital
contents that have already started, including new measures. In this way the project
creates a constant cooperative infrastructure in which the various special skills are
mutually integrated. With regards to centralisation of special skills and duties related to
the elaboration of practical advice and certifications, the nestor project offers concrete
assistance to all of the questions related to the problem of protection of long term digital
contents, the organisation of instructions in the field of this problem and, finally, the
mediation of special experts.
Furthermore, nestor works on another general concept of effective cooperation
between all of the institutions and organisations. The objective is to provide concrete
advice to protect the digital contents on a long term. The following results have already
been achieved by the project:
1. a portal of information, based in the Web network, in German and English with various
offers and proposals for the protection and sharing of long term digital resources in
Germany: furthermore, an attempt is made to collect all international activities. The
page www.langzeitarchivierung.de includes material on specific topics related to the
protection, documentation of conventions, databanks with information and tests on
national and international publications and, finally, programmes and data on trade
fairs or congresses.
2. criteria for reliable digital archives and advice for a certification measure of digital
archives.
Activities and processes in the protection of long term digital contents
3. the principles of protection of long term digital contents, also containing advice for the
collection measures and the selection criteria of a digital archive
4. public training for common awareness of the need to preserve digital sources in the
field of small and large museums and archives
5. a project for a long lasting organisation of the network of skills at the end of the project
phase in 2009.
2

2
The objective of the second project kopal is the development, test and implementation
of a cooperative archive system, allowing for long term connection with digital information.
The base of the system is the “Digital Information Archiving System” (DIAS). DIAS has
been created with the cooperation of the royal Library of Holland and the company IBM
in Germany. In the field of kopal the project currently develops previous work according
to their needs. Due to the fast technical progress in digital publications, new formats of
data are applied more and more.
Every format of data must correspond to special programmes for presentation and it
is connected to certain kinds of computers and system managers. In order to develop the
kopal a wide strategy for the protection of long term digital contents needs to be created,
suitable to use the data contained in the future. At the same time, the same digital flow
of data must be preserved because it is under danger due to the limited duration of data
supports and relative technology in the field of preservation of data in the computer.
The other duties are initially the definition of technical metadata and contents for
the preservation of protection capacities of digital contents: secondly, the standardisation
of the structures of objects and the transfer courses of data within the system. The project
includes and puts the standardised applications among manufacturers of digital resources
to the test together with the deposit systems and the document servers for services to end
users.
The connection through simple and effective openings of the system allows for
the systems to be concentrated on their central duties in the publication and information
process according to the order of succession. The project attempts to pursue in this way
through the development of the system with the final objective of expanding cooperative
use to other libraries, museums and archives and, in general, to the circle of the so-called
“memory institutions” with its scientific archives of databanks. Since the beginning of
this year the project has presented an initial prototype accompanied by intensive tests.
Half way through the year the kopal project began the introduction of “real” data in the
system.
MATHIAS JEHN
The third epicur project includes the development of the so-called Persistent
Identifiers with the abbreviation URN. These Persistent Identifiers cerate special addresses,
regardless of the area for digital objects. At the same time the system guarantees a long
lasting application of digital resources. The method allows for a long term and reliable

Activities and processes in the protection of long term digital contents
mention of the publications in the network in the form of stable links that are connected
with the Uniform Resource Locator (URL’s) in the documents or in the catalogues as a
test instrument. Research for the electronic publication becomes much more efficient
as a unique and universal reference exists for electronic publications. How does this
system work? An URN is a standardised number, similar to the ISBN of books. For
example, the German National Library distributes numbers for network publications and
for digitalisation and administers them on a central server.
When a search is made on the internet for a URN, this number should be indicated
in the access area of the browser. The browser translates the URN into the relative URL
(especially in the original and archive URL) and moves to the document requested. The
members of the project control numerous URL’s, the epicur includes a change. The
URN, however, just like the reference number is always the same. Most of all scientific
researchers can enjoy the advantages of this project. The project allows for fast and cheap
publication on the Internet. Scientific researchers have a reliable and long lasting reference
for text written on on-line publication. These three projects indicated prove that in the
German National Library not only the knowledge of importance and the possibility of
electronic resources has clearly increased in the last few years but, at the same time, the
concrete use has also increased according to future demands.
As far as we are concerned, the international change of experience is a vital aspect,
highlighting most of all the universal need to preserve our cultural heritage.
2

2 0

NITYA KARMAKAR
(University of Sydney)
Progress in digital preservation:
an Australian experience
First of all my special thanks to the organizing committee for inviting me here. It
is a really exciting experience. I have some Italian connections also, as you know Sonia
Gandhi is the most powerful person in India and I am of Indian origin. The second thing
is that I also worked in Trieste as a theoretical physicist at the International Centre for
Theoretical Physics, but for the last 15 years I have worked in the computing field, both in
applications and also in development.
My talk is a combination of both – some scientific and some management issues.
I have taken part in some really nice presentations that I really am scared to think of
my contribution to you now. One thing I like here is the audience: they are so quiet, so
dedicated, nobody leaves, so it is a beautiful experience I’d like to have you on other
occasions, too.
No one has used the expression “paradigm shift” here, it is something new I will be
talking about in digital preservation.
The preservation challenge, like other challenges, is a big one. A few months ago
Google has decided to digitize all textbooks and many authors were scared about what
was going on. Then it was decided that with those who agreed, they would digitize their
books for them. The idea of digitizing all is just scary.
- Australia’s response: I am concerned more with the Australian development, because
we are separate from the international development.
- Australasian Digital Record-keeping Initiative. Whenever we talk of Australasia we
consider only another country that is much developed: it is New Zealand.
- Uniform Australian Approach: what does it mean? In Australia we have one government,
we call it the Commonwealth government, which is similar to the American system.
We have various states and a few territories; every state has its own key issues, so we
have to bring about some uniformity.
- Key issues
2

2 2
- I will show something about the Public Record Office in the Victoria State; they are
very developed and pioneering in digital preservation. I will give you a snapshot of
what the Public Record Office of Victoria is doing.
- Then my concluding remarks.
Why do I call it the paradigm shift? The information revolution has radically changed
the concepts of our work and long-term preservation of all records. Corporate information
is now shared via e-mail, websites, shared folders and relational databases. Documents are
saved in digital forms in several media. The paper-based preservation has been replaced
by digital preservation.
You know that we have to keep paper also, but where shall we keep it? We have no
space, because the population is growing, although not everywhere, and the government
agencies are not going to spend money to preserve paper-based information.
So what is the preservation challenge? We need reliable and authentic records
accessible for many decades. Global competitiveness: someone talked about competition
and this is also a challenge. Efficiency and time demands, electronic systems and formats,
and digital solutions are unstable.
What are the problems? Rapid obsolescence of: data formats, digital media, changing
densities, hardware, software operating systems and applications. And physical instability
of digital media. You know that so many things are coming, now we are moving to the
USB drive; all is getting smaller and smaller.
Australia’s track record in digital preservation
Regarding Australia I can tell you something, because I have been living there for
the last 20 years. I lived in Germany about 4 years then I went to Australia: it is very
developed regarding Internet use. Library communities are very developed though NLA
and PADI as we call these web resources. Another thing also much used in Australia is
land preservation, all information, map and also archives and community. We will talk
about archive and community more.
Data migration: media deterioration, media obsolescence, we will talk of software
and personnel. There is a shortage of skilled people; time cycles. Then emulation,
presentation versus preservation.
NITYA KARMAKAR
It is not possible to preserve all the documents. I have heard that the WTC consortium
in Europe is moving to XML. In Australia also preservation is being done in XML.

International standardization vs. proprietary; extensibility and adaptability, platform
neutral and commodity status.
The Australasian Digital Recordkeeping Initiative is very important. Number one
is the National Archives of Australia managed by the Central Government, we call it
the Commonwealth Government. Archives of New Zealand; Public Record Office of
Victoria; State Records of New South Wales, I am from New South Wales the capital of
which is Sidney. ACT Territory Records; Archives Office of Tasmania; Northern Territory
Archives Service; Queensland State Archives. There you see the different states, we also
have the State Records South Australia and State Records Office Western Australia. If
you look altogether Australia is spending a lot of money in managing and preserving the
records.
The ADRI Framework is about making and managing digital records; keeping
digital records (both in agencies and in the archives). Agencies are public agencies, in
Australia by “public” we mean the government; and private agencies also. Transferring
digital records to archives and using digital records.
Making and managing digital records:
Guidelines and tools for creating accurate and reliable records; classification and
control of metadata for records, and technology-specific issues for records (e-mail,
encryption, web-based resources); functional requirements for recordkeeping systems,
model procurement specifications, compliance assessment and/or self diagnosis and
schemes for record genres. Standard for recordkeeping metadata; methodologies for
record-keeping system design and implementation. It is very standard so I do not need to
explain.
These are really all the things to be mentioned, plus the XML format in which
records are kept in Australia.
So when a record is kept, and used, and put in the archives, what is the guideline?
What are the preferred data formats and methods for transferring records to archival
custody? Whenever it comes to archival custody it is up to them, it could be state-based or
community-based. It depends on where the record origin is and on the type of record.
Methods for automatic transfer of recordkeeping metadata. Maintenance of
provenance and authenticity.
Standards for:
Progress in digital preservation: an Australian experience
2 3

2
transfer between government agencies and from agencies to archival custody;
minimum authenticity requirements and transfer media.
We keep the databases and provide a website, www., plus different metadata sets
(AGLS, AGIFT).
The public standard is ISO 14721, I think that Europe has something similar: data-
centre, up-front, comprehensive “whole-of-life” cover and implementation approaches. So
this is how we keep material, it is like a data-flow chart in ISO 14721:2003.
So how do we keep this approach? XML package wrapping; industry commodity
platforms; open, documented formats; minimize migration requirements; provenance and
authenticity mechanisms (checksums).
We use not the same environment but a lot of technology: digital signature, digital
certificate and strong password. The access regimes and implementation details are
state-determined. What does it mean? Who will be granted access? Australian states are
autonomous; sometimes they do not cooperate with the national implementation process
and every state think they have the right personnel and technology. The issues to be
resolved are authenticity mechanisms and storage media (RAID standard – redundant
array of intelligent/inexpensive disks), technology migrations, capacity planning,
repository management, scalability.
How long to keep digital records?
I have not heard from anybody any mention of the standard conservation duration, so
it might not be interesting. The Australian Government agencies have legal responsibility
under the Privacy Act 1988, the Freedom of Information Act 1982 and Archives Act 1983
to ensure the ongoing maintenance and accessibility of their records.
Accessibility to the records is determined by law and depends upon their value.
One is the temporary value, that could be after a few years, or even 130 years, depending
on how important it is. Another group is called “retain permanently in agency”: these
documents cannot be destroyed. It is not a flexible group, they must maintain it for a long
time.
NITYA KARMAKAR
As for the documents with an archival value, these can never be destroyed. Directories
cannot be disposed of, instead they will be kept in the repository of the National Archives
indefinitely. Agencies nominate groups of records when they develop a record disposal
authority. So if some privates say they cannot keep certain documents, the National

Archives takes that responsibility and has to identify whose record they are keeping. In
other words, the National Archives decides which records meet the criteria for archival
value. As the official custodian of the Commonwealth Records, it has a significant role
to play in ensuring the preservation and accessibility of digital records well beyond their
creation. That is the commitment from the Government.
The three distinct processes:
- one is quarantine, i.e. the record is checked for viruses and for completeness against
the list provided by government agencies;
- preservation, i.e. records are preserved (normalized, or converted, into open formats)
using an in-house developed software application that we call Xena (XML Electronic
Normalizing Archives) and is based on XML;
- storage, i.e. records deposited for a long-term storage in a digital archive.
So it depends upon the agency that will keep it.
This is again the data flow diagram showing how we preserve documents.
Archival preservation
Investigating what we should do; investigating the proposed solution; metadata;
implementing the solution and implications of the solution.
The objectives:
- Don’t adopt preservation solutions which close off future options
- Stop thinking about preservation as an end: it is a means to future access. So holding
issue.
Progress in digital preservation: an Australian experience
is not the end, if we are preserving and nobody is getting access it makes no sense.
Preservation comes at a price and we should not be afraid to articulate it. Influence
decision-makers on their terms.
Why should we be cheerful in Australia?
Greater understanding of the issues: people understand that this is a very important
Conceptual tools in place, means how can we preserve them?
Cross-governmental responses: the government loves to spend money on it.
E-government initiatives in Australia are very good, with e-commerce, e-services.
These are unique opportunities.
Heavy duty preservation projects.
The problem is not fully internationalized yet, so I mean the international record
2

2
management, because we cannot do one solution only, we must keep en eye on other
international development. Handcrafted preservation will not do, but we also have skill
shortage. I think that professor Ross mentioned something as courses at university level in
digital preservation; in Australia, in university we have no such thing.
others.
Archives are slow in learning how to manage change projects and to work with
The newest skills, the necessary conceptual tools, a certain awareness is also
developing…
It is important to have easier access to records online; if so, it will useful to spend
money on it because we have a number of projects on how to preserve.
Creation of multiple copies of records for back-up and recovery in case of disaster.
As for the threats, digital records are more vulnerable than records created in more
traditional ways.
We know that there is much technology available, but technology cannot solve the
concerns on security. We need to do other things: policies, procedures, and also education.
If you read the history of security about 70% is happening from inside, the own employees
are violating security. So there is a lack of enforcing policy and inconsistent cyber law.
When we deal with Internet it’s is very difficult to apply legal systems, because data flow
from one country to another.
I will go very quickly through the Victorian Electronic Record Strategy (VERS).
Victoria is the name of a state, where a very nice VERS strategy was developed by the
Public Record Office of Victoria, a governmental organization. The VERS mission is
“to promote the understanding and effective adoption of VERS across the Victorian
Government and beyond” – so they provide some consultancy – “and leading to accurate,
reliable and authentic records, supporting open and accountable government and preserving
digital heritage.”
We already know what the digital heritage is. I like the mission very much, because
everything is covered nicely there.
These are the technologies in place. One is VARS In Agencies, that covers also
private organization and smaller ones. They provide their work on digitization to the State
Government.
NITYA KARMAKAR
Then there come the Commercial Shared Services; some jurisdiction, A and B. If

it is private information, it is jurisdiction A; if it is the Government, B. So you see that
government and private information is divided this way.
This is what happens in one state and the program has been developing. The period
2004-2009 is seeing the adoption of VERS with 4.2 million Australian dollars, that is
about 3 million euro. In total, 18 millions in Australian dollars.
This is a government regulation that documents what we preserve in XML and on
PDF files also, so nobody can change them. It is mandatory in the Victorian government.
The VERS format
Long-term format
Encapsulation
Self documenting
Digital signature
VERS Centre of excellence
They do:
Progress in digital preservation: an Australian experience
market development
build the digital archive
agency implementation support
colla boration and information delivery (they gather from Government, Office of the
Chief Information Officer, Business, Academia, Research)
This is how they implement different document management and record management.
If I need something I can send them an e-mail and they will reply to me. If I need some
certificate they can generate it. It is quite good.
The new government client services:
streamlined and quicker transfer process
safe and secure storage for permanent electronic records
quick and easy online retrieval of records
Services are available since mid 2005.
If you look at the whole process, you can see that it is relatively new. This is again
another data flow chart (slide 46/59, N.d.T.).
These are some on-line pages I took as a demonstration. You can click on them and
you will be given some information. You can look at the documents. If I need something
these organizations provide some support also.
2

2
Talking about this particular State, the lessons learnt are its vision, strategy, program
planning and delivery, with continuing funding. This program is part of a long-term reform
agenda.
The future goals are: a practical route map, increased vendor support, targeted
digital transfers, support of the Australasian Digital Recordkeeping Initiative. This means
that we, in Australia, keep this program similar as in New Zealand and try to combine
between the two.
What is the main message of the VERS? Just do it! Don’t delay.
As my concluding remarks, I would say:
- keep digital records for the long term, and this is the main thing: we have to keep them
for the long term;
- capture records as close to creation as possible;
- use a single long-term format;
- to develop scaleable practical solutions;
- build a sustainable market for products and services, because people need to be aware
that these things are at every level;
- be standards based;
- Digital records requiring long-term maintenance need to be actively managed through
a planned, systematic and documented approach. An earlier speaker talked about it,
because there should be some planning and some standard format.
- Managing and preserving relevant digital records before they are carelessly or
unthinkingly deleted.
- A positive note: the willingness to collaborate across and between governments in
Australia and New Zealand.
So that is the very positive aspect.
NITYA KARMAKAR

Digital deposits: requirements and perspectives
STEfANO PIGLIAPOCO
(University of Macerata)
The digitalization of communications, documents, services, and processes is a
phenomenon investing by now every field of human activity; therefore the problem of
digital preservation is strongly felt. If this is generally true, it is even truer for the Italian
Public Administration, that now is due to implement a complex of norms, among which
I’d like to mention the Code of digital administration, the decree activating the service
of certified e-mail, that is, the e-mail service that guarantees the delivery, safety and
confidentiality of each transmission, etc.
This complex of norms devises a scenery in which citizens, companies, and the Public
Administration offices interact dispatching documents by means of digital technologies;
if companies are entitled to send documents by means of data transmission to the Public
Administration, then public agencies need to equip themselves in order to allow the
assertion of this right; moreover, they need to equip themselves in order to guarantee the
preservation of these documents, first of all creating digital archives, and then securing
their conservation in time.
Because of the increasing exploitation of these instruments, the Italian Public
Administration finds itself today in a difficult situation; the norms allowing certain
operations exist, but the solutions for the preservation of all the documents created and
circulating in electronic format are still being actively researched.
We are aware that most public agencies don’t have the capability to manage the
complex procedures, the legal requirements to be met, the professional competences
necessary for the long-term preservation of digital documents; they require economic
resources, qualified staff, and knowledge now unfortunately unavailable to the majority of
public agencies. Therefore, what can be done? In the meantime the amount of documents
produced in electronic format increases exponentially, and nowadays we try to solve the
problem by printing everything.
The attempt to carry on the “DocArea” project in Bologna is evolving in a research
sponsored by the Emilia Romagna Region for the constitution of a digital preservation
2

2 0
center to provide digital conservation services for all public agencies in its jurisdiction.
The idea of structures dedicated to the preservation of digital memory produced by
many different agencies has obvious economic and professional reasons, and can address
the preeminent technological issue thanks to the use of adequate technologies.
The model of reference for the certification of quality is the “OAIS” model (Open
Archival Information System) that constitutes the ISO standard in the field of computer
systems, for the archiving and the preservation of digital resources. It envisions the
creation of an organized structure endowed with adequate technologies, but also with
professionalism, and obviously with a body of formalized procedures allowing the
supplying of preservation services to a group of producing agencies.
This model is meant for a designated community, that is, a group of agencies with
compatible requirements. Therefore many producing agencies can interact with this
structure, that we call “digital deposit”, and users can address themselves to the digital
deposit, in order to obtain access and fruition. We now try to define requirements and
perspectives for digital deposits. The preservation of archives not correctly formed
cannot be guaranteed, nor the preservation of digital documents, if we do not adopt some
precautions at the moment in which they are produced. If this structure, the “digital
deposit”, is meant to supply services to a group of agencies, it will have to operate in
the phase of the production of documents. Therefore, an agreement, or a contract, must
be stipulated between the producers and the digital deposit, to formalize the modalities
in which the subjects operate in order to guarantee the formation first, and then the
preservation, of digital archives.
STEfANO PIGLIAPOCO
It becomes necessary at least to define and establish qualified electronic formats,
whose problems are quite well known by now: we know that we cannot produce digital
documents, that is, the norm now in force establishes that the format does not have to
contain macroinstructions; then, we know that the format must be independent from the
technological platform, because if I write a document using peculiar characters, and I
send this document to a colleague of mine whose computer does not support that specific
“font”, at present the windows program automatically replaces it with its default “font”.
We must be especially careful in the use of formats, so that everything the author
actually inserts in the document could be exactly reproduced in form and content. These
formats therefore must be previously established and agreed upon, so that the digital

storage, the preservation center, could guarantee the preservation based on the given
technological platforms.
Metadata from all entities must be identified; when we speak of entities we must
consider documentary units, archival units, files, but also the metadata related to the
producing subject, to the historical-institutional context in which the producing subject
operates, that is, a set of metadata that allow us not only to handle the document as a
single entity, but also as an entity connected to a producing subject operating in a well
defined context. This forms the set of metadata that must be transferred together with the
document properly said.
For these documents, transfer timing and modality must be established; they are
produced by the operating subject, then the agency, interacting with its users, acquires the
documents, protocols and classifies them, and forms the archival units; and at a certain
point it must be established when and how these documents, with all related data, must be
transferred in a digital storage.
Responsibilities must be identified and access modalities defined because once the
informative and documentary material is transferred in the digital storage, we must know
who can access those resources and to which other subjects instead access must be denied.
All this cannot be left to circumstances, but needs to be agreed beforehand by the structure
that creates the digital storage and by the producing subject.
The process, therefore, concerns both documents and the relations between
documents, as well as the archival units containing the documents and their interrelation,
the links between documents and the activities of the producing subject. We must preserve
in digital format not only files containing the digital representation of the document, but
the document plus the set of data that define and specify its production context. Obviously,
there must be technical contrivances, since every time a transfer of data and documents
occurs I need to be certain that what has been sent is exactly what is received; at this point,
before inserting any document in my preservation system, I must verify that all those
rules already agreed upon with the “supplying” subject, are “proprietary”; therefore, a
responsibility of the producing subject exists before the transfer to the digital storage; the
digital deposit acquires this documentary informative patrimony, verifies it, then absorbs
it, in order to perform the preservation in time, with all the conservation problems we have
examined in other papers.
Digital deposits: requirements and perspectives
2

2 2
The structure of the digital deposit therefore will have to monitor the technological
evolution of formats: it is not simply a structure performing when necessary the process
of document migration, but needs to constantly monitor technological evolution in order
to offer indications to producing subjects, so to help them to always use these instruments
in a correct and suitable way. Migration procedures are to be performed when technology
is outdated, but all system recordings have to be monitored, and the preservation system
should be self- documented, with recordings that allow its control to a member of the
structure, such as the preservation manager, as well as to an outside subject; let us not
forget that the Archival Superintendences act as supervisors. How can vigilance be
exerted in a system that, by definition, is not at all simple? There must be recordings, and
even a third subject should have the possibility of objectively evaluate if the system works
correctly and if all procedures are executed in the proper time and manner.
Once the informative and documentary material has been introduced in the deposit,
it will be necessary to arrange for discarding operations. Speaking of costs, surely the
costs of digital preservation are high, but they would become incredible if we preserved
in time, in a very long time, all kinds of digital objects, resources, and documents that can
be instead discarded following the norm in force; it is therefore necessary to predispose
what has always been proposed, indicated, suggested both by Archival Superintendences
and Department of Archival Assets, some guidelines for the selection and discarding of
documents, that assign to each document a mandatory preservation time, at the end of
which the document can be discarded or preserved for some more time. These procedures
must become part of the digital deposit operativeness, in order to reduce the costs that
presumably will have to be met; this affects the producing subjects that evidently must
predispose in advance these criteria of selection and discarding, as a fundamental archival
instrument.
We should moreover consider that some functions of a producing subject can be
transferred to another agency, or another institution: in that case the transfer of documents
and files becomes necessary; or, a part of the archive could be transferred to another
institution, that may be availing itself of another structure of digital deposit, or preservation
center; therefore we must envisage methods of interoperation for the deposits, so that we
can transfer data and documents from a center to another. This certainly constitutes a
challenge.
STEfANO PIGLIAPOCO

Precisely along this way proceeded the DocArea project first and the Emilia
Romagna Region today, concretely estimating the feasibility of various solutions, and
trying to analyze the economic element connected to the realization of such a structure.
The technological system has to be absolutely reliable in regard to the system’s data
transmission safety, the procedures for “disaster recovery”, in order to avoid the risk of
losing data.
Digital deposits: requirements and perspectives
In the choice of the digital deposit’s legal characteristics we should consider that the
structure must be reliable under every point of view, in order to offer legal certainties, and
must also guarantee the respect of the existing norms on archives, as said before.
An example? The Archival Superintendences should exercise their role of vigilance,
but a model that can in some way prefigure structures of this kind doesn’t exist, neither
in the code of digital administration nor in the Code of Cultural Heritage. At this time
the situation is such that in order to give concrete answers to the problem of long-term
preservation we envision structures that would somehow succeed in distributing these
services to a set of agencies, and this for obvious reasons, considering that no single
agency could independently accomplish it.
We do not have an equivalent model, we do not have any part in the normative
body that can help us to design and frame this structure in today’s operations for the
management, formation and preservation of archives.
Finally, we need to evaluate the training processes. As said, the operations to be
performed daily in this structure are of the archival or computer science kind, and we
must deal with technological complexes difficult to manage, as well as with legal issues.
We need qualified professional figures, and we need to create strategies to train
these figures. These topics are already investigated at university level, and to date various
initiatives have been launched, one of which I’d like to introduce to you today; it is the
inter-university Master program created in a collaboration between the University of
Padua and the University of Macerata, a master program in the construction, management
and conservation of digital archives in public and private agencies. We need professionals
to be able to conjugate the technological aspects and the archival ones, the problems
of conservation with the difficulty to organize activities in the Public Administration.
Certainly the modification of organizational models represents the most complex part;
digital preservation has its own complexity, but presupposes to operate into already
2 3

2
formed archives. If each single administration only carries out the protocol entry as a
simple recording for the legal purposes of attesting the reception or transmission of a
document, and doesn’t complete the classification, then the configuration of cases and files
is not carried out, and when their digital preservation is performed, only a part of the data
will be preserved.
STEfANO PIGLIAPOCO

ROSSELLA BONORA
(Province of Bologna)
DocArea Project
I would like to point out that the “DocArea” project has reached its conclusion; I
keep repeating it since the beginning of the spring, as I wouldn’t like to keep the process
of project creation ongoing, like some actors who feel compelled to play the same role all
their life once they played it. The most important aspect, I believe, is that the experience of
creating a project would be meaningless unless it is liable to be applied on a daily basis, as
we did; or else it would remain an applicable project or a research project but nevertheless
a project which, I believe, is antithetical to the daily work we are committed to.
I would like to mention two or three major aspects with regard to the subject
discussed today. One is the relation between the preservation of the digital data, its
management and the creation of Public Resources of Information. The first and crucial
aspect is how preservation and its near problems are related to a correct production of
digital data. The fundamental requirement for a correct preservation is that the production
is correct, otherwise the management results inexact. It is important to set a standard for
the preservation of digital data, search the issue and find a solution.
With respect to the former, another major aspect is how to deal with the process of
preservation. I will try to explain the latter aspect in my own words; I am not an archivist,
I am a mathematician who developed an interest in information science and as such I
believe it is not relevant to discuss the preservation of a document or of an object. Our
main issue ought to be that the preserved document transforms itself in time and how
to maintain it as a trusted accessible resource. In other words, the data accessible today
must be exactly the same data I created sometime ago at the beginning of my ‘digital
experience” as in digital terms the object I have access to is not exactly the same I created
even a minute ago.
So the two systems of management and preservation of digital data are indivisible,
even though they are two distinct matters, but indissolubly bound. And a process of
preservation is implicit in the preservation itself, as the process is equally important as
the content. The process of migration of digital data – otherwise named “transferring” or
“change” – is of the uttermost relevance, and it brings me to consider the other important
2

2
issue of how rapidly technology evolves. Considering that all the people involved in the
creation of the “digital era” in the last twenty years are still alive, the forceful acceleration
of the “digital process” reinforce my belief that we shouldn’t think whether to manage or
not the digital data, whether it is costly or not but rather that we must face the problem of
“digital management” – since everything is digital – as urged by our society, and find a
solution to it. The solution might not be perfect and might need to be implemented and,
since I believe that “perfection is the enemy of any sort of action,” we need to accept its
limits and come to terms with the fact that it is only possible to reach a certain result, that
the future is nothing similar to this moment and that we cannot foresee or imagine what
will happen in the future.
So my first goal is to continue working on the process and be able to manage the
future process without making the latter an obstacle to my present work. Considering all
the different opinions expressed at the meeting today, I can only say “Well, at this point
I need to do something: the more I let time pass by and do not confront the “digital era”
and the management of its knowledge, the more I recede in accomplishing what I have to
do at present, what I could discover within myself today, tomorrow and eventually leave
to my children.”
A third important element in our debate today is the issue of Public Resources of
Information. Nowadays information is a valuable and fundamental resource – more than
in the past as our life is based on knowledge; we can be more efficient in our conduct and
thus diminish costs simply by administering the knowledge we have at its best in view
of its future use. Not only our children will want to know what we do today, but also the
information I deal with today with the technology at disposal might not be readable, dealt
with or mastered in a near future. The preservation of administrative documents is an
issue that is part of a larger managing data process of the Public Resources of Information
and of our knowledge. I wish to answer the last question asked earlier: today the whole
debate is centered on the access and then fruition, which are in sharp contrast with the
privacy policy norms and with the way we can associate two opposing goals ensuring the
security of deeds.
ROSSELLA BONORA
When a project starts not all the problems are taken into consideration and we began
this project three years ago; maybe unconsciously I kept in my mind all these problematic
aspects while developing the “DocArea” project.

We started by dealing with the current management and the production of digital
data on the basis of the actual files. I am proud of saying that “DocArea” project is a very
democratic and shared project, created within the Public Administration by the former,
twelve provinces, about two hundred municipalities and the Emila Romagna Region. They
all joined their efforts in finding a solution to a problem which existed three years ago and,
like I said before, is based on the assumption that the more time passes the more I recede
in my accomplishment and lose opportunities I cannot recover again later. The previously
mentioned Administrations shared a common desire to change their working procedures
and develop a digital management of the administrative activity. In many cases their desire
went beyond the mandatory fulfillment of a law imposing to conform the management of
protocol, archives etc. (I trust you all know the norm I refer to). So, we started the project
by dealing with the current management.
What did we do, then, with regards to the current management? Let us start
considering the immediate issue, that is information science; it is true, as Mariella Guercio
said, that software products were entirely unsatisfactory at the beginning of the project.
Actually she referred to the present situation, namely the fact that the software products
are still inadequate, although we can affirm that there has been a growing offer made by
the software suppliers.
DocArea Project
It is our opinion that all the companies that joined the project – on the basis that
they were already established suppliers of Municipalities and Provinces – seized the
opportunity to develop and adjust their software products to the specific standards they
were provided, set by the “DocArea” project group. As a result, eighteen companies
certified nineteen products thanks to the work of a Committee that also included the
Archive Service. The joint work of archivists, administrative and information experts
was the fundamental aspect of “DocArea” project. It ensured an active collaboration in
creating a series of norms, translating them into standard rules applicable to all bodies in
order to implement the management and all administrative procedures.
Archivists as well as administrative and information experts paced with one another
in the “DocArea” project to the extent that the solutions found include the technical
feasibility of information science as well as the demands posed by archivists and laws,
the procedures relevant to this new discipline and the impact on the management and
regulations to be endorsed by the public bodies.
2

2
ROSSELLA BONORA
An interdisciplinary task force, including the Archive Service of Emilia Romagna,
worked to outline a set of standards, reference management manuals, policy lines and the
“titolario,” a manual for the management of information protocol for the Provinces.
The “titolario” for the Provinces was created in the context of “DocArea” project
since the provinces involved in the project did not have a similar one, unlike health
units and municipalities (while the regions were already actively working on a similar
project) and it resulted in the creation of a standard “titolario”. Also, we ensured that the
development of suitable instruments to accompany a document management would occur
in accordance with the criteria set for the project. Those criteria would consider just the
general public policy and a standard reference document because the instrument must be
implemented in order to be effectively chosen and used by a body. In the general project
we aimed at reaching a close fulfillment of each body’s request in order to avoid as much
as possible any subsequent and excessive customization.
We dealt with the problems related to the access of digital data and the technological
platforms created rely on a trusted technological system in compliance with minimal
existent privacy policy norms that, I believe, are rather restrictive. Taking the norms on
privacy policy as our reference, we applied them to the entire existing document system.
Three years after the beginning of “DocArea” project – that is, at the moment of its
conclusion – the various producing subjects involved had successfully installed – or,
better, their administrators have adopted – the new technological platform. I must point
out that the adoption of a new system entails not only an installation of information system
but also a specific training of the final users and a plan of assistance to them in the various
stages of the project. Although all administrations shared the same project, soma have
successfully completed it while others are still carrying it out.
We could ask ourselves, where are we now? At the moment, two are the issues at
stake: first of all, we may think the project has come to a conclusion exactly when the
final subjects are given a technical and managerial platform but we cannot think we have
accomplished the conclusion of the project. Secondly, the complete accomplishment of the
project requires the creation of a Regional Preservation Unit.
With reference to the former aspect, we created a “document management” for the
use of the archive, protocol etc. according to the law (and even something more than what
it prescribes) and it will ensure that none of the administrations participating in the project

will be under management supervision, even though the “document management” might
not be carried out properly nor can we be certain that all subjects know how they should
work at any moment. It is my opinion that there is still a discontinuity in the association
of our organizations with regards to information science, archives, administrations,
management and the rest of the “operative structures” that slowly arise.
It is an absolute priority to work on the daily management and make the administrative
activity one that is based on the “digital documentation management.” The Province of
Bologna created a task force that deals with the issues previously mentioned; also we
developed a plan that allows any organization to carry out all services and departmental
activities not on paper but rather on a digital format. We worked on the statutory and non-
statutory procedures (the latter being more abundant) making them understand how the
available platform can easily and immediately find application.
Regarding the creation of a Regional Preservation Unit, I can affirm that we did not
hasten the digitalization of analogical documents; we preferred to set a starting point from
which any document produced should be in a digital format only, although we acknowledge
that there could be along time in which analogue and digital archives coexist. Once again
I would like to emphasize the fact that we did not hasten the digitalization in the belief
that preservation is our first concern. Had we decided differently, we might have lost all
information upon transferring it to a digital format, all possible memory of it and the
opportunity to certify that the administrative actions we took were correct. With reference
to the information specified above we can conclude that we solved the issue of digital
preservation and management successfully although I would not like to disregard other
speakers’ opinions expressed today and sound arrogant. I am aware that problems cannot
be solved fully and that we must account for responsibilities and limits. Yet, we were able
to plan a framework for the management of information preservation, with regards to the
software system we created management applications for the system itself. At present, we
are planning the framework for an organization on a regional scale since we are convinced
it is the only valid and sustainable solution concerning costs and benefits. It is also the only
pursuable solution, which would allow us to manage the Public Information Resources
with the contribution of as many subjects as possible so to guarantee that all information
is kept in a shared digital deposit.
DocArea Project
2

2 0

Asolo’s ULSS
Digital Clinical Deposit
MARIO PO’,
ANNAMARIA BROSOLO
(Administrative Director and Health Director, respectively – ULSS n. 8– Asolo)
In the last three years ULSS n. 8- Asolo has laid down solid foundations for the
intensive use of digital technology in various sectors, in both administrative and clinical
domains, with the objective of placing various services on line (clinical reports, e-learning,
territorial PACS x-ray, on-line bookings, supplier’s bank statements, pharmaceutical
circulation, etc.) with the prospect of an increasingly “paper free” operation.
With this in mind comes the creation of a new documentation system, derived from
a project that initiated in 2004, which implements few, controlled steps.
The first step, which took place in the spring of 2005, was the realization of a new,
singular centralized Archive, constructed exterior to hospitals and other health centres.
It was thought out according to criteria, standards and objectives suggested by complex
logistical planning, as the Archive is integrated into the new ULSS Logistics Service
Centre’s structural-organizational context. This maximizes advantages derived from
various operative synergies with other establishments.
The Archival building measures 45.8 x 21 linear meters and has an overall area of
1110 sq. m.
All health and administrative documentation, both the historical part and the current
part, which concerns normal establishment activity, is placed within this singular archive.
Documentation to be transferred to the centralized Archive, stored in 27 old archives
(which will all be closed), had a consistency equal to about 11 km, with almost six thousand
clinical folders from 1905 to present.
2

2 2
The pre-existent state of the Archives
Number of Centres Consistency in linear meters
Administrative Documentation 14 3.345
Health Documentation 2 1.695
Clinical Folders (since 1905) 11 5.771
27 10.811
Document transfer to the singular Archive was preceded by a series of operations that
focused on the preservation of materials: all containers (files) were catalogued and labelled
and specific information of each one (type of document, year, office/department, folder/
file number, subject, etc.) was transferred to a relevant software programme that allowed
for the generation of individual bar codes to be optically read; then each container was
covered with cellophane to guarantee integrity during transport and a better preservation
against dust deposits in the archive etc.
The new position assigned to each transferred container was registered in the new
Archive using palm computers and radio frequency for the reading of bar code labels and
for the updating of the Archive’s data bank.
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO
Thanks to the introduction of the ICT cataloguing procedure, all documents assigned
to the centralized archive can be easily retrieved for any consultancy need at any moment.
Specific search functions have been developed in the data bank of the singular sections
of the archive in order to facilitate retrieval operations: the clinical folder section, the
health document section, administrative documents section, historical section, and the
storage section of documents waiting to be disposed of. The procedure also permits the
management of the paper Archive’s “productive process” giving an account of the state
and of the modality of storage space use at any given moment.

1 0 %
2 100 %
3 100 %
4 100 %
5 100 %
6 100 %
7 100 %
8 0 %
9 0 %
10 100 %
11 100 %
12 100 %
13 100 %
14 71,2 %
15 40 %
16 60 %
17 100 %
This chart, visible on the WEB site, graphically represents the percentage of physical space of
the first floor of module A (clinical files) of the Archive that has been occupied by documents
transferred up to now. Of the 17 blocks in module A, blocks 1,9,10 and 17 are shown to be
unoccupied.
The new Archive’s structure is made up of distinct spaces: an entrance space is
destined to the reception and shipping of documents, a space on the first floor is destined
to the digitalisation of clinical files and two separate spaces (with an overall area of 650 sq.
m., fitted out with 3 floors, 17 blocks and 19 shelves) are used for the material preservation
of paper documents. (Module A: clinical files; Module B: other health and administrative
documents).
Asolo’s ULSS Digital Clinical Deposit
Statistics
Total Capacity: 1833 m.
Used Space: 1288,5 m.
Unused Space: 544,5 m.
Percentage Used: 70,29 %
Allocated Units: 7046
2 3

2
Archive section equipped with cabinets
suitable for the collection and conservation
of historical documents.
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO
All remaining spaces that make up the two
modules A and B (19 shelves in 3 floors) are
equipped with Modulblock type shelving)
Allocated archive spaces are equipped with high capacity shelving and have storage
availability of about 15,000 linear meters total; a distinct section, fit out with suitable
cabinets, is destined to the collection of the most significant historical documents.

The Archive is equipped with a fire alarm system with optic smoke detectors that
are connected to the inert gas automatic switch off system’s electronic plant. A video
surveillance system was set up for the entire establishment to supervise entrances and the
entire exterior perimeter; the presence of intruders during off hours activates an alarm
system that is connected to a surveillance institute. Even the entrance of personnel to the
establishment is monitored by an entrance control system; staff carry a badge and are only
given access to areas of competence, as the access to the conservation of documents area
is only allowed to authorized archivists.
Management of the centralised Archive was handed over to a private company (R.T.I.
made up of Ascoltlc S.p.A. Argentea S.p.A., N.O.I. Cooperative, s.c.ar.l. and Intema S.r.l.
which has SMARTEST, an optics filing company, in its company structure) that possesses
specific know-how. The activities were duly regulated by relevant regulations:
• Plan for the creation of the centralised archive of clinical files and of health and
administrative documentation;
• Centralised Archive management regulations;
• Safety protocol.
However, ULSS has not externalised the regular archival function, which remains in
the powers of the institution. The principle activities carried out by the Archive are:
• management of the physical archive: deals with administrative and health
documentation (classification, retrieval, allocation and custody); requests for original
documents are also included.
• digital filing: deals with clinical files. Digitalisation occurs in a systematic fashion
for current clinical files dated from 2002 and, on-demand, for clinical files relative to
the period prior to 2002;
• management of the on-line consultation system: digitalized clinical files are
available for consultation (on the company intranet) by all hospital departments;
• web-cam management: for the consultation and reproduction of administrative
documents.
• the conversion and digital substitution of microfilm clinical documents: this
function is carried out for all of the microfilm clinical files of the 1984/1985 two-year
period.
Asolo’s ULSS Digital Clinical Deposit
2

2
Hospital
Clinical file hard-copy
request
Clinical File
Clinical
Files
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO
On-line consultation
Clinical file hard-copy
loan
Digitalisation
Clinical file
archive
The clinical file is taken from the hospital and transferred to the archive where it undergoes
digitalisation as well as hard-copy storage. The digital image is immediately available for on-line
clinical consultation. In certain cases the original copy of the clinical file may be requested.
Clinical files to be dealt with are periodically withdrawn from hospital premises.
Afterwards the same files undergo a process of digitalisation and are then archived.
Following validation, the digital images are registered on a data base server and are made
available for on-line consultation by hospital health personnel (doctors and heads of wards).
A similar treatment of clinical files for the period of 1919 (the oldest date of conservation)
to 2002 is also foreseen. Any file is subject to requests for consultation or reproduction.
This emphasises that, except for the availability of the original requested by judicial
authorities and other such cases, the clinical file, in its “original hard copy”, will not
undergo any other movement or use external to the archival structure.
Urgent, immediate on-line access to clinical files not yet digitalised has been
facilitated by a 24 hour, 365 day a year service run by staff.
Clinical files
(images)

Digital storage of clinical files
The clinical file is an important tool used in the health industry and has roots in
antiquity. With time this simple ensemble of annotations has taken on a role of fundamental
judicial-documentary importance. Today it is considered a health service evaluation
support.
Medical management is held responsible by law for the protection of the clinical
file’s integrity, for the regulation of access to those entitled to it and for its unlimited
conservation over time. Over the years, the lack of space to be destined to archives
within hospitals has lead to a proliferation of sites destined to the conservation of health
documentation (11 archives) and to the necessity to maintain numerous years worth of
clinical files within the Operative Unit.
A sole, centralized Archive was established in 2004. The quest was to conserve
and manage all documentation according to security standards and law modalities
in one technically suitable place. All clinical files were transferred there. Moreover,
a digitalisation system was realized, guaranteeing quick and easy document retrieval.
Independent to the possibility of document substitution and to its destruction, this solution
avoids the necessity of the document’s physical displacement outside the structure, yet
operating according to substitutive filing criteria. It was an important undertaking in that all
procedures were redefined on the part of Medical Management. A review of all processes
relative to various phases, from consignment on behalf of the UU.OO., to conservation in
the central Archive, from consultation to the release copies to those entitled, was carried
out.
Digitalisation of clinical files allows quick consultation to qualified health personnel
by means of telematic connections to an intranet network; access to on-line consultation
occurs from 70 remote locations equipped with high-resolution monitors. Access is
controlled and secure requiring user name, password and the use of a smart card. With
archives being eliminated from departments, ulterior advantages are gained in terms
of guarantee, security and privacy. Quicker release of health documents is yet another
advantage.
Asolo’s ULSS Digital Clinical Deposit
2

2
Principle modules in the application are:
1) archival management: includes practical aspects for archive management in
various operative phases: census, document classification and registration, printing of
identifying labels, allocation of documents in the archive, research and loans;
2) image data base creation: dematerialisation of clinical files and the creation of one
file with relative images in PDF format, verification of conformity with respect to
original document and digital signature, filling up of the image data bank;
3) on-line consultation: search for documents and visualisation of relative images on
the part of authorized personnel.
The first two modules are mainly used by Service Centre personnel for the setting
up and management of the physical and digital archive; the practical aspects of the third
module are directly enjoyed by authorized medical staff for the on-line consultation of
clinical files.
The logical applications structure is web-based and is composed of three levels (user
interface, applications, data) as shown in the diagram:
Workstation
Scanner
Computer
Scanner
Scanner
Document Acquisition
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO
Internet/Intranet Web Server
Portatile
Computer
Scanner
Firewall
Internet
information services
Applications Server
SMS-SQL Server +
storage
Database
Document
Archive
Three level Web based inter-operative applications structure

It is possible to distinguish the following components within it:
Web Browser:
The user sees the information and benefits from services via an internet browser.
Web Server :
The Web server supplies an interactive vision of information and supports
transactions sent by the user.
Applications Server:
The applications server manages services and information, making them available for
viewing and it completes transactions.
On-line consultation
This function is organized in a few phases:
Administration
This function permits administrative operations necessary for the management and use of
applications (definition of users and of groups, profile configurations, access password and
certificate management) to be carried out.
In order to use the application, the users must be represented by definition of an account
name (unequivocal for each user). The administrator gives each user a profile, in terms of
privileges and functions available to the user.
The system also allows for the definition of group users, again characterised by a profile.
The connection of a user to a group sees to it that the user does not automatically acquire
privileges.
Authentication
User access to the system is done through a normal internet browser via a secure SSL
connection. Logging on to the system is ensured by inserting a user ID, password and
smart card.
Asolo’s ULSS Digital Clinical Deposit
2

2 0
Document Research
Each clinical file is characterized by a series of features that permit the search. It is
possible to carry out a search by inserting a name and surname, a clinical file number or
by inserting any other singular feature or combination of features.
The result of the search is a list of clinical files that satisfy research parameters:
Authentication
User access to the system is done through a normal internet browser via a secure SSL
connection. Logging on to the system is ensured by inserting a user ID, password and
smart card.
Document Research
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO
View document File format Possible on-line
consultation
Each clinical file is characterized by a series of features that permit the search. It is
possible to carry out a search by inserting a name and surname, a clinical file number or
by inserting any other singular feature or combination of features.
View document
details

The result of the search is a list of clinical files that satisfy research parameters:
The area to the left shows the features of the clinical file logically regrouped in:
• Document Properties: are the most important features of the clinical file that are
always visible when this page is opened.
• Forwards: are less important clinical file features that can be viewed by clicking on
the double arrow to the right of the bar.
• Filing details: are features that deal with the storing of the document within the system
(ex. data scanning, data entry into the system, the user that entered the document
etc.)
Asolo’s ULSS Digital Clinical Deposit
The image of the document is present in the right part of the page and is typically in PDF
format. It can be browsed by using Acrobat Reader functions.
2

2 2
Prior to being digitalised, all the clinical files are dealt with according to a “file type”
procedure and an operator assigned to verify their compliance signs them using a digital
signature device. This is done to guarantee the document’s entirety and the authenticity
of the information included therein with respect to the original. The compliance of the
digital file, “new original”, with the hard copy, “old original”, which is conserved in the
archive, is guaranteed through the activation of such a process.
Even at a distance all authorized operators can access the digital archive. They can
extract a copy from a digital clinical file with the certainty of eventually being able to
obtain a print out of the file that corresponds to the digital original.
Enforced standards conform to those provided for by the C.N.I.P.A. Decree of February
19, 2004 n. 11, (technical rules for the reproduction and conservation of documents stored
using an optic medium, suitable to guarantee conformity of documents with originals) for
substitutive storage. Nevertheless, for the moment, the ULSS establishment maintains that
they will not proceed with the destruction of archived hard copy documents, even though
they have downgraded them from their previous status of “originals”.
At the same time, high quality reading of archived documents (data and
images) is assured in so far as on-line consultation can take place from about 70
remote locations (from the Hospital’s Health Management office to Emergency, to
the Operating Room, to the Ward, etc.) by means of high-resolution monitors.
Much of the information, contained in the clinical files subject to digitalisation,
is transferred to the digital data bank that stores it. Apart from information regarding
the patient and his/her admission to hospital, entry of other information relative to the
diagnosis and to the type of surgery and treatment, in the same data bank, is provided
for.
The implementation of ulterior fields to accommodate other data of a clinical nature
is also provided for.
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO
Implemented in the aforementioned manner, the digital data bank, containing
individual patient’s information even of a clinical nature, is destined to increase in time
with valuable new clinical information. An important clinical archive, always available
at the click of a mouse, will preserve a health profile history of a specific population,
pointing out the onset of pathologies, their development, the evaluative case history and
the medical treatment that, over the years, has been developed. This could also represent

a valid point of departure to carry out epidemiological studies, health research within and
external to the establishment.
Security System
The structure and the functions of the new Archive are protected by various security
systems with solutions of an organizational and technological type.
q organizational solutions
• Entry to the Archive premises: access is authorized by Archive personnel that is on
duty at the porter’s office and who control external surveillance cameras and supervise
control systems in archival areas. The visitor who is allowed access to the archive is
identified, provided with a temporary pass and accompanied to his/her destination.
Personnel who work within the archive may only access entrance areas and first floor
areas that are related to their specific job with the exclusion of access to areas where
documents are stored.
• Access to documents: only some operators can access areas (modules A and B) where
documents are conserved: they are equipped with an appropriate badge that is read by
a device which is located on the entrance door and authorizes entry. Any entry attempt
by a non-authorized person activates the alarm system.
• Smoke detector system: areas are equipped with optic smoke detectors which are
connected to the inert gas automatic switch off system’s electronic plant.
• Video surveillance of external areas: alarm systems are automatically activated once
daily activity ceases in the Archive. The system is connected by means of a telephone
line with the Surveillance Institute office. Along with the activation of the alarms
comes the activation of external video registration devices that detect the eventual
presence of people.
q technological solutions
• Data backup: data-base backups on tape (DAT) are carried out daily in order to
guarantee the safe-keeping of up to date data; clinical file images are filed, in duplicate,
on an optic medium and are conserved in fire proof cabinets in different locations and
at a distance from each other.
Asolo’s ULSS Digital Clinical Deposit
2 3

2
• Firewall system: a computer protection device that protects from unauthorized
intrusions.
• Wireless network: the wireless network installed within the archive, and used for
communication with palm processing systems, is protected and coded.
• Anti-virus system: a regularly updated anti-virus system is installed at each port of
the back-office.
Where computer safety in the management of clinical files is concerned, solutions have been
defined both for aspects relative to the integrity of data and to their confidentiality.
• User identification: access to the system takes place with a normal internet browser.
Login to the system is guaranteed by means of insertion of a user ID, a password and
a smart card.
MARIO PO’, ANNAMARIA BROSOLO
• Access log: all user activity within the software is registered and stored in a data- base.
It is possible to ask the system to visualize the log file and to verify user access to the
system, operations that were carried out and documents viewed.
• Transmission coding: access to the clinical file management system takes place
exclusively by means of a SSL protected browser connection. All data exchanged
between the browser and the web server are coded. The connected user can be assured
of web site authenticity by visualizing the server’s digital certificate.
• Data coding on disc: data relative to clinical file images are coded on disc and are not
even accessible to personnel responsible for system management.
• Redundant informative systems: two twin Web Servers are made available, for both
hardware configuration and software, that constitute a cluster of network balancing.
This enhances system performance and, above all, helps prevent system breakdown.
The Middle-End, which has the task of serving the Database with requests made and
of memorizing documents, also implements a breakdown prevention structure that
consists of a Cluster of Servers composed of 2 nodes with shared memory.
All activities carried out by the users within the system are registered and stored in
a database. Authorized viewers can question the system in order to know the history of
a document, of a user, of a session of use of procedures or simply to control those who
have had access to the system or to the document on any given day. The system maintains

written evidence of all the viewing operations and printouts that each operator carried out
when he/she consulted a clinical file.
The digital filing system of clinical files interacts with the other company systems to
constitute the data repository: it permits deliberate access by authorized personnel
to documents that constitute the citizen’s clinical history no matter where they were
generated.
Asolo’s ULSS Digital Clinical Deposit
The constitution of the regulated electronic health file will permit the citizen to be able to
have more efficient, yet at the same time easier access to relevant information. Professionals
will be able to have increasingly more accurate and integrated information at their
disposal with quicker and easier access to files thus improving diagnostic and therapeutic
efficiency. Without this, the complexity of the establishment would be unmanageable,
given the increasing multiple inter-relations between the various hospital departments,
between these and the territory and other medical establishments of the province.
2

The Business Registry of the Chamber of
Commerce of Pesaro - Urbino
LORENO ZANDRI
(Chamber of Commerce of Pesaro - Urbino)
Since all Chambers of Commerce are organized in a network system, and are
connected by a telematic data transmission net of their own propriety, managed by
Infocamere, the society of informatics of the Chambers of Commerce, what I will say is
valid for all Chambers of Commerce.
In the chamber system the procedures to follow are homogenous, with a consequent
homogeneity of the outcomes (from Cuneo to Caltanisetta), analogous access modalities,
and identical preservation techniques, since the latter is carried out through centralized
modalities (in ASP).
Ronchi says: “We stand in the middle of the ford, and cannot turn back any more,
we cannot think of digitize, and then print the digital;” professor Duranti emphasizes the
reliability of digital documents, their stability and also the reliability of their content.
The Business Registry, precisely because of its legal nature and of the function of legal
publicity for enterprise that it performs, must guarantee the requisites of which professor
Duranti is speaking.
The Business Registry functions as registry for nearly six million Italian enterprises,
of which more than two million and half are companies. Since one of its main features
is the pursuing of market transparency, it get constantly observed and evaluated. The
Registry’s information (data and deeds) is accessed on a daily basis; information contained
in documents digitally handled has, because of their nature, a reliable content, since the
deeds are drawn up by public officials; consider for example a memorandum of association
or dissolution of a company, a deed of incorporation drawn up by a notary, an assembly
report that nominates the company administrators.
The answer of the chamber system to this issue (the digitalization of documents) is
based on the normative and technical law in force at the moment in which the Business
Registry has been created, on February 19, 1996, when all the books of corporate registries,
till then deposited at the Court, were delivered to the Chambers of Commerce, and the
digitalization work begun.
2

2
Other issues are those of costs, and that of the definition of a producing subject: the
producing subject seems to be identified with the agency producing the documentation, but
our situation is a bit different since the producing subject is the user itself. That means that
million enterprises produce within their structures, or at the offices of the professionals
assisting them, documents originated in digital format and then transmitted by data
transmission modality, through safe transmission systems. It has been therefore necessary
to face the problem of training the user, and everybody can imagine how difficult this has
been, especially when the user sometimes resisted to conforming, often correctly thinking
that the digitalization would have involved complications.
Regarding the access to the information and deeds in the Registry, we said that
enterprise publicity is fundamental for the requirements of market transparency, and can
be effective only when is “portable”, that is, it arrives immediately to its destination. The
legal publicity of enterprise shouldn’t simply be theoretical, formal publicity but, in order
to be effective, needs to be a real publicity available to each entrepreneur, and above
all “ready,” in real time. In order to achieve this result all documents that modify the
enterprises’ set-up are telematically transmitted, and are dealt with in real time. The law
fixes in 5 days the time at disposal of the chamber employee to record in protocol, deal
with and clear the file, archive it optically, and render it available on the Web to whoever
wants to connect and control. This timing is subject to controls and inspections from the
part of the Ministry of the Economic Development (in the past May, my office as well has
been inspected to verify the clearance time).
How does the Business registry work? I will try to describe it with a few slides,
attempting to explain the difficulties we tackled and the graduality of the passage from
paper documents to telematic data transmission.
In the ‘ 90s we were still managing informatically our data bank (then a firm registry)
that we fed following to the reception of paper documents. In the 2000 an experimentation
begun, with applications coming partially on paper but with a floppy disk containing
information structured in record plots that our procedures, created by Infocamere,
imported, thus enabling us to feed automatically the data bases without retyping in the
same information.
LORENO ZANDRI
From November 1 st , 2003 company deeds begun to appear in data transmission
modality and in digital format, since the law imposed the transmission of telematic

deeds, endorsed by digital signature. As a consequence, the system of the Chambers of
Commerce distributed more than two million and half of devices for digital signature. A
small province like Pesaro, with 45.000 companies, distributed more than 20.000 devices
for digital signature.
From the end of 2004 on there has been an exponential increase of digital dossiers.
In fact in 2003 we have had approximately 22.000 completely digital dossiers, while in
2004 we reached an amount of several hundreds of thousands, and in the year 2005 the
system has received nearly 2 million and half of digital dossiers. In 2005 we have dealt
with 2.493.000 digital dossiers.
If it is true that here we must speak about digital preservation, we also said that it is
necessary to plan digital preservation from moment in which archives are created, from
moment in which dossiers are drafted, when metadata are created, not only the ones for
the dossier identification, but also the metadata enabling to describe the handling of the
dossier, who has dealt with it and how, which decisions have been taken, and how it has
been archived.
This is the infrastructure and the interface that every employee uses when dealing
with digital dossiers. In the morning the employee sees the applications that arrive, with
a series of preliminary information, a sort of protocol directory, and from this he/she
opens the dossier. This is the file of the dossier, with all the metadata that will remain
in time, this is only the file, then this is the list of attachments, this, for instance, is the
immediate reply of the central system of “Certification Authority” (Infocamere), than tells
me that those files, for example the slip, (conventionally called “Fedra” slip) represents the
application model, while the other files are attachments to the application itself.
An application model quite articulated, complex and long composes a dossier, and
then a series of deeds that are drawn up by the company (such as the assembly minutes,
the Auditors’ report, the budget, etc.).
The handling of the dossier is also computerized (flows, allocations, control, bill-
books, etc.) and after the handling, the dossier is archived in what is improperly called
the historical archive, which in truth is fed from the sixth day following the arrival of the
application.
The Business Registry of the Chamber of Commerce of Pesaro - Urbino
Sometimes this happens even from the second or third day, especially with all the
applications for incorporation deeds (it is well known that a company is born not when
2

300
the associates underwrite the incorporation deed in front of a Notary, but in the exact
moment in which we “load it”, we insert the information in the informatic memory of
the system). Therefore the moment in which the application is cleared corresponds for all
legal purposes, both civil and fiscal, to the coming into existence of the deed. These deed
applications are usually handled on the same day of their reception, and actually, follow
a preferential channel thanks to a flow procedure, that we call “smistatore” (sorter). This
is a directory with the dossier number and some metadata that we will find again in the
long-term preservation system, than for us begins from the fifth day on, until the plus
infinity. Then if this “plus infinitely” corresponds, as professor Guercio says, in ,
fine with us.
LORENO ZANDRI
As far as the access is concerned, in the slide we can see the Court registries and the
old paper documents; then from 2000 on we begun to pursue the objective of the complete
democracy of access, and nowadays every citizen can, by signing a free contract, access
and download surveys, lists, certificates, deeds. Many journalistic scoops are due to the
fact that journalists by now have discovered it, and consult the deeds of the Business
Registry, to see that what the Board of directors of Telecom, or of Pirelli, has decided.
In 2005 the registry consisted of 6 million companies enrolled, and the downloaded
documents are of various typologies, as can be read from the slide, but mostly the
documents are downloaded by the external user, who needs to know, for example, if
whoever proposed him the purchase of 500.000 Euro of lumber is truly the company legal
representative, as he affirms, and can therefore undersign a contract. From 1997 to 2005
increment corresponds to the 204% with 26 million downloaded documents.
The structure of the information allows for a fragmented download, and allows to
choose the information one is interested in. Information must be updated, interesting, and
the user shouldn’t download an extremely long document in order to extract, with difficulty,
the information he’s interested in. If one selects all information blocks pertaining to a
company, one gets the whole company dossier, that is not just the deed dossier, but the
sum of the metadata describing the deeds contained in that dossier, because a survey
shows the company history, all variations included. As you can see the first part of the
file shows the index of the deeds it contains. That file is actually a form, showing at the
top a reference number, for instance 9344/2005; with that reference number we search
for all documents regarding the dossier registered with that reference number. What do

we do then? We insert the reference number, and the year, in the search mask, we read
the list of the deeds in that dossier and we select the ones that interest us, then we request
them, and their distribution comes almost in real time (while the sequence of operations
is explained, images are shown to illustrate each operation of this procedure). At this
point, we can generate a PDF with the selected deeds, or we can generate a PDF that the
chamber employee can issue to the user as a certified copy. The user can however accede
these documents both going in person to the chamber desk or via Internet, through the
infrastructure “Telemaco”.
The Chambers of Commerce have always respected the technical norm in force in the
moment in which the optical archives were created. Every year we usually receive 850,000
company budgets that are complex documents, with a series of digital signatures that our
system needs to control in real time. The digital deposit of the Chambers of Commerce
is Infocamere, a company completely controlled by the Chambers of Commerce. We
currently have 100 million of digital documents, (not pages, but documents corresponding
to 20 - 30 - 40 - 50 or more pages in A4 format), generate from PDF files or with other
systems, like the scanning. Infocamere is responsible of their conservation. Here is the
image of an AIPA note of 1995, asserting that the Infocamere system of digital recording
of documents then on paper, complied with the deliberation of 1994. The system has since
adapted to the changes in the technical norms.
Now the archiving system of the Business Registry has evolved in a new system,
called Legal Doc, that is not only dedicated to the Business Registry, but can be available
for all kinds of archival needs, and can be put at disposal of the Public Administration as
a whole.
The Business Registry of the Chamber of Commerce of Pesaro - Urbino
Last week we had a user requesting a certified paper copy to the informatic original,
and this is not a simple request, because the norm is unclear, since the art. 23 codicil 2
bis of the Code of digital administration says: “Copies on paper of a digital document …
substitute for all legal purposes the original digital document if their conformity with
the original in each part is certified by an authorized public official”. And here I ask the
experts: which are these parts? The tracing record, the file format, the distance between
bits, the program used for the visualization? And other doubts exist on the identification
of an “authorized public official”. Back to the issue of dematerialization, in the 2006
we begun to consider seriously the destiny of those 55 million paper documents already
30

302
digitized. The Archival Superintendence may not agree, but the digitalization we carried
out is respectful of the norms and therefore the Chambers a colleague of mine and I work
for are applying an experimental method that should end in the destruction of the papers
already digitized.
It is our intention to offer maximum collaboration with the Authorities in charge of
this matter but at the same time we are here to ask a timely definition of the law (if it is
not ready yet), because we fear the moment when the State Auditor’s Department will ask
us “why are you spending so much money to keep the paper archives when the law allows
you to digitize and then destroy the papers?”
Of technology I will not speak; formats are important, I’ll name them in a flesh,
text, xml, xbrl, you saw before an article from yesterday’s “The Sun 24 Hours”: in 2007
all European companies will adopt the standard XBRL that we have adopted for the first.
The standard XBRL for the transmission of budgets allows to the companies to transmit
the budget to the Chamber of Commerce, who then will be able to parcel some of the
information contained in order to forward them to the financial offices in charge, relieving
therefore the company of some fiscal duties.
LORENO ZANDRI
About the process of quinquennial copying of digital files, we can state that it
conforms to ISO standards, and for the moment has been carried out with success, with
no loss of any data or information. Considering that the first digital dossiers were created
in 2002, Infocamere technicians have converted, not losing even a bit, 22.000 dossiers,
and therefore we have applied that part of the Aipa deliberation, and I think we are the
only ones as yet, that requires the conversion and the transfer of files after 5 years.

The Civil Status Register Archives
ELETTRA CAPPADOZZI
(National Information Center for the Public Administration C.N.I.P.A., Rome)
The National Information Center for the Public Administration was evoked many
times during the meeting today on the general issue of the “dematerialization” of
administrative documents; however, I would like to talk about the automation of the Civil
Status Register.
I assume you all are aware of the problems regarding the Civil Status Register,
therefore I will confine my talk to the major aspects of the matter to explain the complexity
in the automation of this type of register.
The Civil Status Register is administered by the Municipalities and, moreover, the
Italian Consulates around the world are authorized to manage it as well.
Every year the Civil Status Register certificates are filed in four different paper
registers according to the circumstance they refer to (birth, citizenship, marriage and
death). Then the documents corresponding to the registered certificates are gathered in files
in chronological order. Finally, an annual index is drawn up containing the information of
the certificates registered during the year. Two originals are created for every register; one
is kept at the Municipality and the other at the Prefecture.
The management of the Civil Status Registers entails a major legal aim concerning
the fundamental rights of any citizen, as it certifies the legal status of the person. In
the later years the development of the organization, management and preservation of the
registers privileged the fundamental characteristic earlier mentioned.
All certificates are signed by the registrar and some also by all parties, that is by
the citizens who take part in the certificate. Any annotation, correction or cancellation
is added to the certificate separately; so any modification to the original content is
documented. A Civil Status Register contains all certificates in chronological order; it is
possible to find a series of added annotations and corrections in each certificate, placed in
chronological order, at the margin of the certificate they refer to. The Civil Status Register
is a complex matter, yet, it is not sufficient to take into account the individual certificate
filed in the register (which finds its own conclusion at the end of the year and then is held
303

30
in a deposit). It is of the uttermost importance to think of the Civil Status Register as an
entity composed of a series of records filed in a long time, in specific spaces and strictly
bound to the chronological order of the events they represent.
Any single record – may it be a certificate, annotation or correction – is filed in
the register and never revised while only “parts” are added. The Civil Status Register, a
complex documental entity, is an object widely updated with the passing of time and for a
long period of time (no less that one hundred updates occur form birth to death).
I would like to emphasize the importance of the Civil Status Register as a primary
source of update for many other archives. Most of its information is written out in the
Vital Statistics Register and any change in the civil status modifies the archives of the
National Institute of Social Security (INPS), of the Tax Register Office and of many other
registers.
The regular exchange of communication among the different offices is a complex
matter; it occurs between the Civil Status offices and the Vital Statistics Register of a
particular Municipality or with a different Municipality and also with the National Data-
Gathering Center at the Ministry of Interior Affairs (as prescribed by the decree 369/2000).
Other information exchanges occur with hospitals, parish offices, court offices, foreign
consulates in Italy and, as said before, Italian Consullates abroad. As you can see, the
management of the Civil Status Register is an extremely complex matter.
Article 10 of the decree 369/2000 established the automation of all Civil Status
Registers; the aim was to create the conditions to set criteria for the automation with a
subsequent decree in the following year, so to achieve the management of digital archives
in a short period of time, thus eliminating all paper archives. Yet, many aspects of the
problem were underestimated, particularly regarding the guarantee that all digital contents
remain unaltered and that their preservation is long lasting. Inevitably, these problems
brought us to limit the goals of automation.
ELETTRA CAPPADOZZI
I would like to focus your attention on the general goals the automation of the Civil
Status Register should guarantee. Considering the importance of the information involved,
first of all automation should ensure the certainty, accuracy and historical authenticity of the
archives content which must be dealt with in coherence, persistence and discretion of any
filed information. In particular, discretion should not be neglected as the Civil Status Register
contains sensitive data that are not of public or free access and should be protected.

It is the object of automation to manage or, at least, to support the complex system of
communication exchange in order to eliminate any mistake and also hasten the processes.
Even the present system, based on the use of paper registers, is not perfect and shows
evident problems. Among the most common are the material errors of transcription,
incoherent annotations or communications which are “lost”. A problem implicit in the
traditional management is the lenght of time offices spend to process files and search for
certificates. And here we approach the matter of fruition and issuing of certificates. Even
though it is obvious that there are problems in the preservation of digital registers for a long
time, it is also to be noted that many problems occur in the present paper archives too.
In the year 2000 we planned a type of automation which then we had to put into
perspective and set limits to. At present, we are more realistic and if urged whether we
should eliminate or reduce the paper register our answer is that we think of reducing it.
On the initiative of the University of Rome – Tor Vergata a technical-scientific task
force was created in view of investigating any problem relating to preservation. Delving
into the problem, we convinced ourselves that we needed to create certificates in a correct
digital format in order to preserve a digital register. The problem we confronted did not
deal with the acquisition of the previous material, that is the digital formatting of analogical
certificates but rather with the creation of new Civil Status certificates in a digital format,
as well as managing them for a prolonged time in a digital register.
The technical-scientific task force worked in a multidisciplinary manner and with
other task forces which, at the same time, were dealing with the more general issue of
“dematerialization” as pointed out by Prof. Ridolfi of the National Information Center for
the Public Administration (C.N.I.P.A.). The task force developed an elaborate analysis of
the particular problem of the Civil Status relating to the automation of the process, and then
also of the correlated technical aspects. The task force focused its work on the whole life
cycle of the Civil Status Registers – from the creation of the certificate to the planning of
the register management, from the management of annotations and corrections to the final
preservation in the State Archives. The aim was to identify a practicable and sustainable
general solution on account of the economic aspects relating to the management (as we
heard in other speeches today, they cannot be neglected), of the organizational aspects and
of the qualifications required to a vast audience of 8,100 Italian Municipalities, and also
Italian Consulates, which supply the system.
The Civil Status Register Archives
30

30
I would like to talk briefly about the problems we encountered. The major problem
concerns the modality of ensuring authentic, unalterable and coherent registers as well as
establishing criteria for their preservation in view of the fact that registers are used and
updated during the entire life of citizens and, later, are kept in the Civil Status Archives.
A lively debate arose in the task force among archivists, information science
experts and other experts. In the end there prevailed the opinion that the digital signature,
instead of the autograph signature, can fully testify the authenticity of the “pieces” that
form a register, that is the individual certificate rather than the individual annotation or
correction. Yet, the digital signature is not a suitable instrument to fullfill all preservation
requirements nor other problems I described earlier.
To avoid any misunderstanding, I would like to point out that the task force elaborate
analysis did not aim to procrastinate or complicate the Civil Status automation but, on the
contrary, was driven by the desire to find a solution both practicable and generally useful.
For this reason we included the need for automation, the general coherence of the system
as well as supervision functions which can be easily developed using a data processing
system management of the Civil Status.
I must say, first of all, that we are still working on the project and the task force
is convinced it is useful and necessary to undertake an automation process which must
develop gradually in view of the problem still unsolved.
At present, the solution outlined and suggested by the task force is composed of a
hybrid automation in which the paper register is still in use. This will continue until the
“testing” of real “migrations” - implying major changes in technology – occurs as well as
the State Archives ability to acquire the digital archives, given that all registers gather in
the State Archives in the end.
ELETTRA CAPPADOZZI
We suggest the preservation of the traditional paper archive, as a source document,
and that it is kept at the Municipality offices; at present we believe it is the only form
capable of satisfying the preservation in the long term. The digital archive is created
and kept at the Municipality offices but eventually it meets the National Data-Gathering
Center at the Ministry of Interior Affairs. A copy of the digital archives kept at the
National Data-Gathering Center is at disposal at the Prefecture (to be used in accordance
with its jurisdiction) and functions as support and security copy for the Municipalities, as
prescribed in Article 10 of the decree 369/2000.

The acquisition of the Civil Status Registers by the State Archives occur several
years after the creation of the Register (about 120 years after the creation of the Vital
Statistics Register) and the management of its preservation is expected to be latent for
forty years from the last time in use. In reference to Prof. Pigliapoco’s speech, I would like
to call attention to the fact that the economic cost for the preservation of the digital deposit
cannot be charged to the individual Municipality; also, I believe that the creation of a
frame of rules on a national scale is not sufficient as there is a strong need for an operative
system support. For this reason, it is advisable that the Municipality digital archives are
assembled and managed as a unit digital deposit at the National Data-Gathering Center at
the Ministry of Interior Affairs.
The Civil Status Register Archives
A hybrid management implies a problem in maintaining the content of the paper
and digital registers alligned; it is possible to find some good technical solutions, some
“tricks”, to support the procedure. Anyway, the registrar’s responsability in verifying that
the office procedure is correct is extremely relevant.
It is important to remember that at present there are some problems in the allignment
of the Municipalities’ and Prefectures’ archives, as well as others relating to the coherence
of the annotations in a register when the same certificates are also present in other registers
(e.g. the Vital Statistics Register and all other registers).
The automation in progress allows simplifications: it promotes the obsolescence and
elimination of the second original at the Prefecture and the simplification of the processes
of document management. For example, automation favors the elimination of copying
down the Civil Status certificate at the Municipality where the citizen resides. At present
it is a norm established by law and created in order to facilitate the citizen in obtaining
the certificates. Well, automation allows to reach this aim easily without copying down
the certificates in the offices of the Municipality where the citizen resides. Besides, as said
before, planning the automation of communications among the different offices promotes
a greater coherence in the whole system of Civil Status management.
Our study brings to the fore how certain non technological operations can rationalize
the use of the resources at our disposal; this is true in the case of rationalization and
standardization of the file content which creates a large amount of papers. Nowadays it
is widely held that the Municipality administrative personnel tends to keep everything
whether in doubt or simply because not sufficiently trained on rather complex issues.
30

30
Instead of thinking about the “discart” at the end of the process of a file management
– that is, when the archive becomes historical and meets the State Archives – it would be
convenient to outline a standard preservation plan on a national scale and prepare the file
content in a coherent way.
The National Data-Gathering Center, at the Ministry of Interior Affairs, takes the
shape of a digital deposit where all the Municipalities digital archives meet, with the
problems illustrated earlier, particularly by Prof. Pigliapoco.
The present law prescribes that all Civil Status Registers gather in the State Archives.
The full automation, and the consequent automation of all paper registers, can happen
only when the State Archives are better organized in order to acquire the digital content.
For example, for 100-120 years the Vital Statistics Register is kept at the National Data-
Gathering Center at the Ministry of Interior Affairs; after that time the Register has to
be captured by some other centers or the same Ministry will have to manage its future
preservation. Unlike the paper registers, the digital contents may be lost unless they are
actively preserved (as explained earlier today); in the case of the Civil Status Register, we
would lose resources of information of the highest relevance.
I would like to outline some aspects concerning the technical solution. We increased
and delved into investigating the structure of the individual certificate, both in content and
as metadata, as well as of the register as a complex entity.
The suggested frame is based on:
• XSD data models to define the documents’ and registers’ structures;
• metadata for the description of identity, content and context informations;
• XML for the representation of data;
ELETTRA CAPPADOZZI
• XML-Enabled DBMS in the first phase for the storage, updating and examination of
data, planning the experimentation of XML-Native DBMS to verify their reliability
in dealing with large amounts of informations.
We studied the possibility of creating either a frame of certificates completely
based on XML, with the use of integrated metadata within the structure, or to attain the
certificates in a traditional form (e.g. JPEG, PDF/A or TIFF) and external metadata.
Also we analized any possible accountable context as the legislative, technological
and organizational as well as their management instructions.

Characteristics identifying
the Certificate
Marking / Key attributes of
the certificate
Parties
Characteristics identifying
the Parties
- Town/city,
- Place,
- Year, month, day and time, where and when the certificate
originated
- Year
- Party
- Series
- Number
People cited in the certificate as:
- Subjects the certificate refers to
- Declarants
- Witnesses.
- Name,
- Last name,
- Place and date of birth,
- Residence,
- Citizenship
Key attribute of the Parties Social Security Number
Sources Documents presented by the Parties
Object Nature of the certificate/type of certificate /event
Signing
The Certificate and annotations/corrections
are structured in XML with integrated
metadata.
The Civil Status Register Archives
- Registrar who creates the certificate
- Type of digital signature
- Digital signature
Table 1 - Content of the Certificates
Table 2 – Structure of the Certificates
The Certificate and annotations are objects
represented as on a printed support (possible
formats: JPEG, PDF/A, TIFF).
Metadata are dealt with aside.
30

3 0
Type of Context Content Possible Management Modalities
Documental and
archivist context of the
individual certificate
Administrative
contexts
of the Municipality
deposit
Archivist
responsibility
Technological contexts
of the Municipality
deposit
Marking
Identifying
Characteristics (Parties+Documents)
Content
Town/City
Date of the acquisition of the certificate
by the Prefecture from the Municipality
Date of automation
Reference period
- Prefecture jurisdiction
- Archive organizers (digital
certificates of the same subjects)
Town/City
Reference period:
- Algorithms and signature modality
- Data base
- Software domain
- Applications
- Security
Legislative Context Ministry of Interior Affairs for a certain
period
Norms,
Procedures
Forms … (XSD)
Administrative Context
of the National Deposit
Archivist responsibility
Technological Contexts
of the National Deposit
ELETTRA CAPPADOZZI
Collecting of the various administrative
context of the Municipalities
+
Administrative context of National
Center for Demographic Services
(CNSD)
Reference period
- Organizational procedures
- Archive organizers (digital
certificates of the same subjects)
National Center for Demographic
Services (CNSD)
Reference period:
- Algorithms and signature modality
- Data base
- Software domain
- Applications
- Security
- Table 3 - Contexts
Created contextually to the
certificate by the individual
Municipality;
Integral part of the certificate itself
Managed by the individual
Municipality, according to standard
modalities set on a national scale
Managed by the individual
Municipality, according to standard
public policy on a national scale
Defined and managed by the
Ministry of Interior Affairs
Ministry of Interior Affairs
Surveillance of the State Archives
and of Privacy Policy
Ministry of Interior Affairs/
Third trusted party
Surveillance of the State Archives
and of Privacy Policy

Digital filing in history
and conservation: the Tabularium Urbis
GIANGIULIO RADIVO
(Vicariate Delegate of Rome at Radio Vaticana, Rome)
A civil state of the 16 th century, this is the historical archive of the Vicarship of
Rome, simply the Tabularium Urbis, or Tabularium Vicariatus Urbis; it is true that the
constitution of the archive is from 1824, with the death of Pope Leone XII, but the first
documents date back to the middle of the 16 th century, with the decisions of the Council
of Trento.
In 1563, after the Council of Trento, the definitive duty to keep parochial records
begins. These records were also marital status registers. In 1566 Saint Pious V initiated
the reform of the clergy of Rome and adopted a document under his pontificate, “On
books to keep for curates”, written in Italian so that even the curates could understand it
better.
In 1584, the “Sacramentorum Romanum” ritual prescribes how must be kept the
registration book of proceedings, for example, for the administration of baptisms, therefore
also of births; of marriages; of deaths. The book thus acted as register of marital status,
and more - and this is the big news, because it doesn’t even appears in today’s archives of
the Italian State, as well as today in city councils the “state of souls” doesn’t exist.
From the last decade of the 16 th century, one knows who actually lived in every
single house in Rome, what their marital was, which religion they practiced, apart from
their age and other details. Hence, it was a very complete profile of the city of Rome. No
one in the world has this and that is why it is so important.
Again, from the last decade of the 16th century, apart from these four registers
established by the Council of Trento, statistics begin with the city of Rome’s archive. Lists
were made, “Animarum almae urbis Romae” that, from the last decade of the 16 th century
until 1870, keep track of numerical data taken from all of the parochial registers, and
precisely state year by year, carried out from Easter to Easter, all numbers of inhabitants,
of births and of deaths.
3

3 2
Presently the Vicariate historical archive is made up of 150 collections; the
collection of the parochial registers is only one of these, and is made up of about ten
thousand registers; each register contains from 150 to 250 pages front and back, hence
double sided. The Archive decided to proceed with the digitalization of this collection
drawing inspiration from the historical archive of the Fellowship of Jesus, that adopted
a digitalization process that did not damage documents, because obviously these paper
documents will be preserved.
To date, four thousand registers have been treated, and have been digitally reproduced
both in black and white and in color, with a type of photographic instrument that doesn’t
damage the document, and a modality that allows for the cleaning of the background of
the sheet, the exaltation of the strokes of the script, the balancing of the effusion of color,
and offer the possibility to enlarge or reduce the image size.
From this digital archive emerged, among others, the record of the act of baptism
of Gioacchino Belli, included in the parochial book of Sant’Eustacchio of the 10 th of
May, 1756. The marriage act of Gian Lorenzo Bernini, and the death act of Francesco
Borromini, August 13 1667, also emerged.
GIANGIULIO RADIVO
The preoccupation nowadays is the loss of memory; the risk that if the document is
only digital, one can lose the original document, or there can be a risk of manipulation.
However the added value we whish for our archives will happen when we will be able
to cross reference all available data and extract from them elements of new knowledge,
that can have an economic gain but above all a cultural and educational gain.

MARIELLA GUERCIO
(University of Urbino)
Conclusions
It seems to me that we all share a clear idea: we are dealing with a very complex
problem. In all the speeches delivered today, including the panel discussion, complexity
was a common element.
Yet, the time available for each speaker was limited: had all of them been granted
more time, they could have dealt with the fundamental difficulties in depth so to illustrate
how demanding as well as how expensive the projects are.
It is certain that in the future these costs will become for the administrations a
significant saving, both in quality and in efficiency but also in terms of financial
resources. At present the projects imply a considerable investment in costs, people and
organization.
Today I wrote down some notes, considerations and sketches I would like to share
with you in view of a next meeting.
First of all, I considered the issues still unsolved. I believe we should start considering
the questions “Interpares 1” and “Interpares 2” urge concerning the dynamic archives and
the future archives that will be only and exclusively dinamic archives.
Considering that innovation and the use of technology are instruments of
simplification, improvement and utility, we should develop an interest not in the exchange
of paper documents but rather in working with portals, database, shared archive systems.
Yet, in the digital future many complex problems might arise, for example relating to the
use of e-mail or computer programs, and they are bound to increase.
Still there is one certainty: at the center of the preservation process we should place
not only the object but also the conditions and requirements in which it is produced, that is
the contexts, since a document is never created in isolation. The questions to be answered
concern technical matters and formats, an issue we did not discuss in depth but which, I
believe, is very important.
I would like to talk about the solutions that all administrations, bodies and structures
should acquire. It is important to create a correct investment in order to preserve the digital
databank of all administrations or organizations that share a similar project. There is no
3 3

3
certainty that in the future we will be able to preserve the digital information created in a
scientific research, in interpersonal relations or in the private archives that are archives in
a digital format but devoid of any definite structure.
Research is a very important element in the process we deal with; it has to be “in
progress” and develop according to the actual achievements although it rarely happens.
Only in rare cases it is accompanied by a real work of implementation and Luciana Duranti
mentioned the existence of some. Certainly the best archivists of the National Archives
of Washington were trained in the use of “Interpares 1” and “Interpares 2” and then
developed a project with a life span of eleven years, investing a large amount of economic
and work efforts to achieve actual results.
I am particularly interested and concerned about the status of research in Italy. It
is said that Italian researches play an important role in the international archive research.
Unfortunately, our average age is around fifty years old. A positive example is Luciana
Duranti who was just awarded an important prize in Canada. She is the first woman
to be awarded such a prize and also the first researcher to receive it for the innovation
in the humanities research. As she said, the fact of being Italian granted her with an
unsual ability to create innovations and bring new considerations to the research field.
Yet, the young researchers in Italy are not in the position to work freely and we should be
concerned about it.
We could tackle the problem by creating some networks or, better, some systems of
cooperation and sharing. I worked together with Seamus Ross in the European Community
project “Herparnet” and I know that the European Commission is willing to finance with
generosity some research projects for two or three years.
What happens then? We invest great effort in developing networks that do not have
a future. I believe we should join our efforts in creating, at least on a national scale, some
permanent networks of cooperation, of sharing, research and assistance on a high level and
high quality training. This is a dream I would like to come true and am resolute enough
to work on it. Dreams may not always come true but I am convinced that it is possible to
share resources as well as the political and administrative will to make things happen.
Our country will never develop any real project unless we create an efficient coooperation
system that must be planned on a national scale, as pointed out by the member of the
Veneto Regional Council.
MARIELLA GUERCIO

In the past the problem of cooperation could have been solved somehow; the Archive
Administration based its work on a real cooperation but today the same is experiencing
difficulties. There are only few public officials, mostly above fifty years old, who find any
training or updating difficult. Yet, a new and active group of archivists exist and work
outside the Administrations and we were told about their experiences today. They work
and invest their energies in several projects with high quality and professionality. Thus,
the Archive Administration is only one of the many partners to work with.
I would like to emphasize how most of the speakers today affirmed the need to invest
their energies and time in a multidisciplinary research. Even if we should remember that
multidisciplinary projects are costly in terms of time and energies, it is also important to
tackle the matter.
Conclusions
It is certainly more valuable and less costly to share communal resources of all the
projects studied, developed and produced individually.
The digital preservation is a vital element and we all should feel responsible for
developing initiatives, efforts and considerations.
3

Azienda
UL.SS. n. 8
Asolo
LONG TERM DIGITAL PRESERVATION:
AN INTERNATIONAL FOCUS
MEMORANDUM
Integrated conclusions of the International expert meeting held in Asolo
The papers presented at the symposium “Conservare il digitale”, held in Asolo on
September 29, 2006, demonstrate the need for further reflection, the results of which
will be submitted to national and international authorities and to the institutions and
organizations involved in digital preservation. This reflection must start from some points
of principle that all experts attending this international event share. They are expressed in
the following agreed upon statements.
Importance and timeliness of the topic: We confirm and emphasize the significance
and timeliness of the above mentioned topic, which directly concerns the arts, the sciences,
administration and governance.
Information needs: We express the need for experts on this and allied areas of
knowledge to be actively involved in outreach activities aimed at promoting awareness
of the challenges presented by the long term preservation of digital entities among the
institutions and organizations whose materials are potentially endangered either by lack
of adequate strategies or by lack of understanding of the issues involved.
Complexity of the issue: We note the complexity of the issue of digital preservation,
which directly affects many sectors: culture (i.e. history, liberal, visual & performing
arts, cultural heritage, archives, etc), citizenry, public administration, justice, economy,
research, privacy, security, etc. This issue is also global and pervasive, being strictly related
to a wide variety of other issues, such as copyright, certification of documents and authors,
the concept of “original”, accessibility of original formats, creation and conservation of
annotations, metadata, historic “traceability” of accesses and users, etc.
Politecnico
di Milano
Technological neutrality of the approach: We firmly believe that the approach
chosen to address the issue of digital preservation must not be based on or guided by
technological advances, requirements or interests but on the functional needs and legal
requirements of the organisations that create, maintain or preserve the material. We agree
3

3
that the range of practical solutions is ample and varied, and the choice of the one or the
other has to depend in part on available resources and specific contextual conditions,
but, whatever the adopted solution, it must descend from the preservation principles
internationally shared by the experts in this area of knowledge.
Preservation principles: We believe that the principles that should guide the design of
an organizational preservation strategy relate to the protection of the identity and integrity
of the digital entities from the moment of their creation, through their maintenance, use
and continuing preservation; the selection of the appropriate metadata sets to attach to
the digital entities at various stages of their life-cycle; the use of the open source software
to bring forward the material from creation to preservation; the use of open formats; the
choice of the trusted custodian who will be responsible and accountable for the on-going
authentic re-production of the digital entities to be preserved; and of course the right of
future generations to have full access to the authentic record of their past.
Research: Technology will continue to evolve at an increasingly fast pace and in
unpredictable directions. Any solution found to the issue of preservation of the entities
produced by one technology will likely be inadequate for those produced by a subsequent
one. We consider it vital for all the professionals whose sphere of competence focuses on
long term preservation to be constantly involved in research that is on the leading edge in
the development of new theory and methods, in the study of the social, ethical and legal
implication of each proposed approach, in the assessment of costs, risks and benefits of
each choice, and in the adoption of new methods of inquiry and different perspectives.
Dissemination of existing knowledge: In order to support already existent and
forthcoming preservation initiatives and to test various strategies in a variety of contexts,
we consider essential to undertake activities directed to the dissemination of research
findings and products, their implementation and the resulting best practices in various
interested sectors ranging from private business to public administration.
Suggested initiative: We propose the creation of an international network of
organizations and groups that is open to all interested parties and has the function of
promoting potential synergies. The network would be structured in teams dedicated
to specific topics (e.g. cost of long term preservation), and would organize yearly
conferences.
Asolo, 29 th September 2006

The subscribers:
CHEN BITAN
(Cyber-Ark Software – Tel Aviv – Israel)
ROSSELLA BONORA
(DocArea Project – Province of Bologna
– Italy)
GIORGETTA BONfIGLIO DOSIO
(University of Padua - Italy)
ELETTRA CAPPADOZZI
(C.N.I.P.A. – Italy)
PAOLA CARUCCI
(Manager of Historical Archives of the
President of the Republic – Rome - Italy)
LUCIANA DURANTI
(School of Library, Archival and
Information Studies of The University of
British Columbia - Canada)
GIUSTINIANA MIGLIARDI O’RIORDAN
(Archives curator of Veneto - Italy)
Mariella Guercio (University of Urbino -
Italy)
NITYA KARMAKAR
(University of Western Sydney, Sydney,
Australia)
GUENTHER KOLAR
(Ludwig Boltzmann Institute Media.Art.
Research & Ars Electronica Futurelab
– Linz, Austria)
MATHIAS JEHN
(German National Library – Frankfurt on
Main - Germany)
APRIL MILLER
(The World Bank – Washington DC - US)
STEfANO PIGLIAPOCO
(University of Macerata – Italy)
MARIO Pò
(Management ULSS 8 Asolo – Italy)
ANNAMARIA BROSOLO
(Management ULSS 8 Asolo – Italy)
MICAELA PROCACCIA
(Ministry for the cultural assets and
archives – Directors General’s Office for
Archives - Italy)
GIANGIULIO RADIVO
(Delegated Diocese of Rome c/o Vatican
Radio – Vatican State)
ALfREDO M. RONCHI
(MEDICI Framework – Politecnico di
Milano - Italy)
SEAMUS ROSS
(Humanities Advanced Technology and
Information Institute (HATII) - University
of Glasgow - UK)
IRMGARD SCHULER (Vatican Library –
Vatican State)
KIM HENRY VELTMAN
(Scientific Manager of Maastricht
McLuhan Institute – The Netherlands)
LORENO ZANDRI
(City of Pesaro – Urbino – Italy)
3

320

Indice
Parte italiana
INTRODUzIONE DEGLI ATTI pag. 5
SCENARI DI FRONTIERA DEL DIGITALE
Kim Henry Veltman
(Direttore Scientifico Istituto McLuhan Maastricht e
Network Europeo dei Centri di eccellenza del patrimonio culturale digitale) pag. 11
INTRODUzIONE AL CONVEGNO
Paola Carucci
(Direttore dell’Archivio storico della Presidenza della Repubblica - Roma) pag. 15
LA CERTEzzA DOCUMENTARIA
E LE MEMORIE DIGITALI
Maria Guercio
(Università di Urbino) pag. 19
LA CONSERVAzIONE DEL DIGITALE:
UNA PANORAMICA
SULLA RICERCA INTERNAzIONALE
Luciana Duranti
(School Of Library, Archival and Information Studies
dell’Università della British Columbia – Vancouver) pag. 29
IL qUADRO NORMATIVO ITALIANO
Micaela Procaccia
(Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Direzione generale per gli Archivi, Roma) pag. 39
DOCUMENTI IN PERICOLO:
IMPARARE DAGLI EVENTI AVVERSI.
LE REGOLE DELLA BANCA MONDIALE
PER ISTITUzIONI E UTENTI
April Miller
(Banca Mondiale - Washington) pag. 45

PROBLEMATICHE E PROSPETTIVE
DELLA DIGITALIzzAzIONE DEI MANOSCRITTI.
L’ESPERIENzA DELLA BIBLIOTECA
APOSTOLICA VATICANA
Irmgard Schuler
(Biblioteca Apostolica Vaticana - Città del Vaticano) pag. 53
GESTIONE E PROTEzIONE DEI
CONTENUTI MEDICI DIGITALI
Chen Bitan
(Cyber-Ark Software - Tel Aviv) pag. 63
IL RUOLO DELLE RETI
Seamus Ross
(Humanities Computing and Information Management
Università di Glasgow) pag. 69
DAL CODICE DI HAMMURABI
ALLA STELE DI ROSETTA DIGITALE.
CONSERVAzIONE A LUNGO
TERMINE DEI CONTENUTI DIGITALI
Alfredo M. Ronchi
(Politecnico di Milano / MEDICI Framework) pag. 73
ATTIVITà E PROCESSI NELLA SALVAGUARDIA
DEI CONTENUTI DIGITALI NEL LUNGO TERMINE
Mathias Jehn
(Biblioteca nazionale tedesca – Francoforte sul Meno) pag. 93
PROGRESSI NELLA CONSERVAzIONE DIGITALE:
UN’ESPERIENzA AUSTRALIANA
Nitya Karmakar
(Università di Sidney) pag. 99
I DEPOSITI DIGITALI: REqUISITI E PROSPETTIVE.
Stefano Pigliapoco
(Università di Macerata) pag. 107
IL DEPOSITO DIGITALE CLINICO
DELL’ULSS DI ASOLO
Mario Po’, Annamaria Brosolo
(rispettivamente: Direttore Amministrativo e
Direttore Sanitario - Azienda ULSS n. 8 di Asolo) pag. 113

PROGETTO DOCAREA
Rossella Bonora
(Provincia di Bologna) pag. 129
IL REGISTRO DELLE IMPRESE DELLA CAMERA
DI COMMERCIO DI PESARO - URBINO
Loreno Zandri
(Camera di Commercio di Pesaro - Urbino) pag. 135
GLI ARCHIVI DI STATO CIVILE
Elettra Cappadozzi
(C.N.I.P.A. - Roma) pag. 143
L’ARCHIVIAzIONE DIGITALE TRA STORIA
E CONSERVAzIONE: IL TABULARIUM URBIS
Giangiulio Radivo
(Delegato Vicariato di Roma presso Radio Vaticana, Roma) pag. 153
CONCLUSIONI
Mariella Guercio
(Università di Urbino) pag. 155
MEMORANDUM
CONSERVARE IL DIGITALE.
UN CONFRONTO INTERNAZIONALE pag. 159

English share
INTRODUCTION TO PROCEEDINGS pag. 167
ASTRONOMy, AESCULAPIUS
AND LONG TERM PRESERVATION
Kim Henry Veltman
(Scientific Manager of McLuhan Maastricht Institute and
European Network of the cultural digital heritage high centres) pag. 173
INTRODUCTION TO THE CONVENTION
Paola Carucci
(Manager of the Historical Archives of the Presidency of the Republic - Rome) pag. 181
DOCUMENTARy CERTAINTy
AND DIGITAL MEMORIES
Maria Guercio
(University of Urbino) pag. 185
THE LONG-TERM PRESERVATION
OF DIGITAL RECORDS:
A VIEW OF INTERNATIONAL RESEARCH
Luciana Duranti
(School Of Library, Archival and Information
Studies of the University of British Columbia – Vancouver) pag. 195
THE ITALIAN PICTURE OF NORMS
Micaela Procaccia
(Ministry for cultural heritage and activities
General Archives Management, Rome) pag. 205
RECORDS IN DANGER: LEARNING
FROM DISASTER RECOVERy.
WORLD BANK INSTITUTIONAL
AND CLIENT PERSPECTIVES
APRIL MILLER
(World Bank - Washington) pag. 211

PROBLEMS AND PERSPECTIVES
OF DIGITALISATION OF MANUSCRIPTS.
THE ExPERIENCE
OF THE VATICAN APOSTOLIC LIBRARy
Irmgard Schuler
(Vatican Apostolic Library - Vatican City) pag. 217
MANAGEMENT AND PROTECTION
OF MEDICAL DIGITAL DATA
Chen Bitan
(Cyber-Ark Software – Tel Aviv) pag. 227
THE ROLE OF NETWORKS
Seamus Ross
(Humanities Computing and Information Management – University of Glasgow) pag. 233
FROM HAMMURABI CODEx
TO DIGITAL ROSETTA STONE.
LONG TERM PRESERVATION OF DIGITAL CONTENT
Alfredo M. Ronchi
(Politecnico di Milano / MEDICI Framework) pag. 237
ACTIVITIES AND PROCESSES
IN THE PROTECTION OF LONG
TERM DIGITAL CONTENTS
Mathias Jehn
(German national library – Frankfurt on the Maine) pag. 255
PROGRESS IN DIGITAL PRESERVATION:
AN AUSTRALIAN ExPERIENCE
Nitya karmakar
(University of Sydney) pag. 261
DIGITAL DEPOSITS: REqUIREMENTS
AND PERSPECTIVES
Stefano Pigliapoco
(University of Macerata) pag. 269

DOCAREA PROjECT
Rossella Bonora
(Province of Bologna) pag. 275
ASOLO’S ULSS DIGITAL
CLINICAL DEPOSIT
Mario Po’, Annamaria Brosolo
(Administrative Director and Health Director, respectively – ULSS n. 8– Asolo) pag. 281
THE BUSINESS REGISTRy
OF THE CHAMBER OF COMMERCE
OF PESARO - URBINO
Loreno Zandri
(Chamber of Commerce of Pesaro - Urbino) pag. 297
THE CIVIL STATUS REGISTER ARCHIVES
Elettra Cappadozzi
(National Information Center for the Public Administration C.N.I.P.A., Rome) pag. 303
DIGITAL FILING IN HISTORy AND CONSERVATION:
THE TABULARIUM URBIS
Giangiulio Radivo
(Vicariate Delegate of Rome at Radio Vaticana, Rome) pag. 311
CONCLUSIONS
Mariella Guercio
(University of Urbino) pag. 313
MEMORANDUM
LONG TERM DIGITAL PRESERVATION:
AN INTERNATIONAL FOCUS pag. 317