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Petrarca RVF 32 _commento daniele galliano 3B_ - ZyXEL NSA210

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Sarà solo nel momento della morte che il poeta comprenderà con chiarezza il vero senso della<br />

vita e quanto spesso l’uomo (“altri”) si affatichi inutilmente dietro le cose incerte e quanto spesso<br />

si desiderino dei beni inutili.<br />

Questo tormento, questa incapacità di vivere serenamente il suo amore per Laura, o -<br />

viceversa- di distaccarsene definitivamente per rivolgersi completamente a Dio, causa del<br />

“dissidio interiore”, che <strong>Petrarca</strong> analizza acutamente nel Secretum, torna in numerosi sonetti del<br />

Canzoniere come La vita fugge e non s’arresta un’ora (<strong>RVF</strong> 272), dove viene anche riproposta la<br />

fuga inarrestabile del tempo, benché la morte in quel testo non costituisca un rifugio tranquillo.<br />

In questo sonetto tornano molte parole già incontrate in altre poesie del <strong>Petrarca</strong>, come<br />

“vaneggiar vaneggiar vaneggiar” vaneggiar che troviamo nel sonetto 62 Padre del ciel, dopo i perduti giorni (v. 2), e nel sonetto<br />

proemialeVoi ch’ascoltate in rime sparse in suono (v. 12): il termine indica l'inutilità delle<br />

aspirazioni terrene. “Sospirar ospirar ospirar” ospirar che troviamo nella canzone Chiare fresche e dolci acque (canz.<br />

126, vv. 5; 34; 61) ed infine la parola “pace pace pace” pace che pure troviamo in Chiare fresche e dolci acque (v.<br />

65). Si tratta di quella pace a cui il poeta continuamente aspira, senza raggiungerla (Pace non<br />

trovo e non ho da far guerra), se non alla fine del canzoniere, a sottolineare l’importanza di questo<br />

termine, come parola finale dell’ultima canzone (<strong>RVF</strong> 366: Vergine bella, che di sol vestita).<br />

Il trascorrere del tempo e la malinconia che ciò provoca è un altro motivo ricorrente del<br />

Canzoniere, anche se non sempre assume il significato che ha qui. Ricordiamo perlomeno il suo<br />

apparire nel sonetto 90 Erano i capei d'oro a l'aura sparsi (dove si traduce in un omaggio alla<br />

donna e nella constatazione che l'amore perdura intatto nonostante il passare del tempo e<br />

nonostante lo sfiorire della bellezza di Laura); e nella canzone 126 Chiare fresche e dolci acque,<br />

dove è occasione del recupero, attraverso la memoria, della meravigliosa visione di Laura<br />

immersa nella natura della Valchiusa, sotto una delicata pioggia di fiori.<br />

Per quel che riguarda gli aspetti formali, l’andamento del discorso poetico è colloquiale, pacato,<br />

quasi dimesso, ma non bisogna lasciarsi trarre in inganno poiché la semplicità è in realtà il<br />

risultato di una finissima elaborazione.<br />

Il senso della misera condizione umana è espresso inizialmente da un aggettivo e da un<br />

sostantivo molto incisivi: “giorno extremo” e “umana miseria” che indicano due realtà entrambe<br />

negative, ma in opposizione fra di loro. Infatti la fine della vita annulla la speranza, ma libera dalla<br />

miseria del vivere.<br />

Da notare l’ordine fra l’aggettivo e il sostantivo che vengono capovolti in un’elegante simmetria:<br />

sostantivo-aggettivo nel primo caso, aggettivo-sostantivo nel secondo (si tratta di un chiasmo).<br />

Inoltre il primo sintagma è collocato alla fine del verso, mentre il secondo è posto all’inizio del<br />

verso successivo, in modo che risultino contigui.<br />

Nei versi 3-4 vi è un parallelismo concettuale tra la fuga del tempo e il venir meno della<br />

speranza, reso da due copie di aggettivi collocate entrambe alla fine del verso: “veloce e leve /<br />

fallace e scemo”.<br />

Il gioco di simmetrie coinvolge anche le rime al “breve” / “leve” si contrappone l’opposto “greve<br />

del verso 6, che a sua volta entra poi in antitesi con “neve” al verso 7: ciò che appare pesante,<br />

cioè la fisicità del corpo, si rileva labile come la neve che si scioglie a causa della velocità del<br />

tempo.<br />

Il cenno del verso 4 “sperar fallace e scemo” è ripreso amplificato ai versi 9-10 “co.llui cadrà<br />

quella speranza / che ne fe’ vaneggiar sì lungamente”. Come detto, qui torna una parola chiave<br />

molto importante per il poeta, il verbo “vaneggiar”, che rimanda al primo sonetto del canzoniere e<br />

che pone questa poesia nel filone che si potrebbe dire del "pentimento", cioè in cui l'urgenza di<br />

tornare ai valori cristiani della vita prevale sulla seduzione esercitata dal mondo terreno (Laura,<br />

l'amore, la fama).<br />

Troviamo delle antitesi nella contraddittorietà delle passioni che rivelano la loro vanità,<br />

espressa da due coppie di sostantivi: “riso / pianto, paura / ira”, ma i contrasti vengono smorzati<br />

dalla fluidità del polisindeto “e…e…e…e”.<br />

L’ultima terzina si presenta come una riflessione generale sulla realtà umana ed ogni<br />

argomento del discorso riflessivo è scandito entro la misura di un verso.<br />

Vi è una continua serie di enjambement che contribuisce a frammentare i versi per rendere<br />

maggiormente il senso del tempo che trascorre lentamente, ma in modo inesorabile 2 .<br />

2 Occorrerebbe aggiungere l'analisi degli aspetti fonici e ritmici!<br />

2

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