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Antonio Joli - Quaderno 12 - febbraio 2021

Pittore e scenografo, uno dei maggiori protagonisti a livello europeo del Vedutismo settecentesco, Antonio Joli dopo una visita a Paestum al seguito di un giovane lord inglese, sulla base di alcuni disegni realizzati sul posto dipinse in atelier numerose vedute delle rovine, divenute ben presto dei veri e propri modelli di riferimento per la successiva produzione di immagini dell’antica colonia greca. Attraverso un’armoniosa e morbida tavolozza di colori con il suo sguardo da scenografo seppe dilatare i confini dello spazio reale mettendo in scena il paesaggio dei monumentali templi in una straordinaria serie di dipinti, un’importantissima testimonianza che restituisce molte indicazioni su come fosse Paestum nella seconda metà del Settecento.

Pittore e scenografo, uno dei maggiori protagonisti a livello europeo del Vedutismo settecentesco, Antonio Joli dopo una visita a Paestum al seguito di un giovane lord inglese, sulla base di alcuni disegni realizzati sul posto dipinse in atelier numerose vedute delle rovine, divenute ben presto dei veri e propri modelli di riferimento per la successiva produzione di immagini dell’antica colonia greca.
Attraverso un’armoniosa e morbida tavolozza di colori con il suo sguardo da scenografo seppe dilatare i confini dello spazio reale mettendo in scena il paesaggio dei monumentali templi in una straordinaria serie di dipinti, un’importantissima testimonianza che restituisce molte indicazioni su come fosse Paestum nella seconda metà del Settecento.

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<strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong><br />

Le matrici iconografiche<br />

di Paestum<br />

I Quaderni


<strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong>. Le matrici iconografiche di Paestum<br />

Costabile Cerone<br />

Nel XVIII secolo la formazione culturale dei giovani<br />

nobili dell'aristocrazia europea, soprattutto quella<br />

britannica, si completava attraverso un viaggio alla<br />

scoperta dell'Europa, un'esperienza educativa e formativa<br />

per conoscere gli aspetti artistici, culturali e<br />

politici dei diversi Paesi.<br />

L'ultima tappa di questo viaggio, conosciuto come il<br />

Grand Tour, doveva essere obbligatoriamente l'Italia<br />

con il suo ricco patrimonio di antiche opere greche e<br />

romane, spesso ridotte a pittoreschi ruderi. Gli inglesi,<br />

in particolare, attratti dall'arte classica raggiungevano<br />

la penisola con il desiderio di vedere in prima<br />

persona questi monumenti ed ammirare i meravigliosi<br />

paesaggi italiani e gli spettacolari fenomeni<br />

offerti dalla natura come le eruzioni del Vesuvio.<br />

A compiere un lungo viaggio durato ben nove anni fu<br />

Lord John Brudenell (fig. 1), un giovane rampollo<br />

della nobiltà inglese che assumerà il titolo di marchese<br />

di Monthermer, figlio di George Brudenell, Duca<br />

di Montagu, 4° conte di Cardigan. Nel 1751 all'età di<br />

17 anni, partito da Londra in compagnia del suo tutor<br />

e guida Henry Lite (fig. 2), dopo un soggiorno in Francia<br />

di tre anni per studiare a Parigi, trascorse il resto<br />

del tempo in giro per l'Italia raggiungendo luoghi<br />

inconsueti. Attesi a Roma nell'autunno del 1755 vi<br />

giunsero solo ad aprile dell'anno successivo, proseguendo<br />

poco dopo per Napoli, punto base per le<br />

numerose esplorazioni dei luoghi classici che Brudenell<br />

compirà in Italia meridionale e in Sicilia, tra cui<br />

Paestum, raggiunto nel mese di giugno 1756 per<br />

osservare da vicino i tre maestosi templi dorici da<br />

poco “scoperti”. Con una lettera inviata a Londra a<br />

Lord Cardigan, Lyte lo informò di questa visita: “Siamo<br />

rientrati ieri da Pesto, un'antica colonia dei greci<br />

dove si possono ammirare tre templi di ordine dorico<br />

ben conservati. La solidità data dalle grosse colonne<br />

è sorprendente, sembrano essere costruiti per<br />

l'eternità. Un gentleman di questi luoghi ha fatto realizzare<br />

dei disegni per essere incisi e saranno presto<br />

pubblicati, così che ve ne possiate fare un'idea<br />

migliore rispetto a quanto io li possa descrivere”.<br />

Il nobiluomo a cui fa riferimento Lyte con ogni probabilità<br />

è stato identificato con il conte Felice Gazzola,<br />

un ufficiale militare che aveva fatto eseguire<br />

alcuni disegni e il rilievo dei templi da un gruppo di<br />

artisti e architetti, ma il cui lavoro non venne subito<br />

1 2<br />

2


pubblicato. Tuttavia la prima serie di incisioni di cui<br />

si ha segnalazione fu quella di Filippo Morghen (fig.<br />

18) pubblicata a Napoli nel 1765 in un volume dal<br />

titolo “Sei tavole che illustrano le antiche fabbriche<br />

dei templi di Pesto” con la riproduzione di cinque<br />

dipinti del pittore modenese <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (fig. 19-<br />

20). Le tele furono realizzate in studio tra il 1758 e il<br />

1759 (date sul retro di alcuni dipinti) da un repertorio<br />

di disegni che l'artista aveva eseguito dal vero proprio<br />

durante l'escursione a Paestum del giovane lord<br />

inglese il quale gli aveva commissionato una serie di<br />

vedute dei luoghi che avrebbe visitato durante il viaggio.<br />

L'incarico impegnò <strong>Joli</strong> per diversi anni, infatti si contano<br />

circa 40 tele eseguite per Brudenell, in buona<br />

parte nel formato da viaggio 50 x 75 cm, di cui alcune<br />

disperse e altre divise fra i discendenti, conservate<br />

nella collezione di Lord Montagu a Beaulieu e di<br />

Lord Buccleuch a Bowhill, una tra le più importanti<br />

collezioni d'arte del Regno Unito. Dopo la visita di<br />

Paestum e altri luoghi della Campania lo accompagnò<br />

in tour in Sicilia per tornare a Napoli a fine<br />

Novembre dove il giovane mecenate aveva incontrato<br />

<strong>Joli</strong> da poco rientrato dall'Accademia di pittura e<br />

scultura di Venezia, la città dove aveva lavorato<br />

come scenografo per dieci anni, dal 1732 al 1742,<br />

dopo un primo ed intenso periodo di formazione trascorso<br />

a Roma nella bottega del pittore e architetto<br />

Giovanni Paolo Pannini, apprendendo lezioni sul paesaggio<br />

urbano e delle rovine (fig. 3). Nell'urbe subì<br />

l'influenza anche dell'olandese Gaspar van Wittel,<br />

conosciuto in Italia come Gaspare Vanvitelli, noto<br />

per le sue nitide e precise vedute urbanistiche, padre<br />

del celebre architetto Luigi. Nel successivo soggiorno<br />

veneziano perfezionerà il suo interesse per le vedute<br />

sugli esempi di <strong>Antonio</strong> Canal, detto “il Canaletto”,<br />

e suo nipote Bernardo Bellotto, due artisti che<br />

seppero trasformare il “vedutismo veneziano” in una<br />

corrente d'avanguardia che caratterizzò l'intera Europa<br />

del Settecento.<br />

Dopo l'esperienza veneta iniziò una brillante carriera<br />

internazionale, dall'Inghilterra, dove operò come scenografo<br />

al King's Theatre di Londra, si spostò in Spagna<br />

presso la corte di Ferdinando VI di Borbone, lavorando<br />

al Teatro del Buen Retiro fino al 1754. Rientrato<br />

in patria, dopo qualche anno si stabilì definitivamente<br />

a Napoli dove ebbe inizio la fortunata attività<br />

al servizio della corte borbonica, con l'ottenimento<br />

nel 1762 della prestigiosa nomina di capo scenografo<br />

e architetto del teatro San Carlo, che conserverà fino<br />

al 1777, anno della sua morte.<br />

Esemplificative del lavoro svolto per il sovrano sono<br />

le due grandi tele del 1759 raffiguranti la partenza di<br />

Carlo III per Madrid (fig. 4), subentrato al trono di<br />

Fig. 1. Henry Meyer (1780 - 1847)<br />

Ritratto di John Montagu, Lord Brudenell, XVII sec.<br />

Incisione (46,3 x 72,2 cm)<br />

The British Museum, Londra<br />

Dal dipinto di Anton Raphael Mengs del 1758 (olio su tela,<br />

171,5 x 244 cm), collezione di Richard Scott, X duca di<br />

Buccleuch, Boughton House, Kettering<br />

3<br />

Fig. 2. Anton Raphael Mengs (1728 - 1779)<br />

Ritratto di Henry Lyte (1729-1791), 1758<br />

Olio su tela (73,6 x 97,8 cm)<br />

National Trust Collections, Inghilterra<br />

Anton Raphael Mengs dipinse ritratti di aristocratici inglesi<br />

durante il loro Grand Tour a Roma in diretta concorrenza con<br />

Pompeo Batoni negli anni '50 del Settecento. Lord Brudenell e<br />

Lyte sedettero entrambi da Mengs durante la seconda visita a<br />

Roma nel 1758. In questo ritratto a mezzo busto, Lyte è mostrato<br />

con in mano un libro per indicare che è uno studioso.<br />

Fig. 3. <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

Sansone abbatte il tempio dei Filistei, 1725-1735 ca.<br />

Olio su tela (92,7 x 130,8 cm)<br />

Collezione privata, Londra<br />

Il grande e imponente capriccio risale probabilmente all'inizio<br />

della carriera dell'artista, quando lavorava tra Modena, suo<br />

paese di origine, e Venezia. Il suo carattere dinamico e teatrale<br />

suggerisce che potrebbe essere stato ispirato dalla scenografia<br />

di uno spettacolo o di un'opera.<br />

3


Spagna dopo la morte del fratellastro Ferdinando VI,<br />

e il dipinto che ritrae la solenne cerimonia di abdicazione<br />

svolta nella Sala del Trono del Palazzo Reale<br />

(fig. 5), lasciando il Regno al piccolo Ferdinando,<br />

che a soli otto anni divenne re di Napoli e Sicilia, “Lo<br />

Rre piccerillo” (fig. 6).<br />

Ed è in quello stesso anno che realizzò una veduta di<br />

Paestum per Lord Brudenell (fig. 7), una tela con la<br />

rappresentazione della piana dei templi vista da<br />

levante, parte della collezione di Richard Scott, duca<br />

di Buccleuch (fig. 8). Di questo dipinto esistono altre<br />

due repliche apparse nel mercato d'arte alla fine degli<br />

anni ottanta del Novecento, dimostrando che i disegni<br />

eseguiti sul posto (finora non rintracciati) furono<br />

impiegati da <strong>Joli</strong> più volte e in tempi diversi, evidentemente<br />

per soddisfare le molte richieste di questo<br />

soggetto figurativo che gli pervenivano.<br />

L'ipotesi di copie eseguite in momenti diversi troverebbe<br />

conferma nel diario del viaggio in Italia compiuto<br />

tra il 1765 e il 1766 dall'astronomo francese<br />

Joseph-Jérôme de Lalande, che nella descrizione<br />

della sua visita ai resti dell'antica città greca, “a lungo<br />

dimenticati in quanto posti lungo una strada che gli<br />

antiquari ed i curiosi frequentavano poco”, afferma<br />

di aver visto nello studio di <strong>Joli</strong> vari dipinti su Paestum<br />

insieme ad altre vedute di Napoli (fig. 9), Venezia<br />

e Madrid.<br />

Replicata più volte è anche la più famosa “Veduta<br />

generale degli avanzi di Pesto dalla parte di Ponente”<br />

(fig. 10-11), come intitolata nelle incisioni di Morghen,<br />

di cui un esemplare datato lo stesso anno è conservato<br />

al Norton Simon Museum di Pasadena.<br />

L'opera rappresenta il primo dipinto con una veduta<br />

d'insieme a volo d'uccello dell'intera area urbana di<br />

Paestum chiusa dalle possenti mura di cinta con i varchi<br />

di Porta Aurea, Giustizia e Sirena, la porta di<br />

levante che dirige verso le alture di Capaccio sullo<br />

sfondo della composizione. I tre templi dominano le<br />

parti laterali del dipinto, il tempio di Atena a nord, e il<br />

tempio di Nettuno con la “Basilica” a sud.<br />

Al 1759 si datano anche gli altri dipinti della notevole<br />

“Serie dei Templi di Paestum”, le più remote rappresentazioni<br />

pittoriche della città che insieme alla<br />

precedenti vedute rappresenteranno dei modelli di<br />

riferimento per la successiva produzione di immagini<br />

ed incisioni sui monumenti dell'antica colonia greca.<br />

Erano gli anni in cui prima di lavorare a tempo pieno<br />

come scenografo al San Carlo, <strong>Joli</strong> si dedicò a dipingere<br />

per i colti e agiati viaggiatori, soprattutto inglesi,<br />

che facendo tappa a Napoli durante il viaggio in<br />

Italia, vedevano nelle sue opere il miglior souvenir<br />

da riportare in patria. Tra queste committenze, oltre il<br />

giovane Lord, figurano Sir James Gray (fig. 14),<br />

4<br />

4


ambasciatore britannico nel Regno di Napoli fino al<br />

1763, e il suo successore Sir William Hamilton (fig.<br />

21), un appassionato di archeologia, studioso delle<br />

attività vulcaniche del Vesuvio e collezionista di<br />

opere d'arte che acquistò diversi quadri dal pittore<br />

per arredare la sua residenza napoletana a Palazzo<br />

Sessa, sede ufficiale dell'Ambasciata inglese in<br />

epoca borbonica. Tra i dipinti della collezione si elencano<br />

quattro quadri di <strong>Joli</strong>, tra cui due “pictures of the<br />

ruins of the Paestum”.<br />

Per Sir Gray realizzò ben due dipinti entrambi riprodotti<br />

nelle tavole incise da Filippo Morghen e da Thomas<br />

Major nel volume “The Ruins of Paestum” pubblicato<br />

a Londra nel 1768.<br />

Una scena ripresa da sud, con i due templi di Hera,<br />

Nettuno e la “Basilica”, in primo piano e in lontananza<br />

il tempio di Atena (o Cerere), dove combina la<br />

fedeltà topografica con un punto di vista teatrale<br />

della scena (fig. <strong>12</strong>), ed una veduta ripresa “Stando al<br />

di sotto della porta della città di Pesto”, datata 1758,<br />

presumibilmente il primo dei dipinti della serie (fig.<br />

13), il cui punto di vista è stato identificato da qualcuno<br />

con la Torre Laura (Torre 27) posta sul lato meridionale<br />

della cinta muraria.<br />

L'arco di Porta Sirena in primo piano appare come<br />

una grande finestra aperta sul paesaggio dei templi,<br />

dove una immaginaria bucatura nella muratura permette<br />

di intravedere il tempio di Atena sulla destra<br />

altrimenti nascosto alla vista, un modo geniale escogitato<br />

da <strong>Joli</strong> per attirare l'attenzione dell'osservatore<br />

nell'immagine del dipinto. Le annotazioni che<br />

accompagnano le incisioni di Major indicano che<br />

l'artista ha realizzato il dipinto (o il disegno preparatorio)<br />

in presenza dell'ambasciatore. Difatti, in basso<br />

a sinistra, seduto su di un masso sotto il grande arco<br />

appare un uomo intento a disegnare con accanto un<br />

gentiluomo, presumibilmente gli stessi Gray e <strong>Joli</strong>.<br />

Di notevole impatto scenico sono senz'altro i due<br />

dipinti degli interni del tempio di Poseidone ripresi in<br />

particolare condizione di luce per esaltare il caldo<br />

colore del travertino. Una prospettiva centrale presa<br />

dalla cella del tempio guardando verso ovest (fig.<br />

15), dove sullo sfondo, tra le grandi colonne si intra-<br />

Fig. 4. <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

Partenza di Carlo III per la Spagna (vista da terra), 1759<br />

Olio su tela (208 x <strong>12</strong>8 cm)<br />

Museo del Prado, Madrid (Opera non esposta)<br />

Fig. 5. <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

Abdicazione di Carlo III, 1759<br />

Olio su tela (<strong>12</strong>5,7 x 76,5 cm)<br />

Museo del Prado, Madrid (Opera non esposta)<br />

5<br />

5


vede il mare del “Golfo di Poseidonia” animato dalle<br />

barche dei pescatori, dove fino a quel secolo si potevano<br />

ancora osservare i “rottami dell'antico porto”;<br />

l'altezza del punto di vista è basso e i personaggi che<br />

abitano la scena sono ridotti di scala, così da enfatizzare<br />

la grandezza delle rovine architettoniche.<br />

L'altro dipinto, intitolato “Interno del tempio grande<br />

nella città di Pesto”, è caratterizzato da una prospettiva<br />

più accentuata con il punto di vista decentrato<br />

che guarda verso nord-est. Lasciando intravedere in<br />

lontananza porta Sirena a destra e il tempio di Atena a<br />

sinistra, appare una vera e propria intuizione delle<br />

successive invenzioni di Piranesi (fig. 16). Custodito<br />

alla Reggia di Caserta dove sono conservati diversi<br />

dipinti di <strong>Joli</strong> provenienti dalle vecchie collezioni<br />

borboniche, quasi sicuramente fu commissionato<br />

dalla corte napoletana.<br />

Tra questi è presente anche i “Ruderi di Tempio dorico”,<br />

un olio su tela che si inserisce nella produzione<br />

del vedutismo di fantasia, un capriccio architettonico<br />

dell'artista dove diversi elementi compongono un<br />

immaginario e bizzarro antico edificio dorico in rovina.<br />

L'interno del grande tempio di Poseidone (Nettuno),<br />

riprodotto all'acquaforte dall'incisore reale Filippo<br />

Morghen, è stato duplicato con qualche piccola<br />

variazione dal pittore Pietro Fabris, collaboratore di<br />

<strong>Joli</strong>, in un dipinto conservato alla Compton Verney<br />

Art Gallery in Inghilterra (fig. 22).<br />

L'ultimo dipinto della Serie dei Templi di Paestum,<br />

anch'esso riprodotto all'incisione, è una veduta del<br />

tempo di Atena (o Cerere) visto da ovest (fig. 17),<br />

dove alla destra dell'imponente monumento, aumentato<br />

di scala per accentuare la nuova scoperta archeologica,<br />

si scorge la restaurata chiesa della SS. Annunziata<br />

in stile barocco, con il pavimento sopraelevato<br />

allo stesso piano dell'adiacente edificio costruito per<br />

volere del Vescovo <strong>Antonio</strong> Raimondi proprio in quegli<br />

anni.<br />

In secondo piano è rappresentata la cinta muraria<br />

dell'antica città e sullo sfondo i versanti occidentali<br />

dei monti di Capaccio con il centro abitato a mezza<br />

costa e la chiesa di Santa Maria Maggiore sul Calpazio<br />

(Santuario della Madonna del Granato). È dunque<br />

evidente la meticolosa attenzione ai dettagli topografici,<br />

tipici di <strong>Joli</strong>, per la rappresentazione di paesaggi<br />

e vedute urbane, sebbene qualche polemica di<br />

certi eruditi sulla non corretta rappresentazione di<br />

alcuni particolari, tra cui la stessa cinta muraria, o perfino<br />

di alcune minuzie come il tipo di pietra, la grandezza<br />

dei blocchi e la tipologia delle connessioni.<br />

Ma è chiaro che l'approccio alla raffigurazione dei<br />

monumenti è del tipo pittorico, comunque per soddisfare<br />

il particolare gusto antiquario delle sue com-<br />

6<br />

6


mittenze, e non scientifico come può essere un rilievo<br />

eseguito da un architetto per un progetto di restauro.<br />

Inoltre l'artista realizzò i dipinti in studio a distanza<br />

di tempo dagli schizzi e dalle annotazioni presi sul<br />

luogo, facendo poi affidamento esclusivamente sulla<br />

memoria del momento.<br />

Anche in questo dipinto l'artista, con parrucca a codino<br />

legato alla nuca da un fiocco, si rappresenta seduto<br />

su di un grande masso mentre disegna le architetture<br />

del tempio con la supervisione di un uomo vestito in<br />

giamberga rossa, una giaccia lunga a falde, panciotto<br />

blu, camicia bianca, stivaloni scuri, il consueto tricorno<br />

in feltro nero con bordature chiare ed armato di<br />

spada. Una tipica uniforme degli ufficiali<br />

dell'esercito borbonico, probabilmente lo stesso<br />

conte Felice Gazzola o un suo inferiore addetto alla<br />

supervisione delle operazioni di rilievo (fig. 23-24).<br />

La veduta come sempre è animata dalla presenza di<br />

numerose figure, caratteristica propria del gusto narrativo<br />

di <strong>Joli</strong>, uomini in divisa, visitatori stranieri, persone<br />

a cavallo, architetti indaffarati nel rilievo delle<br />

strutture e la gente del luogo impegnata nelle loro attività<br />

quotidiane, come i contadini e i pastori con il pro-<br />

Fig. 6. Anton Raphael Mengs (1728 - 1779)<br />

Ritratto di Ferdinando IV di Borbone fanciullo, 1759-<br />

1760 ca.<br />

Olio su tela (<strong>12</strong>6 x 180 cm)<br />

Museo nazionale di Capodimonte, Appartamento Reale,<br />

Napoli<br />

Fig. 9. <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

Riviera di Chiaia, Napoli, 1759-1760<br />

Olio su tela (75 x <strong>12</strong>5 cm)<br />

Collezione privata, Londra<br />

9<br />

7


7<br />

“Veduta di Paestum da levante”<br />

Fig. 7. Pompeo Batoni (1708 - 1787)<br />

Ritratto di John Montagu, Lord Brudenell, 1758<br />

Olio su tela (71,1 x 96,5 cm)<br />

Metropolitan Museum of Art, New York<br />

8<br />

Batoni, negli anni all'apice della sua fama di ritrattista,<br />

ritrae il giovane Lord con un liuto ed uno spartito tra le<br />

mani che i critici hanno identificato essere testualmente<br />

una sonata del compositore e violinista Arcangelo Corelli.<br />

Il una lettera dell'8 marzo 1758 inviata al padre a Londra,<br />

Lyte riferiva di questo ritratto insieme a quello eseguito<br />

da Mengs: “Essi avevano promesso di finire presto<br />

ed erano entrambi dei buoni dipinti … per di più vi è grande<br />

emulazione fra questi due celebri pittori”.


8<br />

Fig. 8. <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

Veduta di Paestum vista da levante, 1759<br />

Olio su tela (139 x 91 cm)<br />

Collezione di Richard Scott, Duca di Buccleuch e<br />

Queensberry, Edimburgo<br />

Dipinto eseguito per John Montagu, Lord Brudenell,<br />

marchese di Monthermer<br />

9


“Veduta generale dell'avanzi di Pesto dalla parte di ponente”<br />

10


10<br />

Fig. 10. <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

“Veduta generale dell'avanzi di Pesto dalla parte di<br />

ponente”, 1759<br />

Olio su tela (<strong>12</strong>0,7 x 76,8 cm)<br />

Norton Simon Museum, Pasadena, Stati Uniti<br />

Veduta incisa da Filippo Morghen nel 1766 e da<br />

Thomas Major nel 1768 per il volume “The Ruins of<br />

Paestum” (Tavola I)<br />

11


“Veduta generale dell'avanzi di Pesto dalla parte di ponente”<br />

<strong>12</strong>


11<br />

Fig. 11. <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

“Veduta generale dell'avanzi di Pesto dalla parte di<br />

ponente”, 1759 (2° versione)<br />

Olio su tela (<strong>12</strong>5 x 75 cm)<br />

Collezione privata, Londra<br />

13


Fig. <strong>12</strong>. <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

Veduta dei tre Templi nella città di Paestum, 1759<br />

Olio su tela (101 x 75,5 cm)<br />

Commissionato da Sir James Gray, ambasciatore britannico<br />

a Napoli dal 1753 al 1763<br />

Collezione privata, Londra<br />

Opera esposta nel maggio del 1986 alla Certosa di S.<br />

Lorenzo a Padula per la mostra “La fortuna di Paestum e<br />

la memoria moderna del dorico, 1750-1830” e nel 2015 al<br />

TEFAF (The European Fine Art Foundation) presso il<br />

MECC, Centro Congressi di Maastricht.<br />

Veduta incisa da Filippo Morghen nel 1766 e da Thomas<br />

Major nel 1768 per il volume “The Ruins of Paestum” (Tavola<br />

II)<br />

14


15<br />

<strong>12</strong>


13<br />

16


Fig. 13. <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

“Stando sotto la porta della città di Pesto”, 1758<br />

Olio su tela (103,5 x 131 cm)<br />

Commissionato da Sir James Gray, ambasciatore<br />

britannico a Napoli dal 1753 al 1763.<br />

Collezione privata, Londra (Sotheby's)<br />

Veduta incisa da Thomas Major nel 1768 per il volume<br />

“The Ruins of Paestum” (Tavola III), con la nota:<br />

"Questo punto di vista è stato preso anche in presenza<br />

di Sua Eccellenza Sir James Gray, e inciso da un bel<br />

dipinto nella sua collezione".<br />

Il dipinto “Vista dei tre templi nella città di Paestum” era<br />

parte della collezione del Generale George Gray, un ufficiale<br />

dell'esercito britannico con la passione per<br />

l'architettura, il fratello minore dell'ambasciatore Sir<br />

James Gray.<br />

Fig. 14. Anton Raphael Mengs (1728 - 1779)<br />

Ritratto di Sir James Gray, 2° Bt., 1761<br />

Olio su tela (62,5 x 76,2 cm)<br />

Yale Center for British Art, Yale University, Stati Uniti<br />

14<br />

“Gran sorte ha avuta quivi in questo secolo <strong>Antonio</strong><br />

<strong>Joli</strong> modenese, che fondato nelle teorie<br />

dell'architettura passò in Roma, e nella scuola del<br />

Pannini si formò un de' più celebri pittori di<br />

architettura e di ornato, che vivessero nell'età<br />

nostra. Acclamato per tale ne' teatri di Spagna,<br />

d'Inghilterra, di Germania, dove aveva dipinto,<br />

divenne in Napoli pittore di Carlo III e del re suo<br />

figlio”<br />

Con queste parole di elogio si esprimeva l'abate<br />

Luigi Lanzi a proposito di <strong>Joli</strong> all'interno della sua<br />

vasta ricognizione sulla Storia pittorica d'Italia<br />

pubblicata nel 1789.<br />

17


15<br />

Fig. 15. <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

Interno del Tempio di Poseidone a Paestum, 1759 ca.<br />

Olio su tela (101,5 x 76 cm)<br />

Collezione privata, Londra<br />

Veduta incisa da Filippo Morghen nel 1766<br />

18


19


Fig. 16. <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

Interno del Tempio di Poseidone a Paestum, 1759<br />

Olio su tela (103 x 76,5 cm)<br />

Collezione Palazzo Reale di Caserta<br />

Iscrizione sul retro della tela: “Interno del tempio<br />

grande nella città di Pesto Ant. nio Jolli 1759”<br />

20


21<br />

16


17<br />

22


Fig. 17. <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

Veduta del Tempio di Atena o Cerere a Paestum, 1759<br />

ca.<br />

Olio su tela (101,5 x 74 cm)<br />

Collezione privata, Londra<br />

Veduta incisa da Filippo Morghen nel 1766<br />

Dipinto esposto a Londra nel 2006 nella mostra<br />

“<strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong>, Travels Around Europe”<br />

23


Le incisioni di Filippo Morghen<br />

Nel 1765 l'incisore e mercante di stampe Filippo Morghen<br />

pubblicò a Napoli “Sei vedute delle rovine di<br />

Pesto”, una raccolta di sei acqueforti con le rappresentazioni<br />

dei monumenti dell'antica colina greca: la prima<br />

tavola con due vedute di Porta Sirena, la porta orientale<br />

erroneamente indicata a settentrione, e le successive cinque<br />

tratte dai disegni di <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong>.<br />

L'opera, dedicata allo stravagante aristocratico inglese<br />

Frederick Calvert, ultimo discendente dei baroni di Baltimore,<br />

proprietario della provincia di Maryland ed Avalor<br />

in America, è introdotta con la “Spiegazione delle VI<br />

tavole” in cui viene descritta la città e le sue opere architettoniche<br />

con il testo tratto dal volume “La Lucania” di<br />

Giuseppe Antonini pubblicato a Napoli nel 1745.<br />

Morghen, nato a Firenze nel 1730, dopo aver lavorato a<br />

Roma per qualche anno, nel 1752 si trasferì a Napoli<br />

dove trascorse il resto della vita eseguendo numerosi<br />

lavori, tra cui alcune tavole delle “Antichità di Ercolano”<br />

per la Stamperia Reale e la pubblicazione nel 1769<br />

delle 40 tavole incise in rame delle “Antichità di Pozzuoli,<br />

Baja e Cuma”. Il volume è dedicato alla “Reale Società<br />

per l'incoraggiamento delle Arti, Manifatture e Commercio”<br />

meglio nota come Royal Society of Arts, di cui<br />

fecero parte molti nobili britannici tra cui l'ambasciatore<br />

Sir William Hamilton. In una successiva edizione del<br />

volume, presentato in apertura con il ritratto di Ferdinando<br />

IV di Borbone, Re di Napoli e di Sicilia, aggiunse<br />

altre tavole, tra cui le sei vedute di Paestum.<br />

Fig. 18. Raffaello Morghen (1758 - 1833)<br />

Filippo Morghen, 1790<br />

Particolare di in un ritratto insieme al figlio Raffaele<br />

Incisione (24,8 x 19,7 cm)<br />

The British Museum, Londra<br />

Fig. 19. Filippo Morghen (1730 - 1807 ca.)<br />

Tavola n.1<br />

Veduta esterna ed interna della porta di levante, 1766-<br />

1769 ca.<br />

Acquaforte (38,3 x 25 cm)<br />

The British Museum, Londra<br />

Fig. 20. Filippo Morghen (1730 - 1807 ca.)<br />

Tavola n.6<br />

Veduta del tempio esastilo periptero dalla parte di<br />

ponente, 1775 ca.<br />

Acquaforte (38,8 x 27,9 cm)<br />

Veduta tratta da un dipinto di <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong><br />

The British Museum, Londra<br />

Fig. 21. William Thomas Fry (1789 - 1843)<br />

Ritratto di Sir William Hamilton<br />

Incisione, pubblicata il 27 marzo 1817 (31,5 x 35,7 cm)<br />

National Portrait Gallery, Londra<br />

18 21<br />

24


19<br />

20<br />

25


22<br />

23<br />

Fig. 22. Pietro Fabris (1730/35 - 1794 ?)<br />

Il tempio di Hera a Paestum, fine del 1770<br />

Olio su tela (56,6 x 90,5 cm)<br />

Collezione Napoli, Galleria di Compton Verney,<br />

Warwickshire, Inghilterra<br />

Pietro Fabris, “English painter” come amava definirsi,<br />

fu un artista attivo a Napoli dal 1756 dove seguì Sir William<br />

Hamilton nella sua avventura partenopea, il quale,<br />

da appassionato collezionista d'arte, ne diviene il mecenate<br />

facendolo conoscere a Londra tramite due esposizioni<br />

personali, nel 1768 e nel 1772. Lo stesso Hamilton arriverà<br />

a possedere numerose opere di Fabris. L'artista<br />

passò un periodo a Venezia iniziando a collaborare con<br />

<strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> presente a Napoli proprio dal 1756, anno in<br />

cui anche Fabris opera nella città partenopea.<br />

26<br />

Fig. 23-24. <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

L’artista mentre disegna<br />

Particolare della Veduta del Tempio di Atena o Cerere a<br />

Paestum (fig. 17) e Interno del Tempio di Poseidone<br />

(fig. 16)


24<br />

Riferimenti bibliografici:<br />

Filippo Morghen, Sei vedute delle rovine di Pesto, Napoli, 1765<br />

Joseph-Jérôme de Lalande, Voyage d'un François en Italie fait<br />

dans les années 1765 et 1766, Parigi, 1769<br />

Depuis ce temps-là plusieurs peintres ont été sur les lieux pour<br />

les peindre sous différens aspects. J'en ai vu différens tableaux<br />

chez Don Antoine Joly, peintre & décorateur du théâtre de S.<br />

Carlo, parmi d'autres vues de Naples, de Venise, de Madrid, &<br />

C., Volume VI, pag. 194, Edizione 1790, Ginevra<br />

Carlo Knight, La quadreria di Sir William Hamilton a Palazzo<br />

Sessa, Napoli Nobilissima (XXIV, I-II), 1985<br />

Joselita Raspi Serra e Giorgio Simoncini, a cura di, I templi di<br />

Paestum e l'interesse per lo stile dorico, simboli della<br />

trasformazione del gusto alla metà del Settecento, Edizione<br />

Centro Di, Firenze, 1986<br />

Nicola Spinosa, Pittura napoletana del Settecento: dal Rococò<br />

al Classicismo, Electa Napoli, 1987<br />

John Ingamells, Brinsley Ford, A Dictionary of British and Irish<br />

Travellers in Italy, 1701-1800, Compiled from the Brinsley Ford<br />

Archive, Paul Mellon Centre for Studies in British Art, Yale<br />

University Press, 1997<br />

Davide Trevisani, <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong>, veduta panoramica della valle<br />

dei Templi a Paestum, in “Reve D'Italie. Paysages Et Caprices<br />

Du XVIIIe Siecle Au XIXe Siecle”, Editore: Maurizio Nobile<br />

Bologna-Paris, 2011<br />

Jesús Urrea, <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> en Madrid, 1749-1754, Fondo Cultural<br />

Villar Mir, Madrid, 20<strong>12</strong><br />

<strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> tra Napoli, Roma e Madrid. Le vedute, le rovine, i<br />

capricci, le scenografie teatrali, Catalogo della mostra tenuta a<br />

Caserta nel Palazzo Reale, Appartamenti Storici nel 20<strong>12</strong>,<br />

Edizioni Scientifiche Italiane, 20<strong>12</strong><br />

Maria Carmela Masi, a cura di, <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (Modena 1700 -<br />

Napoli 1777), Museo Reggia di Caserta, Ufficio Patrimonio<br />

Storico Artistico<br />

Federica Piantoni, a cura di, <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (c. 1700 - 1777), Views<br />

of Italy, De Luca Editori d'Arte, Roma, 2016<br />

Lucia Peruzzi, a cura di, La prospettiva dell'effimero. <strong>Antonio</strong><br />

<strong>Joli</strong> e la 'scena per angolo', Catalogo della mostra, Modena,<br />

2020<br />

Mario Manzelli, <strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong>. Opera pittorica, Studio LT2,<br />

Venezia, 2000<br />

Maria Gabriella Mansi, Agnese Travaglione, a cura di, La<br />

Stamperia Reale di Napoli, Biblioteca Nazionale di Napoli, 2002<br />

27


Pittore e scenografo, uno dei maggiori protagonisti a<br />

livello europeo del Vedutismo settecentesco, <strong>Antonio</strong><br />

<strong>Joli</strong> dopo una visita a Paestum al seguito di un giovane<br />

lord inglese, sulla base di alcuni disegni realizzati<br />

sul posto dipinse in atelier numerose vedute delle<br />

rovine, divenute ben presto dei veri e propri modelli<br />

di riferimento per la successiva produzione di immagini<br />

dell'antica colonia greca.<br />

Attraverso un'armoniosa e morbida tavolozza di<br />

colori con il suo sguardo da scenografo seppe dilatare<br />

i confini dello spazio reale mettendo in scena il<br />

paesaggio dei monumentali templi in una straordinaria<br />

serie di dipinti, un'importantissima testimonianza<br />

che restituisce molte indicazioni su come<br />

fosse Paestum nella seconda metà del Settecento.<br />

Immagine di copertina<br />

<strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong> (1700 - 1777)<br />

Interno del Tempio di Poseidone a Paestum, 1759<br />

Olio su tela (103 x 76,5 cm)<br />

Collezione Palazzo Reale di Caserta<br />

collana<br />

I Quaderni dell’Arte<br />

a cura di Costabile Cerone<br />

<strong>Quaderno</strong> <strong>12</strong> - <strong>febbraio</strong> <strong>2021</strong><br />

<strong>Antonio</strong> <strong>Joli</strong><br />

Le matrici iconografiche di Paestum<br />

Copyright: © <strong>2021</strong> PAESTUMinARTE<br />

Questo è un articolo ad accesso aperto distribuito secondo i termini della Creative Commons<br />

Licenza 3.0 Italia (CC BY-NC-ND 3.0 IT)

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